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II puntata - Taranto in cartolina

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• N’hame sciúte a acqua a’ ppìppe [Ce ne siamo andati ad acqua alla pipa. (La pipa<br />

gorgoglia quando il tabacco è f<strong>in</strong>ito.) = Siamo caduti <strong>in</strong> miseria; non abbiamo più mezzi<br />

per sostentarci.<br />

• N’hé fritte vùrpe … e mmó’ pe’ ’na seccetèdde vué ccu ccànge l’uègghie a’ frezzóle?!<br />

[Ne hai fritti di polpi … ed ora per una seppiol<strong>in</strong>a vuoi cambiare l’olio alla padella<br />

friggitrice?!] = ( espressione <strong>in</strong>dirizzata a persone spregiudicate che vogliono farsi passare<br />

per <strong>in</strong>genue e <strong>in</strong>esperte). Ne hai comb<strong>in</strong>ate di tutti i colori … ed ora vuoi dare da vedere<br />

che sei un santerello/una santerella, come se ti acc<strong>in</strong>gessi a fare questo per la prima<br />

volta?!<br />

• Nnò mmànge pe’ nnò cacá’ [Non mangia per non liberarsi l’<strong>in</strong>test<strong>in</strong>o] = Egli/ ella è molto<br />

avaro/a, eccessivamente parsimonioso/a.<br />

• Nnò ttègne manghe l’uecchie pe’ cchiàngere. [Non ho nemmeno gli occhi per<br />

piangere]=Sono al verde più che mai.<br />

• Nò ccòrrere a scappaceppúne [Non correre a scappa ceppi/cepponi (di vite o di quercia,<br />

quando vengono fatti rotolare per essere poi raccolti e trasportati)] = Non correre senza<br />

guardare dove metti i piedi, senza pensare. A latere: Non gettarti a capofitto <strong>in</strong> un’azione<br />

o impresa se non l’hai prima pianificata.<br />

• Nò ssápe níende d’u fiàsche de l’uègghie [Non sa nulla del fiasco dell’olio] = È un<br />

dis<strong>in</strong>formato. Non è al corrente della situazione reale. Ignora cosa ci sia sotto.<br />

• Parlá’ c’u lìnge e squìnge [Parlare <strong>in</strong>tercalando le parole - oscure per il popol<strong>in</strong>o - “di<br />

qui” e “ ecco di qui” (“L<strong>in</strong>ge” e “squ<strong>in</strong>ge” sembrerebbero derivare dal lat<strong>in</strong>o“(ec)cu(m)”<br />

“h<strong>in</strong>ce” = ecco di qui. Nicola Gigante, op. cit., pag. 448)] = La peculiare forma idiomatica è<br />

usata per segnalare un <strong>in</strong>dividuo che ama parlare con ostentata ricercatezza.<br />

• Pe’ ssij’ le càche ’a mòschele [Mai sia una mosca abbia a fargli un microscopico<br />

servizietto (sull’abito o sulla sua camicia bianca.)] = In senso figurato: commento di biasimo<br />

su persona che ostenta un atteggiamento di altezzoso distacco nei confronti del<br />

prossimo. In senso fisico: Commento di disapprovazione su <strong>in</strong>dividuo curato nell’aspetto,<br />

che <strong>in</strong>dossa abiti eleganti. Costui sembra tenere ad ambedue le cose quasi a livello<br />

maniacale e fa di tutto per conservare il suo stato perfetto il più a lungo possibile. Nei<br />

rapporti con il prossimo r<strong>in</strong>forza l’atteggiamento porgendosi con voce e modi di fare<br />

affettati.<br />

• Quìdde fáče ’u cuggióne sott’a’ pètre [Quello fa il gobione sotto la pietra. ( Il “gobione”, è<br />

un pesce della famiglia dei Cipr<strong>in</strong>idi. Il nome gli deriva dal greco “kobios” = “ lett.: piccolo<br />

pesce di cui si fa un solo boccone” 10 . Molto apprezzato dai tarent<strong>in</strong>i, anche se oggi è cosa<br />

assai rara trovarlo ai mercati o nelle pescherie, è gustato fritto o appena lessato <strong>in</strong> acqua cu<br />

’na cróce d’uègghie sùse, ca ’ccussì’ po’ t’azzùppe ’u pàne - con una croce di olio sopra<br />

(ossia, olio di oliva <strong>in</strong> quantità bastante a disegnare una croce a X nell’atto di versarlo sul<br />

cuc<strong>in</strong>ato), che così dopo puoi <strong>in</strong>zupparti il pane <strong>in</strong> quel brodetto. I pescatori cataldiani mi<br />

hanno sempre <strong>in</strong>segnato che sostanzialmente esistono due tipi di questo pesce:’u<br />

mugghiarúle (da mògghie = fango), che vive nel fango, <strong>in</strong> fondo al mare. E ’u varvarúle,<br />

(da vàrve = barba. Sulla sp<strong>in</strong>a dorsale alta porta dei filamenti che lo fanno sembrare<br />

barbuto), il quale si nasconde tra le alghe mar<strong>in</strong>e e gli scogli rimanendo immobile per non<br />

farsi catturare. 11 Di qui l’accezione che evidentemente proviene dal secondo tipo, <strong>in</strong>dicando<br />

10 N. Gigante, op. cit. nella bibliografia del presente lavoro, pag. 313.<br />

11 Ho appreso poi che esistono altre varietà di gobioni: cuggiùne de pètre (anche questi contribuiscono probabilmente<br />

alla def<strong>in</strong>izione della espressione idiomatica), cuggiùne grivarùle (grivarùle = alga), cuggiùne muse russe, cuggiùne<br />

muzzariedde (muzze/muzzariedde? = monco/monconc<strong>in</strong>o?), cuggiùne spia paréte (spia paréte = spia muro. Forse<br />

perché rimangono acquattati dietro qualche riparo immerso nell’acqua ad osservare i movimenti degli <strong>in</strong>trusi). Cfr.:<br />

http://www.tarantonostra.com/<strong>in</strong>dex.php?option=com_smf&Itemid=177&topic=2594.msg48771. Il gobione era<br />

conosciuto e apprezzato s<strong>in</strong> dai tempi della Magna Grecia. Il poeta Archestrato di Gela (IV sec. a.C.) scrisse un<br />

<strong>in</strong>consueto poemetto <strong>in</strong>titolato “Hedypatheia” (Poema del buongustaio). Un frammento illustra la bontà del piccolo

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