Processo alla - Avvocato Carlo Priolo
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Memore dell'insegnamento di Weber sui rapporti che intercorrono tra processi di<br />
razionalizzazione, burocratizzazione e professionalizzazione, Michels presenta i<br />
membri della leadership del partito di massa come "burocrati della politica", una<br />
"casta di politici di professione", di tecnici dell'organizzazione i quali, in virtù delle<br />
loro competenze, tendono a ridurre la lotta politica a gestione amministrativa e a<br />
trasformare la mobilitazione degli associati in partecipazione passiva e<br />
istituzionalizzata. La competizione tra i partiti e, all'interno di questi, tra i diversi<br />
leaders non ha come conseguenza la sostituzione di un gruppo dirigente con un altro:<br />
il più delle volte essa si conclude con un lento processo di rinnovamento e di fusione,<br />
in cui la cooptazione assurge a principale canale di selezione della leadership. Il<br />
ricorso continuo <strong>alla</strong> cooptazione - meccanismo mediante il quale i vecchi leaders<br />
offrono ai nuovi cariche onorifiche per lo più prive di potere effettivo -, se da un lato<br />
porta i potenziali avversari a condividere le responsabilità di potere senza averne<br />
concreti e immediati vantaggi, dall'altro vanifica le procedure elettive e annulla la<br />
responsabilità dei dirigenti del partito, sia nei confronti degli iscritti sia nei confronti<br />
degli elettori.Un'oligarchia selezionata per cooptazione stravolge inoltre la<br />
rispondenza della leadership alle aspettative e ai desideri dei seguaci, e rimodella il<br />
problema dell'efficienza organizzativa. L'introduzione del principio della delega,<br />
adottato nel partito in analogia con il sistema politico caratterizzato da una<br />
democrazia rappresentativa e quindi indiretta, riduce il coinvolgimento e il senso di<br />
responsabilità delle masse e al tempo stesso "produce un diritto morale al<br />
proseguimento della stessa". I dirigenti che ricevono una regolare delega per un<br />
determinato periodo di tempo pretendono di trasformarla in carica a vita, quasi fosse<br />
una loro proprietà. Questo spiega secondo Michels perché i leaders non cercano di<br />
adeguarsi ai desideri degli elettori, ma hanno presente principalmente l'interesse<br />
dell'organizzazione d<strong>alla</strong> quale traggono potere, quando addirittura non perseguono,<br />
egoisticamente, obiettivi e vantaggi personali. Analogamente anche il problema<br />
dell'efficienza, ossia l'adeguatezza dei leaders ai compiti che debbono affrontare,<br />
subisce una profonda alterazione. Un gruppo dirigente stabile e centralizzato è in<br />
condizione di scegliere tra diverse alternative che comprendono sia il perseguimento<br />
degli interessi dei seguaci, sia la realizzazione degli interessi dell'organizzazione in sé<br />
e per sé, sia infine il soddisfacimento degli interessi dello stesso nucleo dirigente. Ma<br />
mentre la scelta di interessi più vasti di quelli degli associati può essere attribuita a<br />
una élite lungimirante, che persegue il rafforzamento e il consolidamento<br />
dell'organizzazione da essa diretta anche per conto dei suoi aderenti, la scelta degli<br />
interessi personali configura un'oligarchia non solo irresponsabile ma sfruttatrice, una<br />
vera e propria casta che, all'interno del partito di massa, riproduce la divisione tra<br />
governanti e governati, trasformando i delegati in sovrani e i gestori del partito in<br />
padroni.<br />
Negli anni che intercorrono tra la fine del primo conflitto mondiale e quella del<br />
secondo la teoria delle élites viene riproposta in diversi contesti nazionali, ma, se si<br />
escludono alcuni contributi americani, si è di fronte più ad applicazioni o<br />
esemplificazioni che a formulazioni teoriche innovative. In Italia, dove Mosca dà alle<br />
stampe la versione definitiva della sua teoria nella seconda edizione ampliata degli<br />
Elementi di scienza politica (1923), i contributi più significativi nel campo della<br />
classe politica fanno capo soprattutto a Piero Gobetti, che utilizza il concetto<br />
moschiano come una delle idee direttrici sia della sua ricerca storica, sia del suo<br />
programma politico. Più fortuna riscuote la teoria delle élites di Pareto. Applicata<br />
dallo stesso autore in una serie di saggi dedicati agli sconvolgimenti sociali e politici<br />
intervenuti in Europa nel dopoguerra (saggi raccolti successivamente nel volumetto<br />
Trasformazione della democrazia, apparso nel 1921), la teoria viene ripresa pochi<br />
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