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Federico Marazzi - Le città dei monaci. Storia degli spazi che avvicinano a Dio. (2015, Editoriale Jaca Book) - libgen.li

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Le città dei monaci

dei cenobi nati per volere dello stesso Pacomio o dei suoi principali collaboratori.

Nel paragrafo 102 dei Præcepta, l’insediamento creato da Pacomio è definito come

«monastero» nella traduzione latina realizzata da san Girolamo; il testo del medesimo

passo, in lingua copta, usa però un termine traducibile in italiano come «villaggio»

(Veilleux 1981: 189). Questa diversa ‘declinazione’ che le due lingue offrono

sulla natura dell’insediamento creato da Pacomio ne illustra bene la natura ancipite:

dal punto di vista dimensionale esso doveva veramente apparire comparabile

a un villaggio; allo stesso tempo, però, era un luogo in cui si attuava una sorta di

palingenesi degli insediamenti del secolo che i monaci avevano abbandonato, per

abbracciare la loro nuova vita. E non è un caso che Pacomio utilizzi il termine

koinwn…a per denominare la comunità dei monaci, termine con cui s’intende indicare

non un generico insieme di persone, bensì un gruppo strutturato, unito da un

patto di societas, i cui componenti compartecipano regole volte al bene comune:

un’idea di vita religiosa associata, quindi, dal forte connotato per così dire civile,

che sfida apertamente il modello della città secolare 12 . D’altra parte, il primo monastero

fondato da Pacomio sorge all’interno del villaggio abbandonato di Tabennisi

e lo rivendica in vita per il compimento di una nuova finalità 13 .

Ritorna e si precisa quindi l’immagine del cenobio come ‘città rinnovata’, i cui

abitanti replicano ruoli e mansioni della città secolare, ma senza riprodurne i vizi e

le sperequazioni, e condividendo la comune responsabilità della coesistenza. Parlando

dell’eremita Publio, il nobile cittadino di Zeugma già precedentemente ricordato

che aveva abbandonato la città per ritirarsi «in una regione elevata a trenta

stadi da essa», Teodoreto di Cirro narra che, essendo stato raggiunto da molte

persone che volevano imitarlo nell’ascesi, su loro insistenza decise di trasformare

questo gruppo in una vera e propria comunità e quindi,

avendo radunato tutti, abbatté quelle piccole celle e fece una sola costruzione per coloro

che si erano raccolti lì, e li pregò di vivere in comune e di esortarsi a vicenda … Diceva:

«Prendendo così il necessario l’uno dall’altro, renderemo perfettissima la nostra

virtù. Come nei mercati della città, uno è venditore di pane e uno di verdure; questo

commercia in vestiti, quello produce calzature; cercando l’uno dall’altro ciò di cui si ha

bisogno, si vive più agiatamente; quello che dà il mantello riceve in cambio i calzari;

quello che compera le verdure vende il pane; allo stesso modo conviene che anche noi

ci scambiamo vicendevolmente le preziose parti della virtù 14 .

Il testo della Regola di Pacomio e i capitoli ad essa aggiunti posteriormente,

probabilmente scritti dal suo discepolo preferito Orsiesi, forniscono numerose indicazioni

sulla presenza di strutture, ambienti e servizi necessari alla vita della comunità,

presenti nel chiuso dell’area ad essa riservata: le celle individuali collocate

all’interno di ‘case’ abitate da gruppi di monaci, il refettorio, le cucine con i locali

annessi per la custodia dei cibi e la preparazione del pane, le stalle, i magazzini.

Ma un elemento da mettere in particolare risalto è quello dell’assoluta centralità

dello spazio destinato alla preghiera, che viene definito synaxis (sÚnaxij) e cioè

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Marazzi.In claustro.indb 32 11-02-2015 9:02:44

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