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ANTOLOGIA DI SCRITTI - Marxists Internet Archive

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La situazione del movimento operaio in Italia era andata aggravandosi dopo l'episodio di Torino. La<br />

questione delle rivendicazioni salariali non poteva essere accantonata per una battaglia sbagliata e<br />

perduta, in uno spazio del resto limitato a Torino e Piemonte.<br />

Il rincaro della vita non era stato contenuto ma si era accentuato. L'atmosfera generale era densa di<br />

problemi insoluti e pressanti. Avvenimenti impreveduti ponevano in evidenza la precarietà delle<br />

strutture stesse della società italiana e nel contempo in altri Stati dell'Europa le ripercussioni della<br />

rivoluzione bolscevica scuotevano i regimi usciti malconci dalla guerra. Rivoluzione in Ungheria e<br />

controrivoluzione. Conati rivoluzionari in Germania e reazione scatenata dalla socialdemocrazia.<br />

Nel Meridione d'Italia i contadini occupano le terre incolte. E' un fatto rivoluzionario. Il governo è<br />

costretto a riconoscere l'occupazione condizionandola in modo da prender tempo. Ma nel resto della<br />

nazione si temporeggia. Un partito comunista, sull'esempio della Russia, avrebbe potuto inserirsi<br />

per coordinare una convergenza col movimento operaio, che sarebbe stata una premessa decisiva a<br />

tutti gli effetti.<br />

Ma il partito comunista non esiste e i molti gruppi, gelosi delle particolari, proprie, sapienti ma vane<br />

concezioni, macinano parole. Il massimalismo di Roma promette rivoluzione con fervore di<br />

intenzioni, ma si destreggia per scantonare dalle giuste esigenze della Terza Internazionale. Lazzari<br />

dice che, per carità, non è il momento delle imprudenze. E Turati, sempre nel P.S.I. e forte del<br />

sostegno dell'apparato sindacale, proclama a gran voce che la Direzione socialista vuol far la<br />

rivoluzione con gli ordini del giorno e che non sa cosa sia un archibugio.<br />

Le maestranze delle più grosse industrie metalmeccaniche e metallurgiche, soprattutto in<br />

Lombardia, Piemonte e Liguria, fremono di impazienza. La F.I.O.M. guidata da Buozzi (riformista)<br />

non può lasciarsi sfuggire il controllo di una massa vivace di operai. Imposta l'agitazione per una<br />

revisione dei salari. Gli industriali reagiscono con vigore, incoraggiati dalla sconfitta dei Consigli di<br />

fabbrica a Torino. L'organizzazione sindacale non può svincolarsi dalla pressione operaia e decide<br />

l'ostruzionismo nelle fabbriche. Gli industriali replicano decidendo la serrata.<br />

La risposta degli operai è immediata. A Milano viene occupata l'Alfa Romeo; seguono subito le<br />

altre fabbriche di Milano, poi l'occupazione si estende a Torino, Genova e in altri centri.<br />

In molte fabbriche, specialmente a Milano, consistenti nuclei operai si armano, ostentatamente. La<br />

Sinistra socialista è con loro. Si è insediata alla sede della Camera del Lavoro sostituendovi i<br />

sindacalisti per concorde decisione.<br />

L'occupazione delle fabbriche a Milano e nei centri industriali della provincia (che allora - come ho<br />

detto - includeva Busto Arsizio e Gallarate) era già in sé un passo rivoluzionario. L'armamento di<br />

numerosi operai (specialmente ex-combattenti) era affrettato e sommario, perché mai il<br />

massimalismo a Roma si era posto il problema. Però la Sinistra socialista, non appena assunta la<br />

posizione di avanguardia, non ha perso tempo. Di armi ce ne erano alle sedi militari. Il contatto con<br />

queste fu pronto e proficuo.<br />

Il comando organizzativo, con sede alla Camera dei Lavoro, interamente costituito da elementi della<br />

sinistra, riceveva da soldati che si presentavano perfino in divisa. In altri casi i militari facevano<br />

passare al disopra dei muri perimetrali delle caserme agli incaricati degli operai quanto potevano.<br />

In alcuni stabilimenti si facevano bombe: gli ingredienti chimici venivano prelevati nelle fabbriche<br />

specializzate. I dirigenti dell'agitazione disponevano liberamente di auto e autocarri.<br />

L'autorità politica e di polizia non si mostrava.<br />

Si è detto poi che il governo Giolitti, d'accordo coi responsabili sindacali (riformisti) e coi più<br />

autorevoli deputati socialisti (riformisti) aveva deciso di non intervenire contando sull'esaurimento<br />

di un movimento limitato a pochi centri. Può darsi. Ma non è detto che la manovra dovesse riuscire<br />

comunque. E' vero che in molti centri, perfino a Torino, dove i socialisti astensionisti avevano la<br />

direzione della sezione e della Camera del Lavoro, si cercava di contenere l'occupazione delle<br />

fabbriche entro i limiti prudenti.<br />

La trovata dell'autogestione affidata ai Consigli di fabbrica (la linea Gramsci) doveva funzionare da<br />

parafulmine, tanto che Buozzi l'accolse e l'apparato della Confederazione Generale del Lavoro ne<br />

approfittò. Ma la volontà degli operai torinesi travalicava le sottigliezze gramsciane e poteva<br />

esplodere al più piccolo incidente.<br />

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