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Il libro di Deuteronomio R.Marletta - Comunità Evangelica ADI San ...

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etnicamente arabi, ma erano emigrati dalla Palestina e dalla Siria alla volta dell'Egitto intorno al 2000 a.C. e s'erano impadroniti del paese. Gli storici<br />

arabi e gli esegeti del Corano dettero loro il nome <strong>di</strong> ʿAmāliq ( arabo: قيلامع, "gli Amaleciti"), e l'etnonimo Amalek si trova anche nella Bibbia ebraica<br />

e, <strong>di</strong> conseguenza, cristiana. <strong>Il</strong> loro ruolo nella storia è stato confermato da recenti ricerche compiute da egittologi. Gli Amaleciti furono invasori<br />

stranieri che ebbero la capacità <strong>di</strong> erigere un loro regno in Egitto per la loro precedente istituzione <strong>di</strong> feu<strong>di</strong> nel paese (fatto che ha ricordato ad alcuni<br />

l'analogo processo d'e<strong>di</strong>ficazione del moderno Stato d'Israele che partì da acquisizioni <strong>di</strong> terreni operate in base a contratti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato).<br />

Sappiamo anche dalla storia dell'Egitto che i "Re Hyksos" non riconoscevano le <strong>di</strong>vinità egiziane e che, <strong>di</strong> conseguenza, importarono dalla Siria la<br />

religione loro propria, con l'idea <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffonderla in Egitto. Secondo il Libro del Genesi e del 1 Cronache, Amalek arabo: قيلامع, ʿ Amāliq,<br />

Ebraico קלֵמָ עֲ ,<br />

ʻ Amaleq o ʻ Ămālēq - fu il figlio <strong>di</strong> Eliphaz e il nipote <strong>di</strong> Esaù (Gen36,12); (1Cron1,36); e capo <strong>di</strong> una tribù edomita (Gen36,16). Sua madre fu una<br />

Hurrita, appartenente cioè a una tribù il cui territorio <strong>di</strong> cui s'erano impadroniti i <strong>di</strong>scendenti <strong>di</strong> Esaù. Secondo la genealogia <strong>di</strong> (Gen36,12) e <strong>di</strong><br />

1Cron1,36) Amalek è un nipote <strong>di</strong> Esaù, Eliphaz, e della concubina Timna, una Hurrita e sorella <strong>di</strong> Lotan. <strong>Il</strong> passaggio <strong>di</strong> (Gen36,16) si riferisce a lui<br />

come al "capo <strong>di</strong> Amalek", per cui il suo nome potrebbe essere inteso come un titolo riferibile al clan o al territorio sul quale questi avrebbe regnato.<br />

In realtà una tra<strong>di</strong>zione extra-biblica, registrata da Nachmanide [1] , riferisce che gli Amaleciti non <strong>di</strong>scendevano dal nipote <strong>di</strong> Esaù, bensì da un uomo<br />

chiamato Amalek, e il nome <strong>di</strong> questi sarebbe stato imposto anche al nipote <strong>di</strong> Esaù. Anche le tra<strong>di</strong>zioni arabe lo ricordano come antenato eponimo<br />

degli Amaleciti.<br />

Capitolo 26 Con questo capitolo Mosè conclude gli or<strong>di</strong>ni che ritenne necessario impartire ad Israele prima<br />

della sua morte. Una buona norma da adempiere è quella <strong>di</strong> presentare a Dio ogni anno un cesto <strong>di</strong> primizie,<br />

oltre ai covoni <strong>di</strong> primizie (Lev.23:10) che si sarebbero dovuti offrire per tutta la nazione il giorno dopo la<br />

Pasqua. Durante la festa <strong>di</strong> Pentecoste ognuno avrebbe dovuto portare un cesto <strong>di</strong> primizie, alla fine della<br />

mietitura, che venne per questo definita festa delle primizie (Es. 34:22). Questo cesto veniva considerato un<br />

tributo volontario (Deu.16:10), e secondo gli ebraisti, era un’offerta libera in qualunque periodo dell’anno. <strong>Il</strong><br />

coltivatore andava presso i suoi campi e raccoglieva solo le primizie (che anche oggi sono considerate<br />

prelibatezze solo per i più ricchi) ed i frutti migliori, venivano scelti e presentati a Dio nel luogo da Lui<br />

prestabilito dandoli nelle mani del sacerdote, quin<strong>di</strong> parliamo <strong>di</strong> grano, orzo, uva, fichi, melograni, olive, ecc.<br />

Ciò ci insegna:<br />

1. a riconoscere Dio quale donatore <strong>di</strong> tutte le cose buone del creato;<br />

2. a dare delle primizie che ha un valore particolare Michea 7:1, a dare a Dio il meglio <strong>di</strong> ciò che abbiamo.<br />

Chi consacra i giorni della propria gioventù e la prima parte del proprio tempo al servizio <strong>di</strong> Dio, ha<br />

certamente da offrire il meglio a Dio Geremia 2:2, perché non c’è malizia, c’è umiltà, c’è forza.<br />

Oltre al dare qualcosa come primizia per il Signore, l’offrente doveva pronunciare una “formula per il Signore”,<br />

quale spiegazione del significato <strong>di</strong> questa cerimonia:<br />

1. l’offerente avrebbe dovuto iniziare il suo <strong>di</strong>scorso prima <strong>di</strong> consegnare il cesto, quale motivazione del<br />

gesto<br />

2. l’avrebbe dovuto deporre nelle mani del sacerdote davanti l’altare;<br />

3. avrebbe dovuto rilasciare una <strong>di</strong>chiarazione solenne….io <strong>di</strong>chiaro…v.3 quale testimonianza che Dio è<br />

fedele e mantiene le promesse, e noi non dobbiamo <strong>di</strong>menticarle;<br />

4. era importante non <strong>di</strong>menticare la liberazione dalla schiavitù, e l’abbondanza nella terra <strong>di</strong> Canaan,<br />

proprio come noi non dovremmo mai <strong>di</strong>menticare, la liberazione che Dio ci ha offerto in Cristo Gesù,<br />

portandoci alla sua preziosa presenza Salmi 50:14 Come sacrificio offri a Dio il ringraziamento, e<br />

mantieni le promesse fatte al SIGNORE; Romani 15:15-17;<br />

5. non doveva <strong>di</strong>menticare la sua origine; cioè una Arameo errante (Siriano, da Aram figlio <strong>di</strong> Sem<br />

Gen.10:22), e per come tutta la nazione era stata benedetta nella terra benedetta v.9<br />

6. avrebbe dovuto offrire con riconoscenza e conscio della motivazione v.10, gli agi che ciascuno <strong>di</strong> noi ha<br />

lo deve unicamente alla grazia ed alla bontà <strong>di</strong> Dio, 1 Cronache 29:14.<br />

7. deponendole davanti all’altare viene esaltata una qualità dell’offerente e cioè la gioia con cui avrà<br />

offerto, gioia con<strong>di</strong>visa insieme al Levita e lo straniero v.11.<br />

Avevamo già notato in Deu. 14:28-29 la decima del terzo anno. Mentre per due anni consecutivi la decima<br />

andava consegnata al tempio durante la festività, nel terzo anno la si portava per aiutare i: levita, lo straniero,<br />

l’orfano, la vedova…perché ne mangino v.12.<br />

Anche in questo caso, l’offerta non andava sbattuta a terra, gettata come fosse l’ennesima tassa, ma coscienti<br />

che ciò che si stava facendo era giusto e santo, e doveva esser fatta un’altra <strong>di</strong>chiarazione v.13-14,<br />

1. <strong>di</strong> non aver accumulato cose consacrate, come la nostra vita non possiamo essere delle acque<br />

ristagnanti, se non impariamo a dare, non cresceremo;<br />

2. ubbi<strong>di</strong>ente perché era parola <strong>di</strong> Dio v.14;<br />

3. donandoli per i poveri che non potevano godere <strong>di</strong> questi beni, perché anche lui un giorno sarebbe<br />

potuto cadere in <strong>di</strong>sgrazia;<br />

4. il desiderio <strong>di</strong> chi ubbi<strong>di</strong>sce è che Dio volga il Suo sguardo per bene<strong>di</strong>re la sua nazione v.15 Sal. 67:5-7.<br />

A conclusione <strong>di</strong> questo secondo <strong>di</strong>scorso Mosè sottolinea due cose:<br />

Che sono comandamenti <strong>di</strong> Dio v.16, non dettati da un maestro <strong>di</strong> vita, non impartiti da chi vuole<br />

imporre il suo operare, ma ricevuti da Dio stesso, e che quin<strong>di</strong> vanno eseguiti.

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