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Processo alla - Avvocato Carlo Priolo

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governatori a ripianare da sé i conti, magari con nuove tasse per i loro concittadini.<br />

Sono solo alcuni aspetti, peraltro, marginali rispetto al flussi di denaro pubblico<br />

sperperato da regioni ed enti locali in 40 anni.<br />

Il debito pubblico a maggio ha toccato un nuovo record storico, grava per 89.363 euro<br />

su ogni famiglia, ben 32.771 euro sulle spalle di ogni abitante. Nei 9 mesi del Governo<br />

Monti c'é stato un incremento di ben 1.024 euro per ciascuno dei 60 milioni di<br />

residenti, ad un ritmo di 85,3 euro al mese. Il debito pubblico è passato a 1.966,303<br />

miliardi a maggio, ossia oltre 61 miliardi di euro da fine novembre. Credibilità, debito<br />

pubblico, provvedimenti di risanamento non avranno futuro se si continua <strong>alla</strong> difesa ad<br />

oltranza della “Azienda pubblica”, che produce solo ostacoli ed inefficienze. La<br />

ricchezza prodotta dagli italiani viene sperperata da quella miriade di Enti pubblici<br />

(regioni, provincie, comuni, comunità montane, 5000 aziende municipalizzate, enti non<br />

territoriali, affidamenti in house ecc.) che non hanno contribuito minimamente <strong>alla</strong><br />

crescita ed allo sviluppo dell’Italia. Certo, l’orizzonte limitato di uno o più articoli di<br />

giornale non possono esaurire il grande problema della crescita del Paese, ma può ben<br />

indicare una via di analisi diversa da quella che viene praticata dai difensori della<br />

“Azienda pubblica”, strenui avversari della libertà di iniziativa economica.<br />

Regioni, il Prof. Ainis intervento tardivo<br />

Arriva in ritardo e male il Prof. Michele AINIS, editorialista nazionale che scrive sul<br />

Corriere della Sera e sull’Espresso. Nel suo articolo del 22 sett. “I pachidermi delle<br />

Regioni”, svolge una analisi impietosa delle Amministrazioni Regionali, ma il compito<br />

è troppo facile per il professore ordinario di Istituzioni di Diritto Pubblico<br />

all’Università degli Studi di Roma III. Nel clamore dello scandalo che ha investito la<br />

Regione Lazio, e che presto sarà archiviato per lanciare in pasto all’opinione pubblica<br />

un nuovo scandalo di malaffare e sperpero di denaro pubblico, la reprimenda<br />

dell’autore di<br />

100 saggi scientifici di diritto Costituzionale appare tardiva, pleonastica, conforme <strong>alla</strong><br />

moltitudine dei commentatori, ingenui e distratti, che si scandalizzano quando esplode<br />

il caso, pur conoscendo esattamente la pericolosità di certe c.d. istituzioni e quella di<br />

coloro che le abitano.<br />

Spiace citarci, ma su questo giornale il 13 agosto 2011 abbiamo pubblicato un articolo<br />

“Amministratori dimettetevi tutti” e il 18 luglio 2012 “Quella finta democrazia di<br />

Regioni ed enti locali”. Nel primo articolo segnalavamo “quarant’anni di bilanci in<br />

passivo, proliferazione di uffici inutili, assunzioni di personale per fini clientelari,<br />

organizzazione del lavoro inesistente, dispersione di competenze, duplicazione di<br />

compiti. Governatori e Sindaci, non sapendo fare di meglio, scendono in piazza contro<br />

la manovra del Governo. Quando arrivano i tagli allo sperpero dei soldi dei cittadini<br />

pongono l’alibi dei servizi sociali e degli asili nido, che costituiscono un minimo nei<br />

bilanci dei Comuni. Nel privato, un amministratore che tiene i conti in rosso viene<br />

licenziato; Governatori e Sindaci vengono rieletti. Non ci sono solo 20 regioni, 107<br />

province e 8.092 comuni, ma anche 5.512 società partecipate o controllate dagli enti<br />

locali a garanzia del decentramento, della democrazia diretta, della difesa del<br />

particolarismo, senza la necessità di rendiconti ed in perenne posizione debitoria.<br />

Viene respinta anche la possibilità di ridisegnare i confini della competenza territoriale<br />

secondo comuni regole di economie di scala e di ottimizzazione dei servizi”. Ed ancora<br />

“non si capisce o si capisce troppo bene, perché quando un imprenditore chiude la<br />

fabbrica in assenza di utili, da parte dei sindacati e delle opposizioni si grida allo<br />

scandalo, <strong>alla</strong> incapacità dell’imprenditore a rendere redditizia l’azienda, <strong>alla</strong> totale<br />

irresponsabilità a mettere a rischio posti di lavoro. Governatori di Regioni, Presidenti<br />

di Province e Sindaci di comuni, sono assolti da tali accuse anzi sono difesi dal<br />

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