08.04.2013 Views

Processo alla - Avvocato Carlo Priolo

Processo alla - Avvocato Carlo Priolo

Processo alla - Avvocato Carlo Priolo

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

da parte del settore privato sia perché parte della spesa risulta antieconomica. Alcune<br />

categorie di spesa pubblica possono essere inutili, come troppo costose ( acquisto di<br />

beni e servizi a prezzi maggiori da imprese non competitive) tale da indurre ad un loro<br />

taglio per liberare risorse ed espandere altri programmi pubblici o per ridurre il deficit.<br />

In tali situazioni una scelta efficace non può non basarsi su una centrata analisi<br />

economica. Specialmente nel settore dei lavori pubblici si presentano situazioni di costi<br />

eccessivi ed in alcuni casi un vero sperpero del denaro pubblico, peraltro, senza alcuna<br />

utilità per opere non ultimate o inservibili.<br />

Le decisioni a monte, sostenute da indagini scientifiche, possono assicurare un ottimale<br />

utilizzo del denaro pubblico.<br />

Anche gli interventi fiscali se non sono accompagnati da una riforma altrettanto<br />

efficiente della spesa pubblica possono risultare inefficaci.<br />

La nozione di produttività della spesa pubblica costituisce un altro capitolo che non<br />

sfugge all’analisi economica, in quanto il settore pubblico impiega capitali e risorse<br />

umane per la produzione di beni e servizi pubblici, come ad esempio "la stabilizzazione<br />

economica", "servizi giudiziari", "difesa nazionale", "protezione dei poveri". Anche<br />

l’indagine sulla produttività della spesa pubblica non può sfuggire ad una analisi<br />

economica. Il governo può fornire un servizio pubblico, ma può anche lasciare che sia<br />

il settore privato a realizzarlo. Ad esempio, il governo può decidere di appaltare il<br />

funzionamento delle carceri al settore privato, come può acquistare attrezzature militari<br />

da parte del settore privato.<br />

Il mondo della finanza continua ad acclamare un futuro senza più crisi, ma ogni<br />

innovazione finanziaria implica la creazione di debito. La crisi, originata nel settore dei<br />

mutui immobiliari, concessi senza garanzie e poi trasformati in titoli rifilati ai<br />

risparmiatori ignari, grazie a promesse di rendimento inconsistenti, presenta,<br />

caratteristiche analoghe a tutti i casi precedenti.<br />

L’inizio ha avuto origine dallo scoppio della bolla del mercato immobiliare americano<br />

nel 2004, dopo un lungo periodo in cui i prezzi delle case erano cresciuti<br />

costantemente. A un numero crescente di famiglie veniva data l’opportunità di<br />

accendere un mutuo, in maniera quasi indiscriminata. I creditori, infatti, si erano dati ad<br />

una pratica chiamata dei “prestiti subprime” – concedendo prestiti a persone poco<br />

solubili, gente a cui normalmente non sarebbe mai stato accordato un mutuo per<br />

comprar casa. I mutui subprime prevedevano un tasso d’interesse molto basso per i<br />

primi anni e un brusco aumento nei successivi. Di solito i rischi non venivano spiegati<br />

nei dettagli, mentre i debitori imboniti con la prospettiva di poter rifinanziare il mutuo<br />

negli anni a venire per mantenere il tasso di interesse ai livelli iniziali. Tutti<br />

partecipavano <strong>alla</strong> festa: compagnie di costruzione, agenti immobiliari, istituti bancari e<br />

produttori di materiali edili. Gli acquirenti diventavano, forse per la prima volta,<br />

proprietari di una casa. Nel 2006 arrivò il momento di pagare, con tassi d’interesse sui<br />

mutui subprime alle stelle. La maggior parte dei debitori non fu in grado. La crisi non<br />

si fermò agli Stati Uniti, in quanto le Banche e i creditori avevano venduto i prestiti ad<br />

altri investitori. I debiti dei mutuatari erano stati venduti a investitori stranieri e ad<br />

istituti bancari di tutto il mondo. Nel 2007, 1,3 milioni di proprietà immobiliari sono<br />

state messe all’asta per insolvenza, il 79% in più rispetto al 2006. Fu il panico; nessuno<br />

sembrava sapere di chi fossero questi debiti “senza valore”, sparsi nel sistema<br />

finanziario a tutte le latitudini del globo. Le banche non erano più disposte a farsi<br />

prestiti a vicenda, si aprì la fase del cosiddetto “credit crunch” ossia un periodo in cui<br />

c’è poca liquidità (cioé soldi contanti) nel sistema perché nessuno presta denaro. Le<br />

perdite cominciarono ad accumularsi. A luglio 2008, grandi banche e istituzioni<br />

finanziarie a livello mondiale denunciarono perdite per circa 435 miliari di dollari. Le<br />

10

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!