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Federico Marazzi - Le città dei monaci. Storia degli spazi che avvicinano a Dio. (2015, Editoriale Jaca Book) - libgen.li

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Le città dei monaci

cialmente arruolati dal vescovo di Alessandria, Cirillo, nel corpo dei parabalani (cioè

degli infermieri). La morte di Ipazia, peraltro, restò senza giustizia poiché, sebbene

il governatore imperiale intendesse perseguirne gli autori, ne fu impedito dall’atteggiamento

dell’imperatrice Pulcheria, sorella di Teodosio ii, la quale si diceva avesse

essa stessa assunto posizioni religiose assai intransigenti e adottato uno stile di vita

ascetico, a imitazione di quello dei monaci le cui azioni si sarebbero dovute punire.

Ad Antiochia, nel 387, il vescovo Flaviano aveva invitato in città i monaci dei

dintorni per ammonire gli inviati di Teodosio i, nonno di Pulcheria, a non punire

la plebe cittadina che aveva abbattuto le statue imperiali per protestare contro la

carestia. L’autorità guadagnata fermando le ritorsioni imperiali fece sì che essi, durante

gli anni seguenti, con la complicità del governo imperiale, avessero mano libera

per spadroneggiare in città e, più in generale, per agire contro i templi pagani

della Siria.

L’oratore antiocheno Libanio, un pagano, lesse in questa situazione una minaccia

alla stessa sopravvivenza dell’ordine costituito e, maledicendo i monaci, li stigmatizzò

descrivendoli come

una tribù in abito nero, che mangia più degli elefanti […], dilaga per le campagne come

un fiume in piena […] e saccheggiando i templi, saccheggia anche le proprietà 30 .

In effetti, per un uomo come Libanio – un individuo di città educato ai valori

della cultura tradizionale – doveva apparire mostruoso che persone prive di istruzione,

venute dalle campagne più remote e che probabilmente non sapevano neppure

parlare il greco, potessero prendere possesso della scena politica e addirittura

mediare i rapporti della città con il governo imperiale. Ma, come dice Peter

Brown, «grazie al monachesimo, l’idea cristiana aveva allargato il suo campo d’azione

nelle province orientali. Aveva accolto copti e siriaci come eroi della fede e, con

l’aiuto di traduzioni, i vescovi delle città avevano incoraggiato i non greci a prendere

un interesse vivo per i loro problemi teologici» (Brown 1974: 87). In altre parole,

le ‘città dei monaci’ sorte nelle terre più marginali di quelle province avevano

aiutato il Cristianesimo fiorito nelle città del sæculum a uscire dalle proprie mura e

a propagarsi nel territorio.

Tornando in ambito alessandrino, non si può dimenticare che era stato proprio

un predecessore di Cirillo sulla sede episcopale della città (Atanasio) a redigere la

biografia di Antonio e a propagarne il modello di asceta senza compromessi. In sostanza,

se i monaci erano quelli che avevano abbandonato la città in polemica con

la sua natura di luogo generatore di corruzione, il loro richiamo o la loro evocazione

da parte dei vescovi poteva costituire, per questi ultimi, un modo per presentarsi

come i campioni di una fede che sapeva rimanere autentica nonostante la prossimità

con il potere, guadagnata dal tempo di Costantino in poi. Una fede che, nelle

città, avrebbe quindi potuto parlare con autorevolezza ai poveri che, non per scelta

ma per destino, vivevano come Cristo, da reietti ai margini della polis (Siniscalco

1983: 234; Brown 1995: 136).

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Marazzi.In claustro.indb 24 11-02-2015 9:02:43

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