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Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

Le rivelazioni esplosive<br />

di un liberal, professore<br />

ad Harvard ed ex promoter<br />

degli anticoncezionali<br />

anno 17 | numero 28 | 20 luglio 2011 | 2,00<br />

I segreti inconfessab<strong>il</strong>i<br />

dell’industria del condom<br />

e le verità nascoste<br />

sulla lotta all’Aids


LA NOSTRA DISCESA AGLI INFERI<br />

Dove la politica è sostituita dai tribunali,<br />

là sarà pianto e stridore di denti<br />

Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia e perisca pure <strong>il</strong> mondo. Questo è <strong>il</strong><br />

motto che dovrebbe campeggiare in cima alla discesa agli inferi in cui l’Italia e l’Europa<br />

si trovano dopo che non solo la Germania ha pensato ai fatti suoi (vedi editoriale<br />

sotto), ma si è creduto bene di sostituire l’economia con Maastricht, la politica con i<br />

tribunali, i corpi sociali con le tecnocrazie. Da che la realtà è stata rappresentata (sui giornali,<br />

in tv, nella narrazione della mitologica Rete) come un reality a base di intercettazioni,<br />

una lotta tra buoni e cattivi, tra torbidi uomini di potere e trasparenti paladini del progresso,<br />

eccoci al caos: gli speculatori soppiantano gli Stati, i circuiti mediatico-giudiziari i<br />

popoli. Con quale bel risultato oltre alla Babele di tracollo economico e antropologico in<br />

cui ci troviamo, con gli ideali disseccati, i governi vituperati, i parlamenti messi in mora?<br />

Ecco cos’è l’esito del primato del diritto e dei diritti, della piallatura di ogni differenza e<br />

di ogni gerarchia per far spazio all’ossessione della “trasparenza” e della “moralità” secondo<br />

criteri che non comunicano altro che una sempre più esasperata corsa alle procedure<br />

anonime e paranoie di pubblici accusatori. Astrazioni per cui non importa la corrispondenza<br />

al reale del pensiero, non importa la “verità” come adaequatio rei et intellectus.<br />

Conta solo la regola, la correttezza in sé della procedura. Kohl ha riunificato la Germania<br />

senza spargere sangue. Però lo ha fatto con finanziamenti<br />

<strong>il</strong>leciti. Dunque sia condannato<br />

e dannato. Berlusconi ha evitato all’Italia un<br />

regimetto e creato le condizioni di libertà perché<br />

l’Italia potesse ripartire? È dovuta perire<br />

ogni speranza di ripresa pur di cacciare <strong>il</strong> “Caimano”.<br />

E siamo solo agli inizi. Qualcosa di biblico<br />

ci dice che cambieranno le notti bianche<br />

in nero e le parate dell’orgoglio in lamento.<br />

LA SPINTARELLA DEI VICINI<br />

La corsa solitaria alla crescita di Berlino<br />

farà collassare l’Italia con tutti gli europei<br />

I responsab<strong>il</strong>i<br />

internazionali degli attacchi speculativi all’italia portano nomi stranieri, ma<br />

non sono, come molti pensano, quelli delle tre agenzie di rating americane (due in<br />

realtà, perché Fitch è proprietà della francese Fimalac), che continuano a soffiare sul<br />

fuoco del debito pubblico dei paesi più esposti dell’Unione Europea. Inut<strong>il</strong>e dare la colpa<br />

della febbre al termometro, soprattutto quando di mezzo ci sono medici che insistono<br />

con la cura sbagliata. I loro nomi sono Jean-Claude Trichet e Angela Merkel. Aver aumentato,<br />

come ha fatto la settimana scorsa <strong>il</strong> presidente della Bce, <strong>il</strong> tasso d’interesse dell’euro<br />

del 20 per cento, portandolo dall’1,25 all’1,5 per cento, serve certo a scongiurare rischi<br />

di inflazione in paesi in crescita come Germania e Francia, ma è un’autentica coltellata alle<br />

spalle e una politica monetaria folle per paesi che crescono poco e che sono gravati da<br />

un pesante debito pubblico come Spagna e Italia (quello italiano è <strong>il</strong> quarto debito pubblico<br />

nel mondo). Fra una predica e l’altra sulla necessità che tutti i paesi dell’euro diventino<br />

virtuosi al modo della Germania come unica via per uscire dalla crisi, la Merkel dovrebbe<br />

trovare infine <strong>il</strong> tempo per guardare in faccia la realtà: è grazie all’euro che la Germania<br />

si è impadronita di quote di mercato internazionale prima appannaggio dell’Italia; senza<br />

quelle quote l’Italia non può tornare a crescere, le manovre finanziarie dei suoi gover-<br />

È con l’euro che la Germania<br />

si è impadronita di quote<br />

di mercato prima “italiane”;<br />

senza di esse l’Italia non può<br />

crescere, le manovre servono<br />

solo a impoverire <strong>il</strong> paese,<br />

finché si arriverà al default<br />

EDITORIALI<br />

Dacché la realtà è rappresentata<br />

come un reality di intercettazioni,<br />

una lotta tra buoni e cattivi, tra<br />

torbidi uomini di potere e trasparenti<br />

paladini del progresso, eccoci al caos:<br />

gli speculatori soppiantano gli Stati,<br />

i circuiti mediatico-giudiziari i popoli<br />

ni servono solo a impoverire ulteriormente <strong>il</strong> paese<br />

e alla fine si arriverà sulla soglia del default.<br />

A quel punto le vie d’uscita sono due: o <strong>il</strong> collasso<br />

dell’Unione monetaria europea, accompagnata<br />

da fallimenti di banche e dalla rovina dei risparmiatori,<br />

o l’acquisto dei debiti italiano, spagnolo,<br />

greco e portoghese da parte delle banche<br />

tedesche. Due prospettive che dovrebbero<br />

scuotere Berlino dalla sua volontaria cecità.<br />

FOGLIETTO<br />

Il sacco di Roma.<br />

La disgregazione dello<br />

Stato prosegue, mentre<br />

i nuovi lanzichenecchi<br />

caricano gli archibugi<br />

In pochi mesi la situazione politica<br />

si sta rovesciando. Da piccole<br />

speranze alla Niccolò Machiavelli<br />

di dare una qualche solidità allo Stato<br />

allargandone la base a ceti medi e<br />

popolari (da sempre ai margini di assetti<br />

oligarchici prevalenti anche nella<br />

Repubblica) al tendenziale prevalere<br />

delle spinte disgregative descritte da<br />

Francesco Guicciardini vent’anni dopo<br />

Il Principe. Come nel Cinquecento è<br />

la mancata coerenza degli apparati<br />

fondamentali che ostacola lo Stato<br />

unitario. Allora c’erano le compagnie di<br />

ventura (invece dell’esercito di cittadini<br />

auspicato dal segretario fiorentino),<br />

oggi le procure m<strong>il</strong>itanti, padrone dei<br />

tribunali e accompagnate da ottimi<br />

press agent come Marco Travaglio,<br />

forze in grado di distruggere molto ma<br />

non di costruire. Al massimo conquistano<br />

qualche città. Come Ezzelino si<br />

accaparrava Padova, così ora Luigi De<br />

Magistris spadroneggia su Napoli.<br />

Se non si allargheranno le basi dello<br />

Stato, <strong>il</strong> destino sarà segnato solo da<br />

interessi stranieri che già adesso orientano<br />

quando non dominano le nostre<br />

esauste nomenklature primorepubblicane<br />

nonché certi settori di “borghesia<br />

compradora”. Se non si<br />

bloccano le tendenze alla<br />

disgregazione, ci resterà<br />

solo da interrogarci su<br />

chi sarà <strong>il</strong> nuovo<br />

Carlo V, <strong>il</strong><br />

nuovo padrone.<br />

Intanto ci si porta<br />

avanti: con quattro<br />

anni (sia pure in primo<br />

grado) ad Antonio Fazio<br />

e poi a Cesare Geronzi,<br />

cercando di liquidare<br />

Gianni Letta via Guido<br />

Bertolaso e Luigi Bisignani,<br />

c’è chi già organizza<br />

con nuovi Lanzichenecchi<br />

<strong>il</strong> sacco della Città eterna.<br />

Lodovico Festa<br />

| | 20 luglio 2011 | 5


Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr<br />

Le rivelazioni esplosive di<br />

Edward Green, ex promoter<br />

di anticoncezionali. I segreti<br />

dell’industria del condom<br />

e le verità sulla lotta all’Aids<br />

16<br />

SOMMARIO<br />

10<br />

settimanale diretto da luigi amicone<br />

Le rivelazioni esplosive<br />

di un liberal, professore<br />

ad Harvard ed ex promoter<br />

degli anticoncezionali<br />

INTERNI STATO D’ASSEDIO<br />

Una pessima<br />

estate italiana<br />

Nessun complotto. A scatenare l’attacco degli speculatori<br />

al nostro paese e all’Europa ci sono molte scelte sbagliate<br />

e <strong>il</strong> cinico istinto di sopravvivenza dei governi e dei loro<br />

azionisti. Ma un modo per scacciare le cavallette c’è<br />

Quali sono le ragioni che spiegano l’ac- cando al ribasso, cioè con opzioni a breve<br />

di Oscar Giannino<br />

celerazione dello spread tra i titoli di Sta- su una certa soglia di Cds sovrano o banca-<br />

crivo alla chiusuti<br />

italiani e <strong>il</strong> Bund tedesco in pochi giorrio (<strong>il</strong> Cds, credit default swap, è <strong>il</strong> derivara<br />

di Borsa di<br />

ni, e <strong>il</strong> crollo dei titoli bancari e a seguire to che stima <strong>il</strong> premio al rischio in caso di<br />

S lunedì 11 luglio,<br />

dell’intero listino? È ovvio che non è suc- default del soggetto interessato, nel caso<br />

ed è stato un nuovo<br />

cesso nulla che abbia modificato i fonda- in cui gli si prestino soldi o gli si sottoscri-<br />

bagno di sangue, con<br />

mentali. Non sono emersi ammanchi pubva un titolo). Ed è un’opzione succosa per<br />

un meno 4 per cento<br />

blici non rivelati al mercato, e restiamo un’altra ragione.<br />

che è <strong>il</strong> peggio nell’eu-<br />

l’euromembro che ha fatto in questi anni Il linguaggio del realismo impone di<br />

rozona peggiore. Lo<br />

meno deficit pubblico subito dopo la Ger- dire e spiegare che la finestra è quasi del<br />

spread sui decennali pubblici tedeschi è mania. Le banche italiane non sono sta- tutto indipendente dalla manovra finan-<br />

salito di 70 punti base totali rispetto a te salvate dal denaro del contribuente né ziaria italiana appena presentata. Si voti<br />

dove stava all’inizio della seduta di vener- due anni fa né oggi, ma stanno ricapitaliz- o meno così com’è, la finestra resta aperta<br />

dì. Intesa e Unicredit si sono alternate tutzando con risorse dei propri soci. E allora? fino al 2013, quando scatterà la nuova corto<br />

<strong>il</strong> giorno nella sospensione al ribasso.<br />

nice per <strong>il</strong> salvataggio degli euromembri<br />

La Spagna ci ha risuperati nel differenzia- Il “diversivo” degli americani<br />

in difficoltà, visto che nessuno è riuscito<br />

le sui Bund, zompando oltre quota 300 Si è ufficialmente aperta una finestra mol- sin qui a smuovere i tedeschi a compiere<br />

punti base. Ci siamo, c’è poco da fare. Per to succosa per <strong>il</strong> mercato mondiale: scom- “veri” interventi d’emergenza salvaeuro. E<br />

un anno e mezzo l’Italia ci era riuscita, a mettere sulla sostenib<strong>il</strong>ità del quarto debi- dunque, a meno di un cambio del quadro<br />

non entrare nella lista dei paesi sfiduciato pubblico al mondo (<strong>il</strong> terzo è quello del- internazionale, è fino al 2013 che attualti<br />

nell’euroarea, Grecia, Portogallo, Irlanla Germania, che per ammontare complesmente ritengono di dover essere ribassida,<br />

Spagna. Tre grandi fattori internaziosivo ci ha superato nel 2010, ma <strong>il</strong> suo P<strong>il</strong> ste le forze potenti che scommettono sulnali<br />

e tre circostanze italiane in pochi gior- è ben maggiore del nostro). È un’opzione la crisi dell’euroarea.<br />

ni hanno fatto convergere i propri effetti. succosa, perché queste scommesse si vin- La prima grande molla internazionale<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

Con <strong>il</strong> record<br />

MINIGLOSSARIO<br />

segnato in<br />

questi giorni<br />

dallo spread SPREAD BTP-BUND<br />

tra Btp e<br />

Termometro del<br />

Bund l’Italia<br />

rischio insolvenza<br />

sembra essere È una misura del<br />

ufficialmente rischio di insolven-<br />

entrata nella za associato a un<br />

lista dei paesi titolo di Stato e, di<br />

“sfiduciati” dal<br />

conseguenza, della<br />

salute finanziaria di<br />

mercato, Grecia,<br />

un paese. È <strong>il</strong> diffe-<br />

Portogallo,<br />

renziale, valutato dal<br />

Irlanda<br />

mercato, tra <strong>il</strong> rendi-<br />

e Spagna<br />

mento di quel titolo<br />

(nel caso dell’Italia,<br />

i Btp decennali) e<br />

<strong>il</strong> rendimento di un<br />

titolo corrispondente<br />

di uno Stato considerato<br />

privo di rischio,<br />

come la Germania<br />

(Bund decennali).<br />

CDS<br />

Da assicurazione<br />

a scommessa<br />

immob<strong>il</strong>iare, ma l’euro in quanto tale. Aver<br />

I credit default swap d<strong>il</strong>uito gli aiuti condizionandoli all’intro-<br />

(Cds) sono strumenti duzione di misure che strangolano i paesi<br />

finanziari derivati eurodeboli e rendono ancor meno sosteni-<br />

che funzionano come<br />

un’assicurazione. b<strong>il</strong>e <strong>il</strong> loro debito può aver aiutato le ban-<br />

Chi compra un Cds, che tedesche e francesi a disfarsi della trop-<br />

infatti, si impegna a pa carta pubblica greca che avevano in pan-<br />

pagare al venditore cia, ma ha invogliato tutti i ribassisti del<br />

un premio in cambio<br />

del rimborso, solo in mondo a scommettere che entro <strong>il</strong> 2013<br />

è dunque proprio l’errore europeo. L’erro-<br />

caso di default, del l’euro salterà, se <strong>il</strong> Consiglio europeo non<br />

re franco-tedesco, ma germanico in primis.<br />

valore dell’obbliga- aprirà gli occhi. E come abbiamo detto m<strong>il</strong>-<br />

L’ho scritto e ripetuto molte volte. È una<br />

zione oggetto dell’inle volte, l’Italia, vista la dimensione del suo<br />

solvenza (di solito<br />

costosa e drammatica sciocchezza da par-<br />

un titolo di Stato). debito pubblico, a lungo andare sarebbe<br />

te del governo di Angela Merkel non voler<br />

Il loro valore è una finita nel mirino anche a onta del suo bas-<br />

dire – da 19 mesi – agli elettori tedeschi che<br />

misura dell’affidabiso deficit di questi anni.<br />

occorrono strumenti straordinari, non prelità<br />

dei titoli sotto- La seconda potente molla si chiama<br />

stanti. Nascono come<br />

visti dal Trattato, volti a salvare non la Gre-<br />

derivati di copertura America. Il 2 agosto si sfonda <strong>il</strong> tetto di<br />

cia cicala o <strong>il</strong> Portogallo per la sua b<strong>il</strong>ancia<br />

dal rischio ma si svi- debito pubblico autorizzato dal Congres-<br />

dei pagamenti o la Spagna per la sua bolla<br />

luppano come struso di Washington, 14,3 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />

mento speculativo dollari, pari all’intero P<strong>il</strong> degli Stati Uni-<br />

per scommettere sul<br />

È una drammatica sciocchezza da parte della<br />

possib<strong>il</strong>e fallimento ti. Tra l’amministrazione Obama e i repub-<br />

dell’emittente (pubblicani che controllano la Camera dei rap-<br />

Merkel non voler dire ai suoi elettori che servono blico o privato). presentanti manca ancora l’accordo su<br />

strumenti straordinari, non previsti dal Trattato,<br />

come dosare tra tagli alle spese e tasse i<br />

Fonte: Ansa<br />

per salvare non Atene o Lisbona, ma l’euro<br />

4 o 4,5 tr<strong>il</strong>ioni di dollari in un decen-<br />

E <strong>il</strong> quadro è cambiato. Purtroppo per noi. cono – cioè si fanno soldi a palate – gio- che gonfia le vele alla volat<strong>il</strong>ità al ribasso<br />

16 | 20 luglio 2011 | |<br />

| | 20 luglio 2011 | 17<br />

38<br />

CULTURA GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />

Predappiesi<br />

brava gente<br />

O di come un perfido albionico trovò la salvezza<br />

nella terra del Duce. Storia di uno squattrinato<br />

cronista inglese e del suo sbarco in Romagna<br />

su una Honda Prelude del 1983. Voleva scrivere<br />

la biografia di Mussolini. E alla fine arrivò la Carla<br />

38 | 20 luglio 2011 | |<br />

46<br />

SPORT C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />

di Nicholas Farrell<br />

n bel giorno di tredici anni fa sono<br />

arrivato nel piccolo paese di Predappio<br />

(5 m<strong>il</strong>a abitanti), che si trova in<br />

U<br />

mezzo al nulla sull’Appennino romagnolo.<br />

Era <strong>il</strong> pomeriggio del 13 luglio del 1998,<br />

era un giovedì e faceva un caldo bestiale.<br />

Non c’era un cane in giro. Avevo 39 anni<br />

ed ero separato da poco dalla mia prima<br />

moglie (l’innominab<strong>il</strong>e iraniana). Con lei<br />

i figli non erano arrivati e pensavo di essere<br />

infert<strong>il</strong>e. Avevo lasciato un buon lavoro<br />

da inviato per <strong>il</strong> Sunday Telegraph e anche<br />

Londra, città infernalmente noiosa e satanicamente<br />

ottimista, quella del “Cool Britannia”<br />

che “cool” non era, dove avevo vissuto<br />

per vent’anni. Non ne potevo più. Non<br />

Scandalo<br />

nel <strong>Tempi</strong>o<br />

Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Novak Djokovic, che con<br />

la sua sfacciataggine e <strong>il</strong> suo codazzo di fan<br />

rumorosi ha svelato l’ipocrisia del tennis.<br />

Un mondo che celebra <strong>il</strong> “gesto bianco”,<br />

mentre ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />

Al casello di Forlì<br />

non avevo soldi<br />

sufficienti per pagare<br />

<strong>il</strong> pedaggio. Ma la<br />

ragazza della cabina<br />

mi diede un foglio da<br />

comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />

mi alzò la sbarra.<br />

Che donna! Che paese!<br />

Qui sopra, Nicholas Farrell,<br />

giornalista inglese trapiantato<br />

in Romagna. È stato inviato<br />

del Sunday Telegraph e oggi<br />

scrive anche per diverse<br />

testate italiane. È autore<br />

di Mussolini (Le Lettere).<br />

A destra, la moglie Carla<br />

e i figli: Caterina, 7 anni,<br />

Francesco Winston, 5,<br />

Magdalena, 3, Rita, 2<br />

sioni. Non ci sono case rustiche con piscireno pure in Romagna. Ma io in quell’estana<br />

in affitto a 3 m<strong>il</strong>a euro la settimana te del 1998 non avevo un soldo. Avevo deci-<br />

come in Toscana, non ci sono neanche case so di traslocare da Londra (via Parigi dove<br />

rustiche in affitto senza piscina. In Roma- ho scritto un libro sulla morte della pringna<br />

non c’è un «rudere eccellente recentecipessa Diana) a Predappio, perché è lì che<br />

mente scoperto sotto un groviglio di erbac- nacque un certo Benito Mussolini ed è lì<br />

ce» in vendita per «solo» 400 m<strong>il</strong>a euro («un che i suoi resti mortali giacciono come<br />

affare», come ho letto sul sito di un’agen- quelli di un santo nella cripta di famiglia,<br />

zia immob<strong>il</strong>iare toscana). Non ci sono cor- dove l’aria è colma del profumo di gigli<br />

si di pittura rinascimentale o di cucina bianchi e di tante candele accese, al cimi-<br />

tipica. Non ci sono workshop per aspiranti tero di Rocca San Casciano.<br />

artigiani turistici o field trip notturni per<br />

ascoltare gli usignoli nel bosco o per vede- Fascista a chi?<br />

re le lucciole sopra <strong>il</strong> grano. Insomma in Non sono fascista. Sono inglese. I miei han-<br />

Romagna non ci sono – grazie a Dio – voci no combattuto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> fascismo e<br />

di inglesi o americani o tedeschi ovunque alcuni di loro sono stati uccisi dei nazi-<br />

vai. In Toscana, invece, dietro a ogni cespufascisti. Ma per motivi che a tutt’oggi mi<br />

avevo né soldi né lavoro. Non sapevo nulla glio c’è – e ci metto la mano sul fuoco – un rimangono misteriosi Mussolini era <strong>il</strong> pro-<br />

di Predappio, figuriamoci dove potevo dor- inglese con in testa un panama e in mano tagonista di una biografia che dovevo per<br />

mire. Roba da ricovero immediato, insom- un bicchiere di Chianti classico che ti bec- forza scrivere. Addirittura, avevo firmama.<br />

Ma avevo un sogno. Di essere uno scritca dicendo: «Cheers!». E di notte da oltre to un contratto in proposito con la famotore<br />

e di vivere in Italia in campagna. la macchia di ulivi accanto alla tua v<strong>il</strong>la sa casa editrice londinese Weidenfeld &<br />

affittata a prezzo esorbitante ti arriva <strong>il</strong> Nicolson. Forse volevo capire cosa fosse<br />

Non è la Toscana, per fortuna<br />

frastuono impressionante di un branco di veramente <strong>il</strong> fascismo, quella strana parola<br />

Per caso, o per destino, o per voglia del tedeschi che cantano le loro canzoni prefe- usata oggi come insulto generico per qual-<br />

Signore, la mia è stata una scelta forturite, cioè quelle della Seconda guerra monsiasi cosa che non sia politicamente corretnata<br />

perché sono piombato in un territodiale. E la mattina al mercato in piazza ti ta. Che ne so.<br />

rio incantevole che non era stata scoperto, deprimono le tante professoresse ameri- La mia idea non era completamente<br />

comprato e rovinato come la vicina Toscacane, convinte – da passive-aggressive in pazza. Londra costava troppo e così decina<br />

da inglesi, americani e tedeschi. Ormai menopausa, fedeli doc non del Signore ma si: va bene, vado a Predappio per scrive-<br />

ogni paese toscano, anche quello più sper- del consumismo isterico – di aver trovato, re <strong>il</strong> libro. «Stai vivendo i nostri sogni!»,<br />

duto, pullula di stranieri la cui presenza «oh my God!», un paradiso terreste. mi dicevano i miei amici inglesi. Un cor-<br />

ha distrutto lo spirito del luogo. Predap- Al limite potevo (o potrei) comprare, no! Quando sono arrivato a Predappio quel<br />

pio, invece, se ne frega degli stranieri. Non a un terzo del prezzo, una casa rustica in giorno ero “up shit creek without a padd-<br />

c’è un hotel, neppure oggi, solo due pen- pietra a vista con una vigna e un po’ di ter- le”, in mezzo a un fiume di merda senza<br />

| | 20 luglio 2011 | 39<br />

Il serbo Novak “Nole” Djokovic ha battuto<br />

nella finale del torneo di Wimbledon 2011 lo<br />

spagnolo Rafael Nadal. Oltre ad aggiudicarsi<br />

la presitigiosa coppa, Djokovic ha anche<br />

soffiato al rivale iberico <strong>il</strong> primo posto<br />

nel ranking mondiale dei tennisti Atp<br />

zio degli anni Ottanta. Poi è arrivata la tv<br />

americana con le valige cariche di dollari<br />

e gli uomini adesso incrociano le racchette<br />

la domenica. Però, per salvare le apparenze<br />

(ipocrisia) non si gioca nella domenica<br />

di mezzo del torneo.<br />

Una tifosa “di impatto” per Agassi<br />

Questo per dire che le evoluzioni nazionalistiche<br />

del clan Djokovic in mezzo all’erba<br />

(assaggiata, perfino, dal nuovo numero<br />

1), non sono state le prime e non saranno<br />

le ultime. Questo per dire che gli esuberanti<br />

sodali di Nole, che esultavano e facevano<br />

schiamazzi nel box destinato ai parenti,<br />

mentre i compassati spagnoli sembravano<br />

british al uanandred per cent (beh,<br />

del resto avevano ben poco da esultare),<br />

sono stati solo gli ultimi di una lunga<br />

serie. Perfino Andre Agassi ha avuto, nel<br />

1993, una cheerleader di grande impatto,<br />

Barbra Streisand, che esultava con le tette<br />

strizzate in un corpetto<br />

l’appartenenza di Nole al suo popolo sta coli) ha fatto festa tra le strade di Church<br />

Quando ho cominciato a masticare di Ma gli esuberanti sodali di Nole, che facevano bianco a ogni diritto anoma-<br />

di Fred Perri<br />

nel suo grande patriottismo, caratteristica Road. A qualcuno ha dato fastidio, perbac-<br />

tennis (e a entusiasmarmi per <strong>il</strong> medesi- schiamazzi nel box destinato ai parenti, mentre lo del suo amore (pubblicita-<br />

a cosa si capisce che Novak Djokovic è fondamentale di quella gente. Nole dopo co, le signore con le coppette di fragole e<br />

mo), e cioè con Adriano Panatta, Paolo<br />

rio, doveva lanciare un cd).<br />

serbo? Sicuramente dalla capacità di aver trionfato a Wimbledon non ha esitato crema (non panna come la intendiamo noi,<br />

Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino i compassati spagnoli sembravano “british”, I serbi sono stati giudicati,<br />

D apprendere le lingue, cosa in cui a consumare le scarpette in Coppa Davis, please) e i signori con i boccaloni di Pimm’s<br />

Zugarelli, a metà degli anni Settanta (sia sono stati solo gli ultimi di una lunga serie da qualche remoto nostalgi-<br />

gli slavi sono bravissimi. Dall’attaccamen- la manifestazione a squadre snobbata dai N. 1 sono stati disturbati nelle loro picco-<br />

benedetta la Coppa Davis 1976), a Wimbleco<br />

dei “gesti bianchi”, sopra<br />

to alla famiglia, che lo segue ovunque, pre- grandi, che la giocano una volta sì e due le abitudini ai margini del Grande Rito. In<br />

don non si giocava la domenica e la finale re-missionario-rugbista-atleta Eric Liddell le righe. In molti hanno stigmatizzato<br />

sente e accorata, per qualcuno anche trop- no. Nole non fugge, Nole lascia <strong>il</strong> segno. È realtà Wimbledon già da tempo ha perso la<br />

masch<strong>il</strong>e era programmata di sabato. Per che non vuole correre la finale olimpi- l’uscita della signora Dijana Djokovic che,<br />

po. Forse anche dall’aspetto, ma questo lui <strong>il</strong> nuovo numero 1 del tennis mondia- sua aura di nob<strong>il</strong>tà. Si è venduto, come tut-<br />

capirci, Björn Borg e John McEnroe se le ca (1924, Parigi) dei 100 metri perché la accanto alla Coppa del figlio, ha sentenzia-<br />

non è qualificante e poi io non sono un le, ha brucato la sacra erba di Wimbledon ti noi mortali, ai danari delle tv. Però con<br />

suonavano la vig<strong>il</strong>ia del dì di festa. Ve lo domenica è <strong>il</strong> giorno del Signore? Ecco, a to: «Dopo anni di dominio di Nadal e Fede-<br />

grande esperto di fisiognomica. In realtà mentre la sua corte (per qualcuno dei mira- una bella e solida ipocrisia anglosassone.<br />

ricordate Momenti di gloria con <strong>il</strong> pasto- Wimbledon funzionava così, fino all’inirer, è cominciata l’era di Nole».<br />

46 | 20 luglio 2011 | |<br />

| | 20 luglio 2011 | 47<br />

50<br />

L’ITALIA<br />

CHE LAVORA<br />

Il sarto<br />

senza<br />

frontiere<br />

anno 17 | numero 28 | 20 luglio 2011 | 2,00<br />

I segreti inconfessab<strong>il</strong>i<br />

dell’industria del condom<br />

e le verità nascoste<br />

sulla lotta all’Aids<br />

Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello<br />

delle nostre vite? Con i suoi abiti su misura<br />

confezionati a mano, Nardelli continua a sedurre<br />

<strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera pugliese<br />

si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />

a capacità imprenditoriale dimostrata na Franca, una località in cui la tradizione<br />

rano per noi». Un’azienda molto organizza-<br />

dall’industria di abbigliamento crea- dell’abbigliamento è storica.<br />

ta, la cui mission è quella di soddisfare <strong>il</strong><br />

L ta da Angelo Nardelli nel 1951, rende «La nostra svolta industriale – conti-<br />

total look masch<strong>il</strong>e dal gusto classico e raf-<br />

onore al Sud italiano. Il fondatore era un nua Nardelli – è avvenuta nel 1998, quanfinato,<br />

ma seguendo al contempo le nuove<br />

giovane artigiano quando, a Martina Frando, siamo diventati una società per azioni<br />

tendenze e le innovazioni tecnologiche delca<br />

in provincia di Taranto, elegante cittadi- con la sigla Itn (Industria tess<strong>il</strong>e Nardelli)<br />

la moda uomo. Benissimo all’estero, ma in<br />

na sv<strong>il</strong>uppatasi sulle colline della Murgia, e abbiamo lanciato <strong>il</strong> marchio Angelo Nar-<br />

Italia la situazione dell’economia rallenta<br />

avviò un laboratorio, una f<strong>il</strong>iera, di 20 perdelli 1951. Puntando sull’accuratezza sar-<br />

un po’ gli affarri: «Le vendite sono in calo e<br />

sone per confezionare capi d’abbigliamentoriale dei nostri vestiti, esclusivamente da<br />

i commercianti incontrano ancora difficolto<br />

per uomo e donna venduti dallo stesso uomo, e sull’immagine, siamo riusciti a svi-<br />

lective Premier Moscow”, “Cpd Düsseldorf”, tà a pagare. Siamo comunque convinti che<br />

Nardelli in Sic<strong>il</strong>ia, in Calabria, in Puglia e lupparci in Italia e all’estero. Lo devo dire<br />

“Moda prima M<strong>il</strong>ano”, “Men’s Wear Collec- <strong>il</strong> mercato si riprenderà. Anche perché l’Ita-<br />

in Campania. «Mio padre – racconta l’at- con orgoglio». I negozi monomarca in Itative<br />

Chicago”, “The Collective New York”. lia è la patria della moda».<br />

tuale direttore generale Domenico, entralia sono sparsi un po’ lungo tutto lo Stivale.<br />

Non è scontato entrare in questi saloni, ma<br />

to in azienda 25 anni fa – lavorava fino a 12 Quello di Martina Franca funziona soprat-<br />

una volta che si comincia a esporre anche lì Dal calciatore all’impiegato<br />

ore al giorno, anche <strong>il</strong> sabato e la domenica tutto da spaccio. Gli altri sono ad Altamura,<br />

<strong>il</strong> più è fatto. «Intendiamo sv<strong>il</strong>uppare ulte- I prodotti della Angelo Nardelli 1951 sono<br />

se necessario. Possedeva un temperamen- Lecce, Taranto, Palermo e M<strong>il</strong>ano, «un punriormente<br />

la nostra presenza in Cina», pro- scelti soprattutto da professionisti, banto<br />

forte e deciso e spronava i tre figli a stato vendita prestigioso questo, situato nel<br />

segue Domenico Nardelli. «Non solo l’abito chieri, persone dello spettacolo, sportivi,<br />

re con lui, ma io sono stato l’unico a segui- palazzo delle Assicurazioni Generali, a due<br />

italiano di nostra produzione sta ottenendo per lo più calciatori, ma vengono acconre<br />

le sue orme. Dopo <strong>il</strong> diploma di licenza passi dal Duomo e nel cuore della zona del-<br />

successo, ma anche le prospettive future si tentati anche dipendenti e impiegati che a<br />

media, ho fatto un lungo periodo di gavetla finanza cittadina». I monomarca Nardel-<br />

presentano favorevoli. La Cina ha una popo- causa del lavoro consumano molti più abiti<br />

ta, comprendente tra l’altro corsi di modelli hanno anche varcato i confini nazionalazione<br />

di 1 m<strong>il</strong>iardo e trecentom<strong>il</strong>a perso- in un anno. A loro viene offerto a un prezzo<br />

lista, di cucito e di formazione nel campo li: in Cina ce ne sono sei, ad Anshan, Pechine.<br />

Non tutte ovviamente si possono per- contenuto l’abito “business” senza rinun-<br />

della moda. La sua guida mi è stata indino, Harbin, Taijuan, Tongyen e Zhengzhou.<br />

mettere di acquistare l’abbigliamento made ciare alla qualità. Spiega Domenico Nardelspensab<strong>il</strong>e<br />

e gliene sarò sempre grato». Ora,<br />

in Italy, ma <strong>il</strong> governo cinese sta spingenli: «I nostri clienti possono contare su un’of-<br />

a settantasei anni, Angelo ha preferito riti- Non solo monomarca<br />

do i consumi del ceto medio e nei prossimi ferta di tessuti di pregio e di varietà di pesi,<br />

rarsi, ma i rapporti con Domenico e i suoi Esistono anche dei veri e propri show room<br />

anni sembra che le aziende raddoppieran- fantasie e colori, tutti rigorosamente made<br />

figli – la terza generazione, Paola addetta a M<strong>il</strong>ano, New York e Pechino. Inoltre, vestino<br />

gli stipendi ai dipendenti. Noi del resto in Italy. Ogni abito viene tagliato e cucito<br />

alle relazioni esterne, Angelo e Antonio che ti e accessori Nardelli sono esportati i tutto<br />

siamo perfettamente in grado di affrontare da mani esperte, secondo la tradizione arti-<br />

si occupano rispettivamente dei negozi e <strong>il</strong> mondo: «Siamo presenti nei mercati afri-<br />

la domanda dal momento che produciamo gianale tramandata e affinata da decen-<br />

dello st<strong>il</strong>e dei vestiti – «continuano ad essecani (Marocco, Sudafrica), americani (Cana-<br />

abiti masch<strong>il</strong>i confezionati accuratamente ni di esperienza, e realizzato seguendo <strong>il</strong><br />

re veramente eccezionali».<br />

da, Stati Uniti e Messico), asiatici (Kazaki-<br />

su misura e a mano, come desidera <strong>il</strong> clien- gusto personale del cliente in ogni detta-<br />

Persona semplice e modesta, dal dialostan, Azerbaigian, Taiwan), in Russia, Ucraite,<br />

ut<strong>il</strong>izzando le più pregiate stoffe, comglio. Gli interni e le rifiniture sono in fibre<br />

go conciso, Domenico Nardelli elenca gli na e in altri paesi dell’Unione Europea, fino<br />

presi <strong>il</strong> cachemire e <strong>il</strong> puro lino. Vendiamo naturali come <strong>il</strong> cotone, <strong>il</strong> crine di cavallo<br />

eccellenti risultati raggiunti con la qualità alla lontanissima Australia».<br />

inoltre cravatte, cinture, e la seta, per garantire un comfort inegua-<br />

di quanto viene prodotto dall’azienda nel- Per riuscire a vendere in tutto <strong>il</strong> mondo<br />

«In Italia le vendite sono in calo e ancora i<br />

sciarpe, copricapi e calgliab<strong>il</strong>e. Non intendiamo fermarci. Voglialo<br />

stab<strong>il</strong>imento di 15 m<strong>il</strong>a metri quadrati, i Nardelli hanno dovuto farsi conoscere. E <strong>il</strong><br />

zature, tutto ciò di cui mo arrivare in altri paesi, trovare nuovi<br />

su tre piani, con 200 dipendenti, fra i qua- miglior modo è quello di essere presenti in<br />

commercianti incontrano difficoltà a pagare. necessita l’abbigliamen- partner, creare joint venture». L’intraprenli<br />

una ventina di sarti addetti al confeziona- tutti gli appuntamenti fieristici del settore<br />

Ma siamo convinti che <strong>il</strong> mercato si riprenderà. to masch<strong>il</strong>e, e ciò grazie denza a Nardelli non manca proprio.<br />

mento a mano, la cui sede è tuttora a Marti- come “Pitti immagine uomo Firenze”, “Col-<br />

Anche perché questa è la patria della moda» ad altre aziende che lavo-<br />

Paolo Grieco<br />

50 | 20 luglio 2011 | |<br />

| | 20 luglio 2011 | 51<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

Foto: AP/LaPresse<br />

A sinistra, <strong>il</strong> negozio Angelo Nardelli 1951<br />

a M<strong>il</strong>ano, nel palazzo delle Assicurazioni<br />

Generali. Domenico Nardelli (in basso) è<br />

l’attuale direttore generale dell’azienda<br />

fam<strong>il</strong>iare. Abiti e accessori, esclusivamente<br />

da uomo, sono tutti realizzati a mano<br />

Sex f<strong>il</strong>es. Le rivelazioni dell’ex professore di Harvard<br />

L’Occidente ha creduto che per combattere l’Aids bastasse<br />

inondare l’Africa di condom. Una bugia che è già costata<br />

m<strong>il</strong>ioni di vittime. Le confessioni del liberal Edward Green<br />

Rodolfo Casadei ..................................................................................................................................................................................................................10<br />

INTERNI<br />

Economia. Radiografia della nuova crisi<br />

Un modo per sconfiggere gli speculatori esiste<br />

Oscar Giannino ..........................................................................................................................................................................................................16<br />

L’ingegnere. In attesa della sentenza<br />

Idee, battaglie e conflitti di interesse di De Benedetti<br />

Maurizio Stefanini .........................................................................................................................................................................................20<br />

CULTURA<br />

Biografia. Io, inglese nella terra del Sangiovese<br />

Un cronista squattrinato e <strong>il</strong> suo sbarco in Romagna<br />

Nicholas Farrell .......................................................................................................................................................................................................38<br />

Il libro. Il risveglio dei sensi<br />

La guerra di Claudio Risé per la liberazione del corpo<br />

Benedetta Frigerio ........................................................................................................................................................................................42<br />

SPORT<br />

Tennis. C’era una volta Wimbledon<br />

Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Djokovic, colui che ha profanato<br />

la sacralità del <strong>Tempi</strong>o con la sua sfacciataggine e i suoi<br />

fan rumorosi. Il nuovo numero uno ha svelato l’ipocrisia<br />

di un mondo che ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />

Fred Perri .............................................................................................................................................................................................................................46<br />

L’ITALIA CHE LAVORA<br />

Foto: Getty Images<br />

SEX FILES<br />

Una comoda<br />

menzogna<br />

Così, accecato dal mito pansessualista (e finanziato<br />

da interessatissime multinazionali), l’Occidente ha<br />

creduto che per combattere l’Aids bastasse inondare<br />

l’Africa di condom. Una bugia pericolosa che è costata<br />

già m<strong>il</strong>ioni di vite e impone la censura del dissenso.<br />

Le denuncia del luminare progressista Edward Green<br />

| | 20 luglio 2011 | 11<br />

Moda. Il sarto senza frontiere<br />

Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello delle nostre<br />

vite? Con abiti su misura e confezionati a mano, Nardelli<br />

continua a sedurre <strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera<br />

pugliese si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />

Paolo Grieco ..................................................................................................................................................................................................................50<br />

LA SETTIMANA<br />

Foglietto<br />

Lodovico Festa ..................................5<br />

Il diavolo della Tasmania<br />

Renato Farina .................................29<br />

Se ti dimentico<br />

Gerusalemme<br />

Yasha Reibman<br />

Il portone di bronzo<br />

Angela Ambrogetti .............31<br />

Speciale turismo Veneto<br />

Tommaso Farina .......................33<br />

Intellettuale cura te stesso<br />

Giorgio Israel ..................................45<br />

Presa d’aria<br />

Paolo Togni ..........................................54<br />

Anteprima libri<br />

Renato Farina .................................56<br />

Anteprima cinema<br />

Paola D’Antuono ......................58<br />

Post Apocalypto<br />

Aldo Trento ........................................60<br />

Sport über alles<br />

Fred Perri .................................................62<br />

Diario<br />

Marina Corradi ............................66<br />

RUBRICHE<br />

Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................53<br />

Lettere al direttore ................62<br />

Taz&Bao .....................................................64<br />

Reg. del Trib. di M<strong>il</strong>ano n. 332 dell’11/6/1994<br />

settimanale di cronaca, giudizio,<br />

libera circolazione di idee<br />

Anno 17 – N. 28 dal 14 al 20 luglio 2011<br />

IN COPERTINA fotomontaggio <strong>Tempi</strong><br />

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Piccinini, Chiara Rizzo, Chiara Sirianni<br />

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(D.LEG. 196/2003 tutela dati personali).


Foto: Getty Images<br />

SEX FILES<br />

Una comoda<br />

menzogna<br />

Così, accecato dal mito pansessualista (e finanziato<br />

da interessatissime multinazionali), l’Occidente ha<br />

creduto che per combattere l’Aids bastasse inondare<br />

l’Africa di condom. Una bugia pericolosa che è costata<br />

già m<strong>il</strong>ioni di vite e impone la censura del dissenso.<br />

Le denuncia del luminare progressista Edward Green<br />

| | 20 luglio 2011 | 11


di Rodolfo Casadei<br />

Nel marzo 2009 una tormenta si abbatte<br />

su Benedetto XVI. Rispondendo a<br />

una domanda dei giornalisti durante<br />

<strong>il</strong> volo che lo porta in Africa, <strong>il</strong> Pontefice<br />

afferma: «Il problema dell’Aids non si risolve<br />

con la distribuzione dei preservativi,<br />

che anzi peggiorano <strong>il</strong> problema». Nei giorni<br />

che seguono <strong>il</strong> portavoce del ministro<br />

degli Esteri francese dichiara che i commenti<br />

di Benedetto XVI sono «una minaccia<br />

alla salute pubblica e al dovere di salvare<br />

vite umane», <strong>il</strong> direttore del Fondo globale<br />

per la lotta all’Aids intima al Papa di<br />

ritrattare quanto ha detto, <strong>il</strong> parlamento<br />

belga vota a grandissima maggioranza una<br />

mozione che giudica le parole di Benedetto<br />

XVI «inaccettab<strong>il</strong>i», l’Olanda, la Germania<br />

e l’Unione Europea in varie dichiarazioni<br />

12 | 20 luglio 2011 | |<br />

biasimano le parole papali. La nota rivista<br />

scientifica Lancet scrive che sono «gravissime<br />

e imprudentemente inesatte». Media<br />

e politici cattolici appaiono imbarazzati<br />

e sulla difensiva. Giunge soccorso dal più<br />

imprevedib<strong>il</strong>e degli angoli: «A dire la verità,<br />

l’attuale evidenza empirica dà ragione al<br />

Papa», scrive in un editoriale sul Washington<br />

Post un antropologo della medicina<br />

ricercatore di un istituto dell’università di<br />

Harvard, liberal agnostico e simpatizzante<br />

del Partito democratico, attivo per anni<br />

in programmi di social marketing di anticoncezionali<br />

di tutti i tipi nei paesi poveri.<br />

Green racconta numerosi casi di pubblicazione<br />

rifiutata da parte di riviste scientifiche ufficiali<br />

di articoli che provano l’inefficienza del<br />

condom come strategia primaria anti-Aids<br />

L’articolo spiegava che nelle epidemie<br />

generalizzate come quella africana i condom<br />

non funzionano come misura principale<br />

di prevenzione, che alcuni studi scientifici<br />

lo avevano dimostrato e che <strong>il</strong> modo<br />

più efficace di ridurre le infezioni da Hiv<br />

era incoraggiare la fedeltà coniugale e la<br />

riduzione del numero di partner sessuali<br />

nel corso della vita. La flessione dell’Aids<br />

in Uganda, sottolineava, era stata ottenuta<br />

con tale strategia. L’autore era Edward<br />

Green, direttore dell’Aids Prevention Research<br />

Project ad Harvard e membro del Presidential<br />

Advisory Counc<strong>il</strong> on Hiv/Aids fra<br />

<strong>il</strong> 2003 e <strong>il</strong> 2007, da tempo<br />

coscienza critica del mondo<br />

di burocrati internazionali,<br />

attivisti, scienziati e interessi<br />

costituiti che ruota attorno<br />

all’Aids e ai m<strong>il</strong>iardi di dolla-


Foto: AP/LaPresse, archivio Meeting<br />

ri stanziati per combatterla. Due anni dopo<br />

quell’exploit, che lo fece conoscere in tutto<br />

<strong>il</strong> mondo, perso <strong>il</strong> suo incarico ad Harvard<br />

(chissà perché), Green torna sulle barricate<br />

con un libro di denuncia: Broken Promises.<br />

How the Aids Establishment Has Betrayed<br />

the Developing World. E com’è che l’“establishment<br />

dell’Aids” ha tradito i paesi in<br />

via di sv<strong>il</strong>uppo? Imponendo programmi<br />

centrati sul condom per puro pregiudizio<br />

ideologico non supportato dai fatti, marginalizzando<br />

e censurando gli studi che<br />

dimostravano che altri approcci erano più<br />

efficaci (metodo Abc, riduzione del numero<br />

dei partner, circoncisione, eccetera) e<br />

pompando m<strong>il</strong>iardi di dollari nelle tasche<br />

di produttori di preservativi, test per l’Hiv,<br />

antiretrovirali, di dirigenti delle Nazioni<br />

Unite e della sanità pubblica nei paesi africani,<br />

di Ong e attivisti gay, eccetera.<br />

CHI È<br />

EDWARD GREEN<br />

Eroe della lotta alla<br />

piaga del M<strong>il</strong>lennio<br />

Edward C. Green<br />

è stato direttore<br />

dell’Aids Prevention<br />

Research Project<br />

alla Harvard School<br />

of Health e membro<br />

dei maggiori organismi<br />

internazionali<br />

per la lotta all’Aids.<br />

Per oltre trent’anni<br />

ha condotto ricerche<br />

in Africa e nel Sud-<br />

Est asiatico.<br />

CRITICO<br />

Progressista<br />

non allineato<br />

Liberal e sostenitore<br />

dei democratici<br />

Usa, impegnato a<br />

lungo in programmi<br />

di social marketing<br />

di anticoncezionali<br />

nei paesi poveri,<br />

Green è diventato la<br />

coscienza critica del<br />

suo mondo quando<br />

i suoi studi lo hanno<br />

portato a convincersi<br />

che <strong>il</strong> contagio da<br />

Hiv si combatte più<br />

efficacemente incoraggiando<br />

la fedeltà<br />

coniugale e la riduzione<br />

del numero di<br />

partner sessuali.<br />

Broken Promises racconta storie che<br />

per i profani della materia suonano sensazionali:<br />

i numerosi casi di pubblicazione<br />

rifiutata da parte di riviste scientifiche<br />

ufficiali di articoli che dimostra-<br />

vano l’inefficienza del condom<br />

come strategia primaria anti-<br />

Aids; <strong>il</strong> boicottaggio dei programmi<br />

centrati sulla fedeltà coniugale<br />

e l’astinenza finanziati al tempo<br />

della presidenza Bush da parte<br />

degli stessi ufficiali americani<br />

che dovevano promuoverli; l’ammissione<br />

da parte di Unaids e<br />

Usaid, fino ad allora schierati con<br />

la politica del tutto-condom, che<br />

i programmi centrati su fedeltà e<br />

riduzione del numero dei partner<br />

erano più efficaci contro l’Aids di<br />

quelli basati sul primato del pre-<br />

SEX FILES PRIMALINEA<br />

Una protesta davanti al Vaticano nel 2009. Il Papa<br />

aveva appena detto che la piaga dell’Aids in Africa<br />

«non si risolve con la distribuzione dei preservativi,<br />

che anzi peggiorano <strong>il</strong> problema». Secondo <strong>il</strong> professor<br />

Edward Green, Benedetto XVI aveva ragione<br />

RIVELAZIONI<br />

BROKEN<br />

PROMISES<br />

E. C. Green<br />

PoliPointPress<br />

17,95 dollari<br />

servativo esattamente nei giorni in cui <strong>il</strong><br />

Papa veniva linciato per la sua dichiarazione<br />

sull’argomento.<br />

Il grande insabbiamento inizia, stando<br />

a Green, nel 1998. St<strong>il</strong>a un rapporto per<br />

la Banca mondiale dopo una missione in<br />

Uganda dove spiega che la sieroprevalenza<br />

nel paese africano è scesa dal 15 per cento<br />

al 5 per cento grazie al metodo Abc (Abstinence,<br />

Be faithful, Condom, nella quale<br />

<strong>il</strong> preservativo è la strategia di ripiego per<br />

chi non riesce a modificare <strong>il</strong> suo comportamento<br />

in termini di fedeltà o astinenza).<br />

Nessuna reazione. Scopre che due epidemiologi,<br />

Rand Stoneburner e Daniel Low-<br />

Beer, hanno raggiunto le sue stesse conclusioni:<br />

riescono a pubblicare <strong>il</strong> loro studio<br />

solo dopo sei anni, e nel frattempo<br />

vengono licenziati dal Programma<br />

sudafricano contro l’Aids per aver<br />

scoperto che la promozione del<br />

condom aveva ottenuto solo un<br />

aumento dei rapporti sessuali fra<br />

adolescenti, mentre i tassi di Hiv<br />

continuavano ad aumentare.<br />

Sempre nel 1998 un’aff<strong>il</strong>iata<br />

di Planned Parenthood Association<br />

(la lobby americana per<br />

<strong>il</strong> controllo delle nascite) gli chiede<br />

di studiare le cause del mancato<br />

aumento dell’uso dei condom<br />

nella Repubblica Dominicana.<br />

Green spiega che le campagne<br />

contro l’Aids hanno modi-<br />

| | 20 luglio 2011 | 13


ficato i comportamenti delle persone nel<br />

senso di una maggiore fedeltà di coppia<br />

e di un minor numero di partner sessuali,<br />

da cui una minore necessità di usufruire<br />

di preservativi. Con un collega scrive un<br />

articolo sull’argomento, ma «i nostri colleghi<br />

della pianificazione fam<strong>il</strong>iare e di Usaid<br />

non furono contenti delle nostre scoperte.<br />

Tutte le riviste, una dopo l’altra, respinsero<br />

l’articolo basato sul nostro survey. Con raro<br />

senso del metodo scientifico, alcuni revisori<br />

affermarono apertamente che io e <strong>il</strong> mio<br />

collega dominicano eravamo pericolosi ideologi<br />

anticondom che nessuno avrebbe<br />

dovuto pubblicare. Non fui mai<br />

più invitato nella Repubblica<br />

Dominicana». Negli stessi giorni<br />

un ufficialissimo Demographic<br />

and Health Survey (Indagine<br />

demografico-sanitaria) dal<br />

costo di un m<strong>il</strong>ione di dollari<br />

conferma le spiegazioni di Green<br />

sul caso dominicano.<br />

Qualche tempo dopo Usaid<br />

gli chiede un articolo sul ruolo<br />

delle realtà religiose nei<br />

programmi di prevenzione<br />

dell’Aids. Green scrive che la<br />

diffusa convinzione secondo<br />

cui cristiani e musulmani stigmatizzano<br />

i malati di Aids è<br />

sbagliata, anzi le Chiese suscitano<br />

solidarietà nei loro riguardi,<br />

e che <strong>il</strong> loro ruolo nella promozione<br />

della fedeltà e dell’astinenza<br />

è prezioso. «Ci vollero<br />

parecchi anni di lotta prima<br />

che questa monografia fosse<br />

pubblicata da Usaid. Almeno<br />

due volte fu letteralmente<br />

strappata fuori dalla tipografia<br />

all’ultimo momento, e non per<br />

cause dipendenti dall’editrice.<br />

In una e-ma<strong>il</strong> diretta a me e ad<br />

altri, un attivista sotto contratto<br />

con Usaid e responsab<strong>il</strong>e dei<br />

rapporti fra l’ufficio di Usaid<br />

per l’Aids e le organizzazioni<br />

religiose espresse la sua convinzione<br />

che tali organizzazioni non hanno<br />

alcun ruolo nella prevenzione dell’Aids,<br />

perché tutto ciò che fanno è “stigmatizzare<br />

e fare la morale”. Finalmente riuscii a<br />

esercitare sufficiente pressione politica per<br />

ottenere la pubblicazione, ma <strong>il</strong> testo fu privato<br />

della copertina e di tutte le foto».<br />

La “conversione” dell’avversario<br />

Ma la storia più clamorosa è quella dello<br />

studio di Usaid sulla relativa contribuzione<br />

dei tre fattori del metodo Abc sulla diminuzione<br />

dell’incidenza dell’Hiv. Green doveva<br />

essere <strong>il</strong> coordinatore dell’indagine sul<br />

secondo fattore (la fedeltà), che si sarebbe<br />

svolta in sei paesi. Il terzo fattore (<strong>il</strong> preservativo)<br />

era stato affidato a Psi, Population<br />

14 | 20 luglio 2011 | |<br />

LE GUIDE DEI GINECOLOGI ITALIANI<br />

Culto del preservativo,<br />

ecco <strong>il</strong> breviario della Sigo<br />

Non solo Africa. La mitologia del preservativo<br />

va per la maggiore anche dalle nostre parti, dove<br />

può contare su un aedo di gran prestigio: la Società<br />

italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). Come<br />

ogni anno, anche quest’estate la Sigo, in vista delle<br />

vacanze, ha prodotto le sue brave guide per i giovani<br />

al sesso sicuro: si va dal Passaporto dell’amore<br />

(depliant distribuito a gratis) al pamphet Travel<br />

sex! (acquistab<strong>il</strong>e in libreria). Opuscoli la cui indispensab<strong>il</strong>ità<br />

è supportata da apposito sondaggio<br />

condotto dalla Sigo medesima, che somiglia tanto<br />

alla classica profezia che si autoavvera: «Il 64<br />

per cento degli intervistati ha affermato che avrà<br />

almeno un rapporto occasionale nel corso dell’estate»,<br />

giurano allarmati i ginecologi, «ma i giovani<br />

si dimostrano “immaturi” in fatto di sesso sicuro.<br />

Solo pochi usano regolarmente i contraccettivi».<br />

Vengono perciò in soccorso le guide Sigo, che contengono<br />

particolareggiate istruzioni su tutti i tipi di<br />

dispositivi immaginab<strong>il</strong>i, ognuno dei quali (p<strong>il</strong>lola o<br />

goldone che sia) è accompagnato da rassicuranti<br />

raccomandazioni mediche. Di inviti a “trattenersi”<br />

neanche l’ombra, ovvio. Perché «durante l’estate è<br />

giusto divertirsi», ammicca la Sigo. Però «nella tua<br />

valigia non devono assolutamente mancare i contraccettivi,<br />

e in particolare p<strong>il</strong>lola e preservativo».<br />

Dopodiché, va’ pure dove ti porta <strong>il</strong> condom.<br />

Services International, <strong>il</strong> più grande ente<br />

mondiale di social marketing dei condom.<br />

Ma nel 2003 Green è convocato a Washington<br />

e gli viene comunicato che non sarà più<br />

uno dei coordinatori dello studio. Al suo<br />

posto viene nominato Doug Kirby, bestia<br />

nera dei conservatori religiosi per la sua<br />

opposizione ai programmi per l’astinenza<br />

e per la sua promozione dell’“educazione<br />

sessuale globale”, privo di qualunque esperienza<br />

d’Africa. Però Kirby è una persona<br />

onesta, studia <strong>il</strong> caso ugandese e giunge alle<br />

stesse conclusioni di Green: la chiave del<br />

successo era stata la riduzione del numero<br />

dei partner sessuali. «Una storia davvero<br />

istruttiva: un ricercatore viene sostituito<br />

da un altro per ragioni meramente politi-<br />

Nel suo libro<br />

Green rivela che<br />

al tempo di Bush<br />

i programmi Usa<br />

contro l’Aids in<br />

Africa centrati<br />

sulla fedeltà<br />

coniugale (poi<br />

dimostratisi i più<br />

efficaci) erano<br />

boicottati dagli<br />

stessi responsab<strong>il</strong>i<br />

americani<br />

che, ma l’altro ricercatore ignora la politica<br />

e alla fine giunge alle stesse conclusioni del<br />

primo: diventano colleghi e amici».<br />

La politicizzazione di Lancet<br />

Edward Green non è tenero nemmeno con<br />

Lancet, l’autorevole rivista britannica che<br />

nel 2009 pretende di sbugiardare <strong>il</strong> Papa.<br />

Nel 2004 aveva pubblicato un “consensus<br />

statement” firmato da 140 esperti nel quale<br />

si raccomandava <strong>il</strong> metodo Abc contro le<br />

epidemie generalizzate e si promuovevano<br />

fedeltà e riduzione dei partner. Nel 2006<br />

invece titola in copertina: “È meno controverso<br />

promuovere l’astinenza e la fedeltà<br />

che l’educazione sessuale, i condom e<br />

l’aborto sicuro, ma è proprio di questo che<br />

c’è bisogno!”. Nel 2000 Lancet aveva pubblicato<br />

un articolo di John Richens dell’università<br />

di Londra sull’effetto risk compensation<br />

(chi usa i condom si sente sicuro e<br />

aumenta <strong>il</strong> numero dei rapporti, ma così <strong>il</strong><br />

rischio di Aids resta elevato) solo dopo che<br />

costui aveva minacciato di fare causa alla<br />

rivista. I revisori non avevano trovato nulla<br />

da obiettare alla sua affermazione secondo<br />

la quale «massicci incrementi nell’uso dei<br />

condom non si sono tradotti in dimostrab<strong>il</strong>i<br />

riduzioni dell’incidenza dell’Hiv nei paesi<br />

dove sono avvenuti», ma la rivista continuava<br />

a negare la pubblicazione.<br />

Gli studi sulle vere ragioni della diminuzione<br />

della sieropositività nei pochi pae-


Foto: AP/LaPresse<br />

si dove questa è avvenuta e sui fallimenti<br />

delle politiche del tutto-condom però si<br />

accumulano, e alla fine gli enti ufficiali<br />

preposti sono costretti a riconoscere l’evidenza.<br />

Nel gennaio 2009 a Gaborone (Botswana)<br />

si tiene una conferenza internazionale<br />

nella quale tutte le posizioni di Green<br />

sono riconosciute giuste. «Nel marzo<br />

2009 Unaids pubblicò un rapporto basato<br />

sulla conferenza. E lì, per la prima volta,<br />

le Nazioni Unite indicarono <strong>il</strong> cambiamento<br />

di comportamento come una priorità<br />

più alta della promozione del condom.<br />

Ora i condom erano una strategia di ultimo<br />

ricorso. (…) Poche settimane dopo, in apr<strong>il</strong>e,<br />

Unaids pubblicò un secondo rapporto.<br />

Temevo che, dopo <strong>il</strong> grande scossone, facessero<br />

marcia indietro. Ma questo rapporto<br />

ribadiva che la fedeltà era la principale<br />

priorità nell’Africa australe e che i condom<br />

dovevano essere soltanto una rete di sicurezza».<br />

Le parole del Papa erano state pronunciate<br />

<strong>il</strong> 17 marzo…<br />

Green spiega che la lunga mistificazione<br />

della lotta all’Aids centrata sulla distribuzione<br />

di condom è <strong>il</strong> prodotto della convergenza<br />

fra ideologia della liberazione sessuale<br />

e relativismo culturale da una parte,<br />

interessi economici dall’altra. Alcuni aneddoti<br />

sono terrib<strong>il</strong>mente eloquenti. «Alla<br />

Conferenza mondiale sull’Aids del 1998<br />

parte del programma ufficiale era <strong>il</strong> “Programma<br />

culturale e informazioni ut<strong>il</strong>i”. Si<br />

informavano i partecipanti su dove andare<br />

per “backroom sex” in locali “hardcore” per<br />

persone “in cerca di compagnia”. Alle conferenze<br />

internazionali ho visto pamphlet<br />

stampati da industrie farmaceutiche che<br />

spiegavano dove sul posto si poteva trovare<br />

sesso anonimo per omosessuali. Gli sponsor<br />

erano Merck (inibitori della proteasi),<br />

Bristol Myers Squibb (inibitori), Glaxo-Wellcome<br />

(Azt), Upjohn, Roche, Abbot Labs e<br />

Dupont Pharma. Le multinazionali farmaceutiche<br />

hanno un conflitto di interessi con<br />

l’Aids: guadagnano meno denaro dalla prevenzione<br />

della malattia che non dalla cura».<br />

E Big Pharma sposò l’attivismo gay<br />

«Le aziende farmaceutiche conclusero<br />

alleanze con gruppi di attivisti gay come<br />

ActUp, e finanziarono in segreto i loro viaggi<br />

perché fossero presenti alle conferenze<br />

internazionali dove avrebbero chiesto<br />

più fondi per l’Aids e <strong>il</strong> “fast-tracking”, cioè<br />

approvazioni più rapide dei medicinali da<br />

parte della Fda (Food and Drug Administration,<br />

ndr), che significava meno spese di<br />

ricerca. Per esempio nel 1987 la Fda approvò<br />

l’Azt per <strong>il</strong> trattamento di alcuni pazien-<br />

«Ho visto pamphlet di industrie farmaceutiche<br />

che spiegavano dove trovare sesso anonimo per<br />

gay. (…) Le multinazionali guadagnano meno<br />

dalla prevenzione dell’Aids che non dalla cura»<br />

SEX FILES PRIMALINEA<br />

ti appena quattro mesi dopo aver ricevuto<br />

la domanda di autorizzazione dalla Burroughs<br />

Wellcome che lo produceva. Naturalmente<br />

“fast-tracking” significa più profitti<br />

per le imprese. Le quali finanziano anche<br />

riviste gay come Poz e Positive Nation, che<br />

sono funzionali agli interessi delle imprese<br />

in quanto fanno propaganda per standard<br />

meno rigidi nell’approvazione delle nuove<br />

medicine e per più fondi alla ricerca».<br />

Le conclusioni sono molto amare: «L’Aids<br />

ha ucciso m<strong>il</strong>ioni di persone nel mondo in<br />

modo evitab<strong>il</strong>e, e gli africani e altri continuano<br />

a morire, mentre sarebbe fac<strong>il</strong>e prevenire.<br />

E tuttavia tante delle nostre convinzioni<br />

sul modo di vincere la malattia in Africa<br />

si sono basate su miti, wishful thinking,<br />

cecità volontaria, stereotipi, paura di danni<br />

alla propria carriera, ripetizione di distorsioni<br />

e bugie finalizzate a raccogliere fondi.<br />

Noi occidentali ci siamo fatti beffe degli<br />

stregoni mentre promuovevamo le più letali<br />

falsità che <strong>il</strong> continente avesse mai visto.<br />

I nostri errori hanno cominciato a vivere<br />

di vita propria, alimentati da un’ideologia<br />

pansessualista e da idee politiche fortemente<br />

critiche dei valori conservatori e religiosi<br />

e delle politiche del presiden-<br />

te Bush». E lo dice un democratico<br />

liberal e agnostico,<br />

già specialista nella distribuzione<br />

dei condom ai poveri<br />

dei paesi poveri. n<br />

| | 20 luglio 2011 | 15


INTERNI<br />

16 | 20 luglio 2011 | |<br />

STATO D’ASSEDIO<br />

Una pessima<br />

estate italiana<br />

Nessun complotto. A scatenare l’attacco degli speculatori<br />

al nostro paese e all’Europa ci sono molte scelte sbagliate<br />

e <strong>il</strong> cinico istinto di sopravvivenza dei governi e dei loro<br />

azionisti. Ma un modo per scacciare le cavallette c’è<br />

di Oscar Giannino<br />

Scrivo alla chiusura<br />

di Borsa di<br />

lunedì 11 luglio,<br />

ed è stato un nuovo<br />

bagno di sangue, con<br />

un meno 4 per cento<br />

che è <strong>il</strong> peggio nell’eurozona<br />

peggiore. Lo<br />

spread sui decennali pubblici tedeschi è<br />

salito di 70 punti base totali rispetto a<br />

dove stava all’inizio della seduta di venerdì.<br />

Intesa e Unicredit si sono alternate tutto<br />

<strong>il</strong> giorno nella sospensione al ribasso.<br />

La Spagna ci ha risuperati nel differenziale<br />

sui Bund, zompando oltre quota 300<br />

punti base. Ci siamo, c’è poco da fare. Per<br />

un anno e mezzo l’Italia ci era riuscita, a<br />

non entrare nella lista dei paesi sfiduciati<br />

nell’euroarea, Grecia, Portogallo, Irlanda,<br />

Spagna. Tre grandi fattori internazionali<br />

e tre circostanze italiane in pochi giorni<br />

hanno fatto convergere i propri effetti.<br />

E <strong>il</strong> quadro è cambiato. Purtroppo per noi.<br />

Quali sono le ragioni che spiegano l’accelerazione<br />

dello spread tra i titoli di Stati<br />

italiani e <strong>il</strong> Bund tedesco in pochi giorni,<br />

e <strong>il</strong> crollo dei titoli bancari e a seguire<br />

dell’intero listino? È ovvio che non è successo<br />

nulla che abbia modificato i fondamentali.<br />

Non sono emersi ammanchi pubblici<br />

non rivelati al mercato, e restiamo<br />

l’euromembro che ha fatto in questi anni<br />

meno deficit pubblico subito dopo la Germania.<br />

Le banche italiane non sono state<br />

salvate dal denaro del contribuente né<br />

due anni fa né oggi, ma stanno ricapitalizzando<br />

con risorse dei propri soci. E allora?<br />

Il “diversivo” degli americani<br />

Si è ufficialmente aperta una finestra molto<br />

succosa per <strong>il</strong> mercato mondiale: scommettere<br />

sulla sostenib<strong>il</strong>ità del quarto debito<br />

pubblico al mondo (<strong>il</strong> terzo è quello della<br />

Germania, che per ammontare complessivo<br />

ci ha superato nel 2010, ma <strong>il</strong> suo P<strong>il</strong><br />

è ben maggiore del nostro). È un’opzione<br />

succosa, perché queste scommesse si vincono<br />

– cioè si fanno soldi a palate – gio-<br />

cando al ribasso, cioè con opzioni a breve<br />

su una certa soglia di Cds sovrano o bancario<br />

(<strong>il</strong> Cds, credit default swap, è <strong>il</strong> derivato<br />

che stima <strong>il</strong> premio al rischio in caso di<br />

default del soggetto interessato, nel caso<br />

in cui gli si prestino soldi o gli si sottoscriva<br />

un titolo). Ed è un’opzione succosa per<br />

un’altra ragione.<br />

Il linguaggio del realismo impone di<br />

dire e spiegare che la finestra è quasi del<br />

tutto indipendente dalla manovra finanziaria<br />

italiana appena presentata. Si voti<br />

o meno così com’è, la finestra resta aperta<br />

fino al 2013, quando scatterà la nuova cornice<br />

per <strong>il</strong> salvataggio degli euromembri<br />

in difficoltà, visto che nessuno è riuscito<br />

sin qui a smuovere i tedeschi a compiere<br />

“veri” interventi d’emergenza salvaeuro. E<br />

dunque, a meno di un cambio del quadro<br />

internazionale, è fino al 2013 che attualmente<br />

ritengono di dover essere ribassiste<br />

le forze potenti che scommettono sulla<br />

crisi dell’euroarea.<br />

La prima grande molla internazionale<br />

che gonfia le vele alla volat<strong>il</strong>ità al ribasso<br />

Foto: AP/LaPresse


è dunque proprio l’errore europeo. L’errore<br />

franco-tedesco, ma germanico in primis.<br />

L’ho scritto e ripetuto molte volte. È una<br />

costosa e drammatica sciocchezza da parte<br />

del governo di Angela Merkel non voler<br />

dire – da 19 mesi – agli elettori tedeschi che<br />

occorrono strumenti straordinari, non previsti<br />

dal Trattato, volti a salvare non la Grecia<br />

cicala o <strong>il</strong> Portogallo per la sua b<strong>il</strong>ancia<br />

dei pagamenti o la Spagna per la sua bolla<br />

Con <strong>il</strong> record<br />

segnato in<br />

questi giorni<br />

dallo spread<br />

tra Btp e<br />

Bund l’Italia<br />

sembra essere<br />

ufficialmente<br />

entrata nella<br />

lista dei paesi<br />

“sfiduciati” dal<br />

mercato, Grecia,<br />

Portogallo,<br />

Irlanda<br />

e Spagna<br />

È una drammatica sciocchezza da parte della<br />

Merkel non voler dire ai suoi elettori che servono<br />

strumenti straordinari, non previsti dal Trattato,<br />

per salvare non Atene o Lisbona, ma l’euro<br />

MINIGLOSSARIO<br />

SPREAD BTP-BUND<br />

Termometro del<br />

rischio insolvenza<br />

È una misura del<br />

rischio di insolvenza<br />

associato a un<br />

titolo di Stato e, di<br />

conseguenza, della<br />

salute finanziaria di<br />

un paese. È <strong>il</strong> differenziale,<br />

valutato dal<br />

mercato, tra <strong>il</strong> rendimento<br />

di quel titolo<br />

(nel caso dell’Italia,<br />

i Btp decennali) e<br />

<strong>il</strong> rendimento di un<br />

titolo corrispondente<br />

di uno Stato considerato<br />

privo di rischio,<br />

come la Germania<br />

(Bund decennali).<br />

CDS<br />

Da assicurazione<br />

a scommessa<br />

I credit default swap<br />

(Cds) sono strumenti<br />

finanziari derivati<br />

che funzionano come<br />

un’assicurazione.<br />

Chi compra un Cds,<br />

infatti, si impegna a<br />

pagare al venditore<br />

un premio in cambio<br />

del rimborso, solo in<br />

caso di default, del<br />

valore dell’obbligazione<br />

oggetto dell’insolvenza<br />

(di solito<br />

un titolo di Stato).<br />

Il loro valore è una<br />

misura dell’affidab<strong>il</strong>ità<br />

dei titoli sottostanti.<br />

Nascono come<br />

derivati di copertura<br />

dal rischio ma si sv<strong>il</strong>uppano<br />

come strumento<br />

speculativo<br />

per scommettere sul<br />

possib<strong>il</strong>e fallimento<br />

dell’emittente (pubblico<br />

o privato).<br />

Fonte: Ansa<br />

immob<strong>il</strong>iare, ma l’euro in quanto tale. Aver<br />

d<strong>il</strong>uito gli aiuti condizionandoli all’introduzione<br />

di misure che strangolano i paesi<br />

eurodeboli e rendono ancor meno sostenib<strong>il</strong>e<br />

<strong>il</strong> loro debito può aver aiutato le banche<br />

tedesche e francesi a disfarsi della troppa<br />

carta pubblica greca che avevano in pancia,<br />

ma ha invogliato tutti i ribassisti del<br />

mondo a scommettere che entro <strong>il</strong> 2013<br />

l’euro salterà, se <strong>il</strong> Consiglio europeo non<br />

aprirà gli occhi. E come abbiamo detto m<strong>il</strong>le<br />

volte, l’Italia, vista la dimensione del suo<br />

debito pubblico, a lungo andare sarebbe<br />

finita nel mirino anche a onta del suo basso<br />

deficit di questi anni.<br />

La seconda potente molla si chiama<br />

America. Il 2 agosto si sfonda <strong>il</strong> tetto di<br />

debito pubblico autorizzato dal Congresso<br />

di Washington, 14,3 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />

dollari, pari all’intero P<strong>il</strong> degli Stati Uniti.<br />

Tra l’amministrazione Obama e i repubblicani<br />

che controllano la Camera dei rappresentanti<br />

manca ancora l’accordo su<br />

come dosare tra tagli alle spese e tasse i<br />

4 o 4,5 tr<strong>il</strong>ioni di dollari in un decen-<br />

| | 20 luglio 2011 | 17


INTERNI STATO D’ASSEDIO<br />

nio che bisogna prevedere di minor deficit<br />

rispetto alle enormi spese aggiuntive<br />

accese dall’attuale amministrazione, senza<br />

che per questo la disoccupazione americana<br />

scenda sotto <strong>il</strong> 9,2 per cento e <strong>il</strong> totale<br />

degli scoraggiati al lavoro sotto <strong>il</strong> 16-17<br />

per cento delle forze di lavoro complessive.<br />

Con questi chiari di luna sul proprio mercato,<br />

è ovvio che ai fondi e alle grandi banche<br />

d’affari americane convenga drammatizzare<br />

sull’Europa scommettendo sulla<br />

sua bassa tenuta, perché gli intermediari e<br />

gli investitori statunitensi sarebbero i primi<br />

a pagare invece i maggiori oneri di una<br />

crisi di credib<strong>il</strong>ità della propria capacità di<br />

sostenere l’eccesso di debito.<br />

Subito tagli veri o sarà patrimoniale<br />

La terza potente molla è quella del sistema<br />

bancario internazionale. In attesa, venerdì<br />

15 luglio, dei risultati degli stress test<br />

europei (tra parentesi dico che questo esercizio<br />

è stato tecnicamente compiuto a mio<br />

giudizio coi piedi, consentendo alle banche<br />

tedesche di fare quello che vogliono o<br />

quasi e proiettando su tutte le altre lunghe<br />

ombre), l’interesse convergente del sistema<br />

internazionale ma soprattutto delle<br />

maggiori banche tedesche, francesi e britanniche<br />

(molte delle quali in piedi grazie<br />

ai denari dei contribuenti) è a spingere<br />

verso <strong>il</strong> basso la capitalizzazione dei maggiori<br />

istituti di credito italiani. Unicredit e<br />

Intesa sono trattate oggi a prezzi ridicoli<br />

rispetto ai fondamentali e ai mezzi propri.<br />

Non è leggenda metropolitana, ma realtà,<br />

che qualcuno di molto forte in Germania<br />

pensi in questo modo di spingere per esempio<br />

Unicredit – puliti nel frattempo gli attivi<br />

tedeschi all’Est Europa, comprati anni fa<br />

a caro prezzo per come erano opacamente<br />

contab<strong>il</strong>izzati dai germanici – a ricederli<br />

agli stessi tedeschi a prezzi di saldo.<br />

Attenti per favore. Io non penso e non<br />

sto affatto dicendo che l’Italia è vittima di<br />

una congiura. Lascio <strong>il</strong> complottismo a chi<br />

crede che <strong>il</strong> mercato sia guidato da pochi<br />

malefici gnomi. Il mercato è fatto da centinaia<br />

di migliaia di operatori che decidono<br />

in base alle finestre di possib<strong>il</strong>ità<br />

che vedono aperte. Ma la politica dovrebbe<br />

tenere gli occhi aperti, e sapere che nel<br />

mondo globalizzato meccanismi di questo<br />

tipo sono pronti a scattare sinergicamente,<br />

appena se ne creano le condizioni.<br />

Invece, la politica italiana non lo ha fatto.<br />

Ed ecco i tre fattori interni. Si chiamano:<br />

divisione all’interno del governo, con d<strong>il</strong>uizione<br />

della manovra originaria prima e<br />

durante <strong>il</strong> Consiglio dei ministri; le vicende<br />

giudiziarie di Marco M<strong>il</strong>anese, che lambiscono<br />

<strong>il</strong> Tesoro, con indebolimento conseguente<br />

di Giulio Tremonti, anche a causa<br />

di quanto Berlusconi ha detto su di lui<br />

a Repubblica; infine l’indebolimento ulteriore<br />

del premier, per effetto della senten-<br />

18 | 20 luglio 2011 | |<br />

za sul lodo Mondadori che gli impone di<br />

versare 560 m<strong>il</strong>ioni di euro alla Cir a titolo<br />

di risarcimento.<br />

Conclusione. Per realismo – e se conosco<br />

i mercati – non basta affatto approvare<br />

la manovra così com’è, cioè senza ulteriori<br />

d<strong>il</strong>uizioni che erano annunciate e <strong>il</strong><br />

più rapidamente possib<strong>il</strong>e in Parlamento.<br />

Onestà e serietà impongono oggi di<br />

dire che la danza macabra degli spread<br />

si interromperebbe solo per pochi giorni,<br />

rispetto all’attesa dell’eurocrac comunque<br />

entro <strong>il</strong> 2013. Occorre rafforzarla, la<br />

manovra, con una decina di m<strong>il</strong>iardi di<br />

euro di tagli strutturali aggiuntivi e non<br />

di ulteriori tasse. Subito: per esempio<br />

ripristinando <strong>il</strong> tetto pensionab<strong>il</strong>e a 65<br />

anni per le lavoratrici private a cominciare<br />

dal 2012 e a pieno regime entro <strong>il</strong> 2018,<br />

non a cominciare dal 2020 fino al 2032,<br />

come indicato dopo la correzione della<br />

prima stesura. In più, aggiungendo privatizzazioni<br />

immob<strong>il</strong>iari per un paio di<br />

punti di P<strong>il</strong> almeno.<br />

State attenti. Io vorrei sbagliare, ma o si<br />

ha la forza di far così, oppure di qui al termine<br />

della legislatura sarà un calvario. E<br />

alla fine sarà patrimoniale. n<br />

I<br />

tagli sui capitoli di spesa presenti nella<br />

manovra economica sono molti e<br />

con una diversa ponderazione per<br />

quanto concerne la partecipazione al raggiungimento<br />

del pareggio di b<strong>il</strong>ancio,<br />

obiettivo auspicato dal ministro Giulio<br />

Tremonti e richiesto dall’Unione Europea.<br />

Con certezza, emerge che <strong>il</strong> maggior gettito<br />

arriverà alle casse dello Stato grazie ai<br />

quei risparmiatori che detengono nei loro<br />

portafogli buoni del tesoro e titoli. Infatti,<br />

con l’aumento a scaglioni del bollo sui<br />

L’ATTUALITà<br />

ON LINE<br />

Interviste<br />

e commenti<br />

Le opinioni contenute<br />

in queste<br />

pagine sono<br />

tratte dalle interviste<br />

realizzate da<br />

Radio <strong>Tempi</strong> e da<br />

tempi.it<br />

Nella foto a lato,<br />

<strong>il</strong> ministro<br />

dell’Economia<br />

Giulio Tremonti<br />

IN QUESTO PERIODO DI VACCHE MAGRE<br />

Giulio, accetta<br />

un consiglio<br />

Borghi, Oriani, Vignali, Colozzi commentano<br />

la manovra di Tremonti. Quel che va e quel<br />

(molto) che non va. Idee per una ripresa<br />

«Le banche non sono più la cassaforte d’Italia<br />

da cui si può sempre attingere. I tempi sono<br />

cambiati. Le banche non godono più della<br />

solidità patrimoniale che vantavano prima»<br />

dossier, la somma dei valori attesi per le<br />

entrate finanziarie fino al 2015 è pari a 10<br />

m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />

Claudio Borghi, editorialista del Giornale<br />

e docente dell’Università Cattolica<br />

di M<strong>il</strong>ano dice a <strong>Tempi</strong>: «Con le tasse, da<br />

una parte, si fa cassa e, dall’altra, si dà un<br />

indirizzo». Il cosiddetto superbollo che<br />

si applicherà fin da subito alle categorie<br />

di strumenti finanziari sopra citati, «permetterà<br />

un gettito maggiore per lo Stato,<br />

ma nello stesso tempo sposterà i risparmiatori<br />

verso altre forme di<br />

prodotti finanziari. A titolo<br />

d’esempio, i conti risparmio<br />

saranno avvantaggiati<br />

perché non soggetti ai nuovi<br />

rincari fiscali».


Foto: AGF<br />

Un altro punto fondamentale della<br />

manovra economica riguarda l’aumento<br />

dell’Irap per le banche, per le società<br />

finanziarie e per le assicurazioni. Il gettito<br />

previsto da questo punto del decreto<br />

firmato dal presidente Giorgio Napolitano,<br />

garantirà un gettito per <strong>il</strong> Tesoro<br />

di circa 2,5 m<strong>il</strong>iardi di euro. Il professor<br />

Marco Oriani, ordinario della facoltà<br />

di Economia presso l’Università Cattolica<br />

di M<strong>il</strong>ano dichiara a <strong>Tempi</strong> che l’aumento<br />

dell’Irap avrà un’incidenza inevitab<strong>il</strong>e<br />

sul conto economico delle banche. Quali<br />

saranno gli effetti? «Semplice, le aziende<br />

di credito pareggeranno <strong>il</strong> costo fiscale<br />

con maggiori ricavi che saranno a carico<br />

dei clienti-risparmiatori». Prosegue l’accademico<br />

della Cattolica: «Bisogna sfatare<br />

un mito e considerare le banche come<br />

la cassaforte d’Italia da cui si può attingere<br />

attraverso lo strumento della pressione<br />

fiscale nei momenti di difficoltà. I tempi<br />

sono cambiati, le banche non godono più<br />

della solidità patrimoniale, almeno apparente,<br />

che vantavano negli anni passati».<br />

Privatizzate, qualcosa resterà<br />

Il deputato del Pdl Raffaello Vignali è<br />

invece d’accordo per l’aumento dell’Irap<br />

perché, puntualizza, «le varie autorità di<br />

vig<strong>il</strong>anza dovranno controllare per davvero;<br />

altrimenti finisce che l’aggravio dei<br />

costi sarà scaricato sui clienti». Qual è <strong>il</strong><br />

nodo centrale del problema? La riforma<br />

appena approvata non ha delle caratteristiche<br />

liberiste, ma possiede tutti i criteri<br />

e principi di un sistema basato sulla cen-<br />

tralità dello Stato e su un’austerità che<br />

opera a scapito della libera iniziativa nel<br />

mercato. Poniamo che le banche, per una<br />

decisione interna dettata dalla loro governance<br />

o per una vig<strong>il</strong>anza adeguatamente<br />

esercitata come auspicata da Vignali,<br />

non maggiorino i ricavi e vedano quindi<br />

diminuire i propri ut<strong>il</strong>i a causa delle aliquote<br />

Irap aumentate. Cosa accadrebbe?<br />

Il rendimento sul capitale investito delle<br />

azioni verrebbe inquinato e diminuito,<br />

ma non a causa di una gestione inefficiente<br />

degli amministratori, ma a causa<br />

del fisco. Anche in questo caso, l’aumento<br />

della pressione fiscale ricadrà sui risparmiatori<br />

in modo indiretto. Bisogna anche<br />

osservare che se la capacità di rendimento<br />

di un’azione diminuisce, ne diminuisce<br />

anche <strong>il</strong> prezzo: è una legge del mercato.<br />

Quindi i risparmiatori che avevano<br />

nel proprio portafoglio titoli alcune partecipazioni<br />

di banche italiane, le vedranno<br />

deprezzarsi.<br />

Non è con la tassazione o con la spesa<br />

pubblica, come sostengono gli economisti<br />

keynesiani, che si r<strong>il</strong>ancia l’economia. Al<br />

sistema occorre ossigeno, una spinta che<br />

rappresenti l’incipit di un moto che alimenti<br />

l’economia domestica, come afferma<br />

da tempo Oscar Giannino. La direzione<br />

presa dal ministro Tremonti e avallata<br />

«Su 18 m<strong>il</strong>iardi di tagli, 9 sono a carico<br />

delle Regioni. Un rapporto sproporzionato,<br />

visto che le Regioni rappresentano<br />

solo <strong>il</strong> 16 per cento della spesa pubblica»<br />

collegialmente dal Consiglio dei ministri<br />

non corre totalmente verso questa direzione.<br />

Occorre coraggio, rischiare e detassare<br />

per r<strong>il</strong>anciare i consumi. Vignali suggerisce<br />

per <strong>il</strong> futuro «di farsi venire qualche<br />

grossa idea di valore strategico, altrimenti<br />

avremo bisogno di manovre finanziarie<br />

da 40-50 m<strong>il</strong>iardi di euro all’anno<br />

per i prossimi vent’anni».<br />

E quali possono esser queste idee?<br />

Vignali r<strong>il</strong>ancia l’ipotesi delle privatizzazioni:<br />

«Ci sono importanti aziende statali<br />

e parastatali che suscitano grande interesse<br />

in acquirenti internazionali. Penso al<br />

settore energia con Eni, ad alcune grandi<br />

aziende del gruppo Finmeccanica». Altra<br />

idea interessante promossa dal deputato<br />

del Pdl ed ex presidente della Compagnia<br />

delle Opere riguarda la valorizzazione<br />

dei beni culturali: «Vanno censiti, valutati<br />

in termini economico-finanziari e messi<br />

sul mercato in modo appetib<strong>il</strong>e per gli<br />

imprenditori privati che volessero trasformarli<br />

in fonti di profitto, continuando a<br />

garantire la loro fruizione sociale».<br />

Non basta la crociata contro la casta<br />

Nella manovra trova copiosamente posto<br />

anche <strong>il</strong> tema del taglio degli sprechi,<br />

attraverso un ridimensionamento dei<br />

ministeri per un valore di circa 10 m<strong>il</strong>iardi<br />

di euro distribuito in cinque anni. Ma<br />

non basta, soprattutto se guardato da fuori<br />

Roma. L’assessore al B<strong>il</strong>ancio di Regione<br />

Lombardia, Romano Colozzi, non usa<br />

mezzi termini nel bocciare nel merito la<br />

manovra economica, soprattutto nel metodo<br />

ut<strong>il</strong>izzato per realizzare <strong>il</strong> decreto legge:<br />

«La prassi attuale è ancora quella della<br />

fase pre-federale in cui lo Stato elabora da<br />

solo le proposte e poi le fa conoscere agli<br />

enti locali una volta approvate». Con questa<br />

manovra, secondo Colozzi «si penalizzano<br />

gli enti virtuosi come Regione Lombardia,<br />

trattata alla pari di altre situazioni<br />

locali che registrano nei loro b<strong>il</strong>anci voragini<br />

di m<strong>il</strong>iardi».<br />

E se Berlusconi confessa a Repubblica<br />

che neppure lui è convinto della manovra<br />

e promette che «la modificheremo in parlamento»,<br />

non è ben chiaro se le “migliorie”<br />

a cui pensa <strong>il</strong> premier siano in senso<br />

liberale o se, come ammesso dallo stesso<br />

Berlusconi, mireranno a salvaguardare<br />

<strong>il</strong> “fatturato composto dal consenso e dai<br />

voti”. Rimane <strong>il</strong> fatto, come ribadisce l’assessore<br />

al B<strong>il</strong>ancio di Formigoni, che «su 18<br />

m<strong>il</strong>iardi circa di tagli, 9 sono a carico delle<br />

Regioni. Un rapporto assolutamente sproporzionato,<br />

visto che le Regioni rappresentano<br />

solo <strong>il</strong> 16 per cento del-<br />

la spesa pubblica mentre i<br />

tagli della finanziaria pesano<br />

sulle loro spalle per oltre<br />

<strong>il</strong> 50 per cento».<br />

Massimo Giardina<br />

| | 20 luglio 2011 | 19


INTERNI LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE<br />

CDB, un nome<br />

un programma<br />

(di partito)<br />

Idee, battaglie e conflitti di interesse<br />

di Carlo De Benedetti. Il cavaliere della<br />

gauche repubblicona che si prepara<br />

a incassare una fortuna da Berlusconi.<br />

Pregustandone già la caduta definitiva<br />

di Maurizio Stefanini<br />

Era <strong>il</strong> misirizzi un giocattolo a forma<br />

semisferica che, per via di un peso<br />

nella base, ogni volta che qualcuno<br />

lo buttava giù, subito tornava in posizione<br />

eretta. Il grazioso aggeggino è ormai da<br />

decenni fuori moda: oggi i ragazzini giocano<br />

con PlayStation, Psp, Game Boy, Nintendo<br />

e altre consim<strong>il</strong>i diavolerie elettroniche.<br />

Ma un metaforico misirizzi umano<br />

è ancora assolutamente in forma, e corrisponde<br />

al nome di Carlo De Benedetti. Che<br />

la gran parte di quello che ha toccato nei<br />

suoi 77 anni di vita, è finito in disastro economico.<br />

Ultimissima Rete A, che era esistita<br />

dal 1983 facendo anche la storia della<br />

tv commerciale in Italia: lui l’ha comprata<br />

nel 2004 dandole <strong>il</strong> nome di All Music, e ha<br />

chiuso <strong>il</strong> 18 ottobre del 2009. Ma puntuale,<br />

come a ogni rovescio, Carlo si è rialzato più<br />

scattante di prima. In questo caso, <strong>il</strong> “peso”<br />

raddrizzatore è stato la sentenza del Tribunale<br />

di M<strong>il</strong>ano con cui <strong>il</strong> 3 ottobre del 2009<br />

la Fininvest è stata condannata a risarcire<br />

749,9 m<strong>il</strong>ioni di euro alla Cir di De Benedetti<br />

per danno patrimoniale da “perdita<br />

di possib<strong>il</strong>ità”. Una vicenda che non si è<br />

ancora conclusa, ma che potrebbe alla fine<br />

mettere in mano al Nostro i liquidi per rea-<br />

20 | 20 luglio 2011 | |<br />

IL PARTITO<br />

REPUBBLICA<br />

M. Stefanini<br />

Boroli<br />

192 pagine


Foto: AP/LaPresse<br />

lizzare infine un mai sopito sogno televisivo,<br />

e comprare magari La7.<br />

Nel frattempo, sindaco di M<strong>il</strong>ano è stato<br />

eletto Giuliano Pisapia, avvocato di De<br />

Benedetti nella causa Mondadori. E suo<br />

assessore al B<strong>il</strong>ancio e ai Tributi è stato<br />

nominato Bruno Tabacci, anche lui considerato<br />

da molti vicino all’Ingegnere.<br />

In principio fu la lotta con Agnelli<br />

Da ricordare che in questo momento alla<br />

Cir di de Benedetti fanno capo quattro settori:<br />

la Sogefim, che si occupa di componentistica<br />

per auto; <strong>il</strong> gruppo L’Espresso,<br />

che è <strong>il</strong> più noto; la Kos, che si occupa di<br />

sanità; la Sorgenia, che distribuisce energia<br />

politically correct da gas naturale, eolico,<br />

solare, idroelettrica e biomassa. Kos e<br />

Sorgenia dipendono in modo determinante<br />

da decisioni pubbliche amministrate<br />

nelle regioni rosse; Tabacci ha competenze<br />

importanti in materia; di De Benedetti si<br />

dice che abbia finanziato in modo importante<br />

la campagna di Pisapia; e <strong>il</strong> gruppo<br />

L’Espresso ha appoggiato in modo importante<br />

la campagna sul referendum contro<br />

<strong>il</strong> nucleare. Anche se si potrà ovviamente<br />

obiettare che De Benedetti non è antinucleare<br />

perché fa affari con le energie rinnovab<strong>il</strong>i,<br />

ma fa affari con le energie rinnovab<strong>il</strong>i<br />

perché è antinucleare.<br />

Insomma, dopo avere annunciato che<br />

si sarebbe ritirato, è invece tornato a galla<br />

come non mai colui che è stato nel mondo<br />

imprenditoriale italiano <strong>il</strong> grande antagonista<br />

sia del ricco per eredità Gianni Agnelli<br />

che del tycoon fai-da-te S<strong>il</strong>vio Berlusconi.<br />

Anche perché De Benedetti appartiene<br />

a una terza categoria in qualche modo<br />

intermedia: figlio di un piccolo industriale,<br />

è stato capace di crescere ulteriormente.<br />

Ed è dotato di un certo tratto cosmopolita,<br />

anche per via dell’origine ebraica,<br />

che provocò alla famiglia durante <strong>il</strong> fascismo<br />

una serie di peripezie su cui sua nuora<br />

ha pure scritto un romanzo. Carlo De<br />

Benedetti, classe 1934, è abbastanza dentro<br />

alla buona società da essere stato compagno<br />

di studi di Umberto Agnelli, sebbene<br />

<strong>il</strong> padre non sia mai andato oltre i tubi:<br />

la Compagnia Italiana Tubi Metallici Flessib<strong>il</strong>i,<br />

fondata da Rodolfo De Benedetti nel<br />

novembre 1921 con capitali in parte tedeschi<br />

(società Witzenmann di Pforzheim).<br />

Laureato in ingegneria elettrotecnica nel<br />

1958 al Politecnico di Torino, Carlo comincia<br />

a lavorare nell’impresa di famiglia. Ed<br />

è nel 1972 che, assieme al fratello Franco,<br />

futuro senatore, acquisisce la G<strong>il</strong>ardini,<br />

un’azienda quotata in Borsa che fino ad<br />

allora si era occupata di affari immob<strong>il</strong>iari<br />

e che i due fratelli trasformeranno in una<br />

holding di successo, impiegata soprattutto<br />

nell’industria metalmeccanica. Presidente<br />

e amministratore delegato della G<strong>il</strong>ardini,<br />

nel 1974 De Benedetti è nominato presidente<br />

dell’Unione industriali di Torino. E<br />

due anni dopo, grazie all’appoggio del vecchio<br />

compagno di scuola Umberto Agnelli,<br />

ottiene la carica di amministratore delegato<br />

della Fiat. In dote porta con sé <strong>il</strong> 60 per<br />

cento del capitale della G<strong>il</strong>ardini, che cede<br />

Dall’Iri di Prodi ottenne la Sme, un gruppo<br />

da 1.300 m<strong>il</strong>iardi di lire passato di mano per<br />

soli 497 m<strong>il</strong>iardi, pagab<strong>il</strong>i a rate. Operazione<br />

curiosamente difesa da Gomez e Travaglio<br />

alla società degli Agnelli in cambio di una<br />

quota azionaria della stessa Fiat (5 per cento).<br />

Carlo cerca di svecchiare la dirigenza<br />

della società torinese, nominando manager<br />

a lui fedeli, a cominciare dal fratello<br />

Franco, alla guida di importanti unità operative<br />

del gruppo. Ma dopo appena quattro<br />

mesi deve abbandonare la carica. Motivazione<br />

ufficiale: «divergenze strategiche».<br />

Ma quel che c’è sotto davvero non si sa.<br />

Alcuni parlano di una semplice incompatib<strong>il</strong>ità<br />

con Cesare Romiti. Altri sussurrano<br />

che la parte di dirigenza Fiat più legata agli<br />

Agnelli avrebbe scoperto un tentativo dei<br />

De Benedetti di scalare la società, appoggiati<br />

da gruppi finanziari elvetici. Forse<br />

non è vero, ma la tesi corrisponde alla leggenda<br />

nera sull’Ingegnere, inquieto protagonista<br />

di arrischiate scalate che finiscono<br />

sempre male. Anche se lui ha la capacità di<br />

uscirne fuori sempre con le tasche piene.<br />

Come si diventa eroi progressisti<br />

D’altra parte è proprio con <strong>il</strong> denaro ottenuto<br />

dalla cessione delle azioni che Fiat De<br />

Benedetti può r<strong>il</strong>evare le Compagnie industriali<br />

riunite (Cir). E qui inizia, invece,<br />

la leggenda opposta: quella “bianca”, che<br />

vuole De Benedetti m<strong>il</strong>iardario <strong>il</strong>luminato<br />

e generoso finanziatore della stampa progressista.<br />

Esemplare in proposito è <strong>il</strong> ritratto<br />

che ne dà Eugenio Scalfari nel 1986 in<br />

La sera andavamo in via Veneto (Mondadori):<br />

«È stato <strong>il</strong> solo, tra gli<br />

industriali di nome, ad aver<br />

osato sfidare la “monarchia”<br />

Agnelli. È <strong>il</strong> solo del suo<br />

ambiente ad avere un rapporto<br />

col partito comuni-<br />

| | 20 luglio 2011 | 21


Foto: Infophoto<br />

sta. È ancora <strong>il</strong> solo che ha mantenuto<br />

una polemica autonomia rispetto ai gruppi<br />

politici dominanti». Dice ancora Scalfari:<br />

«L’unicità di De Benedetti consiste proprio<br />

in questo: non è fuori dal sistema,<br />

anzi vi è profondamente inserito; e pur tuttavia<br />

è anomalo rispetto ad esso. Non rifiuta<br />

le regole del gioco, ma le interpreta in<br />

modo radicalmente difforme dagli altri».<br />

La conquista dello scontrino fiscale<br />

Dopo la Cir vede la luce anche Sogefi, operante<br />

sulla scena mondiale nei componenti<br />

per autoveicoli. Carlo ne sarà presidente<br />

per venticinque anni consecutivi, prima di<br />

cedere <strong>il</strong> posto al figlio Rodolfo, conservando<br />

però la carica di presidente onorario. E<br />

nel 1978 entra in Olivetti: un’altra impresa<br />

dalla fama di progressismo, anche per<br />

la fede socialista del fondatore Cam<strong>il</strong>lo Olivetti<br />

e per gli arditi esperimenti di ingegneria<br />

sociale che <strong>il</strong> figlio Adriano fece a favore<br />

dei suoi operai. Ma Davide Cadeddu, in<br />

una breve biografia presentata nel volume<br />

a quattro mani con Giulio Sapelli, Adriano<br />

Olivetti. Lo Spirito nell’impresa (Il Margine,<br />

2007), ha sparato a zero su quanto «successe<br />

anche nella stessa Olivetti quando vi<br />

giunse Carlo De Benedetti e nulla di quei<br />

valori lasciò nell’azienda, ma tutto di essi<br />

disseminò fuori di sé, come per una sorta<br />

di hegeliana astuzia della ragione». In particolare<br />

Cadeddu denuncia una vera e propria<br />

gestione «terrorista» della dirigenza,<br />

con «decine di licenziamenti». È pure vero<br />

che quando nel 1978 De Bendetti ne diventa<br />

presidente, la Olivetti è un’azienda dal<br />

nome sì glorioso, ma molto indebitata e<br />

dal futuro incerto. L’Ingegnere pone le basi<br />

per un nuovo periodo di sv<strong>il</strong>uppo, basa-<br />

to sulla produzione di personal computer<br />

e sull’ampliamento ulteriore dei prodotti,<br />

che vede aggiungersi stampanti, telefax,<br />

fotocopiatrici e registratori di cassa. Soprattutto<br />

quello dei registratori di cassa sarà un<br />

affare d’oro, quando nel 1985 Bruno Visentini,<br />

ministro delle Finanze del governo<br />

Craxi, obbliga per legge tutti i commercianti<br />

al dettaglio al loro ut<strong>il</strong>izzo con emissione<br />

dello scontrino fiscale. Indubbiamente,<br />

era una misura indispensab<strong>il</strong>e per combattere<br />

l’evasione. Il fatto che lo stesso Visentini<br />

fosse stato presidente della Olivetti diede<br />

però luogo a fiere polemiche, anche se oggi<br />

di quel conflitto di interessi e di quel favore<br />

del governo Craxi a De Benedetti si è persa<br />

memoria quasi del tutto. Nel 1984 l’azienda<br />

di Ivrea aveva comunque inglobato l’inglese<br />

Acorn Computers. E nell’apr<strong>il</strong>e del 1985<br />

Romano Prodi, alla guida dell’Iri, presenta<br />

a sorpresa De Benedetti come azionista di<br />

maggioranza della Sme, <strong>il</strong> fiore all’occhiello<br />

dell’industria agroalimentare italiana,<br />

definita dallo stesso Prodi «perla del gruppo<br />

Iri», che spazia da Motta e Alemagna a<br />

Bertolli, supermercati Gs e Autogr<strong>il</strong>l. Si tratta<br />

di una capitalizzazione da 1.300 m<strong>il</strong>iardi<br />

di lire, passata di mano per soli 497 m<strong>il</strong>iardi,<br />

pagab<strong>il</strong>i a rate. Eppure la bontà dell’operazione<br />

è stata curiosamente difesa dai giustizialisti<br />

Peter Gomez e Marco Travaglio<br />

nel loro libro Le m<strong>il</strong>le balle blu.<br />

Comunque, è questa l’epoca in cui alla<br />

rivalità con Agnelli si aggiunge quella con<br />

Nel 1985 <strong>il</strong> governo Craxi obbliga per legge<br />

i commercianti a ut<strong>il</strong>izzare i registratori di<br />

cassa. Un affarone per Olivetti. Il fatto è che<br />

<strong>il</strong> ministro Visentini ne era stato presidente<br />

LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE INTERNI<br />

A metà degli anni<br />

Ottanta al rivale<br />

Agnelli se ne<br />

aggiunge un altro,<br />

S<strong>il</strong>vio Berlusconi,<br />

trascinato nell’agone<br />

contro De Benedetti<br />

da Bettino Craxi,<br />

in reazione alla linea<br />

anti-Psi dei giornali<br />

editi dall’Ingegnere<br />

Berlusconi, trascinato da Craxi in reazione<br />

alla linea anti-Psi dei giornali editi da De<br />

Benedetti. E che poi non deriva in realtà<br />

probab<strong>il</strong>mente da interessi particolari dello<br />

stesso De Benedetti, ma all’ideologia di<br />

quel partito dei moralizzatori di cui Scalfari<br />

è un leader. Intanto, le toccate e fughe<br />

continuano. All’inizio degli anni Ottanta<br />

De Benedetti è già entrato nell’azionariato<br />

del Banco Ambrosiano, guidato allora<br />

dall’enigmatico presidente Roberto Calvi.<br />

Con l’acquisto del 2 per cento del capitale,<br />

De Benedetti ha ricevuto la carica di<br />

vicepresidente dell’istituto, funzione puramente<br />

onoraria a cui non era collegata<br />

alcuna attività di gestione effettiva (nella<br />

sede m<strong>il</strong>anese dell’Ambrosiano, in via Clerici,<br />

non gli era stato assegnato neppure<br />

un ufficio). Dopo appena due mesi, lascia<br />

<strong>il</strong> Banco cedendo la sua quota azionaria.<br />

Riuscendo tuttavia a incrociare anche la<br />

torbida vicenda del banchiere poi trovato<br />

impiccato al ponte dei Frati neri di Londra.<br />

L’aspirante re del Belgio<br />

Sempre a metà degli anni Ottanta De Benedetti<br />

tenta l’opa sulla Société Générale du<br />

Belgique dei Lippens, mossa che lo proietta<br />

definitivamente all’attenzione dei massmedia,<br />

tra i figli degli emigranti italiani<br />

già ultima ruota del carro in Belgio che<br />

dicono di voler fare collette per aiutare la<br />

rivincita di quel loro connazionale, e le<br />

battute di un Beppe Gr<strong>il</strong>lo ancora non trasfigurato<br />

in profeta dell’an-<br />

tipolitica: «Ma guarda un<br />

po’, quello esce di casa e si<br />

compra <strong>il</strong> Belgio. Ve l’immaginate?<br />

“Ciao cara, esco un<br />

attimo di casa che vado a<br />

| | 20 luglio 2011 | 23


INTERNI LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE<br />

Anche lui finisce agli arresti<br />

per effetto di Tangentopoli.<br />

Scalfari vede infranti<br />

i «profondi e comuni<br />

convincimenti morali», si<br />

chiede perfino se <strong>il</strong> sodalizio<br />

non debba considerarsi<br />

concluso. Invece continuerà<br />

comprare <strong>il</strong> Belgio”. “Bravo. Già che ci sei,<br />

mi passi anche dal fornaio e mi prendi un<br />

ch<strong>il</strong>o di sf<strong>il</strong>atini?”». Ma Gianni Agnelli gli<br />

si mette invece di traverso, così come gli<br />

ha fatto Berlusconi con la Sme. Lo aiutano<br />

Banque Lazard e Etienne D’Avignon, che<br />

poi diventerà consigliere d’amministrazione<br />

della Fiat.<br />

Segue l’altro grande scontro tra Berlusconi<br />

e De Benedetti del 1988-90. All’origine<br />

vi è la vecchia quota che Olivetti aveva<br />

messo all’Espresso degli anni Cinquanta,<br />

e che poi aveva regalato a Scalfari, Arrigo<br />

Benedetti e Carlo Caracciolo, nel timore<br />

che le inchieste del giornale gli mettessero<br />

a repentaglio le commesse pubbliche<br />

sulle macchine da scrivere. Negli anni Sessanta<br />

Benedetti aveva ceduto poi a sua volta<br />

a Scalfari la sua quota. Negli anni Settanta<br />

Scalfari e Caracciolo si erano messi<br />

d’accordo con Mondadori per fondare<br />

assieme la Repubblica. Negli anni Ottanta<br />

la Mondadori aveva chiesto a De Benedetti<br />

e Berlusconi di entrare entrambi nella proprietà<br />

per ripianare le perdite del disastro<br />

di Rete 4. E siamo al 1988, quando un’alleanza<br />

tra De Benedetti e una parte della<br />

famiglia Mondadori porta alla fusione tra<br />

Mondadori e gruppo L’Espresso. Il 10 apr<strong>il</strong>e<br />

del 1989 Caracciolo e Scalfari vendono<br />

a De Benedetti <strong>il</strong> loro pacchetto azionario:<br />

Caracciolo incassa 300 m<strong>il</strong>iardi di lire,<br />

Scalfari 90. Ma subito dopo <strong>il</strong> modo arrogante<br />

con cui De Benedetti tratta i Mon-<br />

24 | 20 luglio 2011 | |<br />

dadori con lui alleati porta a un ricompattamento<br />

della famiglia, che si schiera tutta<br />

con Berlusconi, favorendo <strong>il</strong> 25 gennaio<br />

del 1990 l’elezione del Cavaliere a presidente<br />

del gruppo editoriale.<br />

Quell’intesa mancata con S<strong>il</strong>vio<br />

Inizia così <strong>il</strong> duro scontro che dopo mob<strong>il</strong>itazioni,<br />

sentenze e controsentenze arriverà<br />

alla soluzione salomonica del lodo Ciarrapico:<br />

L’Espresso a De Benedetti; Mondadori<br />

a Berlusconi. L’esito su cui ora è tornata<br />

la discussione, con l’idea del Tribunale di<br />

M<strong>il</strong>ano secondo cui De Benedetti fu costretto<br />

ad accettare <strong>il</strong> lodo per via della decisione<br />

“comprata” dei giudici romani. Il pari e<br />

patta fa però cambiare di campo una testata<br />

storica del partito moralista come Panorama,<br />

e lancia definitivamente a sinistra<br />

l’allarme sul Cavaliere. Non a caso, a Tangentopoli<br />

iniziata, De Benedetti cerca di<br />

accreditarsi come l’imprenditore “pulito”<br />

e “favorevole al nuovo”, tant’è che quando<br />

nel 1993 Berlusconi annuncia clamorosamente<br />

che al ballottaggio per <strong>il</strong> sindaco di<br />

Roma voterebbe Gianfranco Fini, lui subito<br />

fa sapere che invece sceglierebbe Francesco<br />

Rutelli. Peraltro tutto ciò non gli impedirà<br />

di finire lo stesso per un po’ in carcere,<br />

per effetto di Tangentopoli. E in proposito<br />

Scalfari, scriverà del suo turbamento,<br />

vedendo infranti i «profondi e comuni convincimenti<br />

morali» che lo univano all’editore,<br />

al punto da porsi l’interrogativo se <strong>il</strong><br />

A sinistra, l’Ingegnere con l’ad<br />

del gruppo L’Espresso Monica<br />

Mondardini ed Eugenio Scalfari,<br />

fondatore di Repubblica, oggi<br />

di proprietà dei De Benedetti.<br />

Sotto, con <strong>il</strong> coeditore Carlo<br />

Caracciolo e Giuseppe Ciarrapico,<br />

padre del lodo che chiuse la guerra<br />

di Segrate tra CDB e Berlusconi.<br />

In basso, con Romano Prodi<br />

lungo sodalizio non dovesse considerarsi<br />

concluso. Invece, continuerà.<br />

A questo punto comincia ad andare<br />

male anche Olivetti. L’Ingegnere la lascia<br />

infatti nel 1996, pur rimanendone presidente<br />

onorario fino al 1999, poco dopo aver<br />

fondato la Omnitel in seguito alla concessione<br />

di telefonia cellulare ottenuta dal<br />

governo Ciampi, battendo la concorrenza<br />

di un consorzio con Fiat e Fininvest e<br />

dell’americana Pactel. Al vertice Olivetti<br />

verrà proiettato <strong>il</strong> ragioniere Roberto Colaninno,<br />

che poi darà la scalata al “nocciolino”<br />

Agnelli della Telecom, ribadendo ancora<br />

una volta <strong>il</strong> principio della rotta di collisione<br />

tendenziale tra ciò che è targato<br />

De Benedetti e ciò che è targato Agnelli o<br />

Berlusconi. È tanto più sorprendente, dunque,<br />

<strong>il</strong> fatto che nel 2005 l’Ingegnere riceva<br />

da Berlusconi un consistente contributo<br />

per un fondo finanziario comune destinato<br />

al recupero delle imprese in difficoltà:<br />

ne segue una tempesta di reazioni e insinuazioni<br />

tali che De Benedetti è costretto<br />

a declinare l’offerta. Spiegando, in una<br />

lettera a Repubblica, le ragioni di quell’intesa<br />

e poi della rinuncia, condendola con<br />

un richiamo alla comunanza di ideali col<br />

“partito Repubblica”. Ciononostante si è<br />

stab<strong>il</strong>ito con Berlusconi un nuovo clima di<br />

possib<strong>il</strong>e intesa che sembra sfociare da un<br />

lato nella nuova linea possib<strong>il</strong>ista del Partito<br />

democratico; dall’altro nella comparsa<br />

dello stesso De Benedetti in quella specie<br />

di lista nera pubblicata da Gianni Barbacetto,<br />

Gomez e Travaglio in appendice al<br />

loro Mani sporche. 2001-2007. Così destra e<br />

sinistra si sono mangiati la II Repubblica. A<br />

quest’epoca risale anche una specie di campagna<br />

di Vittorio Feltri su Libero per lanciare<br />

De Benedetti come leader del Pd. Ma<br />

lui, nel gennaio del 2009, per tutta risposta<br />

annuncia <strong>il</strong> suo ritiro dalla guida dell’impero<br />

industriale. Si è visto, che ritiro. n<br />

Foto: AP/LaPresse, AGF


INTERNI L’INNOVAZIONE<br />

La vera<br />

impresa è<br />

dare valore<br />

Riduzione degli sprechi e cura dell’ambiente,<br />

certo. Ma l’attenzione al territorio per una<br />

grande azienda è anche (e soprattutto) un<br />

impegno sociale ed economico. Finmeccanica<br />

presenta <strong>il</strong> suo primo B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità<br />

Promessa mantenuta. Tre anni fa, presentando<br />

<strong>il</strong> primo Rapporto sulla<br />

sostenib<strong>il</strong>ità del gruppo, Pier Francesco<br />

Guarguaglini rispondeva a un giornalista<br />

che gli chiedeva perché Finmeccanica<br />

non faceva uno sforzo ulteriore e non<br />

pubblicava un vero e proprio B<strong>il</strong>ancio di<br />

sostenib<strong>il</strong>ità. «Ci arriveremo nel giro di tre<br />

anni», aveva detto <strong>il</strong> presidente e amministratore<br />

delegato. Sottinteso: le cose serie,<br />

quelle fatte per una scelta strategica e non<br />

per farsi soltanto un po’ di pubblicità,<br />

richiedono cambiamenti profondi nell’organizzazione<br />

dell’impresa, applicazione,<br />

lavoro e <strong>il</strong> coinvolgimento di enti terzi e<br />

indipendenti. E così tre anni dopo, luglio<br />

2011, Finmeccanica ha potuto presentare<br />

<strong>il</strong> suo primo B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità sotto<br />

un titolo che sembra <strong>il</strong> motto di un presidente<br />

americano: La forza più grande è nelle<br />

nostre risorse. Fra quanti hanno applaudito<br />

la novità l’apprezzamento più autorevole<br />

è sicuramente quello di Corrado Clini,<br />

<strong>il</strong> direttore generale del ministero dell’Ambiente,<br />

l’uomo che alla Conferenza di Copenaghen<br />

del 2009 maggiormente incarnò lo<br />

sforzo italiano in materia di mutamenti climatici:<br />

«Che un grande gruppo della difesa,<br />

un gruppo che non produce beni ordinari<br />

ma beni attinenti alla sicurezza giun-<br />

26 | 20 luglio 2011 | |<br />

ga a elaborare un serio B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità,<br />

è un segno molto importante. D’ora<br />

in poi avrò un grande esempio italiano da<br />

citare nei consessi internazionali».<br />

Dici sostenib<strong>il</strong>ità e subito viene alla<br />

mente l’aggettivo “ambientale”. Ma giustamente<br />

l’accezione in cui Finmeccanica<br />

intende <strong>il</strong> termine è molto più ampia, e<br />

su di essa ha modellato <strong>il</strong> nuovo B<strong>il</strong>ancio:<br />

«Le nostre decisioni – scrive Guarguaglini<br />

– producono effetti importanti per la vita<br />

delle persone che lavorano con noi e per le<br />

loro famiglie; per i nostri clienti e i nostri<br />

fornitori, per i quali la sicurezza<br />

dipende dalla qualità<br />

dei nostri prodotti; per<br />

le comunità che ospitano<br />

i nostri siti; per gli investitori,<br />

grandi e piccoli, che ci<br />

affidano i loro patrimoni o<br />

i loro risparmi; e anche per le generazioni<br />

future, alle quali lasceremo un ambiente<br />

in qualche modo modificato. È nostro preciso<br />

dovere, quindi, prestare attenzione ai<br />

beni e alle risorse, materiali e immateriali,<br />

ambientali, sociali ed economiche, che inevitab<strong>il</strong>mente<br />

trasformiamo con le nostre<br />

attività e che dobbiamo restituire aumentandone<br />

<strong>il</strong> valore». Insomma, la sostenib<strong>il</strong>ità<br />

non è un fare di meno o un fare poco<br />

«È nostro dovere prestare attenzione alle<br />

risorse materiali e immateriali, ambientali,<br />

sociali ed economiche che trasformiamo e che<br />

dobbiamo restituire aumentandone <strong>il</strong> valore»


Le Frecce tricolore<br />

sono prodotte dalla<br />

Alenia Aermacchi,<br />

azienda Finmeccanica.<br />

Sotto, a sinistra, Pier<br />

Francesco Guarguaglini,<br />

presidente e ad del<br />

gruppo, e Corrado Clini,<br />

direttore generale del<br />

ministero dell’Ambiente<br />

per non rompere equ<strong>il</strong>ibri, ma un produrre<br />

durevolmente valore; è, come si legge<br />

nel B<strong>il</strong>ancio, «la capacità di generare valore<br />

nel tempo (…) nell’accezione più ampia<br />

del termine, che comprende gli aspetti<br />

economici e quelli di r<strong>il</strong>evanza ambientale<br />

e sociale». Il “di meno” quantitativo può<br />

incarnare la sostenib<strong>il</strong>ità ambientale, laddove<br />

Finmeccanica può vantare una serie<br />

di numeri lusinghieri: riduzione del 13 per<br />

cento nel 2010 rispetto al 2009 per quanto<br />

riguarda i rifiuti prodotti; del 12 per cento<br />

per quanto riguarda la produzione di<br />

sostanze pericolose; dell’8 per cento di consumo<br />

idrico; del 44 per cento dell’anidride<br />

solforosa immessa direttamente nell’at-<br />

Finmeccanica, i numeri della leadership<br />

000 volume degli ordini 2010 in m<strong>il</strong>ioni di euro (totale: 22.453 mln)<br />

000 numero di dipendenti (organico del gruppo: 75.197 dipendenti)<br />

84<br />

402 Canada<br />

Stati Uniti<br />

4.900<br />

11.875<br />

Bras<strong>il</strong>e<br />

79<br />

Argentina<br />

Sudamerica<br />

22<br />

684<br />

Francia<br />

Regno Unito<br />

3.711<br />

3.148<br />

9.687<br />

Dipendenti<br />

nel resto<br />

d’Europa 5.293<br />

Altri paesi 595<br />

Africa<br />

mosfera; del 3 per cento dell’ossido di azoto;<br />

dell’8,5 per cento di sostanze (vernici,<br />

collanti, solventi…) con possib<strong>il</strong>ità di effetti<br />

cancerogeni, eccetera. La singola “performance<br />

ambientale” più significativa è certamente<br />

la trasformazione dell’alimentazione<br />

del sito Agusta/Westland di Vergiate<br />

da olio combustib<strong>il</strong>e denso a metano.<br />

Tecnologia e persone<br />

Ma, come direbbe Clini, «più importante<br />

della rendicontazione certificata di quello<br />

che si fa, è la certificazione degli impegni<br />

che si assumono e <strong>il</strong> loro costante monitoraggio.<br />

E questo vale in particolare per gli<br />

impegni in materia di Cf, Carbon Footprint:<br />

la riduzione dell’intensità di carbonio nelle<br />

proprie produzioni sta diventando un marchio<br />

che apre le porte di molti mercati».<br />

Oggi Finmeccanica può vantare 58 siti certificati<br />

secondo lo standard Iso 14001 (Sistema<br />

di gestione ambientale) e 2 siti registrati<br />

secondo <strong>il</strong> regolamento Emas (Eco-Management<br />

and Audit Scheme); le emissioni di<br />

anidride carbonica sono aumentate negli<br />

ultimi due anni, ma è stato introdotto un<br />

Carbon Management System che farà sì che<br />

entro <strong>il</strong> 2015 saranno ridotte del 15-20 per<br />

cento rispetto ai valori odierni.<br />

Ma importante tanto quanto la preoccupazione<br />

per l’ambiente è la sostenib<strong>il</strong>ità<br />

sociale dell’operare di una grande impresa.<br />

«Un’impresa riceve dalla società più di<br />

quanto essa restituisce in termini di salari<br />

e di remunerazione dei capitali; pertanto<br />

l’impresa è tenuta a restituire anche in<br />

termini di nuove tecnologie, di competenze,<br />

di socialità, di etica», spiega Alessandro<br />

Italia<br />

1.344<br />

Per Clini, direttore generale del ministero<br />

dell’Ambiente, «la riduzione dell’intensità di<br />

carbonio nelle produzioni sta diventando un<br />

marchio che apre le porte di molti mercati»<br />

5.293<br />

42.556<br />

Polonia<br />

3.405<br />

India<br />

262<br />

Medio Oriente<br />

383<br />

Australia<br />

dati aggiornati<br />

al 31 dicembre 2010<br />

Germania<br />

Asia<br />

595<br />

1.044<br />

1.941<br />

Pansa, direttore generale di Finmeccanica.<br />

In nome di questa motivazione, l’impegno<br />

del gruppo va dall’attenzione alla salute<br />

e alla formazione continua dei dipendenti,<br />

alla partecipazione allo sv<strong>il</strong>uppo scientifico<br />

ed economico dei territori in cui opera.<br />

Finmeccanica presenta 33 stab<strong>il</strong>imenti<br />

certificati secondo la norma Ohsas (Sistema<br />

di gestione della sicurezza e della salute<br />

dei lavoratori) e almeno 5 percorsi di formazione<br />

e sv<strong>il</strong>uppo del capitale umano<br />

giovan<strong>il</strong>e aziendale, riuniti sotto <strong>il</strong> titolo<br />

Young People Programme. Ma opera anche<br />

per trasmettere ai territori di riferimento<br />

le proprie capacità tecnologiche e materiali.<br />

Si spiegano così le relazioni (rapporti<br />

di ricerca, attività di docenza, stage, borse<br />

di studio, master) con circa 50 università<br />

e 19 centri di ricerca in Italia, e con 60<br />

all’estero; <strong>il</strong> contributo alla creazione della<br />

Fondazione Ricerca e Imprenditorialità con<br />

l’obiettivo di accompagnare e stimolare la<br />

crescita di Pmi e di imprese startup ad alto<br />

contenuto tecnologico; la sottoscrizione di<br />

protocolli di intesa che hanno portato alla<br />

nascita di tre Distretti Tecnologici Aerospazio<br />

(in Campania, Piemonte e Puglia), mentre<br />

sta per nascere <strong>il</strong> quarto in Lombardia.<br />

E i valori etici d’impresa, zoccolo duro della<br />

sostenib<strong>il</strong>ità sociale? «Il gruppo Finmeccanica<br />

conferma in questo b<strong>il</strong>ancio di non<br />

produrre e non commercializzare armi leggere<br />

né armi controverse (mine, mine antiuomo,<br />

bombe a grappolo, armi batteriologiche,<br />

chimiche, nucleari), e di rispettare le<br />

leggi vigenti in materia di diritti del lavoro<br />

e diritti umani nei paesi in cui opera ovvero<br />

di applicare gli standard presenti nei propri<br />

paesi d’origine, laddove<br />

la tutela di tali diritti dovesse<br />

risultare inferiore». Affermazioni<br />

certificate, come tutte<br />

quelle del B<strong>il</strong>ancio, da PricewaterhouseCoopers.<br />

[rc]<br />

| | 20 luglio 2011 | 27


L’AMBASCIATRICE REPLICA ALLE “INGERENZE” DI UN POVERO DIAVOLO<br />

Lettera inquietante dal Pakistan<br />

sulla sorte delle schiave cristiane<br />

di Renato Farina<br />

Finalmente! Qualcuno almeno si accorge che questo povero Diavolo della Tasmania<br />

batte colpi. Pensavo di pestare candeggina nel mortaio, che tiene lontani amici<br />

e nemici. Invece ecco una specie di miracolo: <strong>il</strong> Pakistan in persona ha bussato<br />

alla mia porta. E in fondo anche a quella di <strong>Tempi</strong>. E, guarda un po’, mentre stava<br />

per uscire in edicola con la copertina sulle schiave cristiane del Pakistan.<br />

Dacché sono in Parlamento, specie da quando ho imparato un pizzico di mestiere<br />

(tutti i lavori si imparano) martello <strong>il</strong> mio bravo chiodo, in aula o in commissione<br />

Esteri, proponendo interpellanze, interrogazioni, incontrando e invitando personalità<br />

in audizione: <strong>il</strong> motivo dominante è la violazione della libertà religiosa, che oggi<br />

si manifesta quasi nel 90 per cento dei casi come persecuzione dei cristiani. Ho<br />

presentato un paio di settimane fa un’interrogazione in commissione sul caso di<br />

Farah Hatim, l’infermiera cristiana rapita nel Punjab. Il sottosegretario<br />

Stefania Craxi mi ha risposto. Puntigliosamente ho inviato a “S. E.<br />

Ambasciatore della Repubblica islamica del Pakistan, Signora Tasnin<br />

Aslam” i testi, accompagnati da una lettera. Infine è accaduto un fatto<br />

grave e simbolico. Così, martedì 28 giugno, mi sono alzato dal mio<br />

banco di primo mattino. Trascrivo da Agenparlamento che ha diffuso<br />

nel mondo <strong>il</strong> resoconto stenografico del mio intervento (sia benedetto<br />

internet): «Intervengo a proposito della libertà religiosa in Pakistan.<br />

Questo Parlamento ha avuto l’onore di accogliere <strong>il</strong> ministro Shahbaz Bhatti poco<br />

prima che fosse assassinato in Pakistan. Ora giunge notizia che, secondo quanto dicono<br />

fonti qualificate pakistane, fonti cristiane, Shahbaz Bhatti sta per essere ucciso<br />

una seconda volta perché <strong>il</strong> governo sta frantumando <strong>il</strong> suo ministero per i diritti<br />

delle minoranze religiose, traslocando in provincia qualche rappresentante e così<br />

togliendo forza alle rivendicazioni delle minoranze religiose, secondo una richiesta<br />

formulata dagli islamici radicali che, in questo periodo e specialmente dopo l’esecuzione<br />

di Bin Laden, sono tornati minacciosissimi contro le minoranze religiose,<br />

cristiane e indù. Sottolineo quanto sta accadendo in Pakistan perché <strong>il</strong> nostro Parlamento<br />

ha <strong>il</strong> bel primato di essere stato in prima f<strong>il</strong>a nel difendere la libertà religiosa<br />

nel mondo con la mozione unitaria del 12 gennaio».<br />

Ho inviato alla Signora Ambasciatrice <strong>il</strong> tutto, con gent<strong>il</strong>ezza, come in passato<br />

elogiando <strong>il</strong> governo del Pakistan perché nella diffic<strong>il</strong>e situazione attuale fa quel<br />

che può, sentendo addosso la spada dei fondamentalisti islamici. Ma ecco che l’Ambasciatrice,<br />

s<strong>il</strong>ente dopo le precedenti lettere, con cortesia, però mi fulmina. Scrive<br />

a me come parlamentare e manda per conoscenza la lettera al presidente della Camera<br />

e al ministro degli Esteri Franco Frattini. Spiega come tutto questo smembramento<br />

del ministero delle Minoranze, un posto che era stato promesso al fratello di<br />

Shabhaz Bhatti, Paul, non fosse altro che l’applicazione della «devoluzione». Non so<br />

voi, ma io ho colto una certa ironia. Poi ecco due colpi calibro 38 (metafora): «Non si<br />

richiedono né si considerano appropriati commenti o opinioni esterne che possono<br />

essere interpretati come interferenze nella politica interna del Pakistan». Poi la pallottola<br />

intinta nel veleno di cobra: «Tali tentativi sono controproducenti».<br />

Il veleno al Diavolo della Tasmania fa <strong>il</strong> solletico, anzi, meglio, gli fa crescere i<br />

capelli. Ma sono preoccupato per gli altri, per i cristiani. Sono controproducenti infatti<br />

per chi? Signora Ambasciatrice, sono a sua disposizione, sono un diavolo, ma i<br />

cristiani angeli, non se la prenda con loro…<br />

IL DIAVOLO<br />

DELLA<br />

TASMANIA<br />

DENTRO<br />

IL PALAZZO<br />

«Non si considerano appropriate<br />

interferenze nella politica interna<br />

del Pakistan». Poi la pallottola<br />

intinta nel veleno di cobra: «Tali<br />

tentativi sono controproducenti»<br />

Una protesta a Lahore, Pakistan, dopo<br />

la morte del ministro (cattolico) per le<br />

Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti,<br />

assassinato a marzo a Islamabad<br />

| | 20 luglio 2011 | 29


ANKARA CONTRO ISRAELE<br />

Perché la Turchia ha scaricato<br />

<strong>il</strong> suo vicino più democratico<br />

di Yasha Reibman<br />

Turchia e israele sono in<br />

guerra, ma non sparano<br />

un colpo. Un tempo alleati,<br />

la Turchia fu <strong>il</strong> primo pae-<br />

SE TI<br />

DIMENTICO<br />

GERUSALEMME<br />

se islamico a riconoscere Israele fin dal 1949. La<br />

Turchia guardava a Israele (e viceversa) come un<br />

partner necessario e strategico per trasformare <strong>il</strong><br />

Medio Oriente delle dittature e del fondamentalismo<br />

in una regione di democrazia e pace. Turchia<br />

e Israele erano amici perché avevano comuni<br />

nemici, gli interessi coincidevano. Entrambi i<br />

paesi dovevano e volevano contenere l’espansionismo<br />

di Iraq, Iran e Siria e limitare l’instab<strong>il</strong>ità<br />

in Libano, terra di conquista di Damasco e Teheran,<br />

culla dei terroristi di Hezbollah. Nel 1996 fu<br />

siglato un accordo di cooperazione m<strong>il</strong>itare tra i<br />

due paesi. Poi qualcosa si è rotto.<br />

Certo, la Turchia sta cambiando. Per secoli<br />

ponte tra Occidente e Oriente, la Istanbul laica<br />

e cosmopolita sembra sempre più isolata e meno<br />

influente. Non solo rispetto al resto del paese,<br />

ma quanti girano per le strade della città raccontano<br />

quanto si percepisca la svolta religiosa<br />

e politica. La riduzione del potere dei m<strong>il</strong>itari,<br />

l’ascesa di Erdogan e del suo partito più vicino<br />

all’islam si rispecchiano in questo diverso orientamento<br />

nella politica turca. L’accordo sul nucleare<br />

con l’Iran è un altro tassello, che racconta<br />

quanto l’allontanamento da Israele sia solo un<br />

elemento di un diverso posizionamento di Ankara.<br />

Um<strong>il</strong>iata per lo smacco di un ingresso in<br />

Europa richiesto, promesso e in nome del quale<br />

sono state compiute anche sofferte riforme,<br />

la Turchia in Europa non è mai stata accettata<br />

(e <strong>il</strong> tentennamento dell’Unione Europea sulla<br />

questione turca è a sua volta lo specchio della<br />

crisi europea). La Turchia mostra di avere altre<br />

opzioni. Opzioni figlie anche dei cambiamenti<br />

avvenuti in Medio Oriente. L’Iraq non è più una<br />

minaccia e nemmeno la Siria sta tanto bene. La<br />

Turchia può così pensare di aver meno bisogno<br />

di Israele e che sia giunto <strong>il</strong> tempo di tornare a<br />

essere protagonista. Eppure gli interessi di Turchia<br />

e Israele potrebbero tornare a coincidere.<br />

A PROPOSITO DI SESSANTESIMI<br />

C’è un altro sacerdote che<br />

festeggia con Ratzinger<br />

di Angela Ambrogetti<br />

sempre<br />

«C’è<br />

anche una scelta che determina<br />

che cosa appare». Benedetto XVI lo ha<br />

ricordato ai giornalisti del suo giorna-<br />

PLAUSI<br />

E BOTTE<br />

IL PORTONE<br />

le, l’Osservatore Romano che compie 150 anni, quan- DI BRONZO<br />

do è andato a trovarli. Allora io oggi scelgo. Non parlo<br />

dell’ennesimo strappo nella Chiesa in Cina. Né del funesto W<strong>il</strong>liamson,<br />

di nuovo condannato in Germania per negazionismo. Racconto<br />

invece come a Traunstein, in Baviera, la città dove Joseph Ratzinger e<br />

<strong>il</strong> fratello Georg l’8 luglio 1951 hanno celebrato la prima Messa, si è festeggiato<br />

un altro sessantesimo di sacerdozio. Quello del terzo giovane<br />

della città ordinato a Frisinga con loro: Rupert Berger, parroco della<br />

cittadina per decenni. Un p<strong>il</strong>astro della comunità. Rupert <strong>il</strong> 3 luglio ha<br />

celebrato la Messa nella chiesa di St. Oswald. La stessa di allora. Musica<br />

d’organo, coro, e alla fine gli spari a salve dei Landsknechten. Poi tutti<br />

nella Stadtplatz a mangiare e ascoltare musica fino a sera. «Ha sempre<br />

conservato <strong>il</strong> suo spirito critico», dicono di lui. Ora, a 84 anni, è pronto<br />

a iniziare la raccolta per <strong>il</strong> Papst-Benedikt-Orgelwerks, <strong>il</strong> restauro<br />

dell’organo che sarà dedicato al Papa. Forse avrebbe voluto festeggiare<br />

così anche Benedetto. Da una settimana è in vacanza a Castelgandolfo.<br />

Prepara <strong>il</strong> suo terzo libro su Gesù e <strong>il</strong> viaggio in Germania. Lo attendono<br />

le contestazioni di Berlino e i dibattiti nella Chiesa cattolica. A precederlo<br />

sarà un suo intervento, registrato nella v<strong>il</strong>la pontificia, che <strong>il</strong><br />

17 settembre sarà trasmesso da Ard alle 22.55, nella rubrica Wort zum<br />

Sonntag. Come fece <strong>il</strong> 25 apr<strong>il</strong>e 1987 anche Giovanni Paolo II.<br />

| | 20 luglio 2011 | 31


Foto: Archivio Regione del Veneto<br />

V<strong>il</strong>la Maser,<br />

Asolo (Tv).<br />

Sotto, uva da<br />

Prosecco, strada<br />

del vino bianco<br />

Andar per v<strong>il</strong>le<br />

e leccornie lungo<br />

TURISMO CON GUSTO SPECIALE<br />

di Tommaso Farina<br />

Un bel giro sulle colline venete,<br />

alla scoperta di vini e v<strong>il</strong>le: perché<br />

no? Il Veneto non è solo<br />

mare o montagna. Certo, c’è<br />

Venezia, città unica al mondo.<br />

C’è <strong>il</strong> litorale adriatico con le sue spiagge.<br />

C’è <strong>il</strong> delta del Po. C’è <strong>il</strong> microclima mediterraneo<br />

del lago di Garda, amatissimo dai<br />

tedeschi. Ci sono le montagne bellunesi, le<br />

Dolomiti. Eppure c’è un Veneto meno noto,<br />

ma tuttavia non scontato: è quello pedemontano,<br />

quello delle colline che si snodano<br />

dalla Valpolicella verso est, e che inanella<br />

tutta una serie di cittadine d’interesse<br />

tutt’altro che blando, per non parlare delle<br />

chicche gastronomiche.<br />

Il percorso della futura Pedemontana<br />

Veneta renderà ancor più fac<strong>il</strong>mente raggiungib<strong>il</strong>i<br />

le succose località della fascia<br />

Verona-Treviso, consentendo ai turisti di<br />

abbandonare strade ormai esauste come<br />

la famosa SS248 che passa per Bassano del<br />

Grappa. Non è impossib<strong>il</strong>e provare a tracciare<br />

un itinerario su quello che sarà <strong>il</strong> percorso<br />

di quest’arteria: un piacevole rosario<br />

tra monumenti e occasioni conviviali, assaporando<br />

buoni vini e nutrendo l’occhio e<br />

la Pedemontana veneta<br />

| | 20 luglio 2011 | 33


SPECIALE TURISMO CON GUSTO<br />

MAROSTICA (VI)<br />

Castello Superiore<br />

SChIO<br />

CALDOGNO (VI)<br />

V<strong>il</strong>la Caldogno<br />

34 | 20 luglio 2011 | |<br />

LUGO DI VICENZA (VI)<br />

V<strong>il</strong>la Godi Malinverni<br />

LA SUPERSTRADA<br />

La Pedemontana Veneta<br />

(apertura prevista: 2015)<br />

congiungerà l’area vicentina<br />

a quella trevigiana, interessando<br />

i territori della valle<br />

dell’Agno, tra Montecchio<br />

Maggiore e Castelgomberto,<br />

e della zona pedemontana<br />

veneta, tra Malo e Bassano<br />

del Grappa (Vi) e tra S.<br />

Zenone degli Ezzelini, Monte-<br />

belluna e Spresiano (Tv).<br />

VICENZA<br />

BREGANZE<br />

SPECIALITÀ<br />

La tipica Sopressa veneta<br />

BASSANO DEL GRAPPA (VI)<br />

Panorama con vista sul ponte degli Alpini


Foto: Archivio Regione del Veneto<br />

ASOLO (TV)<br />

A destra, panorama.<br />

Sotto, la piazzetta<br />

MASER<br />

lo spirito con le opere d’arte. Per esempio,<br />

a San Pietro in Cariano occorrerà far visita<br />

alla pieve di San Floriano, una bella chiesa<br />

romanica medievale, che seppur rimaneggiata<br />

nei secoli mantiene intatto <strong>il</strong> suo<br />

fascino, specialmente nel notevole campan<strong>il</strong>e<br />

dalla forma squadrata e solida. Lì vicino,<br />

a Negrar, uno dei centri più importanti<br />

della Valpolicella, abbiamo ben due esempi<br />

di dimore gent<strong>il</strong>izie venete: anzitutto v<strong>il</strong>la<br />

Bertoldi, di origine quattro-cinquecentesca,<br />

ampliata nel Settecento, caratterizzata<br />

dalla tipica facciata “rustica” a portico che<br />

spesso si rinviene nel veronese. Poi la v<strong>il</strong>la<br />

Pojega, caratterizzata da un maestoso giardino<br />

botanico: <strong>il</strong> complesso è di proprietà<br />

dell’azienda vinicola Guerrieri Rizzardi,<br />

che vi organizza pure assaggi e degustazio-<br />

CAERAnO dI<br />

SAn MARCO<br />

CROCETTA<br />

dEL MOnTELLO<br />

ni. In effetti la Valpolicella è celebre in tutto<br />

<strong>il</strong> mondo per la produzione vinicola: dalle<br />

uve corvina, rondinella e molinara, tradizionali<br />

in zona, nasce anzitutto <strong>il</strong> Valpolicella,<br />

vino rosso secco da tutto pasto. Il “fratello<br />

maggiore”, l’Amarone, si ottiene con<br />

l’appassimento delle medesime uve, e negli<br />

esempi migliori è un vino importante, di<br />

stoffa aristocratica, da abbinare a cacciagione<br />

e grandi piatti di carne. L’ultimo membro<br />

della famiglia è <strong>il</strong> Recioto, vino dal residuo<br />

zuccherino più o meno pronunciato,<br />

perfetto da fine pasto. Oltre ai citati Guerrieri<br />

Rizzardi, in zona i buoni produttori<br />

non si contano. Ricordiamo almeno Allegrini<br />

di Fumane, Bertani di Negrar (st<strong>il</strong>e<br />

molto tradizionale), Tedeschi di San Pietro<br />

in Cariano, senza offendere tutti gli altri.<br />

nERVESA<br />

dELLA BATTAGLIA<br />

TREVISO<br />

In zona, deviando un po’ sui monti Lessini,<br />

è pure possib<strong>il</strong>e approvvigionarsi di eccellenti<br />

salumi: a Sant’Anna d’Alfaedo, Corrado<br />

Benedetti è uno dei migliori affinatori<br />

della zona ed è celeberrimo per la classica<br />

Sopressa veneta, di grossa dimensione.<br />

Tra arte e storia industriale<br />

Proseguendo verso ovest, ci si può fermare<br />

a Grezzana, dove v<strong>il</strong>la Allegri Arvedi è<br />

un altro grandioso esempio di v<strong>il</strong>la patrizia<br />

locale, notevole per <strong>il</strong> giardino all’italiana,<br />

la svettante facciata e gli affreschi settecenteschi<br />

del Dorigny a soggetto allegorico<br />

e mitologico. Andando ancora avanti<br />

e deviando verso sud, a Roncà troviamo<br />

qualcosa di buono da gustare. Anzitutto <strong>il</strong><br />

Durello, vino spumante da vitigno autoc-<br />

| | 20 luglio 2011 | 35


SPECIALE TURISMO CON GUSTO<br />

tono, fresco e beverino: in paese, tra i produttori,<br />

c’è Corte Moschina. Poi, ancora formaggi<br />

e salumi con La Casara Roncolato,<br />

condotta dal simpaticissimo Gianni: formaggi<br />

prodotti in proprio, oppure raccolti<br />

nelle malghe dei monti Lessini (ad esempio,<br />

<strong>il</strong> Monte Veronese, stagionato personalmente)<br />

e ancora salumi da sogno, come<br />

uno Speck fatto come una volta, a partire<br />

da maiali locali. In paese, per chi fosse interessato,<br />

c’è pure un Museo geo-paleontologico<br />

imperniato su una raccolta di foss<strong>il</strong>i.<br />

Entrando in provincia<br />

di Vicenza, facciamo subito<br />

conoscenza col connubio di<br />

industria e agricoltura che<br />

caratterizza la zona. Le coltivazioni<br />

sono sempre fiorenti,<br />

ma assistiamo a uno<br />

sv<strong>il</strong>uppo dell’industria della<br />

concia (valle del Chiampo) e<br />

soprattutto di quella tess<strong>il</strong>e<br />

(Valdagno, Schio). Quest’ultima<br />

consente interessanti<br />

approfondimenti per <strong>il</strong> turista<br />

curioso di archeologia<br />

industriale: ad esempio, <strong>il</strong><br />

lanificio Conti, di Schio, o <strong>il</strong><br />

lanificio Marzotto, di Valdagno.<br />

Sempre a Valdagno, merita una deviazione<br />

<strong>il</strong> Museo delle macchine tess<strong>il</strong>i.<br />

Ma la zona ha grandi attrattive anche<br />

per l’esperto di arte “tradizionale”: se proprio<br />

non si vuole deviare a sud per vedere<br />

Vicenza e le sue architetture palladiane,<br />

si può puntare su Lugo di Vicenza per<br />

dare un’occhiata (anzi, di più) a v<strong>il</strong>la Godi<br />

Malinverni, anch’essa opera di Andrea Palladio,<br />

impreziosita da stupendi affreschi<br />

allegorici (così piaceva ai patrizi veneti) di<br />

Gualtiero Padovano e Giambattista Zelotti.<br />

Un po’ prima, a Caldogno, <strong>il</strong> paese di<br />

Roberto Baggio, avrete magari dato uno<br />

sguardo a v<strong>il</strong>la Caldogno, palladiana a sua<br />

volta, meno appariscente ma ugualmente<br />

bellissima. Per bere e mangiare, nessun<br />

problema: siamo nei dintorni di Breganze,<br />

altro centro tess<strong>il</strong>e famoso anche per i<br />

vini locali a base di cabernet e soprattutto<br />

di vespaiolo, un’uva bianca che pare piaccia<br />

molto alle vespe per la sua dolcezza.<br />

Dal vespaiolo, oltre al bianco omonimo,<br />

si ottiene, per appassimento, uno dei vini<br />

dolci più buoni d’Italia, <strong>il</strong> Torcolato di Breganze.<br />

Si può citare qualche produttore:<br />

Maculan (famosissimo anche per <strong>il</strong> rosso<br />

Fratta); la Cantina Bartolomeo di Breganze;<br />

Firmino Miotti. In paese, per chi volesse<br />

gustare la cucina locale, c’è la trattoria<br />

Al Toresan, semplice e verace, ove gustare<br />

appunto <strong>il</strong> “toresan”, <strong>il</strong> particolare piccione<br />

allo spiedo, tipico di queste parti. Imperdib<strong>il</strong>e<br />

pure la visita ad Arzignano, ove c’è<br />

Damini Macelleria & Affini, una boutique<br />

del gusto che in Veneto ha pochi eguali per<br />

assortimento e qualità.<br />

36 | 20 luglio 2011 | |<br />

Nella foto<br />

a lato, vigneti di<br />

Breganze (Tv).<br />

Sotto, <strong>il</strong> formaggio<br />

Monte Veronese<br />

Ma ora occorre procedere, perché siamo<br />

a pochi passi da Marostica. Il gastronomo<br />

già sussulta: Marostica è celebre per le<br />

c<strong>il</strong>iege. Eppure Marostica non è solo questo:<br />

è una cittadina fortificata fin dall’epoca<br />

romana. Nella piazza degli Scacchi,<br />

ancora oggi, si disputano suggestive partite<br />

con pedine “umane”, ossia viventi:<br />

un’esperienza da non mancare.<br />

Siamo oltretutto a pochi passi da Bassano<br />

del Grappa, città che non ha bisogno<br />

di presentazioni, non fosse altro che per la<br />

storia vittoriosa della Grande Guerra, un’atmosfera<br />

che peraltro si respira anche più a<br />

ovest in direzione Treviso, sul Montello e<br />

sul fiume Piave. Se <strong>il</strong> monumento più famoso<br />

della città è <strong>il</strong> ponte degli Alpini, ricostruito<br />

nel 1947 dopo le devastazioni belliche<br />

nelle originali forme palladiane, è però<br />

davvero grandiosa la v<strong>il</strong>la Angarano, del<br />

Palladio, con enormi colonnati che si dipartono<br />

dal corpo centrale. A Bassano è possib<strong>il</strong>e<br />

fare incetta di cose buone alla gastronomia<br />

di Antonio Baggio, famosa per una<br />

Sopressa veneta di particolare bontà.<br />

Nei luoghi della Grande Guerra<br />

Stiamo arrivando alla fine del nostro percorso,<br />

ma senza timore di avere meno emozioni.<br />

Entrando nella provincia di Treviso, le<br />

v<strong>il</strong>le venete non spariscono di certo, anzi. A<br />

Maser è d’obbligo fermarsi per visitare una<br />

delle più grandiose: v<strong>il</strong>la Barbaro, costruita<br />

dall’onnipresente Palladio, oggi giustamente<br />

patrimonio Unesco. In questa meraviglia<br />

dell’architettura non si sa se ammirare di<br />

più lo slancio euritmico del corpo esterno<br />

o le splendide decorazioni<br />

interne di Tiziano Veronese,<br />

un ciclo di affreschi che ha<br />

pochissimi eguali per estensione<br />

e sapienza artistica.<br />

Vicino alla v<strong>il</strong>la c’è <strong>il</strong> bel<br />

<strong>Tempi</strong>etto, dall’imponente<br />

pronao colonnato. Ricca di<br />

bellezze artistiche è pure<br />

la città di Asolo, amatissima<br />

dal Carducci e da tanti<br />

altri personaggi importanti<br />

dell’antichità: qui vale la<br />

visita <strong>il</strong> centrale palazzo della<br />

Ragione; <strong>il</strong> duomo, che<br />

contiene una famosissima pala di Lorenzo<br />

Lotto; e la v<strong>il</strong>la Scotti Pasini. Nei dintorni di<br />

Asolo si produce pure <strong>il</strong> Prosecco, che non<br />

ha nulla da invidiare a quello più famoso di<br />

Conegliano-Valdobbiadene. Ci piace in questo<br />

senso citare l’azienda Bele Casel, di Caerano<br />

di San Marco, che col vino chiamato<br />

Colfòndo resuscita la tradizione della rifermentazione<br />

in bottiglia.<br />

Molto diversa, anche per volumi produttivi,<br />

la realtà di V<strong>il</strong>la Sandi, a Crocetta<br />

del Montello, che realizza spumanti più<br />

che interessanti, ma che è ancora più notevole<br />

in quanto proprietaria della v<strong>il</strong>la Sandi,<br />

seicentesca, costruita dal Pagnossin in<br />

st<strong>il</strong>e palladiano, non grande ma d’impianto<br />

monumentale, anticipata da un gran portico<br />

a quattro colonne.<br />

Da qui ci avviciniamo a Treviso, magari<br />

seguendo la bellissima strada panoramica<br />

del Montello fino a Nervesa della Battaglia,<br />

località cruciale della Prima Guerra<br />

Mondiale, sede di un bel ristorante specializzato<br />

in funghi, Roberto Miron. Se siete<br />

interessati a questo tipo di turismo “storico”,<br />

non potete mancare una deviazione<br />

a Vittorio Veneto, dove si svolse l’epica battaglia<br />

del 1918. In effetti però la cittadina è<br />

affascinante anche per le numerose chiese<br />

di ogni epoca, nonché per <strong>il</strong> castello di San<br />

Martino, residenza vescov<strong>il</strong>e risalente addirittura<br />

al V secolo, e per <strong>il</strong> Castrum Cenetensium,<br />

fortificazione difensiva concepita<br />

dai romani per la difesa del lato nord della<br />

città. Naturalmente, in questo scenario è<br />

d’obbligo un calice di Prosecco e, alla fine<br />

della serata, un bicchierino di grappa. n<br />

Foto: Archivio Regione del Veneto


CULTURA<br />

38 | 20 luglio 2011 | |<br />

GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />

Predappiesi<br />

brava gente<br />

O di come un perfido albionico trovò la salvezza<br />

nella terra del Duce. Storia di uno squattrinato<br />

cronista inglese e del suo sbarco in Romagna<br />

su una Honda Prelude del 1983. Voleva scrivere<br />

la biografia di Mussolini. E alla fine arrivò la Carla<br />

di Nicholas Farrell<br />

Un bel giorno di tredici anni fa sono<br />

arrivato nel piccolo paese di Predappio<br />

(5 m<strong>il</strong>a abitanti), che si trova in<br />

mezzo al nulla sull’Appennino romagnolo.<br />

Era <strong>il</strong> pomeriggio del 13 luglio del 1998,<br />

era un giovedì e faceva un caldo bestiale.<br />

Non c’era un cane in giro. Avevo 39 anni<br />

ed ero separato da poco dalla mia prima<br />

moglie (l’innominab<strong>il</strong>e iraniana). Con lei<br />

i figli non erano arrivati e pensavo di essere<br />

infert<strong>il</strong>e. Avevo lasciato un buon lavoro<br />

da inviato per <strong>il</strong> Sunday Telegraph e anche<br />

Londra, città infernalmente noiosa e satanicamente<br />

ottimista, quella del “Cool Britannia”<br />

che “cool” non era, dove avevo vissuto<br />

per vent’anni. Non ne potevo più. Non


Foto: AP/LaPresse<br />

avevo né soldi né lavoro. Non sapevo nulla<br />

di Predappio, figuriamoci dove potevo dormire.<br />

Roba da ricovero immediato, insomma.<br />

Ma avevo un sogno. Di essere uno scrittore<br />

e di vivere in Italia in campagna.<br />

Non è la Toscana, per fortuna<br />

Per caso, o per destino, o per voglia del<br />

Signore, la mia è stata una scelta fortunata<br />

perché sono piombato in un territorio<br />

incantevole che non era stata scoperto,<br />

comprato e rovinato come la vicina Toscana<br />

da inglesi, americani e tedeschi. Ormai<br />

ogni paese toscano, anche quello più sperduto,<br />

pullula di stranieri la cui presenza<br />

ha distrutto lo spirito del luogo. Predappio,<br />

invece, se ne frega degli stranieri. Non<br />

c’è un hotel, neppure oggi, solo due pen-<br />

Qui sopra, Nicholas Farrell,<br />

giornalista inglese trapiantato<br />

in Romagna. È stato inviato<br />

del Sunday Telegraph e oggi<br />

scrive anche per diverse<br />

testate italiane. È autore<br />

di Mussolini (Le Lettere).<br />

A destra, la moglie Carla<br />

e i figli: Caterina, 7 anni,<br />

Francesco Winston, 5,<br />

Magdalena, 3, Rita, 2<br />

sioni. Non ci sono case rustiche con piscina<br />

in affitto a 3 m<strong>il</strong>a euro la settimana<br />

come in Toscana, non ci sono neanche case<br />

rustiche in affitto senza piscina. In Romagna<br />

non c’è un «rudere eccellente recentemente<br />

scoperto sotto un groviglio di erbacce»<br />

in vendita per «solo» 400 m<strong>il</strong>a euro («un<br />

affare», come ho letto sul sito di un’agenzia<br />

immob<strong>il</strong>iare toscana). Non ci sono corsi<br />

di pittura rinascimentale o di cucina<br />

tipica. Non ci sono workshop per aspiranti<br />

artigiani turistici o field trip notturni per<br />

ascoltare gli usignoli nel bosco o per vedere<br />

le lucciole sopra <strong>il</strong> grano. Insomma in<br />

Romagna non ci sono – grazie a Dio – voci<br />

di inglesi o americani o tedeschi ovunque<br />

vai. In Toscana, invece, dietro a ogni cespuglio<br />

c’è – e ci metto la mano sul fuoco – un<br />

inglese con in testa un panama e in mano<br />

un bicchiere di Chianti classico che ti becca<br />

dicendo: «Cheers!». E di notte da oltre<br />

la macchia di ulivi accanto alla tua v<strong>il</strong>la<br />

affittata a prezzo esorbitante ti arriva <strong>il</strong><br />

frastuono impressionante di un branco di<br />

tedeschi che cantano le loro canzoni preferite,<br />

cioè quelle della Seconda guerra mondiale.<br />

E la mattina al mercato in piazza ti<br />

deprimono le tante professoresse americane,<br />

convinte – da passive-aggressive in<br />

menopausa, fedeli doc non del Signore ma<br />

del consumismo isterico – di aver trovato,<br />

«oh my God!», un paradiso terreste.<br />

Al limite potevo (o potrei) comprare,<br />

a un terzo del prezzo, una casa rustica in<br />

pietra a vista con una vigna e un po’ di ter-<br />

Al casello di Forlì<br />

non avevo soldi<br />

sufficienti per pagare<br />

<strong>il</strong> pedaggio. Ma la<br />

ragazza della cabina<br />

mi diede un foglio da<br />

comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />

mi alzò la sbarra.<br />

Che donna! Che paese!<br />

reno pure in Romagna. Ma io in quell’estate<br />

del 1998 non avevo un soldo. Avevo deciso<br />

di traslocare da Londra (via Parigi dove<br />

ho scritto un libro sulla morte della principessa<br />

Diana) a Predappio, perché è lì che<br />

nacque un certo Benito Mussolini ed è lì<br />

che i suoi resti mortali giacciono come<br />

quelli di un santo nella cripta di famiglia,<br />

dove l’aria è colma del profumo di gigli<br />

bianchi e di tante candele accese, al cimitero<br />

di Rocca San Casciano.<br />

Fascista a chi?<br />

Non sono fascista. Sono inglese. I miei hanno<br />

combattuto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> fascismo e<br />

alcuni di loro sono stati uccisi dei nazifascisti.<br />

Ma per motivi che a tutt’oggi mi<br />

rimangono misteriosi Mussolini era <strong>il</strong> protagonista<br />

di una biografia che dovevo per<br />

forza scrivere. Addirittura, avevo firmato<br />

un contratto in proposito con la famosa<br />

casa editrice londinese Weidenfeld &<br />

Nicolson. Forse volevo capire cosa fosse<br />

veramente <strong>il</strong> fascismo, quella strana parola<br />

usata oggi come insulto generico per qualsiasi<br />

cosa che non sia politicamente corretta.<br />

Che ne so.<br />

La mia idea non era completamente<br />

pazza. Londra costava troppo e così decisi:<br />

va bene, vado a Predappio per scrivere<br />

<strong>il</strong> libro. «Stai vivendo i nostri sogni!»,<br />

mi dicevano i miei amici inglesi. Un corno!<br />

Quando sono arrivato a Predappio quel<br />

giorno ero “up shit creek without a paddle”,<br />

in mezzo a un fiume di merda senza<br />

| | 20 luglio 2011 | 39


CULTURA GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />

remi, come dicono gli americani. Il problema<br />

non era solo la mancanza di soldi,<br />

ma anche di equ<strong>il</strong>ibrio esistenziale. Tendenzialmente<br />

depresso, in quel momento<br />

ero più depresso del solito. Per motivi ovvi.<br />

Ero messo come quella gente che aveva in<br />

mente Machiavelli quando scrisse: «Il fatto<br />

è che in questa terra chi dei nostri pari<br />

non è legato a quelli che hanno <strong>il</strong> potere,<br />

non trova un cane che gli abbaia». La mia<br />

“ex” mi aveva chiuso fuori di casa a Londra<br />

e aveva cambiato le serrature. A Parigi,<br />

l’apice del mio periodo blu, avevo vissuto<br />

giorni bruttissimi e visto almeno due o<br />

tre gironi dell’inferno di Dante in club privé<br />

trasgressivi chiamati Le 41 e La Castelle,<br />

e anche per strada. Finalmente, ero riuscito<br />

a mollare Parigi e <strong>il</strong> suo sulfureo fascino<br />

tossico, ma solo quando un amico aveva<br />

ritrovato per puro caso la mia macchina,<br />

che avevo perso da parecchie settimane.<br />

Non mi ricordavo dove l’avevo parcheggiata<br />

e mi convinsi che qualcuno l’avesse<br />

rubata. Quella macchina, una Honda Prelude<br />

del 1983, color bordeaux metallizzato,<br />

me l’aveva regalata mio padre con disappunto,<br />

quasi con disprezzo. Il solo guardarla<br />

mi dava fastidio (era la macchina sportiva<br />

dei pensionati!) perché minava <strong>il</strong> meccanismo<br />

creativo. Essendo un regalo di mio<br />

padre, era la prova di una vita fallita, la<br />

mia. Però, funzionava… Quindi grazie babbo,<br />

grazie m<strong>il</strong>le. Ma com’era brutta!<br />

Avevo soldi sufficienti per un mese.<br />

Poi? Davvero sarei stato costretto a trovare<br />

qualche lavoro locale tipo turni di notte<br />

alla Amadori, a tagliare le teste ai polli per<br />

m<strong>il</strong>le euro al mese? Mi ricordo bene una<br />

cosa che ne fa capire tante. Al casello di<br />

Forlì non avevo soldi sufficienti per pagare<br />

<strong>il</strong> pedaggio. Ma la ragazza della cabina mi<br />

diede un foglio da comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />

mi alzò la sbarra. Che donna! Che paese!<br />

35 m<strong>il</strong>a sterine andate in fumo<br />

E ricordo bene quel giorno caldissimo,<br />

quando al volante della Honda Prelude mi<br />

sono fermato in viale Matteotti (già viale<br />

Benito Mussolini), la strada principale di<br />

Predappio davanti alla gelateria. Dentro,<br />

dietro al banco, c’era una ragazza in divisa<br />

bianca verginale che aveva cappelli neri<br />

e pelle scura. Era bellissima. «C’è un albergo<br />

qui in giro?», le ho chiesto. «Non ne ho<br />

la più pallida idea», mi ha risposto. «Va bè,<br />

dammi una birra».<br />

I predappiesi erano curiosi di capire<br />

come mai questo inglese solitario aveva<br />

deciso di vivere nel loro paese. La risposta<br />

era fac<strong>il</strong>e, nel senso superficiale, cioè: sono<br />

venuto alla Betlemme fascista per scrivere<br />

una biografia del Duce. E perché no?<br />

C’è qualcosa che non va? Per convincere<br />

loro, e anche me stesso, che quella era la<br />

verità, raccontavo che ero un laureato della<br />

«famosissima» Università di Cambrid-<br />

40 | 20 luglio 2011 | |<br />

ge e che per dieci anni ero stato un «inviato»<br />

del «molto importante» Da<strong>il</strong>y e Sunday<br />

Telegraph, che è «come <strong>il</strong> vostro Corriere<br />

della Sera». Parlavo, certo, anche del mio<br />

contratto con l’«enorme e potente» casa<br />

editrice londinese Weidenfeld & Nicolson<br />

che è «come la vostra Mondadori».<br />

Nonostante tutto ciò, i predappiesi,<br />

ho notato presto, mi chiamavano sempre<br />

«inglese» e mai «scrittore».<br />

Avevano ragione. L’anticipo (35 m<strong>il</strong>a<br />

sterline) non era male per un primo libro,<br />

ma l’avevo già speso tutto prima di arrivare<br />

in Romagna e non avevo scritto neanche<br />

una riga di quel maledetto libro, per<br />

un motivo abbastanza valido, cioè: non<br />

sapevo nulla di Mussolini. Mi sentivo come<br />

un uccello migratore che ha perso <strong>il</strong> suo<br />

stormo e la sua rotta. Eccomi, a quasi quarant’anni,<br />

una presenza spettrale e solitaria<br />

nei bar locali, sempre a fumare le<br />

Camel gialle morbide e bere <strong>il</strong> Sangiovese,<br />

con in testa quel cappello ridicolo. Farmi<br />

la barba o la doccia o andare al supermercato<br />

sembravano impegni impossib<strong>il</strong>i, roba<br />

da Ercole. Figuriamoci scrivere un libro. Sì,<br />

ero depresso, e non per la prima volta in<br />

vita mia, non avevo un soldo ed ero solo.<br />

Oggi, tredici anni dopo, abito ancora<br />

in Romagna, non più a Predappio, ma<br />

nella vicina Forlì. Quel libro di 600 pagine<br />

l’ho finito ed è stato pubblicato in Ingh<strong>il</strong>terra<br />

nel 2003. È andato bene, recensito<br />

a mezza pagina su tutti i giornali principali<br />

da firme importanti e la casa editrice<br />

ha poi fatto una versione tascab<strong>il</strong>e. In<br />

Italia è stato pubblicato nel 2006 (Le Lettere,<br />

Firenze), ma qui non è andato tanto<br />

bene. Non c’è stata neanche una recensione.<br />

Lo so, <strong>il</strong> tema di Mussolini è delicato<br />

qui in Italia e non faccio parte della casta<br />

dei radical chic. Pazienza.<br />

Berlusconi e i comunisti salottieri<br />

La cosa che mi ha salvato, però, non è stata<br />

<strong>il</strong> libro. Anzi, quel libro mi ha quasi<br />

ammazzato. No, la cosa che mi ha salvato<br />

– nel senso professionale – è stata la scoperta,<br />

proprio a Predappio, di un f<strong>il</strong>one<br />

d’oro che potevo sfruttare. Cioè: dal crollo<br />

del fascismo in poi i comunisti sono stati<br />

al comando a Predappio come in tutta<br />

la rossa Romagna. I comunisti quindi sono<br />

la casta, la borghesia, insomma, gli acculturati<br />

salottieri raffinati, e tutti gli altri i<br />

brutti, sporchi e cattivi. Così ho cominciato<br />

a scrivere una rubrica, “Zuppa inglese”,<br />

per un giornale regionale, la Voce di Romagna,<br />

dove davo addosso pesantemente ma<br />

con umorismo anglosassone ai compagni<br />

ipocriti e bigotti. Quando, ad esempio, l’attuale<br />

sindaco di Predappio, Giorgio Frassineti,<br />

detto “Cent” perché piccolo, un uomo<br />

che pare un incrocio tra <strong>il</strong> Duce e Napoleone,<br />

mi diceva, con in mano un calice di<br />

Sangiovese ultra-borghese di quelli enor


Foto: AP/LaPresse<br />

Ho iniziato con una rubrica, “Zuppa inglese”,<br />

per un giornale regionale, dove davo addosso<br />

ma con umorismo anglosassone ai compagni<br />

ipocriti e bigotti. È stato <strong>il</strong> mio f<strong>il</strong>one d’oro<br />

mi: «Fare la politica per me è come donare<br />

<strong>il</strong> sangue». Io replicavo dicendo: «Dai,<br />

giù dal pero Cent, tu non regali <strong>il</strong> sangue<br />

a nessuno, <strong>il</strong> sangue lo succhi dal popolo».<br />

Il compagno Frassineti si sfogava spesso<br />

sul giornalino del Comune del «cosiddetto<br />

auto-definito storico inglese». Scriveva, ad<br />

esempio, «Caro Nicholas, noi non siamo dei<br />

pesci tropicali in un acquario che esistono<br />

solo per <strong>il</strong> tuo divertimento…». Poi una volta<br />

mi è arrivata una lettera anonima con<br />

dentro una pallottola che mi definiva «uno<br />

sporco fascistoide inglese» e mi avvisava di<br />

andare via dalla Romagna. Eccetera.<br />

Così, un bel giorno <strong>il</strong> Giornale stesso<br />

ha fatto una pagina intera su di me intitolata<br />

“L’inglese a Predappio che fa arrabbiare<br />

la sinistra”. L’unico non solo in Romagna,<br />

a mio parere, ma nel mondo intero!<br />

Successivamente, dopo tante e lunghe<br />

trattative, sono arrivato a intervistare S<strong>il</strong>vio<br />

Berlusconi a V<strong>il</strong>la Certosa in Sardegna<br />

per The Spectator, un settimanale inglese<br />

importante, con <strong>il</strong> direttore Boris Johnson<br />

(attualmente sindaco di Londra). Il Cavaliere<br />

ci ha detto due cose di poca importanza<br />

in Ingh<strong>il</strong>terra, ma da terremoto qui in Ita-<br />

lia, e cioè: i giudici italiani sono antropologicamente<br />

diversi, sono matti; Mussolini<br />

non ha ammazzato nessuno, mandava i<br />

suoi avversari alle isole.<br />

Aveva ragione, S<strong>il</strong>vio, più o meno, of<br />

course, ma raccontare la verità nella vita<br />

non conviene sempre, e la sinistra si è<br />

arrabbiata come un puma. Per 15 minuti<br />

<strong>il</strong> governo di Berlusconi ha barcollato.<br />

A una conferenza stampa sullo “scandalo”<br />

Berlusconi si è difeso sostenendo che<br />

«i signori inglesi mi hanno fatto ubriacare<br />

con lo champagne». Magari! Ma non<br />

era vero. Naturalmente, a casa sua comandava<br />

<strong>il</strong> Cavaliere e ci ha offerto solo tè al<br />

limone. Di conseguenza sono diventato<br />

famoso per 15 minuti pure io. E così ho<br />

trovato altri lavori. E voglio un sacco di<br />

bene a S<strong>il</strong>vio <strong>il</strong> Magnifico lo stesso.<br />

Il karaoke e la mia futura moglie<br />

Ma la cosa più importante in tutta questa<br />

storia, anche se tutto è collegato, è<br />

mia moglie Carla. Abitavo in un ex porc<strong>il</strong>e<br />

in collina sopra Predappio a due passi<br />

dal castello del Duce a Rocca delle Caminate.<br />

In autunno, quando c’era nebbia fitta,<br />

pensavo di vivere dentro un freezer e<br />

una sera un vento diabolico ha strappato<br />

via la porta di casa. In inverno, c’era spesso<br />

tanta neve che rimanevo bloccato in<br />

casa per un giorno, se non due. In estate,<br />

la sera, mi assediavano delle<br />

vespe gigantesche (invasori<br />

clandestini dall’Africa<br />

senza permesso di soggiorno)<br />

chiamate “bombe”, attirate<br />

dalla luce di casa mia.<br />

In primavera, invece (ma<br />

com’è bella la primavera sull’Appennino!),<br />

pure io, nonostante tutto, stavo da Dio. Mi<br />

bastavano gli usignoli, le lucciole, <strong>il</strong> panorama<br />

e un po’ di Sangiovese.<br />

Poi mi sono trasferito dal porc<strong>il</strong>e in un<br />

monolocale a solo 170 euro al mese nell’ex<br />

convento a Predappio Alta, <strong>il</strong> vecchio paese<br />

in collina sopra Predappio nuova che fu<br />

costruito a valle dai fascisti negli anni Venti,<br />

dove c’è una piccola piazza favolosa. Nel<br />

centro di questa piazza c’è una fontana a<br />

forma di grappolo d’uva (<strong>il</strong> santo santo Sangiovese).<br />

Che meraviglia. Anche lo stemma<br />

del Comune raffigura un grappolo di quella<br />

sacra frutta e manca – ho sempre pensato<br />

– solo una sigaretta accesa. Ogni sera i<br />

vecchi del paese si siedono attorno alla fontana<br />

dove fanno i bavosi e seminano zizzanie<br />

e giocano a carte. Ma la Pré, come viene<br />

chiamata in dialetto, è un posto speciale,<br />

anzi, molto raro al giorno di oggi, cioè<br />

una vera comunità. Tutti quelli che ci vivono,<br />

nel bene e nel male, fanno parte della<br />

stessa famiglia. E la piazza è la loro sala<br />

all’aria aperta. Certo, i vecchi mi prendevano<br />

in giro, mi davano del matto. E loro,<br />

invece? Spesso, quando c’era nebbia, non<br />

li potevo vedere, ma in primavera, quando<br />

cantavano gli usignoli, volevo invitarli a<br />

ballare. Alla Pré le cose che contano (casa,<br />

cibo, vino, sigarette, e amicizia) non costavano<br />

molto. Sì, certo, ero un esule, ma questo<br />

mi faceva pensare a Dante e Machiavelli.<br />

Se non fossero stati es<strong>il</strong>iati, nessuno dei<br />

due avrebbe scritto una parola, no?<br />

Alla Pré non ci sono turisti. L’inglese<br />

o l’americano medio hanno sentito parlare<br />

di Mussolini, al limite, ma non si ricordano<br />

per quale motivo («Oh, lo st<strong>il</strong>ista, che<br />

uomo affascinante», mi ha detto una volta<br />

una ragazza a Londra). Predappio, invece?<br />

Figuriamoci. A loro non dice nulla.<br />

Sì, ho rubato la Carla, che ha tredici<br />

anni meno di me, al suo moroso romagnolo.<br />

Ma la colpa, a dire la verità, è sua, non<br />

mia. Mi ha cercato lei. L’avevo conosciuto<br />

al bar delle lesbiche accanto al castello<br />

a Rocca delle Caminate dove si canta <strong>il</strong><br />

karaoke. Il mio piatto forte era Light My<br />

Fire dei Doors. «You know that it would be<br />

untrue, you know that I would be a liar, if<br />

I was to say to you…» eccetera. La Carla era<br />

sempre lì col suo moroso e spesso pure con<br />

sua madre. Una sera si è presentata, dopo<br />

mezzanotte, a casa mia. Da sola.<br />

Un matrimonio un po’ particolare<br />

Mi ha fatto fare sia un test per l’Aids sia<br />

quello della fert<strong>il</strong>ità. L’Aids, nonostante<br />

<strong>il</strong> mio periodo blu, non l’avevo (prima di<br />

aprire la busta con i risultati ho bevuto<br />

abbastanza!). Ma, come disse la ginecologa<br />

con disprezzo, esito del test della fert<strong>il</strong>ità<br />

sotto mano, e davanti alla Carla, «niente,<br />

sono pochi, e non si muovono neanche».<br />

Oggi – e chissà come – abbiamo quattro<br />

figli (Caterina, 7 anni, Francesco Winston,<br />

5 anni, Magdalena, 3 anni, e Rita, 2 anni)<br />

con un quinto in arrivo.<br />

Il nostro matrimonio è un po’ particolare.<br />

Io sono anglicano agnostico, lei cattolica<br />

incallita (per colpa mia, mi dice, nel senso<br />

che può sopportarmi solo grazie a un assist<br />

divino). Mi ha portato sia a Medjugorje sia a<br />

Lourdes. E in casa si ascolta Radio Maria in<br />

continuazione ad alto volume. Io bevo, lei<br />

no. Io fumo, lei no. A me piacciono i bar, a<br />

lei no. Anzi, tengo <strong>il</strong> mio quartiere generale<br />

a Le Petit Arquebuse, a due passi dall’Oviesse<br />

nel centro storico, che immagino come<br />

una versione anti-comunista del Café de<br />

Flore sulla Rive Gauche a Parigi, dove predicava<br />

Jean-Paul Sartre davanti ai suoi devoti.<br />

Secondo la Carla, Le Petit è posseduto e<br />

<strong>il</strong> proprietario è Cerbero. Per me invece Le<br />

Petit è un covo di comunisti rifatti. Ma che<br />

differenza c’è?<br />

Come mi ha detto una volta <strong>il</strong> mio caro<br />

e saggio amico inglese Stuart Reid (cattolico<br />

ed ex alcolizzato), «la Carla ti ha salvato<br />

Nick». Stuart non ha tutti i torti. Ho notato<br />

una cosa: da un pezzo qualche cane mi<br />

abbaia contro ogni tanto. n<br />

| | 20 luglio 2011 | 41


CULTURA GODETEVI LA VITA<br />

Il risveglio<br />

dei sensi<br />

Ma quale vittoria della materia, è <strong>il</strong> trionfo della<br />

disincarnazione. Ci siamo sbarazzati di una fede<br />

formale e abbiamo finito per imporci catene<br />

anche peggiori. Quelle dell’immagine. Risé alla<br />

guerra per un’autentica liberazione del corpo<br />

già capito G<strong>il</strong>bert Keith Chesterton<br />

che «<strong>il</strong> diavolo non può ren-<br />

L’aveva<br />

dere cattive le cose, esse rimangono<br />

come erano <strong>il</strong> primo giorno della creazione.<br />

Solo l’opera del cielo era materiale,<br />

la creazione di un mondo materiale,<br />

l’opera dell’inferno è totalmente spirituale».<br />

Una fuga dalla contingenza, quella descritta<br />

dallo scrittore inglese, oggi più che mai<br />

attuale. Lo psicoterapeuta Claudio Risé ne<br />

ha indicato le fattezze, i pericoli e le vie<br />

di scampo in un libro, Guarda, tocca, vivi.<br />

Riscoprire i sensi per essere felici (Sperling<br />

& Kupfer). «Perché, anche se potrebbe sembrare<br />

<strong>il</strong> contrario, nella nostra società lo spirituale<br />

trionfa sul materiale, <strong>il</strong> proibizionismo<br />

sulla libertà, lo sv<strong>il</strong>imento dei sensi sul<br />

godimento», osserva Risé a <strong>Tempi</strong>.<br />

Eppure su giornali, in tv e nella pubblicità<br />

le immagini di corpi e materia impazzano.<br />

Mentre <strong>il</strong> sesso è ormai completamente<br />

sdoganato e a cominciare dall’adolescenza<br />

diventa sempre più una forma<br />

di dipendenza. Ma Risé mette in guardia<br />

dall’apparenza: «La nostra civ<strong>il</strong>tà sembra<br />

esaltare la fisicità e la sessualità, in realtà le<br />

sv<strong>il</strong>isce, scambiandole con la loro immagine».<br />

Viviamo nell’era della visualizzazione.<br />

Della scena ridotta alle misure dello schermo.<br />

Dove non si odora più, non si gusta,<br />

non si tocca e si ode a una sola dimensione.<br />

«Il corpo è ormai etereo, plastico. E la sua<br />

rappresentazione irreale. Non è più vissuto<br />

né usato interamente, così<br />

se ne è perso anche <strong>il</strong> valore<br />

spirituale. È come se cercando<br />

di fuggire la materia<br />

per vivere lo spirito avessimo<br />

perduto entrambi».<br />

42 | 20 luglio 2011 | |<br />

Il paradosso è che questo processo di<br />

svuotamento dei sensi sia iniziato proprio<br />

negli anni della cosiddetta rivoluzione sessuale,<br />

che aveva fatto del riscatto del corpo<br />

<strong>il</strong> suo vess<strong>il</strong>lo. Risé lo spiega così: «Il Sessantotto<br />

ha cercato una liberazione del corpo<br />

mentale e intellettuale, per nulla concreta.<br />

Si è opposto a un cristianesimo ridotto<br />

a forma, ma invece che recuperarne <strong>il</strong><br />

senso l’ha rifiutato in toto. Il cristianesimo,<br />

in realtà, è l’unica religione che esaltata<br />

la carne e dà valore alla forma, con un<br />

Dio che ne fa <strong>il</strong> veicolo del divino. È questo<br />

aspetto che andava ricompreso, insieme<br />

al significato dell’istinto e delle pulsioni».<br />

Sessantottini e farisei<br />

Ma è chiaro, secondo Risé, che i “rivoluzionari”,<br />

una volta preso <strong>il</strong> potere, non avevano<br />

più ragioni di volere l’uomo libero, capace<br />

di usare <strong>il</strong> proprio corpo per raggiungere<br />

la pienezza dello spirito: più semplice fargli<br />

credere di esserlo, per “tenerlo buono”.<br />

«Non a caso Cristo non piaceva ai padroni<br />

del tempo. Lo dice lui stesso: “È venuto<br />

Giovanni <strong>il</strong> Battista che non mangia pane<br />

e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.<br />

È venuto <strong>il</strong> Figlio dell’uomo che mangia<br />

e beve e voi dite: Ecco un mangione e<br />

un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”.<br />

Nel primo caso da parte loro c’è <strong>il</strong><br />

rifiuto dell’“alto”, nel secondo del “basso”.<br />

Ma Cristo viene proprio per vincere questa<br />

«Cristo viene per vincere la separazione tra<br />

“basso” e “alto” tipica delle devianze. Non salta<br />

la materia, la purifica indicandone <strong>il</strong> senso.<br />

Così permette all’uomo di goderne veramente»


IN LIBRERIA<br />

GUARDA,<br />

TOCCA, VIVI<br />

C. Risé<br />

Sperling & Kupfer<br />

211 pagine<br />

separazione che caratterizza tutte le devianze.<br />

Gesù viene a purificare la materia indicandone<br />

<strong>il</strong> senso, non “saltandola”. Così ha<br />

permesso all’uomo di goderne veramente,<br />

portando a compimento i sensi». Oggi invece<br />

– è la tesi dello psicoterapeuta – l’uomo<br />

è in preda a semplici surrogati del vero piacere.<br />

Tra gli altri, descritti nel volume, ci<br />

sono la pornografia, che sv<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> rapporto<br />

e lo riduce a immagine, eliminando tatto<br />

e olfatto; la sessualità costretta dentro rapporti<br />

fugaci, mai approfonditi; internet e<br />

<strong>il</strong> web, che ci fanno sentire in contatto con<br />

tutti nello stesso momento in cui annullano<br />

ogni rapporto sensoriale. «Questi piaceri<br />

veloci, più fac<strong>il</strong>i ma parziali, non fanno<br />

altro che renderci solo più infelici. Si parla<br />

di società permissiva, finalmente redenta<br />

da vincoli bigotti, quando invece siamo più<br />

schiavi che mai. Lo dice, oltre che l’inibizione<br />

dei rapporti interpersonali, anche quella<br />

dei codici di comportamento e di pensiero:<br />

<strong>il</strong> politicamente corretto è potentissimo.<br />

Tanto che abbiamo paura di pensare controcorrente,<br />

perché schiavi del pensiero di<br />

chi ci sta vicino, che normalmente è quello<br />

dominante. Temiamo <strong>il</strong> nostro volto diverso.<br />

La nostra identità è un tabù».<br />

Persi nelle immagini, non abbiamo più<br />

quelli che Risé definisce «senso del sé» e<br />

«senso dell’altro». Immersi in un dominio<br />

della tecnologia che comprime <strong>il</strong> mondo e<br />

rischia di «imprigionare le mosse e le esperienze<br />

reali dell’uomo, rendendolo frag<strong>il</strong>e<br />

e monco, incapace di sostenere rapporti<br />

personali davvero liberi». Per questo i<br />

nostri tempi, pur apparendo come erogatori<br />

di infinite possib<strong>il</strong>ità, sono invece fulcro<br />

d’ansia, frustrazione, depressione, anoressia,<br />

autismi. L’intenzione del libro è descrivere<br />

questi pericoli perché <strong>il</strong> lettore se ne<br />

renda conto, non certo per spaventare ulteriormente:<br />

«Se dipingessi solo le contraddizioni<br />

rischierei di fare esattamente <strong>il</strong> gioco<br />

del demonio, amplificando i limiti del mondo<br />

e spingendo alla fuga, che io invece scongiuro.<br />

Lungi da questo, <strong>il</strong> mio intento è piuttosto<br />

quello di aiutare l’uomo a reimposses-<br />

A sinistra, Claudio Risé.<br />

Al centro, Michelangelo,<br />

Prigione, detto Schiavo<br />

che si ridesta, 1523-1534 ca,<br />

Firenze, Galleria dell’Accademia<br />

«Si può decidere di non<br />

vivere rapporti “leggeri”,<br />

di non fare bambini con le<br />

provette, di non difendersi<br />

dalla sessualità con p<strong>il</strong>lole<br />

e lattice. Una volta provato<br />

quanto ci si stava perdendo,<br />

è più fac<strong>il</strong>e disintossicarsi»<br />

sarsi della sua libertà. Innazitutto mostrandogli<br />

i pericoli, ma poi indicandogli le vie<br />

d’uscita, perché torni ad accettare la propria<br />

responsab<strong>il</strong>ità: siamo noi a decidere<br />

fino a che punto usare i sensi o le tecnologie<br />

nei rapporti amicali, sessuali o naturali.<br />

Comprendere che possiamo scegliere<br />

e iniziare a esercitare la libertà è <strong>il</strong> primo<br />

modo per uscire dalla schiavitù». Perciò si<br />

può benissimo combattere la dipendenza<br />

da tv e internet, così come dalla droga. «Si<br />

può decidere di non vivere rapporti “leggeri”,<br />

di non fare bambini con le macchine o<br />

le provette, di non difendersi dalle conseguenze<br />

della sessualità con p<strong>il</strong>lole e lattice<br />

ma di viverla appieno. E una volta provato<br />

quanto ci si stava perdendo, diventerà sempre<br />

più fac<strong>il</strong>e “disintossicarsi”».<br />

Quella strana paura dell’istinto<br />

Ma come fare a convincere un uomo che –<br />

si legge in Guarda, vivi, tocca – è ossessionato<br />

dalla «paura del basso» e delle conseguenze<br />

incontrollab<strong>il</strong>i dell’istinto? «Questa<br />

insicurezza e mania di controllo è propria<br />

soprattutto dei più giovani. La nuova<br />

generazione, guardando alla vecchia, ha<br />

capito che l’assolutizzazione dei sentimenti<br />

non basta a garantire l’eterno cui aspira.<br />

Ha visto che le pulsioni possono addirittura<br />

trasportare verso chine pericolose, per<br />

cui le usa, ma solo fino a un certo punto. I<br />

figli del Sessantotto hanno <strong>il</strong> terrore della<br />

libertà distruttiva dei loro padri. E questo<br />

contribuisce a farli scappare dall’uso pieno<br />

dell’istinto, fino alle sue conseguenze generative,<br />

le uniche che possano darci stab<strong>il</strong>ità<br />

e realizzarci». È <strong>il</strong> motivo per cui Claudio<br />

Risé ha scritto questo libro, «perché<br />

i nostri figli non commettano l’errore di<br />

buttare via <strong>il</strong> bambino con l’acqua sporca<br />

come abbiamo fatto noi con i nostri genitori:<br />

abbiamo scacciato <strong>il</strong> formalismo e con<br />

esso i suoi contenuti. Ora urge sbarazzarsi<br />

del finto libertinismo, non dimenticando i<br />

sensi e l’istinto, ma piuttosto riappropriandosene<br />

per usarli fino in fondo».<br />

Benedetta Frigerio<br />

| | 20 luglio 2011 | 43


SE IL PIÙ BRAVO È FATTO FESSO<br />

Assurdo parlare di meritocrazia<br />

in una scuola che premia i copioni<br />

di Giorgio Israel<br />

Detesto quella forma di provincialismo che è l’esterof<strong>il</strong>ia, ma apprezzo i paesi<br />

in cui “copiare” agli esami è considerato una pratica eticamente scorretta,<br />

se non un vero e proprio reato, mentre da noi è vista con simpatia.<br />

Non posso dimenticare che un presidente del Consiglio e un presidente di Confindustria<br />

si sono vantati di essere stati ab<strong>il</strong>issimi a copiare. Eppure dovrebbe essere<br />

evidente a chiunque che approfittare delle prestazioni di una persona più<br />

capace – e poco importa se con <strong>il</strong> suo consenso – per ottenere una valutazione<br />

non meritata, è scorretto e, in certi casi, gravissimo. In un concorso può significare<br />

rubare <strong>il</strong> posto a qualche “fesso” più capace e meritevole e quindi si tratta<br />

di un’azione immorale e di un reato.<br />

Quel che è curioso è che, in questi tempi, in Italia, non si fa che parlare di “me-<br />

PANE AL PANE<br />

rito” e “meritocrazia”, <strong>il</strong> che – se le parole hanno ancora un senso – significa premiare i meritevoli,<br />

i più bravi e volenterosi, e farla finita con la prassi per cui tutti vanno avanti indipendentemente<br />

dalle loro capacità e prestazioni. Si mettono in piedi progetti<br />

per individuare e premiare i “migliori” insegnanti e<br />

le scuole “migliori”. Poi però si viene a sapere che la prassi<br />

di copiare durante gli esami non soltanto d<strong>il</strong>aga ma viene<br />

favorita o addirittura promossa in alcune scuole. Mi<br />

raccontano – da fonte attendib<strong>il</strong>e – che in un liceo l’insegnante<br />

(per giunta vicepreside) che sorvegliava la prova di<br />

matematica di maturità ha dato <strong>il</strong> posto in cattedra allo<br />

studente notoriamente migliore e poi, quando questi ha risolto <strong>il</strong> problema, ha passato la soluzione<br />

a tutti. Nelle prove di latino, l’insegnante ha “scaricato” la traduzione da internet e l’ha trasmessa<br />

ai candidati. È da immaginare quali risultati avrebbe dato in quella scuola <strong>il</strong> progetto sperimentale<br />

del ministero (premiare i migliori insegnanti scelti dal preside e da due colleghi eletti)…<br />

In questo contesto, lascia di stucco la proposta corrente secondo cui “non si può far nulla”, soprattutto<br />

a causa delle nuove tecnologie, e quindi tanto vale lasciar scaricare agli studenti le risposte<br />

dalla rete e premiare quelli che sanno farlo meglio. Tanto è vero che non è diffic<strong>il</strong>e impedire<br />

agli studenti di scaricare i risultati dalla rete, che se ne occupano certi insegnanti in<br />

loro vece e che, nella suddetta “proposta”, si suggerisce di concentrare la sorveglianza<br />

nell’evitare che i meno capaci a usare la rete copino i più ab<strong>il</strong>i… Ha ragione Paolo Ferratini<br />

quando osserva che ormai gli studenti traducono dal latino benissimo a casa e<br />

malissimo a scuola. Egli suggerisce all’insegnante di smettere di dare versioni a casa, di<br />

prendere atto della situazione e iniziare a costruire percorsi di apprendimento dai migliori<br />

siti della rete, imparando e insegnando a distinguerli dalla spazzatura. Nulla contro<br />

questa prassi. Ma essa non risolve <strong>il</strong> problema di come verificare le capacità<br />

acquisite. Una soluzione semplice sarebbe di proporre le versioni dal latino in<br />

classe e quelle dall’italiano a casa (la panoplia di brani da scegliere è infinita, come<br />

quella dei problemi di matematica). E non si dica che è impossib<strong>il</strong>e controllare<br />

in classe l’uso di mezzi informatici: lo è quanto controllare che non si<br />

usino dispense o si passino bigliettini.<br />

La verità è che non si vuole introdurre una vera meritocrazia e impera<br />

l’ideologia del successo formativo garantito. La paternalistica sufficienza con<br />

cui alcuni hanno considerato l’appello del “Gruppo di Firenze” a non far<br />

copiare, quasi si trattasse dell’iniziativa dei soliti onesti ingenui e fessi, ha<br />

messo in mostra uno dei peggiori difetti nazionali: la furbizia all’italiana.<br />

In un istituto, durante la prova di latino della<br />

maturità, un prof ha “scaricato” la traduzione<br />

dal web e l’ha trasmessa ai candidati. Come<br />

finirebbe in quel liceo <strong>il</strong> progetto ministeriale<br />

di premiare i migliori docenti scelti dal preside?<br />

INTELLETTUALE<br />

CURA<br />

TE STESSO<br />

| | 20 luglio 2011 | 45


di Fred Perri<br />

SPORT<br />

Da cosa si capisce che Novak Djokovic è<br />

serbo? Sicuramente dalla capacità di<br />

apprendere le lingue, cosa in cui<br />

gli slavi sono bravissimi. Dall’attaccamento<br />

alla famiglia, che lo segue ovunque, presente<br />

e accorata, per qualcuno anche troppo.<br />

Forse anche dall’aspetto, ma questo<br />

non è qualificante e poi io non sono un<br />

grande esperto di fisiognomica. In realtà<br />

46 | 20 luglio 2011 | |<br />

C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />

Scandalo<br />

nel <strong>Tempi</strong>o<br />

Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Novak Djokovic, che con<br />

la sua sfacciataggine e <strong>il</strong> suo codazzo di fan<br />

rumorosi ha svelato l’ipocrisia del tennis.<br />

Un mondo che celebra <strong>il</strong> “gesto bianco”,<br />

mentre ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />

l’appartenenza di Nole al suo popolo sta<br />

nel suo grande patriottismo, caratteristica<br />

fondamentale di quella gente. Nole dopo<br />

aver trionfato a Wimbledon non ha esitato<br />

a consumare le scarpette in Coppa Davis,<br />

la manifestazione a squadre snobbata dai<br />

grandi, che la giocano una volta sì e due<br />

no. Nole non fugge, Nole lascia <strong>il</strong> segno. È<br />

lui <strong>il</strong> nuovo numero 1 del tennis mondiale,<br />

ha brucato la sacra erba di Wimbledon<br />

mentre la sua corte (per qualcuno dei mira-<br />

coli) ha fatto festa tra le strade di Church<br />

Road. A qualcuno ha dato fastidio, perbacco,<br />

le signore con le coppette di fragole e<br />

crema (non panna come la intendiamo noi,<br />

please) e i signori con i boccaloni di Pimm’s<br />

N. 1 sono stati disturbati nelle loro piccole<br />

abitudini ai margini del Grande Rito. In<br />

realtà Wimbledon già da tempo ha perso la<br />

sua aura di nob<strong>il</strong>tà. Si è venduto, come tutti<br />

noi mortali, ai danari delle tv. Però con<br />

una bella e solida ipocrisia anglosassone.


Foto: AP/LaPresse<br />

Quando ho cominciato a masticare di<br />

tennis (e a entusiasmarmi per <strong>il</strong> medesimo),<br />

e cioè con Adriano Panatta, Paolo<br />

Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino<br />

Zugarelli, a metà degli anni Settanta (sia<br />

benedetta la Coppa Davis 1976), a Wimbledon<br />

non si giocava la domenica e la finale<br />

masch<strong>il</strong>e era programmata di sabato. Per<br />

capirci, Björn Borg e John McEnroe se le<br />

suonavano la vig<strong>il</strong>ia del dì di festa. Ve lo<br />

ricordate Momenti di gloria con <strong>il</strong> pasto-<br />

Ma gli esuberanti sodali di Nole, che facevano<br />

schiamazzi nel box destinato ai parenti, mentre<br />

i compassati spagnoli sembravano “british”,<br />

sono stati solo gli ultimi di una lunga serie<br />

re-missionario-rugbista-atleta Eric Liddell<br />

che non vuole correre la finale olimpica<br />

(1924, Parigi) dei 100 metri perché la<br />

domenica è <strong>il</strong> giorno del Signore? Ecco, a<br />

Wimbledon funzionava così, fino all’ini-<br />

Il serbo Novak “Nole” Djokovic ha battuto<br />

nella finale del torneo di Wimbledon 2011 lo<br />

spagnolo Rafael Nadal. Oltre ad aggiudicarsi<br />

la presitigiosa coppa, Djokovic ha anche<br />

soffiato al rivale iberico <strong>il</strong> primo posto<br />

nel ranking mondiale dei tennisti Atp<br />

zio degli anni Ottanta. Poi è arrivata la tv<br />

americana con le valige cariche di dollari<br />

e gli uomini adesso incrociano le racchette<br />

la domenica. Però, per salvare le apparenze<br />

(ipocrisia) non si gioca nella domenica<br />

di mezzo del torneo.<br />

Una tifosa “di impatto” per Agassi<br />

Questo per dire che le evoluzioni nazionalistiche<br />

del clan Djokovic in mezzo all’erba<br />

(assaggiata, perfino, dal nuovo numero<br />

1), non sono state le prime e non saranno<br />

le ultime. Questo per dire che gli esuberanti<br />

sodali di Nole, che esultavano e facevano<br />

schiamazzi nel box destinato ai parenti,<br />

mentre i compassati spagnoli sembravano<br />

british al uanandred per cent (beh,<br />

del resto avevano ben poco da esultare),<br />

sono stati solo gli ultimi di una lunga<br />

serie. Perfino Andre Agassi ha avuto, nel<br />

1993, una cheerleader di grande impatto,<br />

Barbra Streisand, che esultava con le tet-<br />

te strizzate in un corpetto<br />

bianco a ogni diritto anomalo<br />

del suo amore (pubblicitario,<br />

doveva lanciare un cd).<br />

I serbi sono stati giudicati,<br />

da qualche remoto nostalgico<br />

dei “gesti bianchi”, sopra<br />

le righe. In molti hanno stigmatizzato<br />

l’uscita della signora Dijana Djokovic che,<br />

accanto alla Coppa del figlio, ha sentenziato:<br />

«Dopo anni di dominio di Nadal e Federer,<br />

è cominciata l’era di Nole».<br />

| | 20 luglio 2011 | 47


SPORT C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />

Negli ultimi anni i tennisti li fanno<br />

in serie, tutti sparafuc<strong>il</strong>e senza<br />

grande talento o personalità,<br />

a parte quei tre nomi che tutti<br />

conoscono. E le racchette rosa,<br />

in fondo, subiscono la stessa sorte<br />

Nessuno, però, ha ricordato di Richard<br />

W<strong>il</strong>liams e dei suoi cartelli che mostrava a<br />

tutto <strong>il</strong> Centre Court. Il più famoso: «Questa<br />

è la casa di Venere e Serena e voi non<br />

siete stati invitati». Il tifosi serbi, guidati<br />

dall’effervescente papà Djokovic, Srdjan,<br />

non sono stati i primi a profanare l’ipocrita<br />

sobrietà del <strong>Tempi</strong>o. Certo non l’hanno<br />

fatto gli svizzeri per Roger Fededer, ma<br />

i croati per Goran Ivanisevic (2001) sì. E lo<br />

stesso Goran, durante la sua prima finale<br />

(1992, persa da Agassi al quinto), fu tradotto<br />

da più di un cittadino inglese, ma di<br />

madrelingua croata, a dire cose irripetib<strong>il</strong>i<br />

ai giudici di linea. E vogliamo ricordare<br />

gli show di McEnroe con gli arbitri (indimenticab<strong>il</strong>e<br />

quello con l’arbitro di origine<br />

indiana con <strong>il</strong> turbante)? O la leggendaria<br />

sceneggiata napoletana del 1995 che fece<br />

la gioia dei tabloid inglesi (una prece per<br />

48 | 20 luglio 2011 | |<br />

News of the World)? Accadde su un campo<br />

secondario mentre si affrontavano Jeff<br />

Tarango, americano sposato con la focosa<br />

francese Benedicte, e <strong>il</strong> tedesco Alexander<br />

Mronz, dimenticab<strong>il</strong>e come tennista<br />

ma con un fisico bestiale che fece breccia<br />

nel cuore di Steffi Graf, prima che scoprisse<br />

quant’era tenero Agassi. Tarango accusò<br />

l’arbitro (francese) Bruno Rebeuh di penalizzarlo,<br />

lo insultò, gli diede del corrotto.<br />

Perse <strong>il</strong> match a tavolino, venne cacciato<br />

dal torneo. Già la cosa non era da poco. Ma<br />

ebbe un piccante seguito. La bella Benedicte<br />

schiaffeggiò Rebeuh nel corridoio degli<br />

spogliatoi. Una reazione eccessiva? Si scoprì<br />

che la signora aveva avuto una relazione<br />

con l’arbitro (prima del matrimonio,<br />

anche se qualcuno sostenne di no) e quindi<br />

andò a chiedergli conto del suo atteggiamento<br />

nei confronti del marito.<br />

In queste pagine, alcune<br />

tra le migliori tenniste del<br />

mondo. Da sopra, in senso<br />

antiorario, l’americana<br />

Serena W<strong>il</strong>liams; l’italiana<br />

Francesca Schiavone, che<br />

quest’anno ha sfiorato la<br />

seconda vittoria al Roland<br />

Garros, perdendo in finale<br />

contro la cinese Na Li; la<br />

russa Maria Sharapova,<br />

giunta in finale a Wimbledon<br />

dopo un periodo grigio; la<br />

danese Caroline Wozniacki,<br />

numero uno al mondo.<br />

Nella pagina accanto, in<br />

alto, la ceca Petra Kvitova<br />

in azione a Wimbledon, dove<br />

ha battuto la Sharapova;<br />

sotto, Martina Navrat<strong>il</strong>ova<br />

Insomma, <strong>il</strong> <strong>Tempi</strong>o è stato ridotto a un<br />

tempietto molto prima che arrivasse Nole<br />

Djokovic, <strong>il</strong> ragazzo che poteva diventare<br />

uno sciatore (o anche un calciatore, i due<br />

sport preferiti del padre). I suoi genitori<br />

erano proprietari di un ristorante sul monte<br />

Kopaonik. Nole è cresciuto con gli sci ai<br />

piedi. Poi ha incontrato la racchetta e ora<br />

la sua famiglia è una delle più famose e ricche<br />

di Serbia. Dal ristorante-pizzeria a catene<br />

di ristoranti, ad altre attività diversificate,<br />

soprattutto organizzazioni sportive. Una<br />

potenza. Nole si allena, ha scoperto l’equ<strong>il</strong>ibrio<br />

di una dieta studiata apposta per lui<br />

con prodotti naturali, ha trovato l’amore<br />

con la laureata alla Bocconi Jelena Ristic<br />

con cui – scrive <strong>il</strong> Da<strong>il</strong>y Ma<strong>il</strong> – presto convolerà<br />

a nozze. Ha trovato anche casa a Montecarlo.<br />

Ma questo succede a tanti. Nole tifa<br />

per <strong>il</strong> M<strong>il</strong>an (<strong>il</strong> suo idolo è Zlatan Ibrahimo-


Foto: AP/LaPresse<br />

Il tennis femmin<strong>il</strong>e cerca una regina in grado<br />

di regnare per anni, una che buchi lo schermo<br />

come Nole. Sarà la Kvitova, già paragonata<br />

alla Navrat<strong>il</strong>ova? Santa Martina, pensaci tu<br />

vic) e parla molto bene l’italiano. Ha portato<br />

un ventata di novità, ha spruzzato un po’<br />

di spezia piccante in un ambiente ingessato<br />

e stanco. Sì, proprio come <strong>il</strong> suo clan ha<br />

fatto cagnara nel <strong>Tempi</strong>o, lui lo ha conquistato<br />

con <strong>il</strong> suo tennis da grande difensore,<br />

con i suoi recuperi, con i suoi attacchi dal<br />

fondo. Ma più che con <strong>il</strong> tennis, che è sim<strong>il</strong>e<br />

a quello dei tennisti fatti in serie nell’ultimo<br />

decennio, ha messo <strong>il</strong> suo faccione<br />

in tv, ha detto qualcosa di nuovo al tennis<br />

mondiale. Era un grande imitatore, ora ha<br />

lasciato perdere <strong>il</strong> cabaret e si è concentrato<br />

sull’edificazione del successo. Le sue per-<br />

formance migliori le dedicava a Rafa Nadal<br />

(che non aveva gradito, gli spagnoli hanno<br />

un pessimo senso dell’ironia) e a Maria<br />

Sharapova. Tutto <strong>il</strong> suo repertorio era vasto<br />

e br<strong>il</strong>lante. Anche se ha sacrificato la carriera<br />

come comico di rivista, ha mantenuto<br />

comunque quella sua espressione da giovane<br />

guitto che piace ancora molto. Ce n’è<br />

bisogno. Il tennis è come <strong>il</strong> centrale di Wimbledon,<br />

ha la copertura scorrevole. Una<br />

volta la pioggia bloccava tutto, adesso si<br />

schiaccia un bottone e si va avanti.<br />

Quando le donne duravano di più<br />

Negli ultimi anni si schiaccia anche <strong>il</strong> bottone<br />

per fare tennisti in serie, tutti sparafuc<strong>il</strong>e<br />

senza grande talento o eccelsa personalità,<br />

a parte quei tre nomi che conoscete<br />

tutti. Tutti forti come torelli che caricano<br />

a testa bassa, sempre più anonimi. Il<br />

problema del tennis del terzo m<strong>il</strong>lennio è<br />

questo. Priv<strong>il</strong>egia la forza, è logorante, consuma<br />

<strong>il</strong> fisico e la testa. Borg si è ritirato<br />

dopo aver vinto sei volte <strong>il</strong> Roland Garros<br />

e cinque volte Wimbledon; qualche anno<br />

dopo ha provato a tornare con la racchetta<br />

di legno ed è stato travolto dai nuovi ragazzotti<br />

cresciuti a palestre e fibra di carbonio.<br />

La prima volta che andai a un torneo dello<br />

Slam capitai, al tramonto, sul centrale<br />

semideserto di Parigi. Stava giocando John<br />

McEnroe, ormai a fine carriera. Il tizio che<br />

mi accompagnava mi disse:<br />

«Ascolta la pallina colpita da<br />

Mac, cosa senti?». «Niente»,<br />

risposi. «Appunto». Adesso le<br />

botte che tirano sembrano<br />

colpi di cannone.<br />

In fondo, <strong>il</strong> tennis femmin<strong>il</strong>e<br />

subisce la stessa sorte. Una volta le<br />

donne erano resistenti, duravano di più<br />

degli uomini. Adesso, negli ultimi anni,<br />

anche loro crollano come mosche, si infortunano,<br />

vanno all’università, si ritirano,<br />

fanno anni sabbatici, mettono al mondo<br />

dei figli, poi tornano come ha fatto Kim<br />

Clijsters. Oppure si ritirano, tornano e si<br />

ritirano nuovamente come ha fatto Justine<br />

Henin. Il tennis femmin<strong>il</strong>e è molto<br />

instab<strong>il</strong>e, litigioso, sempre in fibr<strong>il</strong>lazione.<br />

La numero 1 della classifica mondiale, la<br />

danese di origine polacca (<strong>il</strong> padre, calciatore,<br />

lasciò <strong>il</strong> suo paese per giocare a foot-<br />

ball) Caroline Wozniacki mantiene <strong>il</strong> primato<br />

senza aver mai vinto un torneo del<br />

Grande Slam e provocando, per questo, le<br />

ire di Serena W<strong>il</strong>liams, che già non è molto<br />

popolare per la sua eccessiva “schiettezza”.<br />

La più piccola – si fa per dire – delle<br />

Ebony Sisters si è lamentata, sostenendo<br />

che la classifica è taroccata. In questa instab<strong>il</strong>ità,<br />

con giovani carriere bruciate in fretta<br />

e nuove oltraggiose giovinezze offerte al<br />

mondo, si inf<strong>il</strong>ano generazioni di affamate<br />

figlie (o ex figlie) dell’Est come Petra Kvitova,<br />

la ceca che a Wimbledon ha impedito a<br />

miss Maria Sharapova di conquistare nuovamente<br />

<strong>il</strong> torneo. Ha impedito “la storia”,<br />

perché Maria piace sempre moltissimo,<br />

anche se erano anni che si trovava a vivere<br />

un lento declino. Sta giocando di nuovo<br />

su buoni livelli, ma un suo ritorno vincente<br />

sull’erba più bella (tennisticamente parlando)<br />

del mondo avrebbe alzato molto di<br />

più l’audience sull’universo femmin<strong>il</strong>e di<br />

questo sport che negli ultimi è un po’ sceso<br />

nell’interesse generale del pubblico.<br />

Il declino si vede dalle fotogallery<br />

Anche <strong>il</strong> lato voyeuristico del tennis femmin<strong>il</strong>e<br />

non ha più quel fascino che aveva<br />

prima, non è più seguito da un numero<br />

di adepti così numerosi. Basta cliccare<br />

sui siti dei giornali (anche di quelli importanti)<br />

e cercare le solite serie di fotografie<br />

con le donne (semi) nude. Le tenniste sono<br />

sempre di meno, se non quasi inesistenti.<br />

Insomma, <strong>il</strong> tennis femmin<strong>il</strong>e sta cercando<br />

una vera regina che sia in grado di regnare<br />

per anni, qualcuna che sia come Djokovic,<br />

che buchi lo schermo. Potrebbe essere<br />

Petra, già paragonata alla Navrat<strong>il</strong>ova. Santa<br />

Martina, pensaci tu.<br />

E l’Italia? Noi sì che ci decliniamo solo<br />

al femmin<strong>il</strong>e. Meno male che abbiamo le<br />

ragazze, da Francesca Schiavone in giù.<br />

Abbiamo vissuto anni da protagonisti,<br />

nascosti dietro le gonne delle ragazze. Francesca,<br />

la nostra grande lottatrice, ha corso<br />

<strong>il</strong> rischio di rivincere <strong>il</strong> Roland Garros. Ce<br />

la teniamo stretta, sperando che resista al<br />

tempo come resiste sul campo, che rimonti<br />

<strong>il</strong> destino come rimonta le avversarie.<br />

Aspettando che uno come Djokovic nasca,<br />

un giorno, invece che nei dintorni di Belgrado,<br />

in quelli di Casalpusterlengo. n<br />

| | 20 luglio 2011 | 49


L’ITALIA<br />

CHE LAVORA<br />

Il sarto<br />

senza<br />

frontiere<br />

Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello<br />

delle nostre vite? Con i suoi abiti su misura<br />

confezionati a mano, Nardelli continua a sedurre<br />

<strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera pugliese<br />

si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />

La capacità imprenditoriale dimostrata<br />

dall’industria di abbigliamento creata<br />

da Angelo Nardelli nel 1951, rende<br />

onore al Sud italiano. Il fondatore era un<br />

giovane artigiano quando, a Martina Franca<br />

in provincia di Taranto, elegante cittadina<br />

sv<strong>il</strong>uppatasi sulle colline della Murgia,<br />

avviò un laboratorio, una f<strong>il</strong>iera, di 20 persone<br />

per confezionare capi d’abbigliamento<br />

per uomo e donna venduti dallo stesso<br />

Nardelli in Sic<strong>il</strong>ia, in Calabria, in Puglia e<br />

in Campania. «Mio padre – racconta l’attuale<br />

direttore generale Domenico, entrato<br />

in azienda 25 anni fa – lavorava fino a 12<br />

ore al giorno, anche <strong>il</strong> sabato e la domenica<br />

se necessario. Possedeva un temperamento<br />

forte e deciso e spronava i tre figli a stare<br />

con lui, ma io sono stato l’unico a seguire<br />

le sue orme. Dopo <strong>il</strong> diploma di licenza<br />

media, ho fatto un lungo periodo di gavetta,<br />

comprendente tra l’altro corsi di modellista,<br />

di cucito e di formazione nel campo<br />

della moda. La sua guida mi è stata indispensab<strong>il</strong>e<br />

e gliene sarò sempre grato». Ora,<br />

a settantasei anni, Angelo ha preferito ritirarsi,<br />

ma i rapporti con Domenico e i suoi<br />

figli – la terza generazione, Paola addetta<br />

alle relazioni esterne, Angelo e Antonio che<br />

si occupano rispettivamente dei negozi e<br />

dello st<strong>il</strong>e dei vestiti – «continuano ad essere<br />

veramente eccezionali».<br />

Persona semplice e modesta, dal dialogo<br />

conciso, Domenico Nardelli elenca gli<br />

eccellenti risultati raggiunti con la qualità<br />

di quanto viene prodotto dall’azienda nello<br />

stab<strong>il</strong>imento di 15 m<strong>il</strong>a metri quadrati,<br />

su tre piani, con 200 dipendenti, fra i quali<br />

una ventina di sarti addetti al confezionamento<br />

a mano, la cui sede è tuttora a Marti-<br />

50 | 20 luglio 2011 | |<br />

na Franca, una località in cui la tradizione<br />

dell’abbigliamento è storica.<br />

«La nostra svolta industriale – continua<br />

Nardelli – è avvenuta nel 1998, quando,<br />

siamo diventati una società per azioni<br />

con la sigla Itn (Industria tess<strong>il</strong>e Nardelli)<br />

e abbiamo lanciato <strong>il</strong> marchio Angelo Nardelli<br />

1951. Puntando sull’accuratezza sartoriale<br />

dei nostri vestiti, esclusivamente da<br />

uomo, e sull’immagine, siamo riusciti a sv<strong>il</strong>upparci<br />

in Italia e all’estero. Lo devo dire<br />

con orgoglio». I negozi monomarca in Italia<br />

sono sparsi un po’ lungo tutto lo Stivale.<br />

Quello di Martina Franca funziona soprattutto<br />

da spaccio. Gli altri sono ad Altamura,<br />

Lecce, Taranto, Palermo e M<strong>il</strong>ano, «un punto<br />

vendita prestigioso questo, situato nel<br />

palazzo delle Assicurazioni Generali, a due<br />

passi dal Duomo e nel cuore della zona della<br />

finanza cittadina». I monomarca Nardelli<br />

hanno anche varcato i confini nazionali:<br />

in Cina ce ne sono sei, ad Anshan, Pechino,<br />

Harbin, Taijuan, Tongyen e Zhengzhou.<br />

Non solo monomarca<br />

Esistono anche dei veri e propri show room<br />

a M<strong>il</strong>ano, New York e Pechino. Inoltre, vestiti<br />

e accessori Nardelli sono esportati i tutto<br />

<strong>il</strong> mondo: «Siamo presenti nei mercati africani<br />

(Marocco, Sudafrica), americani (Canada,<br />

Stati Uniti e Messico), asiatici (Kazakistan,<br />

Azerbaigian, Taiwan), in Russia, Ucraina<br />

e in altri paesi dell’Unione Europea, fino<br />

alla lontanissima Australia».<br />

Per riuscire a vendere in tutto <strong>il</strong> mondo<br />

i Nardelli hanno dovuto farsi conoscere. E <strong>il</strong><br />

miglior modo è quello di essere presenti in<br />

tutti gli appuntamenti fieristici del settore<br />

come “Pitti immagine uomo Firenze”, “Col-


«In Italia le vendite sono in calo e ancora i<br />

commercianti incontrano difficoltà a pagare.<br />

Ma siamo convinti che <strong>il</strong> mercato si riprenderà.<br />

Anche perché questa è la patria della moda»<br />

lective Premier Moscow”, “Cpd Düsseldorf”,<br />

“Moda prima M<strong>il</strong>ano”, “Men’s Wear Collective<br />

Chicago”, “The Collective New York”.<br />

Non è scontato entrare in questi saloni, ma<br />

una volta che si comincia a esporre anche lì<br />

<strong>il</strong> più è fatto. «Intendiamo sv<strong>il</strong>uppare ulteriormente<br />

la nostra presenza in Cina», prosegue<br />

Domenico Nardelli. «Non solo l’abito<br />

italiano di nostra produzione sta ottenendo<br />

successo, ma anche le prospettive future si<br />

presentano favorevoli. La Cina ha una popolazione<br />

di 1 m<strong>il</strong>iardo e trecentom<strong>il</strong>a persone.<br />

Non tutte ovviamente si possono permettere<br />

di acquistare l’abbigliamento made<br />

in Italy, ma <strong>il</strong> governo cinese sta spingendo<br />

i consumi del ceto medio e nei prossimi<br />

anni sembra che le aziende raddoppieranno<br />

gli stipendi ai dipendenti. Noi del resto<br />

siamo perfettamente in grado di affrontare<br />

la domanda dal momento che produciamo<br />

abiti masch<strong>il</strong>i confezionati accuratamente<br />

su misura e a mano, come desidera <strong>il</strong> cliente,<br />

ut<strong>il</strong>izzando le più pregiate stoffe, compresi<br />

<strong>il</strong> cachemire e <strong>il</strong> puro lino. Vendiamo<br />

inoltre cravatte, cinture,<br />

sciarpe, copricapi e calzature,<br />

tutto ciò di cui<br />

necessita l’abbigliamento<br />

masch<strong>il</strong>e, e ciò grazie<br />

ad altre aziende che lavo-<br />

A sinistra, <strong>il</strong> negozio Angelo Nardelli 1951<br />

a M<strong>il</strong>ano, nel palazzo delle Assicurazioni<br />

Generali. Domenico Nardelli (in basso) è<br />

l’attuale direttore generale dell’azienda<br />

fam<strong>il</strong>iare. Abiti e accessori, esclusivamente<br />

da uomo, sono tutti realizzati a mano<br />

rano per noi». Un’azienda molto organizzata,<br />

la cui mission è quella di soddisfare <strong>il</strong><br />

total look masch<strong>il</strong>e dal gusto classico e raffinato,<br />

ma seguendo al contempo le nuove<br />

tendenze e le innovazioni tecnologiche della<br />

moda uomo. Benissimo all’estero, ma in<br />

Italia la situazione dell’economia rallenta<br />

un po’ gli affarri: «Le vendite sono in calo e<br />

i commercianti incontrano ancora difficoltà<br />

a pagare. Siamo comunque convinti che<br />

<strong>il</strong> mercato si riprenderà. Anche perché l’Italia<br />

è la patria della moda».<br />

Dal calciatore all’impiegato<br />

I prodotti della Angelo Nardelli 1951 sono<br />

scelti soprattutto da professionisti, banchieri,<br />

persone dello spettacolo, sportivi,<br />

per lo più calciatori, ma vengono accontentati<br />

anche dipendenti e impiegati che a<br />

causa del lavoro consumano molti più abiti<br />

in un anno. A loro viene offerto a un prezzo<br />

contenuto l’abito “business” senza rinunciare<br />

alla qualità. Spiega Domenico Nardelli:<br />

«I nostri clienti possono contare su un’offerta<br />

di tessuti di pregio e di varietà di pesi,<br />

fantasie e colori, tutti rigorosamente made<br />

in Italy. Ogni abito viene tagliato e cucito<br />

da mani esperte, secondo la tradizione artigianale<br />

tramandata e affinata da decenni<br />

di esperienza, e realizzato seguendo <strong>il</strong><br />

gusto personale del cliente in ogni dettaglio.<br />

Gli interni e le rifiniture sono in fibre<br />

naturali come <strong>il</strong> cotone, <strong>il</strong> crine di cavallo<br />

e la seta, per garantire un comfort ineguagliab<strong>il</strong>e.<br />

Non intendiamo fermarci. Vogliamo<br />

arrivare in altri paesi, trovare nuovi<br />

partner, creare joint venture». L’intraprendenza<br />

a Nardelli non manca proprio.<br />

Paolo Grieco<br />

| | 20 luglio 2011 | 51


RINNOVATA L’UTILITARIA DELLA NISSAN<br />

Nuova Micra, 3 c<strong>il</strong>indri<br />

e bassi consumi<br />

Fino a quando l’auto elettrica non riuscirà<br />

a ottenere i due risultati fondamentali<br />

per la sua diffusione di<br />

massa (grande autonomia e stazioni<br />

di ricarica), i problemi dei<br />

costruttori rimarranno quelli legati<br />

alla realizzazione di motori<br />

a basse emissioni. La sfida vera si<br />

giocherà sui motori a benzina di<br />

piccola c<strong>il</strong>indrata. Fiat con <strong>il</strong> suo<br />

bic<strong>il</strong>indrico Twinair è arrivata<br />

prima, ma ora c’è una seria rivale:<br />

la nuova Nissan Micra.<br />

La nuova Micra 1.2 Dig-S è equipaggiata<br />

con un propulsore tre c<strong>il</strong>indri sovralimentato<br />

a iniezione diretta di benzina da<br />

95 gr/km di anidride carbonica a fronte di<br />

una potenza di 98 cavalli e consumi medi<br />

nell’ordine di 4,1 litri per 100 km. In sintesi,<br />

la quadratura del cerchio tra prestazioni<br />

non spartane, costi di esercizio molto<br />

sostenib<strong>il</strong>i e capacità di rispondere alle<br />

norme Euro 6 prossime venture. Nissan<br />

In questa pagina, immagini<br />

della rinnovata Micra<br />

e della plancia. L’ut<strong>il</strong>itaria<br />

Nissan ha motore 3 c<strong>il</strong>indri<br />

1.200 cc sovralimentato a<br />

iniezione diretta di benzina.<br />

Emissioni: 95 gr/km di Co2<br />

a fronte di una potenza di<br />

98 cavalli e consumi medi<br />

di 4,1 litri per 100 km<br />

DI NESTORE MOROSINI<br />

MOBILITÀ 2000<br />

Micra 1.2 Dig-S sarà disponib<strong>il</strong>e in prevendita<br />

già da questi giorni di luglio, <strong>il</strong> lancio<br />

commerciale avrà inizio a settembre e<br />

<strong>il</strong> suo listino parte da 14.470 euro per la<br />

versione Tekna. Oltre a Micra, secondo indiscrezioni,<br />

la lista delle vetture<br />

Nissan che si godranno<br />

<strong>il</strong> motore 1.2 Dig-S è già lunga<br />

quanto imprevista. Nissan, ma<br />

anche Ford con <strong>il</strong> suo tre c<strong>il</strong>indri<br />

1.0 Ecoboost e Psa con una<br />

analoga soluzione da 1 e 1,2 litri<br />

di c<strong>il</strong>indrata, si apprestano<br />

a sfidare i mini-diesel proprio su quello<br />

che è stato finora <strong>il</strong> loro terreno preferito:<br />

i costi di esercizio. La normativa Euro<br />

6 che entrerà in vigore nel 2014 sarà infatti<br />

molto più restrittiva dell’attuale Euro 5,<br />

in particolar modo per ciò che riguarda le<br />

emissioni di azoto. Una vera “tagliola” per<br />

i piccoli propulsori a gasolio che dovranno<br />

aggiornarsi e ripulirsi adottando ulteriori<br />

f<strong>il</strong>tri e tecnologie depuranti.<br />

| | 20 luglio 2011 | 53


GREEN ESTATE<br />

SOLuzIONI INTELLIGENTI<br />

Primo passo per salvare Napoli<br />

di Paolo Togni<br />

Non sempre l’iniziativa che risolve un problema nell’immediato<br />

è anche la migliore per garantire una soluzione strutturale:<br />

spesso trovare una risposta immediata senza contemporaneamente<br />

studiare e impostare una soluzione di regime costituisce<br />

la premessa per <strong>il</strong> ripresentarsi dello stesso problema in<br />

tempi più o meno brevi. È precisamente quello che sta succedendo<br />

con la situazione dei rifiuti a Napoli (e a Palermo, e a Roma e<br />

via dicendo). Ormai da oltre un decennio i vari governi hanno ritenuto<br />

di poter risolvere questo problema assegnando grandi quantità<br />

di quattrini a coloro (commissari, sindaci, presidenti, prefetti,<br />

assessori regionali) che si sono succeduti nella responsab<strong>il</strong>ità delle<br />

gestioni: solo per Napoli sono stati spesi (o sperperati?) oltre tre<br />

m<strong>il</strong>iardi di euro presi dalla fiscalità generale, cioè dalle nostre ta-<br />

sche, con i risultati che vediamo. Un problema che tutte le società civ<strong>il</strong>i hanno risolto<br />

da noi permane e incancrenisce, affliggendo i cittadini e portando discredito all’intero<br />

paese. E non è una soluzione impestare <strong>il</strong> territorio nazionale di discariche, che<br />

per quanto ben gestite sono comunque fonte di grave degrado ambientale e paesistico;<br />

e non si risolve mandando i rifiuti in giro per l’Italia o all’estero, in violazione del<br />

principio sacrosanto per <strong>il</strong> quale ogni comunità deve provvedere a gestire e a risolvere<br />

i suoi problemi, anche quelli dei rifiuti.<br />

Ma la situazione di oggi a Napoli si ripresenterà fatalmente, magari dopo brevi pe-<br />

Pensare di uscire dall’emergenza<br />

con la raccolta differenziata e nuove<br />

discariche è un’<strong>il</strong>lusione imbec<strong>il</strong>le.<br />

Servono poche mosse: per prima<br />

tagliare i legami di interesse tra<br />

criminalità, mafia e amministratori<br />

AMICI MIEI<br />

RIVISTA<br />

Sguardo alla Russia<br />

Il nuovo numero de La nuova Europa<br />

propone un’intervista a profughi<br />

cubani emigrati in Ecuador.<br />

Nella rivista viene inoltre presentato<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m The way back scritto<br />

e diretto da Peter Weir, basato<br />

sulle memorie di Slawomir Rawicz.<br />

Narra la fuga di sei detenuti<br />

da un gulag siberiano. Tra gli interpreti<br />

del f<strong>il</strong>m Colin Farrell. Tra<br />

i temi trattati in questo numero<br />

anche la costruzione di nuove<br />

chiese in Russia. Infine, lente<br />

54 | 20 luglio 2011 | |<br />

d’ingrandimento su nuovi poeti<br />

dell’ex Unione Sovietica e pensatori<br />

come Aleksej Stepanovic<br />

Chomjakov e padre Tavrion.<br />

MOSTRA<br />

Giovanni Frangi al<br />

Diocesano di M<strong>il</strong>ano<br />

Grandi dimensioni, pennellate azzurre,<br />

blu e turchesi che delineano<br />

paesaggi onirici, sentieri tracciati<br />

da sassi neri e grigi con qualche<br />

chiazza gialla qua e là. Ecco<br />

come sono i giardini di Giovanni<br />

Frangi (M<strong>il</strong>ano, 1959), affermato<br />

pittore della scena artistica italiana<br />

e internazionale a cui <strong>il</strong> Museo<br />

Diocesano di M<strong>il</strong>ano (Corso di<br />

PRESA<br />

D’ARIA<br />

riodi, se si insisterà a disegnare in<br />

aria fumisterie senza base reale. Pensare<br />

di uscire dall’emergenza con la<br />

raccolta differenziata e la creazione<br />

di nuove discariche è un’<strong>il</strong>lusione<br />

imbec<strong>il</strong>le e colpevole: se i problemi<br />

di Napoli (eccetera) vogliamo risolverli,<br />

sono necessarie poche, semplici<br />

mosse, la prima delle quali consi-<br />

ste nel tagliare i vergognosi legami di interesse e di omertà che da decenni stringono<br />

criminalità organizzata, mafia dai colletti bianchi e amministratori pubblici. L’impresa<br />

può sembrare sovrumana, ma non lo è. Basterebbe cominciare eliminando le competenze<br />

in materia dei Comuni, per riportarle a soggetti dotati di più ampia competenza<br />

territoriale, più fac<strong>il</strong>i da controllare strettamente. Bisognerebbe proseguire, e questo<br />

purtroppo è più diffic<strong>il</strong>e, eliminando gli intrallazzi e le interferenze dei politici locali di<br />

tutte le razze e di tutti i colori: non bisogna fare di un problema di legalità un problema<br />

di organizzazione dell’attività. Ho indicato <strong>il</strong> primo passo: nelle prossime rubriche seguiterò<br />

a esporre la mia soluzione. Condivisa o no che sia, è l’unica valida.<br />

tognipaolo@gma<strong>il</strong>.com<br />

Porta Ticinese, 95) dedica, fino al<br />

3 settembre 2011, la retrospettiva<br />

intitolata “La Régle du jeu. Atto<br />

Secondo”. La mostra è inserita<br />

nell’ambito di un’iniziativa che<br />

permette di passare una serata<br />

(dalle 19 alle 24) nel chiostro della<br />

sede e di ammirare le esposizioni<br />

dedicate al contemporaneo.<br />

Dieci imponenti tele che rappresentano<br />

giardini – sei recentemente<br />

presentate al Teatro India<br />

di Roma e altre quattro inedite<br />

– invadono lo spazio espositivo<br />

del museo e, creando un’atmosfera<br />

che tanto ha di scenografico<br />

e teatrale, assorbono lo spettatore<br />

tra le tante ombre disegnate<br />

da una moltitudine di tronchi.<br />

È la natura la protagonista asso-<br />

CINEMA<br />

In viaggio con<br />

una rockstar,<br />

di Nicholas Stoller<br />

Una commedia<br />

ben riuscita<br />

Una rockstar drogata cerca<br />

<strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dopo l’ennesimo<br />

flop discografico.<br />

Ennesimo prodotto intelligente<br />

e scorretto di Judd<br />

HOME VIDEO<br />

Non lasciarmi,<br />

di Mark Romanek<br />

Melodramma gent<strong>il</strong>e<br />

La vita di tre ragazzi costretti<br />

dallo Stato a donare organi.<br />

Splendido melodramma gent<strong>il</strong>e<br />

e sofferto. Sospeso in un’atmosfera<br />

indefinita e segnato<br />

da colori autunnali, è un grande<br />

f<strong>il</strong>m sulle domande fondamentali<br />

dell’essere umano. Chi<br />

sono io? Quale <strong>il</strong> mio destino?<br />

A che cosa servo? Perché<br />

vivere e morire? Sono le domande<br />

che i tre protagonisti<br />

si pongono, sempre e continuamente,<br />

nonostante un destino<br />

che sembra averli condannati<br />

fin dalla nascita.<br />

Apatow (<strong>il</strong> produttore), lo<br />

stesso di Molto incinta e<br />

40 anni vergine. È la storia,<br />

molto divertente e con<br />

punte di volgarità imbarazzanti,<br />

della missione impossib<strong>il</strong>e<br />

di un discografico<br />

impegnato nell’organizzazione<br />

di un concerto per<br />

una rockstar inglese fricchettona.<br />

Succederà di tutto,<br />

tra volgarità, colpi bassi<br />

ma anche buon senso. Ri-<br />

luta di un percorso che approfondisce<br />

i temi portanti della ricerca<br />

pittorica dell’artista: servendosi<br />

di una declinazione di toni cromatici<br />

differenti che modificano<br />

la percezione delle cose, Frangi<br />

ama riproporre lo stesso soggetto<br />

e reinventarlo di volta in volta<br />

riuscendo a plasmare una serie di<br />

inedite atmosfere da sogno.<br />

Mariapia Bruno<br />

LIBRI/1<br />

Disponib<strong>il</strong>e in libreria<br />

È finalmente arrivato in libreria<br />

<strong>il</strong> libro La gogna (Boroli editore,<br />

160 pagine, 14 euro) di Maurizio<br />

Tortorella, recensito nel numero<br />

26 di <strong>Tempi</strong> (6 luglio 2011).


spetto alla comicità greve<br />

e autoreferenziale di Una<br />

notte da leoni e compagni,<br />

<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha un senso, nasconde<br />

persino una drammaticità<br />

dietro <strong>il</strong> velo demenziale<br />

e ha <strong>il</strong> coraggio di<br />

affermare che l’amicizia è <strong>il</strong><br />

bene più prezioso, come ricorda<br />

<strong>il</strong> bel finale. Il resto,<br />

la cornice, <strong>il</strong> cast sopra le<br />

righe, la vis comica di grana<br />

grossa è la confezio-<br />

SPORTELLO INPS<br />

ASSISTENzA E NON SOLO<br />

Conviene riscattare<br />

<strong>il</strong> periodo di studi?<br />

Dopo la laurea<br />

Sono interessata a riscattare la<br />

laurea. Il conteggio sul costo è fatto<br />

in riferimento alla situazione del<br />

richiedente al momento della presentazione<br />

della domanda o al momento<br />

in cui la domanda è analizzata<br />

da Inps? Anche i lavoratori<br />

co.co.pro iscritti alla gestione separata<br />

dell’Inps possono chiedere<br />

<strong>il</strong> riscatto della laurea? Grazie.<br />

Patrizia M.<br />

ne. E fa piegare dalle risate.<br />

Si piglia in giro la vanità<br />

e l’ignoranza del sistema<br />

(discografici e rockstar) e<br />

si riporta tutti coi piedi per<br />

terra. Più che un m<strong>il</strong>ione<br />

di dischi, vale una persona<br />

che ti vuole bene.<br />

visti da Simone Fortunato<br />

In collaborazione con<br />

invia <strong>il</strong> tuo quesito a<br />

sportelloinps@tempi.it<br />

Sopra, <strong>il</strong> regista<br />

Nicholas Stoller<br />

Gent<strong>il</strong>e Patrizia, <strong>il</strong> costo è calcolato<br />

in base alla data di presentazione<br />

della domanda di riscatto.<br />

Nel caso lei non avesse mai lavorato<br />

l’importo (fisso) sarà minimo.<br />

La risposta è positiva per quanto<br />

riguarda la seconda domanda, ricordandole<br />

che, essendo la gestione<br />

separata interessata esclusivamente<br />

dal sistema pensionistico<br />

contributivo, in tale gestione possono<br />

essere riscattati solo i periodi<br />

che rientrano in tale sistema di<br />

calcolo della pensione (quelli successivi<br />

al 31 marzo 1996).<br />

Mi sono laureata nel 2005, dal<br />

2006 al 2008 ho lavorato in un<br />

ente pubblico come co.co.pro. Ho<br />

presentato la richiesta di riscat-<br />

FLORES D’ARCAIS NEI PANNI DI ARIO<br />

Il Gesù di Micromega<br />

vs <strong>il</strong> Cristo di Ratzinger<br />

di Massimo Giardina<br />

Per quale ragione <strong>il</strong> direttore di Micromega<br />

ha scritto un libro su Gesù? Perché<br />

«Nel libro di Ratzinger appena uscito<br />

non c’è Gesù, bensì <strong>il</strong> Cristo dogmatizzato dai<br />

Conc<strong>il</strong>i di Nicea (325) e Calcedonia(451), do-<br />

SEMPLICITà<br />

CRISTIANA<br />

minati e decisi dagli imperatori di Roma, che con <strong>il</strong> Gesù della<br />

storia nulla ha a che fare e che anzi contraddice e nega sotto ogni<br />

aspetto essenziale». Lo scopo è quindi smascherare le “bugie” del<br />

teologo professor Joseph Ratzinger. Dunque, secondo Paolo Flores<br />

d’Arcais Gesù non è <strong>il</strong> Cristo, ma «una figura di minore importanza<br />

rispetto al Giovanni che battezzava sulle rive del Giordano e di<br />

altri predicatori apocalittici del suo tempo».<br />

Nel conc<strong>il</strong>io di Nicea si discutono le tesi di un certo Ario, per<br />

<strong>il</strong> quale Gesù era creatura, anziché Dio. 1.700 anni dopo Flores<br />

D’Arcais si iscrive a questa fazione. Purtroppo per lui, con Nicea<br />

(e Calcedonia), si chiarisce <strong>il</strong> significato di “Gesù Figlio di Dio”.<br />

Ario, i monofisiti (e D’Arcais) vengono sconfitti. Non dalle trame<br />

oscure del potere imperiale (<strong>il</strong> quale, con Costanzo II, sosterrà<br />

piuttosto l’eresia ariana), ma dalla pura e semplice cristianità.<br />

Ma D’Arcais non si arrende. Secondo lui, l’uguaglianza Gesù-Cristo<br />

resta una forzatura che non trova riscontri<br />

nella Sacra Scrittura. A dire <strong>il</strong> vero anche<br />

“<strong>il</strong> sola scriptura” di Lutero, ricorderebbe<br />

a D’Arcais che «Gesù è Cristo» (1 Gv<br />

5,1), «Gesù è <strong>il</strong> Signore» (Rom 10,9; 1<br />

Cor 12,3), «Dio ha costituito Signore<br />

e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso»<br />

(At 2,36).<br />

Così <strong>il</strong> Direttore è come quel tale<br />

che dice di essersi messo alla ricerca<br />

di qualcosa che in realtà è persuaso<br />

di avere già trovato. Insomma,<br />

vi sembra intelligente che<br />

un ateo razionalista perda<br />

tempo a confutare che<br />

“Gesù è Dio”, cosa che,<br />

dal suo punto di vista, somiglia<br />

alla confutazione<br />

che “l’asino vola”?<br />

to della laurea, ma non ho ancora<br />

avuto <strong>il</strong> preventivo. Oggi lavoro<br />

in un altro ente come dipendente.<br />

È <strong>il</strong> caso di ripresentare la domanda<br />

oppure la richiesta effettuata a<br />

suo tempo deve essere evasa?<br />

Nicoletta P.<br />

Gent<strong>il</strong>e Nicoletta, non è necessario<br />

ripresentare la domanda. Può<br />

farlo se la domanda è stata presentata<br />

prima del 2008, e qualora<br />

voglia usufruire delle nuove<br />

modalità di pagamento in vigore<br />

dal primo gennaio 2008, che prevedono<br />

<strong>il</strong> pagamento rateale fino<br />

a dieci anni senza interessi. Tenga<br />

però conto che, in tal caso, l’importo<br />

sarebbe ricalcolato in base<br />

alle sue ultime retribuzioni.<br />

Estratto contributivo<br />

Nell’estratto conto previdenziale<br />

dell’Inps, in alcuni anni è indicata<br />

una nota con la dicitura “contributi<br />

ridotti al numero massimo<br />

che può essere riconosciuto nel<br />

periodo”. Cosa vuole dire?<br />

Piero L.<br />

Gent<strong>il</strong>e Piero, l’Inps calcola i contributi<br />

in settimane coincidenti<br />

con i sabati di calendario. Accade<br />

che, specie in anni bisest<strong>il</strong>i, le<br />

settimane possano essere 53 invece<br />

delle solite 52. In queste circostanze<br />

l’estratto contributivo<br />

indica <strong>il</strong> numero massimo delle<br />

settimane accreditab<strong>il</strong>i (massimo<br />

52), non tenendo conto delle<br />

eventuali settimane in eccedenza.<br />

| | 20 luglio 2011 | 55


anteprima<br />

56 | 20 luglio 2011 | |<br />

libri<br />

I tormenti<br />

di uno<br />

statista<br />

<strong>il</strong> testamento di Cossiga raccolto da renato<br />

Farina. Dalle sorti della Dc allo strazio per<br />

<strong>il</strong> rapimento di Aldo Moro: «l’ho condannato<br />

a morte, insieme con Andreotti, Zaccagnini<br />

e berlinguer. io non sono l’assassino però!»<br />

Pubblichiamo un ampio stralcio del libro di<br />

Renato Farina in uscita per l’editore Mars<strong>il</strong>io<br />

e che contiene <strong>il</strong> testamento politico del<br />

presidente emerito della Repubblica Francesco<br />

Cossiga, scomparso <strong>il</strong> 17 agosto dello<br />

scorso anno. «Il libro è mio e le parole sono<br />

sue – scrive Farina. Sono quelle che ho udito<br />

da lui, quelle delle carte da lui tirate fuori<br />

dai cassetti».<br />

di renato Farina<br />

Lo scorso 4 luglio, la festa dell’Indipendenza,<br />

mentre all’Ambasciata americana<br />

partecipavo al ricevimento,<br />

era verso sera, una ragazza mi si avvicina.<br />

«Senatore Cossiga...». Non sapevo chi fosse,<br />

non la conoscevo, forse un tratto del volto<br />

però, qualcosa di famigliare e amico...<br />

«Sono la nipote di Aldo ed Eleonora Moro,<br />

sono la figlia di Agnese». Se ne andò subito<br />

via. Mi ricordo qualcosa, un sorriso, non so,<br />

devo averle dato la mano, non ricordo bene.<br />

Dopo trent’anni dalla morte di Aldo Moro è<br />

la prima volta che qualcuno della sua famiglia<br />

si rivolge a me parlandomi, chiamandomi<br />

per nome. L’ho sentito come una carezza<br />

dall’ald<strong>il</strong>à. Forse Aldo comincia a capirmi<br />

(…). Sono sempre stato considerato da tutti<br />

i Moro, per ogni istante di questi trent’anni<br />

dall’8 maggio 1978, come l’assassino del<br />

loro marito, padre, nonno. L’ho condannato<br />

a morte, è vero. Se pensassero e dicessero<br />

questo non sosterrebbero nulla di diverso<br />

da quanto scritto da Aldo e riconosciuto<br />

da me. L’ho fatto in piena coscienza. Le mie<br />

convinzioni, di me cattolico liberale, che<br />

crede nello Stato e nelle ragioni dello Sta-<br />

to per <strong>il</strong> bene comune, hanno prevalso. L’ho<br />

condannato a morte, insieme con Andreotti,<br />

Zaccagnini e Berlinguer. Io non sono l’assassino<br />

però! Sono le Brigate rosse (...). Ci si<br />

dimentica sempre di questo: che gli assassini<br />

sono i brigatisti. E che tra coloro che hanno<br />

deciso la condanna a morte c’è, e in una<br />

posizione decisiva, di intransigenza estrema,<br />

Enrico Berlinguer e <strong>il</strong> suo Partito comunista.<br />

Qualcuno mi ha chiesto se sapessi perché<br />

la vedova di Nicola Calipari, eccellente<br />

senatrice e ora deputata, Rosa V<strong>il</strong>leco, abbia<br />

accettato subito la candidatura dei Ds. Gli<br />

risposi con una domanda: perché gli assassini<br />

di Moro, secondo i suoi fam<strong>il</strong>iari, siamo<br />

io, Zaccagnini, Andreotti; perché essi<br />

non hanno mai detto una parola contro i<br />

comunisti? Hai mai sentito uno della famiglia<br />

Moro dire che la linea della fermezza<br />

era voluta innanzitutto da Berlinguer e dai<br />

suoi? La mia risposta è: perché i comunisti<br />

fanno ancora paura. Perché facciano ancora<br />

paura non me lo spiego. O hanno questa<br />

magia per cui qualunque cosa facciano essi<br />

non sono giudicab<strong>il</strong>i, quasi fossero superuomini.<br />

Nel suo ultimo libro quel matto di<br />

Giovanni Moro indica queste persone come<br />

gli assassini del padre: Paolo VI, Andreotti,<br />

io e Zaccagnini. Ancora una volta Berlinguer<br />

lo lascia fuori. Nessuno della famiglia<br />

l’ha mai lontanamente indicato come minimamente<br />

responsab<strong>il</strong>e (...).<br />

Per questo è veramente un delitto contro<br />

la persona di Moro raffigurarlo – nella


Foto: AP/LaPresse<br />

ParoLa sua<br />

COSSIGA<br />

MI HA DETTO<br />

R. Farina<br />

Mars<strong>il</strong>io<br />

14 euro<br />

La famosa<br />

e tragica foto<br />

di Aldo Moro<br />

ostaggio delle<br />

Brigate rosse.<br />

Nell’altra pagina,<br />

da sinistra, Enrico<br />

Berlinguer (a capo<br />

del Pci ai tempi<br />

del rapimento)<br />

e Moro insieme<br />

al compagno di<br />

partito Francesco<br />

Cossiga<br />

statua che lo dovrebbe onorare nel suo paese<br />

natale – con l’Unità in tasca. Moro trasformato<br />

in icona di sinistra è una gigantesca<br />

menzogna. In ogni modo difese la Democrazia<br />

cristiana, si identificò con essa, si batté<br />

alla Camera per Luigi Gui, innocente ma<br />

attaccato con violenza per <strong>il</strong> caso Lockheed,<br />

dicendo ai comunisti: «Noi non accettiamo<br />

di essere considerati dei corrotti. Abbiamo<br />

certo commesso anche degli errori politici,<br />

ma le nostre grandi scelte sono state di<br />

libertà e di progresso. Per queste ragioni,<br />

onorevoli colleghi, che ci avete preannunciato<br />

<strong>il</strong> processo sulla piazza, vi diciamo che<br />

noi non ci faremo processare!». No, signori,<br />

non ci processerete nelle strade e nelle piazze.<br />

Non fin quando ci fosse stato lui, in ogni<br />

caso. Ci riuscirono. Negli anni di Mani pulite<br />

questa profezia si è avverata, perché ci<br />

hanno ucciso Moro. Il suo sangue è ricaduto<br />

davvero su di noi, come scrisse disperato<br />

e preveggente. Ma io non sono pentito, ho<br />

rimorso, senso di colpa. Ma è qualcosa di<br />

psicologico. Mi sono venuti subito i capelli<br />

bianchi, rincorro e sono rincorso dalla<br />

depressione. Ma sono in me, e dico lo rifarei.<br />

In quelle condizioni sarebbe stato immorale<br />

decidere altrimenti e ci sarebbero state conseguenze<br />

catastrofiche.<br />

(…) Credo sia per questo avesse una stima<br />

fortissima di don Luigi Giussani e di<br />

Comunione e liberazione. Ho conservato<br />

da qualche parte l’angolo di giornale dove<br />

segnò i numeri di telefono di Giussani e<br />

Formigoni, dicendomi, anzi ordinandomi<br />

di chiamarli e di incontrarli. Nel 1976 si era<br />

assunto in prima persona l’onere di condurre,<br />

pur essendo presidente del Consiglio, la<br />

campagna elettorale che minacciava di essere<br />

quella del sorpasso. Diceva che gli unici<br />

a capire <strong>il</strong> senso autentico di quello che<br />

poteva accadere erano loro: e mi mandò da<br />

loro. Moro era stato al convegno degli universitari<br />

di Cl <strong>il</strong> 23 marzo del 1973 al Palalido<br />

di M<strong>il</strong>ano.<br />

L’incontro con i ciellini e la stima<br />

Gli intellettuali di sinistra in quel periodo<br />

bollavano i ciellini come “parademocratici”.<br />

Lui stette lì ad ascoltare, senza pretendere<br />

di intervenire. Non andò a fare da<br />

padrino, non venne su da Roma a M<strong>il</strong>ano<br />

perché volesse trasferire Cl nella Dc, ma<br />

perché in quel movimento riscopriva lo<br />

scopo della sua azione politica: permettere<br />

che queste presenze cristiane fossero libere<br />

di crescere. Aveva un’ammirazione sconfinata.<br />

Era un pessimista e vedeva <strong>il</strong> crollo di<br />

tutto, <strong>il</strong> disfacimento della società sia civ<strong>il</strong>e<br />

sia religiosa e in quello vedeva un punto<br />

di resistenza. Dava senso alla sua azione:<br />

la politica la intendeva così, non come<br />

costruzione dello Stato, in cui non credeva.<br />

(…) Sin da giovane, lo Stato per lui era inessenziale.<br />

Per lui invece <strong>il</strong> centro era <strong>il</strong> sociale.<br />

Era lo stesso pensiero di fondo emergente<br />

dalle sue parole in prigionia.<br />

E qui però viene fuori la storia di Gradoli.<br />

Di via Gradoli, che fu interpretata come<br />

indicazione di una cittadina: Gradoli in<br />

Abruzzo… È la storia della seduta spiritica.<br />

Nell’inverno del 2007, <strong>il</strong> comunista senatore<br />

Massimo Brutti, a Porta a Porta ha sostenuto<br />

di credere davvero si sia trattato di un intervento<br />

degli spiriti di Giorgio La Pira e don<br />

Luigi Sturzo. Lui si dichiara materialista storico<br />

e dialettico ma sostiene che persone<br />

serie come Prodi e la sua compagnia non<br />

potevano inventarsi una cosa tanto assurda,<br />

perciò la faccenda del piattino che si muove<br />

sospinto da una mano invisib<strong>il</strong>e sul tavolino<br />

è per forza vera. La notizia di Gradoli<br />

mi giunse attraverso Luigi Zanda. La cosa<br />

che mi ha colpito quando <strong>il</strong> capo dell’ufficio<br />

stampa della Dc, Umberto Cavina, raggiunse<br />

<strong>il</strong> mio portavoce perché me lo riferisse è<br />

che quelle notizie non erano più segrete.<br />

Cioè circolavano dovunque. Prodi le portò<br />

dopo due giorni a Roma dal momento della<br />

cosiddetta seduta spiritica. Fu trasmessa prima<br />

che a me al capo della polizia Parlato. La<br />

«Hai mai sentito uno della famiglia Moro<br />

dire che la linea della fermezza era voluta<br />

innanzitutto da Berlinguer e dai suoi? No,<br />

perché i comunisti fanno ancora paura»<br />

f<strong>il</strong>iera autentica di questa soffiata non parte<br />

certo da un alito d’oltretomba. Uno scagnozzo<br />

di Autonomia operaia è andato in<br />

università e l’ha detto al professor Alberto<br />

Clò, <strong>il</strong> quale lo riferì a Beniamino Andreatta.<br />

Se si fosse conosciuta o sospettata la fonte,<br />

quel tipo sarebbe stato eliminato. Probab<strong>il</strong>mente<br />

fu Andreatta ad escogitare la finta<br />

esibizione paranormale cui non partecipò.<br />

Nella casa di campagna, quel 3 apr<strong>il</strong>e<br />

c’era anche l’economista Mario Baldassarri,<br />

futuro viceministro di Alleanza nazionale,<br />

che ancora giura sulla verità del racconto di<br />

Prodi. Il quale testimoniò: «Era un giorno di<br />

pioggia, facevamo <strong>il</strong> gioco del piattino, termine<br />

che conosco poco perché era la prima<br />

volta che vedevo cose del genere. Uscirono<br />

Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci<br />

ha badato: poi in un atlante abbiamo visto<br />

che esiste <strong>il</strong> paese di Gradoli. Abbiamo chiesto<br />

se qualcuno sapeva qualcosa e visto che<br />

nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio<br />

dovere, anche a costo di sembrare ridicolo,<br />

come mi sento in questo momento, di riferire<br />

la cosa. Se non ci fosse stato quel nome<br />

sulla carta geografica, oppure se fosse stata<br />

Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito.<br />

Il fatto è che <strong>il</strong> nome era sconosciuto e<br />

allora ho riferito.». Mi sono convinto che la<br />

messinscena autentica servisse a procurare<br />

più testimoni credib<strong>il</strong>i disposti a confermare<br />

la fonte extraterrestre. Insomma, ci fu<br />

trucco per darla a bere.(…)<br />

Non c’entra la P2<br />

Le mie carte scoperte sono che l’ho condannato<br />

a morte. E non c’entra la P2, i piduisti<br />

che si occuparono del rapimento ed erano<br />

ai vertici dei servizi erano galantuomini,<br />

per di più amici di Moro. Alcuni divennero<br />

piduisti dopo quel maggio 1978. Mi tornano<br />

in mente i torti minori e in fondo più<br />

tristi subiti da Moro. Le sue tre lettere a una<br />

studentessa che si era innamorata di lui, e<br />

con la quale egli ebbe un rapporto castissimo.<br />

E i famigliari della ragazza, alto borghesi,<br />

negarono le lettere, negarono qualsiasi<br />

rapporto. Si vergognavano di Moro<br />

come di un appestato. Le mie carte scoperte<br />

è che non accetto <strong>il</strong> ruolo di Eleonora Moro<br />

come della sposa innamorata. Gli rese la<br />

vita infernale. Lui resisteva in casa solo perché<br />

tornava tardi la notte. Non voleva mai<br />

rientrare, sperava la moglie dormisse. Altrimenti<br />

erano litigi. E con i figli da lui amatissimi.<br />

Lo ricordo scendere una volta da un<br />

aereo in arrivo da Bari da dove era giunto<br />

con la famiglia. Era rabbuiato: gli dissero in<br />

coro che non avrebbero votato Democrazia<br />

cristiana. In quel momento, in cui si decideva<br />

tutto quanto <strong>il</strong> loro padre<br />

avesse a cuore… Io non sono in<br />

pace per la tua morte, Aldo. Vorrei<br />

esistessi tu e non io. Volevo<br />

dirti di essere stato contento del<br />

saluto di tua nipote.<br />

| | 20 luglio 2011 | 57


ANTEPRIMA CINEMA<br />

Incontri ravvicinati con t<br />

Sono ragazzi come tanti, con <strong>il</strong> sogno, un giorno,<br />

di conquistare Hollywood. Si ritroveranno a<br />

fronteggiare un attacco alieno. Armati solo di una<br />

Super 8. È in arrivo a settembre un f<strong>il</strong>m firmato<br />

J.J. Abrams che riporta nelle sale <strong>il</strong> mitico st<strong>il</strong>e E.T.<br />

è arrivata e ha portato via <strong>il</strong><br />

bel cinema. Luglio e agosto nelle<br />

L’estate<br />

sale cittadine offrono solo mediocri<br />

commedie americane e f<strong>il</strong>m italiani di<br />

serie z, così spesso <strong>il</strong> motivo che spinge i<br />

temerari a regalarsi la visione di trascurab<strong>il</strong>issimi<br />

metri di pellicola è l’aria condizionata,<br />

che promette una tregua dall’afa<br />

almeno per i canonici 90 minuti. Non resta<br />

che aspettare che arrivi settembre, mese in<br />

cui la macchina ripartirà in pompa magna,<br />

con i soliti noti e le new entry che si contenderanno<br />

sold out al botteghino e favori<br />

della critica, sperando di coronare <strong>il</strong> successo<br />

con la soddisfazione più grande, un<br />

58 | 20 luglio 2011 | |<br />

premio sul palco degli Oscar. In Italia, a tre<br />

mesi di distanza dall’esordio americano, <strong>il</strong><br />

9 settembre arriverà Super 8, la nuova pellicola<br />

di J.J. Abrams, <strong>il</strong> Re Mida di Hollywood,<br />

prodotta da Sua Maestà Steven Spielberg.<br />

Un onore per <strong>il</strong> creatore di Lost, che non<br />

ha mai nascosto <strong>il</strong> suo amore per la lunga<br />

produzione spielberghiana e che quasi profeticamente,<br />

a soli 15 anni, aveva aiutato <strong>il</strong><br />

maestro a montare un f<strong>il</strong>mino in 8 m<strong>il</strong>limetri<br />

realizzato in gioventù.<br />

Siamo nel 1979, in una cittadina di ventim<strong>il</strong>a<br />

abitanti dell’Ohio. Un gruppo di<br />

ragazzini sta girando “Il caso”, un f<strong>il</strong>m sugli<br />

zombie da presentare a un festival regiona-<br />

In queste pagine, alcune scene di Super 8,<br />

diretto da J.J. Abrams (creatore di<br />

Lost e regista di Star Trek) e prodotto<br />

dal suo maestro Steven Spielberg<br />

le. Tra loro c’è Joe (l’esordiente Joel Courtney,<br />

classe 1996), che si occupa del trucco<br />

e degli effetti speciali e che ha appena perso<br />

la madre in un incidente in fabbrica. La<br />

morte della donna lo ha gettato nello sconforto<br />

e <strong>il</strong> padre, <strong>il</strong> vicesceriffo Jackson Lamb<br />

(Kyle Chandler), non sa bene come affrontare<br />

la delicata situazione: <strong>il</strong> lavoro lo ha portato<br />

spesso lontano da casa e da Joe, di cui<br />

sa pochissimo. L’estate sta arrivando e Jackson<br />

vorrebbe che <strong>il</strong> figlio aderisse a uno di


ipi alla Spielberg<br />

quei programmi estivi per adolescenti pieni<br />

di gite, sport e divertimento, ma <strong>il</strong> ragazzo<br />

ha un solo desiderio: finire <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m in tempo<br />

per <strong>il</strong> concorso. Una notte la troupe sta<br />

girando alcune scene con una videocamera<br />

amatoriale, la Super 8; con loro c’è anche<br />

Alice (Elle Fanning), ragazzina un po’ più<br />

grande, bellissima e dagli occhi tristi. Un<br />

treno spunta in lontananza: è <strong>il</strong> momento<br />

di girare la scena centrale. Ma improvvisamente<br />

un pick-up irrompe sui binari e si<br />

schianta contro <strong>il</strong> treno. L’incidente è incredib<strong>il</strong>e<br />

e i giovani cineamatori si salvano per<br />

miracolo. Alla guida del pick-up c’è <strong>il</strong> loro<br />

insegnante di biologia, che intima ai ragazzi<br />

di non riferire nulla di quanto visto, altrimenti<br />

“loro” li troveranno e li uccideranno.<br />

Loro chi? I ragazzi iniziano a interrogarsi<br />

sulla catastrofe ma la paura li spinge<br />

a mantenere <strong>il</strong> segreto, mentre la cittadina<br />

è sconvolta dall’evento, che causa l’arrivo<br />

improvviso dell’esercito e l’inizio di fenomeni<br />

inspiegab<strong>il</strong>i. Qualcosa di tremendo<br />

sta per accadere.<br />

Un gruppo di preadolescenti è <strong>il</strong> motore<br />

di una storia che mescola con maestria<br />

elementi della fantascienza anni Ottanta, la<br />

commedia di fine anni Settanta e una buona<br />

dose di cinema contemporaneo a cui J.J.<br />

Abrams ci ha ben abituato. Le ambientazioni<br />

e la struttura della narrazione ricordano<br />

da vicino alcuni capolavori spielberghiani,<br />

ma siamo lontani dall’emulazione: la sensazione<br />

è che Super 8 sia ispirato alle grandi<br />

storie per ragazzi, che alternano coraggiose<br />

Una storia “spielberghiana” che<br />

alterna coraggiose avventure<br />

ai problemi della vita quotidiana.<br />

Due ore di “pura evasione”,<br />

nel senso più nob<strong>il</strong>e del termine<br />

avventure ai problemi della vita quotidiana,<br />

regalando allo spettatore due ore di “pura<br />

evasione”, nel senso più nob<strong>il</strong>e del termine.<br />

Quei f<strong>il</strong>m che hanno ispirato i giovanissimi<br />

a prendere in mano le videocamere di famiglia,<br />

radunare gli amici e sognare un futuro<br />

negli Studios di Hollywood. Alcune scene<br />

rievocano la serie cult degli anni Novanta<br />

Dawson’s Creek, con protagonista un adolescente<br />

innamorato del cinema di Spielberg<br />

che, in una cameretta arredata con le locandine<br />

di E.T. e Lo squalo, dirige <strong>il</strong> suo primo<br />

zombie movie con gli amici d’infanzia.<br />

C’è un f<strong>il</strong>m da portare a termine<br />

Super 8 è pura avventura, che non necessita<br />

di effetti speciali m<strong>il</strong>iardari o del 3D per far<br />

innamorare lo spettatore. I veri protagonisti<br />

sono Joe e i suoi amici. È con loro che <strong>il</strong><br />

pubblico entra in sintonia. Il diverso, l’alieno<br />

imprigionato in una terra da cui vuole<br />

scappare, terrorizza Joe ma non gli impedisce<br />

di cercare con tutte le forze di salvare<br />

l’amata Alice, rapita dal mostro. E <strong>il</strong> gruppo,<br />

impaurito, geloso di questo amore, pavido,<br />

incosciente, arrabbiato, lo segue pieno<br />

di dubbi e coraggio: <strong>il</strong> destino di tutti è nelle<br />

loro mani, come potrebbe essere altrimenti?<br />

La creatura che sconvolge la città<br />

non ha la malvagità di Alien né la simpatia<br />

di E.T., è semplicemente “diversa”. Ingabbiata<br />

e torturata, sa di avere come unica chance<br />

per sopravvivere l’uso indiscriminato<br />

della violenza. E mentre la città crolla sotto<br />

i suoi attacchi frenetici, Joe e i suoi amici<br />

danno <strong>il</strong> via alla loro avventura con le idee<br />

chiare: non si può e non si deve morire perché<br />

c’è un f<strong>il</strong>m da finire, <strong>il</strong> loro horror, <strong>il</strong><br />

progetto a cui hanno dedicato la loro estate.<br />

“Il caso” è uno zombie movie curato nella<br />

regia, nel trucco, negli effetti speciali e nella<br />

sceneggiatura, un cortometraggio perfetto<br />

nella sua imperfezione, nostalgico e affascinante,<br />

che racconta di morti viventi ma<br />

soprattutto riporta alla mente la bellezza<br />

dei primi f<strong>il</strong>mati amatoriali. Una storia nella<br />

storia che fa da f<strong>il</strong> rouge al f<strong>il</strong>m e “tradisce”<br />

<strong>il</strong> desiderio più grande di J.J. Abrams:<br />

spingere i ragazzi degli anni Zero a scegliere<br />

<strong>il</strong> mestiere del regista. «Ogni cellulare ha<br />

una videocamera. La possib<strong>il</strong>ità di realizzare<br />

un f<strong>il</strong>m in casa è qualcosa che non esisteva<br />

quando io ero un ragazzino, anche<br />

se lo bramavo ardentemente». L’augurio è<br />

che l’appello di Abrams non resti inascoltato,<br />

perché <strong>il</strong> mondo ha ancora bisogno<br />

di lasciarsi stupire e la settima arte, nelle<br />

mani giuste, ha ancora la capacità di farlo.<br />

Paola D’Antuono<br />

| | 20 luglio 2011 | 59


UN ALTRO MONDO<br />

è POSSIBILE<br />

IL MIRACOLO QUOTIDIANO<br />

Dio ci ha scelti<br />

tra molti. Così<br />

siamo stati salvati<br />

di Aldo Trento<br />

Caro padre aldo, ti scrivo perché vedo<br />

in te un amico. Sto passando un periodo<br />

diffic<strong>il</strong>e. Il dubbio di una gravidanza<br />

inaspettata e prima del matrimonio mi fa sentire<br />

in colpa per quello che ho fatto. Mi fa sentire<br />

in colpa per la mia irresponsab<strong>il</strong>ità e per tutto<br />

quello che ho vissuto fino ad ora. Vorrei che<br />

tutto venisse cancellato perché non mi sembra<br />

sia stato davvero voluto e vero. Purtroppo non è<br />

possib<strong>il</strong>e. Sono andata troppo in fretta. Ho dubbi<br />

su tutto. Ora che vivo con <strong>il</strong> mio ragazzo dubito<br />

che la mia vita sia questa, ma non voglio farlo<br />

soffrire, non voglio deluderlo. Non ho <strong>il</strong> coraggio<br />

di verificare davvero per cosa sono fatta. La<br />

paura di dover deludere la mia famiglia non mi<br />

fa stare tranqu<strong>il</strong>la. Niente è certo. Non ho ancora<br />

fatto <strong>il</strong> test di gravidanza. Sono solo delle avvisaglie,<br />

ma io non mi sento bene in questa situazione.<br />

Ho una confusione nel cuore e nella<br />

mente tanto da non riuscire a capire ciò che voglio.<br />

Desidero spesso che la mia vita finisca qui.<br />

Non riesco a parlarne con nessuno per la paura<br />

di essere giudicata e perché sono io la prima<br />

giudice di me stessa. Quanto vorrei tornasse la<br />

serenità e la purezza di prima. Mi pento di tutto<br />

quello che ho deciso e vissuto. Che brutta vita<br />

sto vivendo. Sto pregando con tutte le forze che<br />

non ci sia una gravidanza. Vorrei tanto riparare,<br />

ma non so come e se è possib<strong>il</strong>e. Ti chiedo di aggiungere<br />

<strong>il</strong> mio nome alle tue preghiere.<br />

Lettera firmata<br />

Q<br />

uel «Mi pento di tutto quello che ho deciso<br />

e vissuto fino a ora», che appare come<br />

la tua posizione davanti alle frag<strong>il</strong>ità,<br />

è definito da un moralismo che ti porta al rigetto<br />

di te stessa, anzichè lanciarti come un bambino<br />

fra le braccia di sua madre. La coscienza<br />

autentica del peccato c’è solo quando esiste la<br />

coscienza della propria sproporzione strutturale<br />

fra quello che desidera <strong>il</strong> cuore – <strong>il</strong> tuo cuore –<br />

e <strong>il</strong> Mistero che è la risposta. Le nostre miserie,<br />

per schifose che siano, i nostri limiti, per grandi<br />

che possano essere, non potranno mai impedire<br />

al Mistero la sua fedeltà a te, a me, a ogni<br />

uomo che um<strong>il</strong>mente e gioiosamente riconosce<br />

essere sua creatura, creatura frag<strong>il</strong>e, come una<br />

foglia durante l’autunno sugli alberi, ma creatura<br />

sua. La moralità non coinciderà mai coi nostri<br />

progetti di perfezione, con le immagini di santità<br />

che abbiamo nella testa, ma col guardare nel<br />

60 | 20 luglio 2011 | |<br />

POST<br />

APOCALYPTO<br />

Annibale<br />

Carracci,<br />

Il battesimo<br />

di Cristo (1584),<br />

chiesa di san<br />

Gregorio,<br />

Bologna<br />

volto di Cristo, come Pietro quel giorno quando<br />

Gesù gli chiese: «Mi ami tu?». E lui, <strong>il</strong> grande<br />

peccatore, <strong>il</strong> grande amico di Gesù che lo aveva<br />

tradito tre volte gli rispose: «Signore, tu sai<br />

tutto; tu sai che ti amo». Il senso di colpa che ti<br />

tormenta è <strong>il</strong> frutto del moralismo che respiriamo,<br />

perché quando <strong>il</strong> cristianesimo non è vissuto<br />

come l’incontro con una Presenza amorosa,<br />

quando non è guardare <strong>il</strong> volto di Cristo, quando<br />

non è la coscienza di essere stati afferrati da<br />

Cristo e di aver afferrato noi stessi Cristo, immediatamente<br />

perdiamo la coscienza di quello<br />

che siamo, confondendoci con quello che facciamo.<br />

Mentre quello che conta è ciò che sei, grazie<br />

al battesimo sei una creatura nuova; sei ontologicamente<br />

sua, sua proprietà, perché, come<br />

Dio nell’Esodo, attraverso Mosè, dichiarò al suo<br />

popolo una verità che fa vibrare di commozione<br />

e che è vera anche per me e per te: «Ti ho scelto<br />

tra popoli più numerosi. Voi siete mia proprietà.<br />

Mi sono innamorato di te». Amica, com-<br />

prendi quello che oggi ti grida in volto <strong>il</strong> Mistero,<br />

proprio a te che ti odi, che non vuoi vivere: «Io<br />

mi sono innamorato di te». «Di te», del tuo volto,<br />

del tuo naso, della tua bocca, dei tuoi capelli, del<br />

tuo corpo, della tua anima, della tua volontà. «Di<br />

te» come sei, col tuo carico di miseria.<br />

Quando comincerai a guardarti in questo modo,<br />

quando questa certezza si trasformerà in<br />

esperienza, nella tua vita tutto tornerà a fiorire<br />

e la confessione delle tue miserie non consisterà<br />

tanto nel guardare alla lunga lista dei<br />

tuoi limiti, ma nel guardare al volto di Cristo.<br />

Confessarsi, riconoscere i propri peccati,<br />

è guardare al volto di Cristo! E questo cambia<br />

la vita, come documenta la lettera qui sotto,<br />

che un’amica scrisse a suo marito, col quale<br />

ha molti problemi. Il miracolo accaduto in lei è<br />

anche per te, se prendi sul serio la tua umanità<br />

seguendo <strong>il</strong> volto di chi più è segno per te della<br />

Presenza, della misericordia di Cristo.<br />

padretrento@rieder.net.py


Caro amore, permettimi di chiamarti così<br />

dopo che ti ho fatto soffrire tanto.<br />

Tutte le parole che ho speso, e spesso<br />

anche quelle terrib<strong>il</strong>i e cattive, sono state<br />

<strong>il</strong> resoconto del drammatico percorso della<br />

mia libertà per arrivare a riguadagnare la<br />

mia umanità e <strong>il</strong> tuo amore. In questo cammino<br />

di consapevolezza che solo la fede mi ha<br />

permesso di fare, ho potuto comprendere la<br />

strada che mi ha fatto accettare <strong>il</strong> tuo amore,<br />

che come tutti gli amori si è rivelato totalmente<br />

diverso da quello che voleva la mia immaginazione.<br />

Naturalmente, non che fosse sbagliato,<br />

era semplicemente <strong>il</strong> tuo, ma per accettarlo<br />

non sono riuscita a fare <strong>il</strong> percorso della sottomissione,<br />

cioè di accettarlo senza essere felice.<br />

Sono sicura che anche quel percorso può<br />

dare buoni frutti, ma io sentivo che per me, per<br />

la verità di me, per la soddisfazione del mio più<br />

vero bisogno ci doveva essere un’altra strada.<br />

Per tanti anni ho brancolato tra aspetta-<br />

tive mancate e sensi di colpa terrib<strong>il</strong>i, soprattutto<br />

quando rimproveravi la mia volub<strong>il</strong>ità.<br />

Il tuo giusto bisogno di avere “tua moglie” ha<br />

quasi distrutto la mia determinazione, mi chiedevo<br />

e chiedevo a chi mi stava aiutando: «Ma<br />

è giusto aumentare <strong>il</strong> suo dolore? Non è meglio<br />

che faccia come tutti? Cosa vado cercando?».<br />

Ma ogni mio tentativo buono si esauriva<br />

ben presto facendo soffrire entrambi e questo<br />

pensiero dominante tornava a tormentarmi e<br />

stanava dentro di me ogni tipo di sentimento<br />

che spesso ti “vomitavo” addosso colpendoti<br />

a morte. Sicuramente dovrò pagare per <strong>il</strong><br />

male che ti ho fatto, credo che <strong>il</strong> purgatorio ci<br />

sia anche per quello. Ma nel cuore e nella mente<br />

sentivo che tutto avrebbe trovato una sua<br />

giustificazione, che c’era in gioco una partita<br />

troppo importante per rinunciare a capire.<br />

Il mio bisogno oltre che affettivo, e tu lo sai<br />

quanto sono passionale, era quello di conoscere.<br />

Non nel senso che volevo capire tutto, ma<br />

Amica, comprendi che Cristo si è<br />

innamorato di te? Di te come sei,<br />

col tuo carico di miserie. Quando<br />

comincerai a guardarti in questo modo<br />

tutto nella tua vita tornerà a fiorire<br />

che quello che vivevo era legato anche al comprendere.<br />

Non solo, don Carrón mi ha fatto capire<br />

che era legato al “credere” cioè al fidarsi, e<br />

io l’ho fatto, con tutta me stessa, e quello è stato<br />

lo sforzo più diffic<strong>il</strong>e perchè andava contro<br />

ogni pregiudizio, mio e degli altri. Ho vissuto una<br />

grande solitudine, non affettiva, perché potevo<br />

contare sui fam<strong>il</strong>iari e sugli amici, ma una solitudine<br />

più terrib<strong>il</strong>e, che mi faceva sentire inadeguata<br />

in ogni circostanza. Tutto sembrava richiamarmi<br />

a una “ragionevolezza” a cui questo<br />

pensiero dominante non sembrava volermi far<br />

tornare. In tanta devastante solitudine c’erano<br />

le consolanti parole di don Carrón.<br />

La conquista della libertà<br />

Anche staccarmi dalla guida dello psicologo è<br />

stato diffic<strong>il</strong>e e mi ha fatto sentire ancor più<br />

“cattiva” per aver abbandonato una strada certa<br />

verso un cammino che però poteva essere<br />

un inganno. Ma troppe conferme nella mia vita<br />

mi facevano capire che la strada era giusta.<br />

Come poteva essere un inganno ciò che sentivo<br />

così corrispondente al cuore? Con te, con i figli,<br />

con i fam<strong>il</strong>iari, nella vita pratica ero un disastro<br />

e mi tormentavo. Non c’era esito nelle circostanze,<br />

solo nella mia umanità, che era diventata<br />

migliore. Mi sentivo più compiuta, più autentica,<br />

più libera. Forse la conquista della libertà è<br />

quello che adesso mi fa stare meglio, è evidente<br />

che non parlo della libertà di fare ciò che voglio,<br />

ma di riuscire ad accettare con gioia ciò che, per<br />

quello che sono, mi sarebbe impossib<strong>il</strong>e. Il traguardo<br />

più diffic<strong>il</strong>e e allo stesso tempo più bello<br />

è la possib<strong>il</strong>ità che mi viene data di scegliere<br />

di amarti e di essere amata, adesso, così come<br />

sei, nella dura diversità, libera di accettare tutta<br />

la sofferenza che questo comporta, libera di<br />

sottomettermi a te, libera di accettare la scelta<br />

preferenziale che Dio aveva fatto per me e che<br />

io inconsapevolmente avevo accettato <strong>il</strong> giorno<br />

del matrimonio. Il mio tentativo di abbracciarti<br />

in ufficio era frutto di questa libertà. È stata<br />

una gioia essermi data a te con tutta me stessa,<br />

niente di me era rimasto fuori da quel gesto, ed<br />

è per questo che ero addolorata per <strong>il</strong> tuo rifiuto,<br />

ma felice di averlo vissuto così. Naturalmente<br />

comprendo le ragioni del tuo rifiuto e le rispetto.<br />

Adesso so che non potrei che amarti così, libera<br />

nella appartenenza e quindi lieta. Perché se non<br />

avessi questa possib<strong>il</strong>ità del darmi a te liberamente,<br />

resterebbe solo <strong>il</strong> niente che sono. Anche<br />

l’eventualità che tu non sia disposto ad accettare<br />

<strong>il</strong> mio amore mi addolora, ma non mi fa meno<br />

certa e meno lieta, perché non dipendo dall’esito,<br />

che comunque desidero e cerco, ma dalla<br />

soddisfazione della mia umanità compiuta.<br />

Lettera firmata<br />

| | 20 luglio 2011 | 61


LETTERE<br />

AL DIRETTORE<br />

In casta concupiscenza<br />

da Angelica a Verona<br />

e con Letizia a Venezia<br />

Per una volta, dopo la sentenza Mondadori-Cir da 560<br />

m<strong>il</strong>ioni di euro, mi sento profondamente vicino al comunista<br />

Bertolt Brecht: «La corruzione è la nostra<br />

unica speranza. Finché c’è quella, i giudici sono più miti, e in<br />

tribunale, perfino un innocente, può cavarsela».<br />

Sandro Pagani Vercelli<br />

Per una volta non sono d’accordo. Alla fine Berlusconi<br />

non se l’è cavata e Brecht è roba da Repubblica. Certo, se<br />

anche S<strong>il</strong>vio avesse avuto un passaporto<br />

svizzero e una tessera numero<br />

1, forse non sarebbe qui a proverbiare:<br />

quod licet Jovi non licet bovi.<br />

2<br />

Dichiarazione della Gelmini: «Si tratta<br />

di una resistenza generazionale di chi<br />

oggi ha 60 o 70 anni e gestisce un sistema<br />

di potere fatto di lobby e baronie<br />

al quale la riforma pone fine». Io sono<br />

un sessantenne, ma pur non avendo<br />

un sistema di potere all’università credo<br />

che <strong>il</strong> ministro dovrebbe farsi un giro<br />

all’università per sentire cosa pensano<br />

di lei trentenni, quarantenni e<br />

cinquantenni, per non dire dei ventenni.<br />

Antonia Sezzi Pisa<br />

SPORT<br />

UBER<br />

ALLES<br />

62 | 20 luglio 2011 | |<br />

Che cattiveria. Non possiamo dire<br />

niente di male della Gelmini. Però,<br />

con tutto <strong>il</strong> bene che le vogliamo, anche<br />

noi qualche volta facciamo fatica<br />

ad avere tutta la fiducia che ha lei<br />

in certi suoi “expertise”.<br />

2<br />

Nei giorni precedenti <strong>il</strong> varo della manovra<br />

finanziaria si invocavano ri-<br />

Q<br />

uando mandarono <strong>il</strong> primo avviso di garanzia a Craxi<br />

(Mani pulite, una vita fa), stavo nella sala stampa<br />

di un palazzetto italiano. Mi ritrovai circondato<br />

da gente che applaudiva. Non capivo (e non capisco<br />

ancora adesso) cosa ci sia da esultare per chi viene indagato<br />

o peggio per chi finisce in manette: l’odore del<br />

linciaggio mi fa schifo. Molti di quelli che applaudiva-<br />

spettivamente prudenza e coraggio, e<br />

nell’attuale stesura ritengo che quella<br />

posta in essere sia molto prudente,<br />

ma poco coraggiosa, nella parte in<br />

cui, anche per la scansione temporale<br />

dei provvedimenti, rischia a mio avviso<br />

di accentuare le distanze tra <strong>il</strong> paese<br />

legale e quello reale. C’è una giusta<br />

dose di prudenza, perché non si possono<br />

generare false aspettative dinanzi a<br />

una situazione di crisi economica non<br />

ancora completamente dietro le spalle,<br />

ma contestualmente mi pare manchi <strong>il</strong><br />

coraggio di una più equa ripartizione<br />

dei sacrifici richiesti per <strong>il</strong> contenimento<br />

della spesa pubblica. Ci sono infatti<br />

norme che vanno a incidere immediatamente<br />

sul potere d’acquisto dell’italiano<br />

medio (pensiamo all’aumento della<br />

tassa sui depositi bancari, che non<br />

si addice a un governo che professa<br />

idee liberaldemocratiche, o al vent<strong>il</strong>ato<br />

ripristino del ticket sulla diagnostica),<br />

mentre per quel che riguarda le riduzioni<br />

passib<strong>il</strong>i di incidere sullo status<br />

dei parlamentari, se ne parla in termini<br />

generici, differendone l’applicazione.<br />

Ormai, pur senza aderire al populismo<br />

demagogico che cuce <strong>il</strong> “marchio<br />

d’infamia” sull’abito del parlamentare<br />

troppo remunerato, prescindendo dalle<br />

modalità di esercizio del mandato,<br />

dobbiamo renderci conto che non sono<br />

più accettab<strong>il</strong>i rendite di posizione permanenti<br />

all’interno dei palazzi della politica,<br />

e sarebbe dunque stato auspicab<strong>il</strong>e<br />

un po’ più di coraggio nell’uso delle<br />

forbici. Gli arbitri che stab<strong>il</strong>iranno chi<br />

ha titolo per gestire la cosa pubblica<br />

sono gli elettori, e mi pare di poter dire<br />

che in questo momento c’è una fascia<br />

di elettorato da riconquistare alla causa<br />

del centrodestra. Qualora non sia<br />

possib<strong>il</strong>e una riduzione immediata delle<br />

aliquote Irpef (ma essendo in atto<br />

maggiori entrate dal recupero dell’eva-<br />

CALCIOPOLI 2 NON FA AUDIENCE<br />

Dove sono finiti gli assetati<br />

di giustizia pallonara?<br />

sione, sarebbe auspicab<strong>il</strong>e verificare<br />

se ci siano gli estremi per premiare la<br />

virtuosità dei redditi fissi), che almeno<br />

si eviti <strong>il</strong> reiterarsi di balzelli di prodiana<br />

memoria, perché al danno di non<br />

vedere la riduzione del carico fiscale,<br />

ci sono cittadini che mal sopportano<br />

l’idea di vedersi aggiungere la beffa<br />

di un ennesimo concorso alla stretta.<br />

Ipotizzando che la legislatura vada<br />

a scadenza naturale, sarà compito di<br />

Berlusconi e della maggioranza di governo<br />

arrivarci non in modo stanco e<br />

rassegnato, ma credendo di poter continuare<br />

a governare, perché altrimenti,<br />

anche se minoritaria, l’eterogenea ammucchiata<br />

di centrosinistra, priva di<br />

un leader riconosciuto come tale, potrebbe<br />

avere <strong>il</strong> sopravvento grazie a<br />

un partitino poco edificante alimentato<br />

dai moderati: l’astensione.<br />

Daniele Bagnai Firenze<br />

Mi pare che per <strong>il</strong> prossimo Natale<br />

sia prevista un’altra puntata di<br />

“governo tecnico”, tipo ’94, ma senza<br />

Dini, né Fini (anche se <strong>il</strong> candidato<br />

premier pare abbia <strong>il</strong> patronimico<br />

in rima baciata coi due precedenti).<br />

Corsi e ricorsi. Un po’ come l’attuale<br />

attacco finanziario all’Italia, che ricorda<br />

quello del ’92, sferrato da Soros<br />

dal bordo di una piscina molto<br />

chic. Quello per cui Amato mise poi<br />

le mani nelle tasche degli italiani. E<br />

le procure le manette al Parlamento.<br />

2<br />

Si appunti questo nome: Guido Vitiello.<br />

E chieda al suo amico Ferrara di cederglielo<br />

in prestito per qualche sortita su<br />

<strong>Tempi</strong>. È un fuoriclasse, mi creda.<br />

Claudio Gervasi Varese<br />

Più che crederle, l’ho letto in due paginate<br />

che hanno davvero frantu-<br />

di Fred Perri<br />

no, qualche anno dopo, ci scommetto, non hanno votato<br />

la sinistra unita, ma Berlusconi e <strong>il</strong> centrodestra. Vi<br />

racconto tutto questo, per farvi capire in che paese viviamo:<br />

qui le rivoluzioni durano lo spazio di una notte,<br />

poi ci vengono a noia.<br />

Nel 2006 erano tutti assetati di sangue, per la faccenda<br />

Moggi-Juve-telefonate. Sono passati cinque anni.<br />

Foto: AP/LaPresse


mato l’ovvio che si trova così tanto<br />

spesso sui nostri giornali (Foglio<br />

escluso, of course).<br />

2<br />

Rupert Murdoch sarà anche un furbetto,<br />

però non le ha ricordato qualcuno,<br />

questo Borgia arrivato su Sky Cinema?<br />

Ci sono Papi e “papi”, no?<br />

Paola Calleffi Stradella(Pv)<br />

E di che si scandalizza? Un’autentica<br />

neopuritana non dovrebbe prendersela<br />

con noi cattolici; lo sosteneva<br />

Martin Lutero, mica Alessandro VI,<br />

«la concupiscenza è invincib<strong>il</strong>e».<br />

2<br />

Dopo la chiusura di News of the<br />

World, lo scandalo delle intercettazioni<br />

<strong>il</strong>legali è arrivato anche al Sunday<br />

Times e al Sun. Pare che anche questi<br />

tabloid abbiano spiato personaggi<br />

famosi. Non solo. Scotland Yard accusa<br />

una fuga di notizie sull’indagine<br />

per boicottarla. Come dice l’Elefante,<br />

«par di sognare», mentre noi qui, con<br />

la Stampa Democratica a difendere <strong>il</strong><br />

diritto di informare secondo intercettazione.<br />

Puah, che schifo!<br />

Giacomo Sella M<strong>il</strong>ano<br />

Mi pare siano cose che ci siamo detti<br />

e ridetti in m<strong>il</strong>le occasioni. Sì, certo,<br />

puah. Ma se poi questa “legge bavaglio”<br />

(che ridere) non la fanno, noi<br />

che ci possiamo fare? (che schifo).<br />

2<br />

Leggi questo stralcio di intervista a<br />

Gioele Dix: «Può descriverci le sue prime<br />

relazioni con la dimensione religiosa<br />

della vita? Ha avuto maestri, o figure<br />

di riferimento? “Beh, la persona<br />

che mi ha trasmesso maggiormente<br />

un senso religioso della realtà – ovvia-<br />

mente, in chiave ebraica – è stato mio<br />

nonno paterno, Maurizio, forte di una<br />

religiosità salda e tradizionale… del tipo<br />

‘Ricordati che Dio ti vede sempre’,<br />

frase che mi ripeteva con una certa<br />

frequenza. È grazie a lui che ho compreso<br />

la necessità di avere un’identità<br />

religiosa, soprattutto come punto di riferimento<br />

etico. Come si sa, l’ebraismo<br />

possiede una grande varietà di sfumature,<br />

e vi vengono accettate le più diverse<br />

gradazioni: nessuno, lì, ha <strong>il</strong> diritto<br />

di dirti: tu sei fuori… anche se, pure<br />

qui, c’è chi si sente più uguale degli altri!<br />

La mia formazione è dunque legata<br />

a una religiosità tradizionale, con<br />

le feste rituali e <strong>il</strong> tempo dedicato alla<br />

preghiera… C’è poi un’altra persona<br />

che è stata importante in questa direzione:<br />

un amico fraterno con cui sono<br />

cresciuto, Renzo, che purtroppo non<br />

c’è più perché è morto a soli ventinove<br />

anni in un incidente stradale. Lui, che<br />

era un attivista di Comunione e liberazione,<br />

mi ha aperto all’idea che la religione<br />

possa servire nella vita di tutti i<br />

giorni, come una m<strong>il</strong>itanza e, insieme,<br />

una forza vitale. Lui pregava con precisione,<br />

trovava <strong>il</strong> tempo per la preghiera,<br />

cui si rapportava con una modalità<br />

ripetitiva: e questo mi<br />

colpiva, lo sentivo migliore<br />

di me. Dal canto suo,<br />

Renzo invece era spesso<br />

scontento, e diceva che<br />

ero meglio io… ci siamo<br />

influenzati a vicenda”». Il<br />

Renzo di cui parla è Renzo<br />

Marotta, piu o meno la<br />

nostra età, lo conosci?<br />

Angelica Livné Calò<br />

Kibbutz Sasa, Israele<br />

Scrisse su un blog l’amico<br />

Massimo Bernardini:<br />

«Sarà stato nell’autun-<br />

Il procuratore<br />

Figc Stefano<br />

Palazzi ha<br />

firmato una<br />

dura relazione<br />

su Calciopoli<br />

che chiama<br />

in causa l’Inter<br />

no del ’69 o del ’70, non ricordo bene.<br />

Di Bob Dylan conoscevo poco e<br />

nulla e non so neanche se già avevo<br />

comprato la mia prima, scassatissima,<br />

chitarra acustica (una orrenda<br />

Eko naturalmente, per noi senza<br />

una lira). Sapevo come tutti Blowin’<br />

in the Wind, e per due anni avevo<br />

praticamente scavato, domenica<br />

dopo domenica, i due unici dischi<br />

rock che mia zia “giovane”, di professione<br />

pubblicitaria, aveva portato<br />

da Londra nel ’67: Sgt. Pepper’s<br />

Lonely Hearts Club Band dei Beatles<br />

e uno strano EP di Dylan contenente<br />

Just Like a Woman e I Want<br />

You, mi pare. Poi Renzo Marotta, di<br />

due anni più vecchio di me (è l’amico<br />

scomparso che da sempre ho in<br />

comune con Gioele Dix), in quell’autunno<br />

m<strong>il</strong>anese di fine decennio mi<br />

prestò The Freewheelin’ Bob Dylan…»<br />

eccetera. Allora, per ricapitolare:<br />

Antonio Socci ci presentò Angelica,<br />

Angelica Yeuda eccetera fino<br />

a Renzo e Gioele. Insomma, era tanto<br />

per dire che se domenica 17 luglio<br />

fate una capatina nella magnifica<br />

Verona, non mancate alla recita della<br />

magnifica nostra Angelica e del<br />

suo “Teatro comunitario<br />

della Gal<strong>il</strong>ea” (ore 21.15,<br />

Cort<strong>il</strong>e Mercato Vecchio,<br />

ingresso libero), In principio<br />

era la pace.<br />

2<br />

Sarò presente con questo<br />

quadro (vedi foto a lato,<br />

ndr), nell’ambito della<br />

54esima Biennale di Venezia<br />

nel Padiglione Italia Regioni,<br />

a Mantova, a Palazzo<br />

Te. Ciao e grazie sempre<br />

del vostro sostegno!<br />

Letizia Fornasieri<br />

redazione@tempi.it<br />

Io penso che le intercettazioni allora insabbiate, quelle<br />

che riguardano l’Inter, per intenderci, abbiano una<br />

certa r<strong>il</strong>evanza, come ha scritto <strong>il</strong> procuratore federale<br />

Palazzi, e rimettano in discussione quel famoso scudetto<br />

a tavolino. Eppure, a parte alla Juve e ai suoi tifosi,<br />

di questa storia non frega più niente a nessuno, neanche<br />

a quelli della Roma, che, nella classifica riformata,<br />

vengono subito dopo l’Inter.<br />

Per noi la giustizia deve essere sommaria, perché<br />

dopo dobbiamo andare a cena. Cinque anni fa giravano<br />

tutti con <strong>il</strong> cappio, ora con l’estintore perché di Calciopoli<br />

non vogliono più sentir parlare. E poi si stupiscono<br />

perché in Italia si sta sfasciando tutto.<br />

| | 20 luglio 2011 | 63


taz&bao<br />

Metteteci<br />

la testa sopra<br />

Quando tagli lo Stato centrale devi<br />

allargare gli spazi del terzo settore.<br />

Il rigore di Tremonti era necessario<br />

per salvare <strong>il</strong> Paese dalla deriva greca.<br />

Non posso però condividere i tagli<br />

orizzontali che penalizzano gli enti<br />

locali virtuosi per trattarli alla stregua<br />

di quelli che per decenni hanno<br />

governato a debito. Non ci sono enti<br />

intoccab<strong>il</strong>i, come le Provincie o enti<br />

tenuti in vita solo per finanziare posti<br />

di lavoro. Bisogna estendere misure<br />

come <strong>il</strong> 5 per m<strong>il</strong>le, la dote, i voucher<br />

e una detassazione “nel merito” cioè<br />

non indiscriminata, che permettono<br />

di finanziare le scelte del cittadino,<br />

che così può scegliere i servizi in base<br />

alle proprie esigenze. Questo andrebbe<br />

contro l’uso inefficiente e non equo<br />

delle risorse pubbliche, oltre a rispondere<br />

ad esigenze che diventano più<br />

complesse, come quelle sanitarie per<br />

via dell’innalzamento dell’aspettativa<br />

di vita. Bisogna aprire un discorso<br />

serio sul nuovo welfare, che potrebbe<br />

essere <strong>il</strong> terreno d’incontro dei riformisti<br />

di destra e sinistra, oggi zittiti<br />

dagli estremisti.<br />

Giorgio Vittadini Avvenire 7 luglio 2011<br />

64<br />

| 20 luglio 2011 | |


GLI ULTIMI<br />

SARANNO I PRIMI<br />

VIAGGIO A PARIGI<br />

Nel deserto metropolitano<br />

66 | 20 luglio 2011 | |<br />

di Marina Corradi<br />

Dall’alto, mentre l’aereo scende sul charles de Gaulle, Parigi si palesa immensa.<br />

Una distesa di cui non vedi i confini. Le auto sulle tangenziali sembrano insetti;<br />

gli uomini poi, non li distingui nemmeno. Che cosa suscita un f<strong>il</strong>o di sgomento,<br />

mentre guardi dal finestrino? Cerchi di mettere a fuoco con lo sguardo una<br />

casa, una piazza, a rassicurarti; in questa moltitudine di strade e svincoli autostradali,<br />

ci sono le case di uomini. E ciascuna, ti dici, ha una porta e una chiave che nella<br />

serratura gira con un suo caratteristico clic, e ciascuna dentro ha un suo odore, e<br />

una poltrona, e piatti in f<strong>il</strong>a nello scolapiatti. E forse un gatto; o un canarino, magari.<br />

Poi, sul metrò li incontri, gli uomini di Parigi. Nei vagoni dell’ora di punta sono<br />

così pigiati che ritorna quel sott<strong>il</strong>e spavento. La folla che al mattino si riversa dai cancelli<br />

della gare Saint Lazare è un torrente in piena; e alle nove, nella penombra del<br />

metrò Champs-Élysées i parigini non camminano, corrono – scavalcando come un<br />

ostacolo chi non corre abbastanza, o non sa dove andare. Nella folla di una metropo-<br />

li si sta come in un deserto; come in un<br />

deserto si è soli. Ma c’è un antidoto. Bisogna,<br />

dentro alla folla, concentrarsi su<br />

una faccia, una unica faccia. Come questa<br />

donna nera, sui cinquanta, sul metrò<br />

che corre verso l’Opera; è tanto stanca<br />

che <strong>il</strong> rullio del vagone la assopisce, quasi<br />

ne fosse cullata, e chiude gli occhi e <strong>il</strong><br />

busto le si inclina in avanti nel sonno. Poi a ogni fermata <strong>il</strong> clangore delle porte la<br />

sveglia, e in un sussulto apre gli occhi, stranita. La stanchezza della sconosciuta mi<br />

commuove, mi riguarda; ciò che scioglie <strong>il</strong> deserto, è la faccia di un uomo, uno solo.<br />

E questi due appena usciti dal Quai d’Orsay, <strong>il</strong> ministero degli Esteri? Due talmente<br />

giovani che sembra strano, quasi un travestimento, vederli in abito scuro e<br />

camicia candida; solo <strong>il</strong> colletto slacciato, come si fossero appena tolti insofferenti,<br />

nella sera calda di luglio, la cravatta. Devono avere poco più di vent’anni; due stagisti,<br />

forse, vincitori di severe selezioni, per approdare, tanto giovani, in quel sontuoso<br />

palazzo. E così dritti, così vincenti, gli occhi scint<strong>il</strong>lanti; <strong>il</strong> mondo – loro ne sono<br />

certi – nelle mani. Sull’autobus verso Notre Dame un signore elegante, i capelli grigi,<br />

la 24 ore sulle ginocchia, li fissa, assorto; forse anche lui era, trent’anni fa, come<br />

loro. Ma ora ha attorno alla bocca due pieghe<br />

amare; tracce, si direbbe, di ambizioni fallite,<br />

di beneducati fallimenti. A Notre Dame<br />

i due scendono e scompaiono, con <strong>il</strong> loro<br />

passo da vincitori. Alla fermata dopo<br />

scende <strong>il</strong> signore coi capelli grigi. (Ma,<br />

almeno per un momento, li hai guardati<br />

in faccia, quei tre).<br />

Poi nella notte Parigi è una schiera<br />

di finestre <strong>il</strong>luminate, una galassia infinita.<br />

Può fare un po’ di paura. L’antidoto,<br />

è guardare bene chi ti capita accanto:<br />

gli occhi, le mani, le rughe. Il deserto<br />

si scioglie, nella faccia di un uomo.<br />

La folla che al mattino si riversa dai cancelli<br />

della gare Saint Lazare è un torrente in piena;<br />

e alle nove i parigini non camminano, corrono<br />

– scavalcando come un ostacolo chi non corre<br />

abbastanza, o non sa dove andare<br />

DIARIO

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