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Il corpo disarticolato, la plastica gestualità<br />
contagiosa e carnale, la mimica travolgente, l’uso<br />
del grammelot sono alcuni tratti tipici del teatro<br />
di Dario Fo abituato fin da ragazzo a esibirsi sui<br />
treni locali, che collegavano Milano con Porto<br />
Valtravaglio (il suo paese in provincia di Varese)<br />
e il resto della Lombardia<br />
Foto Archivio DuFoto - dufoto@gmail.com<br />
“E il grammelot?” gli chiesi.<br />
“Il grammelot l’ho scoperto<br />
proprio nel linguaggio dei fabulatori.<br />
Qualcuno di loro ogni<br />
tanto infilava nel racconto frasi<br />
in francese o in tedesco, che<br />
in realtà erano espressioni di<br />
dialetto, di gergo proprio del<br />
mestiere che facevano. Bisogna<br />
tener conto, d’altro canto, che dalle mie<br />
parti, in provincia di Varese, molte persone<br />
avevano radici e nomi stranieri.<br />
Erano fonditori, soffiatori di vetro, arrivati<br />
lì da tutte le scuole artigianali<br />
d’Europa, che conoscevano le chiavi e<br />
le strutture del parlare di tutto il nord<br />
del continente. Tieni presente che il<br />
grammelot è in sostanza un dialetto di<br />
gente che tendenzialmente aveva fame,<br />
e la fame è sempre stata la base dei racconti<br />
popolari, anche se poi il racconto<br />
prendeva le forme del buffo o del grottesco,<br />
perché la grande comicità popolare<br />
trae lo spunto quasi sempre dalla<br />
tragedia, cioè dalla fame, dalla disperazione,<br />
dalla violenza fisica e morale, dalla<br />
mancanza di libertà. Pensa che c’è stato<br />
un periodo in cui il grammelot è servito<br />
per non essere censurati. Al tempo<br />
della repressione in Francia, i comici<br />
dell’arte, alla fine del ‘600, si inventarono<br />
questo linguaggio per non essere<br />
perseguitati a causa dei loro lazzi, delle<br />
loro battute. Ma i censori ad un certo<br />
punto impararono a capirli e il grammelot<br />
non li salvò più”.<br />
“Normalmente non si ride dei ricchi?”<br />
gli chiesi.<br />
Fo fu esplicito: “Si ride se si pompano,<br />
se li gonfiamo o li riempiamo di strapotere<br />
per poi sgonfiarli. La chiave è<br />
sempre quella del grottesco: spingere<br />
la situazione sempre più avanti, farli volare,<br />
vestirli con mantelli che si riempiono<br />
di vento per la gioia, alla fine, di<br />
vederli cadere”.<br />
Quel pomeriggio,<br />
negli studi Rai<br />
della Dear, con<br />
Franca a fianco,<br />
Dario ci<br />
impartì una<br />
vera lezione di<br />
teatro, dei<br />
meccanismi<br />
scenici, del<br />
grottesco,<br />
della satira,<br />
della farsa.<br />
E ci suggerì<br />
anche<br />
una lezio-<br />
ne di vita.<br />
Ci feci due puntate di<br />
Storie, un programma che andava<br />
in onda dopo mezzanotte e che,<br />
non a caso, aveva come sottotitolo Viaggio<br />
nella vita di persone non banali.<br />
A ricordare tutti i momenti di quell’incontro<br />
con Fo e la Rame, non mi basterebbero<br />
due interi numeri di Vivaverdi, Così<br />
mi pare giusto riassumerli in piccoli capitoli:<br />
la prima parte, quella della nascita del<br />
loro teatro, in questo numero e la seconda,<br />
quella della loro consacrazione artistica e<br />
umana, nel prossimo.<br />
MISTERO BUFFO, LA CHIESA<br />
E IL GRAMMELOT<br />
istero buffo – gli chiesi su-<br />
“M bito - è lo spettacolo che<br />
alla fine degli anni ’60 ti ha reso<br />
un drammaturgo famoso e rispettato<br />
in tutto il mondo, ma<br />
che ti caratterizzò anche come<br />
un intellettuale critico nei riguardi<br />
della chiesa”.<br />
“No – mi corresse - la mia critica<br />
è stata sempre e solo contro<br />
l’abitudine di leggere il Vangelo<br />
in modo scorretto o contro la mercificazione<br />
della fede. I giullari, per<br />
esempio, non risparmiavano mai il<br />
mercato delle indulgenze. Spettacoli<br />
come quelli che ricorda Mistero<br />
buffo venivano realizzati nelle<br />
chiese, specialmente in certe ricorrenze<br />
come la Pasqua.<br />
Recentemente ho trovato le<br />
prove che, a molte di queste feste<br />
grottesche, erano<br />
9<br />
VIVAVERDI