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arcivescovo di Firenze, figlio favorito di Sisto IV, la cui bellezza era pari solo alla dissolutezza, che ricevette Leonora<br />
d'Aragona in un padiglione di seta bianca e cremisi, pieno di ninfe e centauri, e fece dorare un fanciullo perché alle feste<br />
gli servisse da Ganimede o da Hylas; Ezzelino, la cui malinconia era alleviata solo dallo spettacolo della morte, e che<br />
amava il rosso sangue, come altri amavano il rosso vino: figlio del demonio, era ritenuto, e aveva truffato il padre<br />
giocando con lui l'anima a dadi; Giambattista Cybo che per beffa prese il nome di Innocenzo e nelle cui torpide vene un<br />
medico ebreo trasfuse il sangue di tre giovinetti; Sigismondo Malatesta, amante di Isotta e signore di Rimini, che venne<br />
bruciato in effigie a Roma perché nemico di Dio e dell'uomo, che strangolò Polissena con un tovagliolo, offrì il veleno a<br />
Ginevra d'Este in una coppa di smeraldo e, in onore di una vergognosa passione, costruì una chiesa pagana per il culto<br />
cristiano; Carlo VI, così violentemente preso dalla cognata che un lebbroso lo avvertì che sarebbe presto impazzito e<br />
che, quando il cervello fu colto dalla malattia e cominciò a sragionare, si calmava solo vedendo le carte saracene dipinte<br />
con le immagini dell'amore, della morte, e della follia; e - nel farsetto attillato, il berretto ornato di gemme, i riccioli<br />
come foglie di acanto - Grifonetto Baglioni, che assassinò Astorre insieme alla moglie e Simonetto con il suo paggio, un<br />
giovane di tale bellezza che, quando giacque morente sulla gialla piazza di Perugia, coloro che lo odiavano non<br />
poterono impedirsi di piangere, e Atalanta, che lo aveva maledetto, lo benedisse.<br />
C'era un orribile fascino in tutti questi personaggi. Li vedeva di notte e gli turbavano l'immaginazione durante<br />
il giorno. Il rinascimento conosceva strani modi per uccidere di veleno: con un elmo o con una torcia accesa, con un<br />
guanto ricamato d'oro e con una catenella d'ambra. Dorian Gray era stato avvelenato da un libro. In certi momenti<br />
considerava il male solo un mezzo mediante il quale realizzare la sua concezione della bellezza.<br />
XII<br />
Era il nove di novembre, il giorno del suo trentottesimo compleanno, come ricordò più volte in seguito.<br />
Tornava a casa verso le undici di sera, dopo aver pranzato da Lord Henry, avvolto in una pesante pelliccia<br />
perché la notte era fredda e nebbiosa. All'angolo di Grosvenor Square con South Adley Street un uomo in un ulster<br />
grigio col bavero alzato, lo superò muovendosi rapido nella nebbia. Teneva in mano una valigia. Dorian Gray lo<br />
riconobbe: era Basil Hallward. Si sentì assalire da uno strano, inspiegabile senso di paura. Finse di non riconoscere il<br />
pittore e proseguì in fretta verso casa.<br />
Hallward però lo aveva visto. Dorian lo udì dapprima fermarsi sul marciapiedi, poi corrergli dietro. Pochi<br />
momenti dopo la mano di lui gli si posava su un braccio.<br />
«Dorian! Che colpo di fortuna! Ti ho aspettato nella tua biblioteca fin dalle nove. Alla fine la stanchezza del<br />
tuo cameriere mi ha impietosito e me ne sono andato dicendogli di andare a letto. Parto per Parigi con il treno di<br />
mezzanotte: ci tenevo molto a vederti prima di partire. Ho pensato che fossi tu, o meglio la tua pelliccia, nel passarti<br />
accanto, ma non ne ero affatto sicuro. Non mi hai riconosciuto?»<br />
«Con questa nebbia, mio caro Basil? Non riesco nemmeno a riconoscere Grosvenor Square. Credo che la mia<br />
casa sia da queste parti, ma non ne sono affatto sicuro. Mi dispiace che tu stia partendo, non ti vedo da secoli. Ma<br />
immagino che tornerai presto.»<br />
«No, rimarrò via dall'Inghilterra per sei mesi.<br />
Ho intenzione di prendere uno studio a Parigi e di rinchiudermi dentro finché non avrò finito un grande quadro<br />
che ho in mente. Comunque, non era di me che volevo parlare. Eccoci alla porta di casa tua: fammi entrare un<br />
momento, ho qualcosa da dirti.»<br />
«Con molto piacere, ma non perderai il treno?» domandò pigramente Dorian Gray mentre saliva i gradini e<br />
apriva la porta.<br />
La luce del lampione penetrava a fatica la nebbia e Hallward diede un'occhiata all'orologio. «Ho un sacco di<br />
tempo,» rispose. «Il treno parte alle dodici e quindici e sono appena le undici. Stavo proprio andando al club a cercarti<br />
quando ti ho incontrato. Come vedi, non ho bagagli ingombranti: ho già spedito le cose più pesanti. Ho solo questa<br />
borsa e posso comodamente arrivare alla Victoria Station in venti minuti.»<br />
Dorian lo guardò e sorrise. «Che modo di viaggiare per un famoso pittore! Una borsa Gladstone e un ulster!<br />
Entra, altrimenti la nebbia mi viene in casa. E ricordati di non dirmi nulla di serio. Non c'è nulla di serio in questi tempi,<br />
o, almeno, non dovrebbe esserci.»<br />
Hallward entrò scuotendo il capo e seguì Dorian in biblioteca. Un allegro fuoco di legna ardeva nel grande<br />
camino. Le lampade erano accese e un portaliquori olandese d'argento ancora aperto era posato, insieme ad alcuni sifoni<br />
di soda e a grandi bicchieri di cristallo molato, su un minuscolo tavolino intarsiato.<br />
«Come vedi, il tuo cameriere mi aveva messo a mio agio. Mi ha dato tutto quello che desideravo, comprese le<br />
tue sigarette dal bocchino dorato. È una persona davvero ospitale. Mi piace molto di più di quel francese che avevi una<br />
volta. A proposito, che cosa è successo di lui?»<br />
Dorian scrollò le spalle. «Credo che abbia sposato la cameriera di Lady Radley e l'abbia portata a Parigi come<br />
sarta inglese. Ho sentito che l'anglomanie è molto di moda, laggiù. È stupido da parte dei francesi, non ti pare? Ma non<br />
era affatto un cattivo cameriere, sai? Non mi era simpatico, ma non potevo lamentarmene. Spesso immaginiamo delle<br />
cose completamente assurde. In realtà, mi era molto devoto e mi sembrò molto dispiaciuto quando se ne andò. Vuoi un<br />
altro brandy con soda? O preferisci uno Hockheim al seltz? Io lo prendo sempre. Devo averne, nella stanza vicina.»