Rivista Accademica n° 31 - accademia dei rozzi
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maggior parte frutto di sostituzioni con<br />
copie effettuate nel corso <strong>dei</strong> secoli, appare<br />
infatti ancora immediatamente percepibile<br />
l’insistito ricorrere all’elemento della Lupa<br />
con i gemelli in connotazione esornativosimbolica.<br />
Oltre alle due fiere poste in origine ‘sulle<br />
cantonate della Marcolina’, è possibile<br />
difatti menzionare gli otto doccioni disposti<br />
sui due ordini del coronamento della<br />
Torre del Mangia, i due bassorilievi che<br />
fronteggiano l’emblema del Capitano del<br />
Popolo sulla lunetta del portale destro,<br />
opera di Agostino di Giovanni, e la lupa<br />
bronzea di Giovanni e Lorenzo di Turino,<br />
già sulla colonna antistante l’edificio, ed<br />
attualmente conservata presso il Museo<br />
Civico.<br />
Tra tali effigi un posto di netta evidenza<br />
spetta, tuttavia, alle due frammentarie gargolle<br />
provenienti dalla porzione soprelevata<br />
del corpo centrale del palazzo, giustamente<br />
annoverate dalla critica tra le più precoci<br />
rappresentazioni della lupa senese in ambito<br />
cittadino.<br />
La loro stetta correlazione iconografica e<br />
simbolica all’edificio per il quale sono state<br />
create è resa evidente dalla folta messe di<br />
figurazioni, che le vedono effigiate, contestualmente<br />
ad esso, nel corso <strong>dei</strong> secoli. Le<br />
due fiere, dalle membra smagrite e le fauci<br />
aperte protese in avanti, appaiono infatti già<br />
precocemente quali elementi caratterizzanti<br />
nella rappresentazione del palazzo realizzata<br />
verso il 1450 da Sano di Pietro nella<br />
Predica di San Bernardino in Piazza del Campo<br />
(Siena, Museo dell’Opera della Metropolitana).<br />
La nitida visione dell’edificio comunale<br />
ne restituisce un’immagine altamente<br />
suggestiva, che evidenzia dettagli, oggi purtroppo<br />
perduti. Le Lupe sono poste su men-<br />
4 S. Tizio, Historiarum Senensium ab initio usque ad<br />
annum 1528, B.C.I., ms. B.III.7, 1506-1528, p. 258<br />
5 Cfr. R. Barzanti, A. Cornice, E. Pellegrini,<br />
Iconografia di Siena. Rappresentazione della città dal XIII<br />
al XIX secolo, Città di Castello, 2006, p. 11.<br />
6 Nonostante la cautela derivante dalla parzilità<br />
delle immagini esaminate e la maggiore o minore<br />
acribia con cui vi sono descritti gli elementi di arredo<br />
architettonico della facciata, che in alcuni casi vedo-<br />
sole aggettanti e presentano ancora integre<br />
le orecchie marmoree, allo stato attuale<br />
mancanti in quanto inserite come elementi<br />
a se stanti nell’incavo che ancora ne conserva<br />
gli alloggiamenti.<br />
Tra le più antiche menzioni letterarie<br />
riferibili alle gargolle del Palazzo<br />
Comunale è possibile annoverare quella di<br />
Sigismondo Tizio che, nel suo excursus sulla<br />
costruzione dell’edificio, menziona: “[...]<br />
lupis marmoreis quattuor angulis ad pluviam<br />
aquam evomendam constituit [...]” 4 .<br />
Tale testimonianza appare estremamente<br />
preziosa, attestando come in origine i doccioni<br />
zoomorfi posti sulla porzione sopraelevata<br />
del palazzo non fossero due bensì<br />
quattro. Un prezioso avallo al dato fornito<br />
dell’erudito senese è mostrato da numerose<br />
immagini cronologicamente scalabili tra<br />
XIV e XVIII secolo ritraenti l’edificio, che,<br />
nella prospettiva della ripresa rispettivamente<br />
dalla destra o dalla sinistra, evidenziano<br />
oltre alle due fiere in facciata di volta<br />
in volta l’una o l’altra gargolla sulla porzione<br />
rialzata retrostante, prospicente la<br />
Piazza del Mercato. Tra le più precoci si<br />
evidenzia quella offerta dalla miniatura<br />
sovrastante il capolettera del Liber censuorum<br />
(Siena, Archivio di Stato) risalente al<br />
1400, nella quale, come recentemente rilevato<br />
da Alberto Cornice e Ettore Pellegrini,<br />
le lupe gargolle della Marcolina appaiono<br />
già a pieno titolo tra gli elementi che identificano<br />
il Palazzo Comunale all’interno<br />
del contesto cittadino 5 .<br />
Il prezioso repertorio relativo alle rappresentazioni<br />
dell’edificio pubblico offerto<br />
dai due studiosi consente, inoltre, di rilevare<br />
con buona approssimazione la presenza<br />
<strong>dei</strong> quattro esemplari almeno fino al termine<br />
del secondo decennio del XVIII secolo 6 .<br />
no completamente omessa la rappresentazione <strong>dei</strong><br />
doccioni zoomorfi, è infatti possibile rilevare in stampe<br />
e dipinti la ricorrente visione delle quattro fiere<br />
araldiche almeno fino alla rappresentazione del<br />
Corteo notturno in onore di Violante di Baviera (doccione<br />
retrostante di destra) e del Palio (doccione retrostante<br />
di sinistra), entrambe realizzate dal calcografo<br />
romano Domenico De Rossi nel 1718. Cfr. Ibidem,<br />
pp. 261-266.