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Una modernizzazione economico-territoriale da transito ferroviario

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simbolicamente questo storico accesso urbano verso la sottostante ferrovia, si traccia il “rettifilo”<br />

urbano dell’odierna via Roma che termina con la terrazza della Villa comunale «Umberto I°».<br />

Il temuto sdoppiamento <strong>economico</strong> del centro urbano è così in parte scongiurato, mentre un nuovo<br />

scenario di rottura rispetto al tradizionale tessuto urbano è indicato: evocatore di nuove forme di<br />

socialità e di incontro. Con questa impostazione evocativa viene anche progettato – per i dipendenti<br />

ferrovieri – il rione Piano Torre (1913), costruito con abitazioni bifamiliari con giardino, fuori <strong>da</strong>lla<br />

cinta <strong>da</strong>ziaria urbana per risparmiare sull’imposta fondiaria ed in prossimità di quella che doveva<br />

essere un’altra innovazione tecnologica di rilievo: il faro a gas su torre metallica. Rione che introduce,<br />

per la prima volta, nel tessuto residenziale cittadino il nuovo pensiero urbanistico sulla mitigazione del<br />

rischio sismico attraverso il dira<strong>da</strong>mento residenziale 44 .<br />

L’investimento edilizio nei pressi del centro urbano esistente e non alla Marina è dettato anche <strong>da</strong><br />

motivi di opportunità: l’assenza di acquedotto e fognatura alla Marina, la ristrettezza di territorio<br />

pianeggiante a monte del fascio dei binari, i pochi investimenti in attrezzature pubbliche. Difatti<br />

l’arretramento, rispetto alla nuova centralità litoranea, è sostenuto <strong>da</strong>i pochi investimenti edilizi per<br />

ospitare le nuove funzioni localizzate in città dopo l’Unità. In altra parte del volume è ricostruita la<br />

storia dell’autorevole presenza di istituzioni religiose in città. Qui oltre al Santuario e all’Ordine dei<br />

Minimi, a tre chiese parrocchiali e una chiesa – di recente costruzione – voluta <strong>da</strong>gli emigrati, vi erano<br />

altre strutture conventuali: degli Agostiniani, dei Cappuccini, dei Gesuiti/Domenicani.<br />

Subito dopo l’unificazione del Regno due leggi, la n. 3096 del 1866 e la n. 3848 del 1867, sopprimono<br />

prima gli ordini, le corporazioni e le congregazioni religiose e poi ne determinano anche la<br />

liqui<strong>da</strong>zione dell’asse ecclesiastico 45 . Nemmeno il Santuario e i Minimi di S. Francesco sfuggono alla<br />

devoluzione al Demanio.<br />

Le strutture sono incamerate <strong>da</strong>l Comune che non trova di meglio che adibirle, in parte, ad ospitare le<br />

nuove funzioni amministrative concesse alla città. Il complesso di S. Agostino è destinato a caserma<br />

(per un piccolo contingente militare distaccato <strong>da</strong> Cosenza) e carcere giudiziario, all’inizio del<br />

secolo 46 . Il convento dei Cappuccini a cimitero; quello dei Gesuiti (nei quali intanto si erano trasferiti i<br />

Domenicani dopo la soppressione dei primi sotto il Tanucci) a sede dell’Amministrazione comunale e<br />

Sottoprefettura. La disponibilità di queste strutture, così, gui<strong>da</strong> involontariamente ed in maniera<br />

irrazionale anche la localizzazione dei principali servizi pubblici del nuovo Stato unitario. Così, i<br />

complessi religiosi demanializzati diventano nuovamente i punti di ridefinizione della pubblica<br />

amministrazione, inducendo un riuso della città all’interno dell’edificato esistente. Riuso che stride con<br />

gli investimenti per le opere pubbliche ferroviarie e che blocca la progettazione di appositi edifici<br />

pubblici. Ciò, in parte, spiega uno dei paradossi di Paola: aver cambiato volto radicalmente per gli<br />

effetti diretti ed indiretti della rivoluzione ferroviaria, e delle nuove funzioni amministrative pubbliche,<br />

senza essere accompagnata <strong>da</strong>ll’edificazione di complessi pubblici di rilievo che possano testimoniarne<br />

fisicamente l’evento.<br />

Viene rafforzata la compagine urbana privata, vengono aperte nuove strade e alcune piazze<br />

(rettificazione dell’attuale via Nazionale, creazione della piazza IV novembre, e l’attuale via Roma),<br />

vengono edificati nuovi quartieri, che generano un successivo agglutinamento di altre case, ma nessun<br />

edificio pubblico di rilievo è pensato, se si esclude proprio la stazione ferroviaria. Questo è spia di una<br />

struttura economica, complessivamente, debole.<br />

Più interessanti, ed importanti, sono invece gli effetti culturali della <strong>modernizzazione</strong> di fine secolo<br />

scorso. Paola, per motivi di tecnica del trasporto a vapore, diventa un nodo importante della rete<br />

ferroviaria nel Sud. La ferrovia introduce un tipo di lavoro moderno, con regole e orari rigorosi, e con<br />

novità assolute come l’assenza della figura fisica del padrone e la distinzione fra direzione e<br />

proprietà 47 . Non solo, ma la costante rotazione del personale porta a Paola personaggi provenienti <strong>da</strong><br />

aree dove la <strong>modernizzazione</strong> si era già svolta o era in corso, personale portatore di osservazioni<br />

sincroniche di assoluta rottura con il contesto. La presenza, ancora, di uffici pubblici di rilievo<br />

sovracomunale (come il Genio civile, l’Ufficio mantenimento ferrovie, l’Ispettorato scolastico, ecc.<br />

con larga presenza di personale con alta formazione) genera la nascita, in piccola parte autoctona, in<br />

larghissima parte per immigrazione, di un ceto impiegatizio di buona cultura, stimato intorno alle 200<br />

famiglie, <strong>da</strong> aggiungere alle 800 famiglie dei ferrovieri 48 .<br />

La cospicua massa degli stipendi e dei salari attiva i consumi 49 e di conseguenza sollecita il<br />

miglioramento e differenziazione degli esercizi commerciali. Nel 1910 troviamo tre albergatori<br />

(Gennaro Arcieri, Francesca Sciammarella, Francesco Sbano), che diventano quattro nel ’15 (si<br />

aggiunge Giuseppe Russo) e cinque nel ’20 (si aggiunge Pasquale Valle). I Caffè sono cinque nel ’10,<br />

salgono a sei un quinquennio dopo. I negozi di tessuti sono già nove nel 1910, mentre i sarti otto,<br />

Giuseppe De Luca - 8

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