“PLATONE” Parte Seconda Ci si deve porre questa domanda: se le idee vengono ricordate, in Platone, ciò si limita alla configurazione nella quale da parte del ricordante vi è una semplice presa di coscienza del ricordo di esse (o semplicemente della seppur parziale conoscenza di esse data dall’accordo di opinioni), oppure può darsi una situazione nella quale, tali principi celesti, quando “ricordati” (ma non conosciuti pienamente nella loro verità), possono iniziare ad agire nell’uomo come un istinto liberato, come una priorità prorompente? Noi crediamo in questa seconda ipotesi. Anzi, “sentiamo” questa seconda ipotesi, che qualunque buon professore potrebbe facilmente abbattere. Non ce ne importa. Giustizia, bellezza, bontà. Le idee. Non crediamo noi, che Platone, se ebbe veramente di mira il risollevarsi dell’uomo, di una civiltà, avrebbe potuto contentarsi di dimostrare che, preso atto della propria ignoranza, sarebbe stato possibile render sé stessi consci dell’esistenza delle idee. L’uomo è un essere troppo debole. O meglio, troppo poco amante della propria forza. Platone lo sapeva benissimo. Rendersi consci della realtà dell’esistenza di un’unica giustizia non significa divenire giusti. Crediamo piuttosto, forse influenzati dalla nostra esperienza, che Platone concepisse le idee sì come principi etici, ma anche come marchi spirituali, come fuochi che, dividendosi in tante scintille restano in noi anche dopo la nascita e prima della morte. Le idee come principi agenti. Le idee come energie che, una volta liberate nell’individuo, non possono far altro che condizionarlo. Se “ricordiamo” parte di una verità celeste conosciuta in un vissuto ultramondano, tale “ricordo” non può che condizionare tutto il nostro essere, renderci dei “risvegliati”. Ridurre tutta la dialettica platonica ad un puro accordo d’opinioni circa il più verosimile è, se forse non proprio errato, quantomeno brutto. Ad uomini in cui la zivilization della propria comunità ha spento quelle energie – d’origine metafisica – che definiscono una civiltà come kultur ed incatenato quei superiori istinti creativi che rendono degna la vita terrestre, Platone ha tentato di dare la possibilità di ridestarsi. Lo ha fatto sfruttando quelle stesse forze che erano state la causa della degenerazione. 44 Difesa della Tradizione di Matteo Mazzoni (Chrysokarenos) Per questo, crediamo, ha scritto i suoi dialoghi: in un vero e proprio atto di propaganda e di diffusione parziale del suo pensiero, tentando di raggiungere il maggior numero di uomini, nello spazio e nel tempo, ed attendendo coloro che, “uomini di rango”, avrebbero avvertito in loro quell’istinto proprio a chi sente le idee agire in sé, irresistibilmente. Soltanto costoro, nell’Accademia (la quale, ricordiamolo, fu tempio alle muse, e non una semplice e comune scuola, come troppi vorrebbero credere), durante una vita comunitaria dura e disciplinata, avrebbero appreso i più profondi insegnamenti del maestro, che in gran parte per noi, resteranno un mistero, nonostante la ricerca sugli scritti dei suoi discepoli, e nonostante le nostre azzardate sensazioni sulle motivazioni psicologiche del suo pensiero.
Matteo Mazzoni / Platone - seconda parte 45