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Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr<br />
settimanale diretto da luigi amicone<br />
Le rivelazioni esplosive<br />
di un liberal, professore<br />
ad Harvard ed ex promoter<br />
degli anticoncezionali<br />
anno 17 | numero 28 | 20 luglio 2011 | 2,00<br />
I segreti inconfessab<strong>il</strong>i<br />
dell’industria del condom<br />
e le verità nascoste<br />
sulla lotta all’Aids
LA NOSTRA DISCESA AGLI INFERI<br />
Dove la politica è sostituita dai tribunali,<br />
là sarà pianto e stridore di denti<br />
Fiat iustitia et pereat mundus. Sia fatta giustizia e perisca pure <strong>il</strong> mondo. Questo è <strong>il</strong><br />
motto che dovrebbe campeggiare in cima alla discesa agli inferi in cui l’Italia e l’Europa<br />
si trovano dopo che non solo la Germania ha pensato ai fatti suoi (vedi editoriale<br />
sotto), ma si è creduto bene di sostituire l’economia con Maastricht, la politica con i<br />
tribunali, i corpi sociali con le tecnocrazie. Da che la realtà è stata rappresentata (sui giornali,<br />
in tv, nella narrazione della mitologica Rete) come un reality a base di intercettazioni,<br />
una lotta tra buoni e cattivi, tra torbidi uomini di potere e trasparenti paladini del progresso,<br />
eccoci al caos: gli speculatori soppiantano gli Stati, i circuiti mediatico-giudiziari i<br />
popoli. Con quale bel risultato oltre alla Babele di tracollo economico e antropologico in<br />
cui ci troviamo, con gli ideali disseccati, i governi vituperati, i parlamenti messi in mora?<br />
Ecco cos’è l’esito del primato del diritto e dei diritti, della piallatura di ogni differenza e<br />
di ogni gerarchia per far spazio all’ossessione della “trasparenza” e della “moralità” secondo<br />
criteri che non comunicano altro che una sempre più esasperata corsa alle procedure<br />
anonime e paranoie di pubblici accusatori. Astrazioni per cui non importa la corrispondenza<br />
al reale del pensiero, non importa la “verità” come adaequatio rei et intellectus.<br />
Conta solo la regola, la correttezza in sé della procedura. Kohl ha riunificato la Germania<br />
senza spargere sangue. Però lo ha fatto con finanziamenti<br />
<strong>il</strong>leciti. Dunque sia condannato<br />
e dannato. Berlusconi ha evitato all’Italia un<br />
regimetto e creato le condizioni di libertà perché<br />
l’Italia potesse ripartire? È dovuta perire<br />
ogni speranza di ripresa pur di cacciare <strong>il</strong> “Caimano”.<br />
E siamo solo agli inizi. Qualcosa di biblico<br />
ci dice che cambieranno le notti bianche<br />
in nero e le parate dell’orgoglio in lamento.<br />
LA SPINTARELLA DEI VICINI<br />
La corsa solitaria alla crescita di Berlino<br />
farà collassare l’Italia con tutti gli europei<br />
I responsab<strong>il</strong>i<br />
internazionali degli attacchi speculativi all’italia portano nomi stranieri, ma<br />
non sono, come molti pensano, quelli delle tre agenzie di rating americane (due in<br />
realtà, perché Fitch è proprietà della francese Fimalac), che continuano a soffiare sul<br />
fuoco del debito pubblico dei paesi più esposti dell’Unione Europea. Inut<strong>il</strong>e dare la colpa<br />
della febbre al termometro, soprattutto quando di mezzo ci sono medici che insistono<br />
con la cura sbagliata. I loro nomi sono Jean-Claude Trichet e Angela Merkel. Aver aumentato,<br />
come ha fatto la settimana scorsa <strong>il</strong> presidente della Bce, <strong>il</strong> tasso d’interesse dell’euro<br />
del 20 per cento, portandolo dall’1,25 all’1,5 per cento, serve certo a scongiurare rischi<br />
di inflazione in paesi in crescita come Germania e Francia, ma è un’autentica coltellata alle<br />
spalle e una politica monetaria folle per paesi che crescono poco e che sono gravati da<br />
un pesante debito pubblico come Spagna e Italia (quello italiano è <strong>il</strong> quarto debito pubblico<br />
nel mondo). Fra una predica e l’altra sulla necessità che tutti i paesi dell’euro diventino<br />
virtuosi al modo della Germania come unica via per uscire dalla crisi, la Merkel dovrebbe<br />
trovare infine <strong>il</strong> tempo per guardare in faccia la realtà: è grazie all’euro che la Germania<br />
si è impadronita di quote di mercato internazionale prima appannaggio dell’Italia; senza<br />
quelle quote l’Italia non può tornare a crescere, le manovre finanziarie dei suoi gover-<br />
È con l’euro che la Germania<br />
si è impadronita di quote<br />
di mercato prima “italiane”;<br />
senza di esse l’Italia non può<br />
crescere, le manovre servono<br />
solo a impoverire <strong>il</strong> paese,<br />
finché si arriverà al default<br />
EDITORIALI<br />
Dacché la realtà è rappresentata<br />
come un reality di intercettazioni,<br />
una lotta tra buoni e cattivi, tra<br />
torbidi uomini di potere e trasparenti<br />
paladini del progresso, eccoci al caos:<br />
gli speculatori soppiantano gli Stati,<br />
i circuiti mediatico-giudiziari i popoli<br />
ni servono solo a impoverire ulteriormente <strong>il</strong> paese<br />
e alla fine si arriverà sulla soglia del default.<br />
A quel punto le vie d’uscita sono due: o <strong>il</strong> collasso<br />
dell’Unione monetaria europea, accompagnata<br />
da fallimenti di banche e dalla rovina dei risparmiatori,<br />
o l’acquisto dei debiti italiano, spagnolo,<br />
greco e portoghese da parte delle banche<br />
tedesche. Due prospettive che dovrebbero<br />
scuotere Berlino dalla sua volontaria cecità.<br />
FOGLIETTO<br />
Il sacco di Roma.<br />
La disgregazione dello<br />
Stato prosegue, mentre<br />
i nuovi lanzichenecchi<br />
caricano gli archibugi<br />
In pochi mesi la situazione politica<br />
si sta rovesciando. Da piccole<br />
speranze alla Niccolò Machiavelli<br />
di dare una qualche solidità allo Stato<br />
allargandone la base a ceti medi e<br />
popolari (da sempre ai margini di assetti<br />
oligarchici prevalenti anche nella<br />
Repubblica) al tendenziale prevalere<br />
delle spinte disgregative descritte da<br />
Francesco Guicciardini vent’anni dopo<br />
Il Principe. Come nel Cinquecento è<br />
la mancata coerenza degli apparati<br />
fondamentali che ostacola lo Stato<br />
unitario. Allora c’erano le compagnie di<br />
ventura (invece dell’esercito di cittadini<br />
auspicato dal segretario fiorentino),<br />
oggi le procure m<strong>il</strong>itanti, padrone dei<br />
tribunali e accompagnate da ottimi<br />
press agent come Marco Travaglio,<br />
forze in grado di distruggere molto ma<br />
non di costruire. Al massimo conquistano<br />
qualche città. Come Ezzelino si<br />
accaparrava Padova, così ora Luigi De<br />
Magistris spadroneggia su Napoli.<br />
Se non si allargheranno le basi dello<br />
Stato, <strong>il</strong> destino sarà segnato solo da<br />
interessi stranieri che già adesso orientano<br />
quando non dominano le nostre<br />
esauste nomenklature primorepubblicane<br />
nonché certi settori di “borghesia<br />
compradora”. Se non si<br />
bloccano le tendenze alla<br />
disgregazione, ci resterà<br />
solo da interrogarci su<br />
chi sarà <strong>il</strong> nuovo<br />
Carlo V, <strong>il</strong><br />
nuovo padrone.<br />
Intanto ci si porta<br />
avanti: con quattro<br />
anni (sia pure in primo<br />
grado) ad Antonio Fazio<br />
e poi a Cesare Geronzi,<br />
cercando di liquidare<br />
Gianni Letta via Guido<br />
Bertolaso e Luigi Bisignani,<br />
c’è chi già organizza<br />
con nuovi Lanzichenecchi<br />
<strong>il</strong> sacco della Città eterna.<br />
Lodovico Festa<br />
| | 20 luglio 2011 | 5
Poste italiane spa - spedizione in a. p. d.l. 353/03 (conv. l. 46/04) art. 1 comma 1 ne/Vr<br />
Le rivelazioni esplosive di<br />
Edward Green, ex promoter<br />
di anticoncezionali. I segreti<br />
dell’industria del condom<br />
e le verità sulla lotta all’Aids<br />
16<br />
SOMMARIO<br />
10<br />
settimanale diretto da luigi amicone<br />
Le rivelazioni esplosive<br />
di un liberal, professore<br />
ad Harvard ed ex promoter<br />
degli anticoncezionali<br />
INTERNI STATO D’ASSEDIO<br />
Una pessima<br />
estate italiana<br />
Nessun complotto. A scatenare l’attacco degli speculatori<br />
al nostro paese e all’Europa ci sono molte scelte sbagliate<br />
e <strong>il</strong> cinico istinto di sopravvivenza dei governi e dei loro<br />
azionisti. Ma un modo per scacciare le cavallette c’è<br />
Quali sono le ragioni che spiegano l’ac- cando al ribasso, cioè con opzioni a breve<br />
di Oscar Giannino<br />
celerazione dello spread tra i titoli di Sta- su una certa soglia di Cds sovrano o banca-<br />
crivo alla chiusuti<br />
italiani e <strong>il</strong> Bund tedesco in pochi giorrio (<strong>il</strong> Cds, credit default swap, è <strong>il</strong> derivara<br />
di Borsa di<br />
ni, e <strong>il</strong> crollo dei titoli bancari e a seguire to che stima <strong>il</strong> premio al rischio in caso di<br />
S lunedì 11 luglio,<br />
dell’intero listino? È ovvio che non è suc- default del soggetto interessato, nel caso<br />
ed è stato un nuovo<br />
cesso nulla che abbia modificato i fonda- in cui gli si prestino soldi o gli si sottoscri-<br />
bagno di sangue, con<br />
mentali. Non sono emersi ammanchi pubva un titolo). Ed è un’opzione succosa per<br />
un meno 4 per cento<br />
blici non rivelati al mercato, e restiamo un’altra ragione.<br />
che è <strong>il</strong> peggio nell’eu-<br />
l’euromembro che ha fatto in questi anni Il linguaggio del realismo impone di<br />
rozona peggiore. Lo<br />
meno deficit pubblico subito dopo la Ger- dire e spiegare che la finestra è quasi del<br />
spread sui decennali pubblici tedeschi è mania. Le banche italiane non sono sta- tutto indipendente dalla manovra finan-<br />
salito di 70 punti base totali rispetto a te salvate dal denaro del contribuente né ziaria italiana appena presentata. Si voti<br />
dove stava all’inizio della seduta di vener- due anni fa né oggi, ma stanno ricapitaliz- o meno così com’è, la finestra resta aperta<br />
dì. Intesa e Unicredit si sono alternate tutzando con risorse dei propri soci. E allora? fino al 2013, quando scatterà la nuova corto<br />
<strong>il</strong> giorno nella sospensione al ribasso.<br />
nice per <strong>il</strong> salvataggio degli euromembri<br />
La Spagna ci ha risuperati nel differenzia- Il “diversivo” degli americani<br />
in difficoltà, visto che nessuno è riuscito<br />
le sui Bund, zompando oltre quota 300 Si è ufficialmente aperta una finestra mol- sin qui a smuovere i tedeschi a compiere<br />
punti base. Ci siamo, c’è poco da fare. Per to succosa per <strong>il</strong> mercato mondiale: scom- “veri” interventi d’emergenza salvaeuro. E<br />
un anno e mezzo l’Italia ci era riuscita, a mettere sulla sostenib<strong>il</strong>ità del quarto debi- dunque, a meno di un cambio del quadro<br />
non entrare nella lista dei paesi sfiduciato pubblico al mondo (<strong>il</strong> terzo è quello del- internazionale, è fino al 2013 che attualti<br />
nell’euroarea, Grecia, Portogallo, Irlanla Germania, che per ammontare complesmente ritengono di dover essere ribassida,<br />
Spagna. Tre grandi fattori internaziosivo ci ha superato nel 2010, ma <strong>il</strong> suo P<strong>il</strong> ste le forze potenti che scommettono sulnali<br />
e tre circostanze italiane in pochi gior- è ben maggiore del nostro). È un’opzione la crisi dell’euroarea.<br />
ni hanno fatto convergere i propri effetti. succosa, perché queste scommesse si vin- La prima grande molla internazionale<br />
Foto: AP/LaPresse<br />
Con <strong>il</strong> record<br />
MINIGLOSSARIO<br />
segnato in<br />
questi giorni<br />
dallo spread SPREAD BTP-BUND<br />
tra Btp e<br />
Termometro del<br />
Bund l’Italia<br />
rischio insolvenza<br />
sembra essere È una misura del<br />
ufficialmente rischio di insolven-<br />
entrata nella za associato a un<br />
lista dei paesi titolo di Stato e, di<br />
“sfiduciati” dal<br />
conseguenza, della<br />
salute finanziaria di<br />
mercato, Grecia,<br />
un paese. È <strong>il</strong> diffe-<br />
Portogallo,<br />
renziale, valutato dal<br />
Irlanda<br />
mercato, tra <strong>il</strong> rendi-<br />
e Spagna<br />
mento di quel titolo<br />
(nel caso dell’Italia,<br />
i Btp decennali) e<br />
<strong>il</strong> rendimento di un<br />
titolo corrispondente<br />
di uno Stato considerato<br />
privo di rischio,<br />
come la Germania<br />
(Bund decennali).<br />
CDS<br />
Da assicurazione<br />
a scommessa<br />
immob<strong>il</strong>iare, ma l’euro in quanto tale. Aver<br />
I credit default swap d<strong>il</strong>uito gli aiuti condizionandoli all’intro-<br />
(Cds) sono strumenti duzione di misure che strangolano i paesi<br />
finanziari derivati eurodeboli e rendono ancor meno sosteni-<br />
che funzionano come<br />
un’assicurazione. b<strong>il</strong>e <strong>il</strong> loro debito può aver aiutato le ban-<br />
Chi compra un Cds, che tedesche e francesi a disfarsi della trop-<br />
infatti, si impegna a pa carta pubblica greca che avevano in pan-<br />
pagare al venditore cia, ma ha invogliato tutti i ribassisti del<br />
un premio in cambio<br />
del rimborso, solo in mondo a scommettere che entro <strong>il</strong> 2013<br />
è dunque proprio l’errore europeo. L’erro-<br />
caso di default, del l’euro salterà, se <strong>il</strong> Consiglio europeo non<br />
re franco-tedesco, ma germanico in primis.<br />
valore dell’obbliga- aprirà gli occhi. E come abbiamo detto m<strong>il</strong>-<br />
L’ho scritto e ripetuto molte volte. È una<br />
zione oggetto dell’inle volte, l’Italia, vista la dimensione del suo<br />
solvenza (di solito<br />
costosa e drammatica sciocchezza da par-<br />
un titolo di Stato). debito pubblico, a lungo andare sarebbe<br />
te del governo di Angela Merkel non voler<br />
Il loro valore è una finita nel mirino anche a onta del suo bas-<br />
dire – da 19 mesi – agli elettori tedeschi che<br />
misura dell’affidabiso deficit di questi anni.<br />
occorrono strumenti straordinari, non prelità<br />
dei titoli sotto- La seconda potente molla si chiama<br />
stanti. Nascono come<br />
visti dal Trattato, volti a salvare non la Gre-<br />
derivati di copertura America. Il 2 agosto si sfonda <strong>il</strong> tetto di<br />
cia cicala o <strong>il</strong> Portogallo per la sua b<strong>il</strong>ancia<br />
dal rischio ma si svi- debito pubblico autorizzato dal Congres-<br />
dei pagamenti o la Spagna per la sua bolla<br />
luppano come struso di Washington, 14,3 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />
mento speculativo dollari, pari all’intero P<strong>il</strong> degli Stati Uni-<br />
per scommettere sul<br />
È una drammatica sciocchezza da parte della<br />
possib<strong>il</strong>e fallimento ti. Tra l’amministrazione Obama e i repub-<br />
dell’emittente (pubblicani che controllano la Camera dei rap-<br />
Merkel non voler dire ai suoi elettori che servono blico o privato). presentanti manca ancora l’accordo su<br />
strumenti straordinari, non previsti dal Trattato,<br />
come dosare tra tagli alle spese e tasse i<br />
Fonte: Ansa<br />
per salvare non Atene o Lisbona, ma l’euro<br />
4 o 4,5 tr<strong>il</strong>ioni di dollari in un decen-<br />
E <strong>il</strong> quadro è cambiato. Purtroppo per noi. cono – cioè si fanno soldi a palate – gio- che gonfia le vele alla volat<strong>il</strong>ità al ribasso<br />
16 | 20 luglio 2011 | |<br />
| | 20 luglio 2011 | 17<br />
38<br />
CULTURA GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />
Predappiesi<br />
brava gente<br />
O di come un perfido albionico trovò la salvezza<br />
nella terra del Duce. Storia di uno squattrinato<br />
cronista inglese e del suo sbarco in Romagna<br />
su una Honda Prelude del 1983. Voleva scrivere<br />
la biografia di Mussolini. E alla fine arrivò la Carla<br />
38 | 20 luglio 2011 | |<br />
46<br />
SPORT C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />
di Nicholas Farrell<br />
n bel giorno di tredici anni fa sono<br />
arrivato nel piccolo paese di Predappio<br />
(5 m<strong>il</strong>a abitanti), che si trova in<br />
U<br />
mezzo al nulla sull’Appennino romagnolo.<br />
Era <strong>il</strong> pomeriggio del 13 luglio del 1998,<br />
era un giovedì e faceva un caldo bestiale.<br />
Non c’era un cane in giro. Avevo 39 anni<br />
ed ero separato da poco dalla mia prima<br />
moglie (l’innominab<strong>il</strong>e iraniana). Con lei<br />
i figli non erano arrivati e pensavo di essere<br />
infert<strong>il</strong>e. Avevo lasciato un buon lavoro<br />
da inviato per <strong>il</strong> Sunday Telegraph e anche<br />
Londra, città infernalmente noiosa e satanicamente<br />
ottimista, quella del “Cool Britannia”<br />
che “cool” non era, dove avevo vissuto<br />
per vent’anni. Non ne potevo più. Non<br />
Scandalo<br />
nel <strong>Tempi</strong>o<br />
Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Novak Djokovic, che con<br />
la sua sfacciataggine e <strong>il</strong> suo codazzo di fan<br />
rumorosi ha svelato l’ipocrisia del tennis.<br />
Un mondo che celebra <strong>il</strong> “gesto bianco”,<br />
mentre ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />
Al casello di Forlì<br />
non avevo soldi<br />
sufficienti per pagare<br />
<strong>il</strong> pedaggio. Ma la<br />
ragazza della cabina<br />
mi diede un foglio da<br />
comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />
mi alzò la sbarra.<br />
Che donna! Che paese!<br />
Qui sopra, Nicholas Farrell,<br />
giornalista inglese trapiantato<br />
in Romagna. È stato inviato<br />
del Sunday Telegraph e oggi<br />
scrive anche per diverse<br />
testate italiane. È autore<br />
di Mussolini (Le Lettere).<br />
A destra, la moglie Carla<br />
e i figli: Caterina, 7 anni,<br />
Francesco Winston, 5,<br />
Magdalena, 3, Rita, 2<br />
sioni. Non ci sono case rustiche con piscireno pure in Romagna. Ma io in quell’estana<br />
in affitto a 3 m<strong>il</strong>a euro la settimana te del 1998 non avevo un soldo. Avevo deci-<br />
come in Toscana, non ci sono neanche case so di traslocare da Londra (via Parigi dove<br />
rustiche in affitto senza piscina. In Roma- ho scritto un libro sulla morte della pringna<br />
non c’è un «rudere eccellente recentecipessa Diana) a Predappio, perché è lì che<br />
mente scoperto sotto un groviglio di erbac- nacque un certo Benito Mussolini ed è lì<br />
ce» in vendita per «solo» 400 m<strong>il</strong>a euro («un che i suoi resti mortali giacciono come<br />
affare», come ho letto sul sito di un’agen- quelli di un santo nella cripta di famiglia,<br />
zia immob<strong>il</strong>iare toscana). Non ci sono cor- dove l’aria è colma del profumo di gigli<br />
si di pittura rinascimentale o di cucina bianchi e di tante candele accese, al cimi-<br />
tipica. Non ci sono workshop per aspiranti tero di Rocca San Casciano.<br />
artigiani turistici o field trip notturni per<br />
ascoltare gli usignoli nel bosco o per vede- Fascista a chi?<br />
re le lucciole sopra <strong>il</strong> grano. Insomma in Non sono fascista. Sono inglese. I miei han-<br />
Romagna non ci sono – grazie a Dio – voci no combattuto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> fascismo e<br />
di inglesi o americani o tedeschi ovunque alcuni di loro sono stati uccisi dei nazi-<br />
vai. In Toscana, invece, dietro a ogni cespufascisti. Ma per motivi che a tutt’oggi mi<br />
avevo né soldi né lavoro. Non sapevo nulla glio c’è – e ci metto la mano sul fuoco – un rimangono misteriosi Mussolini era <strong>il</strong> pro-<br />
di Predappio, figuriamoci dove potevo dor- inglese con in testa un panama e in mano tagonista di una biografia che dovevo per<br />
mire. Roba da ricovero immediato, insom- un bicchiere di Chianti classico che ti bec- forza scrivere. Addirittura, avevo firmama.<br />
Ma avevo un sogno. Di essere uno scritca dicendo: «Cheers!». E di notte da oltre to un contratto in proposito con la famotore<br />
e di vivere in Italia in campagna. la macchia di ulivi accanto alla tua v<strong>il</strong>la sa casa editrice londinese Weidenfeld &<br />
affittata a prezzo esorbitante ti arriva <strong>il</strong> Nicolson. Forse volevo capire cosa fosse<br />
Non è la Toscana, per fortuna<br />
frastuono impressionante di un branco di veramente <strong>il</strong> fascismo, quella strana parola<br />
Per caso, o per destino, o per voglia del tedeschi che cantano le loro canzoni prefe- usata oggi come insulto generico per qual-<br />
Signore, la mia è stata una scelta forturite, cioè quelle della Seconda guerra monsiasi cosa che non sia politicamente corretnata<br />
perché sono piombato in un territodiale. E la mattina al mercato in piazza ti ta. Che ne so.<br />
rio incantevole che non era stata scoperto, deprimono le tante professoresse ameri- La mia idea non era completamente<br />
comprato e rovinato come la vicina Toscacane, convinte – da passive-aggressive in pazza. Londra costava troppo e così decina<br />
da inglesi, americani e tedeschi. Ormai menopausa, fedeli doc non del Signore ma si: va bene, vado a Predappio per scrive-<br />
ogni paese toscano, anche quello più sper- del consumismo isterico – di aver trovato, re <strong>il</strong> libro. «Stai vivendo i nostri sogni!»,<br />
duto, pullula di stranieri la cui presenza «oh my God!», un paradiso terreste. mi dicevano i miei amici inglesi. Un cor-<br />
ha distrutto lo spirito del luogo. Predap- Al limite potevo (o potrei) comprare, no! Quando sono arrivato a Predappio quel<br />
pio, invece, se ne frega degli stranieri. Non a un terzo del prezzo, una casa rustica in giorno ero “up shit creek without a padd-<br />
c’è un hotel, neppure oggi, solo due pen- pietra a vista con una vigna e un po’ di ter- le”, in mezzo a un fiume di merda senza<br />
| | 20 luglio 2011 | 39<br />
Il serbo Novak “Nole” Djokovic ha battuto<br />
nella finale del torneo di Wimbledon 2011 lo<br />
spagnolo Rafael Nadal. Oltre ad aggiudicarsi<br />
la presitigiosa coppa, Djokovic ha anche<br />
soffiato al rivale iberico <strong>il</strong> primo posto<br />
nel ranking mondiale dei tennisti Atp<br />
zio degli anni Ottanta. Poi è arrivata la tv<br />
americana con le valige cariche di dollari<br />
e gli uomini adesso incrociano le racchette<br />
la domenica. Però, per salvare le apparenze<br />
(ipocrisia) non si gioca nella domenica<br />
di mezzo del torneo.<br />
Una tifosa “di impatto” per Agassi<br />
Questo per dire che le evoluzioni nazionalistiche<br />
del clan Djokovic in mezzo all’erba<br />
(assaggiata, perfino, dal nuovo numero<br />
1), non sono state le prime e non saranno<br />
le ultime. Questo per dire che gli esuberanti<br />
sodali di Nole, che esultavano e facevano<br />
schiamazzi nel box destinato ai parenti,<br />
mentre i compassati spagnoli sembravano<br />
british al uanandred per cent (beh,<br />
del resto avevano ben poco da esultare),<br />
sono stati solo gli ultimi di una lunga<br />
serie. Perfino Andre Agassi ha avuto, nel<br />
1993, una cheerleader di grande impatto,<br />
Barbra Streisand, che esultava con le tette<br />
strizzate in un corpetto<br />
l’appartenenza di Nole al suo popolo sta coli) ha fatto festa tra le strade di Church<br />
Quando ho cominciato a masticare di Ma gli esuberanti sodali di Nole, che facevano bianco a ogni diritto anoma-<br />
di Fred Perri<br />
nel suo grande patriottismo, caratteristica Road. A qualcuno ha dato fastidio, perbac-<br />
tennis (e a entusiasmarmi per <strong>il</strong> medesi- schiamazzi nel box destinato ai parenti, mentre lo del suo amore (pubblicita-<br />
a cosa si capisce che Novak Djokovic è fondamentale di quella gente. Nole dopo co, le signore con le coppette di fragole e<br />
mo), e cioè con Adriano Panatta, Paolo<br />
rio, doveva lanciare un cd).<br />
serbo? Sicuramente dalla capacità di aver trionfato a Wimbledon non ha esitato crema (non panna come la intendiamo noi,<br />
Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino i compassati spagnoli sembravano “british”, I serbi sono stati giudicati,<br />
D apprendere le lingue, cosa in cui a consumare le scarpette in Coppa Davis, please) e i signori con i boccaloni di Pimm’s<br />
Zugarelli, a metà degli anni Settanta (sia sono stati solo gli ultimi di una lunga serie da qualche remoto nostalgi-<br />
gli slavi sono bravissimi. Dall’attaccamen- la manifestazione a squadre snobbata dai N. 1 sono stati disturbati nelle loro picco-<br />
benedetta la Coppa Davis 1976), a Wimbleco<br />
dei “gesti bianchi”, sopra<br />
to alla famiglia, che lo segue ovunque, pre- grandi, che la giocano una volta sì e due le abitudini ai margini del Grande Rito. In<br />
don non si giocava la domenica e la finale re-missionario-rugbista-atleta Eric Liddell le righe. In molti hanno stigmatizzato<br />
sente e accorata, per qualcuno anche trop- no. Nole non fugge, Nole lascia <strong>il</strong> segno. È realtà Wimbledon già da tempo ha perso la<br />
masch<strong>il</strong>e era programmata di sabato. Per che non vuole correre la finale olimpi- l’uscita della signora Dijana Djokovic che,<br />
po. Forse anche dall’aspetto, ma questo lui <strong>il</strong> nuovo numero 1 del tennis mondia- sua aura di nob<strong>il</strong>tà. Si è venduto, come tut-<br />
capirci, Björn Borg e John McEnroe se le ca (1924, Parigi) dei 100 metri perché la accanto alla Coppa del figlio, ha sentenzia-<br />
non è qualificante e poi io non sono un le, ha brucato la sacra erba di Wimbledon ti noi mortali, ai danari delle tv. Però con<br />
suonavano la vig<strong>il</strong>ia del dì di festa. Ve lo domenica è <strong>il</strong> giorno del Signore? Ecco, a to: «Dopo anni di dominio di Nadal e Fede-<br />
grande esperto di fisiognomica. In realtà mentre la sua corte (per qualcuno dei mira- una bella e solida ipocrisia anglosassone.<br />
ricordate Momenti di gloria con <strong>il</strong> pasto- Wimbledon funzionava così, fino all’inirer, è cominciata l’era di Nole».<br />
46 | 20 luglio 2011 | |<br />
| | 20 luglio 2011 | 47<br />
50<br />
L’ITALIA<br />
CHE LAVORA<br />
Il sarto<br />
senza<br />
frontiere<br />
anno 17 | numero 28 | 20 luglio 2011 | 2,00<br />
I segreti inconfessab<strong>il</strong>i<br />
dell’industria del condom<br />
e le verità nascoste<br />
sulla lotta all’Aids<br />
Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello<br />
delle nostre vite? Con i suoi abiti su misura<br />
confezionati a mano, Nardelli continua a sedurre<br />
<strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera pugliese<br />
si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />
a capacità imprenditoriale dimostrata na Franca, una località in cui la tradizione<br />
rano per noi». Un’azienda molto organizza-<br />
dall’industria di abbigliamento crea- dell’abbigliamento è storica.<br />
ta, la cui mission è quella di soddisfare <strong>il</strong><br />
L ta da Angelo Nardelli nel 1951, rende «La nostra svolta industriale – conti-<br />
total look masch<strong>il</strong>e dal gusto classico e raf-<br />
onore al Sud italiano. Il fondatore era un nua Nardelli – è avvenuta nel 1998, quanfinato,<br />
ma seguendo al contempo le nuove<br />
giovane artigiano quando, a Martina Frando, siamo diventati una società per azioni<br />
tendenze e le innovazioni tecnologiche delca<br />
in provincia di Taranto, elegante cittadi- con la sigla Itn (Industria tess<strong>il</strong>e Nardelli)<br />
la moda uomo. Benissimo all’estero, ma in<br />
na sv<strong>il</strong>uppatasi sulle colline della Murgia, e abbiamo lanciato <strong>il</strong> marchio Angelo Nar-<br />
Italia la situazione dell’economia rallenta<br />
avviò un laboratorio, una f<strong>il</strong>iera, di 20 perdelli 1951. Puntando sull’accuratezza sar-<br />
un po’ gli affarri: «Le vendite sono in calo e<br />
sone per confezionare capi d’abbigliamentoriale dei nostri vestiti, esclusivamente da<br />
i commercianti incontrano ancora difficolto<br />
per uomo e donna venduti dallo stesso uomo, e sull’immagine, siamo riusciti a svi-<br />
lective Premier Moscow”, “Cpd Düsseldorf”, tà a pagare. Siamo comunque convinti che<br />
Nardelli in Sic<strong>il</strong>ia, in Calabria, in Puglia e lupparci in Italia e all’estero. Lo devo dire<br />
“Moda prima M<strong>il</strong>ano”, “Men’s Wear Collec- <strong>il</strong> mercato si riprenderà. Anche perché l’Ita-<br />
in Campania. «Mio padre – racconta l’at- con orgoglio». I negozi monomarca in Itative<br />
Chicago”, “The Collective New York”. lia è la patria della moda».<br />
tuale direttore generale Domenico, entralia sono sparsi un po’ lungo tutto lo Stivale.<br />
Non è scontato entrare in questi saloni, ma<br />
to in azienda 25 anni fa – lavorava fino a 12 Quello di Martina Franca funziona soprat-<br />
una volta che si comincia a esporre anche lì Dal calciatore all’impiegato<br />
ore al giorno, anche <strong>il</strong> sabato e la domenica tutto da spaccio. Gli altri sono ad Altamura,<br />
<strong>il</strong> più è fatto. «Intendiamo sv<strong>il</strong>uppare ulte- I prodotti della Angelo Nardelli 1951 sono<br />
se necessario. Possedeva un temperamen- Lecce, Taranto, Palermo e M<strong>il</strong>ano, «un punriormente<br />
la nostra presenza in Cina», pro- scelti soprattutto da professionisti, banto<br />
forte e deciso e spronava i tre figli a stato vendita prestigioso questo, situato nel<br />
segue Domenico Nardelli. «Non solo l’abito chieri, persone dello spettacolo, sportivi,<br />
re con lui, ma io sono stato l’unico a segui- palazzo delle Assicurazioni Generali, a due<br />
italiano di nostra produzione sta ottenendo per lo più calciatori, ma vengono acconre<br />
le sue orme. Dopo <strong>il</strong> diploma di licenza passi dal Duomo e nel cuore della zona del-<br />
successo, ma anche le prospettive future si tentati anche dipendenti e impiegati che a<br />
media, ho fatto un lungo periodo di gavetla finanza cittadina». I monomarca Nardel-<br />
presentano favorevoli. La Cina ha una popo- causa del lavoro consumano molti più abiti<br />
ta, comprendente tra l’altro corsi di modelli hanno anche varcato i confini nazionalazione<br />
di 1 m<strong>il</strong>iardo e trecentom<strong>il</strong>a perso- in un anno. A loro viene offerto a un prezzo<br />
lista, di cucito e di formazione nel campo li: in Cina ce ne sono sei, ad Anshan, Pechine.<br />
Non tutte ovviamente si possono per- contenuto l’abito “business” senza rinun-<br />
della moda. La sua guida mi è stata indino, Harbin, Taijuan, Tongyen e Zhengzhou.<br />
mettere di acquistare l’abbigliamento made ciare alla qualità. Spiega Domenico Nardelspensab<strong>il</strong>e<br />
e gliene sarò sempre grato». Ora,<br />
in Italy, ma <strong>il</strong> governo cinese sta spingenli: «I nostri clienti possono contare su un’of-<br />
a settantasei anni, Angelo ha preferito riti- Non solo monomarca<br />
do i consumi del ceto medio e nei prossimi ferta di tessuti di pregio e di varietà di pesi,<br />
rarsi, ma i rapporti con Domenico e i suoi Esistono anche dei veri e propri show room<br />
anni sembra che le aziende raddoppieran- fantasie e colori, tutti rigorosamente made<br />
figli – la terza generazione, Paola addetta a M<strong>il</strong>ano, New York e Pechino. Inoltre, vestino<br />
gli stipendi ai dipendenti. Noi del resto in Italy. Ogni abito viene tagliato e cucito<br />
alle relazioni esterne, Angelo e Antonio che ti e accessori Nardelli sono esportati i tutto<br />
siamo perfettamente in grado di affrontare da mani esperte, secondo la tradizione arti-<br />
si occupano rispettivamente dei negozi e <strong>il</strong> mondo: «Siamo presenti nei mercati afri-<br />
la domanda dal momento che produciamo gianale tramandata e affinata da decen-<br />
dello st<strong>il</strong>e dei vestiti – «continuano ad essecani (Marocco, Sudafrica), americani (Cana-<br />
abiti masch<strong>il</strong>i confezionati accuratamente ni di esperienza, e realizzato seguendo <strong>il</strong><br />
re veramente eccezionali».<br />
da, Stati Uniti e Messico), asiatici (Kazaki-<br />
su misura e a mano, come desidera <strong>il</strong> clien- gusto personale del cliente in ogni detta-<br />
Persona semplice e modesta, dal dialostan, Azerbaigian, Taiwan), in Russia, Ucraite,<br />
ut<strong>il</strong>izzando le più pregiate stoffe, comglio. Gli interni e le rifiniture sono in fibre<br />
go conciso, Domenico Nardelli elenca gli na e in altri paesi dell’Unione Europea, fino<br />
presi <strong>il</strong> cachemire e <strong>il</strong> puro lino. Vendiamo naturali come <strong>il</strong> cotone, <strong>il</strong> crine di cavallo<br />
eccellenti risultati raggiunti con la qualità alla lontanissima Australia».<br />
inoltre cravatte, cinture, e la seta, per garantire un comfort inegua-<br />
di quanto viene prodotto dall’azienda nel- Per riuscire a vendere in tutto <strong>il</strong> mondo<br />
«In Italia le vendite sono in calo e ancora i<br />
sciarpe, copricapi e calgliab<strong>il</strong>e. Non intendiamo fermarci. Voglialo<br />
stab<strong>il</strong>imento di 15 m<strong>il</strong>a metri quadrati, i Nardelli hanno dovuto farsi conoscere. E <strong>il</strong><br />
zature, tutto ciò di cui mo arrivare in altri paesi, trovare nuovi<br />
su tre piani, con 200 dipendenti, fra i qua- miglior modo è quello di essere presenti in<br />
commercianti incontrano difficoltà a pagare. necessita l’abbigliamen- partner, creare joint venture». L’intraprenli<br />
una ventina di sarti addetti al confeziona- tutti gli appuntamenti fieristici del settore<br />
Ma siamo convinti che <strong>il</strong> mercato si riprenderà. to masch<strong>il</strong>e, e ciò grazie denza a Nardelli non manca proprio.<br />
mento a mano, la cui sede è tuttora a Marti- come “Pitti immagine uomo Firenze”, “Col-<br />
Anche perché questa è la patria della moda» ad altre aziende che lavo-<br />
Paolo Grieco<br />
50 | 20 luglio 2011 | |<br />
| | 20 luglio 2011 | 51<br />
Foto: AP/LaPresse<br />
Foto: AP/LaPresse<br />
A sinistra, <strong>il</strong> negozio Angelo Nardelli 1951<br />
a M<strong>il</strong>ano, nel palazzo delle Assicurazioni<br />
Generali. Domenico Nardelli (in basso) è<br />
l’attuale direttore generale dell’azienda<br />
fam<strong>il</strong>iare. Abiti e accessori, esclusivamente<br />
da uomo, sono tutti realizzati a mano<br />
Sex f<strong>il</strong>es. Le rivelazioni dell’ex professore di Harvard<br />
L’Occidente ha creduto che per combattere l’Aids bastasse<br />
inondare l’Africa di condom. Una bugia che è già costata<br />
m<strong>il</strong>ioni di vittime. Le confessioni del liberal Edward Green<br />
Rodolfo Casadei ..................................................................................................................................................................................................................10<br />
INTERNI<br />
Economia. Radiografia della nuova crisi<br />
Un modo per sconfiggere gli speculatori esiste<br />
Oscar Giannino ..........................................................................................................................................................................................................16<br />
L’ingegnere. In attesa della sentenza<br />
Idee, battaglie e conflitti di interesse di De Benedetti<br />
Maurizio Stefanini .........................................................................................................................................................................................20<br />
CULTURA<br />
Biografia. Io, inglese nella terra del Sangiovese<br />
Un cronista squattrinato e <strong>il</strong> suo sbarco in Romagna<br />
Nicholas Farrell .......................................................................................................................................................................................................38<br />
Il libro. Il risveglio dei sensi<br />
La guerra di Claudio Risé per la liberazione del corpo<br />
Benedetta Frigerio ........................................................................................................................................................................................42<br />
SPORT<br />
Tennis. C’era una volta Wimbledon<br />
Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Djokovic, colui che ha profanato<br />
la sacralità del <strong>Tempi</strong>o con la sua sfacciataggine e i suoi<br />
fan rumorosi. Il nuovo numero uno ha svelato l’ipocrisia<br />
di un mondo che ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />
Fred Perri .............................................................................................................................................................................................................................46<br />
L’ITALIA CHE LAVORA<br />
Foto: Getty Images<br />
SEX FILES<br />
Una comoda<br />
menzogna<br />
Così, accecato dal mito pansessualista (e finanziato<br />
da interessatissime multinazionali), l’Occidente ha<br />
creduto che per combattere l’Aids bastasse inondare<br />
l’Africa di condom. Una bugia pericolosa che è costata<br />
già m<strong>il</strong>ioni di vite e impone la censura del dissenso.<br />
Le denuncia del luminare progressista Edward Green<br />
| | 20 luglio 2011 | 11<br />
Moda. Il sarto senza frontiere<br />
Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello delle nostre<br />
vite? Con abiti su misura e confezionati a mano, Nardelli<br />
continua a sedurre <strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera<br />
pugliese si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />
Paolo Grieco ..................................................................................................................................................................................................................50<br />
LA SETTIMANA<br />
Foglietto<br />
Lodovico Festa ..................................5<br />
Il diavolo della Tasmania<br />
Renato Farina .................................29<br />
Se ti dimentico<br />
Gerusalemme<br />
Yasha Reibman<br />
Il portone di bronzo<br />
Angela Ambrogetti .............31<br />
Speciale turismo Veneto<br />
Tommaso Farina .......................33<br />
Intellettuale cura te stesso<br />
Giorgio Israel ..................................45<br />
Presa d’aria<br />
Paolo Togni ..........................................54<br />
Anteprima libri<br />
Renato Farina .................................56<br />
Anteprima cinema<br />
Paola D’Antuono ......................58<br />
Post Apocalypto<br />
Aldo Trento ........................................60<br />
Sport über alles<br />
Fred Perri .................................................62<br />
Diario<br />
Marina Corradi ............................66<br />
RUBRICHE<br />
Mob<strong>il</strong>ità 2000 ..................................53<br />
Lettere al direttore ................62<br />
Taz&Bao .....................................................64<br />
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settimanale di cronaca, giudizio,<br />
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Anno 17 – N. 28 dal 14 al 20 luglio 2011<br />
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SEX FILES<br />
Una comoda<br />
menzogna<br />
Così, accecato dal mito pansessualista (e finanziato<br />
da interessatissime multinazionali), l’Occidente ha<br />
creduto che per combattere l’Aids bastasse inondare<br />
l’Africa di condom. Una bugia pericolosa che è costata<br />
già m<strong>il</strong>ioni di vite e impone la censura del dissenso.<br />
Le denuncia del luminare progressista Edward Green<br />
| | 20 luglio 2011 | 11
di Rodolfo Casadei<br />
Nel marzo 2009 una tormenta si abbatte<br />
su Benedetto XVI. Rispondendo a<br />
una domanda dei giornalisti durante<br />
<strong>il</strong> volo che lo porta in Africa, <strong>il</strong> Pontefice<br />
afferma: «Il problema dell’Aids non si risolve<br />
con la distribuzione dei preservativi,<br />
che anzi peggiorano <strong>il</strong> problema». Nei giorni<br />
che seguono <strong>il</strong> portavoce del ministro<br />
degli Esteri francese dichiara che i commenti<br />
di Benedetto XVI sono «una minaccia<br />
alla salute pubblica e al dovere di salvare<br />
vite umane», <strong>il</strong> direttore del Fondo globale<br />
per la lotta all’Aids intima al Papa di<br />
ritrattare quanto ha detto, <strong>il</strong> parlamento<br />
belga vota a grandissima maggioranza una<br />
mozione che giudica le parole di Benedetto<br />
XVI «inaccettab<strong>il</strong>i», l’Olanda, la Germania<br />
e l’Unione Europea in varie dichiarazioni<br />
12 | 20 luglio 2011 | |<br />
biasimano le parole papali. La nota rivista<br />
scientifica Lancet scrive che sono «gravissime<br />
e imprudentemente inesatte». Media<br />
e politici cattolici appaiono imbarazzati<br />
e sulla difensiva. Giunge soccorso dal più<br />
imprevedib<strong>il</strong>e degli angoli: «A dire la verità,<br />
l’attuale evidenza empirica dà ragione al<br />
Papa», scrive in un editoriale sul Washington<br />
Post un antropologo della medicina<br />
ricercatore di un istituto dell’università di<br />
Harvard, liberal agnostico e simpatizzante<br />
del Partito democratico, attivo per anni<br />
in programmi di social marketing di anticoncezionali<br />
di tutti i tipi nei paesi poveri.<br />
Green racconta numerosi casi di pubblicazione<br />
rifiutata da parte di riviste scientifiche ufficiali<br />
di articoli che provano l’inefficienza del<br />
condom come strategia primaria anti-Aids<br />
L’articolo spiegava che nelle epidemie<br />
generalizzate come quella africana i condom<br />
non funzionano come misura principale<br />
di prevenzione, che alcuni studi scientifici<br />
lo avevano dimostrato e che <strong>il</strong> modo<br />
più efficace di ridurre le infezioni da Hiv<br />
era incoraggiare la fedeltà coniugale e la<br />
riduzione del numero di partner sessuali<br />
nel corso della vita. La flessione dell’Aids<br />
in Uganda, sottolineava, era stata ottenuta<br />
con tale strategia. L’autore era Edward<br />
Green, direttore dell’Aids Prevention Research<br />
Project ad Harvard e membro del Presidential<br />
Advisory Counc<strong>il</strong> on Hiv/Aids fra<br />
<strong>il</strong> 2003 e <strong>il</strong> 2007, da tempo<br />
coscienza critica del mondo<br />
di burocrati internazionali,<br />
attivisti, scienziati e interessi<br />
costituiti che ruota attorno<br />
all’Aids e ai m<strong>il</strong>iardi di dolla-
Foto: AP/LaPresse, archivio Meeting<br />
ri stanziati per combatterla. Due anni dopo<br />
quell’exploit, che lo fece conoscere in tutto<br />
<strong>il</strong> mondo, perso <strong>il</strong> suo incarico ad Harvard<br />
(chissà perché), Green torna sulle barricate<br />
con un libro di denuncia: Broken Promises.<br />
How the Aids Establishment Has Betrayed<br />
the Developing World. E com’è che l’“establishment<br />
dell’Aids” ha tradito i paesi in<br />
via di sv<strong>il</strong>uppo? Imponendo programmi<br />
centrati sul condom per puro pregiudizio<br />
ideologico non supportato dai fatti, marginalizzando<br />
e censurando gli studi che<br />
dimostravano che altri approcci erano più<br />
efficaci (metodo Abc, riduzione del numero<br />
dei partner, circoncisione, eccetera) e<br />
pompando m<strong>il</strong>iardi di dollari nelle tasche<br />
di produttori di preservativi, test per l’Hiv,<br />
antiretrovirali, di dirigenti delle Nazioni<br />
Unite e della sanità pubblica nei paesi africani,<br />
di Ong e attivisti gay, eccetera.<br />
CHI È<br />
EDWARD GREEN<br />
Eroe della lotta alla<br />
piaga del M<strong>il</strong>lennio<br />
Edward C. Green<br />
è stato direttore<br />
dell’Aids Prevention<br />
Research Project<br />
alla Harvard School<br />
of Health e membro<br />
dei maggiori organismi<br />
internazionali<br />
per la lotta all’Aids.<br />
Per oltre trent’anni<br />
ha condotto ricerche<br />
in Africa e nel Sud-<br />
Est asiatico.<br />
CRITICO<br />
Progressista<br />
non allineato<br />
Liberal e sostenitore<br />
dei democratici<br />
Usa, impegnato a<br />
lungo in programmi<br />
di social marketing<br />
di anticoncezionali<br />
nei paesi poveri,<br />
Green è diventato la<br />
coscienza critica del<br />
suo mondo quando<br />
i suoi studi lo hanno<br />
portato a convincersi<br />
che <strong>il</strong> contagio da<br />
Hiv si combatte più<br />
efficacemente incoraggiando<br />
la fedeltà<br />
coniugale e la riduzione<br />
del numero di<br />
partner sessuali.<br />
Broken Promises racconta storie che<br />
per i profani della materia suonano sensazionali:<br />
i numerosi casi di pubblicazione<br />
rifiutata da parte di riviste scientifiche<br />
ufficiali di articoli che dimostra-<br />
vano l’inefficienza del condom<br />
come strategia primaria anti-<br />
Aids; <strong>il</strong> boicottaggio dei programmi<br />
centrati sulla fedeltà coniugale<br />
e l’astinenza finanziati al tempo<br />
della presidenza Bush da parte<br />
degli stessi ufficiali americani<br />
che dovevano promuoverli; l’ammissione<br />
da parte di Unaids e<br />
Usaid, fino ad allora schierati con<br />
la politica del tutto-condom, che<br />
i programmi centrati su fedeltà e<br />
riduzione del numero dei partner<br />
erano più efficaci contro l’Aids di<br />
quelli basati sul primato del pre-<br />
SEX FILES PRIMALINEA<br />
Una protesta davanti al Vaticano nel 2009. Il Papa<br />
aveva appena detto che la piaga dell’Aids in Africa<br />
«non si risolve con la distribuzione dei preservativi,<br />
che anzi peggiorano <strong>il</strong> problema». Secondo <strong>il</strong> professor<br />
Edward Green, Benedetto XVI aveva ragione<br />
RIVELAZIONI<br />
BROKEN<br />
PROMISES<br />
E. C. Green<br />
PoliPointPress<br />
17,95 dollari<br />
servativo esattamente nei giorni in cui <strong>il</strong><br />
Papa veniva linciato per la sua dichiarazione<br />
sull’argomento.<br />
Il grande insabbiamento inizia, stando<br />
a Green, nel 1998. St<strong>il</strong>a un rapporto per<br />
la Banca mondiale dopo una missione in<br />
Uganda dove spiega che la sieroprevalenza<br />
nel paese africano è scesa dal 15 per cento<br />
al 5 per cento grazie al metodo Abc (Abstinence,<br />
Be faithful, Condom, nella quale<br />
<strong>il</strong> preservativo è la strategia di ripiego per<br />
chi non riesce a modificare <strong>il</strong> suo comportamento<br />
in termini di fedeltà o astinenza).<br />
Nessuna reazione. Scopre che due epidemiologi,<br />
Rand Stoneburner e Daniel Low-<br />
Beer, hanno raggiunto le sue stesse conclusioni:<br />
riescono a pubblicare <strong>il</strong> loro studio<br />
solo dopo sei anni, e nel frattempo<br />
vengono licenziati dal Programma<br />
sudafricano contro l’Aids per aver<br />
scoperto che la promozione del<br />
condom aveva ottenuto solo un<br />
aumento dei rapporti sessuali fra<br />
adolescenti, mentre i tassi di Hiv<br />
continuavano ad aumentare.<br />
Sempre nel 1998 un’aff<strong>il</strong>iata<br />
di Planned Parenthood Association<br />
(la lobby americana per<br />
<strong>il</strong> controllo delle nascite) gli chiede<br />
di studiare le cause del mancato<br />
aumento dell’uso dei condom<br />
nella Repubblica Dominicana.<br />
Green spiega che le campagne<br />
contro l’Aids hanno modi-<br />
| | 20 luglio 2011 | 13
ficato i comportamenti delle persone nel<br />
senso di una maggiore fedeltà di coppia<br />
e di un minor numero di partner sessuali,<br />
da cui una minore necessità di usufruire<br />
di preservativi. Con un collega scrive un<br />
articolo sull’argomento, ma «i nostri colleghi<br />
della pianificazione fam<strong>il</strong>iare e di Usaid<br />
non furono contenti delle nostre scoperte.<br />
Tutte le riviste, una dopo l’altra, respinsero<br />
l’articolo basato sul nostro survey. Con raro<br />
senso del metodo scientifico, alcuni revisori<br />
affermarono apertamente che io e <strong>il</strong> mio<br />
collega dominicano eravamo pericolosi ideologi<br />
anticondom che nessuno avrebbe<br />
dovuto pubblicare. Non fui mai<br />
più invitato nella Repubblica<br />
Dominicana». Negli stessi giorni<br />
un ufficialissimo Demographic<br />
and Health Survey (Indagine<br />
demografico-sanitaria) dal<br />
costo di un m<strong>il</strong>ione di dollari<br />
conferma le spiegazioni di Green<br />
sul caso dominicano.<br />
Qualche tempo dopo Usaid<br />
gli chiede un articolo sul ruolo<br />
delle realtà religiose nei<br />
programmi di prevenzione<br />
dell’Aids. Green scrive che la<br />
diffusa convinzione secondo<br />
cui cristiani e musulmani stigmatizzano<br />
i malati di Aids è<br />
sbagliata, anzi le Chiese suscitano<br />
solidarietà nei loro riguardi,<br />
e che <strong>il</strong> loro ruolo nella promozione<br />
della fedeltà e dell’astinenza<br />
è prezioso. «Ci vollero<br />
parecchi anni di lotta prima<br />
che questa monografia fosse<br />
pubblicata da Usaid. Almeno<br />
due volte fu letteralmente<br />
strappata fuori dalla tipografia<br />
all’ultimo momento, e non per<br />
cause dipendenti dall’editrice.<br />
In una e-ma<strong>il</strong> diretta a me e ad<br />
altri, un attivista sotto contratto<br />
con Usaid e responsab<strong>il</strong>e dei<br />
rapporti fra l’ufficio di Usaid<br />
per l’Aids e le organizzazioni<br />
religiose espresse la sua convinzione<br />
che tali organizzazioni non hanno<br />
alcun ruolo nella prevenzione dell’Aids,<br />
perché tutto ciò che fanno è “stigmatizzare<br />
e fare la morale”. Finalmente riuscii a<br />
esercitare sufficiente pressione politica per<br />
ottenere la pubblicazione, ma <strong>il</strong> testo fu privato<br />
della copertina e di tutte le foto».<br />
La “conversione” dell’avversario<br />
Ma la storia più clamorosa è quella dello<br />
studio di Usaid sulla relativa contribuzione<br />
dei tre fattori del metodo Abc sulla diminuzione<br />
dell’incidenza dell’Hiv. Green doveva<br />
essere <strong>il</strong> coordinatore dell’indagine sul<br />
secondo fattore (la fedeltà), che si sarebbe<br />
svolta in sei paesi. Il terzo fattore (<strong>il</strong> preservativo)<br />
era stato affidato a Psi, Population<br />
14 | 20 luglio 2011 | |<br />
LE GUIDE DEI GINECOLOGI ITALIANI<br />
Culto del preservativo,<br />
ecco <strong>il</strong> breviario della Sigo<br />
Non solo Africa. La mitologia del preservativo<br />
va per la maggiore anche dalle nostre parti, dove<br />
può contare su un aedo di gran prestigio: la Società<br />
italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo). Come<br />
ogni anno, anche quest’estate la Sigo, in vista delle<br />
vacanze, ha prodotto le sue brave guide per i giovani<br />
al sesso sicuro: si va dal Passaporto dell’amore<br />
(depliant distribuito a gratis) al pamphet Travel<br />
sex! (acquistab<strong>il</strong>e in libreria). Opuscoli la cui indispensab<strong>il</strong>ità<br />
è supportata da apposito sondaggio<br />
condotto dalla Sigo medesima, che somiglia tanto<br />
alla classica profezia che si autoavvera: «Il 64<br />
per cento degli intervistati ha affermato che avrà<br />
almeno un rapporto occasionale nel corso dell’estate»,<br />
giurano allarmati i ginecologi, «ma i giovani<br />
si dimostrano “immaturi” in fatto di sesso sicuro.<br />
Solo pochi usano regolarmente i contraccettivi».<br />
Vengono perciò in soccorso le guide Sigo, che contengono<br />
particolareggiate istruzioni su tutti i tipi di<br />
dispositivi immaginab<strong>il</strong>i, ognuno dei quali (p<strong>il</strong>lola o<br />
goldone che sia) è accompagnato da rassicuranti<br />
raccomandazioni mediche. Di inviti a “trattenersi”<br />
neanche l’ombra, ovvio. Perché «durante l’estate è<br />
giusto divertirsi», ammicca la Sigo. Però «nella tua<br />
valigia non devono assolutamente mancare i contraccettivi,<br />
e in particolare p<strong>il</strong>lola e preservativo».<br />
Dopodiché, va’ pure dove ti porta <strong>il</strong> condom.<br />
Services International, <strong>il</strong> più grande ente<br />
mondiale di social marketing dei condom.<br />
Ma nel 2003 Green è convocato a Washington<br />
e gli viene comunicato che non sarà più<br />
uno dei coordinatori dello studio. Al suo<br />
posto viene nominato Doug Kirby, bestia<br />
nera dei conservatori religiosi per la sua<br />
opposizione ai programmi per l’astinenza<br />
e per la sua promozione dell’“educazione<br />
sessuale globale”, privo di qualunque esperienza<br />
d’Africa. Però Kirby è una persona<br />
onesta, studia <strong>il</strong> caso ugandese e giunge alle<br />
stesse conclusioni di Green: la chiave del<br />
successo era stata la riduzione del numero<br />
dei partner sessuali. «Una storia davvero<br />
istruttiva: un ricercatore viene sostituito<br />
da un altro per ragioni meramente politi-<br />
Nel suo libro<br />
Green rivela che<br />
al tempo di Bush<br />
i programmi Usa<br />
contro l’Aids in<br />
Africa centrati<br />
sulla fedeltà<br />
coniugale (poi<br />
dimostratisi i più<br />
efficaci) erano<br />
boicottati dagli<br />
stessi responsab<strong>il</strong>i<br />
americani<br />
che, ma l’altro ricercatore ignora la politica<br />
e alla fine giunge alle stesse conclusioni del<br />
primo: diventano colleghi e amici».<br />
La politicizzazione di Lancet<br />
Edward Green non è tenero nemmeno con<br />
Lancet, l’autorevole rivista britannica che<br />
nel 2009 pretende di sbugiardare <strong>il</strong> Papa.<br />
Nel 2004 aveva pubblicato un “consensus<br />
statement” firmato da 140 esperti nel quale<br />
si raccomandava <strong>il</strong> metodo Abc contro le<br />
epidemie generalizzate e si promuovevano<br />
fedeltà e riduzione dei partner. Nel 2006<br />
invece titola in copertina: “È meno controverso<br />
promuovere l’astinenza e la fedeltà<br />
che l’educazione sessuale, i condom e<br />
l’aborto sicuro, ma è proprio di questo che<br />
c’è bisogno!”. Nel 2000 Lancet aveva pubblicato<br />
un articolo di John Richens dell’università<br />
di Londra sull’effetto risk compensation<br />
(chi usa i condom si sente sicuro e<br />
aumenta <strong>il</strong> numero dei rapporti, ma così <strong>il</strong><br />
rischio di Aids resta elevato) solo dopo che<br />
costui aveva minacciato di fare causa alla<br />
rivista. I revisori non avevano trovato nulla<br />
da obiettare alla sua affermazione secondo<br />
la quale «massicci incrementi nell’uso dei<br />
condom non si sono tradotti in dimostrab<strong>il</strong>i<br />
riduzioni dell’incidenza dell’Hiv nei paesi<br />
dove sono avvenuti», ma la rivista continuava<br />
a negare la pubblicazione.<br />
Gli studi sulle vere ragioni della diminuzione<br />
della sieropositività nei pochi pae-
Foto: AP/LaPresse<br />
si dove questa è avvenuta e sui fallimenti<br />
delle politiche del tutto-condom però si<br />
accumulano, e alla fine gli enti ufficiali<br />
preposti sono costretti a riconoscere l’evidenza.<br />
Nel gennaio 2009 a Gaborone (Botswana)<br />
si tiene una conferenza internazionale<br />
nella quale tutte le posizioni di Green<br />
sono riconosciute giuste. «Nel marzo<br />
2009 Unaids pubblicò un rapporto basato<br />
sulla conferenza. E lì, per la prima volta,<br />
le Nazioni Unite indicarono <strong>il</strong> cambiamento<br />
di comportamento come una priorità<br />
più alta della promozione del condom.<br />
Ora i condom erano una strategia di ultimo<br />
ricorso. (…) Poche settimane dopo, in apr<strong>il</strong>e,<br />
Unaids pubblicò un secondo rapporto.<br />
Temevo che, dopo <strong>il</strong> grande scossone, facessero<br />
marcia indietro. Ma questo rapporto<br />
ribadiva che la fedeltà era la principale<br />
priorità nell’Africa australe e che i condom<br />
dovevano essere soltanto una rete di sicurezza».<br />
Le parole del Papa erano state pronunciate<br />
<strong>il</strong> 17 marzo…<br />
Green spiega che la lunga mistificazione<br />
della lotta all’Aids centrata sulla distribuzione<br />
di condom è <strong>il</strong> prodotto della convergenza<br />
fra ideologia della liberazione sessuale<br />
e relativismo culturale da una parte,<br />
interessi economici dall’altra. Alcuni aneddoti<br />
sono terrib<strong>il</strong>mente eloquenti. «Alla<br />
Conferenza mondiale sull’Aids del 1998<br />
parte del programma ufficiale era <strong>il</strong> “Programma<br />
culturale e informazioni ut<strong>il</strong>i”. Si<br />
informavano i partecipanti su dove andare<br />
per “backroom sex” in locali “hardcore” per<br />
persone “in cerca di compagnia”. Alle conferenze<br />
internazionali ho visto pamphlet<br />
stampati da industrie farmaceutiche che<br />
spiegavano dove sul posto si poteva trovare<br />
sesso anonimo per omosessuali. Gli sponsor<br />
erano Merck (inibitori della proteasi),<br />
Bristol Myers Squibb (inibitori), Glaxo-Wellcome<br />
(Azt), Upjohn, Roche, Abbot Labs e<br />
Dupont Pharma. Le multinazionali farmaceutiche<br />
hanno un conflitto di interessi con<br />
l’Aids: guadagnano meno denaro dalla prevenzione<br />
della malattia che non dalla cura».<br />
E Big Pharma sposò l’attivismo gay<br />
«Le aziende farmaceutiche conclusero<br />
alleanze con gruppi di attivisti gay come<br />
ActUp, e finanziarono in segreto i loro viaggi<br />
perché fossero presenti alle conferenze<br />
internazionali dove avrebbero chiesto<br />
più fondi per l’Aids e <strong>il</strong> “fast-tracking”, cioè<br />
approvazioni più rapide dei medicinali da<br />
parte della Fda (Food and Drug Administration,<br />
ndr), che significava meno spese di<br />
ricerca. Per esempio nel 1987 la Fda approvò<br />
l’Azt per <strong>il</strong> trattamento di alcuni pazien-<br />
«Ho visto pamphlet di industrie farmaceutiche<br />
che spiegavano dove trovare sesso anonimo per<br />
gay. (…) Le multinazionali guadagnano meno<br />
dalla prevenzione dell’Aids che non dalla cura»<br />
SEX FILES PRIMALINEA<br />
ti appena quattro mesi dopo aver ricevuto<br />
la domanda di autorizzazione dalla Burroughs<br />
Wellcome che lo produceva. Naturalmente<br />
“fast-tracking” significa più profitti<br />
per le imprese. Le quali finanziano anche<br />
riviste gay come Poz e Positive Nation, che<br />
sono funzionali agli interessi delle imprese<br />
in quanto fanno propaganda per standard<br />
meno rigidi nell’approvazione delle nuove<br />
medicine e per più fondi alla ricerca».<br />
Le conclusioni sono molto amare: «L’Aids<br />
ha ucciso m<strong>il</strong>ioni di persone nel mondo in<br />
modo evitab<strong>il</strong>e, e gli africani e altri continuano<br />
a morire, mentre sarebbe fac<strong>il</strong>e prevenire.<br />
E tuttavia tante delle nostre convinzioni<br />
sul modo di vincere la malattia in Africa<br />
si sono basate su miti, wishful thinking,<br />
cecità volontaria, stereotipi, paura di danni<br />
alla propria carriera, ripetizione di distorsioni<br />
e bugie finalizzate a raccogliere fondi.<br />
Noi occidentali ci siamo fatti beffe degli<br />
stregoni mentre promuovevamo le più letali<br />
falsità che <strong>il</strong> continente avesse mai visto.<br />
I nostri errori hanno cominciato a vivere<br />
di vita propria, alimentati da un’ideologia<br />
pansessualista e da idee politiche fortemente<br />
critiche dei valori conservatori e religiosi<br />
e delle politiche del presiden-<br />
te Bush». E lo dice un democratico<br />
liberal e agnostico,<br />
già specialista nella distribuzione<br />
dei condom ai poveri<br />
dei paesi poveri. n<br />
| | 20 luglio 2011 | 15
INTERNI<br />
16 | 20 luglio 2011 | |<br />
STATO D’ASSEDIO<br />
Una pessima<br />
estate italiana<br />
Nessun complotto. A scatenare l’attacco degli speculatori<br />
al nostro paese e all’Europa ci sono molte scelte sbagliate<br />
e <strong>il</strong> cinico istinto di sopravvivenza dei governi e dei loro<br />
azionisti. Ma un modo per scacciare le cavallette c’è<br />
di Oscar Giannino<br />
Scrivo alla chiusura<br />
di Borsa di<br />
lunedì 11 luglio,<br />
ed è stato un nuovo<br />
bagno di sangue, con<br />
un meno 4 per cento<br />
che è <strong>il</strong> peggio nell’eurozona<br />
peggiore. Lo<br />
spread sui decennali pubblici tedeschi è<br />
salito di 70 punti base totali rispetto a<br />
dove stava all’inizio della seduta di venerdì.<br />
Intesa e Unicredit si sono alternate tutto<br />
<strong>il</strong> giorno nella sospensione al ribasso.<br />
La Spagna ci ha risuperati nel differenziale<br />
sui Bund, zompando oltre quota 300<br />
punti base. Ci siamo, c’è poco da fare. Per<br />
un anno e mezzo l’Italia ci era riuscita, a<br />
non entrare nella lista dei paesi sfiduciati<br />
nell’euroarea, Grecia, Portogallo, Irlanda,<br />
Spagna. Tre grandi fattori internazionali<br />
e tre circostanze italiane in pochi giorni<br />
hanno fatto convergere i propri effetti.<br />
E <strong>il</strong> quadro è cambiato. Purtroppo per noi.<br />
Quali sono le ragioni che spiegano l’accelerazione<br />
dello spread tra i titoli di Stati<br />
italiani e <strong>il</strong> Bund tedesco in pochi giorni,<br />
e <strong>il</strong> crollo dei titoli bancari e a seguire<br />
dell’intero listino? È ovvio che non è successo<br />
nulla che abbia modificato i fondamentali.<br />
Non sono emersi ammanchi pubblici<br />
non rivelati al mercato, e restiamo<br />
l’euromembro che ha fatto in questi anni<br />
meno deficit pubblico subito dopo la Germania.<br />
Le banche italiane non sono state<br />
salvate dal denaro del contribuente né<br />
due anni fa né oggi, ma stanno ricapitalizzando<br />
con risorse dei propri soci. E allora?<br />
Il “diversivo” degli americani<br />
Si è ufficialmente aperta una finestra molto<br />
succosa per <strong>il</strong> mercato mondiale: scommettere<br />
sulla sostenib<strong>il</strong>ità del quarto debito<br />
pubblico al mondo (<strong>il</strong> terzo è quello della<br />
Germania, che per ammontare complessivo<br />
ci ha superato nel 2010, ma <strong>il</strong> suo P<strong>il</strong><br />
è ben maggiore del nostro). È un’opzione<br />
succosa, perché queste scommesse si vincono<br />
– cioè si fanno soldi a palate – gio-<br />
cando al ribasso, cioè con opzioni a breve<br />
su una certa soglia di Cds sovrano o bancario<br />
(<strong>il</strong> Cds, credit default swap, è <strong>il</strong> derivato<br />
che stima <strong>il</strong> premio al rischio in caso di<br />
default del soggetto interessato, nel caso<br />
in cui gli si prestino soldi o gli si sottoscriva<br />
un titolo). Ed è un’opzione succosa per<br />
un’altra ragione.<br />
Il linguaggio del realismo impone di<br />
dire e spiegare che la finestra è quasi del<br />
tutto indipendente dalla manovra finanziaria<br />
italiana appena presentata. Si voti<br />
o meno così com’è, la finestra resta aperta<br />
fino al 2013, quando scatterà la nuova cornice<br />
per <strong>il</strong> salvataggio degli euromembri<br />
in difficoltà, visto che nessuno è riuscito<br />
sin qui a smuovere i tedeschi a compiere<br />
“veri” interventi d’emergenza salvaeuro. E<br />
dunque, a meno di un cambio del quadro<br />
internazionale, è fino al 2013 che attualmente<br />
ritengono di dover essere ribassiste<br />
le forze potenti che scommettono sulla<br />
crisi dell’euroarea.<br />
La prima grande molla internazionale<br />
che gonfia le vele alla volat<strong>il</strong>ità al ribasso<br />
Foto: AP/LaPresse
è dunque proprio l’errore europeo. L’errore<br />
franco-tedesco, ma germanico in primis.<br />
L’ho scritto e ripetuto molte volte. È una<br />
costosa e drammatica sciocchezza da parte<br />
del governo di Angela Merkel non voler<br />
dire – da 19 mesi – agli elettori tedeschi che<br />
occorrono strumenti straordinari, non previsti<br />
dal Trattato, volti a salvare non la Grecia<br />
cicala o <strong>il</strong> Portogallo per la sua b<strong>il</strong>ancia<br />
dei pagamenti o la Spagna per la sua bolla<br />
Con <strong>il</strong> record<br />
segnato in<br />
questi giorni<br />
dallo spread<br />
tra Btp e<br />
Bund l’Italia<br />
sembra essere<br />
ufficialmente<br />
entrata nella<br />
lista dei paesi<br />
“sfiduciati” dal<br />
mercato, Grecia,<br />
Portogallo,<br />
Irlanda<br />
e Spagna<br />
È una drammatica sciocchezza da parte della<br />
Merkel non voler dire ai suoi elettori che servono<br />
strumenti straordinari, non previsti dal Trattato,<br />
per salvare non Atene o Lisbona, ma l’euro<br />
MINIGLOSSARIO<br />
SPREAD BTP-BUND<br />
Termometro del<br />
rischio insolvenza<br />
È una misura del<br />
rischio di insolvenza<br />
associato a un<br />
titolo di Stato e, di<br />
conseguenza, della<br />
salute finanziaria di<br />
un paese. È <strong>il</strong> differenziale,<br />
valutato dal<br />
mercato, tra <strong>il</strong> rendimento<br />
di quel titolo<br />
(nel caso dell’Italia,<br />
i Btp decennali) e<br />
<strong>il</strong> rendimento di un<br />
titolo corrispondente<br />
di uno Stato considerato<br />
privo di rischio,<br />
come la Germania<br />
(Bund decennali).<br />
CDS<br />
Da assicurazione<br />
a scommessa<br />
I credit default swap<br />
(Cds) sono strumenti<br />
finanziari derivati<br />
che funzionano come<br />
un’assicurazione.<br />
Chi compra un Cds,<br />
infatti, si impegna a<br />
pagare al venditore<br />
un premio in cambio<br />
del rimborso, solo in<br />
caso di default, del<br />
valore dell’obbligazione<br />
oggetto dell’insolvenza<br />
(di solito<br />
un titolo di Stato).<br />
Il loro valore è una<br />
misura dell’affidab<strong>il</strong>ità<br />
dei titoli sottostanti.<br />
Nascono come<br />
derivati di copertura<br />
dal rischio ma si sv<strong>il</strong>uppano<br />
come strumento<br />
speculativo<br />
per scommettere sul<br />
possib<strong>il</strong>e fallimento<br />
dell’emittente (pubblico<br />
o privato).<br />
Fonte: Ansa<br />
immob<strong>il</strong>iare, ma l’euro in quanto tale. Aver<br />
d<strong>il</strong>uito gli aiuti condizionandoli all’introduzione<br />
di misure che strangolano i paesi<br />
eurodeboli e rendono ancor meno sostenib<strong>il</strong>e<br />
<strong>il</strong> loro debito può aver aiutato le banche<br />
tedesche e francesi a disfarsi della troppa<br />
carta pubblica greca che avevano in pancia,<br />
ma ha invogliato tutti i ribassisti del<br />
mondo a scommettere che entro <strong>il</strong> 2013<br />
l’euro salterà, se <strong>il</strong> Consiglio europeo non<br />
aprirà gli occhi. E come abbiamo detto m<strong>il</strong>le<br />
volte, l’Italia, vista la dimensione del suo<br />
debito pubblico, a lungo andare sarebbe<br />
finita nel mirino anche a onta del suo basso<br />
deficit di questi anni.<br />
La seconda potente molla si chiama<br />
America. Il 2 agosto si sfonda <strong>il</strong> tetto di<br />
debito pubblico autorizzato dal Congresso<br />
di Washington, 14,3 m<strong>il</strong>a m<strong>il</strong>iardi di<br />
dollari, pari all’intero P<strong>il</strong> degli Stati Uniti.<br />
Tra l’amministrazione Obama e i repubblicani<br />
che controllano la Camera dei rappresentanti<br />
manca ancora l’accordo su<br />
come dosare tra tagli alle spese e tasse i<br />
4 o 4,5 tr<strong>il</strong>ioni di dollari in un decen-<br />
| | 20 luglio 2011 | 17
INTERNI STATO D’ASSEDIO<br />
nio che bisogna prevedere di minor deficit<br />
rispetto alle enormi spese aggiuntive<br />
accese dall’attuale amministrazione, senza<br />
che per questo la disoccupazione americana<br />
scenda sotto <strong>il</strong> 9,2 per cento e <strong>il</strong> totale<br />
degli scoraggiati al lavoro sotto <strong>il</strong> 16-17<br />
per cento delle forze di lavoro complessive.<br />
Con questi chiari di luna sul proprio mercato,<br />
è ovvio che ai fondi e alle grandi banche<br />
d’affari americane convenga drammatizzare<br />
sull’Europa scommettendo sulla<br />
sua bassa tenuta, perché gli intermediari e<br />
gli investitori statunitensi sarebbero i primi<br />
a pagare invece i maggiori oneri di una<br />
crisi di credib<strong>il</strong>ità della propria capacità di<br />
sostenere l’eccesso di debito.<br />
Subito tagli veri o sarà patrimoniale<br />
La terza potente molla è quella del sistema<br />
bancario internazionale. In attesa, venerdì<br />
15 luglio, dei risultati degli stress test<br />
europei (tra parentesi dico che questo esercizio<br />
è stato tecnicamente compiuto a mio<br />
giudizio coi piedi, consentendo alle banche<br />
tedesche di fare quello che vogliono o<br />
quasi e proiettando su tutte le altre lunghe<br />
ombre), l’interesse convergente del sistema<br />
internazionale ma soprattutto delle<br />
maggiori banche tedesche, francesi e britanniche<br />
(molte delle quali in piedi grazie<br />
ai denari dei contribuenti) è a spingere<br />
verso <strong>il</strong> basso la capitalizzazione dei maggiori<br />
istituti di credito italiani. Unicredit e<br />
Intesa sono trattate oggi a prezzi ridicoli<br />
rispetto ai fondamentali e ai mezzi propri.<br />
Non è leggenda metropolitana, ma realtà,<br />
che qualcuno di molto forte in Germania<br />
pensi in questo modo di spingere per esempio<br />
Unicredit – puliti nel frattempo gli attivi<br />
tedeschi all’Est Europa, comprati anni fa<br />
a caro prezzo per come erano opacamente<br />
contab<strong>il</strong>izzati dai germanici – a ricederli<br />
agli stessi tedeschi a prezzi di saldo.<br />
Attenti per favore. Io non penso e non<br />
sto affatto dicendo che l’Italia è vittima di<br />
una congiura. Lascio <strong>il</strong> complottismo a chi<br />
crede che <strong>il</strong> mercato sia guidato da pochi<br />
malefici gnomi. Il mercato è fatto da centinaia<br />
di migliaia di operatori che decidono<br />
in base alle finestre di possib<strong>il</strong>ità<br />
che vedono aperte. Ma la politica dovrebbe<br />
tenere gli occhi aperti, e sapere che nel<br />
mondo globalizzato meccanismi di questo<br />
tipo sono pronti a scattare sinergicamente,<br />
appena se ne creano le condizioni.<br />
Invece, la politica italiana non lo ha fatto.<br />
Ed ecco i tre fattori interni. Si chiamano:<br />
divisione all’interno del governo, con d<strong>il</strong>uizione<br />
della manovra originaria prima e<br />
durante <strong>il</strong> Consiglio dei ministri; le vicende<br />
giudiziarie di Marco M<strong>il</strong>anese, che lambiscono<br />
<strong>il</strong> Tesoro, con indebolimento conseguente<br />
di Giulio Tremonti, anche a causa<br />
di quanto Berlusconi ha detto su di lui<br />
a Repubblica; infine l’indebolimento ulteriore<br />
del premier, per effetto della senten-<br />
18 | 20 luglio 2011 | |<br />
za sul lodo Mondadori che gli impone di<br />
versare 560 m<strong>il</strong>ioni di euro alla Cir a titolo<br />
di risarcimento.<br />
Conclusione. Per realismo – e se conosco<br />
i mercati – non basta affatto approvare<br />
la manovra così com’è, cioè senza ulteriori<br />
d<strong>il</strong>uizioni che erano annunciate e <strong>il</strong><br />
più rapidamente possib<strong>il</strong>e in Parlamento.<br />
Onestà e serietà impongono oggi di<br />
dire che la danza macabra degli spread<br />
si interromperebbe solo per pochi giorni,<br />
rispetto all’attesa dell’eurocrac comunque<br />
entro <strong>il</strong> 2013. Occorre rafforzarla, la<br />
manovra, con una decina di m<strong>il</strong>iardi di<br />
euro di tagli strutturali aggiuntivi e non<br />
di ulteriori tasse. Subito: per esempio<br />
ripristinando <strong>il</strong> tetto pensionab<strong>il</strong>e a 65<br />
anni per le lavoratrici private a cominciare<br />
dal 2012 e a pieno regime entro <strong>il</strong> 2018,<br />
non a cominciare dal 2020 fino al 2032,<br />
come indicato dopo la correzione della<br />
prima stesura. In più, aggiungendo privatizzazioni<br />
immob<strong>il</strong>iari per un paio di<br />
punti di P<strong>il</strong> almeno.<br />
State attenti. Io vorrei sbagliare, ma o si<br />
ha la forza di far così, oppure di qui al termine<br />
della legislatura sarà un calvario. E<br />
alla fine sarà patrimoniale. n<br />
I<br />
tagli sui capitoli di spesa presenti nella<br />
manovra economica sono molti e<br />
con una diversa ponderazione per<br />
quanto concerne la partecipazione al raggiungimento<br />
del pareggio di b<strong>il</strong>ancio,<br />
obiettivo auspicato dal ministro Giulio<br />
Tremonti e richiesto dall’Unione Europea.<br />
Con certezza, emerge che <strong>il</strong> maggior gettito<br />
arriverà alle casse dello Stato grazie ai<br />
quei risparmiatori che detengono nei loro<br />
portafogli buoni del tesoro e titoli. Infatti,<br />
con l’aumento a scaglioni del bollo sui<br />
L’ATTUALITà<br />
ON LINE<br />
Interviste<br />
e commenti<br />
Le opinioni contenute<br />
in queste<br />
pagine sono<br />
tratte dalle interviste<br />
realizzate da<br />
Radio <strong>Tempi</strong> e da<br />
tempi.it<br />
Nella foto a lato,<br />
<strong>il</strong> ministro<br />
dell’Economia<br />
Giulio Tremonti<br />
IN QUESTO PERIODO DI VACCHE MAGRE<br />
Giulio, accetta<br />
un consiglio<br />
Borghi, Oriani, Vignali, Colozzi commentano<br />
la manovra di Tremonti. Quel che va e quel<br />
(molto) che non va. Idee per una ripresa<br />
«Le banche non sono più la cassaforte d’Italia<br />
da cui si può sempre attingere. I tempi sono<br />
cambiati. Le banche non godono più della<br />
solidità patrimoniale che vantavano prima»<br />
dossier, la somma dei valori attesi per le<br />
entrate finanziarie fino al 2015 è pari a 10<br />
m<strong>il</strong>iardi di euro.<br />
Claudio Borghi, editorialista del Giornale<br />
e docente dell’Università Cattolica<br />
di M<strong>il</strong>ano dice a <strong>Tempi</strong>: «Con le tasse, da<br />
una parte, si fa cassa e, dall’altra, si dà un<br />
indirizzo». Il cosiddetto superbollo che<br />
si applicherà fin da subito alle categorie<br />
di strumenti finanziari sopra citati, «permetterà<br />
un gettito maggiore per lo Stato,<br />
ma nello stesso tempo sposterà i risparmiatori<br />
verso altre forme di<br />
prodotti finanziari. A titolo<br />
d’esempio, i conti risparmio<br />
saranno avvantaggiati<br />
perché non soggetti ai nuovi<br />
rincari fiscali».
Foto: AGF<br />
Un altro punto fondamentale della<br />
manovra economica riguarda l’aumento<br />
dell’Irap per le banche, per le società<br />
finanziarie e per le assicurazioni. Il gettito<br />
previsto da questo punto del decreto<br />
firmato dal presidente Giorgio Napolitano,<br />
garantirà un gettito per <strong>il</strong> Tesoro<br />
di circa 2,5 m<strong>il</strong>iardi di euro. Il professor<br />
Marco Oriani, ordinario della facoltà<br />
di Economia presso l’Università Cattolica<br />
di M<strong>il</strong>ano dichiara a <strong>Tempi</strong> che l’aumento<br />
dell’Irap avrà un’incidenza inevitab<strong>il</strong>e<br />
sul conto economico delle banche. Quali<br />
saranno gli effetti? «Semplice, le aziende<br />
di credito pareggeranno <strong>il</strong> costo fiscale<br />
con maggiori ricavi che saranno a carico<br />
dei clienti-risparmiatori». Prosegue l’accademico<br />
della Cattolica: «Bisogna sfatare<br />
un mito e considerare le banche come<br />
la cassaforte d’Italia da cui si può attingere<br />
attraverso lo strumento della pressione<br />
fiscale nei momenti di difficoltà. I tempi<br />
sono cambiati, le banche non godono più<br />
della solidità patrimoniale, almeno apparente,<br />
che vantavano negli anni passati».<br />
Privatizzate, qualcosa resterà<br />
Il deputato del Pdl Raffaello Vignali è<br />
invece d’accordo per l’aumento dell’Irap<br />
perché, puntualizza, «le varie autorità di<br />
vig<strong>il</strong>anza dovranno controllare per davvero;<br />
altrimenti finisce che l’aggravio dei<br />
costi sarà scaricato sui clienti». Qual è <strong>il</strong><br />
nodo centrale del problema? La riforma<br />
appena approvata non ha delle caratteristiche<br />
liberiste, ma possiede tutti i criteri<br />
e principi di un sistema basato sulla cen-<br />
tralità dello Stato e su un’austerità che<br />
opera a scapito della libera iniziativa nel<br />
mercato. Poniamo che le banche, per una<br />
decisione interna dettata dalla loro governance<br />
o per una vig<strong>il</strong>anza adeguatamente<br />
esercitata come auspicata da Vignali,<br />
non maggiorino i ricavi e vedano quindi<br />
diminuire i propri ut<strong>il</strong>i a causa delle aliquote<br />
Irap aumentate. Cosa accadrebbe?<br />
Il rendimento sul capitale investito delle<br />
azioni verrebbe inquinato e diminuito,<br />
ma non a causa di una gestione inefficiente<br />
degli amministratori, ma a causa<br />
del fisco. Anche in questo caso, l’aumento<br />
della pressione fiscale ricadrà sui risparmiatori<br />
in modo indiretto. Bisogna anche<br />
osservare che se la capacità di rendimento<br />
di un’azione diminuisce, ne diminuisce<br />
anche <strong>il</strong> prezzo: è una legge del mercato.<br />
Quindi i risparmiatori che avevano<br />
nel proprio portafoglio titoli alcune partecipazioni<br />
di banche italiane, le vedranno<br />
deprezzarsi.<br />
Non è con la tassazione o con la spesa<br />
pubblica, come sostengono gli economisti<br />
keynesiani, che si r<strong>il</strong>ancia l’economia. Al<br />
sistema occorre ossigeno, una spinta che<br />
rappresenti l’incipit di un moto che alimenti<br />
l’economia domestica, come afferma<br />
da tempo Oscar Giannino. La direzione<br />
presa dal ministro Tremonti e avallata<br />
«Su 18 m<strong>il</strong>iardi di tagli, 9 sono a carico<br />
delle Regioni. Un rapporto sproporzionato,<br />
visto che le Regioni rappresentano<br />
solo <strong>il</strong> 16 per cento della spesa pubblica»<br />
collegialmente dal Consiglio dei ministri<br />
non corre totalmente verso questa direzione.<br />
Occorre coraggio, rischiare e detassare<br />
per r<strong>il</strong>anciare i consumi. Vignali suggerisce<br />
per <strong>il</strong> futuro «di farsi venire qualche<br />
grossa idea di valore strategico, altrimenti<br />
avremo bisogno di manovre finanziarie<br />
da 40-50 m<strong>il</strong>iardi di euro all’anno<br />
per i prossimi vent’anni».<br />
E quali possono esser queste idee?<br />
Vignali r<strong>il</strong>ancia l’ipotesi delle privatizzazioni:<br />
«Ci sono importanti aziende statali<br />
e parastatali che suscitano grande interesse<br />
in acquirenti internazionali. Penso al<br />
settore energia con Eni, ad alcune grandi<br />
aziende del gruppo Finmeccanica». Altra<br />
idea interessante promossa dal deputato<br />
del Pdl ed ex presidente della Compagnia<br />
delle Opere riguarda la valorizzazione<br />
dei beni culturali: «Vanno censiti, valutati<br />
in termini economico-finanziari e messi<br />
sul mercato in modo appetib<strong>il</strong>e per gli<br />
imprenditori privati che volessero trasformarli<br />
in fonti di profitto, continuando a<br />
garantire la loro fruizione sociale».<br />
Non basta la crociata contro la casta<br />
Nella manovra trova copiosamente posto<br />
anche <strong>il</strong> tema del taglio degli sprechi,<br />
attraverso un ridimensionamento dei<br />
ministeri per un valore di circa 10 m<strong>il</strong>iardi<br />
di euro distribuito in cinque anni. Ma<br />
non basta, soprattutto se guardato da fuori<br />
Roma. L’assessore al B<strong>il</strong>ancio di Regione<br />
Lombardia, Romano Colozzi, non usa<br />
mezzi termini nel bocciare nel merito la<br />
manovra economica, soprattutto nel metodo<br />
ut<strong>il</strong>izzato per realizzare <strong>il</strong> decreto legge:<br />
«La prassi attuale è ancora quella della<br />
fase pre-federale in cui lo Stato elabora da<br />
solo le proposte e poi le fa conoscere agli<br />
enti locali una volta approvate». Con questa<br />
manovra, secondo Colozzi «si penalizzano<br />
gli enti virtuosi come Regione Lombardia,<br />
trattata alla pari di altre situazioni<br />
locali che registrano nei loro b<strong>il</strong>anci voragini<br />
di m<strong>il</strong>iardi».<br />
E se Berlusconi confessa a Repubblica<br />
che neppure lui è convinto della manovra<br />
e promette che «la modificheremo in parlamento»,<br />
non è ben chiaro se le “migliorie”<br />
a cui pensa <strong>il</strong> premier siano in senso<br />
liberale o se, come ammesso dallo stesso<br />
Berlusconi, mireranno a salvaguardare<br />
<strong>il</strong> “fatturato composto dal consenso e dai<br />
voti”. Rimane <strong>il</strong> fatto, come ribadisce l’assessore<br />
al B<strong>il</strong>ancio di Formigoni, che «su 18<br />
m<strong>il</strong>iardi circa di tagli, 9 sono a carico delle<br />
Regioni. Un rapporto assolutamente sproporzionato,<br />
visto che le Regioni rappresentano<br />
solo <strong>il</strong> 16 per cento del-<br />
la spesa pubblica mentre i<br />
tagli della finanziaria pesano<br />
sulle loro spalle per oltre<br />
<strong>il</strong> 50 per cento».<br />
Massimo Giardina<br />
| | 20 luglio 2011 | 19
INTERNI LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE<br />
CDB, un nome<br />
un programma<br />
(di partito)<br />
Idee, battaglie e conflitti di interesse<br />
di Carlo De Benedetti. Il cavaliere della<br />
gauche repubblicona che si prepara<br />
a incassare una fortuna da Berlusconi.<br />
Pregustandone già la caduta definitiva<br />
di Maurizio Stefanini<br />
Era <strong>il</strong> misirizzi un giocattolo a forma<br />
semisferica che, per via di un peso<br />
nella base, ogni volta che qualcuno<br />
lo buttava giù, subito tornava in posizione<br />
eretta. Il grazioso aggeggino è ormai da<br />
decenni fuori moda: oggi i ragazzini giocano<br />
con PlayStation, Psp, Game Boy, Nintendo<br />
e altre consim<strong>il</strong>i diavolerie elettroniche.<br />
Ma un metaforico misirizzi umano<br />
è ancora assolutamente in forma, e corrisponde<br />
al nome di Carlo De Benedetti. Che<br />
la gran parte di quello che ha toccato nei<br />
suoi 77 anni di vita, è finito in disastro economico.<br />
Ultimissima Rete A, che era esistita<br />
dal 1983 facendo anche la storia della<br />
tv commerciale in Italia: lui l’ha comprata<br />
nel 2004 dandole <strong>il</strong> nome di All Music, e ha<br />
chiuso <strong>il</strong> 18 ottobre del 2009. Ma puntuale,<br />
come a ogni rovescio, Carlo si è rialzato più<br />
scattante di prima. In questo caso, <strong>il</strong> “peso”<br />
raddrizzatore è stato la sentenza del Tribunale<br />
di M<strong>il</strong>ano con cui <strong>il</strong> 3 ottobre del 2009<br />
la Fininvest è stata condannata a risarcire<br />
749,9 m<strong>il</strong>ioni di euro alla Cir di De Benedetti<br />
per danno patrimoniale da “perdita<br />
di possib<strong>il</strong>ità”. Una vicenda che non si è<br />
ancora conclusa, ma che potrebbe alla fine<br />
mettere in mano al Nostro i liquidi per rea-<br />
20 | 20 luglio 2011 | |<br />
IL PARTITO<br />
REPUBBLICA<br />
M. Stefanini<br />
Boroli<br />
192 pagine
Foto: AP/LaPresse<br />
lizzare infine un mai sopito sogno televisivo,<br />
e comprare magari La7.<br />
Nel frattempo, sindaco di M<strong>il</strong>ano è stato<br />
eletto Giuliano Pisapia, avvocato di De<br />
Benedetti nella causa Mondadori. E suo<br />
assessore al B<strong>il</strong>ancio e ai Tributi è stato<br />
nominato Bruno Tabacci, anche lui considerato<br />
da molti vicino all’Ingegnere.<br />
In principio fu la lotta con Agnelli<br />
Da ricordare che in questo momento alla<br />
Cir di de Benedetti fanno capo quattro settori:<br />
la Sogefim, che si occupa di componentistica<br />
per auto; <strong>il</strong> gruppo L’Espresso,<br />
che è <strong>il</strong> più noto; la Kos, che si occupa di<br />
sanità; la Sorgenia, che distribuisce energia<br />
politically correct da gas naturale, eolico,<br />
solare, idroelettrica e biomassa. Kos e<br />
Sorgenia dipendono in modo determinante<br />
da decisioni pubbliche amministrate<br />
nelle regioni rosse; Tabacci ha competenze<br />
importanti in materia; di De Benedetti si<br />
dice che abbia finanziato in modo importante<br />
la campagna di Pisapia; e <strong>il</strong> gruppo<br />
L’Espresso ha appoggiato in modo importante<br />
la campagna sul referendum contro<br />
<strong>il</strong> nucleare. Anche se si potrà ovviamente<br />
obiettare che De Benedetti non è antinucleare<br />
perché fa affari con le energie rinnovab<strong>il</strong>i,<br />
ma fa affari con le energie rinnovab<strong>il</strong>i<br />
perché è antinucleare.<br />
Insomma, dopo avere annunciato che<br />
si sarebbe ritirato, è invece tornato a galla<br />
come non mai colui che è stato nel mondo<br />
imprenditoriale italiano <strong>il</strong> grande antagonista<br />
sia del ricco per eredità Gianni Agnelli<br />
che del tycoon fai-da-te S<strong>il</strong>vio Berlusconi.<br />
Anche perché De Benedetti appartiene<br />
a una terza categoria in qualche modo<br />
intermedia: figlio di un piccolo industriale,<br />
è stato capace di crescere ulteriormente.<br />
Ed è dotato di un certo tratto cosmopolita,<br />
anche per via dell’origine ebraica,<br />
che provocò alla famiglia durante <strong>il</strong> fascismo<br />
una serie di peripezie su cui sua nuora<br />
ha pure scritto un romanzo. Carlo De<br />
Benedetti, classe 1934, è abbastanza dentro<br />
alla buona società da essere stato compagno<br />
di studi di Umberto Agnelli, sebbene<br />
<strong>il</strong> padre non sia mai andato oltre i tubi:<br />
la Compagnia Italiana Tubi Metallici Flessib<strong>il</strong>i,<br />
fondata da Rodolfo De Benedetti nel<br />
novembre 1921 con capitali in parte tedeschi<br />
(società Witzenmann di Pforzheim).<br />
Laureato in ingegneria elettrotecnica nel<br />
1958 al Politecnico di Torino, Carlo comincia<br />
a lavorare nell’impresa di famiglia. Ed<br />
è nel 1972 che, assieme al fratello Franco,<br />
futuro senatore, acquisisce la G<strong>il</strong>ardini,<br />
un’azienda quotata in Borsa che fino ad<br />
allora si era occupata di affari immob<strong>il</strong>iari<br />
e che i due fratelli trasformeranno in una<br />
holding di successo, impiegata soprattutto<br />
nell’industria metalmeccanica. Presidente<br />
e amministratore delegato della G<strong>il</strong>ardini,<br />
nel 1974 De Benedetti è nominato presidente<br />
dell’Unione industriali di Torino. E<br />
due anni dopo, grazie all’appoggio del vecchio<br />
compagno di scuola Umberto Agnelli,<br />
ottiene la carica di amministratore delegato<br />
della Fiat. In dote porta con sé <strong>il</strong> 60 per<br />
cento del capitale della G<strong>il</strong>ardini, che cede<br />
Dall’Iri di Prodi ottenne la Sme, un gruppo<br />
da 1.300 m<strong>il</strong>iardi di lire passato di mano per<br />
soli 497 m<strong>il</strong>iardi, pagab<strong>il</strong>i a rate. Operazione<br />
curiosamente difesa da Gomez e Travaglio<br />
alla società degli Agnelli in cambio di una<br />
quota azionaria della stessa Fiat (5 per cento).<br />
Carlo cerca di svecchiare la dirigenza<br />
della società torinese, nominando manager<br />
a lui fedeli, a cominciare dal fratello<br />
Franco, alla guida di importanti unità operative<br />
del gruppo. Ma dopo appena quattro<br />
mesi deve abbandonare la carica. Motivazione<br />
ufficiale: «divergenze strategiche».<br />
Ma quel che c’è sotto davvero non si sa.<br />
Alcuni parlano di una semplice incompatib<strong>il</strong>ità<br />
con Cesare Romiti. Altri sussurrano<br />
che la parte di dirigenza Fiat più legata agli<br />
Agnelli avrebbe scoperto un tentativo dei<br />
De Benedetti di scalare la società, appoggiati<br />
da gruppi finanziari elvetici. Forse<br />
non è vero, ma la tesi corrisponde alla leggenda<br />
nera sull’Ingegnere, inquieto protagonista<br />
di arrischiate scalate che finiscono<br />
sempre male. Anche se lui ha la capacità di<br />
uscirne fuori sempre con le tasche piene.<br />
Come si diventa eroi progressisti<br />
D’altra parte è proprio con <strong>il</strong> denaro ottenuto<br />
dalla cessione delle azioni che Fiat De<br />
Benedetti può r<strong>il</strong>evare le Compagnie industriali<br />
riunite (Cir). E qui inizia, invece,<br />
la leggenda opposta: quella “bianca”, che<br />
vuole De Benedetti m<strong>il</strong>iardario <strong>il</strong>luminato<br />
e generoso finanziatore della stampa progressista.<br />
Esemplare in proposito è <strong>il</strong> ritratto<br />
che ne dà Eugenio Scalfari nel 1986 in<br />
La sera andavamo in via Veneto (Mondadori):<br />
«È stato <strong>il</strong> solo, tra gli<br />
industriali di nome, ad aver<br />
osato sfidare la “monarchia”<br />
Agnelli. È <strong>il</strong> solo del suo<br />
ambiente ad avere un rapporto<br />
col partito comuni-<br />
| | 20 luglio 2011 | 21
Foto: Infophoto<br />
sta. È ancora <strong>il</strong> solo che ha mantenuto<br />
una polemica autonomia rispetto ai gruppi<br />
politici dominanti». Dice ancora Scalfari:<br />
«L’unicità di De Benedetti consiste proprio<br />
in questo: non è fuori dal sistema,<br />
anzi vi è profondamente inserito; e pur tuttavia<br />
è anomalo rispetto ad esso. Non rifiuta<br />
le regole del gioco, ma le interpreta in<br />
modo radicalmente difforme dagli altri».<br />
La conquista dello scontrino fiscale<br />
Dopo la Cir vede la luce anche Sogefi, operante<br />
sulla scena mondiale nei componenti<br />
per autoveicoli. Carlo ne sarà presidente<br />
per venticinque anni consecutivi, prima di<br />
cedere <strong>il</strong> posto al figlio Rodolfo, conservando<br />
però la carica di presidente onorario. E<br />
nel 1978 entra in Olivetti: un’altra impresa<br />
dalla fama di progressismo, anche per<br />
la fede socialista del fondatore Cam<strong>il</strong>lo Olivetti<br />
e per gli arditi esperimenti di ingegneria<br />
sociale che <strong>il</strong> figlio Adriano fece a favore<br />
dei suoi operai. Ma Davide Cadeddu, in<br />
una breve biografia presentata nel volume<br />
a quattro mani con Giulio Sapelli, Adriano<br />
Olivetti. Lo Spirito nell’impresa (Il Margine,<br />
2007), ha sparato a zero su quanto «successe<br />
anche nella stessa Olivetti quando vi<br />
giunse Carlo De Benedetti e nulla di quei<br />
valori lasciò nell’azienda, ma tutto di essi<br />
disseminò fuori di sé, come per una sorta<br />
di hegeliana astuzia della ragione». In particolare<br />
Cadeddu denuncia una vera e propria<br />
gestione «terrorista» della dirigenza,<br />
con «decine di licenziamenti». È pure vero<br />
che quando nel 1978 De Bendetti ne diventa<br />
presidente, la Olivetti è un’azienda dal<br />
nome sì glorioso, ma molto indebitata e<br />
dal futuro incerto. L’Ingegnere pone le basi<br />
per un nuovo periodo di sv<strong>il</strong>uppo, basa-<br />
to sulla produzione di personal computer<br />
e sull’ampliamento ulteriore dei prodotti,<br />
che vede aggiungersi stampanti, telefax,<br />
fotocopiatrici e registratori di cassa. Soprattutto<br />
quello dei registratori di cassa sarà un<br />
affare d’oro, quando nel 1985 Bruno Visentini,<br />
ministro delle Finanze del governo<br />
Craxi, obbliga per legge tutti i commercianti<br />
al dettaglio al loro ut<strong>il</strong>izzo con emissione<br />
dello scontrino fiscale. Indubbiamente,<br />
era una misura indispensab<strong>il</strong>e per combattere<br />
l’evasione. Il fatto che lo stesso Visentini<br />
fosse stato presidente della Olivetti diede<br />
però luogo a fiere polemiche, anche se oggi<br />
di quel conflitto di interessi e di quel favore<br />
del governo Craxi a De Benedetti si è persa<br />
memoria quasi del tutto. Nel 1984 l’azienda<br />
di Ivrea aveva comunque inglobato l’inglese<br />
Acorn Computers. E nell’apr<strong>il</strong>e del 1985<br />
Romano Prodi, alla guida dell’Iri, presenta<br />
a sorpresa De Benedetti come azionista di<br />
maggioranza della Sme, <strong>il</strong> fiore all’occhiello<br />
dell’industria agroalimentare italiana,<br />
definita dallo stesso Prodi «perla del gruppo<br />
Iri», che spazia da Motta e Alemagna a<br />
Bertolli, supermercati Gs e Autogr<strong>il</strong>l. Si tratta<br />
di una capitalizzazione da 1.300 m<strong>il</strong>iardi<br />
di lire, passata di mano per soli 497 m<strong>il</strong>iardi,<br />
pagab<strong>il</strong>i a rate. Eppure la bontà dell’operazione<br />
è stata curiosamente difesa dai giustizialisti<br />
Peter Gomez e Marco Travaglio<br />
nel loro libro Le m<strong>il</strong>le balle blu.<br />
Comunque, è questa l’epoca in cui alla<br />
rivalità con Agnelli si aggiunge quella con<br />
Nel 1985 <strong>il</strong> governo Craxi obbliga per legge<br />
i commercianti a ut<strong>il</strong>izzare i registratori di<br />
cassa. Un affarone per Olivetti. Il fatto è che<br />
<strong>il</strong> ministro Visentini ne era stato presidente<br />
LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE INTERNI<br />
A metà degli anni<br />
Ottanta al rivale<br />
Agnelli se ne<br />
aggiunge un altro,<br />
S<strong>il</strong>vio Berlusconi,<br />
trascinato nell’agone<br />
contro De Benedetti<br />
da Bettino Craxi,<br />
in reazione alla linea<br />
anti-Psi dei giornali<br />
editi dall’Ingegnere<br />
Berlusconi, trascinato da Craxi in reazione<br />
alla linea anti-Psi dei giornali editi da De<br />
Benedetti. E che poi non deriva in realtà<br />
probab<strong>il</strong>mente da interessi particolari dello<br />
stesso De Benedetti, ma all’ideologia di<br />
quel partito dei moralizzatori di cui Scalfari<br />
è un leader. Intanto, le toccate e fughe<br />
continuano. All’inizio degli anni Ottanta<br />
De Benedetti è già entrato nell’azionariato<br />
del Banco Ambrosiano, guidato allora<br />
dall’enigmatico presidente Roberto Calvi.<br />
Con l’acquisto del 2 per cento del capitale,<br />
De Benedetti ha ricevuto la carica di<br />
vicepresidente dell’istituto, funzione puramente<br />
onoraria a cui non era collegata<br />
alcuna attività di gestione effettiva (nella<br />
sede m<strong>il</strong>anese dell’Ambrosiano, in via Clerici,<br />
non gli era stato assegnato neppure<br />
un ufficio). Dopo appena due mesi, lascia<br />
<strong>il</strong> Banco cedendo la sua quota azionaria.<br />
Riuscendo tuttavia a incrociare anche la<br />
torbida vicenda del banchiere poi trovato<br />
impiccato al ponte dei Frati neri di Londra.<br />
L’aspirante re del Belgio<br />
Sempre a metà degli anni Ottanta De Benedetti<br />
tenta l’opa sulla Société Générale du<br />
Belgique dei Lippens, mossa che lo proietta<br />
definitivamente all’attenzione dei massmedia,<br />
tra i figli degli emigranti italiani<br />
già ultima ruota del carro in Belgio che<br />
dicono di voler fare collette per aiutare la<br />
rivincita di quel loro connazionale, e le<br />
battute di un Beppe Gr<strong>il</strong>lo ancora non trasfigurato<br />
in profeta dell’an-<br />
tipolitica: «Ma guarda un<br />
po’, quello esce di casa e si<br />
compra <strong>il</strong> Belgio. Ve l’immaginate?<br />
“Ciao cara, esco un<br />
attimo di casa che vado a<br />
| | 20 luglio 2011 | 23
INTERNI LE LEGGENDE DELL’INGEGNERE<br />
Anche lui finisce agli arresti<br />
per effetto di Tangentopoli.<br />
Scalfari vede infranti<br />
i «profondi e comuni<br />
convincimenti morali», si<br />
chiede perfino se <strong>il</strong> sodalizio<br />
non debba considerarsi<br />
concluso. Invece continuerà<br />
comprare <strong>il</strong> Belgio”. “Bravo. Già che ci sei,<br />
mi passi anche dal fornaio e mi prendi un<br />
ch<strong>il</strong>o di sf<strong>il</strong>atini?”». Ma Gianni Agnelli gli<br />
si mette invece di traverso, così come gli<br />
ha fatto Berlusconi con la Sme. Lo aiutano<br />
Banque Lazard e Etienne D’Avignon, che<br />
poi diventerà consigliere d’amministrazione<br />
della Fiat.<br />
Segue l’altro grande scontro tra Berlusconi<br />
e De Benedetti del 1988-90. All’origine<br />
vi è la vecchia quota che Olivetti aveva<br />
messo all’Espresso degli anni Cinquanta,<br />
e che poi aveva regalato a Scalfari, Arrigo<br />
Benedetti e Carlo Caracciolo, nel timore<br />
che le inchieste del giornale gli mettessero<br />
a repentaglio le commesse pubbliche<br />
sulle macchine da scrivere. Negli anni Sessanta<br />
Benedetti aveva ceduto poi a sua volta<br />
a Scalfari la sua quota. Negli anni Settanta<br />
Scalfari e Caracciolo si erano messi<br />
d’accordo con Mondadori per fondare<br />
assieme la Repubblica. Negli anni Ottanta<br />
la Mondadori aveva chiesto a De Benedetti<br />
e Berlusconi di entrare entrambi nella proprietà<br />
per ripianare le perdite del disastro<br />
di Rete 4. E siamo al 1988, quando un’alleanza<br />
tra De Benedetti e una parte della<br />
famiglia Mondadori porta alla fusione tra<br />
Mondadori e gruppo L’Espresso. Il 10 apr<strong>il</strong>e<br />
del 1989 Caracciolo e Scalfari vendono<br />
a De Benedetti <strong>il</strong> loro pacchetto azionario:<br />
Caracciolo incassa 300 m<strong>il</strong>iardi di lire,<br />
Scalfari 90. Ma subito dopo <strong>il</strong> modo arrogante<br />
con cui De Benedetti tratta i Mon-<br />
24 | 20 luglio 2011 | |<br />
dadori con lui alleati porta a un ricompattamento<br />
della famiglia, che si schiera tutta<br />
con Berlusconi, favorendo <strong>il</strong> 25 gennaio<br />
del 1990 l’elezione del Cavaliere a presidente<br />
del gruppo editoriale.<br />
Quell’intesa mancata con S<strong>il</strong>vio<br />
Inizia così <strong>il</strong> duro scontro che dopo mob<strong>il</strong>itazioni,<br />
sentenze e controsentenze arriverà<br />
alla soluzione salomonica del lodo Ciarrapico:<br />
L’Espresso a De Benedetti; Mondadori<br />
a Berlusconi. L’esito su cui ora è tornata<br />
la discussione, con l’idea del Tribunale di<br />
M<strong>il</strong>ano secondo cui De Benedetti fu costretto<br />
ad accettare <strong>il</strong> lodo per via della decisione<br />
“comprata” dei giudici romani. Il pari e<br />
patta fa però cambiare di campo una testata<br />
storica del partito moralista come Panorama,<br />
e lancia definitivamente a sinistra<br />
l’allarme sul Cavaliere. Non a caso, a Tangentopoli<br />
iniziata, De Benedetti cerca di<br />
accreditarsi come l’imprenditore “pulito”<br />
e “favorevole al nuovo”, tant’è che quando<br />
nel 1993 Berlusconi annuncia clamorosamente<br />
che al ballottaggio per <strong>il</strong> sindaco di<br />
Roma voterebbe Gianfranco Fini, lui subito<br />
fa sapere che invece sceglierebbe Francesco<br />
Rutelli. Peraltro tutto ciò non gli impedirà<br />
di finire lo stesso per un po’ in carcere,<br />
per effetto di Tangentopoli. E in proposito<br />
Scalfari, scriverà del suo turbamento,<br />
vedendo infranti i «profondi e comuni convincimenti<br />
morali» che lo univano all’editore,<br />
al punto da porsi l’interrogativo se <strong>il</strong><br />
A sinistra, l’Ingegnere con l’ad<br />
del gruppo L’Espresso Monica<br />
Mondardini ed Eugenio Scalfari,<br />
fondatore di Repubblica, oggi<br />
di proprietà dei De Benedetti.<br />
Sotto, con <strong>il</strong> coeditore Carlo<br />
Caracciolo e Giuseppe Ciarrapico,<br />
padre del lodo che chiuse la guerra<br />
di Segrate tra CDB e Berlusconi.<br />
In basso, con Romano Prodi<br />
lungo sodalizio non dovesse considerarsi<br />
concluso. Invece, continuerà.<br />
A questo punto comincia ad andare<br />
male anche Olivetti. L’Ingegnere la lascia<br />
infatti nel 1996, pur rimanendone presidente<br />
onorario fino al 1999, poco dopo aver<br />
fondato la Omnitel in seguito alla concessione<br />
di telefonia cellulare ottenuta dal<br />
governo Ciampi, battendo la concorrenza<br />
di un consorzio con Fiat e Fininvest e<br />
dell’americana Pactel. Al vertice Olivetti<br />
verrà proiettato <strong>il</strong> ragioniere Roberto Colaninno,<br />
che poi darà la scalata al “nocciolino”<br />
Agnelli della Telecom, ribadendo ancora<br />
una volta <strong>il</strong> principio della rotta di collisione<br />
tendenziale tra ciò che è targato<br />
De Benedetti e ciò che è targato Agnelli o<br />
Berlusconi. È tanto più sorprendente, dunque,<br />
<strong>il</strong> fatto che nel 2005 l’Ingegnere riceva<br />
da Berlusconi un consistente contributo<br />
per un fondo finanziario comune destinato<br />
al recupero delle imprese in difficoltà:<br />
ne segue una tempesta di reazioni e insinuazioni<br />
tali che De Benedetti è costretto<br />
a declinare l’offerta. Spiegando, in una<br />
lettera a Repubblica, le ragioni di quell’intesa<br />
e poi della rinuncia, condendola con<br />
un richiamo alla comunanza di ideali col<br />
“partito Repubblica”. Ciononostante si è<br />
stab<strong>il</strong>ito con Berlusconi un nuovo clima di<br />
possib<strong>il</strong>e intesa che sembra sfociare da un<br />
lato nella nuova linea possib<strong>il</strong>ista del Partito<br />
democratico; dall’altro nella comparsa<br />
dello stesso De Benedetti in quella specie<br />
di lista nera pubblicata da Gianni Barbacetto,<br />
Gomez e Travaglio in appendice al<br />
loro Mani sporche. 2001-2007. Così destra e<br />
sinistra si sono mangiati la II Repubblica. A<br />
quest’epoca risale anche una specie di campagna<br />
di Vittorio Feltri su Libero per lanciare<br />
De Benedetti come leader del Pd. Ma<br />
lui, nel gennaio del 2009, per tutta risposta<br />
annuncia <strong>il</strong> suo ritiro dalla guida dell’impero<br />
industriale. Si è visto, che ritiro. n<br />
Foto: AP/LaPresse, AGF
INTERNI L’INNOVAZIONE<br />
La vera<br />
impresa è<br />
dare valore<br />
Riduzione degli sprechi e cura dell’ambiente,<br />
certo. Ma l’attenzione al territorio per una<br />
grande azienda è anche (e soprattutto) un<br />
impegno sociale ed economico. Finmeccanica<br />
presenta <strong>il</strong> suo primo B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità<br />
Promessa mantenuta. Tre anni fa, presentando<br />
<strong>il</strong> primo Rapporto sulla<br />
sostenib<strong>il</strong>ità del gruppo, Pier Francesco<br />
Guarguaglini rispondeva a un giornalista<br />
che gli chiedeva perché Finmeccanica<br />
non faceva uno sforzo ulteriore e non<br />
pubblicava un vero e proprio B<strong>il</strong>ancio di<br />
sostenib<strong>il</strong>ità. «Ci arriveremo nel giro di tre<br />
anni», aveva detto <strong>il</strong> presidente e amministratore<br />
delegato. Sottinteso: le cose serie,<br />
quelle fatte per una scelta strategica e non<br />
per farsi soltanto un po’ di pubblicità,<br />
richiedono cambiamenti profondi nell’organizzazione<br />
dell’impresa, applicazione,<br />
lavoro e <strong>il</strong> coinvolgimento di enti terzi e<br />
indipendenti. E così tre anni dopo, luglio<br />
2011, Finmeccanica ha potuto presentare<br />
<strong>il</strong> suo primo B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità sotto<br />
un titolo che sembra <strong>il</strong> motto di un presidente<br />
americano: La forza più grande è nelle<br />
nostre risorse. Fra quanti hanno applaudito<br />
la novità l’apprezzamento più autorevole<br />
è sicuramente quello di Corrado Clini,<br />
<strong>il</strong> direttore generale del ministero dell’Ambiente,<br />
l’uomo che alla Conferenza di Copenaghen<br />
del 2009 maggiormente incarnò lo<br />
sforzo italiano in materia di mutamenti climatici:<br />
«Che un grande gruppo della difesa,<br />
un gruppo che non produce beni ordinari<br />
ma beni attinenti alla sicurezza giun-<br />
26 | 20 luglio 2011 | |<br />
ga a elaborare un serio B<strong>il</strong>ancio di sostenib<strong>il</strong>ità,<br />
è un segno molto importante. D’ora<br />
in poi avrò un grande esempio italiano da<br />
citare nei consessi internazionali».<br />
Dici sostenib<strong>il</strong>ità e subito viene alla<br />
mente l’aggettivo “ambientale”. Ma giustamente<br />
l’accezione in cui Finmeccanica<br />
intende <strong>il</strong> termine è molto più ampia, e<br />
su di essa ha modellato <strong>il</strong> nuovo B<strong>il</strong>ancio:<br />
«Le nostre decisioni – scrive Guarguaglini<br />
– producono effetti importanti per la vita<br />
delle persone che lavorano con noi e per le<br />
loro famiglie; per i nostri clienti e i nostri<br />
fornitori, per i quali la sicurezza<br />
dipende dalla qualità<br />
dei nostri prodotti; per<br />
le comunità che ospitano<br />
i nostri siti; per gli investitori,<br />
grandi e piccoli, che ci<br />
affidano i loro patrimoni o<br />
i loro risparmi; e anche per le generazioni<br />
future, alle quali lasceremo un ambiente<br />
in qualche modo modificato. È nostro preciso<br />
dovere, quindi, prestare attenzione ai<br />
beni e alle risorse, materiali e immateriali,<br />
ambientali, sociali ed economiche, che inevitab<strong>il</strong>mente<br />
trasformiamo con le nostre<br />
attività e che dobbiamo restituire aumentandone<br />
<strong>il</strong> valore». Insomma, la sostenib<strong>il</strong>ità<br />
non è un fare di meno o un fare poco<br />
«È nostro dovere prestare attenzione alle<br />
risorse materiali e immateriali, ambientali,<br />
sociali ed economiche che trasformiamo e che<br />
dobbiamo restituire aumentandone <strong>il</strong> valore»
Le Frecce tricolore<br />
sono prodotte dalla<br />
Alenia Aermacchi,<br />
azienda Finmeccanica.<br />
Sotto, a sinistra, Pier<br />
Francesco Guarguaglini,<br />
presidente e ad del<br />
gruppo, e Corrado Clini,<br />
direttore generale del<br />
ministero dell’Ambiente<br />
per non rompere equ<strong>il</strong>ibri, ma un produrre<br />
durevolmente valore; è, come si legge<br />
nel B<strong>il</strong>ancio, «la capacità di generare valore<br />
nel tempo (…) nell’accezione più ampia<br />
del termine, che comprende gli aspetti<br />
economici e quelli di r<strong>il</strong>evanza ambientale<br />
e sociale». Il “di meno” quantitativo può<br />
incarnare la sostenib<strong>il</strong>ità ambientale, laddove<br />
Finmeccanica può vantare una serie<br />
di numeri lusinghieri: riduzione del 13 per<br />
cento nel 2010 rispetto al 2009 per quanto<br />
riguarda i rifiuti prodotti; del 12 per cento<br />
per quanto riguarda la produzione di<br />
sostanze pericolose; dell’8 per cento di consumo<br />
idrico; del 44 per cento dell’anidride<br />
solforosa immessa direttamente nell’at-<br />
Finmeccanica, i numeri della leadership<br />
000 volume degli ordini 2010 in m<strong>il</strong>ioni di euro (totale: 22.453 mln)<br />
000 numero di dipendenti (organico del gruppo: 75.197 dipendenti)<br />
84<br />
402 Canada<br />
Stati Uniti<br />
4.900<br />
11.875<br />
Bras<strong>il</strong>e<br />
79<br />
Argentina<br />
Sudamerica<br />
22<br />
684<br />
Francia<br />
Regno Unito<br />
3.711<br />
3.148<br />
9.687<br />
Dipendenti<br />
nel resto<br />
d’Europa 5.293<br />
Altri paesi 595<br />
Africa<br />
mosfera; del 3 per cento dell’ossido di azoto;<br />
dell’8,5 per cento di sostanze (vernici,<br />
collanti, solventi…) con possib<strong>il</strong>ità di effetti<br />
cancerogeni, eccetera. La singola “performance<br />
ambientale” più significativa è certamente<br />
la trasformazione dell’alimentazione<br />
del sito Agusta/Westland di Vergiate<br />
da olio combustib<strong>il</strong>e denso a metano.<br />
Tecnologia e persone<br />
Ma, come direbbe Clini, «più importante<br />
della rendicontazione certificata di quello<br />
che si fa, è la certificazione degli impegni<br />
che si assumono e <strong>il</strong> loro costante monitoraggio.<br />
E questo vale in particolare per gli<br />
impegni in materia di Cf, Carbon Footprint:<br />
la riduzione dell’intensità di carbonio nelle<br />
proprie produzioni sta diventando un marchio<br />
che apre le porte di molti mercati».<br />
Oggi Finmeccanica può vantare 58 siti certificati<br />
secondo lo standard Iso 14001 (Sistema<br />
di gestione ambientale) e 2 siti registrati<br />
secondo <strong>il</strong> regolamento Emas (Eco-Management<br />
and Audit Scheme); le emissioni di<br />
anidride carbonica sono aumentate negli<br />
ultimi due anni, ma è stato introdotto un<br />
Carbon Management System che farà sì che<br />
entro <strong>il</strong> 2015 saranno ridotte del 15-20 per<br />
cento rispetto ai valori odierni.<br />
Ma importante tanto quanto la preoccupazione<br />
per l’ambiente è la sostenib<strong>il</strong>ità<br />
sociale dell’operare di una grande impresa.<br />
«Un’impresa riceve dalla società più di<br />
quanto essa restituisce in termini di salari<br />
e di remunerazione dei capitali; pertanto<br />
l’impresa è tenuta a restituire anche in<br />
termini di nuove tecnologie, di competenze,<br />
di socialità, di etica», spiega Alessandro<br />
Italia<br />
1.344<br />
Per Clini, direttore generale del ministero<br />
dell’Ambiente, «la riduzione dell’intensità di<br />
carbonio nelle produzioni sta diventando un<br />
marchio che apre le porte di molti mercati»<br />
5.293<br />
42.556<br />
Polonia<br />
3.405<br />
India<br />
262<br />
Medio Oriente<br />
383<br />
Australia<br />
dati aggiornati<br />
al 31 dicembre 2010<br />
Germania<br />
Asia<br />
595<br />
1.044<br />
1.941<br />
Pansa, direttore generale di Finmeccanica.<br />
In nome di questa motivazione, l’impegno<br />
del gruppo va dall’attenzione alla salute<br />
e alla formazione continua dei dipendenti,<br />
alla partecipazione allo sv<strong>il</strong>uppo scientifico<br />
ed economico dei territori in cui opera.<br />
Finmeccanica presenta 33 stab<strong>il</strong>imenti<br />
certificati secondo la norma Ohsas (Sistema<br />
di gestione della sicurezza e della salute<br />
dei lavoratori) e almeno 5 percorsi di formazione<br />
e sv<strong>il</strong>uppo del capitale umano<br />
giovan<strong>il</strong>e aziendale, riuniti sotto <strong>il</strong> titolo<br />
Young People Programme. Ma opera anche<br />
per trasmettere ai territori di riferimento<br />
le proprie capacità tecnologiche e materiali.<br />
Si spiegano così le relazioni (rapporti<br />
di ricerca, attività di docenza, stage, borse<br />
di studio, master) con circa 50 università<br />
e 19 centri di ricerca in Italia, e con 60<br />
all’estero; <strong>il</strong> contributo alla creazione della<br />
Fondazione Ricerca e Imprenditorialità con<br />
l’obiettivo di accompagnare e stimolare la<br />
crescita di Pmi e di imprese startup ad alto<br />
contenuto tecnologico; la sottoscrizione di<br />
protocolli di intesa che hanno portato alla<br />
nascita di tre Distretti Tecnologici Aerospazio<br />
(in Campania, Piemonte e Puglia), mentre<br />
sta per nascere <strong>il</strong> quarto in Lombardia.<br />
E i valori etici d’impresa, zoccolo duro della<br />
sostenib<strong>il</strong>ità sociale? «Il gruppo Finmeccanica<br />
conferma in questo b<strong>il</strong>ancio di non<br />
produrre e non commercializzare armi leggere<br />
né armi controverse (mine, mine antiuomo,<br />
bombe a grappolo, armi batteriologiche,<br />
chimiche, nucleari), e di rispettare le<br />
leggi vigenti in materia di diritti del lavoro<br />
e diritti umani nei paesi in cui opera ovvero<br />
di applicare gli standard presenti nei propri<br />
paesi d’origine, laddove<br />
la tutela di tali diritti dovesse<br />
risultare inferiore». Affermazioni<br />
certificate, come tutte<br />
quelle del B<strong>il</strong>ancio, da PricewaterhouseCoopers.<br />
[rc]<br />
| | 20 luglio 2011 | 27
L’AMBASCIATRICE REPLICA ALLE “INGERENZE” DI UN POVERO DIAVOLO<br />
Lettera inquietante dal Pakistan<br />
sulla sorte delle schiave cristiane<br />
di Renato Farina<br />
Finalmente! Qualcuno almeno si accorge che questo povero Diavolo della Tasmania<br />
batte colpi. Pensavo di pestare candeggina nel mortaio, che tiene lontani amici<br />
e nemici. Invece ecco una specie di miracolo: <strong>il</strong> Pakistan in persona ha bussato<br />
alla mia porta. E in fondo anche a quella di <strong>Tempi</strong>. E, guarda un po’, mentre stava<br />
per uscire in edicola con la copertina sulle schiave cristiane del Pakistan.<br />
Dacché sono in Parlamento, specie da quando ho imparato un pizzico di mestiere<br />
(tutti i lavori si imparano) martello <strong>il</strong> mio bravo chiodo, in aula o in commissione<br />
Esteri, proponendo interpellanze, interrogazioni, incontrando e invitando personalità<br />
in audizione: <strong>il</strong> motivo dominante è la violazione della libertà religiosa, che oggi<br />
si manifesta quasi nel 90 per cento dei casi come persecuzione dei cristiani. Ho<br />
presentato un paio di settimane fa un’interrogazione in commissione sul caso di<br />
Farah Hatim, l’infermiera cristiana rapita nel Punjab. Il sottosegretario<br />
Stefania Craxi mi ha risposto. Puntigliosamente ho inviato a “S. E.<br />
Ambasciatore della Repubblica islamica del Pakistan, Signora Tasnin<br />
Aslam” i testi, accompagnati da una lettera. Infine è accaduto un fatto<br />
grave e simbolico. Così, martedì 28 giugno, mi sono alzato dal mio<br />
banco di primo mattino. Trascrivo da Agenparlamento che ha diffuso<br />
nel mondo <strong>il</strong> resoconto stenografico del mio intervento (sia benedetto<br />
internet): «Intervengo a proposito della libertà religiosa in Pakistan.<br />
Questo Parlamento ha avuto l’onore di accogliere <strong>il</strong> ministro Shahbaz Bhatti poco<br />
prima che fosse assassinato in Pakistan. Ora giunge notizia che, secondo quanto dicono<br />
fonti qualificate pakistane, fonti cristiane, Shahbaz Bhatti sta per essere ucciso<br />
una seconda volta perché <strong>il</strong> governo sta frantumando <strong>il</strong> suo ministero per i diritti<br />
delle minoranze religiose, traslocando in provincia qualche rappresentante e così<br />
togliendo forza alle rivendicazioni delle minoranze religiose, secondo una richiesta<br />
formulata dagli islamici radicali che, in questo periodo e specialmente dopo l’esecuzione<br />
di Bin Laden, sono tornati minacciosissimi contro le minoranze religiose,<br />
cristiane e indù. Sottolineo quanto sta accadendo in Pakistan perché <strong>il</strong> nostro Parlamento<br />
ha <strong>il</strong> bel primato di essere stato in prima f<strong>il</strong>a nel difendere la libertà religiosa<br />
nel mondo con la mozione unitaria del 12 gennaio».<br />
Ho inviato alla Signora Ambasciatrice <strong>il</strong> tutto, con gent<strong>il</strong>ezza, come in passato<br />
elogiando <strong>il</strong> governo del Pakistan perché nella diffic<strong>il</strong>e situazione attuale fa quel<br />
che può, sentendo addosso la spada dei fondamentalisti islamici. Ma ecco che l’Ambasciatrice,<br />
s<strong>il</strong>ente dopo le precedenti lettere, con cortesia, però mi fulmina. Scrive<br />
a me come parlamentare e manda per conoscenza la lettera al presidente della Camera<br />
e al ministro degli Esteri Franco Frattini. Spiega come tutto questo smembramento<br />
del ministero delle Minoranze, un posto che era stato promesso al fratello di<br />
Shabhaz Bhatti, Paul, non fosse altro che l’applicazione della «devoluzione». Non so<br />
voi, ma io ho colto una certa ironia. Poi ecco due colpi calibro 38 (metafora): «Non si<br />
richiedono né si considerano appropriati commenti o opinioni esterne che possono<br />
essere interpretati come interferenze nella politica interna del Pakistan». Poi la pallottola<br />
intinta nel veleno di cobra: «Tali tentativi sono controproducenti».<br />
Il veleno al Diavolo della Tasmania fa <strong>il</strong> solletico, anzi, meglio, gli fa crescere i<br />
capelli. Ma sono preoccupato per gli altri, per i cristiani. Sono controproducenti infatti<br />
per chi? Signora Ambasciatrice, sono a sua disposizione, sono un diavolo, ma i<br />
cristiani angeli, non se la prenda con loro…<br />
IL DIAVOLO<br />
DELLA<br />
TASMANIA<br />
DENTRO<br />
IL PALAZZO<br />
«Non si considerano appropriate<br />
interferenze nella politica interna<br />
del Pakistan». Poi la pallottola<br />
intinta nel veleno di cobra: «Tali<br />
tentativi sono controproducenti»<br />
Una protesta a Lahore, Pakistan, dopo<br />
la morte del ministro (cattolico) per le<br />
Minoranze religiose, Shahbaz Bhatti,<br />
assassinato a marzo a Islamabad<br />
| | 20 luglio 2011 | 29
ANKARA CONTRO ISRAELE<br />
Perché la Turchia ha scaricato<br />
<strong>il</strong> suo vicino più democratico<br />
di Yasha Reibman<br />
Turchia e israele sono in<br />
guerra, ma non sparano<br />
un colpo. Un tempo alleati,<br />
la Turchia fu <strong>il</strong> primo pae-<br />
SE TI<br />
DIMENTICO<br />
GERUSALEMME<br />
se islamico a riconoscere Israele fin dal 1949. La<br />
Turchia guardava a Israele (e viceversa) come un<br />
partner necessario e strategico per trasformare <strong>il</strong><br />
Medio Oriente delle dittature e del fondamentalismo<br />
in una regione di democrazia e pace. Turchia<br />
e Israele erano amici perché avevano comuni<br />
nemici, gli interessi coincidevano. Entrambi i<br />
paesi dovevano e volevano contenere l’espansionismo<br />
di Iraq, Iran e Siria e limitare l’instab<strong>il</strong>ità<br />
in Libano, terra di conquista di Damasco e Teheran,<br />
culla dei terroristi di Hezbollah. Nel 1996 fu<br />
siglato un accordo di cooperazione m<strong>il</strong>itare tra i<br />
due paesi. Poi qualcosa si è rotto.<br />
Certo, la Turchia sta cambiando. Per secoli<br />
ponte tra Occidente e Oriente, la Istanbul laica<br />
e cosmopolita sembra sempre più isolata e meno<br />
influente. Non solo rispetto al resto del paese,<br />
ma quanti girano per le strade della città raccontano<br />
quanto si percepisca la svolta religiosa<br />
e politica. La riduzione del potere dei m<strong>il</strong>itari,<br />
l’ascesa di Erdogan e del suo partito più vicino<br />
all’islam si rispecchiano in questo diverso orientamento<br />
nella politica turca. L’accordo sul nucleare<br />
con l’Iran è un altro tassello, che racconta<br />
quanto l’allontanamento da Israele sia solo un<br />
elemento di un diverso posizionamento di Ankara.<br />
Um<strong>il</strong>iata per lo smacco di un ingresso in<br />
Europa richiesto, promesso e in nome del quale<br />
sono state compiute anche sofferte riforme,<br />
la Turchia in Europa non è mai stata accettata<br />
(e <strong>il</strong> tentennamento dell’Unione Europea sulla<br />
questione turca è a sua volta lo specchio della<br />
crisi europea). La Turchia mostra di avere altre<br />
opzioni. Opzioni figlie anche dei cambiamenti<br />
avvenuti in Medio Oriente. L’Iraq non è più una<br />
minaccia e nemmeno la Siria sta tanto bene. La<br />
Turchia può così pensare di aver meno bisogno<br />
di Israele e che sia giunto <strong>il</strong> tempo di tornare a<br />
essere protagonista. Eppure gli interessi di Turchia<br />
e Israele potrebbero tornare a coincidere.<br />
A PROPOSITO DI SESSANTESIMI<br />
C’è un altro sacerdote che<br />
festeggia con Ratzinger<br />
di Angela Ambrogetti<br />
sempre<br />
«C’è<br />
anche una scelta che determina<br />
che cosa appare». Benedetto XVI lo ha<br />
ricordato ai giornalisti del suo giorna-<br />
PLAUSI<br />
E BOTTE<br />
IL PORTONE<br />
le, l’Osservatore Romano che compie 150 anni, quan- DI BRONZO<br />
do è andato a trovarli. Allora io oggi scelgo. Non parlo<br />
dell’ennesimo strappo nella Chiesa in Cina. Né del funesto W<strong>il</strong>liamson,<br />
di nuovo condannato in Germania per negazionismo. Racconto<br />
invece come a Traunstein, in Baviera, la città dove Joseph Ratzinger e<br />
<strong>il</strong> fratello Georg l’8 luglio 1951 hanno celebrato la prima Messa, si è festeggiato<br />
un altro sessantesimo di sacerdozio. Quello del terzo giovane<br />
della città ordinato a Frisinga con loro: Rupert Berger, parroco della<br />
cittadina per decenni. Un p<strong>il</strong>astro della comunità. Rupert <strong>il</strong> 3 luglio ha<br />
celebrato la Messa nella chiesa di St. Oswald. La stessa di allora. Musica<br />
d’organo, coro, e alla fine gli spari a salve dei Landsknechten. Poi tutti<br />
nella Stadtplatz a mangiare e ascoltare musica fino a sera. «Ha sempre<br />
conservato <strong>il</strong> suo spirito critico», dicono di lui. Ora, a 84 anni, è pronto<br />
a iniziare la raccolta per <strong>il</strong> Papst-Benedikt-Orgelwerks, <strong>il</strong> restauro<br />
dell’organo che sarà dedicato al Papa. Forse avrebbe voluto festeggiare<br />
così anche Benedetto. Da una settimana è in vacanza a Castelgandolfo.<br />
Prepara <strong>il</strong> suo terzo libro su Gesù e <strong>il</strong> viaggio in Germania. Lo attendono<br />
le contestazioni di Berlino e i dibattiti nella Chiesa cattolica. A precederlo<br />
sarà un suo intervento, registrato nella v<strong>il</strong>la pontificia, che <strong>il</strong><br />
17 settembre sarà trasmesso da Ard alle 22.55, nella rubrica Wort zum<br />
Sonntag. Come fece <strong>il</strong> 25 apr<strong>il</strong>e 1987 anche Giovanni Paolo II.<br />
| | 20 luglio 2011 | 31
Foto: Archivio Regione del Veneto<br />
V<strong>il</strong>la Maser,<br />
Asolo (Tv).<br />
Sotto, uva da<br />
Prosecco, strada<br />
del vino bianco<br />
Andar per v<strong>il</strong>le<br />
e leccornie lungo<br />
TURISMO CON GUSTO SPECIALE<br />
di Tommaso Farina<br />
Un bel giro sulle colline venete,<br />
alla scoperta di vini e v<strong>il</strong>le: perché<br />
no? Il Veneto non è solo<br />
mare o montagna. Certo, c’è<br />
Venezia, città unica al mondo.<br />
C’è <strong>il</strong> litorale adriatico con le sue spiagge.<br />
C’è <strong>il</strong> delta del Po. C’è <strong>il</strong> microclima mediterraneo<br />
del lago di Garda, amatissimo dai<br />
tedeschi. Ci sono le montagne bellunesi, le<br />
Dolomiti. Eppure c’è un Veneto meno noto,<br />
ma tuttavia non scontato: è quello pedemontano,<br />
quello delle colline che si snodano<br />
dalla Valpolicella verso est, e che inanella<br />
tutta una serie di cittadine d’interesse<br />
tutt’altro che blando, per non parlare delle<br />
chicche gastronomiche.<br />
Il percorso della futura Pedemontana<br />
Veneta renderà ancor più fac<strong>il</strong>mente raggiungib<strong>il</strong>i<br />
le succose località della fascia<br />
Verona-Treviso, consentendo ai turisti di<br />
abbandonare strade ormai esauste come<br />
la famosa SS248 che passa per Bassano del<br />
Grappa. Non è impossib<strong>il</strong>e provare a tracciare<br />
un itinerario su quello che sarà <strong>il</strong> percorso<br />
di quest’arteria: un piacevole rosario<br />
tra monumenti e occasioni conviviali, assaporando<br />
buoni vini e nutrendo l’occhio e<br />
la Pedemontana veneta<br />
| | 20 luglio 2011 | 33
SPECIALE TURISMO CON GUSTO<br />
MAROSTICA (VI)<br />
Castello Superiore<br />
SChIO<br />
CALDOGNO (VI)<br />
V<strong>il</strong>la Caldogno<br />
34 | 20 luglio 2011 | |<br />
LUGO DI VICENZA (VI)<br />
V<strong>il</strong>la Godi Malinverni<br />
LA SUPERSTRADA<br />
La Pedemontana Veneta<br />
(apertura prevista: 2015)<br />
congiungerà l’area vicentina<br />
a quella trevigiana, interessando<br />
i territori della valle<br />
dell’Agno, tra Montecchio<br />
Maggiore e Castelgomberto,<br />
e della zona pedemontana<br />
veneta, tra Malo e Bassano<br />
del Grappa (Vi) e tra S.<br />
Zenone degli Ezzelini, Monte-<br />
belluna e Spresiano (Tv).<br />
VICENZA<br />
BREGANZE<br />
SPECIALITÀ<br />
La tipica Sopressa veneta<br />
BASSANO DEL GRAPPA (VI)<br />
Panorama con vista sul ponte degli Alpini
Foto: Archivio Regione del Veneto<br />
ASOLO (TV)<br />
A destra, panorama.<br />
Sotto, la piazzetta<br />
MASER<br />
lo spirito con le opere d’arte. Per esempio,<br />
a San Pietro in Cariano occorrerà far visita<br />
alla pieve di San Floriano, una bella chiesa<br />
romanica medievale, che seppur rimaneggiata<br />
nei secoli mantiene intatto <strong>il</strong> suo<br />
fascino, specialmente nel notevole campan<strong>il</strong>e<br />
dalla forma squadrata e solida. Lì vicino,<br />
a Negrar, uno dei centri più importanti<br />
della Valpolicella, abbiamo ben due esempi<br />
di dimore gent<strong>il</strong>izie venete: anzitutto v<strong>il</strong>la<br />
Bertoldi, di origine quattro-cinquecentesca,<br />
ampliata nel Settecento, caratterizzata<br />
dalla tipica facciata “rustica” a portico che<br />
spesso si rinviene nel veronese. Poi la v<strong>il</strong>la<br />
Pojega, caratterizzata da un maestoso giardino<br />
botanico: <strong>il</strong> complesso è di proprietà<br />
dell’azienda vinicola Guerrieri Rizzardi,<br />
che vi organizza pure assaggi e degustazio-<br />
CAERAnO dI<br />
SAn MARCO<br />
CROCETTA<br />
dEL MOnTELLO<br />
ni. In effetti la Valpolicella è celebre in tutto<br />
<strong>il</strong> mondo per la produzione vinicola: dalle<br />
uve corvina, rondinella e molinara, tradizionali<br />
in zona, nasce anzitutto <strong>il</strong> Valpolicella,<br />
vino rosso secco da tutto pasto. Il “fratello<br />
maggiore”, l’Amarone, si ottiene con<br />
l’appassimento delle medesime uve, e negli<br />
esempi migliori è un vino importante, di<br />
stoffa aristocratica, da abbinare a cacciagione<br />
e grandi piatti di carne. L’ultimo membro<br />
della famiglia è <strong>il</strong> Recioto, vino dal residuo<br />
zuccherino più o meno pronunciato,<br />
perfetto da fine pasto. Oltre ai citati Guerrieri<br />
Rizzardi, in zona i buoni produttori<br />
non si contano. Ricordiamo almeno Allegrini<br />
di Fumane, Bertani di Negrar (st<strong>il</strong>e<br />
molto tradizionale), Tedeschi di San Pietro<br />
in Cariano, senza offendere tutti gli altri.<br />
nERVESA<br />
dELLA BATTAGLIA<br />
TREVISO<br />
In zona, deviando un po’ sui monti Lessini,<br />
è pure possib<strong>il</strong>e approvvigionarsi di eccellenti<br />
salumi: a Sant’Anna d’Alfaedo, Corrado<br />
Benedetti è uno dei migliori affinatori<br />
della zona ed è celeberrimo per la classica<br />
Sopressa veneta, di grossa dimensione.<br />
Tra arte e storia industriale<br />
Proseguendo verso ovest, ci si può fermare<br />
a Grezzana, dove v<strong>il</strong>la Allegri Arvedi è<br />
un altro grandioso esempio di v<strong>il</strong>la patrizia<br />
locale, notevole per <strong>il</strong> giardino all’italiana,<br />
la svettante facciata e gli affreschi settecenteschi<br />
del Dorigny a soggetto allegorico<br />
e mitologico. Andando ancora avanti<br />
e deviando verso sud, a Roncà troviamo<br />
qualcosa di buono da gustare. Anzitutto <strong>il</strong><br />
Durello, vino spumante da vitigno autoc-<br />
| | 20 luglio 2011 | 35
SPECIALE TURISMO CON GUSTO<br />
tono, fresco e beverino: in paese, tra i produttori,<br />
c’è Corte Moschina. Poi, ancora formaggi<br />
e salumi con La Casara Roncolato,<br />
condotta dal simpaticissimo Gianni: formaggi<br />
prodotti in proprio, oppure raccolti<br />
nelle malghe dei monti Lessini (ad esempio,<br />
<strong>il</strong> Monte Veronese, stagionato personalmente)<br />
e ancora salumi da sogno, come<br />
uno Speck fatto come una volta, a partire<br />
da maiali locali. In paese, per chi fosse interessato,<br />
c’è pure un Museo geo-paleontologico<br />
imperniato su una raccolta di foss<strong>il</strong>i.<br />
Entrando in provincia<br />
di Vicenza, facciamo subito<br />
conoscenza col connubio di<br />
industria e agricoltura che<br />
caratterizza la zona. Le coltivazioni<br />
sono sempre fiorenti,<br />
ma assistiamo a uno<br />
sv<strong>il</strong>uppo dell’industria della<br />
concia (valle del Chiampo) e<br />
soprattutto di quella tess<strong>il</strong>e<br />
(Valdagno, Schio). Quest’ultima<br />
consente interessanti<br />
approfondimenti per <strong>il</strong> turista<br />
curioso di archeologia<br />
industriale: ad esempio, <strong>il</strong><br />
lanificio Conti, di Schio, o <strong>il</strong><br />
lanificio Marzotto, di Valdagno.<br />
Sempre a Valdagno, merita una deviazione<br />
<strong>il</strong> Museo delle macchine tess<strong>il</strong>i.<br />
Ma la zona ha grandi attrattive anche<br />
per l’esperto di arte “tradizionale”: se proprio<br />
non si vuole deviare a sud per vedere<br />
Vicenza e le sue architetture palladiane,<br />
si può puntare su Lugo di Vicenza per<br />
dare un’occhiata (anzi, di più) a v<strong>il</strong>la Godi<br />
Malinverni, anch’essa opera di Andrea Palladio,<br />
impreziosita da stupendi affreschi<br />
allegorici (così piaceva ai patrizi veneti) di<br />
Gualtiero Padovano e Giambattista Zelotti.<br />
Un po’ prima, a Caldogno, <strong>il</strong> paese di<br />
Roberto Baggio, avrete magari dato uno<br />
sguardo a v<strong>il</strong>la Caldogno, palladiana a sua<br />
volta, meno appariscente ma ugualmente<br />
bellissima. Per bere e mangiare, nessun<br />
problema: siamo nei dintorni di Breganze,<br />
altro centro tess<strong>il</strong>e famoso anche per i<br />
vini locali a base di cabernet e soprattutto<br />
di vespaiolo, un’uva bianca che pare piaccia<br />
molto alle vespe per la sua dolcezza.<br />
Dal vespaiolo, oltre al bianco omonimo,<br />
si ottiene, per appassimento, uno dei vini<br />
dolci più buoni d’Italia, <strong>il</strong> Torcolato di Breganze.<br />
Si può citare qualche produttore:<br />
Maculan (famosissimo anche per <strong>il</strong> rosso<br />
Fratta); la Cantina Bartolomeo di Breganze;<br />
Firmino Miotti. In paese, per chi volesse<br />
gustare la cucina locale, c’è la trattoria<br />
Al Toresan, semplice e verace, ove gustare<br />
appunto <strong>il</strong> “toresan”, <strong>il</strong> particolare piccione<br />
allo spiedo, tipico di queste parti. Imperdib<strong>il</strong>e<br />
pure la visita ad Arzignano, ove c’è<br />
Damini Macelleria & Affini, una boutique<br />
del gusto che in Veneto ha pochi eguali per<br />
assortimento e qualità.<br />
36 | 20 luglio 2011 | |<br />
Nella foto<br />
a lato, vigneti di<br />
Breganze (Tv).<br />
Sotto, <strong>il</strong> formaggio<br />
Monte Veronese<br />
Ma ora occorre procedere, perché siamo<br />
a pochi passi da Marostica. Il gastronomo<br />
già sussulta: Marostica è celebre per le<br />
c<strong>il</strong>iege. Eppure Marostica non è solo questo:<br />
è una cittadina fortificata fin dall’epoca<br />
romana. Nella piazza degli Scacchi,<br />
ancora oggi, si disputano suggestive partite<br />
con pedine “umane”, ossia viventi:<br />
un’esperienza da non mancare.<br />
Siamo oltretutto a pochi passi da Bassano<br />
del Grappa, città che non ha bisogno<br />
di presentazioni, non fosse altro che per la<br />
storia vittoriosa della Grande Guerra, un’atmosfera<br />
che peraltro si respira anche più a<br />
ovest in direzione Treviso, sul Montello e<br />
sul fiume Piave. Se <strong>il</strong> monumento più famoso<br />
della città è <strong>il</strong> ponte degli Alpini, ricostruito<br />
nel 1947 dopo le devastazioni belliche<br />
nelle originali forme palladiane, è però<br />
davvero grandiosa la v<strong>il</strong>la Angarano, del<br />
Palladio, con enormi colonnati che si dipartono<br />
dal corpo centrale. A Bassano è possib<strong>il</strong>e<br />
fare incetta di cose buone alla gastronomia<br />
di Antonio Baggio, famosa per una<br />
Sopressa veneta di particolare bontà.<br />
Nei luoghi della Grande Guerra<br />
Stiamo arrivando alla fine del nostro percorso,<br />
ma senza timore di avere meno emozioni.<br />
Entrando nella provincia di Treviso, le<br />
v<strong>il</strong>le venete non spariscono di certo, anzi. A<br />
Maser è d’obbligo fermarsi per visitare una<br />
delle più grandiose: v<strong>il</strong>la Barbaro, costruita<br />
dall’onnipresente Palladio, oggi giustamente<br />
patrimonio Unesco. In questa meraviglia<br />
dell’architettura non si sa se ammirare di<br />
più lo slancio euritmico del corpo esterno<br />
o le splendide decorazioni<br />
interne di Tiziano Veronese,<br />
un ciclo di affreschi che ha<br />
pochissimi eguali per estensione<br />
e sapienza artistica.<br />
Vicino alla v<strong>il</strong>la c’è <strong>il</strong> bel<br />
<strong>Tempi</strong>etto, dall’imponente<br />
pronao colonnato. Ricca di<br />
bellezze artistiche è pure<br />
la città di Asolo, amatissima<br />
dal Carducci e da tanti<br />
altri personaggi importanti<br />
dell’antichità: qui vale la<br />
visita <strong>il</strong> centrale palazzo della<br />
Ragione; <strong>il</strong> duomo, che<br />
contiene una famosissima pala di Lorenzo<br />
Lotto; e la v<strong>il</strong>la Scotti Pasini. Nei dintorni di<br />
Asolo si produce pure <strong>il</strong> Prosecco, che non<br />
ha nulla da invidiare a quello più famoso di<br />
Conegliano-Valdobbiadene. Ci piace in questo<br />
senso citare l’azienda Bele Casel, di Caerano<br />
di San Marco, che col vino chiamato<br />
Colfòndo resuscita la tradizione della rifermentazione<br />
in bottiglia.<br />
Molto diversa, anche per volumi produttivi,<br />
la realtà di V<strong>il</strong>la Sandi, a Crocetta<br />
del Montello, che realizza spumanti più<br />
che interessanti, ma che è ancora più notevole<br />
in quanto proprietaria della v<strong>il</strong>la Sandi,<br />
seicentesca, costruita dal Pagnossin in<br />
st<strong>il</strong>e palladiano, non grande ma d’impianto<br />
monumentale, anticipata da un gran portico<br />
a quattro colonne.<br />
Da qui ci avviciniamo a Treviso, magari<br />
seguendo la bellissima strada panoramica<br />
del Montello fino a Nervesa della Battaglia,<br />
località cruciale della Prima Guerra<br />
Mondiale, sede di un bel ristorante specializzato<br />
in funghi, Roberto Miron. Se siete<br />
interessati a questo tipo di turismo “storico”,<br />
non potete mancare una deviazione<br />
a Vittorio Veneto, dove si svolse l’epica battaglia<br />
del 1918. In effetti però la cittadina è<br />
affascinante anche per le numerose chiese<br />
di ogni epoca, nonché per <strong>il</strong> castello di San<br />
Martino, residenza vescov<strong>il</strong>e risalente addirittura<br />
al V secolo, e per <strong>il</strong> Castrum Cenetensium,<br />
fortificazione difensiva concepita<br />
dai romani per la difesa del lato nord della<br />
città. Naturalmente, in questo scenario è<br />
d’obbligo un calice di Prosecco e, alla fine<br />
della serata, un bicchierino di grappa. n<br />
Foto: Archivio Regione del Veneto
CULTURA<br />
38 | 20 luglio 2011 | |<br />
GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />
Predappiesi<br />
brava gente<br />
O di come un perfido albionico trovò la salvezza<br />
nella terra del Duce. Storia di uno squattrinato<br />
cronista inglese e del suo sbarco in Romagna<br />
su una Honda Prelude del 1983. Voleva scrivere<br />
la biografia di Mussolini. E alla fine arrivò la Carla<br />
di Nicholas Farrell<br />
Un bel giorno di tredici anni fa sono<br />
arrivato nel piccolo paese di Predappio<br />
(5 m<strong>il</strong>a abitanti), che si trova in<br />
mezzo al nulla sull’Appennino romagnolo.<br />
Era <strong>il</strong> pomeriggio del 13 luglio del 1998,<br />
era un giovedì e faceva un caldo bestiale.<br />
Non c’era un cane in giro. Avevo 39 anni<br />
ed ero separato da poco dalla mia prima<br />
moglie (l’innominab<strong>il</strong>e iraniana). Con lei<br />
i figli non erano arrivati e pensavo di essere<br />
infert<strong>il</strong>e. Avevo lasciato un buon lavoro<br />
da inviato per <strong>il</strong> Sunday Telegraph e anche<br />
Londra, città infernalmente noiosa e satanicamente<br />
ottimista, quella del “Cool Britannia”<br />
che “cool” non era, dove avevo vissuto<br />
per vent’anni. Non ne potevo più. Non
Foto: AP/LaPresse<br />
avevo né soldi né lavoro. Non sapevo nulla<br />
di Predappio, figuriamoci dove potevo dormire.<br />
Roba da ricovero immediato, insomma.<br />
Ma avevo un sogno. Di essere uno scrittore<br />
e di vivere in Italia in campagna.<br />
Non è la Toscana, per fortuna<br />
Per caso, o per destino, o per voglia del<br />
Signore, la mia è stata una scelta fortunata<br />
perché sono piombato in un territorio<br />
incantevole che non era stata scoperto,<br />
comprato e rovinato come la vicina Toscana<br />
da inglesi, americani e tedeschi. Ormai<br />
ogni paese toscano, anche quello più sperduto,<br />
pullula di stranieri la cui presenza<br />
ha distrutto lo spirito del luogo. Predappio,<br />
invece, se ne frega degli stranieri. Non<br />
c’è un hotel, neppure oggi, solo due pen-<br />
Qui sopra, Nicholas Farrell,<br />
giornalista inglese trapiantato<br />
in Romagna. È stato inviato<br />
del Sunday Telegraph e oggi<br />
scrive anche per diverse<br />
testate italiane. È autore<br />
di Mussolini (Le Lettere).<br />
A destra, la moglie Carla<br />
e i figli: Caterina, 7 anni,<br />
Francesco Winston, 5,<br />
Magdalena, 3, Rita, 2<br />
sioni. Non ci sono case rustiche con piscina<br />
in affitto a 3 m<strong>il</strong>a euro la settimana<br />
come in Toscana, non ci sono neanche case<br />
rustiche in affitto senza piscina. In Romagna<br />
non c’è un «rudere eccellente recentemente<br />
scoperto sotto un groviglio di erbacce»<br />
in vendita per «solo» 400 m<strong>il</strong>a euro («un<br />
affare», come ho letto sul sito di un’agenzia<br />
immob<strong>il</strong>iare toscana). Non ci sono corsi<br />
di pittura rinascimentale o di cucina<br />
tipica. Non ci sono workshop per aspiranti<br />
artigiani turistici o field trip notturni per<br />
ascoltare gli usignoli nel bosco o per vedere<br />
le lucciole sopra <strong>il</strong> grano. Insomma in<br />
Romagna non ci sono – grazie a Dio – voci<br />
di inglesi o americani o tedeschi ovunque<br />
vai. In Toscana, invece, dietro a ogni cespuglio<br />
c’è – e ci metto la mano sul fuoco – un<br />
inglese con in testa un panama e in mano<br />
un bicchiere di Chianti classico che ti becca<br />
dicendo: «Cheers!». E di notte da oltre<br />
la macchia di ulivi accanto alla tua v<strong>il</strong>la<br />
affittata a prezzo esorbitante ti arriva <strong>il</strong><br />
frastuono impressionante di un branco di<br />
tedeschi che cantano le loro canzoni preferite,<br />
cioè quelle della Seconda guerra mondiale.<br />
E la mattina al mercato in piazza ti<br />
deprimono le tante professoresse americane,<br />
convinte – da passive-aggressive in<br />
menopausa, fedeli doc non del Signore ma<br />
del consumismo isterico – di aver trovato,<br />
«oh my God!», un paradiso terreste.<br />
Al limite potevo (o potrei) comprare,<br />
a un terzo del prezzo, una casa rustica in<br />
pietra a vista con una vigna e un po’ di ter-<br />
Al casello di Forlì<br />
non avevo soldi<br />
sufficienti per pagare<br />
<strong>il</strong> pedaggio. Ma la<br />
ragazza della cabina<br />
mi diede un foglio da<br />
comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />
mi alzò la sbarra.<br />
Che donna! Che paese!<br />
reno pure in Romagna. Ma io in quell’estate<br />
del 1998 non avevo un soldo. Avevo deciso<br />
di traslocare da Londra (via Parigi dove<br />
ho scritto un libro sulla morte della principessa<br />
Diana) a Predappio, perché è lì che<br />
nacque un certo Benito Mussolini ed è lì<br />
che i suoi resti mortali giacciono come<br />
quelli di un santo nella cripta di famiglia,<br />
dove l’aria è colma del profumo di gigli<br />
bianchi e di tante candele accese, al cimitero<br />
di Rocca San Casciano.<br />
Fascista a chi?<br />
Non sono fascista. Sono inglese. I miei hanno<br />
combattuto <strong>il</strong> nazismo e <strong>il</strong> fascismo e<br />
alcuni di loro sono stati uccisi dei nazifascisti.<br />
Ma per motivi che a tutt’oggi mi<br />
rimangono misteriosi Mussolini era <strong>il</strong> protagonista<br />
di una biografia che dovevo per<br />
forza scrivere. Addirittura, avevo firmato<br />
un contratto in proposito con la famosa<br />
casa editrice londinese Weidenfeld &<br />
Nicolson. Forse volevo capire cosa fosse<br />
veramente <strong>il</strong> fascismo, quella strana parola<br />
usata oggi come insulto generico per qualsiasi<br />
cosa che non sia politicamente corretta.<br />
Che ne so.<br />
La mia idea non era completamente<br />
pazza. Londra costava troppo e così decisi:<br />
va bene, vado a Predappio per scrivere<br />
<strong>il</strong> libro. «Stai vivendo i nostri sogni!»,<br />
mi dicevano i miei amici inglesi. Un corno!<br />
Quando sono arrivato a Predappio quel<br />
giorno ero “up shit creek without a paddle”,<br />
in mezzo a un fiume di merda senza<br />
| | 20 luglio 2011 | 39
CULTURA GOD SAVE THE SANGIOVESE<br />
remi, come dicono gli americani. Il problema<br />
non era solo la mancanza di soldi,<br />
ma anche di equ<strong>il</strong>ibrio esistenziale. Tendenzialmente<br />
depresso, in quel momento<br />
ero più depresso del solito. Per motivi ovvi.<br />
Ero messo come quella gente che aveva in<br />
mente Machiavelli quando scrisse: «Il fatto<br />
è che in questa terra chi dei nostri pari<br />
non è legato a quelli che hanno <strong>il</strong> potere,<br />
non trova un cane che gli abbaia». La mia<br />
“ex” mi aveva chiuso fuori di casa a Londra<br />
e aveva cambiato le serrature. A Parigi,<br />
l’apice del mio periodo blu, avevo vissuto<br />
giorni bruttissimi e visto almeno due o<br />
tre gironi dell’inferno di Dante in club privé<br />
trasgressivi chiamati Le 41 e La Castelle,<br />
e anche per strada. Finalmente, ero riuscito<br />
a mollare Parigi e <strong>il</strong> suo sulfureo fascino<br />
tossico, ma solo quando un amico aveva<br />
ritrovato per puro caso la mia macchina,<br />
che avevo perso da parecchie settimane.<br />
Non mi ricordavo dove l’avevo parcheggiata<br />
e mi convinsi che qualcuno l’avesse<br />
rubata. Quella macchina, una Honda Prelude<br />
del 1983, color bordeaux metallizzato,<br />
me l’aveva regalata mio padre con disappunto,<br />
quasi con disprezzo. Il solo guardarla<br />
mi dava fastidio (era la macchina sportiva<br />
dei pensionati!) perché minava <strong>il</strong> meccanismo<br />
creativo. Essendo un regalo di mio<br />
padre, era la prova di una vita fallita, la<br />
mia. Però, funzionava… Quindi grazie babbo,<br />
grazie m<strong>il</strong>le. Ma com’era brutta!<br />
Avevo soldi sufficienti per un mese.<br />
Poi? Davvero sarei stato costretto a trovare<br />
qualche lavoro locale tipo turni di notte<br />
alla Amadori, a tagliare le teste ai polli per<br />
m<strong>il</strong>le euro al mese? Mi ricordo bene una<br />
cosa che ne fa capire tante. Al casello di<br />
Forlì non avevo soldi sufficienti per pagare<br />
<strong>il</strong> pedaggio. Ma la ragazza della cabina mi<br />
diede un foglio da comp<strong>il</strong>are e sorridendo<br />
mi alzò la sbarra. Che donna! Che paese!<br />
35 m<strong>il</strong>a sterine andate in fumo<br />
E ricordo bene quel giorno caldissimo,<br />
quando al volante della Honda Prelude mi<br />
sono fermato in viale Matteotti (già viale<br />
Benito Mussolini), la strada principale di<br />
Predappio davanti alla gelateria. Dentro,<br />
dietro al banco, c’era una ragazza in divisa<br />
bianca verginale che aveva cappelli neri<br />
e pelle scura. Era bellissima. «C’è un albergo<br />
qui in giro?», le ho chiesto. «Non ne ho<br />
la più pallida idea», mi ha risposto. «Va bè,<br />
dammi una birra».<br />
I predappiesi erano curiosi di capire<br />
come mai questo inglese solitario aveva<br />
deciso di vivere nel loro paese. La risposta<br />
era fac<strong>il</strong>e, nel senso superficiale, cioè: sono<br />
venuto alla Betlemme fascista per scrivere<br />
una biografia del Duce. E perché no?<br />
C’è qualcosa che non va? Per convincere<br />
loro, e anche me stesso, che quella era la<br />
verità, raccontavo che ero un laureato della<br />
«famosissima» Università di Cambrid-<br />
40 | 20 luglio 2011 | |<br />
ge e che per dieci anni ero stato un «inviato»<br />
del «molto importante» Da<strong>il</strong>y e Sunday<br />
Telegraph, che è «come <strong>il</strong> vostro Corriere<br />
della Sera». Parlavo, certo, anche del mio<br />
contratto con l’«enorme e potente» casa<br />
editrice londinese Weidenfeld & Nicolson<br />
che è «come la vostra Mondadori».<br />
Nonostante tutto ciò, i predappiesi,<br />
ho notato presto, mi chiamavano sempre<br />
«inglese» e mai «scrittore».<br />
Avevano ragione. L’anticipo (35 m<strong>il</strong>a<br />
sterline) non era male per un primo libro,<br />
ma l’avevo già speso tutto prima di arrivare<br />
in Romagna e non avevo scritto neanche<br />
una riga di quel maledetto libro, per<br />
un motivo abbastanza valido, cioè: non<br />
sapevo nulla di Mussolini. Mi sentivo come<br />
un uccello migratore che ha perso <strong>il</strong> suo<br />
stormo e la sua rotta. Eccomi, a quasi quarant’anni,<br />
una presenza spettrale e solitaria<br />
nei bar locali, sempre a fumare le<br />
Camel gialle morbide e bere <strong>il</strong> Sangiovese,<br />
con in testa quel cappello ridicolo. Farmi<br />
la barba o la doccia o andare al supermercato<br />
sembravano impegni impossib<strong>il</strong>i, roba<br />
da Ercole. Figuriamoci scrivere un libro. Sì,<br />
ero depresso, e non per la prima volta in<br />
vita mia, non avevo un soldo ed ero solo.<br />
Oggi, tredici anni dopo, abito ancora<br />
in Romagna, non più a Predappio, ma<br />
nella vicina Forlì. Quel libro di 600 pagine<br />
l’ho finito ed è stato pubblicato in Ingh<strong>il</strong>terra<br />
nel 2003. È andato bene, recensito<br />
a mezza pagina su tutti i giornali principali<br />
da firme importanti e la casa editrice<br />
ha poi fatto una versione tascab<strong>il</strong>e. In<br />
Italia è stato pubblicato nel 2006 (Le Lettere,<br />
Firenze), ma qui non è andato tanto<br />
bene. Non c’è stata neanche una recensione.<br />
Lo so, <strong>il</strong> tema di Mussolini è delicato<br />
qui in Italia e non faccio parte della casta<br />
dei radical chic. Pazienza.<br />
Berlusconi e i comunisti salottieri<br />
La cosa che mi ha salvato, però, non è stata<br />
<strong>il</strong> libro. Anzi, quel libro mi ha quasi<br />
ammazzato. No, la cosa che mi ha salvato<br />
– nel senso professionale – è stata la scoperta,<br />
proprio a Predappio, di un f<strong>il</strong>one<br />
d’oro che potevo sfruttare. Cioè: dal crollo<br />
del fascismo in poi i comunisti sono stati<br />
al comando a Predappio come in tutta<br />
la rossa Romagna. I comunisti quindi sono<br />
la casta, la borghesia, insomma, gli acculturati<br />
salottieri raffinati, e tutti gli altri i<br />
brutti, sporchi e cattivi. Così ho cominciato<br />
a scrivere una rubrica, “Zuppa inglese”,<br />
per un giornale regionale, la Voce di Romagna,<br />
dove davo addosso pesantemente ma<br />
con umorismo anglosassone ai compagni<br />
ipocriti e bigotti. Quando, ad esempio, l’attuale<br />
sindaco di Predappio, Giorgio Frassineti,<br />
detto “Cent” perché piccolo, un uomo<br />
che pare un incrocio tra <strong>il</strong> Duce e Napoleone,<br />
mi diceva, con in mano un calice di<br />
Sangiovese ultra-borghese di quelli enor
Foto: AP/LaPresse<br />
Ho iniziato con una rubrica, “Zuppa inglese”,<br />
per un giornale regionale, dove davo addosso<br />
ma con umorismo anglosassone ai compagni<br />
ipocriti e bigotti. È stato <strong>il</strong> mio f<strong>il</strong>one d’oro<br />
mi: «Fare la politica per me è come donare<br />
<strong>il</strong> sangue». Io replicavo dicendo: «Dai,<br />
giù dal pero Cent, tu non regali <strong>il</strong> sangue<br />
a nessuno, <strong>il</strong> sangue lo succhi dal popolo».<br />
Il compagno Frassineti si sfogava spesso<br />
sul giornalino del Comune del «cosiddetto<br />
auto-definito storico inglese». Scriveva, ad<br />
esempio, «Caro Nicholas, noi non siamo dei<br />
pesci tropicali in un acquario che esistono<br />
solo per <strong>il</strong> tuo divertimento…». Poi una volta<br />
mi è arrivata una lettera anonima con<br />
dentro una pallottola che mi definiva «uno<br />
sporco fascistoide inglese» e mi avvisava di<br />
andare via dalla Romagna. Eccetera.<br />
Così, un bel giorno <strong>il</strong> Giornale stesso<br />
ha fatto una pagina intera su di me intitolata<br />
“L’inglese a Predappio che fa arrabbiare<br />
la sinistra”. L’unico non solo in Romagna,<br />
a mio parere, ma nel mondo intero!<br />
Successivamente, dopo tante e lunghe<br />
trattative, sono arrivato a intervistare S<strong>il</strong>vio<br />
Berlusconi a V<strong>il</strong>la Certosa in Sardegna<br />
per The Spectator, un settimanale inglese<br />
importante, con <strong>il</strong> direttore Boris Johnson<br />
(attualmente sindaco di Londra). Il Cavaliere<br />
ci ha detto due cose di poca importanza<br />
in Ingh<strong>il</strong>terra, ma da terremoto qui in Ita-<br />
lia, e cioè: i giudici italiani sono antropologicamente<br />
diversi, sono matti; Mussolini<br />
non ha ammazzato nessuno, mandava i<br />
suoi avversari alle isole.<br />
Aveva ragione, S<strong>il</strong>vio, più o meno, of<br />
course, ma raccontare la verità nella vita<br />
non conviene sempre, e la sinistra si è<br />
arrabbiata come un puma. Per 15 minuti<br />
<strong>il</strong> governo di Berlusconi ha barcollato.<br />
A una conferenza stampa sullo “scandalo”<br />
Berlusconi si è difeso sostenendo che<br />
«i signori inglesi mi hanno fatto ubriacare<br />
con lo champagne». Magari! Ma non<br />
era vero. Naturalmente, a casa sua comandava<br />
<strong>il</strong> Cavaliere e ci ha offerto solo tè al<br />
limone. Di conseguenza sono diventato<br />
famoso per 15 minuti pure io. E così ho<br />
trovato altri lavori. E voglio un sacco di<br />
bene a S<strong>il</strong>vio <strong>il</strong> Magnifico lo stesso.<br />
Il karaoke e la mia futura moglie<br />
Ma la cosa più importante in tutta questa<br />
storia, anche se tutto è collegato, è<br />
mia moglie Carla. Abitavo in un ex porc<strong>il</strong>e<br />
in collina sopra Predappio a due passi<br />
dal castello del Duce a Rocca delle Caminate.<br />
In autunno, quando c’era nebbia fitta,<br />
pensavo di vivere dentro un freezer e<br />
una sera un vento diabolico ha strappato<br />
via la porta di casa. In inverno, c’era spesso<br />
tanta neve che rimanevo bloccato in<br />
casa per un giorno, se non due. In estate,<br />
la sera, mi assediavano delle<br />
vespe gigantesche (invasori<br />
clandestini dall’Africa<br />
senza permesso di soggiorno)<br />
chiamate “bombe”, attirate<br />
dalla luce di casa mia.<br />
In primavera, invece (ma<br />
com’è bella la primavera sull’Appennino!),<br />
pure io, nonostante tutto, stavo da Dio. Mi<br />
bastavano gli usignoli, le lucciole, <strong>il</strong> panorama<br />
e un po’ di Sangiovese.<br />
Poi mi sono trasferito dal porc<strong>il</strong>e in un<br />
monolocale a solo 170 euro al mese nell’ex<br />
convento a Predappio Alta, <strong>il</strong> vecchio paese<br />
in collina sopra Predappio nuova che fu<br />
costruito a valle dai fascisti negli anni Venti,<br />
dove c’è una piccola piazza favolosa. Nel<br />
centro di questa piazza c’è una fontana a<br />
forma di grappolo d’uva (<strong>il</strong> santo santo Sangiovese).<br />
Che meraviglia. Anche lo stemma<br />
del Comune raffigura un grappolo di quella<br />
sacra frutta e manca – ho sempre pensato<br />
– solo una sigaretta accesa. Ogni sera i<br />
vecchi del paese si siedono attorno alla fontana<br />
dove fanno i bavosi e seminano zizzanie<br />
e giocano a carte. Ma la Pré, come viene<br />
chiamata in dialetto, è un posto speciale,<br />
anzi, molto raro al giorno di oggi, cioè<br />
una vera comunità. Tutti quelli che ci vivono,<br />
nel bene e nel male, fanno parte della<br />
stessa famiglia. E la piazza è la loro sala<br />
all’aria aperta. Certo, i vecchi mi prendevano<br />
in giro, mi davano del matto. E loro,<br />
invece? Spesso, quando c’era nebbia, non<br />
li potevo vedere, ma in primavera, quando<br />
cantavano gli usignoli, volevo invitarli a<br />
ballare. Alla Pré le cose che contano (casa,<br />
cibo, vino, sigarette, e amicizia) non costavano<br />
molto. Sì, certo, ero un esule, ma questo<br />
mi faceva pensare a Dante e Machiavelli.<br />
Se non fossero stati es<strong>il</strong>iati, nessuno dei<br />
due avrebbe scritto una parola, no?<br />
Alla Pré non ci sono turisti. L’inglese<br />
o l’americano medio hanno sentito parlare<br />
di Mussolini, al limite, ma non si ricordano<br />
per quale motivo («Oh, lo st<strong>il</strong>ista, che<br />
uomo affascinante», mi ha detto una volta<br />
una ragazza a Londra). Predappio, invece?<br />
Figuriamoci. A loro non dice nulla.<br />
Sì, ho rubato la Carla, che ha tredici<br />
anni meno di me, al suo moroso romagnolo.<br />
Ma la colpa, a dire la verità, è sua, non<br />
mia. Mi ha cercato lei. L’avevo conosciuto<br />
al bar delle lesbiche accanto al castello<br />
a Rocca delle Caminate dove si canta <strong>il</strong><br />
karaoke. Il mio piatto forte era Light My<br />
Fire dei Doors. «You know that it would be<br />
untrue, you know that I would be a liar, if<br />
I was to say to you…» eccetera. La Carla era<br />
sempre lì col suo moroso e spesso pure con<br />
sua madre. Una sera si è presentata, dopo<br />
mezzanotte, a casa mia. Da sola.<br />
Un matrimonio un po’ particolare<br />
Mi ha fatto fare sia un test per l’Aids sia<br />
quello della fert<strong>il</strong>ità. L’Aids, nonostante<br />
<strong>il</strong> mio periodo blu, non l’avevo (prima di<br />
aprire la busta con i risultati ho bevuto<br />
abbastanza!). Ma, come disse la ginecologa<br />
con disprezzo, esito del test della fert<strong>il</strong>ità<br />
sotto mano, e davanti alla Carla, «niente,<br />
sono pochi, e non si muovono neanche».<br />
Oggi – e chissà come – abbiamo quattro<br />
figli (Caterina, 7 anni, Francesco Winston,<br />
5 anni, Magdalena, 3 anni, e Rita, 2 anni)<br />
con un quinto in arrivo.<br />
Il nostro matrimonio è un po’ particolare.<br />
Io sono anglicano agnostico, lei cattolica<br />
incallita (per colpa mia, mi dice, nel senso<br />
che può sopportarmi solo grazie a un assist<br />
divino). Mi ha portato sia a Medjugorje sia a<br />
Lourdes. E in casa si ascolta Radio Maria in<br />
continuazione ad alto volume. Io bevo, lei<br />
no. Io fumo, lei no. A me piacciono i bar, a<br />
lei no. Anzi, tengo <strong>il</strong> mio quartiere generale<br />
a Le Petit Arquebuse, a due passi dall’Oviesse<br />
nel centro storico, che immagino come<br />
una versione anti-comunista del Café de<br />
Flore sulla Rive Gauche a Parigi, dove predicava<br />
Jean-Paul Sartre davanti ai suoi devoti.<br />
Secondo la Carla, Le Petit è posseduto e<br />
<strong>il</strong> proprietario è Cerbero. Per me invece Le<br />
Petit è un covo di comunisti rifatti. Ma che<br />
differenza c’è?<br />
Come mi ha detto una volta <strong>il</strong> mio caro<br />
e saggio amico inglese Stuart Reid (cattolico<br />
ed ex alcolizzato), «la Carla ti ha salvato<br />
Nick». Stuart non ha tutti i torti. Ho notato<br />
una cosa: da un pezzo qualche cane mi<br />
abbaia contro ogni tanto. n<br />
| | 20 luglio 2011 | 41
CULTURA GODETEVI LA VITA<br />
Il risveglio<br />
dei sensi<br />
Ma quale vittoria della materia, è <strong>il</strong> trionfo della<br />
disincarnazione. Ci siamo sbarazzati di una fede<br />
formale e abbiamo finito per imporci catene<br />
anche peggiori. Quelle dell’immagine. Risé alla<br />
guerra per un’autentica liberazione del corpo<br />
già capito G<strong>il</strong>bert Keith Chesterton<br />
che «<strong>il</strong> diavolo non può ren-<br />
L’aveva<br />
dere cattive le cose, esse rimangono<br />
come erano <strong>il</strong> primo giorno della creazione.<br />
Solo l’opera del cielo era materiale,<br />
la creazione di un mondo materiale,<br />
l’opera dell’inferno è totalmente spirituale».<br />
Una fuga dalla contingenza, quella descritta<br />
dallo scrittore inglese, oggi più che mai<br />
attuale. Lo psicoterapeuta Claudio Risé ne<br />
ha indicato le fattezze, i pericoli e le vie<br />
di scampo in un libro, Guarda, tocca, vivi.<br />
Riscoprire i sensi per essere felici (Sperling<br />
& Kupfer). «Perché, anche se potrebbe sembrare<br />
<strong>il</strong> contrario, nella nostra società lo spirituale<br />
trionfa sul materiale, <strong>il</strong> proibizionismo<br />
sulla libertà, lo sv<strong>il</strong>imento dei sensi sul<br />
godimento», osserva Risé a <strong>Tempi</strong>.<br />
Eppure su giornali, in tv e nella pubblicità<br />
le immagini di corpi e materia impazzano.<br />
Mentre <strong>il</strong> sesso è ormai completamente<br />
sdoganato e a cominciare dall’adolescenza<br />
diventa sempre più una forma<br />
di dipendenza. Ma Risé mette in guardia<br />
dall’apparenza: «La nostra civ<strong>il</strong>tà sembra<br />
esaltare la fisicità e la sessualità, in realtà le<br />
sv<strong>il</strong>isce, scambiandole con la loro immagine».<br />
Viviamo nell’era della visualizzazione.<br />
Della scena ridotta alle misure dello schermo.<br />
Dove non si odora più, non si gusta,<br />
non si tocca e si ode a una sola dimensione.<br />
«Il corpo è ormai etereo, plastico. E la sua<br />
rappresentazione irreale. Non è più vissuto<br />
né usato interamente, così<br />
se ne è perso anche <strong>il</strong> valore<br />
spirituale. È come se cercando<br />
di fuggire la materia<br />
per vivere lo spirito avessimo<br />
perduto entrambi».<br />
42 | 20 luglio 2011 | |<br />
Il paradosso è che questo processo di<br />
svuotamento dei sensi sia iniziato proprio<br />
negli anni della cosiddetta rivoluzione sessuale,<br />
che aveva fatto del riscatto del corpo<br />
<strong>il</strong> suo vess<strong>il</strong>lo. Risé lo spiega così: «Il Sessantotto<br />
ha cercato una liberazione del corpo<br />
mentale e intellettuale, per nulla concreta.<br />
Si è opposto a un cristianesimo ridotto<br />
a forma, ma invece che recuperarne <strong>il</strong><br />
senso l’ha rifiutato in toto. Il cristianesimo,<br />
in realtà, è l’unica religione che esaltata<br />
la carne e dà valore alla forma, con un<br />
Dio che ne fa <strong>il</strong> veicolo del divino. È questo<br />
aspetto che andava ricompreso, insieme<br />
al significato dell’istinto e delle pulsioni».<br />
Sessantottini e farisei<br />
Ma è chiaro, secondo Risé, che i “rivoluzionari”,<br />
una volta preso <strong>il</strong> potere, non avevano<br />
più ragioni di volere l’uomo libero, capace<br />
di usare <strong>il</strong> proprio corpo per raggiungere<br />
la pienezza dello spirito: più semplice fargli<br />
credere di esserlo, per “tenerlo buono”.<br />
«Non a caso Cristo non piaceva ai padroni<br />
del tempo. Lo dice lui stesso: “È venuto<br />
Giovanni <strong>il</strong> Battista che non mangia pane<br />
e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.<br />
È venuto <strong>il</strong> Figlio dell’uomo che mangia<br />
e beve e voi dite: Ecco un mangione e<br />
un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori”.<br />
Nel primo caso da parte loro c’è <strong>il</strong><br />
rifiuto dell’“alto”, nel secondo del “basso”.<br />
Ma Cristo viene proprio per vincere questa<br />
«Cristo viene per vincere la separazione tra<br />
“basso” e “alto” tipica delle devianze. Non salta<br />
la materia, la purifica indicandone <strong>il</strong> senso.<br />
Così permette all’uomo di goderne veramente»
IN LIBRERIA<br />
GUARDA,<br />
TOCCA, VIVI<br />
C. Risé<br />
Sperling & Kupfer<br />
211 pagine<br />
separazione che caratterizza tutte le devianze.<br />
Gesù viene a purificare la materia indicandone<br />
<strong>il</strong> senso, non “saltandola”. Così ha<br />
permesso all’uomo di goderne veramente,<br />
portando a compimento i sensi». Oggi invece<br />
– è la tesi dello psicoterapeuta – l’uomo<br />
è in preda a semplici surrogati del vero piacere.<br />
Tra gli altri, descritti nel volume, ci<br />
sono la pornografia, che sv<strong>il</strong>isce <strong>il</strong> rapporto<br />
e lo riduce a immagine, eliminando tatto<br />
e olfatto; la sessualità costretta dentro rapporti<br />
fugaci, mai approfonditi; internet e<br />
<strong>il</strong> web, che ci fanno sentire in contatto con<br />
tutti nello stesso momento in cui annullano<br />
ogni rapporto sensoriale. «Questi piaceri<br />
veloci, più fac<strong>il</strong>i ma parziali, non fanno<br />
altro che renderci solo più infelici. Si parla<br />
di società permissiva, finalmente redenta<br />
da vincoli bigotti, quando invece siamo più<br />
schiavi che mai. Lo dice, oltre che l’inibizione<br />
dei rapporti interpersonali, anche quella<br />
dei codici di comportamento e di pensiero:<br />
<strong>il</strong> politicamente corretto è potentissimo.<br />
Tanto che abbiamo paura di pensare controcorrente,<br />
perché schiavi del pensiero di<br />
chi ci sta vicino, che normalmente è quello<br />
dominante. Temiamo <strong>il</strong> nostro volto diverso.<br />
La nostra identità è un tabù».<br />
Persi nelle immagini, non abbiamo più<br />
quelli che Risé definisce «senso del sé» e<br />
«senso dell’altro». Immersi in un dominio<br />
della tecnologia che comprime <strong>il</strong> mondo e<br />
rischia di «imprigionare le mosse e le esperienze<br />
reali dell’uomo, rendendolo frag<strong>il</strong>e<br />
e monco, incapace di sostenere rapporti<br />
personali davvero liberi». Per questo i<br />
nostri tempi, pur apparendo come erogatori<br />
di infinite possib<strong>il</strong>ità, sono invece fulcro<br />
d’ansia, frustrazione, depressione, anoressia,<br />
autismi. L’intenzione del libro è descrivere<br />
questi pericoli perché <strong>il</strong> lettore se ne<br />
renda conto, non certo per spaventare ulteriormente:<br />
«Se dipingessi solo le contraddizioni<br />
rischierei di fare esattamente <strong>il</strong> gioco<br />
del demonio, amplificando i limiti del mondo<br />
e spingendo alla fuga, che io invece scongiuro.<br />
Lungi da questo, <strong>il</strong> mio intento è piuttosto<br />
quello di aiutare l’uomo a reimposses-<br />
A sinistra, Claudio Risé.<br />
Al centro, Michelangelo,<br />
Prigione, detto Schiavo<br />
che si ridesta, 1523-1534 ca,<br />
Firenze, Galleria dell’Accademia<br />
«Si può decidere di non<br />
vivere rapporti “leggeri”,<br />
di non fare bambini con le<br />
provette, di non difendersi<br />
dalla sessualità con p<strong>il</strong>lole<br />
e lattice. Una volta provato<br />
quanto ci si stava perdendo,<br />
è più fac<strong>il</strong>e disintossicarsi»<br />
sarsi della sua libertà. Innazitutto mostrandogli<br />
i pericoli, ma poi indicandogli le vie<br />
d’uscita, perché torni ad accettare la propria<br />
responsab<strong>il</strong>ità: siamo noi a decidere<br />
fino a che punto usare i sensi o le tecnologie<br />
nei rapporti amicali, sessuali o naturali.<br />
Comprendere che possiamo scegliere<br />
e iniziare a esercitare la libertà è <strong>il</strong> primo<br />
modo per uscire dalla schiavitù». Perciò si<br />
può benissimo combattere la dipendenza<br />
da tv e internet, così come dalla droga. «Si<br />
può decidere di non vivere rapporti “leggeri”,<br />
di non fare bambini con le macchine o<br />
le provette, di non difendersi dalle conseguenze<br />
della sessualità con p<strong>il</strong>lole e lattice<br />
ma di viverla appieno. E una volta provato<br />
quanto ci si stava perdendo, diventerà sempre<br />
più fac<strong>il</strong>e “disintossicarsi”».<br />
Quella strana paura dell’istinto<br />
Ma come fare a convincere un uomo che –<br />
si legge in Guarda, vivi, tocca – è ossessionato<br />
dalla «paura del basso» e delle conseguenze<br />
incontrollab<strong>il</strong>i dell’istinto? «Questa<br />
insicurezza e mania di controllo è propria<br />
soprattutto dei più giovani. La nuova<br />
generazione, guardando alla vecchia, ha<br />
capito che l’assolutizzazione dei sentimenti<br />
non basta a garantire l’eterno cui aspira.<br />
Ha visto che le pulsioni possono addirittura<br />
trasportare verso chine pericolose, per<br />
cui le usa, ma solo fino a un certo punto. I<br />
figli del Sessantotto hanno <strong>il</strong> terrore della<br />
libertà distruttiva dei loro padri. E questo<br />
contribuisce a farli scappare dall’uso pieno<br />
dell’istinto, fino alle sue conseguenze generative,<br />
le uniche che possano darci stab<strong>il</strong>ità<br />
e realizzarci». È <strong>il</strong> motivo per cui Claudio<br />
Risé ha scritto questo libro, «perché<br />
i nostri figli non commettano l’errore di<br />
buttare via <strong>il</strong> bambino con l’acqua sporca<br />
come abbiamo fatto noi con i nostri genitori:<br />
abbiamo scacciato <strong>il</strong> formalismo e con<br />
esso i suoi contenuti. Ora urge sbarazzarsi<br />
del finto libertinismo, non dimenticando i<br />
sensi e l’istinto, ma piuttosto riappropriandosene<br />
per usarli fino in fondo».<br />
Benedetta Frigerio<br />
| | 20 luglio 2011 | 43
SE IL PIÙ BRAVO È FATTO FESSO<br />
Assurdo parlare di meritocrazia<br />
in una scuola che premia i copioni<br />
di Giorgio Israel<br />
Detesto quella forma di provincialismo che è l’esterof<strong>il</strong>ia, ma apprezzo i paesi<br />
in cui “copiare” agli esami è considerato una pratica eticamente scorretta,<br />
se non un vero e proprio reato, mentre da noi è vista con simpatia.<br />
Non posso dimenticare che un presidente del Consiglio e un presidente di Confindustria<br />
si sono vantati di essere stati ab<strong>il</strong>issimi a copiare. Eppure dovrebbe essere<br />
evidente a chiunque che approfittare delle prestazioni di una persona più<br />
capace – e poco importa se con <strong>il</strong> suo consenso – per ottenere una valutazione<br />
non meritata, è scorretto e, in certi casi, gravissimo. In un concorso può significare<br />
rubare <strong>il</strong> posto a qualche “fesso” più capace e meritevole e quindi si tratta<br />
di un’azione immorale e di un reato.<br />
Quel che è curioso è che, in questi tempi, in Italia, non si fa che parlare di “me-<br />
PANE AL PANE<br />
rito” e “meritocrazia”, <strong>il</strong> che – se le parole hanno ancora un senso – significa premiare i meritevoli,<br />
i più bravi e volenterosi, e farla finita con la prassi per cui tutti vanno avanti indipendentemente<br />
dalle loro capacità e prestazioni. Si mettono in piedi progetti<br />
per individuare e premiare i “migliori” insegnanti e<br />
le scuole “migliori”. Poi però si viene a sapere che la prassi<br />
di copiare durante gli esami non soltanto d<strong>il</strong>aga ma viene<br />
favorita o addirittura promossa in alcune scuole. Mi<br />
raccontano – da fonte attendib<strong>il</strong>e – che in un liceo l’insegnante<br />
(per giunta vicepreside) che sorvegliava la prova di<br />
matematica di maturità ha dato <strong>il</strong> posto in cattedra allo<br />
studente notoriamente migliore e poi, quando questi ha risolto <strong>il</strong> problema, ha passato la soluzione<br />
a tutti. Nelle prove di latino, l’insegnante ha “scaricato” la traduzione da internet e l’ha trasmessa<br />
ai candidati. È da immaginare quali risultati avrebbe dato in quella scuola <strong>il</strong> progetto sperimentale<br />
del ministero (premiare i migliori insegnanti scelti dal preside e da due colleghi eletti)…<br />
In questo contesto, lascia di stucco la proposta corrente secondo cui “non si può far nulla”, soprattutto<br />
a causa delle nuove tecnologie, e quindi tanto vale lasciar scaricare agli studenti le risposte<br />
dalla rete e premiare quelli che sanno farlo meglio. Tanto è vero che non è diffic<strong>il</strong>e impedire<br />
agli studenti di scaricare i risultati dalla rete, che se ne occupano certi insegnanti in<br />
loro vece e che, nella suddetta “proposta”, si suggerisce di concentrare la sorveglianza<br />
nell’evitare che i meno capaci a usare la rete copino i più ab<strong>il</strong>i… Ha ragione Paolo Ferratini<br />
quando osserva che ormai gli studenti traducono dal latino benissimo a casa e<br />
malissimo a scuola. Egli suggerisce all’insegnante di smettere di dare versioni a casa, di<br />
prendere atto della situazione e iniziare a costruire percorsi di apprendimento dai migliori<br />
siti della rete, imparando e insegnando a distinguerli dalla spazzatura. Nulla contro<br />
questa prassi. Ma essa non risolve <strong>il</strong> problema di come verificare le capacità<br />
acquisite. Una soluzione semplice sarebbe di proporre le versioni dal latino in<br />
classe e quelle dall’italiano a casa (la panoplia di brani da scegliere è infinita, come<br />
quella dei problemi di matematica). E non si dica che è impossib<strong>il</strong>e controllare<br />
in classe l’uso di mezzi informatici: lo è quanto controllare che non si<br />
usino dispense o si passino bigliettini.<br />
La verità è che non si vuole introdurre una vera meritocrazia e impera<br />
l’ideologia del successo formativo garantito. La paternalistica sufficienza con<br />
cui alcuni hanno considerato l’appello del “Gruppo di Firenze” a non far<br />
copiare, quasi si trattasse dell’iniziativa dei soliti onesti ingenui e fessi, ha<br />
messo in mostra uno dei peggiori difetti nazionali: la furbizia all’italiana.<br />
In un istituto, durante la prova di latino della<br />
maturità, un prof ha “scaricato” la traduzione<br />
dal web e l’ha trasmessa ai candidati. Come<br />
finirebbe in quel liceo <strong>il</strong> progetto ministeriale<br />
di premiare i migliori docenti scelti dal preside?<br />
INTELLETTUALE<br />
CURA<br />
TE STESSO<br />
| | 20 luglio 2011 | 45
di Fred Perri<br />
SPORT<br />
Da cosa si capisce che Novak Djokovic è<br />
serbo? Sicuramente dalla capacità di<br />
apprendere le lingue, cosa in cui<br />
gli slavi sono bravissimi. Dall’attaccamento<br />
alla famiglia, che lo segue ovunque, presente<br />
e accorata, per qualcuno anche troppo.<br />
Forse anche dall’aspetto, ma questo<br />
non è qualificante e poi io non sono un<br />
grande esperto di fisiognomica. In realtà<br />
46 | 20 luglio 2011 | |<br />
C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />
Scandalo<br />
nel <strong>Tempi</strong>o<br />
Benedetto sia <strong>il</strong> serbo Novak Djokovic, che con<br />
la sua sfacciataggine e <strong>il</strong> suo codazzo di fan<br />
rumorosi ha svelato l’ipocrisia del tennis.<br />
Un mondo che celebra <strong>il</strong> “gesto bianco”,<br />
mentre ha perso da tempo <strong>il</strong> suo candore<br />
l’appartenenza di Nole al suo popolo sta<br />
nel suo grande patriottismo, caratteristica<br />
fondamentale di quella gente. Nole dopo<br />
aver trionfato a Wimbledon non ha esitato<br />
a consumare le scarpette in Coppa Davis,<br />
la manifestazione a squadre snobbata dai<br />
grandi, che la giocano una volta sì e due<br />
no. Nole non fugge, Nole lascia <strong>il</strong> segno. È<br />
lui <strong>il</strong> nuovo numero 1 del tennis mondiale,<br />
ha brucato la sacra erba di Wimbledon<br />
mentre la sua corte (per qualcuno dei mira-<br />
coli) ha fatto festa tra le strade di Church<br />
Road. A qualcuno ha dato fastidio, perbacco,<br />
le signore con le coppette di fragole e<br />
crema (non panna come la intendiamo noi,<br />
please) e i signori con i boccaloni di Pimm’s<br />
N. 1 sono stati disturbati nelle loro piccole<br />
abitudini ai margini del Grande Rito. In<br />
realtà Wimbledon già da tempo ha perso la<br />
sua aura di nob<strong>il</strong>tà. Si è venduto, come tutti<br />
noi mortali, ai danari delle tv. Però con<br />
una bella e solida ipocrisia anglosassone.
Foto: AP/LaPresse<br />
Quando ho cominciato a masticare di<br />
tennis (e a entusiasmarmi per <strong>il</strong> medesimo),<br />
e cioè con Adriano Panatta, Paolo<br />
Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino<br />
Zugarelli, a metà degli anni Settanta (sia<br />
benedetta la Coppa Davis 1976), a Wimbledon<br />
non si giocava la domenica e la finale<br />
masch<strong>il</strong>e era programmata di sabato. Per<br />
capirci, Björn Borg e John McEnroe se le<br />
suonavano la vig<strong>il</strong>ia del dì di festa. Ve lo<br />
ricordate Momenti di gloria con <strong>il</strong> pasto-<br />
Ma gli esuberanti sodali di Nole, che facevano<br />
schiamazzi nel box destinato ai parenti, mentre<br />
i compassati spagnoli sembravano “british”,<br />
sono stati solo gli ultimi di una lunga serie<br />
re-missionario-rugbista-atleta Eric Liddell<br />
che non vuole correre la finale olimpica<br />
(1924, Parigi) dei 100 metri perché la<br />
domenica è <strong>il</strong> giorno del Signore? Ecco, a<br />
Wimbledon funzionava così, fino all’ini-<br />
Il serbo Novak “Nole” Djokovic ha battuto<br />
nella finale del torneo di Wimbledon 2011 lo<br />
spagnolo Rafael Nadal. Oltre ad aggiudicarsi<br />
la presitigiosa coppa, Djokovic ha anche<br />
soffiato al rivale iberico <strong>il</strong> primo posto<br />
nel ranking mondiale dei tennisti Atp<br />
zio degli anni Ottanta. Poi è arrivata la tv<br />
americana con le valige cariche di dollari<br />
e gli uomini adesso incrociano le racchette<br />
la domenica. Però, per salvare le apparenze<br />
(ipocrisia) non si gioca nella domenica<br />
di mezzo del torneo.<br />
Una tifosa “di impatto” per Agassi<br />
Questo per dire che le evoluzioni nazionalistiche<br />
del clan Djokovic in mezzo all’erba<br />
(assaggiata, perfino, dal nuovo numero<br />
1), non sono state le prime e non saranno<br />
le ultime. Questo per dire che gli esuberanti<br />
sodali di Nole, che esultavano e facevano<br />
schiamazzi nel box destinato ai parenti,<br />
mentre i compassati spagnoli sembravano<br />
british al uanandred per cent (beh,<br />
del resto avevano ben poco da esultare),<br />
sono stati solo gli ultimi di una lunga<br />
serie. Perfino Andre Agassi ha avuto, nel<br />
1993, una cheerleader di grande impatto,<br />
Barbra Streisand, che esultava con le tet-<br />
te strizzate in un corpetto<br />
bianco a ogni diritto anomalo<br />
del suo amore (pubblicitario,<br />
doveva lanciare un cd).<br />
I serbi sono stati giudicati,<br />
da qualche remoto nostalgico<br />
dei “gesti bianchi”, sopra<br />
le righe. In molti hanno stigmatizzato<br />
l’uscita della signora Dijana Djokovic che,<br />
accanto alla Coppa del figlio, ha sentenziato:<br />
«Dopo anni di dominio di Nadal e Federer,<br />
è cominciata l’era di Nole».<br />
| | 20 luglio 2011 | 47
SPORT C’ERA UNA VOLTA WIMBLEDON<br />
Negli ultimi anni i tennisti li fanno<br />
in serie, tutti sparafuc<strong>il</strong>e senza<br />
grande talento o personalità,<br />
a parte quei tre nomi che tutti<br />
conoscono. E le racchette rosa,<br />
in fondo, subiscono la stessa sorte<br />
Nessuno, però, ha ricordato di Richard<br />
W<strong>il</strong>liams e dei suoi cartelli che mostrava a<br />
tutto <strong>il</strong> Centre Court. Il più famoso: «Questa<br />
è la casa di Venere e Serena e voi non<br />
siete stati invitati». Il tifosi serbi, guidati<br />
dall’effervescente papà Djokovic, Srdjan,<br />
non sono stati i primi a profanare l’ipocrita<br />
sobrietà del <strong>Tempi</strong>o. Certo non l’hanno<br />
fatto gli svizzeri per Roger Fededer, ma<br />
i croati per Goran Ivanisevic (2001) sì. E lo<br />
stesso Goran, durante la sua prima finale<br />
(1992, persa da Agassi al quinto), fu tradotto<br />
da più di un cittadino inglese, ma di<br />
madrelingua croata, a dire cose irripetib<strong>il</strong>i<br />
ai giudici di linea. E vogliamo ricordare<br />
gli show di McEnroe con gli arbitri (indimenticab<strong>il</strong>e<br />
quello con l’arbitro di origine<br />
indiana con <strong>il</strong> turbante)? O la leggendaria<br />
sceneggiata napoletana del 1995 che fece<br />
la gioia dei tabloid inglesi (una prece per<br />
48 | 20 luglio 2011 | |<br />
News of the World)? Accadde su un campo<br />
secondario mentre si affrontavano Jeff<br />
Tarango, americano sposato con la focosa<br />
francese Benedicte, e <strong>il</strong> tedesco Alexander<br />
Mronz, dimenticab<strong>il</strong>e come tennista<br />
ma con un fisico bestiale che fece breccia<br />
nel cuore di Steffi Graf, prima che scoprisse<br />
quant’era tenero Agassi. Tarango accusò<br />
l’arbitro (francese) Bruno Rebeuh di penalizzarlo,<br />
lo insultò, gli diede del corrotto.<br />
Perse <strong>il</strong> match a tavolino, venne cacciato<br />
dal torneo. Già la cosa non era da poco. Ma<br />
ebbe un piccante seguito. La bella Benedicte<br />
schiaffeggiò Rebeuh nel corridoio degli<br />
spogliatoi. Una reazione eccessiva? Si scoprì<br />
che la signora aveva avuto una relazione<br />
con l’arbitro (prima del matrimonio,<br />
anche se qualcuno sostenne di no) e quindi<br />
andò a chiedergli conto del suo atteggiamento<br />
nei confronti del marito.<br />
In queste pagine, alcune<br />
tra le migliori tenniste del<br />
mondo. Da sopra, in senso<br />
antiorario, l’americana<br />
Serena W<strong>il</strong>liams; l’italiana<br />
Francesca Schiavone, che<br />
quest’anno ha sfiorato la<br />
seconda vittoria al Roland<br />
Garros, perdendo in finale<br />
contro la cinese Na Li; la<br />
russa Maria Sharapova,<br />
giunta in finale a Wimbledon<br />
dopo un periodo grigio; la<br />
danese Caroline Wozniacki,<br />
numero uno al mondo.<br />
Nella pagina accanto, in<br />
alto, la ceca Petra Kvitova<br />
in azione a Wimbledon, dove<br />
ha battuto la Sharapova;<br />
sotto, Martina Navrat<strong>il</strong>ova<br />
Insomma, <strong>il</strong> <strong>Tempi</strong>o è stato ridotto a un<br />
tempietto molto prima che arrivasse Nole<br />
Djokovic, <strong>il</strong> ragazzo che poteva diventare<br />
uno sciatore (o anche un calciatore, i due<br />
sport preferiti del padre). I suoi genitori<br />
erano proprietari di un ristorante sul monte<br />
Kopaonik. Nole è cresciuto con gli sci ai<br />
piedi. Poi ha incontrato la racchetta e ora<br />
la sua famiglia è una delle più famose e ricche<br />
di Serbia. Dal ristorante-pizzeria a catene<br />
di ristoranti, ad altre attività diversificate,<br />
soprattutto organizzazioni sportive. Una<br />
potenza. Nole si allena, ha scoperto l’equ<strong>il</strong>ibrio<br />
di una dieta studiata apposta per lui<br />
con prodotti naturali, ha trovato l’amore<br />
con la laureata alla Bocconi Jelena Ristic<br />
con cui – scrive <strong>il</strong> Da<strong>il</strong>y Ma<strong>il</strong> – presto convolerà<br />
a nozze. Ha trovato anche casa a Montecarlo.<br />
Ma questo succede a tanti. Nole tifa<br />
per <strong>il</strong> M<strong>il</strong>an (<strong>il</strong> suo idolo è Zlatan Ibrahimo-
Foto: AP/LaPresse<br />
Il tennis femmin<strong>il</strong>e cerca una regina in grado<br />
di regnare per anni, una che buchi lo schermo<br />
come Nole. Sarà la Kvitova, già paragonata<br />
alla Navrat<strong>il</strong>ova? Santa Martina, pensaci tu<br />
vic) e parla molto bene l’italiano. Ha portato<br />
un ventata di novità, ha spruzzato un po’<br />
di spezia piccante in un ambiente ingessato<br />
e stanco. Sì, proprio come <strong>il</strong> suo clan ha<br />
fatto cagnara nel <strong>Tempi</strong>o, lui lo ha conquistato<br />
con <strong>il</strong> suo tennis da grande difensore,<br />
con i suoi recuperi, con i suoi attacchi dal<br />
fondo. Ma più che con <strong>il</strong> tennis, che è sim<strong>il</strong>e<br />
a quello dei tennisti fatti in serie nell’ultimo<br />
decennio, ha messo <strong>il</strong> suo faccione<br />
in tv, ha detto qualcosa di nuovo al tennis<br />
mondiale. Era un grande imitatore, ora ha<br />
lasciato perdere <strong>il</strong> cabaret e si è concentrato<br />
sull’edificazione del successo. Le sue per-<br />
formance migliori le dedicava a Rafa Nadal<br />
(che non aveva gradito, gli spagnoli hanno<br />
un pessimo senso dell’ironia) e a Maria<br />
Sharapova. Tutto <strong>il</strong> suo repertorio era vasto<br />
e br<strong>il</strong>lante. Anche se ha sacrificato la carriera<br />
come comico di rivista, ha mantenuto<br />
comunque quella sua espressione da giovane<br />
guitto che piace ancora molto. Ce n’è<br />
bisogno. Il tennis è come <strong>il</strong> centrale di Wimbledon,<br />
ha la copertura scorrevole. Una<br />
volta la pioggia bloccava tutto, adesso si<br />
schiaccia un bottone e si va avanti.<br />
Quando le donne duravano di più<br />
Negli ultimi anni si schiaccia anche <strong>il</strong> bottone<br />
per fare tennisti in serie, tutti sparafuc<strong>il</strong>e<br />
senza grande talento o eccelsa personalità,<br />
a parte quei tre nomi che conoscete<br />
tutti. Tutti forti come torelli che caricano<br />
a testa bassa, sempre più anonimi. Il<br />
problema del tennis del terzo m<strong>il</strong>lennio è<br />
questo. Priv<strong>il</strong>egia la forza, è logorante, consuma<br />
<strong>il</strong> fisico e la testa. Borg si è ritirato<br />
dopo aver vinto sei volte <strong>il</strong> Roland Garros<br />
e cinque volte Wimbledon; qualche anno<br />
dopo ha provato a tornare con la racchetta<br />
di legno ed è stato travolto dai nuovi ragazzotti<br />
cresciuti a palestre e fibra di carbonio.<br />
La prima volta che andai a un torneo dello<br />
Slam capitai, al tramonto, sul centrale<br />
semideserto di Parigi. Stava giocando John<br />
McEnroe, ormai a fine carriera. Il tizio che<br />
mi accompagnava mi disse:<br />
«Ascolta la pallina colpita da<br />
Mac, cosa senti?». «Niente»,<br />
risposi. «Appunto». Adesso le<br />
botte che tirano sembrano<br />
colpi di cannone.<br />
In fondo, <strong>il</strong> tennis femmin<strong>il</strong>e<br />
subisce la stessa sorte. Una volta le<br />
donne erano resistenti, duravano di più<br />
degli uomini. Adesso, negli ultimi anni,<br />
anche loro crollano come mosche, si infortunano,<br />
vanno all’università, si ritirano,<br />
fanno anni sabbatici, mettono al mondo<br />
dei figli, poi tornano come ha fatto Kim<br />
Clijsters. Oppure si ritirano, tornano e si<br />
ritirano nuovamente come ha fatto Justine<br />
Henin. Il tennis femmin<strong>il</strong>e è molto<br />
instab<strong>il</strong>e, litigioso, sempre in fibr<strong>il</strong>lazione.<br />
La numero 1 della classifica mondiale, la<br />
danese di origine polacca (<strong>il</strong> padre, calciatore,<br />
lasciò <strong>il</strong> suo paese per giocare a foot-<br />
ball) Caroline Wozniacki mantiene <strong>il</strong> primato<br />
senza aver mai vinto un torneo del<br />
Grande Slam e provocando, per questo, le<br />
ire di Serena W<strong>il</strong>liams, che già non è molto<br />
popolare per la sua eccessiva “schiettezza”.<br />
La più piccola – si fa per dire – delle<br />
Ebony Sisters si è lamentata, sostenendo<br />
che la classifica è taroccata. In questa instab<strong>il</strong>ità,<br />
con giovani carriere bruciate in fretta<br />
e nuove oltraggiose giovinezze offerte al<br />
mondo, si inf<strong>il</strong>ano generazioni di affamate<br />
figlie (o ex figlie) dell’Est come Petra Kvitova,<br />
la ceca che a Wimbledon ha impedito a<br />
miss Maria Sharapova di conquistare nuovamente<br />
<strong>il</strong> torneo. Ha impedito “la storia”,<br />
perché Maria piace sempre moltissimo,<br />
anche se erano anni che si trovava a vivere<br />
un lento declino. Sta giocando di nuovo<br />
su buoni livelli, ma un suo ritorno vincente<br />
sull’erba più bella (tennisticamente parlando)<br />
del mondo avrebbe alzato molto di<br />
più l’audience sull’universo femmin<strong>il</strong>e di<br />
questo sport che negli ultimi è un po’ sceso<br />
nell’interesse generale del pubblico.<br />
Il declino si vede dalle fotogallery<br />
Anche <strong>il</strong> lato voyeuristico del tennis femmin<strong>il</strong>e<br />
non ha più quel fascino che aveva<br />
prima, non è più seguito da un numero<br />
di adepti così numerosi. Basta cliccare<br />
sui siti dei giornali (anche di quelli importanti)<br />
e cercare le solite serie di fotografie<br />
con le donne (semi) nude. Le tenniste sono<br />
sempre di meno, se non quasi inesistenti.<br />
Insomma, <strong>il</strong> tennis femmin<strong>il</strong>e sta cercando<br />
una vera regina che sia in grado di regnare<br />
per anni, qualcuna che sia come Djokovic,<br />
che buchi lo schermo. Potrebbe essere<br />
Petra, già paragonata alla Navrat<strong>il</strong>ova. Santa<br />
Martina, pensaci tu.<br />
E l’Italia? Noi sì che ci decliniamo solo<br />
al femmin<strong>il</strong>e. Meno male che abbiamo le<br />
ragazze, da Francesca Schiavone in giù.<br />
Abbiamo vissuto anni da protagonisti,<br />
nascosti dietro le gonne delle ragazze. Francesca,<br />
la nostra grande lottatrice, ha corso<br />
<strong>il</strong> rischio di rivincere <strong>il</strong> Roland Garros. Ce<br />
la teniamo stretta, sperando che resista al<br />
tempo come resiste sul campo, che rimonti<br />
<strong>il</strong> destino come rimonta le avversarie.<br />
Aspettando che uno come Djokovic nasca,<br />
un giorno, invece che nei dintorni di Belgrado,<br />
in quelli di Casalpusterlengo. n<br />
| | 20 luglio 2011 | 49
L’ITALIA<br />
CHE LAVORA<br />
Il sarto<br />
senza<br />
frontiere<br />
Chi l’ha detto che la crisi abbasserà <strong>il</strong> livello<br />
delle nostre vite? Con i suoi abiti su misura<br />
confezionati a mano, Nardelli continua a sedurre<br />
<strong>il</strong> mercato. Così una piccola f<strong>il</strong>iera pugliese<br />
si è fatta un nome perfino in Azerbaigian<br />
La capacità imprenditoriale dimostrata<br />
dall’industria di abbigliamento creata<br />
da Angelo Nardelli nel 1951, rende<br />
onore al Sud italiano. Il fondatore era un<br />
giovane artigiano quando, a Martina Franca<br />
in provincia di Taranto, elegante cittadina<br />
sv<strong>il</strong>uppatasi sulle colline della Murgia,<br />
avviò un laboratorio, una f<strong>il</strong>iera, di 20 persone<br />
per confezionare capi d’abbigliamento<br />
per uomo e donna venduti dallo stesso<br />
Nardelli in Sic<strong>il</strong>ia, in Calabria, in Puglia e<br />
in Campania. «Mio padre – racconta l’attuale<br />
direttore generale Domenico, entrato<br />
in azienda 25 anni fa – lavorava fino a 12<br />
ore al giorno, anche <strong>il</strong> sabato e la domenica<br />
se necessario. Possedeva un temperamento<br />
forte e deciso e spronava i tre figli a stare<br />
con lui, ma io sono stato l’unico a seguire<br />
le sue orme. Dopo <strong>il</strong> diploma di licenza<br />
media, ho fatto un lungo periodo di gavetta,<br />
comprendente tra l’altro corsi di modellista,<br />
di cucito e di formazione nel campo<br />
della moda. La sua guida mi è stata indispensab<strong>il</strong>e<br />
e gliene sarò sempre grato». Ora,<br />
a settantasei anni, Angelo ha preferito ritirarsi,<br />
ma i rapporti con Domenico e i suoi<br />
figli – la terza generazione, Paola addetta<br />
alle relazioni esterne, Angelo e Antonio che<br />
si occupano rispettivamente dei negozi e<br />
dello st<strong>il</strong>e dei vestiti – «continuano ad essere<br />
veramente eccezionali».<br />
Persona semplice e modesta, dal dialogo<br />
conciso, Domenico Nardelli elenca gli<br />
eccellenti risultati raggiunti con la qualità<br />
di quanto viene prodotto dall’azienda nello<br />
stab<strong>il</strong>imento di 15 m<strong>il</strong>a metri quadrati,<br />
su tre piani, con 200 dipendenti, fra i quali<br />
una ventina di sarti addetti al confezionamento<br />
a mano, la cui sede è tuttora a Marti-<br />
50 | 20 luglio 2011 | |<br />
na Franca, una località in cui la tradizione<br />
dell’abbigliamento è storica.<br />
«La nostra svolta industriale – continua<br />
Nardelli – è avvenuta nel 1998, quando,<br />
siamo diventati una società per azioni<br />
con la sigla Itn (Industria tess<strong>il</strong>e Nardelli)<br />
e abbiamo lanciato <strong>il</strong> marchio Angelo Nardelli<br />
1951. Puntando sull’accuratezza sartoriale<br />
dei nostri vestiti, esclusivamente da<br />
uomo, e sull’immagine, siamo riusciti a sv<strong>il</strong>upparci<br />
in Italia e all’estero. Lo devo dire<br />
con orgoglio». I negozi monomarca in Italia<br />
sono sparsi un po’ lungo tutto lo Stivale.<br />
Quello di Martina Franca funziona soprattutto<br />
da spaccio. Gli altri sono ad Altamura,<br />
Lecce, Taranto, Palermo e M<strong>il</strong>ano, «un punto<br />
vendita prestigioso questo, situato nel<br />
palazzo delle Assicurazioni Generali, a due<br />
passi dal Duomo e nel cuore della zona della<br />
finanza cittadina». I monomarca Nardelli<br />
hanno anche varcato i confini nazionali:<br />
in Cina ce ne sono sei, ad Anshan, Pechino,<br />
Harbin, Taijuan, Tongyen e Zhengzhou.<br />
Non solo monomarca<br />
Esistono anche dei veri e propri show room<br />
a M<strong>il</strong>ano, New York e Pechino. Inoltre, vestiti<br />
e accessori Nardelli sono esportati i tutto<br />
<strong>il</strong> mondo: «Siamo presenti nei mercati africani<br />
(Marocco, Sudafrica), americani (Canada,<br />
Stati Uniti e Messico), asiatici (Kazakistan,<br />
Azerbaigian, Taiwan), in Russia, Ucraina<br />
e in altri paesi dell’Unione Europea, fino<br />
alla lontanissima Australia».<br />
Per riuscire a vendere in tutto <strong>il</strong> mondo<br />
i Nardelli hanno dovuto farsi conoscere. E <strong>il</strong><br />
miglior modo è quello di essere presenti in<br />
tutti gli appuntamenti fieristici del settore<br />
come “Pitti immagine uomo Firenze”, “Col-
«In Italia le vendite sono in calo e ancora i<br />
commercianti incontrano difficoltà a pagare.<br />
Ma siamo convinti che <strong>il</strong> mercato si riprenderà.<br />
Anche perché questa è la patria della moda»<br />
lective Premier Moscow”, “Cpd Düsseldorf”,<br />
“Moda prima M<strong>il</strong>ano”, “Men’s Wear Collective<br />
Chicago”, “The Collective New York”.<br />
Non è scontato entrare in questi saloni, ma<br />
una volta che si comincia a esporre anche lì<br />
<strong>il</strong> più è fatto. «Intendiamo sv<strong>il</strong>uppare ulteriormente<br />
la nostra presenza in Cina», prosegue<br />
Domenico Nardelli. «Non solo l’abito<br />
italiano di nostra produzione sta ottenendo<br />
successo, ma anche le prospettive future si<br />
presentano favorevoli. La Cina ha una popolazione<br />
di 1 m<strong>il</strong>iardo e trecentom<strong>il</strong>a persone.<br />
Non tutte ovviamente si possono permettere<br />
di acquistare l’abbigliamento made<br />
in Italy, ma <strong>il</strong> governo cinese sta spingendo<br />
i consumi del ceto medio e nei prossimi<br />
anni sembra che le aziende raddoppieranno<br />
gli stipendi ai dipendenti. Noi del resto<br />
siamo perfettamente in grado di affrontare<br />
la domanda dal momento che produciamo<br />
abiti masch<strong>il</strong>i confezionati accuratamente<br />
su misura e a mano, come desidera <strong>il</strong> cliente,<br />
ut<strong>il</strong>izzando le più pregiate stoffe, compresi<br />
<strong>il</strong> cachemire e <strong>il</strong> puro lino. Vendiamo<br />
inoltre cravatte, cinture,<br />
sciarpe, copricapi e calzature,<br />
tutto ciò di cui<br />
necessita l’abbigliamento<br />
masch<strong>il</strong>e, e ciò grazie<br />
ad altre aziende che lavo-<br />
A sinistra, <strong>il</strong> negozio Angelo Nardelli 1951<br />
a M<strong>il</strong>ano, nel palazzo delle Assicurazioni<br />
Generali. Domenico Nardelli (in basso) è<br />
l’attuale direttore generale dell’azienda<br />
fam<strong>il</strong>iare. Abiti e accessori, esclusivamente<br />
da uomo, sono tutti realizzati a mano<br />
rano per noi». Un’azienda molto organizzata,<br />
la cui mission è quella di soddisfare <strong>il</strong><br />
total look masch<strong>il</strong>e dal gusto classico e raffinato,<br />
ma seguendo al contempo le nuove<br />
tendenze e le innovazioni tecnologiche della<br />
moda uomo. Benissimo all’estero, ma in<br />
Italia la situazione dell’economia rallenta<br />
un po’ gli affarri: «Le vendite sono in calo e<br />
i commercianti incontrano ancora difficoltà<br />
a pagare. Siamo comunque convinti che<br />
<strong>il</strong> mercato si riprenderà. Anche perché l’Italia<br />
è la patria della moda».<br />
Dal calciatore all’impiegato<br />
I prodotti della Angelo Nardelli 1951 sono<br />
scelti soprattutto da professionisti, banchieri,<br />
persone dello spettacolo, sportivi,<br />
per lo più calciatori, ma vengono accontentati<br />
anche dipendenti e impiegati che a<br />
causa del lavoro consumano molti più abiti<br />
in un anno. A loro viene offerto a un prezzo<br />
contenuto l’abito “business” senza rinunciare<br />
alla qualità. Spiega Domenico Nardelli:<br />
«I nostri clienti possono contare su un’offerta<br />
di tessuti di pregio e di varietà di pesi,<br />
fantasie e colori, tutti rigorosamente made<br />
in Italy. Ogni abito viene tagliato e cucito<br />
da mani esperte, secondo la tradizione artigianale<br />
tramandata e affinata da decenni<br />
di esperienza, e realizzato seguendo <strong>il</strong><br />
gusto personale del cliente in ogni dettaglio.<br />
Gli interni e le rifiniture sono in fibre<br />
naturali come <strong>il</strong> cotone, <strong>il</strong> crine di cavallo<br />
e la seta, per garantire un comfort ineguagliab<strong>il</strong>e.<br />
Non intendiamo fermarci. Vogliamo<br />
arrivare in altri paesi, trovare nuovi<br />
partner, creare joint venture». L’intraprendenza<br />
a Nardelli non manca proprio.<br />
Paolo Grieco<br />
| | 20 luglio 2011 | 51
RINNOVATA L’UTILITARIA DELLA NISSAN<br />
Nuova Micra, 3 c<strong>il</strong>indri<br />
e bassi consumi<br />
Fino a quando l’auto elettrica non riuscirà<br />
a ottenere i due risultati fondamentali<br />
per la sua diffusione di<br />
massa (grande autonomia e stazioni<br />
di ricarica), i problemi dei<br />
costruttori rimarranno quelli legati<br />
alla realizzazione di motori<br />
a basse emissioni. La sfida vera si<br />
giocherà sui motori a benzina di<br />
piccola c<strong>il</strong>indrata. Fiat con <strong>il</strong> suo<br />
bic<strong>il</strong>indrico Twinair è arrivata<br />
prima, ma ora c’è una seria rivale:<br />
la nuova Nissan Micra.<br />
La nuova Micra 1.2 Dig-S è equipaggiata<br />
con un propulsore tre c<strong>il</strong>indri sovralimentato<br />
a iniezione diretta di benzina da<br />
95 gr/km di anidride carbonica a fronte di<br />
una potenza di 98 cavalli e consumi medi<br />
nell’ordine di 4,1 litri per 100 km. In sintesi,<br />
la quadratura del cerchio tra prestazioni<br />
non spartane, costi di esercizio molto<br />
sostenib<strong>il</strong>i e capacità di rispondere alle<br />
norme Euro 6 prossime venture. Nissan<br />
In questa pagina, immagini<br />
della rinnovata Micra<br />
e della plancia. L’ut<strong>il</strong>itaria<br />
Nissan ha motore 3 c<strong>il</strong>indri<br />
1.200 cc sovralimentato a<br />
iniezione diretta di benzina.<br />
Emissioni: 95 gr/km di Co2<br />
a fronte di una potenza di<br />
98 cavalli e consumi medi<br />
di 4,1 litri per 100 km<br />
DI NESTORE MOROSINI<br />
MOBILITÀ 2000<br />
Micra 1.2 Dig-S sarà disponib<strong>il</strong>e in prevendita<br />
già da questi giorni di luglio, <strong>il</strong> lancio<br />
commerciale avrà inizio a settembre e<br />
<strong>il</strong> suo listino parte da 14.470 euro per la<br />
versione Tekna. Oltre a Micra, secondo indiscrezioni,<br />
la lista delle vetture<br />
Nissan che si godranno<br />
<strong>il</strong> motore 1.2 Dig-S è già lunga<br />
quanto imprevista. Nissan, ma<br />
anche Ford con <strong>il</strong> suo tre c<strong>il</strong>indri<br />
1.0 Ecoboost e Psa con una<br />
analoga soluzione da 1 e 1,2 litri<br />
di c<strong>il</strong>indrata, si apprestano<br />
a sfidare i mini-diesel proprio su quello<br />
che è stato finora <strong>il</strong> loro terreno preferito:<br />
i costi di esercizio. La normativa Euro<br />
6 che entrerà in vigore nel 2014 sarà infatti<br />
molto più restrittiva dell’attuale Euro 5,<br />
in particolar modo per ciò che riguarda le<br />
emissioni di azoto. Una vera “tagliola” per<br />
i piccoli propulsori a gasolio che dovranno<br />
aggiornarsi e ripulirsi adottando ulteriori<br />
f<strong>il</strong>tri e tecnologie depuranti.<br />
| | 20 luglio 2011 | 53
GREEN ESTATE<br />
SOLuzIONI INTELLIGENTI<br />
Primo passo per salvare Napoli<br />
di Paolo Togni<br />
Non sempre l’iniziativa che risolve un problema nell’immediato<br />
è anche la migliore per garantire una soluzione strutturale:<br />
spesso trovare una risposta immediata senza contemporaneamente<br />
studiare e impostare una soluzione di regime costituisce<br />
la premessa per <strong>il</strong> ripresentarsi dello stesso problema in<br />
tempi più o meno brevi. È precisamente quello che sta succedendo<br />
con la situazione dei rifiuti a Napoli (e a Palermo, e a Roma e<br />
via dicendo). Ormai da oltre un decennio i vari governi hanno ritenuto<br />
di poter risolvere questo problema assegnando grandi quantità<br />
di quattrini a coloro (commissari, sindaci, presidenti, prefetti,<br />
assessori regionali) che si sono succeduti nella responsab<strong>il</strong>ità delle<br />
gestioni: solo per Napoli sono stati spesi (o sperperati?) oltre tre<br />
m<strong>il</strong>iardi di euro presi dalla fiscalità generale, cioè dalle nostre ta-<br />
sche, con i risultati che vediamo. Un problema che tutte le società civ<strong>il</strong>i hanno risolto<br />
da noi permane e incancrenisce, affliggendo i cittadini e portando discredito all’intero<br />
paese. E non è una soluzione impestare <strong>il</strong> territorio nazionale di discariche, che<br />
per quanto ben gestite sono comunque fonte di grave degrado ambientale e paesistico;<br />
e non si risolve mandando i rifiuti in giro per l’Italia o all’estero, in violazione del<br />
principio sacrosanto per <strong>il</strong> quale ogni comunità deve provvedere a gestire e a risolvere<br />
i suoi problemi, anche quelli dei rifiuti.<br />
Ma la situazione di oggi a Napoli si ripresenterà fatalmente, magari dopo brevi pe-<br />
Pensare di uscire dall’emergenza<br />
con la raccolta differenziata e nuove<br />
discariche è un’<strong>il</strong>lusione imbec<strong>il</strong>le.<br />
Servono poche mosse: per prima<br />
tagliare i legami di interesse tra<br />
criminalità, mafia e amministratori<br />
AMICI MIEI<br />
RIVISTA<br />
Sguardo alla Russia<br />
Il nuovo numero de La nuova Europa<br />
propone un’intervista a profughi<br />
cubani emigrati in Ecuador.<br />
Nella rivista viene inoltre presentato<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m The way back scritto<br />
e diretto da Peter Weir, basato<br />
sulle memorie di Slawomir Rawicz.<br />
Narra la fuga di sei detenuti<br />
da un gulag siberiano. Tra gli interpreti<br />
del f<strong>il</strong>m Colin Farrell. Tra<br />
i temi trattati in questo numero<br />
anche la costruzione di nuove<br />
chiese in Russia. Infine, lente<br />
54 | 20 luglio 2011 | |<br />
d’ingrandimento su nuovi poeti<br />
dell’ex Unione Sovietica e pensatori<br />
come Aleksej Stepanovic<br />
Chomjakov e padre Tavrion.<br />
MOSTRA<br />
Giovanni Frangi al<br />
Diocesano di M<strong>il</strong>ano<br />
Grandi dimensioni, pennellate azzurre,<br />
blu e turchesi che delineano<br />
paesaggi onirici, sentieri tracciati<br />
da sassi neri e grigi con qualche<br />
chiazza gialla qua e là. Ecco<br />
come sono i giardini di Giovanni<br />
Frangi (M<strong>il</strong>ano, 1959), affermato<br />
pittore della scena artistica italiana<br />
e internazionale a cui <strong>il</strong> Museo<br />
Diocesano di M<strong>il</strong>ano (Corso di<br />
PRESA<br />
D’ARIA<br />
riodi, se si insisterà a disegnare in<br />
aria fumisterie senza base reale. Pensare<br />
di uscire dall’emergenza con la<br />
raccolta differenziata e la creazione<br />
di nuove discariche è un’<strong>il</strong>lusione<br />
imbec<strong>il</strong>le e colpevole: se i problemi<br />
di Napoli (eccetera) vogliamo risolverli,<br />
sono necessarie poche, semplici<br />
mosse, la prima delle quali consi-<br />
ste nel tagliare i vergognosi legami di interesse e di omertà che da decenni stringono<br />
criminalità organizzata, mafia dai colletti bianchi e amministratori pubblici. L’impresa<br />
può sembrare sovrumana, ma non lo è. Basterebbe cominciare eliminando le competenze<br />
in materia dei Comuni, per riportarle a soggetti dotati di più ampia competenza<br />
territoriale, più fac<strong>il</strong>i da controllare strettamente. Bisognerebbe proseguire, e questo<br />
purtroppo è più diffic<strong>il</strong>e, eliminando gli intrallazzi e le interferenze dei politici locali di<br />
tutte le razze e di tutti i colori: non bisogna fare di un problema di legalità un problema<br />
di organizzazione dell’attività. Ho indicato <strong>il</strong> primo passo: nelle prossime rubriche seguiterò<br />
a esporre la mia soluzione. Condivisa o no che sia, è l’unica valida.<br />
tognipaolo@gma<strong>il</strong>.com<br />
Porta Ticinese, 95) dedica, fino al<br />
3 settembre 2011, la retrospettiva<br />
intitolata “La Régle du jeu. Atto<br />
Secondo”. La mostra è inserita<br />
nell’ambito di un’iniziativa che<br />
permette di passare una serata<br />
(dalle 19 alle 24) nel chiostro della<br />
sede e di ammirare le esposizioni<br />
dedicate al contemporaneo.<br />
Dieci imponenti tele che rappresentano<br />
giardini – sei recentemente<br />
presentate al Teatro India<br />
di Roma e altre quattro inedite<br />
– invadono lo spazio espositivo<br />
del museo e, creando un’atmosfera<br />
che tanto ha di scenografico<br />
e teatrale, assorbono lo spettatore<br />
tra le tante ombre disegnate<br />
da una moltitudine di tronchi.<br />
È la natura la protagonista asso-<br />
CINEMA<br />
In viaggio con<br />
una rockstar,<br />
di Nicholas Stoller<br />
Una commedia<br />
ben riuscita<br />
Una rockstar drogata cerca<br />
<strong>il</strong> r<strong>il</strong>ancio dopo l’ennesimo<br />
flop discografico.<br />
Ennesimo prodotto intelligente<br />
e scorretto di Judd<br />
HOME VIDEO<br />
Non lasciarmi,<br />
di Mark Romanek<br />
Melodramma gent<strong>il</strong>e<br />
La vita di tre ragazzi costretti<br />
dallo Stato a donare organi.<br />
Splendido melodramma gent<strong>il</strong>e<br />
e sofferto. Sospeso in un’atmosfera<br />
indefinita e segnato<br />
da colori autunnali, è un grande<br />
f<strong>il</strong>m sulle domande fondamentali<br />
dell’essere umano. Chi<br />
sono io? Quale <strong>il</strong> mio destino?<br />
A che cosa servo? Perché<br />
vivere e morire? Sono le domande<br />
che i tre protagonisti<br />
si pongono, sempre e continuamente,<br />
nonostante un destino<br />
che sembra averli condannati<br />
fin dalla nascita.<br />
Apatow (<strong>il</strong> produttore), lo<br />
stesso di Molto incinta e<br />
40 anni vergine. È la storia,<br />
molto divertente e con<br />
punte di volgarità imbarazzanti,<br />
della missione impossib<strong>il</strong>e<br />
di un discografico<br />
impegnato nell’organizzazione<br />
di un concerto per<br />
una rockstar inglese fricchettona.<br />
Succederà di tutto,<br />
tra volgarità, colpi bassi<br />
ma anche buon senso. Ri-<br />
luta di un percorso che approfondisce<br />
i temi portanti della ricerca<br />
pittorica dell’artista: servendosi<br />
di una declinazione di toni cromatici<br />
differenti che modificano<br />
la percezione delle cose, Frangi<br />
ama riproporre lo stesso soggetto<br />
e reinventarlo di volta in volta<br />
riuscendo a plasmare una serie di<br />
inedite atmosfere da sogno.<br />
Mariapia Bruno<br />
LIBRI/1<br />
Disponib<strong>il</strong>e in libreria<br />
È finalmente arrivato in libreria<br />
<strong>il</strong> libro La gogna (Boroli editore,<br />
160 pagine, 14 euro) di Maurizio<br />
Tortorella, recensito nel numero<br />
26 di <strong>Tempi</strong> (6 luglio 2011).
spetto alla comicità greve<br />
e autoreferenziale di Una<br />
notte da leoni e compagni,<br />
<strong>il</strong> f<strong>il</strong>m ha un senso, nasconde<br />
persino una drammaticità<br />
dietro <strong>il</strong> velo demenziale<br />
e ha <strong>il</strong> coraggio di<br />
affermare che l’amicizia è <strong>il</strong><br />
bene più prezioso, come ricorda<br />
<strong>il</strong> bel finale. Il resto,<br />
la cornice, <strong>il</strong> cast sopra le<br />
righe, la vis comica di grana<br />
grossa è la confezio-<br />
SPORTELLO INPS<br />
ASSISTENzA E NON SOLO<br />
Conviene riscattare<br />
<strong>il</strong> periodo di studi?<br />
Dopo la laurea<br />
Sono interessata a riscattare la<br />
laurea. Il conteggio sul costo è fatto<br />
in riferimento alla situazione del<br />
richiedente al momento della presentazione<br />
della domanda o al momento<br />
in cui la domanda è analizzata<br />
da Inps? Anche i lavoratori<br />
co.co.pro iscritti alla gestione separata<br />
dell’Inps possono chiedere<br />
<strong>il</strong> riscatto della laurea? Grazie.<br />
Patrizia M.<br />
ne. E fa piegare dalle risate.<br />
Si piglia in giro la vanità<br />
e l’ignoranza del sistema<br />
(discografici e rockstar) e<br />
si riporta tutti coi piedi per<br />
terra. Più che un m<strong>il</strong>ione<br />
di dischi, vale una persona<br />
che ti vuole bene.<br />
visti da Simone Fortunato<br />
In collaborazione con<br />
invia <strong>il</strong> tuo quesito a<br />
sportelloinps@tempi.it<br />
Sopra, <strong>il</strong> regista<br />
Nicholas Stoller<br />
Gent<strong>il</strong>e Patrizia, <strong>il</strong> costo è calcolato<br />
in base alla data di presentazione<br />
della domanda di riscatto.<br />
Nel caso lei non avesse mai lavorato<br />
l’importo (fisso) sarà minimo.<br />
La risposta è positiva per quanto<br />
riguarda la seconda domanda, ricordandole<br />
che, essendo la gestione<br />
separata interessata esclusivamente<br />
dal sistema pensionistico<br />
contributivo, in tale gestione possono<br />
essere riscattati solo i periodi<br />
che rientrano in tale sistema di<br />
calcolo della pensione (quelli successivi<br />
al 31 marzo 1996).<br />
Mi sono laureata nel 2005, dal<br />
2006 al 2008 ho lavorato in un<br />
ente pubblico come co.co.pro. Ho<br />
presentato la richiesta di riscat-<br />
FLORES D’ARCAIS NEI PANNI DI ARIO<br />
Il Gesù di Micromega<br />
vs <strong>il</strong> Cristo di Ratzinger<br />
di Massimo Giardina<br />
Per quale ragione <strong>il</strong> direttore di Micromega<br />
ha scritto un libro su Gesù? Perché<br />
«Nel libro di Ratzinger appena uscito<br />
non c’è Gesù, bensì <strong>il</strong> Cristo dogmatizzato dai<br />
Conc<strong>il</strong>i di Nicea (325) e Calcedonia(451), do-<br />
SEMPLICITà<br />
CRISTIANA<br />
minati e decisi dagli imperatori di Roma, che con <strong>il</strong> Gesù della<br />
storia nulla ha a che fare e che anzi contraddice e nega sotto ogni<br />
aspetto essenziale». Lo scopo è quindi smascherare le “bugie” del<br />
teologo professor Joseph Ratzinger. Dunque, secondo Paolo Flores<br />
d’Arcais Gesù non è <strong>il</strong> Cristo, ma «una figura di minore importanza<br />
rispetto al Giovanni che battezzava sulle rive del Giordano e di<br />
altri predicatori apocalittici del suo tempo».<br />
Nel conc<strong>il</strong>io di Nicea si discutono le tesi di un certo Ario, per<br />
<strong>il</strong> quale Gesù era creatura, anziché Dio. 1.700 anni dopo Flores<br />
D’Arcais si iscrive a questa fazione. Purtroppo per lui, con Nicea<br />
(e Calcedonia), si chiarisce <strong>il</strong> significato di “Gesù Figlio di Dio”.<br />
Ario, i monofisiti (e D’Arcais) vengono sconfitti. Non dalle trame<br />
oscure del potere imperiale (<strong>il</strong> quale, con Costanzo II, sosterrà<br />
piuttosto l’eresia ariana), ma dalla pura e semplice cristianità.<br />
Ma D’Arcais non si arrende. Secondo lui, l’uguaglianza Gesù-Cristo<br />
resta una forzatura che non trova riscontri<br />
nella Sacra Scrittura. A dire <strong>il</strong> vero anche<br />
“<strong>il</strong> sola scriptura” di Lutero, ricorderebbe<br />
a D’Arcais che «Gesù è Cristo» (1 Gv<br />
5,1), «Gesù è <strong>il</strong> Signore» (Rom 10,9; 1<br />
Cor 12,3), «Dio ha costituito Signore<br />
e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso»<br />
(At 2,36).<br />
Così <strong>il</strong> Direttore è come quel tale<br />
che dice di essersi messo alla ricerca<br />
di qualcosa che in realtà è persuaso<br />
di avere già trovato. Insomma,<br />
vi sembra intelligente che<br />
un ateo razionalista perda<br />
tempo a confutare che<br />
“Gesù è Dio”, cosa che,<br />
dal suo punto di vista, somiglia<br />
alla confutazione<br />
che “l’asino vola”?<br />
to della laurea, ma non ho ancora<br />
avuto <strong>il</strong> preventivo. Oggi lavoro<br />
in un altro ente come dipendente.<br />
È <strong>il</strong> caso di ripresentare la domanda<br />
oppure la richiesta effettuata a<br />
suo tempo deve essere evasa?<br />
Nicoletta P.<br />
Gent<strong>il</strong>e Nicoletta, non è necessario<br />
ripresentare la domanda. Può<br />
farlo se la domanda è stata presentata<br />
prima del 2008, e qualora<br />
voglia usufruire delle nuove<br />
modalità di pagamento in vigore<br />
dal primo gennaio 2008, che prevedono<br />
<strong>il</strong> pagamento rateale fino<br />
a dieci anni senza interessi. Tenga<br />
però conto che, in tal caso, l’importo<br />
sarebbe ricalcolato in base<br />
alle sue ultime retribuzioni.<br />
Estratto contributivo<br />
Nell’estratto conto previdenziale<br />
dell’Inps, in alcuni anni è indicata<br />
una nota con la dicitura “contributi<br />
ridotti al numero massimo<br />
che può essere riconosciuto nel<br />
periodo”. Cosa vuole dire?<br />
Piero L.<br />
Gent<strong>il</strong>e Piero, l’Inps calcola i contributi<br />
in settimane coincidenti<br />
con i sabati di calendario. Accade<br />
che, specie in anni bisest<strong>il</strong>i, le<br />
settimane possano essere 53 invece<br />
delle solite 52. In queste circostanze<br />
l’estratto contributivo<br />
indica <strong>il</strong> numero massimo delle<br />
settimane accreditab<strong>il</strong>i (massimo<br />
52), non tenendo conto delle<br />
eventuali settimane in eccedenza.<br />
| | 20 luglio 2011 | 55
anteprima<br />
56 | 20 luglio 2011 | |<br />
libri<br />
I tormenti<br />
di uno<br />
statista<br />
<strong>il</strong> testamento di Cossiga raccolto da renato<br />
Farina. Dalle sorti della Dc allo strazio per<br />
<strong>il</strong> rapimento di Aldo Moro: «l’ho condannato<br />
a morte, insieme con Andreotti, Zaccagnini<br />
e berlinguer. io non sono l’assassino però!»<br />
Pubblichiamo un ampio stralcio del libro di<br />
Renato Farina in uscita per l’editore Mars<strong>il</strong>io<br />
e che contiene <strong>il</strong> testamento politico del<br />
presidente emerito della Repubblica Francesco<br />
Cossiga, scomparso <strong>il</strong> 17 agosto dello<br />
scorso anno. «Il libro è mio e le parole sono<br />
sue – scrive Farina. Sono quelle che ho udito<br />
da lui, quelle delle carte da lui tirate fuori<br />
dai cassetti».<br />
di renato Farina<br />
Lo scorso 4 luglio, la festa dell’Indipendenza,<br />
mentre all’Ambasciata americana<br />
partecipavo al ricevimento,<br />
era verso sera, una ragazza mi si avvicina.<br />
«Senatore Cossiga...». Non sapevo chi fosse,<br />
non la conoscevo, forse un tratto del volto<br />
però, qualcosa di famigliare e amico...<br />
«Sono la nipote di Aldo ed Eleonora Moro,<br />
sono la figlia di Agnese». Se ne andò subito<br />
via. Mi ricordo qualcosa, un sorriso, non so,<br />
devo averle dato la mano, non ricordo bene.<br />
Dopo trent’anni dalla morte di Aldo Moro è<br />
la prima volta che qualcuno della sua famiglia<br />
si rivolge a me parlandomi, chiamandomi<br />
per nome. L’ho sentito come una carezza<br />
dall’ald<strong>il</strong>à. Forse Aldo comincia a capirmi<br />
(…). Sono sempre stato considerato da tutti<br />
i Moro, per ogni istante di questi trent’anni<br />
dall’8 maggio 1978, come l’assassino del<br />
loro marito, padre, nonno. L’ho condannato<br />
a morte, è vero. Se pensassero e dicessero<br />
questo non sosterrebbero nulla di diverso<br />
da quanto scritto da Aldo e riconosciuto<br />
da me. L’ho fatto in piena coscienza. Le mie<br />
convinzioni, di me cattolico liberale, che<br />
crede nello Stato e nelle ragioni dello Sta-<br />
to per <strong>il</strong> bene comune, hanno prevalso. L’ho<br />
condannato a morte, insieme con Andreotti,<br />
Zaccagnini e Berlinguer. Io non sono l’assassino<br />
però! Sono le Brigate rosse (...). Ci si<br />
dimentica sempre di questo: che gli assassini<br />
sono i brigatisti. E che tra coloro che hanno<br />
deciso la condanna a morte c’è, e in una<br />
posizione decisiva, di intransigenza estrema,<br />
Enrico Berlinguer e <strong>il</strong> suo Partito comunista.<br />
Qualcuno mi ha chiesto se sapessi perché<br />
la vedova di Nicola Calipari, eccellente<br />
senatrice e ora deputata, Rosa V<strong>il</strong>leco, abbia<br />
accettato subito la candidatura dei Ds. Gli<br />
risposi con una domanda: perché gli assassini<br />
di Moro, secondo i suoi fam<strong>il</strong>iari, siamo<br />
io, Zaccagnini, Andreotti; perché essi<br />
non hanno mai detto una parola contro i<br />
comunisti? Hai mai sentito uno della famiglia<br />
Moro dire che la linea della fermezza<br />
era voluta innanzitutto da Berlinguer e dai<br />
suoi? La mia risposta è: perché i comunisti<br />
fanno ancora paura. Perché facciano ancora<br />
paura non me lo spiego. O hanno questa<br />
magia per cui qualunque cosa facciano essi<br />
non sono giudicab<strong>il</strong>i, quasi fossero superuomini.<br />
Nel suo ultimo libro quel matto di<br />
Giovanni Moro indica queste persone come<br />
gli assassini del padre: Paolo VI, Andreotti,<br />
io e Zaccagnini. Ancora una volta Berlinguer<br />
lo lascia fuori. Nessuno della famiglia<br />
l’ha mai lontanamente indicato come minimamente<br />
responsab<strong>il</strong>e (...).<br />
Per questo è veramente un delitto contro<br />
la persona di Moro raffigurarlo – nella
Foto: AP/LaPresse<br />
ParoLa sua<br />
COSSIGA<br />
MI HA DETTO<br />
R. Farina<br />
Mars<strong>il</strong>io<br />
14 euro<br />
La famosa<br />
e tragica foto<br />
di Aldo Moro<br />
ostaggio delle<br />
Brigate rosse.<br />
Nell’altra pagina,<br />
da sinistra, Enrico<br />
Berlinguer (a capo<br />
del Pci ai tempi<br />
del rapimento)<br />
e Moro insieme<br />
al compagno di<br />
partito Francesco<br />
Cossiga<br />
statua che lo dovrebbe onorare nel suo paese<br />
natale – con l’Unità in tasca. Moro trasformato<br />
in icona di sinistra è una gigantesca<br />
menzogna. In ogni modo difese la Democrazia<br />
cristiana, si identificò con essa, si batté<br />
alla Camera per Luigi Gui, innocente ma<br />
attaccato con violenza per <strong>il</strong> caso Lockheed,<br />
dicendo ai comunisti: «Noi non accettiamo<br />
di essere considerati dei corrotti. Abbiamo<br />
certo commesso anche degli errori politici,<br />
ma le nostre grandi scelte sono state di<br />
libertà e di progresso. Per queste ragioni,<br />
onorevoli colleghi, che ci avete preannunciato<br />
<strong>il</strong> processo sulla piazza, vi diciamo che<br />
noi non ci faremo processare!». No, signori,<br />
non ci processerete nelle strade e nelle piazze.<br />
Non fin quando ci fosse stato lui, in ogni<br />
caso. Ci riuscirono. Negli anni di Mani pulite<br />
questa profezia si è avverata, perché ci<br />
hanno ucciso Moro. Il suo sangue è ricaduto<br />
davvero su di noi, come scrisse disperato<br />
e preveggente. Ma io non sono pentito, ho<br />
rimorso, senso di colpa. Ma è qualcosa di<br />
psicologico. Mi sono venuti subito i capelli<br />
bianchi, rincorro e sono rincorso dalla<br />
depressione. Ma sono in me, e dico lo rifarei.<br />
In quelle condizioni sarebbe stato immorale<br />
decidere altrimenti e ci sarebbero state conseguenze<br />
catastrofiche.<br />
(…) Credo sia per questo avesse una stima<br />
fortissima di don Luigi Giussani e di<br />
Comunione e liberazione. Ho conservato<br />
da qualche parte l’angolo di giornale dove<br />
segnò i numeri di telefono di Giussani e<br />
Formigoni, dicendomi, anzi ordinandomi<br />
di chiamarli e di incontrarli. Nel 1976 si era<br />
assunto in prima persona l’onere di condurre,<br />
pur essendo presidente del Consiglio, la<br />
campagna elettorale che minacciava di essere<br />
quella del sorpasso. Diceva che gli unici<br />
a capire <strong>il</strong> senso autentico di quello che<br />
poteva accadere erano loro: e mi mandò da<br />
loro. Moro era stato al convegno degli universitari<br />
di Cl <strong>il</strong> 23 marzo del 1973 al Palalido<br />
di M<strong>il</strong>ano.<br />
L’incontro con i ciellini e la stima<br />
Gli intellettuali di sinistra in quel periodo<br />
bollavano i ciellini come “parademocratici”.<br />
Lui stette lì ad ascoltare, senza pretendere<br />
di intervenire. Non andò a fare da<br />
padrino, non venne su da Roma a M<strong>il</strong>ano<br />
perché volesse trasferire Cl nella Dc, ma<br />
perché in quel movimento riscopriva lo<br />
scopo della sua azione politica: permettere<br />
che queste presenze cristiane fossero libere<br />
di crescere. Aveva un’ammirazione sconfinata.<br />
Era un pessimista e vedeva <strong>il</strong> crollo di<br />
tutto, <strong>il</strong> disfacimento della società sia civ<strong>il</strong>e<br />
sia religiosa e in quello vedeva un punto<br />
di resistenza. Dava senso alla sua azione:<br />
la politica la intendeva così, non come<br />
costruzione dello Stato, in cui non credeva.<br />
(…) Sin da giovane, lo Stato per lui era inessenziale.<br />
Per lui invece <strong>il</strong> centro era <strong>il</strong> sociale.<br />
Era lo stesso pensiero di fondo emergente<br />
dalle sue parole in prigionia.<br />
E qui però viene fuori la storia di Gradoli.<br />
Di via Gradoli, che fu interpretata come<br />
indicazione di una cittadina: Gradoli in<br />
Abruzzo… È la storia della seduta spiritica.<br />
Nell’inverno del 2007, <strong>il</strong> comunista senatore<br />
Massimo Brutti, a Porta a Porta ha sostenuto<br />
di credere davvero si sia trattato di un intervento<br />
degli spiriti di Giorgio La Pira e don<br />
Luigi Sturzo. Lui si dichiara materialista storico<br />
e dialettico ma sostiene che persone<br />
serie come Prodi e la sua compagnia non<br />
potevano inventarsi una cosa tanto assurda,<br />
perciò la faccenda del piattino che si muove<br />
sospinto da una mano invisib<strong>il</strong>e sul tavolino<br />
è per forza vera. La notizia di Gradoli<br />
mi giunse attraverso Luigi Zanda. La cosa<br />
che mi ha colpito quando <strong>il</strong> capo dell’ufficio<br />
stampa della Dc, Umberto Cavina, raggiunse<br />
<strong>il</strong> mio portavoce perché me lo riferisse è<br />
che quelle notizie non erano più segrete.<br />
Cioè circolavano dovunque. Prodi le portò<br />
dopo due giorni a Roma dal momento della<br />
cosiddetta seduta spiritica. Fu trasmessa prima<br />
che a me al capo della polizia Parlato. La<br />
«Hai mai sentito uno della famiglia Moro<br />
dire che la linea della fermezza era voluta<br />
innanzitutto da Berlinguer e dai suoi? No,<br />
perché i comunisti fanno ancora paura»<br />
f<strong>il</strong>iera autentica di questa soffiata non parte<br />
certo da un alito d’oltretomba. Uno scagnozzo<br />
di Autonomia operaia è andato in<br />
università e l’ha detto al professor Alberto<br />
Clò, <strong>il</strong> quale lo riferì a Beniamino Andreatta.<br />
Se si fosse conosciuta o sospettata la fonte,<br />
quel tipo sarebbe stato eliminato. Probab<strong>il</strong>mente<br />
fu Andreatta ad escogitare la finta<br />
esibizione paranormale cui non partecipò.<br />
Nella casa di campagna, quel 3 apr<strong>il</strong>e<br />
c’era anche l’economista Mario Baldassarri,<br />
futuro viceministro di Alleanza nazionale,<br />
che ancora giura sulla verità del racconto di<br />
Prodi. Il quale testimoniò: «Era un giorno di<br />
pioggia, facevamo <strong>il</strong> gioco del piattino, termine<br />
che conosco poco perché era la prima<br />
volta che vedevo cose del genere. Uscirono<br />
Bolsena, Viterbo e Gradoli. Nessuno ci<br />
ha badato: poi in un atlante abbiamo visto<br />
che esiste <strong>il</strong> paese di Gradoli. Abbiamo chiesto<br />
se qualcuno sapeva qualcosa e visto che<br />
nessuno ne sapeva niente, ho ritenuto mio<br />
dovere, anche a costo di sembrare ridicolo,<br />
come mi sento in questo momento, di riferire<br />
la cosa. Se non ci fosse stato quel nome<br />
sulla carta geografica, oppure se fosse stata<br />
Mantova o New York, nessuno avrebbe riferito.<br />
Il fatto è che <strong>il</strong> nome era sconosciuto e<br />
allora ho riferito.». Mi sono convinto che la<br />
messinscena autentica servisse a procurare<br />
più testimoni credib<strong>il</strong>i disposti a confermare<br />
la fonte extraterrestre. Insomma, ci fu<br />
trucco per darla a bere.(…)<br />
Non c’entra la P2<br />
Le mie carte scoperte sono che l’ho condannato<br />
a morte. E non c’entra la P2, i piduisti<br />
che si occuparono del rapimento ed erano<br />
ai vertici dei servizi erano galantuomini,<br />
per di più amici di Moro. Alcuni divennero<br />
piduisti dopo quel maggio 1978. Mi tornano<br />
in mente i torti minori e in fondo più<br />
tristi subiti da Moro. Le sue tre lettere a una<br />
studentessa che si era innamorata di lui, e<br />
con la quale egli ebbe un rapporto castissimo.<br />
E i famigliari della ragazza, alto borghesi,<br />
negarono le lettere, negarono qualsiasi<br />
rapporto. Si vergognavano di Moro<br />
come di un appestato. Le mie carte scoperte<br />
è che non accetto <strong>il</strong> ruolo di Eleonora Moro<br />
come della sposa innamorata. Gli rese la<br />
vita infernale. Lui resisteva in casa solo perché<br />
tornava tardi la notte. Non voleva mai<br />
rientrare, sperava la moglie dormisse. Altrimenti<br />
erano litigi. E con i figli da lui amatissimi.<br />
Lo ricordo scendere una volta da un<br />
aereo in arrivo da Bari da dove era giunto<br />
con la famiglia. Era rabbuiato: gli dissero in<br />
coro che non avrebbero votato Democrazia<br />
cristiana. In quel momento, in cui si decideva<br />
tutto quanto <strong>il</strong> loro padre<br />
avesse a cuore… Io non sono in<br />
pace per la tua morte, Aldo. Vorrei<br />
esistessi tu e non io. Volevo<br />
dirti di essere stato contento del<br />
saluto di tua nipote.<br />
| | 20 luglio 2011 | 57
ANTEPRIMA CINEMA<br />
Incontri ravvicinati con t<br />
Sono ragazzi come tanti, con <strong>il</strong> sogno, un giorno,<br />
di conquistare Hollywood. Si ritroveranno a<br />
fronteggiare un attacco alieno. Armati solo di una<br />
Super 8. È in arrivo a settembre un f<strong>il</strong>m firmato<br />
J.J. Abrams che riporta nelle sale <strong>il</strong> mitico st<strong>il</strong>e E.T.<br />
è arrivata e ha portato via <strong>il</strong><br />
bel cinema. Luglio e agosto nelle<br />
L’estate<br />
sale cittadine offrono solo mediocri<br />
commedie americane e f<strong>il</strong>m italiani di<br />
serie z, così spesso <strong>il</strong> motivo che spinge i<br />
temerari a regalarsi la visione di trascurab<strong>il</strong>issimi<br />
metri di pellicola è l’aria condizionata,<br />
che promette una tregua dall’afa<br />
almeno per i canonici 90 minuti. Non resta<br />
che aspettare che arrivi settembre, mese in<br />
cui la macchina ripartirà in pompa magna,<br />
con i soliti noti e le new entry che si contenderanno<br />
sold out al botteghino e favori<br />
della critica, sperando di coronare <strong>il</strong> successo<br />
con la soddisfazione più grande, un<br />
58 | 20 luglio 2011 | |<br />
premio sul palco degli Oscar. In Italia, a tre<br />
mesi di distanza dall’esordio americano, <strong>il</strong><br />
9 settembre arriverà Super 8, la nuova pellicola<br />
di J.J. Abrams, <strong>il</strong> Re Mida di Hollywood,<br />
prodotta da Sua Maestà Steven Spielberg.<br />
Un onore per <strong>il</strong> creatore di Lost, che non<br />
ha mai nascosto <strong>il</strong> suo amore per la lunga<br />
produzione spielberghiana e che quasi profeticamente,<br />
a soli 15 anni, aveva aiutato <strong>il</strong><br />
maestro a montare un f<strong>il</strong>mino in 8 m<strong>il</strong>limetri<br />
realizzato in gioventù.<br />
Siamo nel 1979, in una cittadina di ventim<strong>il</strong>a<br />
abitanti dell’Ohio. Un gruppo di<br />
ragazzini sta girando “Il caso”, un f<strong>il</strong>m sugli<br />
zombie da presentare a un festival regiona-<br />
In queste pagine, alcune scene di Super 8,<br />
diretto da J.J. Abrams (creatore di<br />
Lost e regista di Star Trek) e prodotto<br />
dal suo maestro Steven Spielberg<br />
le. Tra loro c’è Joe (l’esordiente Joel Courtney,<br />
classe 1996), che si occupa del trucco<br />
e degli effetti speciali e che ha appena perso<br />
la madre in un incidente in fabbrica. La<br />
morte della donna lo ha gettato nello sconforto<br />
e <strong>il</strong> padre, <strong>il</strong> vicesceriffo Jackson Lamb<br />
(Kyle Chandler), non sa bene come affrontare<br />
la delicata situazione: <strong>il</strong> lavoro lo ha portato<br />
spesso lontano da casa e da Joe, di cui<br />
sa pochissimo. L’estate sta arrivando e Jackson<br />
vorrebbe che <strong>il</strong> figlio aderisse a uno di
ipi alla Spielberg<br />
quei programmi estivi per adolescenti pieni<br />
di gite, sport e divertimento, ma <strong>il</strong> ragazzo<br />
ha un solo desiderio: finire <strong>il</strong> f<strong>il</strong>m in tempo<br />
per <strong>il</strong> concorso. Una notte la troupe sta<br />
girando alcune scene con una videocamera<br />
amatoriale, la Super 8; con loro c’è anche<br />
Alice (Elle Fanning), ragazzina un po’ più<br />
grande, bellissima e dagli occhi tristi. Un<br />
treno spunta in lontananza: è <strong>il</strong> momento<br />
di girare la scena centrale. Ma improvvisamente<br />
un pick-up irrompe sui binari e si<br />
schianta contro <strong>il</strong> treno. L’incidente è incredib<strong>il</strong>e<br />
e i giovani cineamatori si salvano per<br />
miracolo. Alla guida del pick-up c’è <strong>il</strong> loro<br />
insegnante di biologia, che intima ai ragazzi<br />
di non riferire nulla di quanto visto, altrimenti<br />
“loro” li troveranno e li uccideranno.<br />
Loro chi? I ragazzi iniziano a interrogarsi<br />
sulla catastrofe ma la paura li spinge<br />
a mantenere <strong>il</strong> segreto, mentre la cittadina<br />
è sconvolta dall’evento, che causa l’arrivo<br />
improvviso dell’esercito e l’inizio di fenomeni<br />
inspiegab<strong>il</strong>i. Qualcosa di tremendo<br />
sta per accadere.<br />
Un gruppo di preadolescenti è <strong>il</strong> motore<br />
di una storia che mescola con maestria<br />
elementi della fantascienza anni Ottanta, la<br />
commedia di fine anni Settanta e una buona<br />
dose di cinema contemporaneo a cui J.J.<br />
Abrams ci ha ben abituato. Le ambientazioni<br />
e la struttura della narrazione ricordano<br />
da vicino alcuni capolavori spielberghiani,<br />
ma siamo lontani dall’emulazione: la sensazione<br />
è che Super 8 sia ispirato alle grandi<br />
storie per ragazzi, che alternano coraggiose<br />
Una storia “spielberghiana” che<br />
alterna coraggiose avventure<br />
ai problemi della vita quotidiana.<br />
Due ore di “pura evasione”,<br />
nel senso più nob<strong>il</strong>e del termine<br />
avventure ai problemi della vita quotidiana,<br />
regalando allo spettatore due ore di “pura<br />
evasione”, nel senso più nob<strong>il</strong>e del termine.<br />
Quei f<strong>il</strong>m che hanno ispirato i giovanissimi<br />
a prendere in mano le videocamere di famiglia,<br />
radunare gli amici e sognare un futuro<br />
negli Studios di Hollywood. Alcune scene<br />
rievocano la serie cult degli anni Novanta<br />
Dawson’s Creek, con protagonista un adolescente<br />
innamorato del cinema di Spielberg<br />
che, in una cameretta arredata con le locandine<br />
di E.T. e Lo squalo, dirige <strong>il</strong> suo primo<br />
zombie movie con gli amici d’infanzia.<br />
C’è un f<strong>il</strong>m da portare a termine<br />
Super 8 è pura avventura, che non necessita<br />
di effetti speciali m<strong>il</strong>iardari o del 3D per far<br />
innamorare lo spettatore. I veri protagonisti<br />
sono Joe e i suoi amici. È con loro che <strong>il</strong><br />
pubblico entra in sintonia. Il diverso, l’alieno<br />
imprigionato in una terra da cui vuole<br />
scappare, terrorizza Joe ma non gli impedisce<br />
di cercare con tutte le forze di salvare<br />
l’amata Alice, rapita dal mostro. E <strong>il</strong> gruppo,<br />
impaurito, geloso di questo amore, pavido,<br />
incosciente, arrabbiato, lo segue pieno<br />
di dubbi e coraggio: <strong>il</strong> destino di tutti è nelle<br />
loro mani, come potrebbe essere altrimenti?<br />
La creatura che sconvolge la città<br />
non ha la malvagità di Alien né la simpatia<br />
di E.T., è semplicemente “diversa”. Ingabbiata<br />
e torturata, sa di avere come unica chance<br />
per sopravvivere l’uso indiscriminato<br />
della violenza. E mentre la città crolla sotto<br />
i suoi attacchi frenetici, Joe e i suoi amici<br />
danno <strong>il</strong> via alla loro avventura con le idee<br />
chiare: non si può e non si deve morire perché<br />
c’è un f<strong>il</strong>m da finire, <strong>il</strong> loro horror, <strong>il</strong><br />
progetto a cui hanno dedicato la loro estate.<br />
“Il caso” è uno zombie movie curato nella<br />
regia, nel trucco, negli effetti speciali e nella<br />
sceneggiatura, un cortometraggio perfetto<br />
nella sua imperfezione, nostalgico e affascinante,<br />
che racconta di morti viventi ma<br />
soprattutto riporta alla mente la bellezza<br />
dei primi f<strong>il</strong>mati amatoriali. Una storia nella<br />
storia che fa da f<strong>il</strong> rouge al f<strong>il</strong>m e “tradisce”<br />
<strong>il</strong> desiderio più grande di J.J. Abrams:<br />
spingere i ragazzi degli anni Zero a scegliere<br />
<strong>il</strong> mestiere del regista. «Ogni cellulare ha<br />
una videocamera. La possib<strong>il</strong>ità di realizzare<br />
un f<strong>il</strong>m in casa è qualcosa che non esisteva<br />
quando io ero un ragazzino, anche<br />
se lo bramavo ardentemente». L’augurio è<br />
che l’appello di Abrams non resti inascoltato,<br />
perché <strong>il</strong> mondo ha ancora bisogno<br />
di lasciarsi stupire e la settima arte, nelle<br />
mani giuste, ha ancora la capacità di farlo.<br />
Paola D’Antuono<br />
| | 20 luglio 2011 | 59
UN ALTRO MONDO<br />
è POSSIBILE<br />
IL MIRACOLO QUOTIDIANO<br />
Dio ci ha scelti<br />
tra molti. Così<br />
siamo stati salvati<br />
di Aldo Trento<br />
Caro padre aldo, ti scrivo perché vedo<br />
in te un amico. Sto passando un periodo<br />
diffic<strong>il</strong>e. Il dubbio di una gravidanza<br />
inaspettata e prima del matrimonio mi fa sentire<br />
in colpa per quello che ho fatto. Mi fa sentire<br />
in colpa per la mia irresponsab<strong>il</strong>ità e per tutto<br />
quello che ho vissuto fino ad ora. Vorrei che<br />
tutto venisse cancellato perché non mi sembra<br />
sia stato davvero voluto e vero. Purtroppo non è<br />
possib<strong>il</strong>e. Sono andata troppo in fretta. Ho dubbi<br />
su tutto. Ora che vivo con <strong>il</strong> mio ragazzo dubito<br />
che la mia vita sia questa, ma non voglio farlo<br />
soffrire, non voglio deluderlo. Non ho <strong>il</strong> coraggio<br />
di verificare davvero per cosa sono fatta. La<br />
paura di dover deludere la mia famiglia non mi<br />
fa stare tranqu<strong>il</strong>la. Niente è certo. Non ho ancora<br />
fatto <strong>il</strong> test di gravidanza. Sono solo delle avvisaglie,<br />
ma io non mi sento bene in questa situazione.<br />
Ho una confusione nel cuore e nella<br />
mente tanto da non riuscire a capire ciò che voglio.<br />
Desidero spesso che la mia vita finisca qui.<br />
Non riesco a parlarne con nessuno per la paura<br />
di essere giudicata e perché sono io la prima<br />
giudice di me stessa. Quanto vorrei tornasse la<br />
serenità e la purezza di prima. Mi pento di tutto<br />
quello che ho deciso e vissuto. Che brutta vita<br />
sto vivendo. Sto pregando con tutte le forze che<br />
non ci sia una gravidanza. Vorrei tanto riparare,<br />
ma non so come e se è possib<strong>il</strong>e. Ti chiedo di aggiungere<br />
<strong>il</strong> mio nome alle tue preghiere.<br />
Lettera firmata<br />
Q<br />
uel «Mi pento di tutto quello che ho deciso<br />
e vissuto fino a ora», che appare come<br />
la tua posizione davanti alle frag<strong>il</strong>ità,<br />
è definito da un moralismo che ti porta al rigetto<br />
di te stessa, anzichè lanciarti come un bambino<br />
fra le braccia di sua madre. La coscienza<br />
autentica del peccato c’è solo quando esiste la<br />
coscienza della propria sproporzione strutturale<br />
fra quello che desidera <strong>il</strong> cuore – <strong>il</strong> tuo cuore –<br />
e <strong>il</strong> Mistero che è la risposta. Le nostre miserie,<br />
per schifose che siano, i nostri limiti, per grandi<br />
che possano essere, non potranno mai impedire<br />
al Mistero la sua fedeltà a te, a me, a ogni<br />
uomo che um<strong>il</strong>mente e gioiosamente riconosce<br />
essere sua creatura, creatura frag<strong>il</strong>e, come una<br />
foglia durante l’autunno sugli alberi, ma creatura<br />
sua. La moralità non coinciderà mai coi nostri<br />
progetti di perfezione, con le immagini di santità<br />
che abbiamo nella testa, ma col guardare nel<br />
60 | 20 luglio 2011 | |<br />
POST<br />
APOCALYPTO<br />
Annibale<br />
Carracci,<br />
Il battesimo<br />
di Cristo (1584),<br />
chiesa di san<br />
Gregorio,<br />
Bologna<br />
volto di Cristo, come Pietro quel giorno quando<br />
Gesù gli chiese: «Mi ami tu?». E lui, <strong>il</strong> grande<br />
peccatore, <strong>il</strong> grande amico di Gesù che lo aveva<br />
tradito tre volte gli rispose: «Signore, tu sai<br />
tutto; tu sai che ti amo». Il senso di colpa che ti<br />
tormenta è <strong>il</strong> frutto del moralismo che respiriamo,<br />
perché quando <strong>il</strong> cristianesimo non è vissuto<br />
come l’incontro con una Presenza amorosa,<br />
quando non è guardare <strong>il</strong> volto di Cristo, quando<br />
non è la coscienza di essere stati afferrati da<br />
Cristo e di aver afferrato noi stessi Cristo, immediatamente<br />
perdiamo la coscienza di quello<br />
che siamo, confondendoci con quello che facciamo.<br />
Mentre quello che conta è ciò che sei, grazie<br />
al battesimo sei una creatura nuova; sei ontologicamente<br />
sua, sua proprietà, perché, come<br />
Dio nell’Esodo, attraverso Mosè, dichiarò al suo<br />
popolo una verità che fa vibrare di commozione<br />
e che è vera anche per me e per te: «Ti ho scelto<br />
tra popoli più numerosi. Voi siete mia proprietà.<br />
Mi sono innamorato di te». Amica, com-<br />
prendi quello che oggi ti grida in volto <strong>il</strong> Mistero,<br />
proprio a te che ti odi, che non vuoi vivere: «Io<br />
mi sono innamorato di te». «Di te», del tuo volto,<br />
del tuo naso, della tua bocca, dei tuoi capelli, del<br />
tuo corpo, della tua anima, della tua volontà. «Di<br />
te» come sei, col tuo carico di miseria.<br />
Quando comincerai a guardarti in questo modo,<br />
quando questa certezza si trasformerà in<br />
esperienza, nella tua vita tutto tornerà a fiorire<br />
e la confessione delle tue miserie non consisterà<br />
tanto nel guardare alla lunga lista dei<br />
tuoi limiti, ma nel guardare al volto di Cristo.<br />
Confessarsi, riconoscere i propri peccati,<br />
è guardare al volto di Cristo! E questo cambia<br />
la vita, come documenta la lettera qui sotto,<br />
che un’amica scrisse a suo marito, col quale<br />
ha molti problemi. Il miracolo accaduto in lei è<br />
anche per te, se prendi sul serio la tua umanità<br />
seguendo <strong>il</strong> volto di chi più è segno per te della<br />
Presenza, della misericordia di Cristo.<br />
padretrento@rieder.net.py
Caro amore, permettimi di chiamarti così<br />
dopo che ti ho fatto soffrire tanto.<br />
Tutte le parole che ho speso, e spesso<br />
anche quelle terrib<strong>il</strong>i e cattive, sono state<br />
<strong>il</strong> resoconto del drammatico percorso della<br />
mia libertà per arrivare a riguadagnare la<br />
mia umanità e <strong>il</strong> tuo amore. In questo cammino<br />
di consapevolezza che solo la fede mi ha<br />
permesso di fare, ho potuto comprendere la<br />
strada che mi ha fatto accettare <strong>il</strong> tuo amore,<br />
che come tutti gli amori si è rivelato totalmente<br />
diverso da quello che voleva la mia immaginazione.<br />
Naturalmente, non che fosse sbagliato,<br />
era semplicemente <strong>il</strong> tuo, ma per accettarlo<br />
non sono riuscita a fare <strong>il</strong> percorso della sottomissione,<br />
cioè di accettarlo senza essere felice.<br />
Sono sicura che anche quel percorso può<br />
dare buoni frutti, ma io sentivo che per me, per<br />
la verità di me, per la soddisfazione del mio più<br />
vero bisogno ci doveva essere un’altra strada.<br />
Per tanti anni ho brancolato tra aspetta-<br />
tive mancate e sensi di colpa terrib<strong>il</strong>i, soprattutto<br />
quando rimproveravi la mia volub<strong>il</strong>ità.<br />
Il tuo giusto bisogno di avere “tua moglie” ha<br />
quasi distrutto la mia determinazione, mi chiedevo<br />
e chiedevo a chi mi stava aiutando: «Ma<br />
è giusto aumentare <strong>il</strong> suo dolore? Non è meglio<br />
che faccia come tutti? Cosa vado cercando?».<br />
Ma ogni mio tentativo buono si esauriva<br />
ben presto facendo soffrire entrambi e questo<br />
pensiero dominante tornava a tormentarmi e<br />
stanava dentro di me ogni tipo di sentimento<br />
che spesso ti “vomitavo” addosso colpendoti<br />
a morte. Sicuramente dovrò pagare per <strong>il</strong><br />
male che ti ho fatto, credo che <strong>il</strong> purgatorio ci<br />
sia anche per quello. Ma nel cuore e nella mente<br />
sentivo che tutto avrebbe trovato una sua<br />
giustificazione, che c’era in gioco una partita<br />
troppo importante per rinunciare a capire.<br />
Il mio bisogno oltre che affettivo, e tu lo sai<br />
quanto sono passionale, era quello di conoscere.<br />
Non nel senso che volevo capire tutto, ma<br />
Amica, comprendi che Cristo si è<br />
innamorato di te? Di te come sei,<br />
col tuo carico di miserie. Quando<br />
comincerai a guardarti in questo modo<br />
tutto nella tua vita tornerà a fiorire<br />
che quello che vivevo era legato anche al comprendere.<br />
Non solo, don Carrón mi ha fatto capire<br />
che era legato al “credere” cioè al fidarsi, e<br />
io l’ho fatto, con tutta me stessa, e quello è stato<br />
lo sforzo più diffic<strong>il</strong>e perchè andava contro<br />
ogni pregiudizio, mio e degli altri. Ho vissuto una<br />
grande solitudine, non affettiva, perché potevo<br />
contare sui fam<strong>il</strong>iari e sugli amici, ma una solitudine<br />
più terrib<strong>il</strong>e, che mi faceva sentire inadeguata<br />
in ogni circostanza. Tutto sembrava richiamarmi<br />
a una “ragionevolezza” a cui questo<br />
pensiero dominante non sembrava volermi far<br />
tornare. In tanta devastante solitudine c’erano<br />
le consolanti parole di don Carrón.<br />
La conquista della libertà<br />
Anche staccarmi dalla guida dello psicologo è<br />
stato diffic<strong>il</strong>e e mi ha fatto sentire ancor più<br />
“cattiva” per aver abbandonato una strada certa<br />
verso un cammino che però poteva essere<br />
un inganno. Ma troppe conferme nella mia vita<br />
mi facevano capire che la strada era giusta.<br />
Come poteva essere un inganno ciò che sentivo<br />
così corrispondente al cuore? Con te, con i figli,<br />
con i fam<strong>il</strong>iari, nella vita pratica ero un disastro<br />
e mi tormentavo. Non c’era esito nelle circostanze,<br />
solo nella mia umanità, che era diventata<br />
migliore. Mi sentivo più compiuta, più autentica,<br />
più libera. Forse la conquista della libertà è<br />
quello che adesso mi fa stare meglio, è evidente<br />
che non parlo della libertà di fare ciò che voglio,<br />
ma di riuscire ad accettare con gioia ciò che, per<br />
quello che sono, mi sarebbe impossib<strong>il</strong>e. Il traguardo<br />
più diffic<strong>il</strong>e e allo stesso tempo più bello<br />
è la possib<strong>il</strong>ità che mi viene data di scegliere<br />
di amarti e di essere amata, adesso, così come<br />
sei, nella dura diversità, libera di accettare tutta<br />
la sofferenza che questo comporta, libera di<br />
sottomettermi a te, libera di accettare la scelta<br />
preferenziale che Dio aveva fatto per me e che<br />
io inconsapevolmente avevo accettato <strong>il</strong> giorno<br />
del matrimonio. Il mio tentativo di abbracciarti<br />
in ufficio era frutto di questa libertà. È stata<br />
una gioia essermi data a te con tutta me stessa,<br />
niente di me era rimasto fuori da quel gesto, ed<br />
è per questo che ero addolorata per <strong>il</strong> tuo rifiuto,<br />
ma felice di averlo vissuto così. Naturalmente<br />
comprendo le ragioni del tuo rifiuto e le rispetto.<br />
Adesso so che non potrei che amarti così, libera<br />
nella appartenenza e quindi lieta. Perché se non<br />
avessi questa possib<strong>il</strong>ità del darmi a te liberamente,<br />
resterebbe solo <strong>il</strong> niente che sono. Anche<br />
l’eventualità che tu non sia disposto ad accettare<br />
<strong>il</strong> mio amore mi addolora, ma non mi fa meno<br />
certa e meno lieta, perché non dipendo dall’esito,<br />
che comunque desidero e cerco, ma dalla<br />
soddisfazione della mia umanità compiuta.<br />
Lettera firmata<br />
| | 20 luglio 2011 | 61
LETTERE<br />
AL DIRETTORE<br />
In casta concupiscenza<br />
da Angelica a Verona<br />
e con Letizia a Venezia<br />
Per una volta, dopo la sentenza Mondadori-Cir da 560<br />
m<strong>il</strong>ioni di euro, mi sento profondamente vicino al comunista<br />
Bertolt Brecht: «La corruzione è la nostra<br />
unica speranza. Finché c’è quella, i giudici sono più miti, e in<br />
tribunale, perfino un innocente, può cavarsela».<br />
Sandro Pagani Vercelli<br />
Per una volta non sono d’accordo. Alla fine Berlusconi<br />
non se l’è cavata e Brecht è roba da Repubblica. Certo, se<br />
anche S<strong>il</strong>vio avesse avuto un passaporto<br />
svizzero e una tessera numero<br />
1, forse non sarebbe qui a proverbiare:<br />
quod licet Jovi non licet bovi.<br />
2<br />
Dichiarazione della Gelmini: «Si tratta<br />
di una resistenza generazionale di chi<br />
oggi ha 60 o 70 anni e gestisce un sistema<br />
di potere fatto di lobby e baronie<br />
al quale la riforma pone fine». Io sono<br />
un sessantenne, ma pur non avendo<br />
un sistema di potere all’università credo<br />
che <strong>il</strong> ministro dovrebbe farsi un giro<br />
all’università per sentire cosa pensano<br />
di lei trentenni, quarantenni e<br />
cinquantenni, per non dire dei ventenni.<br />
Antonia Sezzi Pisa<br />
SPORT<br />
UBER<br />
ALLES<br />
62 | 20 luglio 2011 | |<br />
Che cattiveria. Non possiamo dire<br />
niente di male della Gelmini. Però,<br />
con tutto <strong>il</strong> bene che le vogliamo, anche<br />
noi qualche volta facciamo fatica<br />
ad avere tutta la fiducia che ha lei<br />
in certi suoi “expertise”.<br />
2<br />
Nei giorni precedenti <strong>il</strong> varo della manovra<br />
finanziaria si invocavano ri-<br />
Q<br />
uando mandarono <strong>il</strong> primo avviso di garanzia a Craxi<br />
(Mani pulite, una vita fa), stavo nella sala stampa<br />
di un palazzetto italiano. Mi ritrovai circondato<br />
da gente che applaudiva. Non capivo (e non capisco<br />
ancora adesso) cosa ci sia da esultare per chi viene indagato<br />
o peggio per chi finisce in manette: l’odore del<br />
linciaggio mi fa schifo. Molti di quelli che applaudiva-<br />
spettivamente prudenza e coraggio, e<br />
nell’attuale stesura ritengo che quella<br />
posta in essere sia molto prudente,<br />
ma poco coraggiosa, nella parte in<br />
cui, anche per la scansione temporale<br />
dei provvedimenti, rischia a mio avviso<br />
di accentuare le distanze tra <strong>il</strong> paese<br />
legale e quello reale. C’è una giusta<br />
dose di prudenza, perché non si possono<br />
generare false aspettative dinanzi a<br />
una situazione di crisi economica non<br />
ancora completamente dietro le spalle,<br />
ma contestualmente mi pare manchi <strong>il</strong><br />
coraggio di una più equa ripartizione<br />
dei sacrifici richiesti per <strong>il</strong> contenimento<br />
della spesa pubblica. Ci sono infatti<br />
norme che vanno a incidere immediatamente<br />
sul potere d’acquisto dell’italiano<br />
medio (pensiamo all’aumento della<br />
tassa sui depositi bancari, che non<br />
si addice a un governo che professa<br />
idee liberaldemocratiche, o al vent<strong>il</strong>ato<br />
ripristino del ticket sulla diagnostica),<br />
mentre per quel che riguarda le riduzioni<br />
passib<strong>il</strong>i di incidere sullo status<br />
dei parlamentari, se ne parla in termini<br />
generici, differendone l’applicazione.<br />
Ormai, pur senza aderire al populismo<br />
demagogico che cuce <strong>il</strong> “marchio<br />
d’infamia” sull’abito del parlamentare<br />
troppo remunerato, prescindendo dalle<br />
modalità di esercizio del mandato,<br />
dobbiamo renderci conto che non sono<br />
più accettab<strong>il</strong>i rendite di posizione permanenti<br />
all’interno dei palazzi della politica,<br />
e sarebbe dunque stato auspicab<strong>il</strong>e<br />
un po’ più di coraggio nell’uso delle<br />
forbici. Gli arbitri che stab<strong>il</strong>iranno chi<br />
ha titolo per gestire la cosa pubblica<br />
sono gli elettori, e mi pare di poter dire<br />
che in questo momento c’è una fascia<br />
di elettorato da riconquistare alla causa<br />
del centrodestra. Qualora non sia<br />
possib<strong>il</strong>e una riduzione immediata delle<br />
aliquote Irpef (ma essendo in atto<br />
maggiori entrate dal recupero dell’eva-<br />
CALCIOPOLI 2 NON FA AUDIENCE<br />
Dove sono finiti gli assetati<br />
di giustizia pallonara?<br />
sione, sarebbe auspicab<strong>il</strong>e verificare<br />
se ci siano gli estremi per premiare la<br />
virtuosità dei redditi fissi), che almeno<br />
si eviti <strong>il</strong> reiterarsi di balzelli di prodiana<br />
memoria, perché al danno di non<br />
vedere la riduzione del carico fiscale,<br />
ci sono cittadini che mal sopportano<br />
l’idea di vedersi aggiungere la beffa<br />
di un ennesimo concorso alla stretta.<br />
Ipotizzando che la legislatura vada<br />
a scadenza naturale, sarà compito di<br />
Berlusconi e della maggioranza di governo<br />
arrivarci non in modo stanco e<br />
rassegnato, ma credendo di poter continuare<br />
a governare, perché altrimenti,<br />
anche se minoritaria, l’eterogenea ammucchiata<br />
di centrosinistra, priva di<br />
un leader riconosciuto come tale, potrebbe<br />
avere <strong>il</strong> sopravvento grazie a<br />
un partitino poco edificante alimentato<br />
dai moderati: l’astensione.<br />
Daniele Bagnai Firenze<br />
Mi pare che per <strong>il</strong> prossimo Natale<br />
sia prevista un’altra puntata di<br />
“governo tecnico”, tipo ’94, ma senza<br />
Dini, né Fini (anche se <strong>il</strong> candidato<br />
premier pare abbia <strong>il</strong> patronimico<br />
in rima baciata coi due precedenti).<br />
Corsi e ricorsi. Un po’ come l’attuale<br />
attacco finanziario all’Italia, che ricorda<br />
quello del ’92, sferrato da Soros<br />
dal bordo di una piscina molto<br />
chic. Quello per cui Amato mise poi<br />
le mani nelle tasche degli italiani. E<br />
le procure le manette al Parlamento.<br />
2<br />
Si appunti questo nome: Guido Vitiello.<br />
E chieda al suo amico Ferrara di cederglielo<br />
in prestito per qualche sortita su<br />
<strong>Tempi</strong>. È un fuoriclasse, mi creda.<br />
Claudio Gervasi Varese<br />
Più che crederle, l’ho letto in due paginate<br />
che hanno davvero frantu-<br />
di Fred Perri<br />
no, qualche anno dopo, ci scommetto, non hanno votato<br />
la sinistra unita, ma Berlusconi e <strong>il</strong> centrodestra. Vi<br />
racconto tutto questo, per farvi capire in che paese viviamo:<br />
qui le rivoluzioni durano lo spazio di una notte,<br />
poi ci vengono a noia.<br />
Nel 2006 erano tutti assetati di sangue, per la faccenda<br />
Moggi-Juve-telefonate. Sono passati cinque anni.<br />
Foto: AP/LaPresse
mato l’ovvio che si trova così tanto<br />
spesso sui nostri giornali (Foglio<br />
escluso, of course).<br />
2<br />
Rupert Murdoch sarà anche un furbetto,<br />
però non le ha ricordato qualcuno,<br />
questo Borgia arrivato su Sky Cinema?<br />
Ci sono Papi e “papi”, no?<br />
Paola Calleffi Stradella(Pv)<br />
E di che si scandalizza? Un’autentica<br />
neopuritana non dovrebbe prendersela<br />
con noi cattolici; lo sosteneva<br />
Martin Lutero, mica Alessandro VI,<br />
«la concupiscenza è invincib<strong>il</strong>e».<br />
2<br />
Dopo la chiusura di News of the<br />
World, lo scandalo delle intercettazioni<br />
<strong>il</strong>legali è arrivato anche al Sunday<br />
Times e al Sun. Pare che anche questi<br />
tabloid abbiano spiato personaggi<br />
famosi. Non solo. Scotland Yard accusa<br />
una fuga di notizie sull’indagine<br />
per boicottarla. Come dice l’Elefante,<br />
«par di sognare», mentre noi qui, con<br />
la Stampa Democratica a difendere <strong>il</strong><br />
diritto di informare secondo intercettazione.<br />
Puah, che schifo!<br />
Giacomo Sella M<strong>il</strong>ano<br />
Mi pare siano cose che ci siamo detti<br />
e ridetti in m<strong>il</strong>le occasioni. Sì, certo,<br />
puah. Ma se poi questa “legge bavaglio”<br />
(che ridere) non la fanno, noi<br />
che ci possiamo fare? (che schifo).<br />
2<br />
Leggi questo stralcio di intervista a<br />
Gioele Dix: «Può descriverci le sue prime<br />
relazioni con la dimensione religiosa<br />
della vita? Ha avuto maestri, o figure<br />
di riferimento? “Beh, la persona<br />
che mi ha trasmesso maggiormente<br />
un senso religioso della realtà – ovvia-<br />
mente, in chiave ebraica – è stato mio<br />
nonno paterno, Maurizio, forte di una<br />
religiosità salda e tradizionale… del tipo<br />
‘Ricordati che Dio ti vede sempre’,<br />
frase che mi ripeteva con una certa<br />
frequenza. È grazie a lui che ho compreso<br />
la necessità di avere un’identità<br />
religiosa, soprattutto come punto di riferimento<br />
etico. Come si sa, l’ebraismo<br />
possiede una grande varietà di sfumature,<br />
e vi vengono accettate le più diverse<br />
gradazioni: nessuno, lì, ha <strong>il</strong> diritto<br />
di dirti: tu sei fuori… anche se, pure<br />
qui, c’è chi si sente più uguale degli altri!<br />
La mia formazione è dunque legata<br />
a una religiosità tradizionale, con<br />
le feste rituali e <strong>il</strong> tempo dedicato alla<br />
preghiera… C’è poi un’altra persona<br />
che è stata importante in questa direzione:<br />
un amico fraterno con cui sono<br />
cresciuto, Renzo, che purtroppo non<br />
c’è più perché è morto a soli ventinove<br />
anni in un incidente stradale. Lui, che<br />
era un attivista di Comunione e liberazione,<br />
mi ha aperto all’idea che la religione<br />
possa servire nella vita di tutti i<br />
giorni, come una m<strong>il</strong>itanza e, insieme,<br />
una forza vitale. Lui pregava con precisione,<br />
trovava <strong>il</strong> tempo per la preghiera,<br />
cui si rapportava con una modalità<br />
ripetitiva: e questo mi<br />
colpiva, lo sentivo migliore<br />
di me. Dal canto suo,<br />
Renzo invece era spesso<br />
scontento, e diceva che<br />
ero meglio io… ci siamo<br />
influenzati a vicenda”». Il<br />
Renzo di cui parla è Renzo<br />
Marotta, piu o meno la<br />
nostra età, lo conosci?<br />
Angelica Livné Calò<br />
Kibbutz Sasa, Israele<br />
Scrisse su un blog l’amico<br />
Massimo Bernardini:<br />
«Sarà stato nell’autun-<br />
Il procuratore<br />
Figc Stefano<br />
Palazzi ha<br />
firmato una<br />
dura relazione<br />
su Calciopoli<br />
che chiama<br />
in causa l’Inter<br />
no del ’69 o del ’70, non ricordo bene.<br />
Di Bob Dylan conoscevo poco e<br />
nulla e non so neanche se già avevo<br />
comprato la mia prima, scassatissima,<br />
chitarra acustica (una orrenda<br />
Eko naturalmente, per noi senza<br />
una lira). Sapevo come tutti Blowin’<br />
in the Wind, e per due anni avevo<br />
praticamente scavato, domenica<br />
dopo domenica, i due unici dischi<br />
rock che mia zia “giovane”, di professione<br />
pubblicitaria, aveva portato<br />
da Londra nel ’67: Sgt. Pepper’s<br />
Lonely Hearts Club Band dei Beatles<br />
e uno strano EP di Dylan contenente<br />
Just Like a Woman e I Want<br />
You, mi pare. Poi Renzo Marotta, di<br />
due anni più vecchio di me (è l’amico<br />
scomparso che da sempre ho in<br />
comune con Gioele Dix), in quell’autunno<br />
m<strong>il</strong>anese di fine decennio mi<br />
prestò The Freewheelin’ Bob Dylan…»<br />
eccetera. Allora, per ricapitolare:<br />
Antonio Socci ci presentò Angelica,<br />
Angelica Yeuda eccetera fino<br />
a Renzo e Gioele. Insomma, era tanto<br />
per dire che se domenica 17 luglio<br />
fate una capatina nella magnifica<br />
Verona, non mancate alla recita della<br />
magnifica nostra Angelica e del<br />
suo “Teatro comunitario<br />
della Gal<strong>il</strong>ea” (ore 21.15,<br />
Cort<strong>il</strong>e Mercato Vecchio,<br />
ingresso libero), In principio<br />
era la pace.<br />
2<br />
Sarò presente con questo<br />
quadro (vedi foto a lato,<br />
ndr), nell’ambito della<br />
54esima Biennale di Venezia<br />
nel Padiglione Italia Regioni,<br />
a Mantova, a Palazzo<br />
Te. Ciao e grazie sempre<br />
del vostro sostegno!<br />
Letizia Fornasieri<br />
redazione@tempi.it<br />
Io penso che le intercettazioni allora insabbiate, quelle<br />
che riguardano l’Inter, per intenderci, abbiano una<br />
certa r<strong>il</strong>evanza, come ha scritto <strong>il</strong> procuratore federale<br />
Palazzi, e rimettano in discussione quel famoso scudetto<br />
a tavolino. Eppure, a parte alla Juve e ai suoi tifosi,<br />
di questa storia non frega più niente a nessuno, neanche<br />
a quelli della Roma, che, nella classifica riformata,<br />
vengono subito dopo l’Inter.<br />
Per noi la giustizia deve essere sommaria, perché<br />
dopo dobbiamo andare a cena. Cinque anni fa giravano<br />
tutti con <strong>il</strong> cappio, ora con l’estintore perché di Calciopoli<br />
non vogliono più sentir parlare. E poi si stupiscono<br />
perché in Italia si sta sfasciando tutto.<br />
| | 20 luglio 2011 | 63
taz&bao<br />
Metteteci<br />
la testa sopra<br />
Quando tagli lo Stato centrale devi<br />
allargare gli spazi del terzo settore.<br />
Il rigore di Tremonti era necessario<br />
per salvare <strong>il</strong> Paese dalla deriva greca.<br />
Non posso però condividere i tagli<br />
orizzontali che penalizzano gli enti<br />
locali virtuosi per trattarli alla stregua<br />
di quelli che per decenni hanno<br />
governato a debito. Non ci sono enti<br />
intoccab<strong>il</strong>i, come le Provincie o enti<br />
tenuti in vita solo per finanziare posti<br />
di lavoro. Bisogna estendere misure<br />
come <strong>il</strong> 5 per m<strong>il</strong>le, la dote, i voucher<br />
e una detassazione “nel merito” cioè<br />
non indiscriminata, che permettono<br />
di finanziare le scelte del cittadino,<br />
che così può scegliere i servizi in base<br />
alle proprie esigenze. Questo andrebbe<br />
contro l’uso inefficiente e non equo<br />
delle risorse pubbliche, oltre a rispondere<br />
ad esigenze che diventano più<br />
complesse, come quelle sanitarie per<br />
via dell’innalzamento dell’aspettativa<br />
di vita. Bisogna aprire un discorso<br />
serio sul nuovo welfare, che potrebbe<br />
essere <strong>il</strong> terreno d’incontro dei riformisti<br />
di destra e sinistra, oggi zittiti<br />
dagli estremisti.<br />
Giorgio Vittadini Avvenire 7 luglio 2011<br />
64<br />
| 20 luglio 2011 | |
GLI ULTIMI<br />
SARANNO I PRIMI<br />
VIAGGIO A PARIGI<br />
Nel deserto metropolitano<br />
66 | 20 luglio 2011 | |<br />
di Marina Corradi<br />
Dall’alto, mentre l’aereo scende sul charles de Gaulle, Parigi si palesa immensa.<br />
Una distesa di cui non vedi i confini. Le auto sulle tangenziali sembrano insetti;<br />
gli uomini poi, non li distingui nemmeno. Che cosa suscita un f<strong>il</strong>o di sgomento,<br />
mentre guardi dal finestrino? Cerchi di mettere a fuoco con lo sguardo una<br />
casa, una piazza, a rassicurarti; in questa moltitudine di strade e svincoli autostradali,<br />
ci sono le case di uomini. E ciascuna, ti dici, ha una porta e una chiave che nella<br />
serratura gira con un suo caratteristico clic, e ciascuna dentro ha un suo odore, e<br />
una poltrona, e piatti in f<strong>il</strong>a nello scolapiatti. E forse un gatto; o un canarino, magari.<br />
Poi, sul metrò li incontri, gli uomini di Parigi. Nei vagoni dell’ora di punta sono<br />
così pigiati che ritorna quel sott<strong>il</strong>e spavento. La folla che al mattino si riversa dai cancelli<br />
della gare Saint Lazare è un torrente in piena; e alle nove, nella penombra del<br />
metrò Champs-Élysées i parigini non camminano, corrono – scavalcando come un<br />
ostacolo chi non corre abbastanza, o non sa dove andare. Nella folla di una metropo-<br />
li si sta come in un deserto; come in un<br />
deserto si è soli. Ma c’è un antidoto. Bisogna,<br />
dentro alla folla, concentrarsi su<br />
una faccia, una unica faccia. Come questa<br />
donna nera, sui cinquanta, sul metrò<br />
che corre verso l’Opera; è tanto stanca<br />
che <strong>il</strong> rullio del vagone la assopisce, quasi<br />
ne fosse cullata, e chiude gli occhi e <strong>il</strong><br />
busto le si inclina in avanti nel sonno. Poi a ogni fermata <strong>il</strong> clangore delle porte la<br />
sveglia, e in un sussulto apre gli occhi, stranita. La stanchezza della sconosciuta mi<br />
commuove, mi riguarda; ciò che scioglie <strong>il</strong> deserto, è la faccia di un uomo, uno solo.<br />
E questi due appena usciti dal Quai d’Orsay, <strong>il</strong> ministero degli Esteri? Due talmente<br />
giovani che sembra strano, quasi un travestimento, vederli in abito scuro e<br />
camicia candida; solo <strong>il</strong> colletto slacciato, come si fossero appena tolti insofferenti,<br />
nella sera calda di luglio, la cravatta. Devono avere poco più di vent’anni; due stagisti,<br />
forse, vincitori di severe selezioni, per approdare, tanto giovani, in quel sontuoso<br />
palazzo. E così dritti, così vincenti, gli occhi scint<strong>il</strong>lanti; <strong>il</strong> mondo – loro ne sono<br />
certi – nelle mani. Sull’autobus verso Notre Dame un signore elegante, i capelli grigi,<br />
la 24 ore sulle ginocchia, li fissa, assorto; forse anche lui era, trent’anni fa, come<br />
loro. Ma ora ha attorno alla bocca due pieghe<br />
amare; tracce, si direbbe, di ambizioni fallite,<br />
di beneducati fallimenti. A Notre Dame<br />
i due scendono e scompaiono, con <strong>il</strong> loro<br />
passo da vincitori. Alla fermata dopo<br />
scende <strong>il</strong> signore coi capelli grigi. (Ma,<br />
almeno per un momento, li hai guardati<br />
in faccia, quei tre).<br />
Poi nella notte Parigi è una schiera<br />
di finestre <strong>il</strong>luminate, una galassia infinita.<br />
Può fare un po’ di paura. L’antidoto,<br />
è guardare bene chi ti capita accanto:<br />
gli occhi, le mani, le rughe. Il deserto<br />
si scioglie, nella faccia di un uomo.<br />
La folla che al mattino si riversa dai cancelli<br />
della gare Saint Lazare è un torrente in piena;<br />
e alle nove i parigini non camminano, corrono<br />
– scavalcando come un ostacolo chi non corre<br />
abbastanza, o non sa dove andare<br />
DIARIO