БРОНЗИНО В ОСОБНЯКЕ БЕРГА BRONZINO A VILLA BERG

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Мы видим здесь все элементы, присущие официальным портретам: неизменная парадность, колонна, отдернутая драпировка. Аньоло будто бы следует канве знаменитых портретов Тициана, с которыми, безусловно, был знаком, и вместе с тем в картине слышатся ноты Себастьяно дель Пьомбо. И хотя не имеется никаких документальных свидетельств его посещений Рима до 1548 года, весьма вероятно, что ранее художник неоднократно бывал в папском городе, настолько явно ощущается в его кисти монументальность портретов Себастьяно. Художник и поэт, Бронзино удивительным образом воплощает идею эпохи Возрождения ut pictura poësis. В этом ключе следует воспринимать часто встречающиеся на полотнах Бронзино изображения стихотворных текстов, тщательно выписанных от руки или напечатанных любимой скорописью, и вполне очевидно, что искусство письма не менее чем самый жанр были для него частью otium эпохи Возрождения.В одном из свидетельств современников читаем, что Бронзино «весьма увлечен литературой, поэзией и музыкой». Полотна этого автора знаменуют собой важнейшую веху в истории портретного искусства, а его понимание искусства и места искусства в общей культуре прошли испытание временем и является ныне частью незыблемых основ академической эстетики. САНДРИНА БАНДЕРА Начальник управления культуры Милана Директор Пинакотеки Брера
Se c’è un artista che rappresenta idealmente l’età avanzata del Rinascimento fiorentino nel momento dello sviluppo del principato mediceo e della conseguente consacrazione dei suoi simboli e protagonisti quello è proprio il Bronzino. E questo ritratto allegorico di Andrea Doria, grande navigatore genovese, rappresentato come il dio del mare Nettuno è quanto mai esemplificativo della vita intellettuale del tardo Cinquecento italiano. Il dipinto entrò nelle collezioni della Pinacoteca di Brera nel 1898 come acquisto per lire 4.000 da Alfredo Rovelli, figlio di Carlo, erede della raccolta di Paolo Giovio. Seppur citando il dipinto all’interno di una serie di ritratti risalenti a epoche diverse, Giorgio Vasari colloca la sua esecuzione subito dopo il ritorno dell’artista da Pesaro nel 1532; ciò nondimeno, questa tela può essere accostata per via stilistica ad alcune opere posteriori e in particolare alla decorazione della cappella di Eleonora di Toledo in Palazzo Vecchio, realizzata tra il 1540 e il 1545. Il suo rapporto con i ritratti di imperatori di Tiziano – che servirono di modello per le effigi del museo gioviano dopo il 1540 – e quelli di Totila e dei capi ottomani commissionati a Francesco Salviati nel 1540 ci induce a pensare che esso sia posteriore al 1543, anno in cui Giovio acquisì una visione più sistematica della propria collezione. Il fatto che l’umanista possedesse ritratti di mano del Bronzino sembra indicare che egli si fosse prima rivolto a Cosimo, con il quale intratteneva eccellenti rapporti e di cui l’artista era diventato pittore ufficiale. Sembra infatti poco probabile che Giovio avesse ordinato il dipinto direttamente al Bronzino, pur essendo, a detta di Vasari, «amico suo», dal momento che era solito avvicinare cardinali, principi e letterati – Pietro Aretino, tra gli altri – per ottenere le opere. Come nel caso di altri ritratti, il Bronzino, imbevuto dello spirito del «paragone» che caratterizzò la critica di Benedetto Varchi, rinomato filologo fiorentino, guardava all’opera di Michelangelo; e in questo caso, in particolare, al celebre «David», come suggeriscono il modellato del corpo e la posizione del braccio destro, in controparte. L’aspetto scultoreo della figura di cui si è detto corrisponde di fatto, stilisticamente, alle opere coeve. L’originalità di questa versione «allegorica» del ritratto di Andrea Doria è stata ben delineata nel suo anticipare il gusto dei decenni successivi, quale quello introdotto a Firenze più tardi da Vasari o, addirittura, dagli artisti dello «Studiolo» in Palazzo Vecchio. Sono presenti tutti gli elementi caratteristici dei ritratti ufficiali: la postura fiera, la colonna e la tenda scostata. Agnolo pare tornare sui grandi ritratti di Tiziano che gli erano noti, ma dimostra di conoscere anche quelli di Sebastiano del Piombo. Per quanto non sia documentato alcun suo viaggio a Roma prima del 1548, è probabile che egli
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