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ANTOLOGIA DI SCRITTI - Marxists Internet Archive

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interventista era stato tollerato nelle file del P.S.I., l'interventismo sia pure blando di Gramsci e<br />

quello smaccato di Palmiro Togliatti, questi pure associato all'iniziativa ordinovista.<br />

D'altra parte, dopo un inizio caratterizzato da una certa tendenza culturale residua al non del tutto<br />

dimenticato idealismo, l'impostazione della questione dei Consigli di fabbrica, concepiti come<br />

istituzione rivoluzionaria in sé ed autonoma dal partito e dai sindacati, non trovava nella nostra zona<br />

alcuna adesione e simpatia. Si doveva constatare una remora di più sulla via già tanto difficile e<br />

complessa dell'accordo fra le sinistre socialiste verso un obiettivo pur evidentemente urgente, vale a<br />

dire il superamento nel P.S.I. del massimalismo demagogico, ambiguo e inconcludente. E il<br />

congresso di Bologna non cambiò nulla anche se nel Paese la marea inquieta del proletariato saliva,<br />

lo smarrimento delle forze borghesi cresceva, le strutture dello Stato scricchiolavano, i nuclei<br />

mussoliniani si impinguavano di malcontenti, di delusi di ogni colorazione, di piccoli borghesi<br />

disperati, di avidi avventurieri.<br />

Gli echi sempre più eloquenti della rivoluzione russa sollevavano soprattutto nelle grandi masse<br />

slanci di solidale comprensione, ansiose attese e vane di orientamento rivoluzionario.<br />

La mancanza di un movimento univoco alla sinistra nel P.S.I. favorì anche a Milano la politica<br />

ambigua della Direzione del partito stesso in occasione delle elezioni del 16 novembre 1919.<br />

Nel clima eccitante per le masse operaie una competizione sia pure democratica, nei limiti della<br />

legalità ammessi dallo Stato borghese, ma condotta dal grosso P.S.I. con alto clamore demagogico e<br />

con abusivo ma comodo richiamo alla rivoluzione russa, non poteva non trasformarsi in una<br />

concreta diversione opportunistica. Dire ai milioni di operai elettori che ci si doveva distogliere da<br />

questa vasta lotta per non accettare inquinamenti parlamentaristici non aveva senso. La maggior<br />

parte di quegli elettori proletari voleva partecipare allo scontro con la classe avversa nell'unica<br />

contingenza che il momento le offriva ma tale scontro aveva per essa una portata niente affatto<br />

parlamentaristica, bensì rivoluzionaria.<br />

La Sinistra socialista milanese (isolata sia dal gruppo torinese, impotente negli schemi controversi<br />

dei Consigli di fabbrica esaltati da Gramsci e ridimensionati da Tasca, isolata anche dal gruppo<br />

bordighiano rassegnato alla disciplina e praticamente trascurato in quasi tutta Italia) vide i suoi<br />

migliori esponenti impegnati in una intensa campagna dalla quale si potevano soltanto sperare<br />

possibili sviluppi su altro terreno. Nel corso di questa fase un delegato-osservatore della Terza<br />

Internazionale si stabilisce clandestinamente a Milano e avvicina singoli compagni delle varie<br />

correnti. E' (pare) Ljubarskij, ma si fa chiamare Niccolini. Parla perfettamente varie lingue e la<br />

nostra in modo eccellente. Scrive pure articoli per l'"Avanti!" e contribuisce a redigere una rivista<br />

insieme a Serrati. Non interviene ancora nelle questioni di correnti interne al P.S.I. Illustra però<br />

efficacemente gli antecedenti della rivoluzione bolscevica, gli sviluppi, le implicazioni a livello<br />

internazionale.<br />

Nei suoi incontri con Fortichiari e Serrati, sempre individuali e clandestini, non prende posizione,<br />

sta sulle generali, indaga, discute per chiarire idee e fatti. La sua presenza è cauta ma assidua per<br />

tutto il periodo che precede lo scontro operaio con la classe industriale sfociato nell'occupazione<br />

delle fabbriche.<br />

1920: dallo sciopero di Torino all'occupazione delle fabbriche<br />

Nel marzo 1920 scoppiava a Torino uno sciopero degli operai dei maggiori stabilimenti. Era<br />

manifestamente una iniziativa sollecitata dal movimento dei Consigli di fabbrica sovrapposti alle<br />

organizzazioni sindacali. Queste in Torino come del resto in tutta Italia, erano influenzate e spesso<br />

dominate da apparati ligi alle direttive riformiste. Ma anche dove esistevano Camere del Lavoro<br />

non del tutto obbedienti, nulla era stato fatto dal gruppo di Torino per assicurarsi presso le rispettive<br />

masse organizzate comprensione e solidarietà. D'altra parte il movimento dei Consigli di fabbrica si<br />

era caratterizzato con una parola d'ordine coraggiosa ma non ancora persuasiva per i più larghi strati<br />

operai eccitati alla lotta: il "controllo operaio sulla produzione".<br />

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