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LA MODERNA<br />

“RELIGIONE DELLA SCIENZA”<br />

semplicemente, migliorando sotto certi aspetti e<br />

peggiorando sotto altri. Su di un piano metastorico è<br />

sì lecito speculare se le sorti dell’universo consistano<br />

nel suo ripetersi ciclico, nel suo riassorbimento nel<br />

creatore, nella sua redenzione o che altro, ma quando<br />

tali discorsi vengono affrontati da chi non ne ha le<br />

competenze finiscono per essere banalizzati e condurre<br />

a esiti fuorvianti. Ciò basti a dire che progressismo o<br />

decadentismo sono legittime opinioni ma non certo<br />

verità scientifiche, e come sia quindi opportuno<br />

prendere le distanze non solo dal progressismo ottuso<br />

di matrice illuminista, ma pure da quel pessimismo<br />

tanto in voga tra molti tradizionalisti, sempre pronti a<br />

lamentare le nequizie del kaliyuga e attendere la<br />

redenzione da una nuova età dell’oro.<br />

Tornando al progressismo vale la pena ricordare come<br />

esso serva tutt’oggi a giustificare e coprire il fallimento<br />

evidente delle ideologie della modernità e delle<br />

istituzioni che di esse sono manifestazione: infatti,<br />

illusi che il futuro riservi ancora innumerevoli<br />

maraviglie per le quali vale la pena di sacrificare il<br />

presente, gli uomini d’oggi non si acc<strong>org</strong>ono della<br />

situazione disastrosa i cui li ha condotti quella stessa<br />

civiltà che promette loro un roseo futuro. Questo vale,<br />

per esempio, in riferimento alla devastazione<br />

dell’ambiente naturale provocata dalla odierna<br />

diffusione anomala della tecnologia: gli uomini hanno<br />

sempre consumato risorse e inquinato il proprio<br />

habitat, ma quando il fenomeno raggiunge proporzioni<br />

tali da mettere a repentaglio la sopravvivenza degli<br />

uomini stessi, allora è opportuno interrogarsi se questo<br />

progresso sia davvero un miglioramento.<br />

Un ultimo aspetto oscuro della moderna tecnologia è<br />

la profondissima distanza che si è venuta a creare tra<br />

i costruttori e i fruitori della stessa: in epoche passate<br />

gli strumenti erano più rozzi, ma chi li utilizzava ne<br />

conosceva, in linea di massima, anche il processo<br />

produttivo: ciò permetteva di padroneggiarli e non<br />

subirli passivamente, di ripararli o ricostruirli nel caso<br />

si guastassero. Io che scrivo queste righe sul mio<br />

portatile non ho la minima idea di come avvenga<br />

l’elaborazioni dei dati che darà luogo alle parole sullo<br />

schermo o sul foglio stampato: inoltre, nel caso il<br />

computer si guastasse, non sarei in grado di fare molto<br />

più di una scimmia, e il mio lavoro dipenderebbe<br />

36<br />

Difesa della Tradizione<br />

di Michele Russo<br />

(Aries)<br />

dall’intervento di un tecnico riparatore.<br />

Questo che apparentemente sembra un dettaglio<br />

insulso ha in realtà conseguenze enormi sulla<br />

psicologia dell’uomo moderno: è uno degli elementi che<br />

contribuiscono a fare di esso un essere passivo, un<br />

servo, che però, inconsapevole del suo stato, si bea<br />

della comodità e dei lussi che gli vengono forniti.<br />

È impossibile in questa sede trattare analiticamente<br />

tutti gli aspetti del problema in questione, ma i pochi<br />

cenni fati possono bastare per rendere l’idea<br />

dell’importanza dell’argomento e delle sue<br />

implicazioni etiche ed esistenziali.<br />

Occorre precisare, peraltro, che le nostre critiche non<br />

sono rivolte più di tanto agli scienziati e alla scienza,<br />

quanto piuttosto ai divulgatori che banalizzano e<br />

strumentalizzano il sapere e la ricerca per scopi politici<br />

e sociali quando non commerciali, che fanno di Galilei<br />

ed Einstein i profeti della loro religione, che<br />

festeggiano il compleanno di Darwin come il “Natale<br />

dei laici”(1). Quando si divulga l’ipotesi che l’uomo sia<br />

imparentato con le scimmie non si afferma una verità<br />

scientifica, ma si propaganda un’etica, una visione del<br />

mondo e un modello comportamentale: basti pensare<br />

che Karl Marx, quando pubblicò il Capitale, intendeva<br />

dedicarlo a Darwin: e Marx non era certo uno<br />

scienziato naturalista.<br />

A questo cicalare disordinato e plebeo noi opponiamo<br />

ferma la certezza antica che il valore di una teoria<br />

scientifica non si misura dal numero di persone che vi<br />

credono. Che la credibilità di una scienza non si misura<br />

dalla sua utilità applicativa. Che la grandezza di una<br />

civiltà non dipenda dalla speranza media di vita.<br />

Noi non siamo antiscientisti od oscurantisti. Noi<br />

crediamo che le scienze e le tecniche non siano qualcosa<br />

da giudicare, frenare o liberalizzare, ma debbano essere<br />

considerate quali saperi strumentali, quindi sempre al<br />

servizio di qualcosa e mai a dominio di alcunché.<br />

Quello che noi critichiamo è il ruolo di dominio che la<br />

scienza moderna ha invece acquisito nell’orizzonte dei<br />

saperi: infatti se da un lato essa risponde molto bene<br />

alle domande circa il “come” avvengono i fenomeni,<br />

d’altro canto non è minimamente in grado – né<br />

potrebbe esserlo – di spiegare il “perché” di quei<br />

fenomeni, di motivarne l’esistenza. Il problema è che la

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