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09 - Il Comune che vorrei - La Theka

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Bilancio preventivo comunale:<br />

l’importante è partecipare!<br />

di Nevio Meneguz<br />

<strong>La</strong> <strong>Theka</strong> Anno 2010 - N. 9<br />

<strong>La</strong> libertà è partecipazione, cantava Giorgio Gaber.<br />

Nel contesto in cui viviamo la partecipazione sembra non essere più una pratica così diffusa; la disaffezione verso la politica da parte di<br />

ampi settori della società è palese; lo scontro rischia di prendere il posto del confronto.<br />

Quali possono essere gli strumenti da attivare per riavvicinare cittadini e istituzioni?<br />

<strong>Il</strong> Bilancio partecipativo (o “partecipato” an<strong>che</strong> se i due termini non sono affatto sinonimi) può rappresentare a mio avviso una forma di<br />

partecipazione diretta dei cittadini alla vita della propria comunità.<br />

Si tratta di un processo volontario, non previsto da leggi, <strong>che</strong> le amministrazioni mettono in essere per condividere con tutti i portatori di interesse<br />

di un territorio le scelte di ripartizione delle risorse finanziarie destinate a servizi e investimenti. Attraverso incontri organizzati in gruppi tematici,<br />

cittadini, associazioni e altri enti sono chiamati ad esprimere le loro preferenze sugli obiettivi previsti nel bilancio. <strong>Il</strong> fine è certamente dar forma al bilancio<br />

preventivo del <strong>Comune</strong>, ma soprattutto creare il luogo dove cittadini e istituzioni costruiscono insieme la scala delle priorità di spesa dell’Amministrazione.<br />

Al termine del percorso il bilancio, <strong>che</strong> tiene conto delle indicazioni dei gruppi territoriali, viene approvato dal Consiglio comunale.<br />

Si tratta quindi di un processo attraverso cui si può ricostruire il concetto di “bene comune”, in una logica di dialogo tra territorio e istituzioni.<br />

Solitamente i Comuni, visti i vincoli di bilancio cui sono tenuti, riconoscono alle proposte avanzate dai gruppi di cittadini la possibilità<br />

di incidere su una certa percentuale del Bilancio comunale. Nel caso di Porto Alegre, città di 1,3 milioni di abitanti (Stato di Rio Grande<br />

do Sul in Brasile) in cui si è registrata a partire dal 1989 l’esperienza più significativa di bilancio partecipativo, si è partiti dal 10% del<br />

bilancio comunale per arrivare al 25%. In Italia, il Bilancio partecipativo ha visto una decisa diffusione a partire dalla fine degli anni ‘90.<br />

Vi sono a mio parere ulteriori aspetti positivi di questa forma di partecipazione sociale al bilancio preventivo di un <strong>Comune</strong>: assicura<br />

consenso agli amministratori, consente potenzialmente di rispondere a bisogni e risolvere problemati<strong>che</strong> particolarmente sentite con la<br />

priorità necessaria e favorisce l’emersione di sofferenze nascoste.<br />

È vero, motivare alla partecipazione sarà difficile all’inizio, sicuramente impegnerà di più amministratori e cittadini, ma il gioco vale la<br />

candela. Soprattutto in una comunità come quella di Fonzaso in cui il numero di abitanti e le ridotte distanze favoriscono la consultazione.<br />

Per concludere sono convinto <strong>che</strong> in tempi in cui la drastica riduzione delle risorse sta mortificando le casse comunali l’alleanza tra<br />

cittadini e istituzioni non possa <strong>che</strong> portare a esiti positivi, quantomeno per cementare il capitale sociale di cui la comunità ha estremo<br />

bisogno.<br />

Come si costruisce un quartiere<br />

partendo dagli abitanti<br />

di Elisa Trimeri<br />

Economia e lavoro<br />

<strong>La</strong> “Bolognina” non è un piatto tipico emiliano, né tantomeno una squadra di calcio per dilettanti: si tratta, invece, di una zona di Bologna<br />

nota fino a qual<strong>che</strong> tempo fa per l’alta densità di popolazione cinese (a cui deve an<strong>che</strong> l’inelegante soprannome Bolochina) e perché<br />

ospitava un grande mercato ortofrutticolo coperto. Proprio in quest’area nel 2008 l’ex amministrazione Cofferati ha deciso di tentare<br />

un esperimento di democrazia e pazienza a cui ha dato il nome di “Urbanistica Partecipata”. Gli ingredienti di questo strano metodo di<br />

costruzione del territorio sono stati: 30 ettari di terreno da riqualificare, un quartiere ad alta densità abitativa, un manipolo di urbanisti,<br />

qual<strong>che</strong> facilitatore e una squadra di costruttori edili determinati. E fogli di carta, pennarelli indelebili e molte bottiglie d’acqua per<br />

dissetare le gole arse e raffreddare le teste calde. Questo è servito per far partire un progetto di riqualificazione di un terreno a due<br />

passi dalla stazione sul quale si erano fatti molti progetti senza mai incontrare il favore dei residenti o dei costruttori. Se i primi volevano<br />

un parco, i secondi volevano sfruttare al massimo le possibilità edificatorie e creare palazzi e appartamenti. Per mettere d’accordo tutti il<br />

è nato il “<strong>La</strong>boratorio di urbanistica Partecipata Bolognina Est” <strong>che</strong> si è svolto in tre fasi principali: incontri tra tecnici e residenti con raccolta<br />

di idee e testimonianze, sopralluoghi nelle aree interessate, stesura di progetti condivisi. Con competenza e mani<strong>che</strong> rimboccate,<br />

gli urbanisti hanno riunito i residenti (coinvolgendo tutte le fasce di popolazione) in assemblee in cui ognuno poteva esporre il proprio<br />

parere, mettendo sul campo sogni e possibilità. In seguito, hanno eseguito con gli interessati dei sopralluoghi sulle aree da riqualificare,<br />

per far capire da vicino di <strong>che</strong> cosa si trattasse. Infine, tutti si sono seduti attorno ad un tavolo ed hanno scritto un progetto <strong>che</strong> andasse<br />

bene per il Quartiere e per i costruttori, per gli immigrati e per gli anziani, per il <strong>Comune</strong> e per le Associazioni. Durante le assemblee<br />

ognuno è stato invitato a portare la propria idea: chi voleva il parco, chi il par<strong>che</strong>ggio, chi la pista ciclabile, chi l’edificio con case a basso<br />

costo. Di riunione in riunione, si è trovata una mediazione, si sono valutate le ipotesi e si è scritto un piano di riqualificazione <strong>che</strong> ora<br />

verrà realizzato, dando concretezza ai sogni dei residenti e alle idee dei costruttori. Grazie all’urbanistica partecipata, i cittadini hanno<br />

avuto la possibilità di scegliere come volevano venisse rimessa a nuovo un’area del loro quartiere e l’hanno fatto assumendosene responsabilità<br />

e conseguenze: toc<strong>che</strong>rà, infatti, ad un’associazione di residenti pensare alla gestione e manutenzione del parco pubblico<br />

<strong>che</strong> sorgerà in una parte del terreno. I costruttori, invece, hanno guadagnato una diminuzione dei tempi di lavoro, dovuta al fatto <strong>che</strong> il<br />

progetto è stato scritto con i cittadini quindi non sorgeranno comitati contro i cantieri né si cer<strong>che</strong>rà di fermare le ruspe. <strong>Il</strong> <strong>Comune</strong> ha<br />

investito in questo laboratorio finanziando i mediatori e gli urbanisti ma ottenendo cittadini soddisfatti ed un progetto per un’area <strong>che</strong><br />

era da anni al centro di polemi<strong>che</strong>. Una riunione in più, una lamentela di meno: a conti fatti, questo sembra essere uno strumento utile<br />

an<strong>che</strong> per “<strong>Il</strong> <strong>Comune</strong> <strong>che</strong> <strong>vorrei</strong>”.<br />

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