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Federico Marazzi - Le città dei monaci. Storia degli spazi che avvicinano a Dio. (2015, Editoriale Jaca Book) - libgen.li

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Le città dei monaci

La minuziosa descrizione dei confini dello spazio cenobitico occupa tutta la seconda

parte del testo della Regola di Pacomio 5 . I limiti fra l’esterno e l’interno di

esso sono costituiti al contempo da elementi fisici (muri, soglie, porte) e da barriere

più immateriali che i monaci erigono fra sé e gli altri, ad esempio con il divieto

di parlare con le persone del mondo esterno e perfino di guardarle o condividere

con esse oggetti e cibo. Se un monaco, per qualche ragione, si fosse dovuto recare

all’esterno del monastero, una volta rientrato fra le sue mura doveva assolutamente

tacere con i confratelli su ciò che aveva visto. Quando i monaci erano obbligati

a recarsi al di fuori del monastero per lavorare, dovevano incessantemente recitare

fra sé passi delle Scritture, cosa che li aiutava a difendersi contro sguardi e parole

lanciati da chi potesse incontrarsi all’esterno 6 .

Naturalmente a nessuno era consentito

andare nei campi o […] andare al di là delle mura del monastero senza aver prima richiesto

– e ricevuto – il permesso del padre posto alla guida di esso 7 .

L’ingresso di un nuovo membro della comunità era scandito da un complesso

succedersi di passaggi, atti a verificare l’adattabilità del soggetto alla nuova vita che

intendeva intraprendere. Il primo gradino era costituito dall’attesa cui egli dovrà

sottostare, rimanendo per un certo periodo «fuori della porta». In questo frattempo,

egli dovrà apprendere il maggior numero possibile di preghiere e salmi; quindi,

gli sarà chiesto che posto egli abbia occupato nel mondo esterno che si accinge

a lasciare e, soprattutto, se egli sia disposto ad abbandonare beni materiali e legami

familiari, questi ultimi considerati parimenti incompatibili con la vita monastica

quanto lo è il desiderio di possesso delle ricchezze e degli onori terreni. Quindi,

concluso l’esame sulla vita pregressa del candidato, lo si istruisce su quella che egli

dovrà condurre nel monastero e sulle mansioni che sarà chiamato a espletare. Solo

al compimento di questo iter, il candidato sarà sottoposto alla simbolica svestizione

dai panni con cui era entrato nel cenobio, e all’abbigliamento con i nuovi abiti

monastici 8 . In questo caso, si può dire, ‘l’abito fa il monaco’, nel senso che esso ricopre

un corpo in cui alberga un’anima che si presume abbia già compiuto il passaggio

da un mondo a un altro.

È cruciale a questo proposito l’insistenza con cui la Regola si dilunga nella descrizione

delle figure interne alla comunità cui è demandato il compito di agire

come ‘filtri’ tra il mondo esterno e l’interno del monastero. Visitatori intenzionali o

casuali, a meno che si tratti di chierici o altri monaci, sono destinati a rimanere in

una parte dell’insediamento rigorosamente separata da quella frequentata dai monaci.

Il portiere – la cui rilevanza era già apparsa nella descrizione del monastero di

Isidoro – ha il compito di valutare non solo le persone, ma anche notizie (ad esempio

se parenti dei monaci siano infermi o morti) e oggetti (ad esempio cibo spedito

da parenti dei monaci) che giungono alla sua soglia e inoltrarli al capo della comunità,

che valuterà come utilizzarli e procedere riguardo ad essi (De Vogüé 1975).

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Marazzi.In claustro.indb 30 11-02-2015 9:02:43

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