Come parlano le immagini Cosa dicono le parole Cosa ... - Babalibri
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TOPIPITTORI I cigni selvatici<br />
RENDERE POSSIBILE<br />
L’IMPOSSIBILE<br />
Smorzare la temperatura di certe emozioni, affievolire la luminosità di certe gioie,<br />
attenuare il dolore di certe prove, abbreviare il corso di certe attese, risparmiare<br />
i conti di certe fatiche, non garantirebbe ciò per cui I cigni selvatici esistono:<br />
rendere possibi<strong>le</strong> l’impossibi<strong>le</strong>.<br />
I CIGNI SELVATICI<br />
di Hans Christian Andersen,<br />
traduzione Maria Giacobbe,<br />
illustrazioni Joanna Concejo<br />
Collana: Fiabe quasi classiche<br />
Anno di pubblicazione: 2011<br />
56 pagine in formato 20 x 26,5 cm<br />
Progetto grafico: Orith Kolodny<br />
ISBN: 978 88 89210 62 8<br />
euro 20,00<br />
Circa un anno fa, il blog “Le figure dei libri” pubblicava<br />
un’intervista a Joanna Concejo. Fino a questo momento, per<br />
Topipittori, l’illustratrice franco-polacca aveva dato forma a<br />
personaggi maschili, enigmatici, invisibili, si chiamavano Il<br />
signor Nessuno e L’angelo del<strong>le</strong> scarpe. Con Maria Giacobbe,<br />
una scrittrice e giornalista di origine sarda, trasferita in Danimarca<br />
dalla fine degli anni Cinquanta, Concejo interpreta<br />
I cigni selvatici di Hans Christian Andersen, un classico della<br />
<strong>le</strong>tteratura fiabesca entrato nel 2011 nella collana “Fiabe<br />
quasi classiche”. «Per me, tutto comincia nella realtà. Anche<br />
l’immaginazione», afferma l’illustratrice. «In ogni caso, l’immaginazione<br />
è radicata nella realtà e se ne nutre», continua.<br />
«La realtà è una sorgente inesauribi<strong>le</strong>: se sono capace di<br />
“vedere”, se so attingervi.» Potrebbe sembrare un paradosso<br />
cominciare l’approfondimento di un racconto imbevuto di<br />
eventi e visioni prodigiose da una dichiarazione di realismo 1 .<br />
Tuttavia, dalla prima all’ultima pagina, I cigni selvatici confermano<br />
che il vissuto terreno è intrecciato a vissuti di altra<br />
specie e che nel paesaggio del<strong>le</strong> fiabe questa obliquità è un<br />
fatto assolutamente ordinario.<br />
«In un paese lontano, dove se ne vanno <strong>le</strong> rondini a svernare<br />
quando qui si fa freddo, c’era una volta un re che aveva<br />
undici figli maschi e una bambina che si chiamava Elisa.<br />
Gli undici fratelli, che erano principi, andavano a scuola con<br />
la sciabola al fianco e il petto coperto di sp<strong>le</strong>ndide medaglie.<br />
Scrivevano con uno stilo di diamante su una lavagna<br />
d’oro e sapevano <strong>le</strong>ggere benissimo sia in si<strong>le</strong>nzio che ad<br />
alta voce. […] la sorella, per sedersi aveva uno sgabellino<br />
fatto di specchi di cristallo e possedeva un libro illustrato che<br />
era costato metà del reame.» Il <strong>le</strong>ttore che accetta di entrare<br />
nel labirinto della fiaba, andrà oltre, a cercare a pagina 10 il<br />
seguito di una vicenda che promette regine, boschi, enigmi,<br />
fate, incantesimi, uccelli, simboli, archetipi. D’altra parte, il<br />
<strong>le</strong>ttore che apprezza tra <strong>le</strong> righe del fiabesco <strong>le</strong> righe del rea<strong>le</strong>,<br />
non evita su questo incipit di soffermarsi e di osservare<br />
diverse cose: che mentre <strong>le</strong>ggiamo ad alta voce, stiamo parlando<br />
una lingua ce<strong>le</strong>stia<strong>le</strong>; che <strong>le</strong> qualità della stessa sono<br />
oltremodo superiori alla lingua della free press circolante per<br />
strada o in metropolitana; che uno stilo di diamante è un<br />
oggetto preziosissimo e pericolosissimo insieme; che il medesimo<br />
oggetto acquista preziosità e pericolosità amplificate<br />
se ad afferrarlo sono mani bambine; che l’infanzia porta con<br />
sè, involontariamente, il peso di responsabilità enormi; che<br />
impartire <strong>le</strong>zioni su una lavagna d’oro trasmette un concetto<br />
di scuola e di fare scuola agli antipodi con la scuola italiana<br />
oggi; che sapere <strong>le</strong>ggere benissimo sia in si<strong>le</strong>nzio sia a voce<br />
alta smarca da distorsioni del nostro tempo, per cui non è<br />
un prob<strong>le</strong>ma essere analfabeti, purché milionari; che <strong>le</strong>ggere<br />
libri illustrati può essere un momento reso unico anche dal<br />
tipo di ambienti e arredi col<strong>le</strong>gati a ta<strong>le</strong> esperienza; che i<br />
libri illustrati sono oggetti nobili e che nobi<strong>le</strong> è chi se ne<br />
circonda e li <strong>le</strong>gge 2 .<br />
Tutto nel<strong>le</strong> fiabe conosce un grado di intensità esagerato.<br />
I cigni selvatici (e con esse l’opera omnia di Andersen e dei<br />
Grimm) sarebbero altro da sé, se <strong>le</strong> paro<strong>le</strong> e <strong>le</strong> <strong>immagini</strong><br />
non rispettassero questa impostazione. Smorzare la temperatura<br />
di certe emozioni, affievolire la luminosità di certe<br />
gioie, attenuare il dolore di certe prove, abbreviare il corso<br />
di certe attese, risparmiare i conti di certe fatiche, facilitare<br />
la riuscita di certe conquiste, mascherare il volto di certi bui,<br />
mutare la natura di certe cattiverie, non garantirebbe ciò per<br />
cui I cigni selvatici esistono: rendere possibi<strong>le</strong> l’impossibi<strong>le</strong>.<br />
I <strong>le</strong>ttori più timorosi o chi sia incerto sulla bontà di quanto<br />
appena espresso, potrebbe cambiare idea insieme a Elisa e ai<br />
suoi fratelli principi cigni 3 e incontrare un valido supporto<br />
nella <strong>le</strong>ttura integra<strong>le</strong> di uno scritto di Wislawa Szymborska<br />
appartenente alla raccolta Letture facoltative (Adelphi,<br />
2006). Si intitola L’importanza di farsi spaventare e comincia<br />
così: «A uno scrittore dall’immaginazione piuttosto sbrigliata<br />
proposero di scrivere qualche cosa per i bambini. “Benissimo”,<br />
si ral<strong>le</strong>grò “avevo giusto in mente un raccontino<br />
con una strega.” Le signore della casa editrice cominciarono<br />
a gesticolare agitate: “No, <strong>le</strong> streghe no, per carità! Non si<br />
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