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miseria. Con le istituzioni che, invece di attivare ad esempio<br />

una campagna «casa per tutti» (a M<strong>il</strong>ano le istituzioni<br />

sono in pugno a redditieri e palazzinari senza scrupoli)<br />

alimentano <strong>il</strong> conflitto e, soprattutto, <strong>il</strong> fascista Vice<br />

Sindaco con la sua squadretta di vig<strong>il</strong>i urbani picchiatori,<br />

montano l’altra campagna: quella <strong>della</strong> falsa sicurezza<br />

contro <strong>il</strong> rischio criminalità degli stranieri. E giù legnate<br />

al competitore. Il guaio è che ricevono applausi da quel<br />

popolo di anziani poveri e terrorizzati e, insieme, dai benpensanti<br />

che non vogliono essere disturbati nelle loro<br />

città blindate. Un’alleanza spuria quella tra poveri e riccastri.<br />

Mezzo secolo fa, quando a M<strong>il</strong>ano come a Torino salivano<br />

decine e decine di migliaia di meridionali, che da<br />

braccianti si proponevano di diventare operai metalmeccanici,<br />

degli amministratori avveduti ma anche degli<br />

industriali che guardavano alla qualità <strong>della</strong> vita dei loro<br />

operai costruirono quartieri interi di case popolari, le<br />

famose «coree», ma anche un’Umanitaria e le scuole<br />

professionali. Non fu semplicissima nemmeno quell’integrazione<br />

ma, almeno, fu ricercata. Oggi invece i sindaci<br />

si sentono sceriffi e, pur di non affrontare i veri problemi,<br />

alimentano lo scontro tra i disgraziati in cui l’immigrato<br />

diventa capro espiatorio del non fatto. E gli industriali?<br />

Non ci sono più, hanno cambiato pelle. Con un altro linguaggio<br />

oggi in superamento si direbbe che lo scontro<br />

viene calato dentro la classe, ultimi contro penultimi, e<br />

non si individua più la necessità di organizzare l’altro<br />

conflitto, quello tra le classi, <strong>il</strong> conflitto con chi sta sopra<br />

che vive indisturbato.<br />

EDITORIALE<br />

5. Ma oggi a M<strong>il</strong>ano arriva l’Expo e risolverà tutti i problemi,<br />

così almeno si dice. E, si dice anche, ma poi<br />

vedremo, che dovrebbero rendersi necessari c’è chi<br />

sostiene 70.000 chi addirittura 100.000 nuovi lavoratori.<br />

Fosse così, e vista la planimetria delle grandi opere<br />

annunciate, la mia stima sommaria mi porta a dire che si<br />

apriranno cantieri ed<strong>il</strong>i – per strade, vie d’acqua, linee<br />

metropolitane, alberghi, interventi di ristrutturazione –<br />

per almeno 50-60.000 operai dei quali 30-40.000<br />

saranno sicuramente immigrati, comunitari e no. In<br />

questa stima, con queste prospettive, c’è la regolarizzazione<br />

di tutti i clandestini <strong>della</strong> Lombardia. Ma ci sono<br />

altre domande che chiedono risposta all’algida Sindaca e<br />

al truce Vice Sindaco, distraendoli un po’ dallo sgombero<br />

dei campi Rom che tanto li sta appassionando: come verranno<br />

formati questi lavoratori tanto necessari? Dove<br />

andranno ad abitare? E se arrivano con le famiglie, come<br />

è giusto, che succede? E, infine, dopo la kermesse<br />

dell’Expo, dove andranno? Non sfugga al quesito né la<br />

Sindaca né <strong>il</strong> suo terrib<strong>il</strong>e vice né noi (se usciamo indenni<br />

dal settimo Congresso). In una delle sue commedie<br />

Bertolt Brecht colloca <strong>il</strong> suo personaggio sulla Grande<br />

Muraglia cinese ai tempi <strong>della</strong> sua costruzione e, guardando<br />

i m<strong>il</strong>ioni di persone all’opera, gli fa dire, più o<br />

meno così: «ma dove andranno mai questi uomini la sera<br />

in cui la Grande Muraglia sarà finita?». Il quesito può<br />

essere spostato sull’Expo che già è, sarà, la chiave di volta<br />

<strong>della</strong> soluzione dei problemi dell’immigrazione, almeno<br />

a M<strong>il</strong>ano. Ma quale soluzione? Bella domanda. La rispo-<br />

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