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EFFETTOTRE OTTOBRE 2011 N.RO 49<br />
Ho appena finito di leggere, per l’ennesima volta, un libro dalla grafica orrenda e<br />
disarticolato, pubblicato da un anonimo editore: “Lettere al colonnello<br />
Pappalardo” del 1990. Un libro che, ogni volta, rileggo con piacere, perché<br />
contiene tante “grida di dolore” di anonimi carabinieri che si rivolgevano a<br />
quell’Ufficiale, vittime di quotidiane ingiustizie e soprusi. Libro che diede al suo<br />
autore tanta notorietà, più della sua stessa elezione al Parlamento.<br />
Lo rileggo con un po’ di nostalgia perché quell’Arma non c’è più, ma questa è<br />
un’altra storia. I giovani ‘carabinieri’ di oggi non conoscono la storia del col.<br />
Pappalardo e della banda di disperati che lo affiancava, quelli di ieri lo hanno già<br />
dimenticato.<br />
Per questo mi sono deciso a scrivere al colonnello Raimondi per lanciare un ‘grido<br />
di dolore’, con la speranza che Lei abbia la voglia ed il desiderio di ascoltarmi,<br />
così <strong>com</strong>e faceva il suo pari grado Pappalardo.<br />
Mi rivolgo a Lei, perché affascinato ed ammaliato dal quel “toc toc”; quel<br />
giornaliero bussare alla sua porta, che ci riporta ad una storia presente e passata<br />
fatta di tanti virtuali illustri ed importanti personaggi.<br />
A Lei che pazientemente Li riceve ogni giorno nella sua ‘casa’, La prego<br />
cortesemente, voler rivolgere a costoro, a nome mio, un domanda.<br />
Il <strong>com</strong>portamento di tutti i ‘carabinieri’, anche nella sfera privata, deve essere<br />
improntato ad una severità interiore ed esteriore che non ha paragoni con altri<br />
lavoratori e cittadini di questo bel Paese.<br />
Veda signor Colonnello, Lei che indossa l’ uniforme <strong>com</strong>e me, sa bene che anche<br />
quando sono per i fatti miei e passeggio per le vie della mia città, mi è fatto<br />
assoluto divieto prendere a calci un barattolo di latta, perché altrimenti potrei<br />
ledere il prestigio della nostra Istituzione. Io non ho una famiglia consolidata alle<br />
spalle, non ho sponsor o rac<strong>com</strong>andazioni, non sono un arrampicatore sociale, non<br />
posso frequentare le ‘segreterie politiche’, non posso rivolgermi ai potenti di<br />
turno: io sono un umile ‘carabiniere’ che si sforza ogni giorno di fare<br />
discretamente bene il proprio lavoro.<br />
Proprio perché la mia vita è limitata, fortemente limitata, ed è fatta di doveri,<br />
divieti ed autorizzazioni (devo chiedere l’autorizzazione anche per fare un<br />
pellegrinaggio a Medjugorje), non posso e non devo rivolgermi al ‘benzinaio’ sotto<br />
casa per poter chiedere un posto di lavoro part – time, a 400 euro al mese, per<br />
mio figlio, perché ciò potrebbe <strong>com</strong>promettere l’indipendenza nell’espletamento<br />
delle mie integerrime funzioni.<br />
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