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mento magico che è esplicito.<br />
All’inizio, su consiglio di Franca, volevamo<br />
proiettare delle immagini sul fondo<br />
del palcoscenico, miste ad una scrittura,<br />
poi abbiamo capito che il pubblico<br />
non aveva bisogno delle didascalie,<br />
le capiva prima. E questo è sempre stato<br />
un po’ misterioso”.<br />
LA RADIO E L’AFFERMAZIONE<br />
DELLA COMPAGNIA CON<br />
PARENTI, DURANO E FRANCA<br />
stata la radio, dove mi trascinò<br />
“È Franco Parenti, a farmi scoprire<br />
la mia strada definitiva, anche se ancora<br />
alternavo il lavoro di raccontatore in<br />
teatro con la mia frequenza alla facoltà<br />
di Architettura. Per essere sinceri, all’inizio<br />
sembrava un insuccesso – mi<br />
raccontò Dario divertito – Come mi sono<br />
affacciato al microfono mi hanno subito<br />
stangato. Recitavo ogni settimana<br />
un monologo su Caino e Abele che, tutte<br />
le mattine, quando si svegliava, levava<br />
le braccia al cielo e diceva cose banali<br />
tipo ‘Come sei bravo, Signore, che hai<br />
fatto tutto ‘sto creato, che hai inventato<br />
il cielo con il vento, l’aria, le nuvole<br />
e poi anche il mare, l’acqua, e non ti sei<br />
neanche sbagliato, non hai fatto confusione,<br />
bravo Deo, alleluja!’. Una retorica<br />
senza limiti, quasi a preparare una<br />
giustificazione per l’atto inconsulto, il<br />
fratricidio, che la storia ha attribuito a<br />
Caino. Ma si vede che ho esagerato nel<br />
sarcasmo. Così, all’improvviso, una<br />
mattina arrivò una comunicazione, anzi,<br />
un pezzettino di carta con su scritto<br />
‘Basta Fo’. Non so precisamente chi ordinò<br />
quel diktat, ma non ci fu possibilità<br />
di replica. Fu il mio primo impatto<br />
con la censura, che mi avrebbe perseguitato<br />
per tutta la vita”.<br />
Era l’epoca anche del poer nano.<br />
“Un intercalare che mi dette popolari-<br />
Improbabili abiti da gangster, salti acrobatici, contenuti<br />
anticonformisti per Il dito nell’occhio, una specie<br />
di antirivista, uno spettacolo scritto insieme<br />
a Franco Parenti e Giustino Durano nel 1952,<br />
che metteva in scena la storia dell’umanità<br />
in maniera irriverente e assai poco tradizionale.<br />
Archivio digitale Franca Rame - Dario Fo<br />
tà – mi spiegò Dario - voleva dire “povero<br />
cocco, povera creatura”.<br />
Un altro suo personaggio dell’epoca era<br />
l’impiegato Gorgogliati. Lo ricordavo<br />
benissimo: “Eravamo io, Stranghelli, la<br />
signorina Trabò quando è passato<br />
l’usciere Baracchini...”.<br />
Noi innamorati della radio lo avevamo<br />
individuato subito. Fu probabilmente<br />
l’antenato di Fantozzi. “E’ vero, dava ragione<br />
a tutti. In ufficio accettava tutto,<br />
senza fiatare. Stava sempre dalla parte<br />
dei capi, esprimeva una piaggeria da far<br />
schifo. Erano personaggi improvvisati,<br />
da me, da Franco Parenti e da Giustino<br />
Durano, critici con la società, molto<br />
nuovi, moderni, come quelli che negli<br />
stessi anni si inventava Alberto Sordi,<br />
da Mario Pio ai compagnucci della parrocchietta”.<br />
Era un teatro che si scrollava di dosso la<br />
retorica e che voleva far ridere non solo<br />
con gli equivoci dell’avanspettacolo