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Processo alla - Avvocato Carlo Priolo

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chiamato elitistico, descrive l'élite del potere nazionale o locale accentuando la<br />

contrapposizione tra i 'pochi' dominanti e la 'massa' subordinata, e presenta l'élite<br />

come una minoranza unica, omogenea e coesiva; il secondo modello, che è<br />

conosciuto come pluralistico, sottolinea invece il processo di reciproca<br />

interdipendenza e condizionamento che lega, almeno nelle democrazie occidentali, i<br />

'pochi' ai 'molti', e configura l'élite del potere come l'insieme di una pluralità di<br />

minoranze, eterogenee e discordanti. Si è venuta così delineando la contrapposizione<br />

tra due modelli di distribuzione del potere che, col tempo, non solo ha dato luogo a<br />

due vere e proprie 'scuole' diverse, ma si è spinta al punto di alimentare due<br />

prospettive ideologiche opposte. L'antitesi tra 'scuole' è arrivata all'estremo di<br />

attribuire ai sociologi una propensione per il modello elitistico, e di imputare ai<br />

politologi una predilezione per il modello pluralistico. Il contrasto ideologico ha<br />

confusamente indotto a qualificare ora come 'conservatori', ora come 'radicali' i<br />

sostenitori dell'élite unica, mentre ha gratificato della connotazione di 'progressisti' o<br />

di 'democratici' quanti hanno difeso l'esistenza di una molteplicità di gruppi di potere.<br />

Ma al di là di queste polemiche, che dimostrano ancora una volta il nesso che esiste<br />

tra concezioni teoriche e prospettive ideologiche, o più propriamente tra uso<br />

scientifico e uso ideologico di una teoria, le reali divergenze tra elitismo e pluralismo<br />

possono essere ricondotte a tre ordini di fattori: il concetto di potere adoperato, le<br />

ipotesi di partenza, il metodo impiegato nel corso della ricerca. Per quanto concerne il<br />

concetto di potere, gli elitisti restano ancorati a una prospettiva 'sostanziale', che lega<br />

il potere alle risorse che ne costituiscono o possono costituirne la base. Essi ritengono<br />

che il potere sia un fenomeno cumulativo, che dà luogo a una distribuzione a somma<br />

zero, nel senso che un individuo o un gruppo godono di una quota di potere nella<br />

stessa misura in cui altri individui o gruppi ne sono privi, che il potere di un soggetto<br />

aumenti o diminuisca nella misura in cui aumenta o diminuisce il potere di un altro<br />

soggetto. Inoltre per gli elitisti il potere è essenzialmente potere sulle persone ed è<br />

tendenzialmente antagonistico, coercitivo e unidirezionale, dal momento che dal<br />

vertice fluisce a senso unico verso la base della piramide sociale. Per i pluralisti,<br />

invece, il potere ha un carattere relazionale e non è una sostanza immutabile che<br />

conserva uno stesso peso e una stessa validità erga omnes. Al contrario è un rapporto<br />

differenziato che varia a seconda dei soggetti coinvolti, delle questioni cui si applica,<br />

del momento in cui si estrinseca. Sottoposto come tutte le relazioni sociali <strong>alla</strong> regola<br />

delle reazioni previste, regola che stabilisce un'anticipazione delle reazioni altrui <strong>alla</strong><br />

propria azione, per i pluralisti il potere comporta quindi un'incessante negoziazione<br />

nel rapporto comando-obbedienza e un costante ricorso alle pratiche del consenso.<br />

Ancora, il potere è una delle tante risorse presenti nella società, è prevalentemente<br />

esercitato in vista del perseguimento di obiettivi e fluisce secondo un andamento<br />

bidirezionale dal vertice <strong>alla</strong> base e viceversa. Un altro modo di evidenziare la<br />

differenza tra elitisti e pluralisti consiste nell'individuare le rispettive ipotesi di<br />

ricerca. Partendo d<strong>alla</strong> constatazione di una diseguale distribuzione delle risorse<br />

(ricchezza, prestigio, status, ecc.), gli elitisti ipotizzano un'analoga distribuzione del<br />

potere politico; i pluralisti, pur accettando l'ineguale distribuzione delle risorse e della<br />

influenza politica, non condividono l'assunto secondo cui esse sarebbero distribuite<br />

allo stesso modo in tutte le società o in tutte le componenti di una stessa comunità<br />

politica. La cumulatività delle ineguaglianze e l'automatica conversione delle risorse<br />

economico-sociali in potere politico costituiscono per i pluralisti un oggetto specifico<br />

di ricerca. Dal che si deduce che, mentre gli elitisti intraprendono lo studio della<br />

struttura di potere <strong>alla</strong> luce dell'interrogativo “chi possiede il potere?”, i pluralisti si<br />

domandano invece: “chi governa?”. Limitandosi al primo quesito si corre il rischio di<br />

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