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LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 01.09.03 - EURO zero<br />
<strong>ELIO</strong> <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong><br />
<strong>ELIO</strong> E LE STORIE TESE: FACCIAMO COSE INUTILI DIVERTENDOCI UN SACCO<br />
MILANO COI BUCHI<br />
LA GUERRA È PASSATA ANCHE DI QUI. E I SEGNI SI VEDONO ANCORA<br />
ROMA Y EL FÙTEBOL<br />
SOTTO IL COLOSSEO, INTERMINABILI PARTITE A PALLONE MULTIETNICHE<br />
istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />
#21<br />
SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MILANO
SOMMARIO|SETTEMBRE<br />
9URBAN VOCI<br />
10 ETHNIC FOOTBALL CLUB<br />
14 POVERI MA ELVIS<br />
16 <strong>ELIO</strong> <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong><br />
20 FASHION DEMOCRACY<br />
25 PUTTANOPOLI<br />
29 METAMORFOSI URBAN<br />
30THE WAR IN MILAN<br />
35 ARTISTI & CITTÀ: MARCO PETRUS<br />
37SIXTIES FEVER<br />
53 URBAN GUI<strong>DA</strong><br />
MUSICA 54<br />
MEDIA 57<br />
69 LIA CELI: IL MORBO DELLA ZUCCA PAZZA LIBRI 59<br />
FILM 60<br />
87 LIA CELI: IL TELEFONO, LA TUA CROCE<br />
URBAN Mensile - Anno 2, Numero 21 - 01.09.03<br />
direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />
aldo@urbanmagazine.it<br />
caporedattore: ANDREA <strong>DA</strong>MBROSIO<br />
andrea@urbanmagazine.it<br />
redazione: ISIDE CASU<br />
iside@urbanmagazine.it<br />
SARA TEDESCHI<br />
sara@urbanmagazine.it<br />
segreteria di redazione: <strong>DA</strong>RIA PANDOLFI<br />
MAURA MAMMOLA<br />
daria@urbanmagazine.it<br />
(Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01)<br />
presidente: IVAN VERONESE<br />
general manager: MARCO BOLANDRINA<br />
sales manager Italia: AUGUSTA ASCOLESE<br />
key account: ALFONSO PALMIERE<br />
SERGIO PAGANI<br />
traffic: PAOLA MARTINI<br />
distribuzione: DEA s.r.l. (tel.02 66223316)<br />
fotolito: BODY&TYPE<br />
via San Calocero 22, 20123 Milano<br />
stampa: CSQ (Centro Stampa Quotidiani),<br />
via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />
Le strisce pedonali da attraversare a rate e la lampada<br />
molotov per i più inquieti. Voci di città, solo voci...<br />
Le comunità straniere, più qualche asso sudamericano,<br />
si sfidano a pallone a due passi dallo stadio più<br />
famoso del mondo. Taca la bala! racconto di una<br />
festa non solo sportiva tra popoli che vivono in pace<br />
prendendosi allegramente a calcioni. Sabroso!<br />
Stanno in giro da tredici anni e ancora non hanno perso<br />
il gusto. Quale gusto? Quello di ridere, di viver bene,<br />
di sbertucciare tutto e tutti e in particolare la musica italiana.<br />
Elio e i suoi Elii confessano: lo facciamo per ridere.<br />
Ah, finalmente un nobile scopo. Intervista senza rete<br />
Un gioco da tavolo sulla prostituzione, possibile?<br />
Possibile sì! Per far capire quanto è dura la vita delle<br />
ragazze della strada, per parlare ai maschietti e per<br />
raccontare giocando il valzer triste delle vite vendute<br />
e comprate. Un tiro di dadi per capire la vita<br />
Milano sotto le bombe? Sì, ma sessant’anni fa. Eppure<br />
i segni ci sono ancora e <strong>Urban</strong> è andato a cercarli.<br />
Rifugi, macerie e buchi nei pali. Con un cuore attorno<br />
Si sa com’è la moda... Gli anni vanno e vengono, i<br />
decenni sembrano yo-yo. Camille Vivier si è tuffata<br />
nei Sessanta, tra Warhol, la Factory e Chelsea. Però!<br />
TEATRO 62<br />
ARTE 65<br />
SHOPPING 67<br />
CLUB 71<br />
editore: URBAN ITALIA srl<br />
via Tortona 27, 20144 Milano<br />
telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />
urbanitalia@urbanmagazine.it<br />
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+39 02 42292141 / a.ascolese@urbanmagazine.it<br />
copertina: SIXTIESFEVER<br />
foto: Camille Vivier@Studio Ghiglieri / styling: Claire<br />
Dupont@Studio Ghiglieri / make-up: Manami /<br />
hair: Paolo Ferreira@Callisté / model: Zoe@Karin /<br />
assistente Jaïr Sfez / maglione, top, calze e orecchini<br />
Isabelle Marant<br />
BAR E RISTORANTI:<br />
MILANO 75<br />
ROMA 79<br />
BOLOGNA 83<br />
TORINO 85<br />
URBAN 5
foto: Gianni Troilo<br />
URBAN VOCI<br />
LA MEMORIA È UN PAIO D’OCCHIALI<br />
LETTERE<br />
DIO NON VOGLIA!<br />
Caro direttore,<br />
nel numero doppio di <strong>Urban</strong> che porta la data<br />
30.06.03, pag. 77, per la rubrica “satira”, curata da tale<br />
Lia Celli, si leggono sei righe disgustose sul palio di<br />
Siena. Ora: lei conosce i contenuti del suo giornale?<br />
Come si può anche lontanamente permettere di scrivere<br />
tali assurdità e con tale leggerezza? Vada, la signora<br />
Celli a dirle a Siena, queste cose, ci vada e poi torni a<br />
raccontare. Ma non ci vada mai ad abitare, e Dio non voglia<br />
che riesca mai minimamente a capire cos’è il palio!<br />
Potrebbe restarci davvero male nello scoprire il livello di<br />
cultura, civiltà e altre cose fantastiche che si celano dietro<br />
una “primitiva e disumana” corsa di cavalli.<br />
Bomba, raoulduke@libero.it<br />
Caro Bomba, se la signora Celli di cui parli è la nostra<br />
Lia Celi (una elle sola), non si tratta di “una tale”, ma di<br />
una penna satirica come ce n’è poche in giro. E la satira<br />
si sa, non si ferma davanti a niente, santi, fanti e cavalieri.<br />
Sappiamo due cose per certo: 1) che il Palio è cultura,<br />
tradizione, ecc. ecc; 2) che non esiste cosa al mondo che<br />
possa esser al riparo da una sana presa per i fondelli.<br />
PS - Il carteggio con mister Bomba comprende altre lettere,<br />
risposte, ancora lettere. Ci fermiamo qui, per non<br />
monopolizzare tutta la posta dei lettori.<br />
MEGLIO AL MARE<br />
Cari di <strong>Urban</strong>,<br />
in partenza per le vacanze, gioia e appena un minuscolo<br />
rammarico per non aver messo le mani sul numero estivo<br />
di <strong>Urban</strong>. Poi, la sorpresa: eccolo in riva al mare, bello<br />
come sempre. E vi dirò di più: letto sul lettino della<br />
spiaggia è ancora meglio. Ciao.<br />
Gabriella Senni, Milano<br />
Siamo sinceri, di cose che vengono meglio al mare che in<br />
città ne conosciamo parecchie... Grazie.<br />
SETTEMBRE 21<br />
Hanno scritto, disegnato,<br />
scattato foto, pensato,<br />
suonato, ballato,<br />
e mangiato con noi<br />
questo mese:<br />
Ci sono città visibili (pure troppo) e città invisibili. Cioè<br />
angoli, situazioni, sprazzi di vita urbana che raramente si<br />
osservano e di cui poco si parla. Quel che facciamo qui, alla<br />
fine, è puntare i riflettori su questi angolini. Piccoli spazi<br />
emozionali, di vita, che raramente vengono raccontati. Per<br />
contrappasso, capita che siano più interessanti di tutto<br />
quel che ci viene sbandierato sotto il naso. Prendete il pallone,<br />
per esempio. Se ne parla fin troppo (dai tribunali alle<br />
tribune). Ma <strong>Urban</strong> ha scovato la partita più stramba del<br />
mondo, che si gioca proprio sotto lo stadio più famoso<br />
del mondo (il Colosseo), dove ogni nazione è rappresentata,<br />
dove pagare l’arbitro (un euro l’ammonizione, due l’espulsione)<br />
non è una porcheria. Segno che anche a Roma<br />
(pagina 10) il “fùtebol”, alla sudamericana, è una cosa serissima<br />
per divertirsi.<br />
A Milano, invece, abbiamo cercato la guerra, una cosa or-<br />
NEL MIRINO<br />
Caro direttore,<br />
salto i complimenti per il giornale “diverso” che state<br />
facendo, ma protesto per il servizio sul poligono di<br />
Milano (<strong>Urban</strong> n. 20). Descrivere un posto dove si spara<br />
come se fosse un dopolavoro, una palestra, un luogo<br />
d’incanto mi sembra un po’ troppo. Con meno pistoleri<br />
in giro ci sarebbe anche meno violenza. O no?<br />
Luca Sensini, Bologna<br />
Caro Luca, un po’ ci aspettavamo questo tipo di proteste.<br />
però, vedi, proprio perché vogliamo fare un giornale un po’<br />
“diverso”, come dici tu, ci piace andare a vedere di persona,<br />
senza troppi pregiudizi. Al poligono abbiamo visto più<br />
sportivi che patetici Rambo. E dunque...<br />
jorunn aarseth<br />
sandro avanzo<br />
silvia ballestra<br />
eddi berni<br />
luca bernini<br />
alexio biacchi<br />
bo130µbo<br />
michele calzavara<br />
antonello catacchio<br />
leonard catacchio<br />
lia celi<br />
cesare cicardini<br />
cinzia&valentina<br />
lucrezia cippitelli<br />
selvaggia conti<br />
michela crociani<br />
enzo dal verme<br />
paolo de bernardin<br />
paul de cellar<br />
claire dupont<br />
illustrazione: Scarabottolo<br />
paolo ferreira<br />
carlo frassoldati<br />
studio ghiglieri<br />
paolo giovanazzi<br />
camilla invernizzi<br />
cristina lattuada<br />
davide longaretti<br />
paolo madeddu<br />
manami<br />
maurizio marsico<br />
renda di per sé. Ma siccome la memoria fa parte della ricchezza<br />
di un luogo (potrebbe anche essere lo snodo che<br />
fa diventare visibile una città invisibile, guarda un po’),<br />
ecco che Milano porta ancora dei segni: buchi qui e là, rifugi<br />
e storie. Chi c’era racconta; chi non c’era può sempre<br />
andare a vedere quei fori di scheggia, attorno ai quali<br />
qualcuno (pagina 30) ha disegnato un cuore. Tanto per<br />
dire che quando la città invisibile diventa visibile qualcuno<br />
la osserva. Quanto a Elio (e le storie tese), siamo andati<br />
a chiedergli perché lo fa (pagina 16), dopo oltre un<br />
decennio. E abbiamo scoperto che lo fa per stare bene<br />
e ridere, perché dice lui “la vita è una noia e noi vogliamo<br />
stare bene”. Ecco, pure noi. Per questo ci guardiamo<br />
intorno, curiosi come scimmie. Buona lettura.<br />
beba minna<br />
cinzia negherbon<br />
annalisa pagetti<br />
marcella peluffo<br />
marco petrus<br />
quickhoney<br />
giuseppe ragazzini<br />
cecilia rinaldini<br />
sonia sartori<br />
alessandro sessa<br />
ALESSANDRO ROBECCHI<br />
alessandro@urbanmagazine.it<br />
IL MUTUO PER MANGIARE<br />
Caro <strong>Urban</strong>,<br />
per lavoro (e quest’anno grazie a dio anche per vacanza)<br />
ho girato su e giù per l’Italia, che è sempre un bel posto,<br />
e ho potuto confrontare un po’ di prezzi. Risultato:<br />
possibile che mangiare fuori a Milano costi il 60 - 70<br />
per cento in più che altrove? A volte persino il doppio!<br />
Voi che vi occupate di food e ristoranti, e anche bene,<br />
vi occuperete della cosa?<br />
Sandro ventola, Milano<br />
Caro Sandro, è vero, dopo il tramonto della “Milano<br />
da bere” e l’avvento dell’euro, la “Milano da mangiare”<br />
è diventata carissima, anche se le tue stime sembrano<br />
un po’ eccessive. Che fare? Dirlo lo diciamo, ma da qui<br />
a cambiare la situazione...<br />
IL CAPO E LA CENERE<br />
Cari tutti,<br />
sul n. 20 di <strong>Urban</strong>, la pagina Città d’autore dedicata<br />
a Michela Formenti conteneva un errore. Il titolo<br />
dell’opera è Storyboard 007 e non era esposta<br />
alla Galleria Colombo. Col capo cosparso di cenere<br />
ci scusiamo con i lettori e gli interessati. Sarà stato<br />
il caldo. Rimediamo ora.<br />
A.R.<br />
BRAVA EVA!<br />
Mentre voi eravate al mare, la nostra Daria Pandolfi, segretaria,<br />
traffic, assistente sociale, amica e diavolo biondo,<br />
non è stata con le mani in mano e ha messo al mondo<br />
la piccola Eva. Benvenuta!<br />
LA RE<strong>DA</strong>ZIONE<br />
Per scrivere a <strong>Urban</strong> l’indirizzo è:<br />
URBAN, via Tortona 27, 20144 Milano<br />
redazione@urbanmagazine.it<br />
guido scarabottolo<br />
jaïr sfez<br />
p.d. sfornelli<br />
squaz<br />
d.p. tesei<br />
tommaso toma<br />
gianni troilo<br />
paolo ventura<br />
camille vivier<br />
zoe<br />
URBAN 7
foto: Michele Calzavara<br />
URBAN VOCI<br />
STRISCE A OSTACOLI<br />
Che le nostre città siano piene di orrori urbani e architettonici è risaputo. Ci hanno fatto anche dei libri.<br />
Inutile elencarli, ognuno ha ben chiaro in mente il “male”, e anche il rimedio a volte: la ruspa. Però ci sono<br />
anche cose più piccole, apparentemente insignificanti, che si possono risolvere con meno. Non è il caso<br />
di chiamarle orrori, non esageriamo. Errori si però. Errori urbani. Per esempio, voi arrivate a Roma Termini,<br />
scendete dal treno, attraversate la stazione e andate prendere il vostro autobus. Magari avete la vostra<br />
bella valigia con le ruote, tanto comoda. Ecco che dovete attraversare la strada, ed ecco le belle strisce<br />
pedonali. Ma… manca qualcosa, o c’è qualcosa di troppo? Ah, si. Mancano le rampe, o c’è troppo marciapiede,<br />
che dir si voglia. Le nostre belle strisce si infrangono sempre contro un bel cordolo di cemento alto<br />
20 cm. Vabbè, ci tocca sollevare la nostra valigia con le ruote. Poco male. Ma… e la carrozzella del disabile?<br />
M.C.<br />
MOLOTOV <strong>DA</strong> TAVOLO<br />
Restart, un progetto che ridisegna gli oggetti, rendondoli minimali<br />
ed essenziali. Come la Table Lamp. Da accendere, non da lanciare!<br />
Una bottiglia di vetro vuota, uno straccio, del liquido infiammabile. Benzina? Alcool a 95%? Dipende<br />
dall’intenzione, se si vuole il botto o solo una barriera calda contro gli importuni. Va bene anche il petrolio<br />
bianco, più sicuro e prediletto dai mangiatori di fuoco… Però ora spostiamoci di lato. Troviamo<br />
un oggetto simile, ma diverso: Table lamp. È parte di un progetto più ampio di Maurizio Navone,<br />
Restart, che passa al setaccio merci oggetti e gesti degli ultimi decenni in un gioco ricombinante con<br />
la memoria. Riattualizzare, ripensare, rielaborare… e spostare, anche, gli usi e i significati delle cose.<br />
In questo caso c’è uno spostamento, ovviamente, come negli scacchi la mossa del cavallo. Ecco che<br />
la bottiglia vuota diventa una bottiglia di vetro soffiato da 300 cc, lo straccio è uno stoppino in corda,<br />
e poi c’è una guarnizione metallica. E il tutto è molto raffinato. Le intenzioni di Table lamp non sono<br />
di guerriglia urbana, evidentemente. Restart consiglia di appoggiare l’oggetto su un tavolo, accendere<br />
il lume e magari, sotto questa luce calda, rileggersi di quel 1941, quando Vjaceslav Michajlovic<br />
(Molotov) insegnò ai siberiani a usare le bottiglie di vodka (dopo averla bevuta, che sennò disertavano<br />
subito!) per dare un po’ di fastidio ai crucchi alle porte di Mosca. E gliene hanno dato! Eccome!<br />
MICHELE CALZAVARA<br />
PREMIO<br />
CENACOLO<br />
Fate un giornale? Comunicate con<br />
sistemi un po’ più innovativi del tam<br />
tam e dei segnali di fumo? Attenti<br />
a voi, potreste anche partecipare<br />
(e vincere? Magari!) al Premio<br />
Cenacolo Editoria e Innovazione.<br />
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più importanti dell’editoria italiana<br />
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il 2003. Per dire quanto il premio<br />
è prestigioso, l’anno scorso lo vinse<br />
<strong>Urban</strong>... Presiede la giuria il professor<br />
Umberto Eco.<br />
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telefono (02-89697505) o la rete<br />
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URBAN 9
10 URBAN<br />
A DUE PASSI dal più antico<br />
stadio del mondo si giocano<br />
modernissime partite di<br />
pallone. Scontri di polpacci<br />
e di culture, America Latina<br />
e carne alla griglia,<br />
parrucchiere en plen air e aria<br />
da festa popolare. Insomma,<br />
taca la bala, sotto il Colosseo<br />
FÚTEBOL<br />
CAPUTMUNDI<br />
testo: Cinzia Negherbon / foto: Gianni Troilo<br />
All’ombra dello stadio più antico del mondo, la<br />
domenica si gioca la partita di pallone meno romana<br />
di tutta Roma. Nel cuore della Domus Appia al parco<br />
di Colle Oppio, tra la polvere di un campo sterrato,<br />
è in corso la terza giornata di ritorno del “Campeonato<br />
Coliseo 2003”. La prima sfida sta per cominciare:<br />
Familiar contro Latico Negro.<br />
E il Colosseo presenzia allo spettacolo.<br />
Si parla spagnolo in questo angolo di Roma popolato da<br />
ecuadoriani, boliviani e peruviani. E si ascolta musica<br />
sudamericana. A mezzogiorno appaiono le prime griglie<br />
per il barbecue. Un signore con la maglietta della Bolivia<br />
fa rosolare le braciole di maiale per i primi due clienti,<br />
una coppia di italiani in pensione e in sovrappeso,<br />
che consumeranno la loro porzione di fritada sul tronco<br />
di un albero tagliato. Per vivere, l’uomo del grill disegna<br />
abiti da donna (mah!) e fa il “cuoco” soltanto la domenica<br />
durante le partite. Mi offre un assaggio di chanchos<br />
tostado: pelle di maiale fritta da sgranocchiare.<br />
Come rifiutare?<br />
L’incontro con l’organizzatore, il presidente don Carlos,<br />
avviene a bordo campo. I suoi racconti hanno il sapore<br />
del calcio di una volta, quello che si giocava per le strade<br />
con due pietre per segnare le porte. Le prime partite a<br />
Colle Oppio risalgono a sei anni fa: oggi hanno le divise,<br />
uno sponsor e un regolamento, in spagnolo. Si gioca<br />
sette contro sette, 25 minuti a tempo e un’ammenda per<br />
ogni ammonizione: 1 euro il cartellino giallo e 2 euro<br />
quello rosso. “Servono per pagare l’arbitro – spiega don<br />
Carlos – e anche per la calce…”. Per fare le righe del<br />
campo, capisco poi. Quattordici le squadre partecipanti,<br />
tra cui: Latico Negro (Cintura Nera), Amistad, Bolivia e<br />
Siempre Amigo, ma anche Lazio e America. Accanto a<br />
don Carlos c’è il segretario, che però non parla:<br />
è arrabbiato per la sorte della sua squadra, squalificata<br />
per una lite in campo. “Ma non è per questo che<br />
interviene la polizia – spiega il presidente. Ogni tanto<br />
passa a fare dei controlli, ma appena se ne va noi<br />
ricominciamo a giocare…”.<br />
Ora il presidente è costretto a congedarsi: “Devo<br />
cambiarmi per la partita”, spiega. A due metri da me, si<br />
spoglia degli abiti “borghesi” e indossa la divisa. Intanto<br />
un ragazzo con un frigo portatile vende ghiaccioli alla<br />
frutta fatti in casa. Tra una sedia pieghevole e uno<br />
specchietto appeso a un albero, una donna col camice<br />
URBAN 11
tempestato di pinze per capelli colorate: la parrucchiera!<br />
A bordo campo acconcia le ragazze: il campetto è una<br />
città in piena regola.<br />
Per ora in campo c’è solo un ragazzo che delimita<br />
l’area di gioco spargendo della calce da una bottiglia di<br />
plastica bucherellata: prima il perimetro, poi la prima<br />
area di rigore. La seconda rimane a metà: è finita la<br />
calce. Fischia il calcio d’inizio, anche se per ora una sola<br />
porta è provvista della rete. Il lancio della monetina dà<br />
la palla al Familiar, forse per compensare la sfortunata<br />
assenza per infortunio del goleador Maurizio detto<br />
Cholo (letteralmente “appartenente a una famiglia ricca<br />
ormai decaduta”), sostituito dal figlio dodicenne di don<br />
Carlos. Attorno al campo si è accumulata una discreta<br />
tifoseria, seduta sui muretti adiacenti o all’ombra di un<br />
albero.<br />
Il livello di gioco è altissimo. Il centravanti, palla al piede,<br />
supera il centrocampo, scarta abilmente un paio di<br />
uomini e raggiunge l’area di rigore. Ad aspettarlo metà<br />
della squadra avversaria. Il fuoriclasse avanza, i<br />
compagni lo seguono lungo le fasce, reclamano palla.<br />
un euro l’ammonizione, due euro il cartellino rosso: a che servon0? a pagare l’arbitro, no?<br />
Il fuoriclasse insiste, poi inciampa. Sulla palla si<br />
precipitano i difensori, poi anche gli avversari: è un gran<br />
polverone.<br />
Le ragazze fanno il tifo contro la squadra avversaria:<br />
qualcuna per seguire l’azione si è spinta quasi fino a<br />
centrocampo: “No puede Bolivia!, No puede Bolivia!”.<br />
A questo punto non si capisce più niente. L’arbitro non<br />
smette mai di correre (è soltanto alla prima partita ma<br />
è già esausto). Con il briciolo di autorità che gli rimane,<br />
invita le ragazze a uscire dal rettangolo di gioco.<br />
La mischia è sempre più intricata, la polvere sempre più<br />
fitta. Dalla nuvola marrone sguscia via il pallone: una<br />
cannonata del centravanti. Il portiere si tuffa nell’angolo<br />
basso, assolutamente imprendibile: è il primo gol.<br />
Il pubblico è in delirio. Per chi tiferanno i turisti<br />
giapponesi di ritorno dalla visita al Colosseo che<br />
passano di là per raggiungere i pullman? Intanto, si<br />
fermano a guardare. E il Colosseo dietro al campetto<br />
sembra ritrovare nuova vita, i turisti chiudono gli<br />
ombrelli cercando di perdersi e Roma diventa una città<br />
dove tutto può accadere. Dove i peruviani giocano a<br />
calcio sotto le rovine del Sacro Romano Impero.<br />
All’inizio della seconda partita, giocatori già in campo,<br />
l’Ecuador si accorge di non avere il portiere,<br />
prontamente sostituito da un rumeno venuto come<br />
spettatore. Due bambini peruviani con la maglia di Totti<br />
approfittano della supremazia della squadra che attacca<br />
alla porta nord per impossessarsi di quella sud:<br />
il portiere li asseconda senza problemi, e per farli<br />
contenti accetta persino di beccarsi un gol. Questa<br />
volta, l’arbitro lascia correre.<br />
URBAN 13
LA ROUTE 66 è una cosa, la statale 20 è un’altra.<br />
Eppure nella calura della provincia, accanto al monumento<br />
agli asparagi, spuntano tanti Elvis. Basette, american car,<br />
vestiti di seta bianca, memorabilia. E tristezza<br />
POVERI MA<br />
14 URBAN<br />
ELVIS<br />
testo: Maurizio Marsico / foto: Cesare Cicardini<br />
Il giorno sale chiaro ed enorme. Caldo e senza ombre.<br />
Lento e senza vento. Afoso e senza sole.<br />
Questa non è la route 66, ma la statale 20. Non siamo<br />
vicino al Mississippi ma a quel Po, po’ di fiume. Perché<br />
Santena è a soli venti chilometri da Torino, un’ora e mezza<br />
da Milano e a circa tre anni luce distante da Graceland,<br />
Tennessee. Ma non importa, è qui che si festeggia “l’ultimo<br />
Re”. Qui si festeggia Elvis Presley: The King (Creole). Qui i<br />
suoi orfani piemontesi celebrano i ventisei lunghi anni<br />
passati dalla morte. Tra la chiesa dei Santissimi Apostoli<br />
Pietro e Paolo e la scuola comunale “Camillo Benso conte<br />
di Cavour”, le canzoni di Presley inondano la piazza<br />
ubriaca di calore, e l’effetto doppler di voce e tamburi delle<br />
registrazioni mono, abbinato alla visione del<br />
monumento/fontana dedicato agli asparagi (Santena,<br />
infatti, è la patria dell’asparago), come un mantra<br />
rock’n’roll, intonato di fronte al totem (dell’asparago<br />
appunto), procura una forte e inevitabile sensazione di<br />
straniamento spazio temporale, che ci teleporta<br />
rapidissimamente oltre la ionosfera. Spiazzamento che<br />
inizia presto: giunti qui, affranti dal sole, troviamo deserto<br />
pieno, nemmeno un’anima. Ci guardiamo: e adesso? Ed è<br />
allora che accade. All’improvviso da dietro il monumento<br />
agli asparagi compare il primo Elvis. È un po’ appesantito,<br />
ma la basetta è perfetta. Sicuramente si ispira all’Elvis degli<br />
anni ’70, quello pieno di alcool e di panini al burro di<br />
arachidi... Si presenta come Mimmo The Pelvis, ha<br />
cinquant’anni, fa il portinaio e ha gli occhi tristi. Perché,<br />
dice, un costume da Elvis non l’ha mai avuto, costa troppo,<br />
e anzi ce lo fa vedere, in uno stand lì a due passi. Roba<br />
fina, in vera seta, duemila euro. Mimmo lo guarda con quel<br />
desiderio... Porca miseria, ci diciamo: Elvis vuol dire<br />
tristezza... Ma poi, altri dettagli: qualche macchina<br />
americana d’epoca, un servizio d’ordine di biker<br />
minacciosi, un organizzatore che in camicia texana color<br />
rosso canta in playback, facendo finta di suonare la<br />
chitarra (o meglio suonandola ma a corde vuote),<br />
collezionisti di dischi, Elvis impersonator, tante<br />
memorabilia. Ora forse (e sottolineo forse) comincerete ad<br />
avere una vaghissima idea dell’ameno quadretto<br />
santenese. Un maggiolone color vinaccia ci passa accanto,<br />
una Corvette nera sgomma. C’est la vie. Ma qui, scopriamo<br />
anche che Elvis, prima ancora di essere mito musicale<br />
transoceanico, icona pop per eccellenza (insieme a Marilyn,<br />
Topolino e Coca Cola), simbolo dell’arte modesta e kitsch<br />
o semplicemente prototipo originale della rockstar<br />
planetaria, è innanzitutto uno “stato mentale”. Perché il Re<br />
lo si può amare infinitamente, al punto di voler assumerne<br />
finanche le fattezze e le fattanze. I tic e le manie.<br />
Pappagorgia e karate compresi. L’amore si sa è cieco.<br />
E qui veste di bianco, collettoni enormi, giacche sfrangiate,<br />
pantaloni a zampa; calza occhiali da sole d’argento e ai<br />
piedi solo stivaletti pitonati. E i cimeli sottovetro si<br />
ammirano manco fossero reliquie religiose: 2 camicie, 1<br />
foulard originale da concerto, il certificato originale del 7°<br />
dan di karate con patch del kimono, 1 acetato del 1956, 1<br />
chitarra originale del 1956, 1 biglietto del concerto di<br />
Tupelo sempre nel 1956. Ooooooh, che meraviglia! Ci<br />
sono pure i rarissimi filmini superotto dei concerti al<br />
Madison Square Garden e a Fort Wayne del ’72. Dalla<br />
collezione personale di Luca Barbonaglia, from<br />
Montecarlo. Non manca l’esposizione d’arte, solo ritratti<br />
del Maestro di Memphis, realizzati dal patron, Michele di<br />
Pippo. Arriva anche il momento degli imitatori cantanti<br />
(prego portare base): Elvis Mimmo, Elvis Maurizio, Elvis<br />
Michele, Elvis Toto, Elvis Juri, Elvis Igor, Elvis Lallo. Uno è<br />
portinaio alle Molinette, un altro è brigadiere, qualcuno<br />
cantante dilettante, qualcun altro stonato, ma tutti hanno<br />
ricevuto l’imprinting presleyano in tenera età. Insomma ci<br />
credono veramente. Love me tender è la più gettonata,<br />
quella con cui si cimentano quasi tutti. Punto d’arrivo<br />
e di non ritorno. Sorta di monologo interiore, che ognuno<br />
interpreta con i colori che può. Chi con la panza e chi a<br />
squarcia gola, chi si aiuta con la mimica facciale e chi con<br />
il vibrato. Canzone d’amore definitiva, quasi terminale. Ci<br />
sono pure le cover band: i The Rocking specialisti del<br />
Pelvis anni ’60 – tutto rock ’n’roll e blues bianco –<br />
e i The Dreamers maestri del repertorio anni ’70, quando il<br />
Nostro ormai pachiderma di Las Vegas consumava<br />
tonnellate di asciugamani tra un set e l’altro. Le<br />
interpretazioni sono filologiche, quasi letterarie, spaccate<br />
comprese e gestualità teatrale da far invidia persino a<br />
Little (Tony) e a Bobby (Solo). Don’t be cruel, Surrender,<br />
Fever, Blue Suede Shoes, le labbra del pubblico sono in<br />
sincrono con le canzoni dal palco. Sfilano le american car,<br />
rombano le Harley, seguono le premiazioni. Il miglior<br />
cantante. Mr. Rockabilly, Miss Ultimo Re. Coppe, fasce e<br />
statuette. Il Giorno degli Elvis volge al termine, domani<br />
Santena tornerà alla canicola, via le “banane”, spazio di<br />
nuovo agli asparagi. Adieu, Elvis.<br />
URBAN 15
16 URBAN<br />
<strong>ELIO</strong> E LE STORIE TESE,<br />
un disco nuovo, tredici<br />
anni insieme, un gioco<br />
di specchi, nonsense,<br />
caricature e satira che<br />
non risparmia nessuno<br />
e suona come pochi.<br />
<strong>Urban</strong> è andato a<br />
parlare con loro che<br />
dicono: vogliamo solo<br />
ridere, ma anche fare<br />
arte. E ti pare poco?<br />
<strong>ELIO</strong><br />
PER <strong>RIDERE</strong><br />
testo: Alessandro Robecchi / illustrazione: Bo130 e Microbo / foto: Cesare Cicardini<br />
Elenco sommario delle cose che trovate nell’ultimo<br />
album di Elio e le Storie Tese, Cicciput. Enormi prese<br />
per il culo, paradossi e nonsense, cacca (tanta), moda (il<br />
mondo della), un inno-preghiera per la riunificazione dei<br />
Litfiba che sta sospeso tra Sergeant Pepper e la festa<br />
di paese. E poi ancora, in ordine sparso, l’omologazione<br />
selvaggia e incontrollata, il supereroe Shpalman che<br />
spalma i nemici di cacca (ancora!), un po’ di progressive<br />
(se si dice ancora così, ndr) fatto bene, un rock’n’roll<br />
“pilipino”. Dentro, ospiti e amici, da Bisio alla Cortellesi,<br />
dalla Pausini a Renzulli e Pelù, gli ex Litfiba. Eccetera,<br />
eccetera. Questo per dire che satirici, satira, satirizzati<br />
e il gentile pubblico – spesso abilmente preso per il culo<br />
pure lui – sono tutti invitati a divertirsi allo<br />
sbertucciamento musicale. Uno può pensare che siano<br />
goliardi, o cabarettisti, ma siccome sono anche<br />
eccellenti musicisti onnivori, allora non si sa bene come<br />
catalogarli. Da sempre gira l’accostamento con Frank<br />
Zappa, uno che faceva grande musica anche usando gli<br />
spot dei detersivi. Ma non vorrei addentrarmi in un<br />
ginepraio mistico-critico. Quindi, chiuso in una stanza<br />
con Elio (Elio) e Faso (tastiere, musiche, testi, basso e<br />
altro), provo a partire con la domanda più ovvia.<br />
Caro Elio, cari Elii, perché lo fate?<br />
(Elio) - Per ridere! Perché la vita è una noia mortale e noi<br />
vogliamo stare bene. Perché vogliamo divertirci,<br />
l’obiettivo principale è ridere, tutti i mezzi sono buoni,<br />
non ci sono armi vietate. Anche quando scriviamo un<br />
pezzo, se dopo quindici giorni, un mese, non ci fa più<br />
ridere, via, non se ne fa niente.<br />
Non tutti ridono delle stesse cose, però.<br />
(Elio) - Ma il nostro astuto ragionamento di marketing è:<br />
se ridiamo noi, rideranno anche gli altri.<br />
(Faso) - Anche all’interno del gruppo un pezzo ha i suoi<br />
promotori, uno lo spinge, a uno non piace, è così...<br />
Ma lo fate insieme da tredici anni! Come fate?<br />
(Elio) - Con gli avvocati! Anzi, ti rispondo con una<br />
canzone di Sting: If you love somebody set them free.<br />
(Faso) - Ti rispondo con una canzone di Battisti: ci<br />
allontaniamo e poi ci ritroviamo per restare più vicini.<br />
Ok, cancello la domanda, proviamo con questa: non<br />
è detto che tutti capiscano la satira che fate...<br />
(Elio) - Forse un po’ è vero. Ma chissenefrega. Appurato<br />
che la gente non capisce, tu fagli credere che ha capito,<br />
che hai detto quello che pensavano...<br />
(Faso) - È un meccanismo che funziona sempre...<br />
URBAN 17
capiscono altre cose? Non fa niente, lasciamoglielo<br />
credere...<br />
Un po’ come quando andaste a sbancare Sanremo...<br />
(Elio) - Ecco, sai la cosa più esilarante, quella che mi fece<br />
davvero impazzire. Tu cantavi Italia sì, Italia no, e quelli<br />
sotto, eleganti, le signore impellicciate, a battere le<br />
mani... Italia sì, Italia no... L’oggetto della satira che non<br />
si accorge di essere satirizzato e che anzi applaude...<br />
fantastico.<br />
Arrivaste secondi perché truffati, ma chi vinse<br />
quell’anno?<br />
(Faso) - Ron!<br />
Ah! Pazzesco!<br />
(Faso) - Vedi, non se lo ricorda mai nessuno, e questa<br />
non è satira?<br />
(Elio) - Se arrivi primo sei out, se arrivi secondo e sei<br />
stato truffato, o lo fai credere, o accrediti l’ipotesi... Vedi,<br />
è tutto un giocare con i luoghi comuni.<br />
Un po’ come Pelù e Renzulli che cantano in Litfiba<br />
tornate insieme, cosa sarebbe, autosatira?<br />
(Elio) - Ma si divertono! Gli piace partecipare agli Elii!<br />
(Faso) - Ospiti e amici vengono anche perché<br />
musicalmente si sa che da qui non uscirà mai una<br />
schifezza. Quando abbiamo invitato Imparato, batterista<br />
che stava lavorando con Cristiano De André e gli<br />
abbiamo detto, beh, fai qualcosa che ti piace, lui non<br />
poteva crederci. Cioè, mettici qualcosa di tuo, non siamo<br />
qui per dare ordini... Nella musica italiana mica funziona<br />
così.<br />
E tutto questo solo per ridere?<br />
(Elio) - Certo, per ridere. E anche per creare arte, che è<br />
una cosa rara. Gli anni ’60 e ’70 erano una fucina di<br />
“siamo un’azienda che si impegna a morte per fare cose completamente inutili divertendoci”<br />
creatività. Oggi comanda il commerciale, passa qualsiasi<br />
cosa, tutto è rifatto come dal chirurgo estetico!<br />
Però tutto questo è fatto in modo smaccatamente,<br />
direi addirittura oscenamente pop.<br />
(Elio) - Certo. Se fai il creativo tout-court finisci povero, o<br />
in manicomio. Vivi poco, lavori poco, in fin dei conti godi<br />
poco e noi, non essendo ricchi e avendo voglia di vivere<br />
bene... Ma per esempio se ti senti Pagano, sull’ultimo<br />
disco, ecco, è quello che mi piace fare ora. Ci stiamo<br />
riascoltando gli Area, per esempio, creatività allo stato<br />
puro... Oggi stiamo creando la nostra etichetta e<br />
pensiamo alla Cramps di quei tempi. Incredibili certe<br />
cose di Demetrio Stratos...<br />
E ora tornate indipendenti, addirittura con l’idea di<br />
un’etichetta...<br />
(Elio) - Sì cerchiamo di diventare totalmente<br />
indipendenti, dipende anche da lui (indica il disco<br />
nuovo, che sta andando benone, ndr). Per la verità il<br />
nostro unico disco con una major, l’allora Cbs, è stato il<br />
primo, ed era tutto materiale preesistente... Comunque<br />
non ci siamo mai sentiti controllati. Da chi, poi? Dalla<br />
discografia italiana? Ma andiamo! La discografia italiana<br />
sta in coma farmacologico da dieci anni, per favore... Se<br />
la discografia italiana è Caterina Caselli, beh, siamo al<br />
medioevo!<br />
(Faso) - Poi c’è il rapporto con il nostro pubblico. Chi<br />
sono? Boh, non facile saperlo, anche perché capita che<br />
qualcuno ci scopra dopo. Viene lì e ti dice: sai, vi ho<br />
sempre considerati dei cazzoni, e invece...<br />
Eh, invece?<br />
(Elio) - Siamo un’azienda che si impegna a morte per<br />
fare cose completamente inutili divertendosi un sacco.<br />
A proposito del disco. Ne La follia della donna<br />
ve la prendete con la moda, il tatuaggetto,<br />
l’omologazione...<br />
(Faso) - È satira? Non direi, è quello che percepisco del<br />
mondo della moda. Scarpe di merda da donna / che<br />
costano milioni all’uomo / E pensare che tutto questo lo<br />
hanno deciso / i ricchioni... La follia della donna / quel<br />
bisogno di scarpe che non vuole sentire ragioni...<br />
E vi sembra carino? Bello? Politicamente corretto?<br />
(Elio) - È un tormentone, è la foto dell’atteggiamento<br />
imperante. I gay intelligenti ridono di queste cose,<br />
abbiamo pure vinto il premio Mario Mieli... Quanto al<br />
politicamente corretto lasciamo perdere. Piuttosto,<br />
quell’irrefrenabile bisogno di un tatuaggetto, di scarpe,<br />
di vestiti nuovi, mi sembra una corsa disperata<br />
all’omologazione... Già, adesso che ci penso, in ogni<br />
canzone è nascosto un dramma...<br />
(Faso) - E poi diciamolo! Nel mondo della moda, nel<br />
locale giusto, le ragazze hanno sempre un amico gay!<br />
Alla fine può far comodo!<br />
Siete dei guastatori, altroché. Vi portate in tour quel<br />
Mangoni, l’architetto...<br />
(Elio) - Mangoni è fantastico, fa tutto, non ha vergogna<br />
di niente e si diverte come un pazzo. Una volta lo<br />
abbiamo regalato a Morandi. Siamo andati ospiti a un<br />
suo concerto e poi glielo abbiamo lasciato lì, sul palco.<br />
E quello ha preso una sedia ed è stato lì, sul palco, per<br />
tutto il concerto... pazzesco. E del resto, questo è<br />
abbastanza un mondo di Mangoni...<br />
Ma dalle origini cos’è cambiato?<br />
(Elio) - La mia impressione è che quando siamo usciti<br />
noi (nell’89, ndr) il livello tecnico si sia un po’ alzato,<br />
anche per merito nostro. Dio mio, c’era Cutugno... Oggi<br />
i giovani che sento magari non sono geni, però<br />
suonano. Anche le cose che sentiamo, che ci mandano,<br />
magari non c’è l’idea geniale, ma si suona, bisogna<br />
cercare... È assurdo che l’Italia non sappia valorizzare<br />
i suoi talenti, qui arte e musica sono considerati<br />
optional... E il risultato? Guardalo, è questa città qui,<br />
Milano: fare i soldi e del resto, chissenefrega. Direi che<br />
lo stato della Scala è abbastanza indicativo di come<br />
vanno le cose qui.<br />
Avrei un’altra domanda, ma non so se posso...<br />
(Elio) - Puoi.<br />
(Faso) - Ma sì, puoi...<br />
Com’è nata quella faccenda dell’inno dell’Inter, C’è<br />
solo l’Inter? Lo dico da interista, tra parentesi, non è<br />
che magari porta un po’ sfiga?<br />
(Elio) - È semplice come è nata... me l’hanno chiesta e io<br />
l’ho fatta. Ma quanto alla sfiga non ci sto, lì l’unica sfiga<br />
sono quelli che scendono in campo. Ma sono contento,<br />
allo stadio vedo gente con gli occhi lucidi.<br />
Anch’io maledizione, è anni che piangiamo come<br />
vitelli...<br />
Però quello che mi ha convinto veramente è che ero<br />
presente quando l’ha sentita Mario Corso, Mariolino<br />
Corso, il più grande di tutti. Pensa che io quando gioco<br />
a baseball ho il numero 11 sulla maglia... Beh, l’ha<br />
sentita, era lì davanti a me, e si è commosso...<br />
URBAN 19
FASH<br />
ION<br />
DEM<br />
OCR<br />
ACY<br />
ALEX TI GUAR<strong>DA</strong>,<br />
ti studia, parla<br />
con te. Poi ti rifà<br />
il look al costo<br />
di una lezione<br />
di piano. Facile,<br />
no? Confessioni<br />
di una “personal<br />
stylist”. Che non<br />
si prende troppo<br />
sul serio<br />
testo: Sara Tedeschi<br />
foto: Enzo Dal Verme<br />
20 URBAN<br />
Prima o poi arriva. Quella mattina in cui ci si alza, ci si<br />
veste, ci si guarda allo specchio e poi si sente un tonfo;<br />
inequivocabile, impietoso, sordo. Quello delle braccia<br />
(proprie) che cadono, senza incertezze.<br />
Inutile cambiarsi venti volte maglietta, pantaloni, scarpe e<br />
golf – accumulando ritardo; quello è un assoluto<br />
momento di non ritorno. Insoddisfatti dei vestiti (troppo<br />
larghi, troppo stretti, del colore sbagliato, dalle forme out<br />
o eccessivamente in), dei capelli e – all’apice del<br />
nervosismo – della propria immagine in toto, la giornata è<br />
già partita male. Anzi malissimo.<br />
Un’alternativa al buttarsi nello shopping selvaggio a tre<br />
zeri è prendere un caffè con Alexandra Hemon (Alex), o<br />
scriverle (lexemon@hotmail.com) e poi fare quattro<br />
chiacchiere. Alex, ventotto anni, francese della Réunion,<br />
ha vissuto e studiato a Tours e a Parigi e da due anni<br />
abita a Milano dove, tra le altre cose, fa la personal stylist,<br />
cioè una che vi parla, vi guarda e poi vi dà qualche<br />
consiglio. Di bellezza, di abbigliamento e di stile. Il tutto<br />
calibrato su di voi. Ma sempre sorridendo, con ironia e,<br />
cosa più importante, con grande autoironia.<br />
Fammi capire, ma com’è che uno diventa personal<br />
stylist?<br />
Guarda, io per essere sinceri sono designer e grafica e<br />
amo le nuove tecnologie, però quando ero a Parigi ho<br />
lavorato in uno studio di tendenze, Nelly Rodi, dove<br />
cercavo anche oggetti e arredamento. Poi qui in Italia ho<br />
cominciato quasi per gioco, con molta leggerezza. Ed<br />
eccomi qua.<br />
Va beh, mi spieghi come funziona? In pratica cosa fai?<br />
Beh, tu mi chiami, ci incontriamo, parliamo e intanto io<br />
guardo che tipo sei, molto semplicemente. Ascolto cosa<br />
vuoi, qual è il tuo problema, in cosa desideri cambiare e<br />
alla fine ti dico qualcosa sui colori, sugli abbinamenti, sui<br />
gioielli al limite, ma senza stravolgerti la vita.<br />
Cioè non mi dici di rasarmi i capelli a zero o di farmi<br />
bionda platinata…<br />
No, no! Evito interventi così radicali. La gente sui capelli<br />
ha mille resistenze. Più che altro spiego come sfruttare i<br />
vestiti che uno ha già. O magari consiglio qualche<br />
acquisto, ma sempre cose piccole. Certo, se poi qualcuno<br />
ha soldi da spendere si può comprare qualche vestito in<br />
più.<br />
E oltre agli acquisti su cosa ti concentri?<br />
Sul modo di muoversi, di presentarsi, per esempio, anche<br />
sul modo di parlare.<br />
Chi è che viene da te? Mi fai dei nomi? Si può?<br />
Certo! Ho cominciato con un calciatore di serie B,<br />
francese, di colore, poi qui in Italia mi sono occupata di<br />
Tamara Donà (come costumista nella sua trasmissione), di<br />
Filippo d’Aquarone giornalista del Tg4, di un uomo<br />
d’affari, ma anche di una ragazza borghese. Però, se devo<br />
dirlo, più uomini che donne.<br />
Particolare interessante questo, no?<br />
Eh… l’uomo italiano è curatissimo. Anche troppo curato.<br />
A volte fuori non c’è niente da migliorare… bisognerebbe<br />
curare cose più profonde…<br />
Sbagli mai? Tipo che dopo ti dici: “No, era meglio<br />
prima”.<br />
Matematico: se uno dopo tutto non è a suo agio vuol dire<br />
che sicuramente ho sbagliato.<br />
A chi rifaresti il look?<br />
A Maria De Filippi, che è maschile e avrebbe bisogno di<br />
vestiti semplici e raffinati proprio per compensare, invece<br />
la si vede con questi jeans molto lavorati, eccessivi.<br />
E poi?<br />
E poi, mi si perdoni la sfacciataggine, a Karl Lagerfeld.<br />
Una figura sacra della moda, che però più che vestirsi si<br />
nasconde… nei suoi vestiti. Con questi occhiali totali…<br />
troppo statico.<br />
Comprare vestiti, dicevi. Qui a Milano hai dei negozi di<br />
riferimento?<br />
Mi piace molto via Pier della Francesca, con negozietti<br />
magari anche di abbigliamento usati tipo Surplus o<br />
vintage strano. Ma anche il mercato va bene.<br />
Una parentesi: quali sono i posti che ti piacciono a<br />
Milano?<br />
Mi piace il Living, non mi piace per niente La Banque.<br />
Capito il tipo?<br />
E rifarsi il look quanto costa? Cioè venire da te che sei<br />
personal stylist.<br />
La stessa cifra che prendo per dare una lezione di<br />
pianoforte.<br />
Dai!?<br />
Sì sì, io suono anche il piano. Insomma dai 30 ai 100<br />
euro. Dipende da chi ho di fronte, dal lavoro e dal tempo.<br />
Metti che andiamo in giro due pomeriggi e che magari sei<br />
un uomo d’affari o che sei studentessa e prendiamo solo<br />
un tè insieme.<br />
Una specie di beauty-democrazia…<br />
Mi sembra più che giusto.<br />
E poi…<br />
Poi adesso siamo qui da un’oretta. Adesso parliamo di te.<br />
Di me? Ma qui l’intervista non la facevo io?<br />
Per esempio tu sei vestita tutta di nero, si vede che lo fai<br />
sempre. Molto classico e molto semplice, ma anche<br />
sempre elegante.<br />
Grazie.<br />
E la cosa è molto interessante: nel teatro il nero viene<br />
indossato da chi lavora con il volto e le mani. E tu nella<br />
vita e qui con me lavori con le mani (scrivi) e il volto<br />
(occhi, orecchie, bocca). E poi i gioielli: si vede che quelli<br />
che porti hanno un significato, sono importanti e li metti<br />
sempre.<br />
Vero.<br />
Vedi cosa fa la personal stylist?<br />
URBAN 21
PUTTANOPOLY<br />
UN GIOCO <strong>DA</strong> TAVOLO è una metafora della vita. Ma quale<br />
vita? La vita d’inferno delle ragazze di strada. Sfruttate,<br />
picchiate, umiliate. Ma anche ironiche e intelligenti. Un lancio<br />
di dadi per capire tutto<br />
testo: Andrea Dambrosio / illustrazione: Quickhoney<br />
È un singolare mix tra il Risiko e il Monopoli, ma<br />
invece di cannoneggiare il vostro vicino di casa e<br />
conquistare Nord America e Africa o di costruire hotel<br />
e gettare sul lastrico gli altri giocatori, dovete cercare<br />
di guadagnare soldi, pagare il pizzo al pappone,<br />
evitare di cadere nelle mani della polizia e di farvi<br />
accoppare dall’immancabile sbroccato di turno.<br />
Mica facile. Provateci voi a girare nei quartieri gestiti<br />
dalla mafia e a districarvi tra retate, poliziotti onesti e<br />
corrotti, clienti, preti, serial killer e sfruttatori. Su e giù<br />
per la città, con due dadi in mano e la speranza di non<br />
URBAN 25
incappare nella sfiga. Anzi, per essere più precisi, nella<br />
speranza che la sfiga la smetta di accanirsi su di voi<br />
visto che nel gioco, solo nel gioco per vostra fortuna,<br />
siete prostitute clandestine che cercano di emanciparsi<br />
dal racket.<br />
Benvenuti a Puttanopoly, città disgraziata ma<br />
comunque capace di sorridere e ridere. Luoghi e<br />
personaggi che ci raccontano della vita reale delle “sex<br />
worker” metropolitane. Una sorta di fumetto duro,<br />
cinico e divertente (e per niente hard), ideato dal<br />
Comitato per i diritti civili delle prostitute che ha<br />
trasformato le pagine di cronaca in “un gioco per<br />
ragionare”. E per raccogliere fondi (69 euro, su<br />
www.puttanopoly.com). Una città vera che si fa gioco.<br />
Con le sue regole e le sue convenzioni, i suoi sogni e i<br />
suoi cinismi. Il suo linguaggio. Convenzioni che<br />
possono pure sembrare strambe o ammicanti.<br />
A Puttanopoly per esempio le caselle sono 69, mica 40<br />
come nel Monopoli, e gli “imprevisti” sono un po’ meno<br />
aulicamente chiamati con il loro vero nome: sfighe.<br />
E d’altra parte le condizioni di partenza dei giocatori<br />
variano, è chiaro, ma sono pur sempre circoscritte in<br />
quel perimetro lì. Quello della sfiga. Poi, si sa, anche la<br />
malasorte ha le sue gerarchie e perché la cosa sia ben<br />
chiara a tutti a Puttanopoly hanno pensato di<br />
classificarla come gli hotel nelle guide turistiche: da una<br />
a cinque stelle. Si pescano due carte (quella della<br />
vostra identità durante il gioco e quella dell’obiettivo<br />
che vi viene assegnato)... e via! In giro per la città.<br />
Provate allora a vestire i panni di Beauty (sfiga a 5<br />
stelle), nubile nigeriana, 22 anni e un contratto con il<br />
pappa che le impone di lasciargli l’80% dei suoi<br />
guadagni fino alla casella 57. Oppure guardate la città<br />
con gli occhi di Violeta, affascinante slava a cui il racket<br />
concede qualcosa in più o, meglio, toglie qualcosa in<br />
meno.<br />
Gli obiettivi, ovvio, sono coerenti con il resto del gioco.<br />
Per esempio: “Vuoi farti una bella casa (oppure aprire<br />
un bordello) nel tuo paese d’origine e allora oltre a<br />
pagare il tuo debito devi mettere da parte X dollari”.<br />
Chi raggiunge prima il suo obiettivo vince. Ma non è<br />
facile, nemmeno nel gioco. Perchè la città è una bestia<br />
strana. I quartieri gestiti dalla mala, gli “imprevisti”<br />
frequentissimi, le botte sempre dietro l’angolo. Bisogna<br />
fare molta attenzione. Se per esempio vi trovate per<br />
sbaglio in territorio cinese, l’unica è cercare di passare<br />
inosservate e saltare un giro. Se invece finite nella zona<br />
dei nigeriani, e non siete nigeriani, le mazzate sono<br />
assicurate. E state pure ferme 3 giri! Certo, può andarvi<br />
anche bene. Magari un cliente vi chiede di<br />
accompagnarlo al Casinò, vi passa qualche fiches, voi<br />
vincete e lui vi regala 5000 dollari. Grana esente dal<br />
pizzo dei pappa. Non male, dunque. Meglio ancora,<br />
forse, se finite nella casella delle unità di strada, dove<br />
le operatrici vi spiegano quali sono i vostri diritti.<br />
Oppure se riuscite a prendere un passaggio per<br />
Amsterdam, la “città d’oro”. La prostituzione è legale,<br />
i guadagni sono pappa-esenti, e magari ci scappa pure<br />
la serata al coffee shop.<br />
A Puttanopoly tutto è meno cristallino e le certezze<br />
vacillano. Ci sono clienti buoni e clienti cattivi, poliziotti<br />
corretti e sbirri disponibili… a fare sesso gratis,<br />
cittadini onesti e cittadini patacca, preti che aiutano e<br />
preti da evitare come i debiti. Tutto molto, molto<br />
ingarbugliato.<br />
Provate a giocarci e capirete. E se è pur sempre vero<br />
che non si può imparare la geografia giocando a Risiko<br />
(anche se la Kamchatka, confessatelo, prima chi la<br />
conosceva?), a Puttanopoly nel peggiore dei casi<br />
guardarete la città da un’altra visuale. Forse a qualcuno<br />
non piacerà l’idea di trasformare in gioco il dramma<br />
delle schiave clandestine.<br />
Un fatto però è certo: Puttanopoly è un pezzo<br />
autentico di quella città che abbiamo tutti i giorni sotto<br />
gli occhi. Basta solo non volgere lo sguardo altrove.<br />
URBAN 27
LA METAMORFOSI<br />
VE LO DO IO, URBAN. E lo ridisegna<br />
da capo a piedi. Giovanni<br />
Ragazzini, un giovane artista<br />
italiano, ridisegna e rielabora le<br />
pagine del nostro giornale. Bravo!<br />
opere: Giuseppe Ragazzini<br />
L’arte si mangia la coda? Può essere. <strong>Urban</strong>, come si sa,<br />
frequenta l’ambiente, di arte parla e si occupa. Ma di finire<br />
arte lui stesso non se lo aspettava proprio. Eppure…<br />
Eccolo finito in mano a un giovane artista, Giuseppe<br />
Ragazzini, che – affilando il suo gusto per la metamorfosi<br />
– ce lo ha ridisegnato da capo a fondo. Colori strinati ed<br />
eccessivi, forme ricalcate ed estremizzate. Insomma, una<br />
rilettura del nostro giornale, attuata senza freni sia sulle<br />
pagine confezionate dalla redazione che sulle inserzioni<br />
pubblicitarie. In pratica, un <strong>Urban</strong> rifatto interamente, con<br />
un testacoda di talenti: prendere, stravolgere, modificare.<br />
La metamorfosi, appunto. Lui, Giuseppe, ha solo 25 anni,<br />
ma già un personale palmarès che fa impressione: video<br />
musicali (per gli Avion Travel), loghi e simboli (per Elisa),<br />
mostre personali e collettive, allestimenti teatrali, e<br />
addirittura i complimenti di critici illustri (da Serafini a<br />
Sermonti) impressionati dal suo lavoro. Un po’ come noi,<br />
nel nostro piccolo, che ci siamo rivisti il nostro <strong>Urban</strong><br />
smontato e rimontato sotto il naso. E, dopo un momento<br />
di straniamento, abbiamo deciso che lo scippo ci piace.<br />
URBAN 29
Alphabet city ovvero l’altra faccia di Milano. Lettere<br />
dell’alfabeto che parlano del passato. Si incontrano sui<br />
muri della città. Una R accompagnata da una A sta per<br />
Rifugio Antiaereo, oppure una U inseparabile dalla S può<br />
volervi dire solo Uscita di Sicurezza, ma a volte, se si è<br />
fortunati, può capitare di inciampare in una i piccola,<br />
minuscola, chiusa all’interno di un cerchio tutto nero. Una<br />
volta indicava la presenza di un idrante, necessario per<br />
spegnere il fuoco provocato da una bomba in caduta<br />
libera sulle case. Tempi duri. Per non parlare poi di quei<br />
buchi lasciati dalle granate sui pali della luce. Andiamo!<br />
Sarà roba di quasi sessant’anni fa. Appunto: pezzi di<br />
storia della città, destinati purtroppo a scomparire, ma<br />
oggi ancora sopravvissuti e rintracciabili – a cercare un<br />
po’ – nonostante i mille restyling della città. Cercare,<br />
scavare, cercare ancora: la guerra a Milano. E se state<br />
pensando che siamo impazziti, fate un bel respiro e fra<br />
poco capirete. <strong>Urban</strong> si è fatta un giro per le vie della<br />
città, ha spiato palazzi e piazze. Ha fotografato lettere e<br />
segni, lasciati dall’ultima guerra mondiale a Milano. War<br />
in Milan: con un po’ di immaginazione, nemmeno poi<br />
molta, potete vedervi la testatina di CNN. Elmetto, anfibi,<br />
si parte.<br />
In piazza della Repubblica sono le 18.30. Un flusso<br />
incessante di uomini e donne sale e scende dai tram:<br />
ogni minuto persone distratte e indaffarate spintonano<br />
per farsi largo e si capisce che non vedono l’ora di<br />
tornare a casa. Sembrano tutti stufi dopo una giornata di<br />
lavoro, hanno fretta di andarsene, ma… calma! Non c’è<br />
bisogno di agitarsi così. Per strada tedeschi non ce ne<br />
sono, forse qualche turista, ma ormai non fanno più<br />
paura. In cielo neppure l’ombra di aerei inglesi. E non si<br />
sentono nemmeno più squillare le sirene. Tutto<br />
dimenticato, se non fosse per quei pali della luce, verde<br />
militare, non tanto alti. Tutti sforacchiati. Proprio così:<br />
nella prospettiva-viale che si spinge dalla stazione verso<br />
il centro, una specie di porta di Milano, le hanno provate<br />
tutte. Persino una statua illuminata, talmente orrenda che<br />
l’hanno levata subito. E di tutte le attrazioni, nessuno che<br />
faccia notare come si conviene questa dei lampioni<br />
sforacchiati dalle battaglie. Con i segni delle granate<br />
ancora ben in evidenza sulla pelle d’acciaio. Testimoni<br />
muti, purtroppo. Qualcuno su uno di questi pali ha<br />
disegnato un cuore attorno a un foro. Un emozionante<br />
peace&love.<br />
Di pali della luce con i segni delle granate se ne trovano<br />
in ogni quartiere, a Milano. Come le lettere RA. Se vi<br />
capita di incontrarle, provate a immaginare centinaia di<br />
persone che ogni notte in quel palazzo scendevano<br />
correndo per le scale in direzione della cantina. Urgono<br />
BOMBEAMILANO<br />
testo: Sonia Sartori / foto: Paolo Ventura ( Ricco Maresca Gallery - N.Y. )<br />
30 URBAN<br />
ANCHE QUI SONO CADUTE<br />
LE BOMBE, e i segni si<br />
vedono ancora. Non è facile<br />
scovare e cancellare tutti<br />
i buchi della guerra, anche<br />
se è una faccenda di<br />
sessant’anni fa. Nei pali della<br />
luce, sui muri dei palazzi,<br />
nelle cantine condominiali,<br />
il passato resta scritto con<br />
piccoli squarci e grandi<br />
lettere bianche e nere<br />
URBAN 31
CITTÀ D’AUTORE<br />
MARCO PETRUS<br />
L’architettura e i suoi paradossi, la città e il rigore geometrico dei suoi palazzi. Milano vista in orizzontale e in verticale, di sopra e di sotto. Fuori dai luoghi comuni,<br />
dentro la sua anima. Scorci di vita e di città. Marco Petrus, tra i fondatori del gruppo Officina Milanese, da anni lavora su questi temi. Attraverso la pittura. Guarda la città<br />
con uno sguardo tutto suo, ne coglie i segnali urbani e i cortocircuiti mentali e architettonici. Poi dipinge.Edifici affastellati uno sull’altro e palazzi rovesciati su se stessi.<br />
Gioco di incastri per città dipinte.<br />
URBAN 35<br />
Azione 1, 2002, olio su tela, collezione privata. Tratta da Marco Petrus, Electa, collana Italian Factory, 2003
TOP E MINIGONNA MISPALAERE / STIVALI COSTUME NATIONAL<br />
SIXTIESFEVER<br />
UN PO’ OPTICAL, UN PO’ BEAT, UN PO’ NOSTALGIA E UN PO’ ATTUALITÀ. DIETRO L’OBIETTIVO, CAMILLE VIVIER, LA<br />
GRANDE FOTOGRAFA FRANCESE. <strong>DA</strong>VANTI, IL CORTOCIRCUITO TRA LA MO<strong>DA</strong> DI OGGI E LE MAGNIFICHE<br />
OSSESSIONI DEGLI ANNI SESSANTA. WARHOL, LA FACTORY, CHELSEA. PICCOLE NOSTALGIE DEL TEMPO CHE<br />
PASSA. O CHE NON PASSA MAI<br />
FOTO CAMILLE VIVIER@STUDIO GHIGLIERI / STYLING CLAIRE DUPONT@STUDIO GHIGLIERI / MAKE-UP MANAMI / HAIR PAOLO FERREIRA@CALLISTÉ / MODEL ZOE@KARIN<br />
/ ASSISTENTE JAÏR SFEZ<br />
URBAN 37
VESTITO, CALZE E SCARPE TSIMORI CHISATO MAGLIONE CÉLINE / CAPPELLO SPRUNG<br />
38 URBAN URBAN 39
40 URBAN<br />
CAPPELLO E TOP ZUCCA MAGLIONE, TOP, CALZE E ORECCHINI ISABELLE M A R A N T<br />
URBAN 41
42 URBAN<br />
MAGLIA E VESTITO A POIS GIALLI DICE KAYEK<br />
CAPPOTTO COSTUME NATIONAL / CALZE E SCARPE CELINE<br />
URBAN 43
DJ PLAYLIST<br />
Produttore (Primal Scream),<br />
remixer e dj. Andrew<br />
Weatherall ha fatto incontrare<br />
elettronica e dub. Niente<br />
male come matrimonio.<br />
Ecco la sua top ten.<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
1.<br />
2.<br />
3.<br />
4.<br />
5.<br />
6.<br />
7.<br />
8.<br />
9.<br />
10.<br />
54 URBAN<br />
MICHAEL FORSHAW<br />
The last starfighter ep<br />
CALEIXICO<br />
Untitled III<br />
(Weatherall remix)<br />
PINK FLOYD VS<br />
KRAFTWERK<br />
The dark side of autobahn<br />
DECAL<br />
Brightest star<br />
HEADMAN<br />
It rough<br />
GD LUXXE<br />
Prison life<br />
KAYLE?<br />
Love will tear us apart<br />
MATTHEW HERBERT<br />
BIG BAND<br />
Goodbye swingtime<br />
ANGIE REED<br />
The best of Barbara<br />
Brockhaus<br />
ISOLE<br />
Lost ep<br />
FNAC HITS<br />
Lo scaffale “nuovi suoni”<br />
riserva sempre buone sorprese.<br />
Ecco cosa si è comprato il<br />
popolo nei negozi Fnac prima<br />
di schizzare in vacanza<br />
RADIOHEAD<br />
Hail to the thief<br />
MORCHEEBA<br />
Parts of the process<br />
SKIN<br />
Fleshwounds<br />
MOGWAI<br />
Happy song for happy<br />
people world<br />
WHITE STRIPES<br />
Elephant<br />
LOMA<br />
Eighteen years of sin<br />
THE THRILLS<br />
So much for the city<br />
CINEMATIC<br />
ORCHESTRA<br />
Man with a movie<br />
camera<br />
THE EELS<br />
Shootenanny<br />
TINDERSTICKS<br />
Waiting for the moon<br />
MUSICA<br />
CESARIA VA AL CLUB,<br />
LA SAU<strong>DA</strong>DE IN REMIX<br />
Cesaria Evora, la regina,<br />
rimixata da un<br />
pool di dj francesi.<br />
Etno-urban. Wow!<br />
ARTISTI VARI<br />
Club Sodade<br />
(Cesaria Evora by…)<br />
BMG Ricordi<br />
A volte ci sono album di remix<br />
che fanno scoprire quella che è la<br />
caratteristica più suggestiva, e<br />
per ciò stesso artistica, di questo<br />
tipo di forma espressiva. Ossia la<br />
sua capacità di saper scomporre,<br />
smontare e ricostruire qualcosa di<br />
già esistente e finito, dandogli in<br />
più una luce nuova che spesso riflette<br />
la personalità di chi remixa<br />
almeno quanto quella dell’artista<br />
remixato. Ma c’è di più: il remix<br />
spesso fa dire all’originale cose<br />
che non aveva detto, ma che<br />
avrebbe potuto dire, se riletto<br />
sotto questa nuova luce.<br />
Intendiamoci: siamo lontani anni<br />
luce dal remix da discoteca, con<br />
cassa in quattro e base senza voce.<br />
Qui ci muoviamo in un territorio<br />
in cui fare un remix equivale a<br />
fare – nuovamente – musica.<br />
E in questo senso il remix ha dignità<br />
di forma d’arte, e riesce a<br />
essere derivativo eppure originale,<br />
talvolta innovativo; quando<br />
propone le stesse pagine rilette<br />
alla luce di un diverso ritmo, di un<br />
diverso respiro. È quello che succede<br />
con il Club Sodade: da un lato<br />
c’è Cesaria Evora, la cantante<br />
scalza, la regina della morna di<br />
L’ambiente musicale<br />
manca di coraggio?<br />
Il buon Madeddu non<br />
le manda a dire...<br />
Fammi un pezzo sulla mancanza<br />
di coraggio nell’ambiente musicale,<br />
dice il capo. Come no, in 12 righe.<br />
Che una è già andata. E che<br />
poi se risulto stizzoso lui lo sega<br />
per mettere la recensione di Irene<br />
Grandi o quelle boiate lì da 30enni.<br />
Che poi non è vero che manca<br />
il coraggio. Baglioni ha il coraggio<br />
di arrivare a 50 anni e sembrare<br />
Capo Verde, quella musica nostalgica<br />
e suadente, irrimediabilmente<br />
sconsolata, in cui si incontrano,<br />
come nella vera terra di mezzo, le<br />
lamentazioni del fado portoghese<br />
e la saudade brasiliana; dall’altra<br />
una manciata di dj francesi “di<br />
tendenza”, filosofi praticanti di un<br />
urbanismo sempre più fatto di ritmi<br />
e suggestioni, di sintesi globali<br />
e frammenti assolutamente locali.<br />
Sharon Stone. Ligabue ha il coraggio<br />
di rifare lo stesso disco<br />
ogni volta, cambiando solo il giocatore<br />
dell’Inter. Ramazzotti ha il<br />
coraggio non solo di far lo stesso<br />
disco ma anche di prendere le<br />
donne dallo stesso programma, il<br />
Festivalbar – meno male non si è<br />
messo con Salvetti. Mtv ha il coraggio<br />
di dire che Bush è cattivo<br />
quando loro sterminano i neuroni<br />
di tre generazioni con Celebrity<br />
Deathmatch, Andy Dick e Jennifer<br />
Lopez. I critici musicali hanno il<br />
coraggio di parlare bene di Alex<br />
Britti quando poi sono i primi a<br />
trovare palloso lui e il suo blue-<br />
Il risultato è un lavoro ottimo,<br />
nuova musica che nasce e si sviluppa<br />
dalla vecchia con una forza<br />
e un dna tutto suo. Il remix come<br />
arte, altro che! Carl Craig,<br />
Chateau Flight, Pepe Bradock,<br />
Kerri Chandler, Cris Prolific, 4<br />
Hero, François K, Dj Rork qui con<br />
il sassofonista Demon Ritchie,<br />
Señor Coconut, Osunlade sono i<br />
nomi di questo drappello di arti-<br />
setto da localetto. Il pubblico ha il<br />
coraggio di premiare i cantanti<br />
più gnègnè che ci sono in giro,<br />
dai Tiromancino a Cammariere alle<br />
Vibrazioni, roba che al confronto<br />
Gigi D’Alessio fa death metal. I<br />
Gemelli Diversi hanno il coraggio<br />
di affrontare i temi scottanti, così<br />
fanno piangere le ragazzine.<br />
Morgan ha il coraggio di lasciare<br />
gli altri pupazzi pur sapendo che<br />
in quattro facevano più ridere. I<br />
vecchi tromboni del rock hanno<br />
il coraggio di chiedere più di<br />
100mila lire per i loro concerti, e<br />
i critici tremanti hanno il coraggio<br />
di scrivere con il loro palmare da<br />
sti della rimanipolazione, che partono<br />
dal canzoniere di Cesaria<br />
Evora rileggendolo e riportandolo<br />
senza sforzo evidente in una dimensione<br />
decisamente “club”, il<br />
tutto con una creatività e una grazia<br />
che lasciano sbigottiti.<br />
Non è facile prendere un repertorio<br />
“rurale” come quello della<br />
Evora e vestirlo di suoni levigati,<br />
beat implacabili e rumorismo minimale,<br />
eppure su questo album<br />
ci si è riusciti, preservando per<br />
giunta il richiamo selvaggio e<br />
sconsolato di quella terra, e il fascino<br />
che la sua musica rimanda<br />
al mondo. Petit pays, Angola (in<br />
tre versioni), Nho antone escaderode,<br />
Besame mucho, Bondade e<br />
maldade, Sodade, Negue, Miss<br />
perfumado, Nutridinha e Sangue<br />
de beirona sono i 12 brani contenuti<br />
in questa raccolta – lo dico<br />
più per i fans della Evora che per<br />
gli amanti del clubbing – che<br />
riesce nell’arduo intento di mettere<br />
d’accordo il battito della metropoli<br />
occidentale con il respiro<br />
di un’isola dimenticata nell’oceano<br />
di fronte all’Africa, un tempo<br />
snodo centrale della tratta degli<br />
schiavi, ora riparo per navigatori<br />
transoceanici e meta di un turismo<br />
a volte inconsapevole della<br />
sua storia. Quell’isola Cesaria<br />
Evora l’ha raccontata e fatta sognare<br />
come nessun altro, Club<br />
Sodade, con queste tracce, ne rivive,<br />
dal caos organizzato delle<br />
città, la nostalgia.<br />
MEGLIO UN GIORNO <strong>DA</strong> CANTANTE<br />
LUCA BERNINI<br />
dieci milioni che sono ancora meravigliosi<br />
e ribelli. Le radio hanno<br />
il coraggio di fare 24 ore di programmi<br />
con le notizie cazzute tirate<br />
su dagli articolini sul Corriere<br />
o dai gossip di Rockol – poi il dj<br />
50enne fintogiovane ride uah<br />
uah, ehi ragazzi ehi ragazzi, e via<br />
con Chihuahua. Infine, le case discografiche<br />
hanno il coraggio di<br />
prendersela coi pirati e il file-sharing<br />
quando non c’è un disco degli<br />
ultimi tre anni che valga più di<br />
3,5 euro. Quindi, quale mancanza<br />
di coraggio?<br />
PAOLO MADEDDU<br />
BLACK REBEL MOTORCYCLE CLUB<br />
BLACK REBEL<br />
MOTORCYCLE CLUB<br />
Take them on, on your own<br />
Virgin<br />
Dopo avere assestato un buon<br />
colpo con l’omonimo album di<br />
esordio, i Black Rebel<br />
Motorcycle Club si tengono sulla<br />
difensiva nel secondo round. Lo<br />
stile resta più o meno lo stesso,<br />
con un pizzico di ruvidezza in<br />
meno, e l’album è secco e affilato.<br />
I tre vanno al sodo senza<br />
troppi fronzoli, si concedono<br />
una pausa semiacustica (And I’m<br />
aching), e per il resto picchiano<br />
a dovere. Ma, per portare a casa<br />
il titolo di migliore rock band<br />
emergente del pianeta, manca<br />
ancora il gancio da ko.<br />
PAOLO GIOVANAZZI<br />
PAT METHENY<br />
One quiet night<br />
WEA<br />
Difficile capire come faccia, Pat<br />
Metheny ad andare avanti sulla<br />
sua rotta di musicista senza frontiere.<br />
Eppure è proprio così, e riprova<br />
ne è questo album registrato<br />
in splendida solitudine, a casa,<br />
come dice il titolo “in una tranquilla<br />
notte” newyorkese; a cavallo<br />
di una chitarra baritono che altro<br />
non è se non un’acustica accordata<br />
diversamente, come potrete<br />
vedere nel retro di copertina.<br />
Dentro, nel disco, 12 brani;<br />
qualche cover di altri (My song di<br />
Keith Jarrett, Ferry cross the<br />
Mersey, Don’t know why), un vecchio<br />
classico come Last train home,<br />
già suonato per sola chitarra<br />
nel corso dell’ultimo tour, e una<br />
manciata abbondante di inediti. Il<br />
risultato è un disco intimo, raccol-<br />
Sul portale Musix,<br />
gratis e interattiva.<br />
La strana compilation<br />
ARTISTI VARI<br />
Loser my religion 3<br />
Se sapete già di che si tratta, non<br />
ve la tirate: i tempi di lavorazione<br />
del mensile e l’estate di mezzo ci<br />
consentono di dirvi solo ora cosa<br />
pensiamo di questa iniziativa: tutto<br />
il bene possibile. Perché è una<br />
PAT METHENY<br />
to, suonato – come ammette lo<br />
stesso Metheny nelle note interne<br />
– per la pura gioia di suonare.<br />
LUCA BERNINI<br />
MORBLUS BAND<br />
Mrs Miller<br />
Roberto Morbioli e la sua band<br />
veronese si affidano a Massimo<br />
Bubola per il lancio di Mrs.<br />
Miller, quinto lavoro dei Morblus<br />
Band, formidabile gruppo di<br />
rhythm’n’blues made in Italy.<br />
Funky urbano di pregiata fattura<br />
che sa legare Van Morrison e la<br />
scuola classica di Chicago,<br />
Zucchero e B.B. King. Bubola,<br />
oltre alla produzione, scrive tutti<br />
i testi. Uno in particolare, La<br />
fabbrica di incubi, porta anche<br />
la firma di Beppe Grillo per un<br />
attacco violento alla tv divoratrice<br />
di catastrofismi e mostro assetato<br />
di sangue.<br />
PAOLO DE BERNARDIN<br />
LUCA FLORES TRIO<br />
Sounds and shades of sound<br />
Splasc(h)<br />
La storia di Luca Flores è stata<br />
raccontata qualche mese fa da<br />
Walter Veltroni in un libro, Il disco<br />
del mondo, che, nonostante la retorica,<br />
ha il merito di avere acceso<br />
i riflettori sull’opera di un musicista<br />
tormentato e infelice, morto<br />
suicida, ma capace di esprimere<br />
al piano un’intensità emozionale<br />
stupefacente. La storia di Luca<br />
Flores è, più in generale, la storia<br />
di buona parte del jazz italiano,<br />
dove è possibile, per un musicista<br />
di statura qual era Flores (ma il<br />
discorso vale anche per altri<br />
grandi, come lo era Massimo<br />
<strong>Urban</strong>i), fare dischi, arrivare a<br />
esprimere il massimo della pro-<br />
buona idea che non a caso non<br />
proviene dalle case discografiche<br />
italiane. È una compilation gratuita,<br />
scaricabile dal portale Musix di<br />
Tiscali, messa in piedi dalla webradio<br />
Loser. La quale prima ha<br />
chiesto ai suoi ascoltatori di mandare<br />
delle brevi registrazioni:<br />
campionamenti, frammenti, spunti.<br />
Poi ne ha selezionati undici. E<br />
infine ha contattato venticinque<br />
gruppi underground italiani – più<br />
i divi Subsonica – chiedendo loro<br />
di farne altrettante canzoni. Ora,<br />
LUCA FLORES TRIO<br />
pria poetica e morire nel quasi totale<br />
anonimato, un delitto culturale<br />
che purtroppo, a quasi 10 anni<br />
dalla sua morte, non vede nessun<br />
principio di cambiamento. Sounds<br />
and shades of sound, registrato<br />
nel 1990 in trio e rimasterizzato<br />
nel 2003, è forse l’album che più<br />
di ogni altro può aiutarvi a farvi<br />
un’idea della bravura di questo<br />
pianista; ascoltatelo nelle proprie<br />
composizioni (Ode to the ocean,<br />
Feux rouges, Dice dance), nelle<br />
due riletture di Tenco (Averti tra<br />
le mie braccia, Angela) e in quelle<br />
di standard internazionali<br />
(Darn that dream, Softly as in a<br />
morning sunrise) e farete una<br />
scoperta preziosa, purtroppo<br />
postuma.<br />
LUCA BERNINI<br />
TRAIN<br />
My Private Nation<br />
Sony<br />
Una volta era più semplice: disco<br />
americano di rock band emergente,<br />
a guidare il nome giusto<br />
(Brendan O’Brien, già Pearl Jam e<br />
Springsteen) e via con un album<br />
bello leccato, scintillante e perfetto,<br />
pronto per vendere all over the<br />
world. E lì si poteva andare sul sicuro,<br />
oppure si stroncava a prescindere.<br />
Adesso invece sai che ti<br />
fregano, ma non sai come: il nuovo<br />
album dei Train è bello? Tutto<br />
sommato sì, ci sono canzoni buone<br />
e coinvolgenti al di là degli hit<br />
radiofonici, il cantante e autore<br />
Pat Mohanan ci mette anche un<br />
po’ d’anima, i suoni sono giusti…<br />
insomma, c’è tutto, ma manca<br />
qualcosa. È rock troppo per bene<br />
per lasciare il segno, è pop elegante<br />
ma alla lunga insipido…<br />
però alla quarta volta che lo<br />
una domanda: perché 26 gruppi<br />
e nessun artista singolo? Cos’è<br />
questa gruppocrazia? Altra domanda:<br />
dobbiamo essere felici<br />
perché stiamo per passare dalle<br />
mani di Sony, Bmg e Warner a<br />
quelle di Tiscali, Telecom o Wind?<br />
… Bene: ora che abbiamo gettato<br />
il bieco seme del dubbio, alè, occupiamoci<br />
delle canzoni. Ci si<br />
aspetterebbe brani targettizzati<br />
sul tipico downloader – 25enne<br />
maschio, informatizzato e schizzato.<br />
Invece ci sono talmente tan-<br />
TRAIN<br />
ascolto trovo Lincoln avenue un<br />
pezzo degno del miglior<br />
McCartney, Your every color suona<br />
come gli Oasis non riescono<br />
più a fare, e When I look to the<br />
sky riesce a essere una ballad credibile…<br />
alla fine vale la pena?<br />
Bah, una volta era più semplice...<br />
EDDI BERNI<br />
JIMMY VILLOTTI<br />
Naturalmente imperfetto<br />
NUN Entertainment<br />
Ecco il disco di uno di quegli artisti<br />
che potresti stare ad ascoltare<br />
per ore, tante e tali sono le cose<br />
che hanno da dire. Jimmy Villotti<br />
è conosciuto – dai più dei meno<br />
– come funambolico chitarrista di<br />
Paolo Conte, colui al quale l’avvocato<br />
chansonnier ha dedicato<br />
la bella Jimmy ballando (contenuta<br />
in questo album), nonché come<br />
episodico autore di<br />
parole/stoccate e solista di grande<br />
forza espressiva.<br />
Naturalmente imperfetto è un disco<br />
che non può avere un mercato<br />
se non fatto dal passaparola<br />
di chi lo ascolta. E allora sappiate<br />
che lui è uno dei pochi in grado<br />
di scrivere andando fino in fondo<br />
a rischio di fare (e di farsi) male,<br />
senza altra grazia che non sia<br />
quella che gli proviene dallo strumento<br />
che suona (la chitarra) e<br />
da una voce che da sola è già<br />
strumento. Guardatelo come un<br />
Conte senza maniera, o come un<br />
Capossela senza l’accolita, e ne<br />
scoprirete la verve piena, il passo<br />
naturalmente imperfetto e la distanza<br />
incolmabile che lo separa<br />
dal mondo rumoroso della musica<br />
leggera. Un piccolo gioiello<br />
sottotraccia<br />
LUCA BERNINI<br />
LA VERA ROCKSTAR: IL PUBBLICO<br />
te sfumature di pop e di rock da<br />
mangiarsi qualsiasi altra compilation<br />
di giovane rock italiano degli<br />
ultimi anni: il confronto con le<br />
idee degli ascoltatori è fecondo<br />
per tutti, a partire da Yuppie Flu,<br />
Perturbazione, Candies, Julie’s<br />
Haircut e Zu. Ma soprattutto, come<br />
dimostrano i brani di<br />
Mosquitos e Joe Leaman, l’interattività<br />
e la gratuità conferiscono<br />
un certo spirito carbonaro di libertà<br />
creativa.<br />
PAOLO MADEDDU<br />
IN CONCERT<br />
MILANO<br />
20 settembre<br />
TORA! TORA! FESTIVAL<br />
Mazdapalace<br />
La nuova edizione del festival<br />
ideato da Manuel Agnelli<br />
26 settembre<br />
GIARDINI DI MIRÒ<br />
Garbagnate (Mi),<br />
Scorribande<br />
Una delle migliori band postrock<br />
italiane<br />
ROMA<br />
12 settembre<br />
VELVET<br />
Parco Aldo Moro<br />
I ragazzi sono in giro da tempo,<br />
ora hanno un piglio rock<br />
che vi sorprenderà.<br />
26 settembre<br />
MORGAN<br />
Palacisalfa<br />
Le canzoni dell’appartamento<br />
è un lavoro bello e articolato. I<br />
concerti sono tutti da gustare.<br />
BOLOGNA<br />
7 settembre<br />
INDEPENDENT <strong>DA</strong>Y FESTIVAL<br />
Parco Nord<br />
Quinta edizione del Festival<br />
dedicato quest’anno a Joe<br />
Strummer. Con Rancid,<br />
Nashville Pussy, Cramps, AFI,<br />
Ataris, Lagwagon, Mars Volta:<br />
indipendenti, alternativi e anche<br />
di più.<br />
TORINO<br />
9 settembre<br />
ORNETTE COLEMAN<br />
Auditorium<br />
Giovanni Agnelli, Lingotto<br />
Il sassofonista inventore del<br />
free jazz si presenta in trio, sulla<br />
scia del recente album<br />
Tomorrow is the question!<br />
16 settembre<br />
JETS TO BRAZIL<br />
Estragon<br />
Tre album all’attivo – l’ultimo è<br />
Perfecting loneliness - per una<br />
delle più scottanti realtà dell’emo-rock.<br />
Adesso live.<br />
URBAN 55
MEDIA<br />
LA CARTA CANTA!<br />
E AMA I FUMETTI opera<br />
Fumetto d’autore,<br />
disegni e arte<br />
urbana. Ecco<br />
InguineMAH!gazine<br />
“La carta canta e chi la edita si<br />
vanta”; e poi: “un fumetto diverso,<br />
disegni che vi fanno perdere la<br />
testa”, così si spiegano quelli di<br />
inguine.net nel presentare<br />
inguineMAH!gazine (quadrimestrale<br />
di 48 pagine della Coniglio<br />
editore). La rivista (presentata a<br />
maggio all’Happening underground<br />
di Milano) è dedicata al<br />
fumetto, alla comunicazione e all’illustrazione<br />
ed è arrivata al suo<br />
secondo numero, proponendo<br />
autori italiani e stranieri, del mondo<br />
dei comics underground.<br />
La svolta e la novità riguardano il<br />
passaggio dall’esperienza di sperimentazione<br />
in rete (sempre in<br />
fieri) del gruppo inguine.net (nato<br />
nel 2001) a quella cartacea. Al<br />
centro di tutto, le potenzialità<br />
espressive del fumetto che ha visto<br />
autori della rete, calarsi nella<br />
realtà di esposizioni come la<br />
Biennale Giovani Artisti del<br />
Mediterraneo a Sarajevo. Tra le<br />
pagine del magazine si possono<br />
trovare alcune tavole inedite di<br />
Aleksandar Zograf, l’artista serbo<br />
che ha raccontato “i bombardamenti<br />
umanitari” della guerra dei<br />
Balcani, quelle cattivissime dello<br />
spagnolo Miguel Brieva incentrate<br />
sulla critica sociale e i ritratti<br />
della canadese Julie Doucet. Molti<br />
anche gli autori italiani con<br />
Gianluca Costantini e Ale Staffa.<br />
Quindi le figurine di Paper<br />
Resistance che si trasformano in<br />
adesivi da attaccare in giro per la<br />
città. Poi esperienze legate al<br />
mondo visuale di internet e chicche<br />
(da vera rivista underground)<br />
tra cui Blu, autore di molti graffiti<br />
metropolitani ora alle prese con il<br />
disegno di storie a fumetti.<br />
A chiudere: l’underground non<br />
più solo da vivere e guardare sul<br />
web (www.inguine.net), sui muri,<br />
per strada, in città, ma anche da<br />
sfogliare. Un magazine stampato<br />
bene con disegni mai banali e<br />
stuzzicanti, sicuramente interessante,<br />
da tenere in osservazione.<br />
Se a maggio vi siete persi il n. 1<br />
adesso siete in tempo per dare<br />
un’occhiata alla seconda uscita.<br />
La rivista la trovate in libreria a 5<br />
euro. Loro avvertono: “Va conservata<br />
in luogo fresco e asciutto”.<br />
E que sera sera...<br />
SARA TEDESCHI<br />
IL , 900 <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong> AMARO<br />
Oltre un secolo di satira, da Scalarini a Altan<br />
All’inizio ci fu quella risorgimentale,<br />
ancora un po’ deboluccia<br />
per dir la verità, che<br />
“metteva alla berlina” conservatori,<br />
reazionari, patrioti, clero<br />
e monarchie. Poi con lo<br />
svoltare del secolo la satira si è<br />
fatta più precisa, pungente, ed<br />
è esplosa la caricatura politica<br />
italiana. Alla Fondazione<br />
Mazzotta, fino al 24 settembre,<br />
è possibile farsi un bel viaggetto<br />
per tutto il Novecento<br />
italiano, dando una ripassata<br />
alla nostra storia sociale, politica<br />
e di costume. Seduzioni e<br />
miserie del potere, visto da sinistra-visto<br />
da destra, è una<br />
rassegna che presenta le opere<br />
di cinque grandi del disegno<br />
satirico e della caricatura.<br />
Quattrocento i disegni (tratti<br />
da periodici e quotidiani) di<br />
Gabriele Galatara, Giuseppe<br />
Scalarini, Mario Sironi,<br />
Giovannino Guareschi e<br />
Francesco Tullio Altan. Niente<br />
e nessuno è escluso: le guerre,<br />
il fascismo e i suoi protagonisti,<br />
il passaggio alla<br />
Repubblica, gli anni della<br />
Democrazia Cristiana, Craxi,<br />
i grandi eventi, lo sviluppo<br />
e le disuguaglianze sociali,<br />
le fabbriche, fino a Silvio e al<br />
partito azienda.<br />
Seduzioni e Miserie<br />
del Potere<br />
Milano, Fondazione Mazzotta<br />
Fino al 24 settembre<br />
di: Max Andersson & Lars Sjunnesson<br />
GAMES<br />
La canna da pesca<br />
per la Playstation.<br />
Come fai senza?<br />
Nella prima parte dell’anno le<br />
vendite dei videogiochi, dopo<br />
una lunga crescita, hanno subito<br />
una notevole flessione rispetto<br />
all’anno scorso. Chi se<br />
ne frega direte voi. Beh, i produttori<br />
di videogiochi sembrano<br />
interessati alla vicenda e<br />
corrono ai ripari. Oltre a rilanciare<br />
sul mercato i sequel dei<br />
maggiori successi, ecco allora<br />
arrivare decine di accessori per<br />
rendere più giusta la propria<br />
console. E-toy, per esempio, è<br />
una webcam da collegare alla<br />
Ps2 che permette di interagire<br />
con i videogiochi sullo schermo.<br />
Certo i giochini sono molto<br />
semplici, quasi banali, ma uno<br />
degli aspetti più divertenti della<br />
cosa è vedere le persone davanti<br />
allo schermo agitarsi come<br />
tarantolati.<br />
La prospettiva è molto interessante<br />
e forse nel futuro potremo<br />
di nuovo giocare a pallone<br />
in casa senza timore di rompere<br />
i vetri o rovinare il riposino<br />
dei vicini. Sempre per la<br />
Playstation 2, un altro must (si<br />
fa per dire, eh?) è la canna da<br />
pesca virtuale. Infatti se volete<br />
giocare a Bass Fishing (Sega), e<br />
quindi vestire i panni di un pescatore,<br />
oltre al solito e ormai<br />
obsoleto joypad, potrete comprarvi<br />
una canna a mulinello,<br />
oggetto che rende il gioco ancora<br />
più realistico con tanto di<br />
tensione e vibrazioni. Vi sembrerà<br />
una follia, ma se c’è un<br />
posto al mondo dove la pesca<br />
e le tecnologie corrono a braccetto<br />
quel posto è il Giappone.<br />
La X-box per tutta risposta punta<br />
invece sul Kit Starter Xbox live<br />
che permette di giocare in<br />
rete con migliaia di utenti.<br />
All’interno del pacchetto si trova<br />
pure una cuffia con microfono,<br />
per sentirsi come su una<br />
macchina di formula uno….o a<br />
un call center.<br />
LEONARD CATACCHIO<br />
URBAN 57
LIBRI<br />
,<br />
AFRICA IN GIALLO<br />
rirli e seguirli anche quando non<br />
sono proprio delle cime. Come i<br />
due apprendisti meccanici, ragazzotti<br />
attratti dalla velocità, o la<br />
domestica malemettente che tenta<br />
di incastrare la futura sposa del<br />
suo datore di lavoro. Oppure tirando<br />
su vere perle, come la giovane<br />
segretaria che viene promossa<br />
assistente.<br />
immagine (tratta dalla copertina): Guido Scarabottolo L<br />
Autore inglese, personaggi africani. Storie di indagini e di<br />
Botswana. Un giallo diverso giocato su tempi e colori d’Africa<br />
LE LACRIME DELLA GIRAFFA<br />
Alexander McCall Smith<br />
Guanda<br />
237 pp., 14,50 euro<br />
Letteratura dal Botswana? E di<br />
donne del Botswana? Purtroppo<br />
no, perché a scrivere è un signore<br />
inglese, Alexander McCall Smith,<br />
che fa il professore di diritto a<br />
Edimburgo e però in Africa c’è<br />
nato e cresciuto. In compenso,<br />
questa strana detective-story, Le<br />
lacrime della giraffa, nel<br />
Botswana è ambientata e narra<br />
quel paese da una prospettiva<br />
abbastanza ‘femminile’, nel senso<br />
che il personaggio principale è la<br />
detective signora Ramotswe.<br />
UNA NOCHE<br />
CON SABRINA LOVE<br />
Pedro Mairal<br />
Mondadori – 148 pp., 7 euro<br />
Romanzo di formazione tutto al<br />
maschile. Daniel, diciassette d’un<br />
paese della provincia argentina,<br />
viene estratto fra migliaia di concorrenti<br />
per passare una notte in<br />
compagnia della donna dei suoi<br />
sogni più proibiti e segreti, la<br />
Donna manager, donna di successo,<br />
aiutata da una formidabile<br />
segretaria, la signora Ramotswe<br />
è in procinto di sposarsi e questo<br />
romanzo racconta, accanto a una<br />
serie di casi e personaggi tipo da<br />
private eye, fidanzamento e vita<br />
quotidiana di una coppia non più<br />
giovanissima. Il promesso sposo,<br />
signor Matekoni, è gestore di una<br />
officina di successo, la Speedy<br />
motors (tutti i negozi, a<br />
Gaborone, come la Ladies’<br />
Detective Agency n.1, hanno coloriti<br />
nomi, accanto a colorate insegne<br />
africane: la gioielleria che<br />
fa affari vendendo brillanti da fidanzamento<br />
si chiama Giorno del<br />
giudizio, la parrucchieria “Make<br />
Romanzo di viaggio e di formazione alla ricerca della pornostar Sabrina Love. Sabroso!<br />
pornostar Sabrina Love, formosa<br />
porcona che agita le notti di tutti<br />
i maschi, compreso il parroco di<br />
Curuguazù. La storia è semplice<br />
semplice: Daniel parte e comincia<br />
il suo on the road verso<br />
Buenos Aires e verso la notte<br />
che lo sverginerà (poiché, di<br />
donna Daniel è vergine, ma non<br />
di pecora e di gallina). Rapinato,<br />
edotto, aiutato, Daniel fa i suoi<br />
bravi incontri di strada attraver-<br />
me beautiful salon”, la macelleria<br />
“Prezzi onesti”), ed è un uomo<br />
molto buono e generoso.<br />
Strana detective-story perché tutta<br />
giocata sui tempi africani: calma<br />
e ritmo, ponderatezza e problemi<br />
morali (e quando mai?! Farsi scrupoli<br />
a rivelare la verità a un marito<br />
cornuto? Neanche un colpo di pistola<br />
sparato? Andatelo un po’ a<br />
dire a Dashiell Hammett o James<br />
Ellroy…). Ma ha ragione la saggia<br />
segretaria Makutsi: “Nel Botswana<br />
non sparano” dice. “Siamo un<br />
paese civile”.<br />
Talmente civile che sia la signora<br />
Ramotswe che il signor Matekoni<br />
sono assai ben disposti verso i<br />
propri dipendenti, tanto da favo-<br />
so un paese che comincia a mostrare<br />
qualche piccola crepa (il<br />
romanzo è del 1998, occhio alle<br />
date quando si parla<br />
d’Argentina). A bordo d’una zattera<br />
per solcare un’alluvione, e<br />
poi autostop – passando per il<br />
luogo dell’incidente dove sette<br />
anni prima hanno perso la vita i<br />
suoi genitori – e pullman, fino alla<br />
capitale tentacolare dove lo<br />
aspetta la suite con la dea del<br />
Perno centrale dei casi da sbrogliare<br />
è la scomparsa d’un giovane<br />
americano avvenuta dieci<br />
anni prima; per il resto la vita<br />
dell’agenzia investigativa è, appunto,<br />
ordinaria amministrazione:<br />
corna, contabili spariti con la<br />
cassa, eccetera. Il giovane aveva<br />
vissuto in una specie di comune<br />
con altri stranieri idealisti, gente<br />
che si trasferisce in Africa convinta<br />
di poter fornire soluzioni<br />
adatte a problemi enormi: ecco<br />
allora il tentativo di sperimentare<br />
nuove forme d’irrigazione dei<br />
campi per coltivare zucche e pomodori<br />
(colture niente affatto locali).<br />
Gli africani osservano,<br />
aspettano, anche accogliendo e<br />
lavorando, ma già sapendo come<br />
andrà a finire.<br />
La suspense, però (perché è pur<br />
sempre una detective story) non<br />
è data solo dall’intreccio da dipanare.<br />
C’è tutta una esistenza<br />
sconosciuta da scoprire, quella<br />
degli abitanti del Botswana, appunto,<br />
coi loro codici di comportamento,<br />
la morale a volte solida<br />
e antichissima, a volte assolutamente<br />
corrotta (geniale la figura<br />
del professore universitario con<br />
il pallino delle studentesse:<br />
Camerino o Gaborone, tutto<br />
il mondo è paese…).<br />
Così si spiega la fortuna d’una<br />
serie che speriamo venga presto<br />
tradotta anche da noi. Intanto,<br />
godetevi la prima puntata.<br />
SILVIA BALLESTRA<br />
L , INIZIAZIONE DEL GIOVANE <strong>DA</strong>NIEL<br />
sesso. Ma prima, una festa in<br />
maschera alcolica, un giro al<br />
mercato e un flirt con una coetanea.<br />
Poi, infine, i fuochi d’artificio<br />
cogli specchi sul soffitto e i numeri<br />
a colori…<br />
Fa tenerezza, comunque, il diciassette<br />
argentino. E fanno pena<br />
gli uomini adulti che fanno da<br />
cornice. Un po’ tutti troppo vittime<br />
della vagina, ma quella virtuale.<br />
Prevalentemente.<br />
THRILLER<br />
Hyeronimus Bosch,<br />
sempre meglio...<br />
LA BION<strong>DA</strong> DI CEMENTO<br />
Michael Connelly<br />
Piemme<br />
406 pp., 18,90 euro<br />
Los Angeles. Un serial killer<br />
disseminava cadaveri di bionde<br />
per tutta la città.<br />
Individuato e freddato durante<br />
la cattura da Hyeronimus<br />
Bosch, detective della omicidi,<br />
caso chiuso. Resta in piedi il<br />
processo. Il detective Bosch<br />
doveva sparare? Ha fatto bene?<br />
Ha sbagliato? Si dibatte.<br />
E mentre si dibatte, ecco spuntare<br />
un’altro cadavere biondo,<br />
ammazzato con le stesse modalità<br />
del serial killer. Questa la<br />
trama, e come ovvio non ci addentriamo<br />
oltre. Le cose che si<br />
chiedono a un giallone di questa<br />
fatta ci sono tutte: suspence,<br />
intreccio, colpi di scena.<br />
Ma in più, se è permesso, l’eccellente<br />
Connelly ci mette altre<br />
cose. Una Los Angeles buia e<br />
terribile, uno scenario perfettamente<br />
descritto nelle sfumature<br />
(il detective della buoncostume,<br />
gli avvocati, la giuria,<br />
i tossici, le puttane), un’ambientazione<br />
costruita con rara<br />
maestria. E poi lui, l’eroe antieroe<br />
Bosch, che passa in mezzo<br />
a quello sfacelo etico e morale,<br />
a quelle vite perdute e massacrate,<br />
a quelle devianze sessuali<br />
e a quelle devastazioni<br />
umane tenendo botta, conservando<br />
una sua etica, un suo<br />
carattere di uomo giusto.<br />
Bosch è una figura perfetta, tra<br />
i detective, mentre la città degli<br />
angeli è una quinta splendida<br />
dove si scorge lo schifo<br />
(tanto) dietro lo scintillìo (finto).<br />
E Connelly scrive con trasporto,<br />
come faceva si suppone<br />
ai tempi della sua carriera<br />
giornalistica, quando faceva il<br />
cronista di nera del L.A. Times<br />
e i cadaveri li vedeva sul serio.<br />
Delle numerose prove del duo<br />
Bosch-Connelly senza dubbio<br />
(per ora) la migliore.<br />
A.R.<br />
URBAN 59
BELLOCCHIO<br />
Il caso Moro,<br />
ancora una volta<br />
BUONGIORNO NOTTE<br />
Marco Bellocchio<br />
Una terribile vicenda della recente<br />
storia d’Italia presentata<br />
al Lido. È il marzo 1978 quando<br />
Aldo Moro viene rapito dalle<br />
Brigate Rosse, dopo l’uccisione<br />
degli uomini della scorta.<br />
55 giorni dopo anche Moro finisce<br />
assassinato. A partire da<br />
questo episodio (peraltro già<br />
affrontato dal cinema)<br />
Bellocchio opera la sua personale<br />
rilettura che punta a cogliere<br />
psicologie, sfumature,<br />
comportamenti, conflitti e responsabilità<br />
dei rapitori. Perno<br />
della vicenda è Anna, interpretata<br />
da Maya Sansa, vivandiera<br />
della prigione del popolo in cui<br />
Moro (Roberto Herlitzka) è rinchiuso,<br />
e quindi parte attiva<br />
delle bierre. Ma anche ragazza<br />
normale che deve mascherare<br />
il suo segreto nella vita e nelle<br />
relazioni di tutti i giorni. Un<br />
grande autore racconta la fine<br />
delle utopie liberatarie e il terribile<br />
trionfo degli anni di<br />
piombo.<br />
A. C.<br />
GARZANTINA<br />
- Dove hai preso la patente, al<br />
parco giochi?<br />
(Giovanni Storti, Così è la vita)<br />
- Beh, non hai voluto un pompino,<br />
così ho pensato di prenderti<br />
una cravatta.<br />
(Mira Sorvino, La dea dell’amore)<br />
- Grande bottiglia, perdona i<br />
miei peccati perché sto per<br />
andarmene per sempre. Posso<br />
bere un sorsetto? Grazie.<br />
Amen. (Joseph Turkel,<br />
Orizzonti di gloria)<br />
- È una primitiva: non ha spirito<br />
né anima né conversazione,<br />
e ogni volta che mangia bisogna<br />
mandarla in tintoria.<br />
(Walther Matthau, È ricca, la<br />
sposo e l’ammazzo)<br />
- Ho cercato di fermarlo con la<br />
forza, c’è stato un vero e proprio<br />
colluttorio. (Totò, Totò<br />
sceicco)<br />
- Come ti chiami?<br />
- Siddartha.<br />
- Cooomeee?<br />
- Come Buddha da magro.<br />
(Niccolò Senni, L’albero delle<br />
pere)<br />
60 URBAN<br />
FILM<br />
HORROR E CORSARI,<br />
COME A DISNEYLAND<br />
Riecco i pirati, finalmente!<br />
Del resto al<br />
cinema siamo tutti<br />
ragazzini. E infatti...<br />
Bravo Johnny Depp<br />
LA MALEDIZIONE DELLA<br />
PRIMA LUNA<br />
Gore Verbinski<br />
Capitan Sparrow è un corsaro.<br />
Ma non può più impazzare per i<br />
Caraibi perché un collega agguerrito,<br />
capitan Barbossa, gli<br />
ha soffiato la perla nera, la sua<br />
velocissima nave. Nel frattempo<br />
la avvenente figlia dell’arrogante<br />
governatore inglese viene rapita<br />
da Barbossa. E sono scontri<br />
navali, abbordaggi, duelli,<br />
salvataggi, inglesi gabbati e<br />
isola del tesoro. Insomma, tutto<br />
l’armamentario canonico dei<br />
film di questo genere che ogni<br />
tanto riaffiora dagli abissi in<br />
cerca di nuova gloria. Questa<br />
volta, però, c’è una variante<br />
inedita: la maledizione che colpisce<br />
chi si è impossessato del<br />
tesoro rubato agli indigeni dagli<br />
spagnoli tanto tempo prima.<br />
La maledizione, in sè, potrebbe<br />
non essere un dato inedito, lo è<br />
nella fattispecie perché i pirati<br />
di Barbossa, lui stesso e anche<br />
il veliero, sono come degli zombi,<br />
condannati a vagare per l’eternità<br />
come morti viventi che<br />
hanno perso il diritto di assaporare<br />
gusto e piacere della vita.<br />
Incantesimo lunatico che<br />
può essere annullato solo recuperando<br />
tutte le monete d’oro<br />
dello storico maltolto per essere<br />
idealmente restituite ai defraudati.<br />
E lo strano matrimonio<br />
tra il film di genere corsaro con<br />
variante orrorifica funziona.<br />
Niente più che un divertissement,<br />
un modo per celebrare il<br />
cinema come puro intrattenimento,<br />
ma il risultato è davvero<br />
spassoso. A partire dal linguaggio<br />
usato dai nostri eroi e dai<br />
loro antagonisti, farcito di arcaismi<br />
con varianti quasi poetiche.<br />
Poi ci sono gli interpreti che<br />
danno lustro, oltre all’impressione<br />
di essersi divertiti un sacco<br />
nel realizzare il film. Johnny<br />
Depp è capitan Sparrow, pirata<br />
a suo modo gentiluomo, spadaccino<br />
provetto, capace di soffiare<br />
agli zerbinotti inglesi la nave più<br />
veloce del regno e di cavarsela<br />
nelle situazioni più disperate.<br />
Geoffrey Rush è il suo vero nemico,<br />
molto più degli inglesi. Gli<br />
ha rubato la nave, e questo per<br />
un pirata è un bel guaio, oltre al<br />
fatto che riuscire a batterlo è<br />
piuttosto complicato perché i<br />
colpi di arma da taglio o da fuoco<br />
non sembrano in grado di<br />
fargli un gran danno. Poi c’è la<br />
figlia del governatore, Keira<br />
Knightley (forse qualcuno ricorderà<br />
di averla vista accanto alla<br />
protagonista in Sognando<br />
Beckham, ma ora è cresciuta e<br />
trasformata) e il governatore<br />
stesso Jonathan Pryce. A questi<br />
si aggiungono l’amico di<br />
Sparrow, Will Turner, interpretato<br />
da Orlando Bloom e il commodoro<br />
Norrington impersonato<br />
da Jack Davenport.<br />
L’aspetto più singolare di questo<br />
originale esperimento sta<br />
poi nel fatto che si tratta, in<br />
qualche modo, di un remake.<br />
Non di un film, ma dell’omonima<br />
attrazione di Disneyland.<br />
Partendo da lì, gli sceneggiatori<br />
Ted Elliott e Terry Rossio (Shrek,<br />
Aladdin, Small Soldiers) si sono<br />
sbizzarriti, arrivando al paradosso<br />
di usare come consulente per<br />
una fiction esasperata e davvero<br />
fantasiosa uno storico studioso<br />
di vicende piratesche che si è<br />
prestato al gioco. A dirigere un<br />
personaggio stravagante come<br />
Gore Verbinski, mestierante di<br />
talento, capace di passare da Un<br />
topolino sotto sfratto a The<br />
Mexican oppure a The Ring. Ma<br />
il vero artefice dell’intera operazione<br />
è il produttore Jerry<br />
Bruckheimer, grande fautore del<br />
cinema di intrattenimento ad<br />
alto tasso spettacolare.<br />
Non sempre ci azzecca. La sua<br />
carriera è costellata da straordinari<br />
blockbuster e da flop clamorosi<br />
(come quello recente di<br />
Pearl Harbor). Ma questa volta<br />
ha colpito nel segno e dal botteghino<br />
americano sono già arrivati<br />
molti dobloni d’oro.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
THEY<br />
THEY<br />
Robert Harmon<br />
Non è il caso di lasciarsi fuorviare<br />
dal nome di Wes Craven. Il<br />
padre di Nightmare si è limitato a<br />
dare il patrocinio a un’operazione<br />
che solo alla lontana ricorda i<br />
suoi incubi. Si parte infatti da<br />
una giovane strizzacervelli che<br />
con altri va al funerale di un<br />
amico, morto suicida. E si scopre<br />
che tutti hanno qualcosa in<br />
comune: da piccoli erano terrorizzati<br />
dal buio. Terrore che<br />
rispunta, lasciando dietro di sé<br />
una scia di cadaveri. Attori rigorosamente<br />
sconosciuti, regista<br />
che aveva firmato un film curioso,<br />
The Hitcher, prima di essere<br />
risucchiato dal piccolo schermo.<br />
Dove probabilmente tornerà,<br />
magari per realizzare un horror,<br />
che potrebbe essere patrocinato<br />
da Cronenberg.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
CONFIDENCE<br />
James Foley<br />
Il dato di partenza è piuttosto<br />
semplice: un raggiro compiuto ai<br />
danni delle persone sbagliate,<br />
ossia la mafia. Ai nostri malcapitati<br />
non resta allora che tentare<br />
di ripagare il torto alzando la<br />
posta e il rischio con un secondo<br />
colpo. James Foley (Americani;<br />
Indagine a Chinatown) organizza<br />
il suo racconto con un susseguirsi<br />
frenetico di colpi di scena, che<br />
funzionano abbastanza bene.<br />
Soprattutto per la complicità<br />
degli attori, capitanati da Dustin<br />
Hoffman, come sempre sublime<br />
nell’offrire interpretazioni smaglianti.<br />
Poi c’è Edward Burns in<br />
cerca di gloria e consacrazione<br />
dopo alcune prove discrete.<br />
Completano il cast due nomi<br />
garantiti come Rachel Weisz e<br />
Andy Garcia.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
IL MIRACOLO<br />
Edoardo Winspeare<br />
Un ragazzino investito da un<br />
pirata della strada. Poco prima di<br />
cadere vede qualcosa di stupefacente.<br />
Poi è coma. Però si riprende.<br />
Ma non è questo il miracolo.<br />
Al risveglio tocca un uomo in<br />
preda a una crisi cardiaca e questi<br />
si ritrova con un battito tornato<br />
perfettamente regolare.<br />
Winspeare, nato a Klagenfurt, in<br />
Austria, ma considerato il massimo<br />
cantore visivo del Salento<br />
(Pizzicata e Sangue vivo), si<br />
avventura in una storia insolita<br />
girata quasi esclusivamente a<br />
Taranto, città dalla luminosità<br />
straordinaria. Per il regista il<br />
miracolo, più di quello narrato<br />
dal film che poeticamente si<br />
avventura su uno scenario di<br />
amore e bellezza interiore, è<br />
HULK S , INCAZZA AL CINEMA<br />
Dopo fumetti, telefilm e gadget, ecco il mutante<br />
verdolino in un film. Niente male...<br />
CONFIDENCE<br />
LIZZIE MCGUIRE<br />
stato l’essere selezionato per il<br />
concorso veneziano.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
IMMAGINI -<br />
IMAGING ARGENTINA<br />
Christopher Hampton<br />
Il dramma dei desaparecidos.<br />
Dramma autentico e ancora<br />
attuale. Emma Thompson è<br />
Cecilia, giornalista e critica del<br />
regime, moglie di Antonio<br />
Banderas che lavora in un teatro.<br />
Come molti altri la donna sparisce<br />
nel nulla. Lasciando figlioletta<br />
e marito nello sconforto. Ecco<br />
però il colpo d’ala narrativo. Il<br />
buon Banderas ha delle premonizioni.<br />
Intuisce i drammi vissuti<br />
realmente da persone lontane.<br />
La sua casa diventa meta di pellegrinaggio<br />
da parte di chi vuol<br />
conoscere le sorti dei propri cari<br />
scomparsi. E lui racconta.<br />
Offrendo conforto o speranza. Un<br />
pastrocchio di buone intenzioni,<br />
quasi tutte sprecate. Il realismo<br />
magico latinomericano è un’altra<br />
cosa.<br />
ANTONELLO CATACCHIO<br />
LIZZIE MCGUIRE<br />
Jim Fall<br />
Hilary Duff, protagonista del film,<br />
è nata nel 1987. In patria è però<br />
già una star. Grazie al telefilm<br />
che la vede indossare i panni di<br />
Lizzie McGuire. Inevitabile quindi<br />
HULK<br />
Ang Lee<br />
Era già stato un fumetto Marvel<br />
e un telefilm di successo. E qualcuno<br />
negli Usa ha pensato di trasformarlo<br />
in puro merchandising.<br />
Prima dell’uscita del film un’infinità<br />
di negozi ostentavano gadget<br />
di ogni tipo. Invece il pubblico<br />
americano è rimasto perplesso<br />
e gli oggetti sono rimasti invenduti.<br />
Potrebbe essere un<br />
buon motivo per noi per apprezzare<br />
l’operazione da un punto di<br />
vista strettamente cinematografico.<br />
Perché il film c’è, ed è anche<br />
più profondo di quel che potrebbe<br />
apparire a prima vista. E il<br />
merito va ad Ang Lee, il regista<br />
taiwanese che dopo Ragione e<br />
ALILA<br />
il salto dal piccolo al grande<br />
schermo in cerca di consacrazione<br />
e di successo. La faccenda da<br />
noi potrebbe essere più complicata<br />
rispetto ai teenagers d’oltreoceano.<br />
C’è però un’atout: i<br />
protagonisti del film, Hilary-Lizzie<br />
in testa, partono in gita verso la<br />
città eterna. Set privilegiato di<br />
molti film, anche hollywoodiani,<br />
tutti ampiamente citati. Se poi<br />
aggiungiamo che la nostra eroina<br />
viene scambiata per una rockstar<br />
nostrana il giochino potrebbe<br />
funzionare anche sotto i nostri<br />
lidi. A patto di non prenderlo<br />
troppo sul serio.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
ALILA<br />
Amos Gitai<br />
Amos Gitai è senza alcun dubbio<br />
il più importante e interessante<br />
regista israeliano. Da sempre non<br />
allineato è anche una delle voci<br />
più lucidamente critiche rispetto<br />
alle scelte operate dai governi<br />
del suo paese. Qui si è ispirato al<br />
romanzo di Yehoshua Kenaz<br />
Ripristinando antichi amori. Al<br />
centro del racconto una sorta di<br />
condominio dove tutte le contraddizioni<br />
della società israeliana<br />
contemporanea trovano alloggio.<br />
Storie quotidiane, quasi<br />
banali con però tutti i grandi<br />
temi sullo sfondo.<br />
SELVAGGIA CONTI<br />
sentimento e La tigre e il dragone<br />
ha affrontato a modo suo un<br />
supereroe made in Usa. Ci ha<br />
messo il dramma del ragazzino<br />
che per gli esperimenti di papà<br />
si trasforma se contrariato in un<br />
essere mostruoso di cinque metri<br />
d’altezza.<br />
Ang Lee ha lavorato di cesello<br />
con gli effetti speciali e le coreografie,<br />
si è addirittura messo<br />
al posto del suo protagonista<br />
Eric Bana per ricostruire i movimenti<br />
mostruosi. Perché il film e<br />
il suo dramma stanno tutti in<br />
quel doppio registro tra fantasy<br />
e realtà ed era questa la porta<br />
magica da attraversare. Ang Lee<br />
lo ha fatto firmando un vero<br />
film e non solo un veicolo per<br />
vendere gadget.<br />
STORIA & FILM<br />
Il bandito Giuliano,<br />
una ricostruzione<br />
SEGRETI DI STATO<br />
Paolo Benvenuti<br />
Una pagina ignota della nostra<br />
storia. La strage di Portella<br />
della Ginestra, in Sicilia, il 1°<br />
maggio 1947. Il bandito<br />
Salvatore Giuliano e la sua<br />
banda aprono il fuoco sui contadini<br />
lasciando undici morti e<br />
ventisei feriti. Questa la versione<br />
ufficiale. Ma già al processo<br />
di Viterbo affiorano dubbi.<br />
Evidenziati dal lavoro di<br />
Danilo Dolci. Ora Paolo<br />
Benvenuti, uno dei registi più<br />
schivi e rigorosi del nostro cinema,<br />
rilegge in Segreti di<br />
Stato quella vicenda a partire<br />
dalla ricerca di Dolci, utilizzando<br />
anche materiali desecretati<br />
della commissione antimafia e<br />
documenti rinvenuti a<br />
Washington. E si scopre che<br />
Giuliano poteva non avere torto<br />
nel dire di non avere ammazzato<br />
contadini in quella<br />
circostanza. Benvenuti non ha<br />
i mezzi e le intenzione di ricostruire<br />
visivamente la storia<br />
(per questo si affida a disegni,<br />
foto d’epoca, filmati di repertorio),<br />
che ricompone invece<br />
attraverso l’indagine documentale<br />
condotta dall’avvocato<br />
(Antonio Catania). Portella<br />
acquista così un sapore inquietante,<br />
da anticipazione<br />
della strage di stato, con i potenti<br />
a manovrare i fili e il separatista<br />
Giuliano imbrigliato<br />
nella rete. Una rilettura della<br />
nostra storia attraverso il cinema<br />
che a Venezia ha trovato<br />
accanto a Benvenuti un regista<br />
come Bellocchio con<br />
Buongiorno notte.<br />
A.C.<br />
URBAN 61
62 URBAN<br />
DI TUTTO<br />
Dal dialetto al<br />
circo senza scalo<br />
TECOPPA<br />
Milano, Teatro Ciak<br />
Un’occasione per ammirare<br />
un grandissimo attore, uno<br />
degli ultimi della generazione<br />
italiana over 75, nella ripresa<br />
del personaggio che lo ha reso<br />
celebre (purtroppo solo in<br />
Lombardia). Piero Mazzarella<br />
torna alla sanguigna maschera<br />
meneghina ereditata da<br />
Edoardo Ferravilla e del vivace<br />
vernacolo milanese fa una<br />
forma d’altissima espressione<br />
e un non futile emblema.<br />
23 settembre - 12 ottobre<br />
METAMORFOSI<br />
Roma, Villa Borghese<br />
Torna il Festival di nouveau<br />
cirque organizzato per il secondo<br />
anno da Barberio<br />
Corsetti. Circo e teatro insieme,attori-equilibristi-trapezisti,<br />
nello sperimentato<br />
connubio. Tre compagnie<br />
d’oltralpe e una italiana,<br />
quella di Corsetti, per 3<br />
spettacoli: Di animali, uomini<br />
e dei (2-7 sett), Bascule<br />
(23-25 sett) e Baiser les anges<br />
et tenter le diable (27 e<br />
28 sett). 2 - 7 settembre;<br />
23 - 28 settembre<br />
IL SACRO ATTRAVERSO<br />
L’ORDINARIO<br />
Torino, ex Cimitero<br />
di San Pietro in Vincoli<br />
Non solo cattolicesimo e non<br />
solo religiosità. Decima edizione<br />
del festival che indaga le<br />
istanze etiche dell’animo umano<br />
e il suo senso del trascendente.<br />
Da non perdere<br />
Quando Teresa si arrabbiò con<br />
Dio, con Angela Malfitano che<br />
interpreta le pagine del romanzo<br />
di Jodorowsky, e la festa<br />
indiana Mìlon Mèla con<br />
musiche e danze dei Baul del<br />
Bengala e con l’esibizione dei<br />
Kalaripayattu. 2-7 settembre<br />
TEATRO<br />
TORINO IN CAMBOGIA<br />
Il programma di<br />
Settembre Musica fa<br />
incontrare le culture.<br />
Ospite il teatro nazionale<br />
di Cambogia<br />
1906: l’anno del contatto. Re<br />
Sisowath di Cambogia arriva a<br />
Marsiglia con al seguito le danzatrici<br />
del suo Balletto Reale. Dita<br />
dalle lunghissime unghie laccate,<br />
giocate come parole di uno sconosciuto<br />
alfabeto della danza e<br />
dell’eros, polsi fasciati da tintinnanti<br />
bracciali d’oro, copricapi<br />
preziosi mossi con vezzosi movimenti<br />
del collo, caviglie piegate in<br />
modi per l’epoca innaturali.<br />
Fascino assoluto per l’Occidente<br />
della Belle Époque assetato di<br />
esotismo e improvviso interesse<br />
da parte di studiosi e teatranti<br />
(non ultima Mata Hari).<br />
Quasi un secolo dopo, il prestigioso<br />
programma di Settembre<br />
Musica ricorda quel lontano incontro<br />
tra le due culture con una<br />
serie di spettacoli, balletti, concerti<br />
e momenti di approfondimento<br />
grazie alla presenza in città<br />
del Teatro Nazionale di<br />
Cambogia. Gli organizzatori di<br />
Dei, re, demoni e principesse –<br />
Musica, danza e teatro della<br />
Come cambia la percezione di un<br />
balletto quando lo si porta fuori<br />
dalle mura di un teatro e lo si colloca<br />
in un contesto esterno? Per<br />
scoprirne l’effetto dovete frequentare<br />
la nuova edizione (n. 7) del<br />
festival che da vari anni si svolge<br />
all’ombra delle due torri e che<br />
mette a confronto danza e archi-<br />
ETUDE N.1 & CHORALE<br />
Milano, Teatro dell’Elfo<br />
La coreografa canadese Marie<br />
Chouinard apre il Festival Oltre<br />
90 con uno spettacolo che è<br />
stato salutato dalla critica come<br />
un piccolo capolavoro. Sfida tra<br />
lo spazio e il tempo. La danzatrice<br />
Lucie Mongrain gioca con<br />
biglie di metallo in un rettangolo<br />
blu mentre il compositore Louis<br />
Dufort traccia gli spazi del suo<br />
movimento con interventi acustici<br />
elettronici.<br />
19 - 21 settembre<br />
Cambogia sottolineano come<br />
queste forme di espressione artistica<br />
legate alle tradizioni del<br />
passato siano state, nel corso dei<br />
recenti travagliati decenni attraversati<br />
dall’Asia del Sud-Est, uno<br />
dei pochi cardini su cui si è potuta<br />
mantenere e rifondare l’identità<br />
di un’intera nazione. La rassegna<br />
tettura, coreografia e paesaggio<br />
urbano, facendo attenzione ai<br />
particolari rapporti che si instaurano<br />
tra il movimento dei corpi e<br />
l’immobilità degli edifici o scommettendo<br />
su abbinamenti improbabili.<br />
Come quello della maratona<br />
di break dance, portata nello<br />
scenario post-moderno delle torri<br />
FRATI, BALLETTI, FESTIVAL, OMERO E BARICCO<br />
PADRE MARELLA<br />
Bologna, Teatro Dehon<br />
Un frate scomodo, un rompipalle<br />
che negli anni ’50 e ’60 andava<br />
a bussare alla porta dei ricchi<br />
per donare ai poveri. Il teatro<br />
riscopre la figura di questo attivista<br />
della beneficenza assurto a<br />
mito cittadino e con Conferenza<br />
su Padre Marella ne ricostruisce<br />
le battaglie contro le istituzioni e<br />
contro il clero attraverso interventi,<br />
testimonianze, lettere,<br />
documenti scritti e filmati.<br />
13 settembre<br />
prende il via con uno spettacolo<br />
di teatro delle ombre, il Nang<br />
sbeck thom, in cui un narratore è<br />
accompagnato da musica mentre<br />
i danzatori muovono grandi figure<br />
intagliate nel cuoio per rappresentare<br />
il combattimento tra l’eroe<br />
Lakhsmana e Indrajit, figlio<br />
del re dei demoni. Una storia trat-<br />
<strong>DA</strong>NZA DI CITTA, MEGLIO: <strong>DA</strong>NZA DI STRA<strong>DA</strong><br />
Ballo, architettura, coreografia. Per scenario il centro di Bologna e le torri di Kenzo Tange<br />
di Kenzo Tange in Fiera District, o<br />
le performance di danza all’interno<br />
di varie gallerie d’arte.<br />
Assolutamente da raccomandarsi<br />
sono la fisicità di Veronica Melis,<br />
le sperimentazioni vocali di Guy<br />
Horta, la forza d’impatto di<br />
Francesca Proia o l’esplosiva<br />
energia del giovanissimo Jordi<br />
OMAGGIO A NADJ<br />
Torino, Teatri Gobetti e Nuovo<br />
Torinodanza porta in città due<br />
creazioni del celebre coreografo<br />
ungherese, francese per adozione:<br />
Le temps du repli e Il n’y a<br />
plus de firmament. Armonie di<br />
opposti, di humour e tragedia,<br />
di leggerezza di passo e di ombre<br />
espressioniste. Con danzatori<br />
parlanti e scenografie che<br />
diventano universi di oggetti<br />
concreti e vuoti con personalità<br />
espressiva.<br />
9 -14 settembre<br />
ta dal ciclo del Reamker (epica<br />
versione cambogiana del<br />
Ramayana). È poi la volta di uno<br />
dittico di danze e di teatro interpretato<br />
con le maschere anticamente<br />
riservate alla vita della corte:<br />
in scena due tra i momenti più<br />
emblematici del Balletto Reale,<br />
l’Apsara e il Tep Monorom, storia<br />
della dea delle acque Moni<br />
Mekhala e del demone Esyo. Si<br />
tratta di spettacoli che venivano<br />
eseguiti di fronte ai sovrani e ai<br />
nobili.<br />
Il programma, che coinvolge<br />
il Teatro Gobetti, l’Auditorium<br />
Giovanni Agnelli e il Conservatorio<br />
Giuseppe Verdi, si completa con<br />
un concerto di musiche tradizionali<br />
cambogiane eseguito con<br />
strumenti originali come le vielle,<br />
gli xilofoni, le cetre, i gong, i tamburi<br />
e i flauti. Un’occasione per<br />
ascoltare dal vivo diversi esempi<br />
di generi musicali cambogiani:<br />
il pinpeat legato alle cerimonie<br />
sacre e al teatro, il mohori destinato<br />
all’intrattenimento di corte e<br />
il pleng khmer destinato ai rituali<br />
nuziali. Info allo 011-4424777.<br />
SANDRO AVANZO<br />
Dei, re, demoni e principesse<br />
Torino, sedi varie<br />
16 -18 settembre<br />
Galì. Per approfondimenti e dettagli<br />
del ricco programma si rimanda<br />
al sito di Viva Bologna (www.<br />
comune.bologna.it) e all’infoline<br />
051-6440879.<br />
Danza <strong>Urban</strong>a VII edizione<br />
Bologna, sedi varie<br />
3 -7 settembre<br />
IL RACCONTO DELL’ILIADE<br />
Roma, Accademia di Francia<br />
Omero secondo Baricco. Le<br />
gesta del pelide Achille rivedute<br />
e corrette e lette in pubblico<br />
nello stile di Totem. Lo scontro<br />
tra achei e troiani diventa allora<br />
“puro racconto di guerra” nel<br />
monologo che Alessandro<br />
Baricco presenta in prima assoluta<br />
per Romaeuropa Festival.<br />
Saggio di un progetto che durerà<br />
un anno intero, fino alla lettura<br />
integrale.<br />
21 settembre
Lars Tumbjork, Home 2002<br />
ARTE<br />
<strong>DA</strong>HLBERG, NEO STAR<br />
Video, disegni, foto. Una mostra su controllo e vigilanza, ai limiti con lo spionaggio. Con arte<br />
Come fa un giovane artista a diventare<br />
una star nel giro di pochi<br />
anni? Nell’ordine deve: partecipare<br />
a una mostra internazionale<br />
con altri coetanei, come<br />
Manifesta, esposizione che si tiene<br />
ogni due anni in città europee<br />
diverse; essere invitato a una<br />
Biennale importante, per esempio<br />
quella di Venezia; ottenere una<br />
mostra personale in un prestigioso<br />
museo tedesco (anche svizzero<br />
va bene); rientrare nei 100 artisti<br />
selezionati nella bibbia dell’arte<br />
contemporanea Cream, vo-<br />
NICOLA PELLEGRINI<br />
Torino, 011-5211336<br />
S’intitola Viaggio al termine della<br />
notte la mostra personale che la<br />
galleria Luigi Franco dedica a<br />
Nicola Pellegrini, artista che spesso<br />
lavora in coppia con Ottonella<br />
Mocellin, che è anche la sua compagna<br />
di vita. Il suo mezzo prediletto<br />
è la macchina fotografica, e<br />
le sue immagini sono spesso di<br />
natura autobiografica.<br />
Fino al 13 settembre<br />
lume pubblicato da Phaidon (arrivato<br />
al n. 3); conquistarsi la stima<br />
di facoltosi collezionisti e di una<br />
galleria importante – se con sede<br />
a Chelsea (NY) e con un grande<br />
stand alla Fiera di Basilea meglio<br />
– ma fondamentalmente avere<br />
molte cose da raccontare, e farlo<br />
sempre con originalità, coerenza<br />
e riconoscibilità.<br />
Jonas Dahlberg, giovane artista<br />
svedese, sembra seguire passo<br />
dopo passo questo percorso tortuoso.<br />
Dopo Manifesta 2002, la<br />
JAN VERCRUYSSE<br />
Torre Pellice (To), 0121-953357<br />
L’artista belga Jan Vercruysse,<br />
la cui ricerca abbraccia vari<br />
mezzi espressivi come la fotografia<br />
e la scultura, è ospite<br />
della galleria Tucci Russo.<br />
È celebre la sua serie, intitolata<br />
Tombeaux, costituita da tavoli,<br />
sedie appese ad attaccapanni,<br />
strumenti musicali e sigilli di<br />
ceralacca.<br />
Fino al 28 settembre<br />
Biennale di Venezia 2003, la partecipazione<br />
a una mostra presso<br />
Zkm di Karlsruhe, arriva a Roma<br />
al Magazzino d’Arte Moderna (tel.<br />
06-6875951) per la sua prima<br />
personale italiana.<br />
Alla base della sua ricerca c’è un<br />
elemento ricorrente: l’interesse<br />
per lo spazio e il suo rapporto<br />
con la sorveglianza e con il controllo.<br />
Tanto che per un lungo periodo<br />
ha spiato e fotografato il<br />
suo vicino di casa che possedeva<br />
e ostentava un arsenale impres-<br />
GOING PUBLIC<br />
Modena/Sassuolo, 02-6071623<br />
In corrispondenza del Festival<br />
della Filosofia 2003, il Museo<br />
d’Arte Sociale e Territoriale<br />
(Mast), curioso neonato museo<br />
senza pareti e senza fissa dimora,<br />
presenta l’evento Going Public,<br />
serie di performance di artisti tra<br />
cui Rainer Ganahl, Gianni Motti,<br />
Los Carpinteros. I luoghi sono le<br />
stazioni ferroviarie di Modena e<br />
Sassuolo. 19-20-21 settembre<br />
sionante. Dahlberg, in video, disegni<br />
e foto, crea situazioni in cui la<br />
sorveglianza attiva o passiva influenza<br />
lo spettatore nella sua<br />
percezione dei luoghi. Sono ambienti<br />
deserti e silenziosi nei quali<br />
l’osservatore trova il tempo di riflettere<br />
su ciò che abitualmente lo<br />
circonda: inquinamento acustico e<br />
continue sollecitazioni visive.<br />
D.P. TESEI<br />
Jonas Dahlberg<br />
Roma, Magazzino d’Arte moderna<br />
Fino al 10 ottobre<br />
FOTO-BIENNALE NELLA NATURA<br />
A Torino, X edizione della Biennale internazionale di fotografia<br />
Il titolo della decima edizione della<br />
Biennale Internazionale di<br />
Fotografia – In natura. Tra ossessione<br />
e distrazione, geografia e<br />
ambiente – racchiude le linee guida<br />
di tutta la manifestazione. Un<br />
invito a riflettere sui luoghi che ci<br />
sembrano familiari, sul mondo<br />
sconvolto dagli stravolgimenti climatici,<br />
sul rapporto dell’uomo<br />
con il suo habitat. Olivo Barbieri<br />
ha per esempio realizzato immagini<br />
esplorando il Mediterraneo,<br />
Armin Linke ha intrapreso una ricognizione<br />
aerea su alcuni tratti<br />
alpini, Paola Di Bello ha indagato<br />
il vero e il falso in natura. La mostra<br />
si tiene a Palazzo Bricherasio<br />
e alla Fondazione Italiana della<br />
Fotografia.<br />
X Biennale di Fotografia<br />
Torino, info 011-544132<br />
5 settembre -12 ottobre<br />
SCULTURA, FOTOGRAFIA E PERFORMANCE<br />
VIAGGIO IN ITALIA III<br />
Bologna, 051-502859<br />
È dedicata alla fotografa Inge<br />
Morath la mostra ospitata alla<br />
Galleria d’Arte Moderna. Le fotografie<br />
documentano un soggiorno<br />
a Venezia negli anni ’50. Una<br />
Venezia inedita e poetica ritratta<br />
attraverso la gente comune, gli<br />
artigiani, i venditori. Perché di<br />
Venezia a Inge Morath interessava<br />
innanzitutto la vita quotidiana.<br />
Fino al 28 settembre<br />
Jonas Dahlberg, Safe Zone no.1, 2003<br />
IN MOSTRA<br />
Italiani, francesi<br />
e cinesi. L’arte<br />
in tutto il mondo<br />
SEBA PAVIA<br />
Milano, 02-625271<br />
Come poteva intitolarsi un<br />
ampio reportage sull’Italia e<br />
sui suoi abitanti se non<br />
Italiani? L’autore di questa ricerca<br />
per immagini ospitata<br />
dalla galleria Grazia Neri è<br />
Seba Pavia, che dal 1999 ha<br />
osservato con ironia e con<br />
sguardo disincantato le abitudini<br />
degli italiani, colti nelle<br />
loro contraddizioni.<br />
10 settembre -11 ottobre<br />
CENTRE CULTUREL<br />
FRANÇAIS<br />
Milano, 02-48591928<br />
Riprende la felice stagione<br />
espositiva del Centro Culturale<br />
Francese, diretta da Claire<br />
Burrus, con una mostra dedicata<br />
ad Anne Marie Jugnet e<br />
Alain Clairet, e all’italiana<br />
Chiara Camoni. Il mezzo impiegato<br />
da Jugnet e Cairet, che lavorano<br />
in coppia dal 1997, è la<br />
pittura. Le loro immagini ci<br />
sembrano familiari e, allo stesso<br />
tempo, totalmente sconosciute.<br />
Nel chiostro del centro<br />
ecco poi le sculture in vetro<br />
della giovanissima Camoni.<br />
16 settembre - 25 ottobre<br />
PAT STEIR<br />
Roma, 06-3234000<br />
La Galleria Nazionale d’Arte<br />
Moderna ospita una mostra<br />
dell’artista americana Pat Steir.<br />
I suoi lavori sono ispirati alla<br />
sua vasta conoscenza della calligrafia<br />
e della pittura cinese. I<br />
soggetti delle opere sono<br />
spesso cascate, cieli, visioni<br />
d’acqua e la materia pittorica è<br />
densa. La mostra, curata da<br />
Livia Velani e Ida Panicelli, è incentrata<br />
su una quarantina di<br />
dipinti di grande dimensione<br />
realizzati dal 1986 a oggi.<br />
Fino al 30 settembre<br />
URBAN 65
illustrazione: Cinzia & Valentina<br />
SHOPPING<br />
DITELO COL CACTUS<br />
Fiori? Che palle! Regalate un cavolo, un banano o un peperone<br />
Le solite rose rosse, le gardenie<br />
(sempre valide), i vili ciclamini...<br />
Ma alle signore cosa si porta per<br />
distinguersi dalla folla? Per<br />
esempio un trifoglio, un cavolo<br />
Consigli per gli<br />
artisti (e i writer)<br />
Gli irriducibili certo lo sapranno<br />
di già, ma a Torino c’è un nuovissimo<br />
spazio dedicato alla cultura<br />
hiphop. Dentro ci si può trovare<br />
tutto il necessario, dall’abbiglia-<br />
ROMA, BELLEZZA SECONDO NATURA<br />
ELLEFFE HAIR<br />
Via di San Calisto, 6<br />
Il concept store in bellezza. Elleffe<br />
Hair, aperto a Trastevere già da<br />
qualche anno, è un piacevole salone<br />
di bellezza in cui rifarsi l’acconciatura,<br />
farsi fare un massaggio<br />
e tutti ‘i restauri’ del caso. Uno<br />
spazio dove passare il pomeriggio<br />
ascoltando musica in sottofondo<br />
e sfogliando libri di arte e<br />
fotografia mentre la maschera depurante<br />
alla creta fa effetto sul viso.<br />
Buona la scelta di musica da<br />
acquistare: potete scegliere tra<br />
jazz, lounge ed elettronica. In tono<br />
con lo stile del salon.<br />
decorativo, un peperone, bulbi<br />
nudi, un banano intrecciato, bacche<br />
di rosa canina, tronchi di<br />
cactus o ciuffi di prato. Oppure<br />
un orto... Sì, un orto, portatile<br />
mento (rigorosamente) streetwear<br />
agli accessori per i writers dai dischi<br />
alle riviste. Atipici (tel. 011-<br />
19707897), negozio/progetto/<br />
corner del dj torinese Rula del<br />
gruppo ATPC (che sta tra l’altro<br />
lavorando al quarto album), propone<br />
una zona abbigliamento dove<br />
si trovano vestiti di marche<br />
L’ANTICA ERBORISTERIA<br />
Via di Torre Argentina, 15<br />
Gestita dal 1948 dalla famiglia<br />
Ospici, l’Antica Erboristeria romana<br />
è la più antica bottega erborista<br />
della capitale e occupa<br />
dal 1752 lo stesso spazio con il<br />
soffitto a cassettoni vicino a largo<br />
Argentina. Gli scaffali di noce<br />
ospitano centinaia di varietà di<br />
erbe, classificate e archiviate per<br />
nome e uso, oltre a tè, infusi e<br />
prodotti alimentari. Tutto rigorosamente<br />
secondo natura, compresi<br />
cosmetici, profumi, essenze,<br />
colori per capelli e prodotti<br />
di bellezza.<br />
chiaro, in varie (centi)metrature.<br />
Il trucco è passare da Flò a<br />
Bologna (tel. 051-585096) e fare<br />
quattro chiacchiere con Anna<br />
e Annalisa (vere flower desi-<br />
americane (alcune per la prima<br />
volta a Torino) e marche italiane<br />
famose e di nicchia, nonché accessori<br />
come portapass, cappellini,<br />
polsini, medaglioni, cinture.<br />
Segue la zona dedicata alla musica<br />
con cd e vinili di importazione<br />
(rap, r’n’b e reggae), dvd e vhs, e<br />
uno spazio dedicato all’hip hop<br />
MAC<br />
Via del Babuino, 124<br />
Il ritorno dalle vacanze significa<br />
anche ricominciare a curare il viso<br />
man mano che l’abbronzatura<br />
sparisce? Allora fate la spesa da<br />
Mac, che sta per Make up art cosmetics.<br />
Qui riusciranno a convincervi<br />
che un buon ombretto non<br />
è nulla senza un buon pennello<br />
per sfumarlo, un’ottima matita dal<br />
tratto sottile, un portacosmetici,<br />
una cipria anallergica, un fondotinta<br />
trasparente, uno struccatore…<br />
Il tutto a cura di un esercito<br />
di truccatrici a vostra disposizione<br />
e su misura per voi.<br />
gner), che hanno viaggiato, studiato,<br />
meditato e poi aperto<br />
questo negozio-laboratorio.<br />
Loro, magari, vi consiglieranno<br />
anche fiori delle Ande, fiori sudafricani,<br />
piante acquatiche o<br />
semi di cocco e di baobab. Qui<br />
trovate anche vasi e contenitori<br />
di noti designer internazionali<br />
come Christian Tortu, artista dei<br />
fiori parigino. E poi vasi di cartapesta<br />
idrorepellente, in cera cesellata<br />
a mano (effetto ebano...)<br />
e terracotte belghe insieme a rami<br />
di curry, di black bambù o di<br />
cannella e molto muschio.<br />
Se poi proprio non potete farne<br />
a meno, da Flò potete reperire<br />
tutto quello che vi serve per costruire<br />
il vostro giardino giapponese.<br />
Banale? Allora rimanete fedeli<br />
alla linea “massimo risultato<br />
con il minimo sforzo” e fatevi l’orto.<br />
Zucchine, patate, carote e insalatina.<br />
Con un mini impianto di<br />
irrigazione già organizzato non<br />
resta che aggiungere sale e rigatoni<br />
e il sugo è bello che risolto.<br />
SARA TEDESCHI<br />
Flò<br />
Bologna,<br />
via Saragozza 29<br />
HIP HOP SHOP, ATIPICA TORINO<br />
italiano con autoproduzioni, demo<br />
e mixtapes. Fateci un giro e<br />
state pronti: a breve sarà in funzione<br />
anche il sito web con segnalazioni<br />
musicali e per possibilità<br />
di acquisti on line.<br />
Atipici<br />
Torino, via Nizza 43/l<br />
FARMACIA CAMALDOLESE<br />
Piazza San Gregorio al Celio<br />
Superato il cancello che affianca<br />
la chiesa di San Gregorio al Celio<br />
e i giardini del monastero dei<br />
frati che lo abitano, si arriva alla<br />
piccola e incredibilmente fornita<br />
Antica Farmacia Camaldolese,<br />
dove tra una guida ai luoghi sacri<br />
della capitale e un volume dei<br />
Vangeli apocrifi, troverete le infallibili<br />
medicine naturali messe a<br />
punto dai monaci camaldolesi<br />
nel corso dei secoli. Infusi e creme,<br />
tisane ed essenze, amari e<br />
profumi. E, dulcis in fundo, una<br />
cioccolata molto pregiata.<br />
MILANO<br />
Strani ma buoni: il<br />
souvenir per chi<br />
non parte, la radio<br />
e il negozio-grotta<br />
HENRY BEGUELIN<br />
Via Caminadella, 7<br />
Lampade-stalattiti, muri in<br />
terra e grasso per il cuoio,<br />
materiali ossidati usando aceto<br />
e sale. Ma che negozio è<br />
questo? Un luogo innanzitutto<br />
dove strabuzzare gli occhi<br />
sugli spazi, progettati per essere<br />
visti e ammirati, al di là<br />
di ciò che è in vendita e cioè<br />
vestiti, accessori e abbigliamento<br />
realizzati interamente<br />
a mano senza l’uso di sostanze<br />
nocive, secondo tecniche<br />
antiche. Date un occhio alle<br />
borse, ai medaglioni, alle<br />
sciarpe e poi dite “augh!”.<br />
MONDO DELL’ARTIGIANATO<br />
C.so Garibaldi, 18<br />
Per tutti quelli che sono rimasti<br />
a Milano, ma hanno<br />
detto agli amici di aver fatto<br />
viaggi sontuosi: questo è il<br />
negozio per voi. Nato da<br />
poco, propone matriòske<br />
(anche preziosissime), fine<br />
artigianato giapponese, pietre,<br />
ambra e coralli. Dietro<br />
Brera l’Oriente più solenne<br />
e bizzarro merita un giro<br />
solo per dire “non ci avrei<br />
mai pensato”. Curioso.<br />
PAL&BAG<br />
www.audioclub.it<br />
Ultime gite d’estate? Il campionato<br />
è iniziato, quindi armatevi<br />
di (bella e potente)<br />
radio portatile da indossare.<br />
Addio radioline scarse incollate<br />
alle orecchie di riottosi<br />
mariti che passeggiano ai<br />
giardinetti. La ipertecnologica<br />
Pal&Bag ha un design<br />
retrò, un’autonomia di 20<br />
ore, un rivestimento impermeabile<br />
colorato e non vi<br />
pianta mai in asso. Sul sito<br />
ci sono tutti i rivenditori.<br />
URBAN 67
LEGALIZE IT!<br />
Amanti della canapa<br />
rollatevi ’sti siti<br />
Il paradiso dei fumatori<br />
www.unsaccodicanapa.it<br />
In cucina con Maria (libro di ricette)<br />
ma anche sul divano di<br />
casa volendo. Articoli per fumatori,<br />
semi, tritaerba, cartine,<br />
pipe, chilum, narghilè, kit di<br />
coltivazione e illuminazione,<br />
borse e zaini e riviste. Spazio<br />
anche a filosofia e consapevolezza<br />
cliccando La Marijuana<br />
e la Bibbia, Proposte di legge,<br />
Cannabis News.<br />
Belli con la canapa<br />
www.verdesativa.com<br />
Capelli deboli? Pelle secca?<br />
Stress generalizzato? Fatevi<br />
(una doccia) con la canapa. I<br />
prodotti di Verdesativa (non<br />
testati sugli animali) vi trasformeranno<br />
da rospi in principi.<br />
Sul sito trovate tutta la spiega<br />
su shampoo, creme, saponi<br />
naturali, oli per massaggi e sui<br />
negozi dove trovarli.<br />
Mutande legalizzate<br />
www.fattidicanapa.it<br />
I vestiti, va bene, tutti i posti<br />
dove comprarli va bene, poi<br />
link consigliati tipo È ora di<br />
piantarla e approfondimenti<br />
sui molti benefici della canapa,<br />
dal calzino al seme fumante.<br />
Guardando di qua e di là si<br />
sghignazza parecchio e si trovano<br />
libri, accessori, idee e<br />
suggerimenti. E alla fine peace<br />
and love. Oh yeah.<br />
Rollatevi du’ spaghi<br />
www.indica.it<br />
Pasta di semola di grano duro<br />
e canapa, biscotti con semi di<br />
canapa tostati e cioccolato di<br />
canapa. Poi tutte le curiosità<br />
sugli usi nell’edilizia e tanti<br />
prodotti per il corpo. Una volta<br />
sfamati e smagati si procede<br />
con la cultura. Libri, riviste, approfondimenti<br />
e attualità.<br />
Intanto che l’acqua bolle...<br />
68 URBAN<br />
SHOPPING<br />
MILANO, PICCOLE LUCI<br />
Oggetti che sono<br />
sculture e sculture<br />
che sono lampade.<br />
Dalle forme più<br />
astruse. Accendete<br />
Una piccola vetrina su strada<br />
con una enorme palla colorata<br />
sospesa nel vuoto e immersa in<br />
tentacoli trasparenti finissimi.<br />
Transitando in via Confalonieri<br />
di solito, tra officine e serrande<br />
abbassate, è difficile fermarsi attratti<br />
da un negozio. Il laboratorio<br />
di Diego Furlan invece, quando<br />
è aperto, causa il tipico ‘effetto<br />
acquario’ cioè occhi spalancati,<br />
faccia stranita e naso appiccicato<br />
al vetro per capire cosa<br />
succede all’interno.<br />
Dietro alla palla (che quando<br />
fuori è buio è illuminata) ci sono<br />
altre palle colorate e oggetti<br />
strani: un disco di alluminio con<br />
gambe sottilissime, piedi a ferro<br />
da stiro e una coda/spina dorsale;<br />
coni alti un metro e mezzo<br />
con bubboni, stelle marine quasi<br />
transgeniche. Sculture luminose<br />
70 ANNI DI CINEMA STAMPATO<br />
Storia del cinema.<br />
Da appendere<br />
Un mondo intero in soli 35 metri<br />
quadrati. Dietro le due vetrine di<br />
Immagini Cinema c’è un’invasione<br />
di scaffali carichi di libri e poster<br />
di tutte le dimensioni. Un archivio<br />
cinematografico vastissimo (200<br />
TORINO, CITTA DI BAMBINI E ANIMALI<br />
NATURA & CO.<br />
Via Accademia Albertina, 1bis<br />
Quello che vi manca è un trilobite<br />
del Sahara? Un’ocarina di<br />
Budrio? O anche degli animaletti<br />
in pietra saponaria?<br />
Organizzate una gita da Natura<br />
& Co. dove oltre a tutto l’armamentario<br />
(manuale di birdwatching,<br />
cannocchiale zoom, coltello<br />
da funghi e il bastone da<br />
pioggia) trovate richiami per<br />
uccelli, animali della jungla in<br />
plastica, uccelli canterini, presse<br />
per fiori, pesci fossili, il flauto<br />
di Pan, contapassi e seggiolini<br />
pieghevoli per lo svacco.<br />
bellissime, lampade colorate,<br />
metafore per far luce. Sembrano<br />
pesanti e invece sono leggerissime,<br />
in carta velina ricoperta di<br />
resina. “Il mio è un lavoro sulla<br />
leggerezza – spiega Diego – poi<br />
creo queste sculture che sono<br />
anche lampade”. La gente che si<br />
ferma ed entra è varia, anche<br />
mamme con bambini. Ogni pezzo<br />
è unico e ha una sua storia.<br />
Diego, che è un artista a 360<br />
gradi, ha lavorato nel teatro,<br />
nella musica, nella scultura e da<br />
un paio d’anni lavora qui<br />
all’Isola.<br />
Il suo laboratorio non ha un nome,<br />
le sue lampade (dai 200 euro)<br />
parlano da sole. Se siete in<br />
centro potete andare a vederle<br />
da Venti Correnti in via Cesare<br />
Correnti 20. E se poi siete poco<br />
sensibili ai significati, ma molto<br />
interessati a mettervi in casa degli<br />
effetti luminosi che vi faranno<br />
fare un figurone, andate sul sicuro<br />
in via Confolanieri.<br />
Prima di andare telefonate<br />
al 339-2993804.<br />
Diego Furlan<br />
Milano, via Confalonieri 21<br />
mila immagini originali) che da<br />
trent’anni conserva anche locandine,<br />
foto di scena e tutto il materiale<br />
attinente alla storia del cinema<br />
(in particolare di quello italiano)<br />
dagli anni ’30 a oggi. Un vero<br />
patrimonio culturale e un pezzo<br />
di storia costruito anche grazie alla<br />
collaborazione di studiosi, collezionisti,<br />
esperti, registi e cinefili<br />
BABY BOOM<br />
Via Canova, 21<br />
I bimbi di mestiere crescono,<br />
non è una novità. Il mestiere dei<br />
loro vestiti, di conseguenza, è di<br />
avere vita breve. Brevissima.<br />
Baby Boom è la boutique dell’usato<br />
(anche molto griffato, ma a<br />
metà prezzo) che può dare grandi<br />
soddisfazioni ai baby fashion<br />
victim e annessi genitori che<br />
possono trovare vestiti, abiti<br />
premaman, carrozzine, passeggini,<br />
culle, giocattoli e altro o<br />
portare i loro in conto vendita.<br />
Su www.babyboomtorino.it indirizzi<br />
e adesioni.<br />
vari. Qui è stato ideato e venduto<br />
per la prima volta il poster di<br />
Alberto Sordi che in Un<br />
Americano a Roma assalta lo spaghetto<br />
ed è conservato l’album<br />
con più di 360 fotografie di scena<br />
de I soliti ignoti. Per il resto, potete<br />
trovare la locandina originale<br />
de La dolce vita, i poster dei film<br />
del “monnezza” alias Thomas<br />
MARTINARTE<br />
Corso Siracusa, 24<br />
Uno spazio strambo: un loft che è<br />
nello stesso tempo laboratorio<br />
d’arte e negozio, dove si svolgono<br />
corsi di disegno, pittura su tela,<br />
porcellana, stoffa, acquerello,<br />
incisioni calcografiche e altro ancora.<br />
Un luogo dove andare a fare<br />
due chiacchiere e parlare di arte.<br />
Per tutti è a disposizione il materiale<br />
per lavorare e sperimentare<br />
e una piccola biblioteca di libri<br />
d’arte, riviste e cataloghi. Poi antiquariato<br />
(soprattutto russo), avori<br />
europei, icone, cornici antiche,<br />
oggetti d’arte e orologi.<br />
Milian, immagini di “Nannarella”<br />
Anna Magnani, Visconti, Pasolini.<br />
Il sogno dei proprietari è aprire<br />
un vero museo; nel frattempo organizzano<br />
mostre tematiche.<br />
Immagini Cinema<br />
Roma, via Giolitti 319<br />
LUCREZIA CIPPITELLI<br />
SERRATRICE<br />
Corso Vittorio Emanuele, 9<br />
Piedoni e piedini no problem.<br />
Dall’inizio del secolo (1905) questo<br />
è il luogo per le esigenze di<br />
giganti e meno giganti. Over-size<br />
e mini-size, qui si trovano tutte le<br />
scarpe comode, trendy, classiche<br />
o speciali. Per le signore, per<br />
esempio, sandali (nudi) e stivali<br />
(di tessuto e pitone) fino al n. 45.<br />
Per l’uomo ampia scelta fino al<br />
n. 52. Poi, naturalmente, possibilità<br />
di ordinazione, personalizzazione<br />
e altro ancora. Chi non ha<br />
piedini di fata insomma può stare<br />
tranquillo. Anche per pantofolai.<br />
foto: Tml
CLUB<br />
RAP E BRAZIL LIVE,<br />
NAVIGLIO CALIENTE<br />
Cuore brasiliano, ma anche rap e hip-hop. Ambiente piacevole e “buena onda”, soprattutto<br />
se passate spesso al bancone. Il Colony Brazil fa ballare il pagode ai reduci delle vacanze<br />
Brasil... parà rararà... Serate<br />
muucho calienti con sventagliare<br />
di piume, scintillio di lustrini<br />
e paillettes, tamburi, fischi,<br />
cocktail di quella latitudine (e<br />
tutto il bevibile da un polo all’altro)<br />
nonché tanta musica (di<br />
tutti i generi). Dal primo momento,<br />
anche senza troppe gite<br />
al bar ci si può illudere di essere<br />
a Rio (mancano solo i carri<br />
che però, questa volta sì, si materializzano<br />
dopo un po’ e<br />
qualche ripetuta escursione al<br />
bancone...) e invece è il Colony<br />
Brasil che propone spettacoli<br />
TORINO CENTRO, CENTRALINO<br />
A due passi da via Po il più classico dei club in città, dj set, disco, chi c’è e chi non c’è. Cool<br />
Le vere notti pazze e giovanili all’ombra<br />
della Mole dai tempi dei<br />
tempi. Un luogo culto, difficile a<br />
ogni paragone. Chiedete pure ai<br />
vostri fratelli più grandi… Un locale<br />
da sempre a doppio e a triplo<br />
senso. In che senso? Nel senso<br />
che anche oggi dai dj set più<br />
coloriti si scivola beffardamente<br />
verso la discoteca (quella convinta<br />
di chi fa sul serio), passando<br />
per momenti di nostalgia univer-<br />
brasiliani e i ritmi assatanati<br />
dell’America Latina.<br />
Se per caso quest’estate siete<br />
stati da quelle parti, adesso potete<br />
venire qui, vicino al mare di<br />
Milano, a farvi un richiamino (anche<br />
gastronomico) facendo fiesta<br />
fino a tardi. La programmazione<br />
post-estiva cerca di arginare la<br />
depressione del rientro e prevede,<br />
nelle serate di lunedì, giovedì,<br />
venerdì e sabato, musica latino-americana,<br />
dal vivo e con dj.<br />
Domenica – dalle 18.30 – riprende<br />
invece il Pagode, l’aperi-<br />
sitaria e allegra trasgressione. In<br />
centrissimo città (a un passo da<br />
via Po) è il simbolo della più<br />
stramba movida torinese. Le serate<br />
sono tante, diverse e pensate<br />
per accontentare il pubblico più<br />
vario. Il sabato è per tradizione e<br />
senza dubbio ‘la meglio’ onenight<br />
emergente a base di sonorità<br />
techno, tech-house, house d’avanguardia<br />
(dalla battuta più elettronica<br />
e progressiva) ed electro-<br />
tivo-spettacolo con buffet e musica<br />
live dei Batuque Brasil (l’ingresso<br />
è libero e la consumazione<br />
obbligatoria si aggira sui 6/8<br />
euro). “Pagode”, che si pronuncia<br />
“pagoji”, è appunto la musica<br />
tipica brasiliana realizzata con<br />
strumenti tradizionali che al<br />
Colony cresce-cresce-cresce fino<br />
allo scoccare della vera gazzarra<br />
dal vivo (che di solito comincia<br />
verso la 1).<br />
Se poi di bossa, più o meno nova,<br />
non se ne può più, sempre<br />
domenica, ma nella sala accanto,<br />
pop, con contorno di vari dj in<br />
consolle. Poi ‘serate giovani’ con<br />
iniezione studentesca, ma senza<br />
cambiar troppo musica, mentre<br />
qua e là fa capolino il glam con<br />
delle serate homo-oriented, cioè<br />
dedicate al pubblico gay e gay<br />
friendly (musica revival). Passano<br />
gli anni e le mode ma non le<br />
usanze: code all’entrata, bella musica,<br />
belle figliole, bei fusti, gente<br />
variopinta ma mai prima di una<br />
si può contare sull’aperitivo gay<br />
con musica tassativamente trash<br />
e revival. In linea con le tendenze<br />
del periodo non poteva mancare<br />
l’angolo hip hop che per l’appunto<br />
tutti i venerdì a partire dal<br />
12 settembre sforna una serata<br />
tutta dedicata al rap e ai rapper<br />
anche con improvvisazioni<br />
estemporanee. Molto pop.<br />
SARA TEDESCHI<br />
Colony Brazil<br />
Milano, piazza XXIV Maggio 8<br />
Tel. 02-58102766<br />
certa ora (tardissima). Dal figlio di<br />
papà al vero (e falso) alternativo.<br />
La programmazione cambia come<br />
cambia il meteo, ma se rimanete<br />
in contatto troverete anche molti<br />
altri eventi con special guest internazionali.<br />
Centralino Club<br />
Torino, via delle Rosine 16/a<br />
Tel. 011-837500<br />
ROMA NIGHT<br />
Buoni posti dove<br />
Roma non dorme<br />
TINAPIKA VILLAGE<br />
Via Fonteiana, 57<br />
Omaggio alla storica attrice<br />
delle commedie all’italiana.<br />
Quindi uno spazio matriòska:<br />
cioè un ex edificio industriale,<br />
culla di molti comici e cabarettisti<br />
della scena romana, che<br />
da martedì a domenica propone,<br />
oltre all’intrattenimento<br />
(solito), anche serate da “tutti<br />
in pista” house e dance e discobar.<br />
Tel. 06-5885754<br />
GEROA<br />
Via Sinuessa, 30<br />
Curiosità nel cuore di San<br />
Giovanni. Un pub basco tra i<br />
pochi nella capitale a offrire il<br />
Pacharan, il liquore alle prugnole<br />
sconosciuto ai molti ma<br />
considerato un’imprescindibile<br />
bontà dagli amanti della cultura<br />
basca e della Navarra.<br />
Piccolo palco a disposizione<br />
per esibizioni.<br />
STARDUST<br />
Vicolo de’ Renzi, 4<br />
Una certezza tra i vicoli di<br />
Trastevere: aperto fino a tarda<br />
notte, piccolo e dandy, assomiglia<br />
a una vineria parigina<br />
d’inizio secolo e invoglia a<br />
pose plastiche sui divanetti.<br />
Improvvisazioni di jazzisti e<br />
cantautori.<br />
Tel. 06-58320875<br />
IL SIGILLO<br />
Via del Cardello, 13/a<br />
Altro locale, altra matriòska:<br />
tradizionalmente storico spazio<br />
votato al cabaret, da lunedì<br />
a mercoledì arriva la musica<br />
dal vivo. Non solo: tutte le<br />
sere, dopo la chiusura del<br />
palco e dopo aver gustato la<br />
cucina romana del ristorante,<br />
le sale medievali del locale si<br />
trasformano in una discoteca.<br />
Tel. 06-76967946<br />
URBAN 71
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MILANO<br />
IL FOOD TANGENZIALE<br />
Non è più città, non è ancora provincia. Ma intorno a Milano c’è una cintura umana dove,<br />
giustamente, danno cibo agli affamati, ai pendolari, ai cercatori di posti particolari. Per cena<br />
Ormai è assodato: è più facile<br />
mangiar bene (e spender meno)<br />
in periferia che in centro.<br />
Ed è più facile mangiar bene<br />
nell’hinterland che in periferia.<br />
Proseguiamo? Allora è più facile<br />
mangiar bene in provincia che<br />
nell’hinterland...<br />
Alt, meglio fermarsi qui. Dove?<br />
Nell’hinterland appunto, la cintura<br />
gastronomica che circonda<br />
Milano: poco prima o poco oltre<br />
la tangenziale e le pagine di<br />
TuttoCittà (per i non tassisti,<br />
lo stradario delle Pagine Gialle),<br />
cioè a dieci-quindici minuti dal<br />
Duomo, come sbandierano le<br />
pubblicità dei nuovi complessi<br />
residenziali fuori porta, magari<br />
in mezzo al verde e con ampie<br />
possibilità di parcheggio.<br />
Qui dicevamo, c’è un mare, anzi<br />
un mangia magnum dove potete<br />
trovare ancora (per poco?) la cucina<br />
in cascina e la trattoria verace,<br />
l’osteria di paese e la pizza<br />
non industriale, la nonna ai fornelli<br />
e la birreria pseudotirolese.<br />
Questo, va detto subito a scanso<br />
di equivoci, a fronte di cascine<br />
trasformate in banchettifici, finte<br />
trattorie alla buona dai conti<br />
astronomici, osterie diventate<br />
pretenziosi wine bar o megapizzerie<br />
da trecento coperti con forno<br />
(sigh) elettrico.<br />
Già, perché molti ristorhinterlandesi<br />
si sono fatti furbi, alzando i<br />
prezzi e dando una mano di vernice<br />
senza preoccuparsi più di<br />
tanto della cucina o della cantina.<br />
Che si trovino a Rozzano piuttosto<br />
che a Vimodrone, a Cologno<br />
piuttosto che a Segrate, a San<br />
Donato piuttosto che a Bollate.<br />
Insomma, meglio tenere l’occhio<br />
aperto e il portafoglio chiuso: se<br />
cercate qualità e veracità, meglio<br />
diffidare per esempio delle insegne<br />
luminose lungo le vie più<br />
trafficate dai pendolari (Novara,<br />
Rogoredo, Sempione, Zara,<br />
Lorenteggio...), con poche eccezioni<br />
tipo il Bistrot du Brocantage<br />
in fondo a via Ripamonti o la<br />
Trattoria Risorgimento a Pioltello,<br />
lungo la strada Padana.<br />
Preferite invece i locali nelle<br />
stradine interne, meglio fra i<br />
campi, o nelle piazze di quelli<br />
che un tempo erano paesi: è qui<br />
che vi imbatterete in indirizzi gastronomicamente<br />
ed economicamente<br />
preziosi come La Corte a<br />
Pogliano Milanese, la Sprelunga<br />
a Seveso o la Trattoria del Gallo<br />
a Gaggiano. Diffidate anche dei<br />
posticini neon-luccicanti sorti<br />
come funghi al fianco dei grandi<br />
complessi decentrati di uffici,<br />
spesso chiusi o deserti (a ragione)<br />
la sera, e andate a scovare<br />
pochi passi più in là il ristorantino<br />
defilato ai margini della campagna.<br />
Oppure, se proprio amate il rischio<br />
on the road, fatevi incuriosire<br />
dalle scritte “Menu fisso a<br />
10 euro”: male che vada incoccerete<br />
in una semplice, robusta<br />
cucina casalinga per semplici, robusti<br />
e affamati camionisti (ce ne<br />
sono, ce ne sono...). E ricordate<br />
che di fast food sono pieni tutti i<br />
centri commerciali che abbondano<br />
al di qua e al di là delle varie<br />
tangenziali: conoscendovi...<br />
CENE FUORI PORTA, E PURE FUORICLASSE<br />
VIA DEL BORGO<br />
039-6042615<br />
Una sola cena non basta per gustare<br />
ogni sfiziosità di Marco<br />
Andreoni. Quindi, meglio programmare:<br />
questa sera fiori di<br />
zucca ripieni di ricotta su crema di<br />
peperoni e poi scampetti con pomodorini<br />
al forno e gelato all’extravergine<br />
(wow!), domani spaghettoni<br />
saltati con acciughe e<br />
tonno al sesamo con tartare di<br />
pomodoro marinato. Spenderete<br />
ogni volta sui 50 euro, ma ne<br />
uscirete contenti. Concorezzo, via<br />
Libertà 136. Chiuso domenica.<br />
OSTERIA DEI FAUNI<br />
02-26921411<br />
Enofan? Questo locale fa per voi:<br />
scicchettone senza tirarsela e con<br />
dotazione di vini/distillati da<br />
Oscar. Potete volare di bicchiere<br />
in bicchiere o scegliere la bottiglia<br />
giusta in compagnia di affettati e<br />
formaggi, ma anche ravioli d’anatra,<br />
baccalà mantecato, mousse di<br />
gianduia: tutto buonissimo. Spesa<br />
sui 30 euro (eh no, vini esclusi).<br />
Segrate, via Turati 5. Chiuso sabato<br />
a pranzo e domenica.<br />
IL VISCONTE<br />
02-94940266<br />
Un vecchio casolare ristrutturato,<br />
con mangiatoie porta-bottiglie e<br />
P.D. SFORNELLI<br />
materie prime in arrivo dall’annessa<br />
tenuta (risaie comprese). La<br />
cucina è un bel mix rusti(co)-raffi(nato),<br />
in testa le paste (raviolo<br />
aperto al ragù di pesce, tagliatelle<br />
con sedano e anguilla). Il vero<br />
problema piuttosto è trovarlo<br />
aperto: lunedì, martedì e mercoledì<br />
no, giovedì, venerdì, sabato sì<br />
ma solo la sera, domenica sì a<br />
pranzo e cena (finalmente!).<br />
Conto sui 40 euro. Gudo<br />
Visconti, Cascina Longoli 3.<br />
illustrazione: Marcella Peluffo<br />
EN PLEN AIR<br />
Enoteche e cascine.<br />
E non perdete il<br />
treno dei drink<br />
VOITURE CAFÈ<br />
02-92161210<br />
Un drink sul treno? Certo, ma<br />
sui binari di un giardino dove<br />
trovate carrozze e locomotiva<br />
Fifties adibite a risto-bar<br />
aperto a pranzo, cena e dopocena.<br />
Le specialità? Da<br />
treno, appunto: piadine, panini,<br />
salumi, qualche primo<br />
caldo. Senza contare birre alla<br />
spina belghe o robusti<br />
cocktail a prezzi da seconda<br />
classe. Nel fine settimana poi,<br />
musica dal vivo.<br />
Pioltello, via Pordenone 1.<br />
Chiuso lunedì.<br />
I VINI DI MARIU’S<br />
02-6133813<br />
Prima enoteca (ammirare la<br />
sala underground per credere),<br />
poi ristorante con piatti<br />
gustosi tipo pappardelle con<br />
pancetta calabrese, pomodori<br />
e mascarpone o una sontuosa<br />
costata alla griglia. Super<br />
il carrello dei formaggi come<br />
pure la carta dei vini; servizio<br />
cortese e conto sui 40 euro.<br />
Cusano Milanino,<br />
via Cooperazione 5.<br />
Chiuso domenica.<br />
CASCINA ANTONIETTA<br />
02-4453691<br />
La tangenziale romba appena<br />
dietro le piante. Se non vi<br />
tocca, godetevi nel verde di<br />
questa rustica cascina (o dentro,<br />
magari davanti al bel camino)<br />
rustiche specialità come<br />
tagliatelle ai funghi, risotto<br />
zafferano e salsiccia, ossobuco,<br />
stinco di maiale. Ma anche<br />
una golosa torta di pere<br />
e cioccolato con gelato.<br />
Qualche buona bottiglia, conto<br />
(onesto) sui 30 euro.<br />
Trezzano, via Cascina<br />
Antonietta. Chiuso sabato.<br />
URBAN 75
åillustrazione: Marcella Peluffo<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» MILANO<br />
ROMANTICI, MINUSCOLI, CREATIVI<br />
LA SEGOSTA<br />
02-70123465<br />
Il nome, la Segosta, è quello del<br />
gancio usato per reggere il paiolo<br />
sopra il fuoco nel camino. Ed è<br />
stato scelto anche per il gioco di<br />
parole “là si gusta”. Che cosa?<br />
Soprattutto pesce, cucinato in<br />
modo originale e creativo, con<br />
abbinamenti fantasiosi. Come, fra<br />
gli antipasti, cozze e broccoletti,<br />
gamberetti con panna e polenta,<br />
gallinella di mare al curry. E fra i<br />
piatti forti, oltre alle linguine fatte<br />
in casa all’astice, i tagliolini al nero<br />
di seppia con bottarga e ricci<br />
di mare. Insomma tutto all’insegna<br />
di sapori raffinati. L’ambiente<br />
non concede molto ad atmosfere<br />
particolari, ma insomma si guarda<br />
più alla sostanza che alla forma.<br />
Per una spesa sui 25-30 euro.<br />
Vino escluso, è chiaro.<br />
Via Gozzi, 6. Chiuso domenica.<br />
MITSUBA<br />
02-8361296<br />
È un take japaway oppure a<br />
scelta una susheria veloce e go-<br />
Vesciche ai piedi per panini divorati<br />
in piedi cinque giorni su<br />
sette? Gomito del tennista per<br />
reggere il piatto di plastica con<br />
mozzarellona ondeggiante?<br />
Basta, è ora di finirla con questa<br />
triste lunch life impiegatizia.<br />
E di trovare finalmente un posto<br />
a sedere decente nella rosticce-<br />
losa, aperto di recente appena<br />
dietro la darsena: una vetrinetta<br />
che intriga, un interno semplice<br />
e colorato dove stanno una decina<br />
di clienti su mensole o tavolini.<br />
Qui potete assaggiare o<br />
portar via a prezzi contenuti<br />
(fra i 2 e i 14 euro) alcune belle,<br />
anzi ottime e a volte insolite<br />
preparazioni espresse del mastro<br />
sushi Takehiho: i ravioli<br />
gyoza, le zuppe di soia missoshiru,<br />
i leggeri impanati di carne<br />
o pesce Furai, i tempura, la pasta<br />
saltata nel wok. Tutto di<br />
buon livello, servito con simpatia<br />
dal gestore Claudio: meglio<br />
andarci prima che lo scoprano<br />
in troppi...<br />
Via Scoglio di Quarto, 3.<br />
Chiuso lunedì.<br />
ZYTHUM<br />
02-5691616<br />
Detto in inglese, brewpub, significa<br />
poco. In realtà è un affollato<br />
birrificio con caldaione di rame<br />
in bella vista dove si produce<br />
birra artigianale in quattro versioni<br />
(weizen, doppio malto, pil-<br />
ria-take away di turno. Che<br />
adesso, era ora, si evolve e diventa<br />
più confortevole, quasi<br />
come un ristorante. Scettici?<br />
Sbagliate, perché il primo<br />
esempio di nuova “ristocceria”<br />
è adesso a Milano: si chiama<br />
Oliviero, bel negozione aperto<br />
da poco in via Brentano<br />
sner e rossa), dotato di ampi<br />
spazi per cenare e ballare fra i<br />
tavoli. La cucina con manie di<br />
gastro-grandezza vorrebbe coprire<br />
tutto il panorama etnico<br />
(sushi giapponese e churrasco<br />
brasiliano, beef in borter inglese<br />
e gamberi alla greca, kofta egiziano<br />
e petto d’anatra<br />
dall’Australia), ma il risultato lascia<br />
un po’ d’amaro in bocca,<br />
proprio come la birra. Conto sui<br />
15-20 euro. Via Rutilia, 16.<br />
Sempre aperto.<br />
TANO PASSAMI L’OLIO<br />
02-8394139<br />
Una cenetta romantica in un posticino<br />
dall’atmosfera francese?<br />
Eccolo qui, a due passi dai<br />
Navigli: una vetrina che quasi non<br />
si vede, dietro la quale si nasconde<br />
un ristorantino raffinato per<br />
pochi intimi (otto tavoli only!). Il<br />
simpatico nome si deve alla quantità<br />
di bottiglie d’olio in sala, che<br />
accompagneranno con gocci diversi<br />
ogni piatto dalle voglie creative:<br />
foie gras al calvados, carpaccio<br />
d’arance e finocchi, quaglia<br />
(tel. 02-86998698), dietro corso<br />
Magenta, da un ex dipendente<br />
di Peck.<br />
A prima vista è una moderna e<br />
fornita gastronomia ricca di<br />
spiedi sfrigolanti, piatti pronti,<br />
panini e focacce, ma anche una<br />
bella scelta di vini (300 etichette),<br />
salumi o formaggi. Se il<br />
SMOL<br />
02-4816572<br />
Il posto è piccolino (smol appunto:<br />
la pronuncia dell’inglese<br />
small), fumosetto e sfiziosetto:<br />
un wine & soup bar dall’arredamento<br />
moderno scaldato da<br />
bei lampadoni, che propone interessanti<br />
bicchieri di vino oltre<br />
a zuppe di vario tipo (di cereali,<br />
speziate con zenzero, di carote<br />
e coriandolo) e piattini veloci<br />
come pollo al curry. Ideale per<br />
lunch, aperitivi vinosi-sciampagnosi<br />
o il dopo-cinema, visto<br />
che rimane aperto fino a mezzanotte,<br />
vanta anche prezzi abbastanza<br />
smol: insomma, merita<br />
un (piccolo) salto. Piazza<br />
Virgilio, 2. Sempre aperto.<br />
RIVOGLIAMO IL PRANZO<br />
Stufi dei panini mangiati in piedi, delle gomitate, della corsa al lunch?<br />
Provate con la Sala del Re, perché riprendersi il pranzo è giusto<br />
disossata alle lasagnette di zucca,<br />
cannoli di pescatrice o sella di capriolo<br />
al cioccolato. Bei vini, bel<br />
servizio ma anche bei prezzi: non<br />
ve la caverete con meno di 60<br />
euro (tanto che vi verrà da dire:<br />
Tano, non passarmi il conto!).<br />
Via Vigevano, 32.<br />
Chiuso domenica.<br />
manginpiedi per i forzati del<br />
lunch in cinque minuti è assicurato,<br />
ecco però la sugosa novità:<br />
un tavolo (sì, uno solo) in<br />
una saletta sotterranea, dove<br />
sedersi belli comodi e ordinare<br />
come in un ristorante. Per di più<br />
di fronte alle cucine, separate<br />
da una vetrata che consente di<br />
ammirare i cuochi all’opera. Già,<br />
ma cosa ordinare? In prima battuta<br />
le cento specialità pronte<br />
della gastronomia, ma anche i<br />
piatti espressi (agnello o aragosta,<br />
ostriche o chianina, sogliola<br />
o branzino) proposti nell’apposito<br />
menu, diverso ogni giorno.<br />
Per bere poi, basta attingere alle<br />
illustri cantine di Oliviero (rosticciere<br />
sincero?).<br />
Il bello è che il tavolo nella<br />
“Sala del Re” (meglio prenotarlo:<br />
può ospitare solo una decina di<br />
coperti) è aperto a pranzo ma<br />
anche a cena, dopo cioè la chiusura<br />
del negozio e fino a notte.<br />
A prezzi di poco superiori a<br />
quelli praticati overground, dove<br />
un piatto di lasagne costa 6 euro<br />
o un’insalatona con bufala 5.<br />
Meglio sbrigarsi, prima che diventi<br />
il cultable dell’autunno.<br />
P.D. SFORNELLI<br />
EHI, DOLCEZZA!<br />
Un ex ferramenta,<br />
ora laboratorio di<br />
grande pasticceria<br />
Al confine con il quartiere<br />
Isola, poco oltre la circonvallazione<br />
di viale Stelvio, quando<br />
passeggiando si comincia<br />
ad avere la sensazione di abbandonare<br />
la città a favore di<br />
desolate radure metropolitane,<br />
urbanizzate solo da incessanti<br />
e inspiegabili cantieri<br />
stradali, ecco proprio qui, si<br />
può ritrovare la gioia di vivere<br />
facendo una sosta in un’oasi<br />
inaspettata del palato.<br />
Lascino ogni slim-speranza<br />
fuori dalla porta i golosi e gli<br />
ingordi che decidono di entrare<br />
nella pasticceria Caglio<br />
(via A. Monticelli, tel. 02-<br />
6070667): qui non c’è spazio<br />
per rinunce o limitazioni.<br />
Ecco cosa ingollare prima di<br />
lanciarsi nel corso intensivo<br />
di gambe-addominali-glutei e<br />
resistere per un mese in un<br />
centro Messegue tra atroci<br />
sensi di colpa per la linea<br />
perduta: torta primavera (con<br />
panna e fragole, tra le più richieste),<br />
torta all’ananas (con<br />
bigné, canditi e pan di spagna),<br />
grande varietà di pasticcini<br />
(uummhh... i cannoncini<br />
alla crema...), ottime brioche<br />
farcite, semifreddi alla frutta,<br />
zuccotti e bavarese.<br />
E, per gli scellerati che non<br />
amano il dolce, un’ampia offerta<br />
di salatini. Uscendo da<br />
Caglio, oltre ai resti di cioccolata<br />
su viso e mani, ricorderete<br />
la gentilezza e il sorriso<br />
del signor Felice, che con<br />
moglie e figli ha trasformato<br />
un ex magazzino di ferramenta<br />
in un grande laboratorio di<br />
pasticceria. Chiuso domenica,<br />
ma aperto lunedì: giorno<br />
spesso infausto per trovare<br />
una buona torta di compleano.<br />
Oh: niente numero civico;<br />
lo avevamo detto che qui inizia<br />
la terra di nessuno.<br />
BEBA MINNA<br />
URBAN 77
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
TRADITIONAL FOOD,<br />
ETNICO DE NOANTRI<br />
Fuggite dal sushi<br />
e dal fast-food?<br />
Piccola guida alla<br />
Roma più romanesca<br />
S’ode a destra un squillo di<br />
sushi? A sinistra risponde una<br />
gricia. Un pecorino dell’Agro.<br />
La puntarella di cicoria verace.<br />
Una pesce che di allevamento<br />
non ha mai sentito parlare, e<br />
s’è immolato gloriosamente al<br />
suo destino in alto Tirreno.<br />
Insomma, più la Capitale golosa<br />
s’intigna nel sì global con fusion<br />
e spoon food, più ostinato<br />
(e di successo) diventa il manipolo<br />
di fan del buono&nostrano.<br />
C’è poco da fare: se i “romani<br />
de Roma” con velleità da<br />
gourmet non rinunciano a visitare<br />
nessun tempio del crudo<br />
(inteso come pesce, non prosciutto!)<br />
e storcono il naso se<br />
ROMA CLASSICA, A SCOTTADITO<br />
L’ARCANGELO<br />
06-3210992<br />
Nuovissimo, l’Arcangelo trapianta<br />
le esperienze dei coniugi<br />
Dandini fatte in uno fra i migliori<br />
risto-wine di Roma, spostando<br />
ancor più l’accento sui capisaldi<br />
della romanità: la “gricia” o la<br />
trippa, dai sapori esaltanti. Gran<br />
cantina e bel pubblico, una media<br />
di 40 euro ben spesi.<br />
Via Belli, 59.<br />
Chiuso domenica.<br />
non c’è almeno un occhio a<br />
mandorla in cucina, il resto del<br />
popolo fisso e di passo nella<br />
Città Eterna (primi, i milioni di<br />
turisti) si ostina a cacciare<br />
quanto di più romano o laziale<br />
ci possa essere su piazza.<br />
Meglio, su tavola.<br />
E voi invece, di che food tribe<br />
siete? Sagne o wasabi?<br />
Guanciale teso o abalone?<br />
Pajata o miso? Se tifate campanil-sughista,<br />
siamo qui per servirvi:<br />
i luoghi della resistenza<br />
slow all’invasione delle tre S<br />
imperanti (soia, sushi e sashimi)<br />
sono tanti e sfiziosi. E il bello è<br />
che anche tra le nuove ristoaperture<br />
c’è chi si schiera dietro<br />
queste stesse gastro-insegne.<br />
Prendete il duo<br />
dell’Arcangelo, i coniugi<br />
Dandini: reduci da gestioni di<br />
rinomati wine bar e varato finalmente<br />
il primo locale tutto<br />
IL MORO<br />
06-6783495<br />
The king of mushrooms, ha<br />
scritto un magazine Usa (il re dei<br />
funghi, englishignoranti!). E infatti<br />
funghi e tartufo sono nel<br />
cuore di questo vecchio ristorante<br />
travestito da osteria, senza<br />
dimenticare le fettuccine di<br />
casa al sugo con rigaje (i fegati<br />
di volatile), baccalà e vitello al<br />
forno. All’antica. Vicolo delle<br />
Bollette, 13. Chiuso domenica.<br />
loro per ideazione e capitale,<br />
scelgono una sede di tradizione<br />
(l’ex regno del sapor ponzese<br />
Mimì) e alzano fieri la bandiera<br />
della trippa e della carbonara.<br />
Oppure il doc, altro acquisto<br />
recente con team baby<br />
che tra un tortino di verdure<br />
con hummus e un’insalata di<br />
gamberi piazza in tavola non<br />
meno di quattro pezzi di verace<br />
romanità. Ma come dimenticare<br />
classici come il Moro, fiduciario<br />
della cucina ai funghi, o<br />
l’immortale Checchino, king del<br />
“quinto quarto”, vero pilastro<br />
delle interiora? Oppure Felice,<br />
altro testaccino erede della cucina<br />
del Mattatoio?<br />
Appena fuori città poi, anche<br />
l’hinterland non risparmia suggestioni<br />
locali. A Grottaferrata<br />
la Taverna dello Spuntino grida<br />
fin nel look (i prosciutti nostrani<br />
appesi a vista) la sua filoso-<br />
ANTICHI SAPORI<br />
06-6627014<br />
I grandi classici: amatriciana,<br />
bruschetta con fagioli, l’antico<br />
stufato con patate o la rossa<br />
romana “picchiapò”. Basta<br />
scorrere il succinto ma saporito<br />
menu di questa trattoria per<br />
sentirsi a casa . E (miracolo!)<br />
15 euro basteranno.<br />
Il vino però è solo sfuso.<br />
Via Aurelia, 366.<br />
Chiuso domenica.<br />
fia. E poco lontano, sul fronte<br />
zuppe e verdure, trionfa il gusto-tradition<br />
della Briciola.<br />
Stesso discorso per Zarazà a<br />
Frascati, che evoca il fascino<br />
della “fraschetta”, mentre il<br />
grande Cacciani nobilita piatti<br />
storici con misurata soavità e<br />
una grande cantina. A<br />
Monteporzio i Tinelloni ondivagano<br />
felici tra brodo d’arzilla e<br />
coratella con carciofi. A<br />
Formello, direzione Nord, tiene<br />
banco il pollo alla cacciatora<br />
del Vecchio Forno (e che piatti,<br />
in quel forno).<br />
Buona caccia, allora. Ma ricordate:<br />
spesso vicino a questo tipo<br />
di locali abita o lavora qualche<br />
prezioso fornitore (di carne,<br />
di salumi, di verdura, di funghi...).<br />
E allora, la caccia diventa<br />
doppia: tanto vale approfittarne.<br />
ARMANDO<br />
AL PANTHEON<br />
06-68803034<br />
PAUL DE CELLAR<br />
Le tristi pizzerhamburgherie di<br />
piazza del Pantheon sono vicine<br />
ma allo stesso tempo lontanissime:<br />
la clientela (sciccosa) di questa<br />
trattoria di rango continua a<br />
godersi minestra di broccoli, saltimbocca<br />
e baccalà version pizzaiola<br />
a 30 correttissimi euro.<br />
Salita Crescenzi, 31. Chiuso sabato<br />
sera e domenica.<br />
illustrazione: longa025_tBDC<br />
RUSPANTI<br />
Piatti pieni, gente<br />
vera, profumi<br />
antichi. Mini-tour<br />
TAVERNA<br />
DELLO SPUNTINO<br />
06-9459366<br />
Il prosciutto? In questo rusticissimo<br />
locale castellano sta<br />
sopra di voi, appeso alle travi<br />
come un tempo. E sapore antico-casalingo<br />
hanno anche abbacchio<br />
e ciambelline al vino.<br />
Folla a cena nei weekend, meno<br />
in settimana e a pranzo.<br />
Conto sui 35 euro.<br />
Grottaferrata, via Cicerone<br />
20. Chiuso mercoledì.<br />
I TINELLONI<br />
06-9447071<br />
Già il nome è da film (quello<br />
con Fabrizi). La cucina... pure:<br />
gnocchi, amatriciana ricca, abbacchio<br />
a scottadito, coniglio<br />
alla cacciatora, coratella con<br />
carciofi; chiudono crostata home<br />
made e conto da 25 euro.<br />
Prenotare nel weekend.<br />
Monteporzio Catone,<br />
via dei Tinelloni 10.<br />
Chiuso mercoledì.<br />
VECCHIO FORNO<br />
06-90146926<br />
A Formello i romani-bene vanno<br />
a cavalcare. I romani-fame<br />
invece vengono qui a magnare:<br />
la cucina al femminile regala<br />
pomodori al riso, pollo alla<br />
cacciatora, la cacio & pepe<br />
senza far spendere più di 28<br />
euro. Formello, via N. Sauro<br />
2. Chiuso a pranzo e lunedì.<br />
ZARAZÀ<br />
06-9422053<br />
In questa ex “fraschetta” ex<br />
covo di rugbisti si va a meta<br />
con tortino di alici e carciofi,<br />
trippa, spezzatino e coratella.<br />
Col bel tempo si sta fuori,<br />
con 25 euro si vince il game<br />
con l’appetito. Frascati, v.le<br />
Regina Margherita 45.<br />
Chiuso lunedì.<br />
URBAN 79
illustrazione: longa025_tBDC<br />
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» ROMA<br />
TRA GRANDI FIRME E BUONE CUCINE<br />
ELEFANTINO<br />
06-8840087<br />
Il figlio del grande Mario Riva<br />
(come, chi è? Un grande presentatore<br />
tv dei Fifties) ha scelto da<br />
tempo di cimentarsi sul palcoscenico<br />
del cibo al posto di quello<br />
dello spettacolo. Il suo<br />
Elefantino propone così una<br />
buona scelta di ricette regionali<br />
italiane e punta sul pesce come<br />
cuore del menu serale (a pranzo<br />
si spizzica invece fra insalate,<br />
formaggi e salumi): barchette di<br />
polpa d’astice, tagliolini asparagi<br />
e gamberoni, spigola in crosta,<br />
chitarrini in carbonara di zucchine<br />
sono alcuni degli elefan-must.<br />
Prevedete circa 40 euro a cena,<br />
molti meno per il lunch. Pubblico<br />
pariolino. V.le Liegi, 53.<br />
Chiuso domenica.<br />
L’ALTRO MASTAI<br />
06-68301296<br />
Il debutto più atteso a Roma,<br />
con rodaggio estivo sottotraccia<br />
e pieno decollo in autunno.<br />
Già l’hotel è di quelli nati per diventare<br />
glamour: catena Boscolo,<br />
centralissimo (San Basilio 15, tel.<br />
06-422901), nuovo di zecca, 5<br />
stelle lusso, ambientato in edificio<br />
anni ’30, camere & suites con<br />
internet, lettore cd, music box,<br />
segreteria telefonica e tivù al pla-<br />
Dopo tre anni di lavori e attesa,<br />
parte infatti carico di ambizioni<br />
il locale di Fabio Baldassarre, allievo<br />
di Heinz Beck e collaboratore<br />
della star francese<br />
Raymond Blanc. Per cominciare,<br />
il menu creativo propone piatti<br />
come astice alla verbena, spigola<br />
alla valeriana e porcini, capretto<br />
in crosta di peperoncino,<br />
tortellini di broccoli, astice e tartufo<br />
estivo. Il pubblico è già goloso<br />
e deluxe, proprio come il<br />
prezzo: 100 euro (gulp!) in media.<br />
I vini sono quelli in lista al<br />
Bicchiere di Mastai, wine bar<br />
(antistante) della casa.<br />
Via Giraud, 53. Chiuso a pranzo,<br />
domenica e lunedì.<br />
L’ORTICA<br />
06-3338709<br />
Qui c’è Napoli in tavola: su una<br />
terrazza protetta da tramezzi durante<br />
la bella stagione, nella piccola<br />
sala arredata con originalità<br />
d’inverno. Tutta la lista infatti, dai<br />
piccoli “sfizi” che vi verranno<br />
consigliati per cominciare, alle<br />
sma. Il corredo comprende ristorante,<br />
bar, wine bar, centro benessere<br />
con piscina, sauna e terme<br />
romane. E una terrazza dritta<br />
sull’Urbe, nata per berci un<br />
Negroni al tramonto perdendosi<br />
nel panorama. Ma anche, e qui<br />
sta il bello, perdendosi in un su<br />
pizze cresciute o alla pasta “scarpariello”,<br />
parla partenopeo. Ma,<br />
solo su ordinazione, si preparano<br />
anche grandi piatti della tradizione<br />
nobile tipo il sartù (per i gastroignoranti,<br />
un ricco timballo di<br />
riso). La cantina propone (giustamente)<br />
etichette campane, il pubblico<br />
è affezionato-chic, c’è il parcheggio<br />
con immancabile parcheggiatore<br />
e il servizio spicca<br />
per il savoir faire. La formula è<br />
astuta, collaudata e sicura, ma il<br />
prezzo orticante: stanziate 50,<br />
napoletanissimi euro.<br />
Via Flaminia Vecchia, 573.<br />
Chiuso a pranzo e domenica.<br />
DOC<br />
06-5744236<br />
Accogliente, informale e carino,<br />
presenta tovaglie da drogheria e<br />
doppio menu scritto e del giorno,<br />
quest’ultimo recitato a voce.<br />
Tra i piatti doc, lo sformatino di<br />
formaggi con speck di Sauris e<br />
olio alla finocchiella, le tagliatelle<br />
coniglio e olive, il classicissimo<br />
cinghiale con polenta e il<br />
Un architetto newyorkese, una terrazza sul tramonto romano e<br />
persino il Toga bar con la jacuzzi. Dài! Non fatevi mancare niente!<br />
shi. È questa infatti la sua speciale<br />
trendymission gastronomica,<br />
operativa finché la lunga stagione<br />
romana (di solito, ottobre inoltrato)<br />
consentirà. Ma magari anche<br />
dopo.<br />
Come dite? La sushiterrazza vi<br />
stramazza? Per forza: è la prima<br />
golosissimo salame di cioccolato<br />
con zabaione. Il menu cambia<br />
spesso, la clientela è young ed<br />
enofan, vista la carta dei vini<br />
bella ricca e il conto non punitivo,<br />
sui 25 euro.<br />
Via Franklin, 9.<br />
Chiuso a pranzo.<br />
GIULIO PASSAMI L’OLIO<br />
06-68803288<br />
Un vecchio locale dalle molte vite<br />
capace di trasformarsi, come in<br />
quest’ultima incarnazione, in wine<br />
bar-bomboniera arredato con oggetti<br />
d’antiquar-modernariato e<br />
foto di bellezze un po’ passée,<br />
cioè anni ’30, alle pareti. Se gli oltre<br />
800 vini in cantina faranno felici<br />
gli estimatori, il menu prevede<br />
piatti caldi e freddi, zuppe e anche<br />
l’ormai inevitabile sushi. Il<br />
conto? Da 20 euro in su, secondo<br />
i vini (qui, a dir poco imprescindibili).<br />
Ai tavoli, troverete tanta<br />
bella gente everyoung in look<br />
casual-griffè.<br />
Via Monte Giordano, 28.<br />
Chiuso a pranzo.<br />
SUSHI A CIELO APERTO<br />
e unica in città. Non per niente a<br />
progettare tutto l’Aleph è stato<br />
un architetto newyorkese, Adam<br />
Tihany, che si è ispirato ai temi<br />
di Paradiso e Inferno. Così al<br />
pianoterra ecco rosso fuoco, luci<br />
dolcemente diaboliche, forme<br />
morbide e sensuali. Qui sono<br />
ambientati la libreria, l’Angelo<br />
bar e il Dioniso wine bar. Il paradiso,<br />
coi suoi bianchi diffusi e<br />
azzurri tenui, sta proprio, ribaltando<br />
la prospettiva, sotto la<br />
hall: è lì che sauna, jacuzzi, bagno<br />
turco-romano, massaggi e<br />
un celestiale Toga Bar dovrebbero<br />
mandare in estasi i clienti<br />
(togati? Chissà).<br />
E la terrazza? Forse è il<br />
Purgatorio: sesto piano,<br />
Morocco style, è destinata a sfornare<br />
senza sosta sotto il sole o<br />
le stelle sushi, sashimi, tempura<br />
e un piatto a ruotare, per esempio<br />
wok di pollo. Ma anche freschi<br />
dessert, bei vini e il meglio<br />
del mixer. Anche il food qui, come<br />
tutto il resto, è griffato: la firma<br />
è di Bloom, il locale celebre<br />
appunto per il sushi style, il dj e<br />
gli after dinner party. A questo<br />
punto, tutti anzi sushi in terrazza.<br />
Sfidando il grande freddo a<br />
colpi di tempura e sakè.<br />
PAUL DE CELLAR<br />
NIPPO-BAR<br />
Sushi beginners e<br />
lezione di sashimi<br />
A Roma la cucina giapponese è<br />
stata a lungo appannaggio dei<br />
pochi fortunati che possono investire<br />
parte del patrimonio familiare<br />
in una cena. Ora, la moda<br />
dei Sushi Bar che offrono<br />
cucina orientale su divani neri<br />
troppo scivolosi o sashimi su<br />
instabili sgabelli stretti intorno<br />
a un kaiten troppo veloce (il<br />
bancone intorno a cui ruotano<br />
microscopiche porzioni su piattini<br />
colorati) ha il merito di aver<br />
diffuso questa cucina anche tra<br />
i comuni mortali ma non mi<br />
convince: la caccia a un ristorante<br />
più vicino allo spirito del<br />
Sol levante ha inizio.<br />
Da Bishoku Kobo (via Ostiense<br />
110/b), si dice, la cucina giapponese<br />
è più autentica e il pesce<br />
è freschissimo data la vicinanza<br />
con i mercati generali.<br />
La fila fuori (meglio prenotare<br />
allo 06-5744190) e l’aspetto<br />
da trattoria potrebbero scoraggiare,<br />
ma i tavoli intorno a me<br />
occupati solo da clienti giapponesi<br />
mi imbaldanziscono: “si vede<br />
che sono una dritta”, penso<br />
dandomi arie da esperta di culture<br />
orientali, aprendo il menu<br />
senza immagini...<br />
Mentre la cameriera mi fissa<br />
imbarazzata, e imbastisce un<br />
sunto di cucina giapponese per<br />
ignavi in un inglese stentato,<br />
un vicino di tavolo mi illustra<br />
gentilmente la differenza tra<br />
sashimi e sushi ma non fa in<br />
tempo ad avvertirmi che la salsetta<br />
verde fosforescente non è<br />
paté di pistacchio da spalmare<br />
abbondante sul pane ma rafano<br />
piccantissimo che in minime<br />
dosi accompagna il pesce.<br />
Tento di mascherare la tosse<br />
convulsa e le lacrime agli occhi<br />
e ringrazio il commensale per i<br />
consigli e l’indirizzo dell’Istituto<br />
Giapponese di cultura: non è<br />
mai troppo tardi. Uscendo,<br />
penso che sono sazia e contenta.<br />
Per soli 15 euro.<br />
LUCREZIA CIPPITELLI<br />
URBAN 81
RISTORANTI-BAR<br />
»»»» BOLOGNA<br />
BOLOGNA AL MARE<br />
IL PESCE IN CITTA<br />
Perché andare fino<br />
in Riviera quando<br />
anche Bologna offre<br />
buone tavole di<br />
pesce? Ecco i posti<br />
giusti, senza svenarsi<br />
Dove si va a mangiare pesce?<br />
Chiedetelo a colleghi, amici, conoscenti<br />
e la risposta sarà invariabilmente<br />
la stessa: “In riviera”.<br />
Cioè, a un’ora e mezzo di<br />
autostrada. Perché? Semplice:<br />
un bel tot dei ristoranti tra<br />
Rimini, Riccione o Cesenatico<br />
possono saziare agilmente ogni<br />
gusto ittico. E poi, magari, permettono<br />
anche un bel salto in<br />
spiaggia. Va bene, ma così sono<br />
capaci tutti. Meglio: tutti quelli<br />
che possono, visto che una bella<br />
abbuffata di pesce non sempre è<br />
alla portata di tutte le reti (pardon,<br />
tasche); e poi, qui bisogna<br />
aggiungere benzina e pedaggi.<br />
Chi del resto va pazzo per aragoste<br />
& affini lo sa bene, e il caro-fish<br />
l’ha già messo in conto<br />
da tempo.<br />
E se volessimo rimanere in città?<br />
Tranquilli, c’è comunque di<br />
che togliersi l’itti-sfizio frequen-<br />
tando i pochi (quasi tutti buoni e<br />
dai conti salatucci) locali dediti<br />
al pesciame.<br />
Quali? Per esempio, la<br />
Terrazza, in via del Parco<br />
(mooolto chic), la Teresina in<br />
via Oberdan, l’Acqua Pazza in<br />
via Murri o l’Osteria del Pesce<br />
in via Emilia Ponente. Senza dimenticare<br />
il primo risto-sushi di<br />
Bologna, con crudité a volontà<br />
e cuochi jap: il Sushi Café<br />
Kappa di piazza Malpighi. Ma<br />
anche il primo, atteso oyster<br />
bar che sta aprendo in via<br />
Rialto il brillante chef Marco<br />
Fadiga, ex di La pernice e la<br />
gallina. Non fermatevi però alle<br />
apparenze, ai prezzi alti e alle<br />
insegne pescivendole: cernie,<br />
rombi e branzini ci sono anche<br />
in pizzeria. Proprio così: il pesce<br />
più risparmioso lo trovate<br />
in quei locali a conduzione familiare<br />
che importano la materia<br />
prima (mozzarella? Sì.<br />
Pomodori? Sì, ma anche gamberi<br />
e calamari) direttamente dal<br />
sud. E a prezzi decisamente interessanti.<br />
Se poi volete spendere<br />
meno, non vi resta che partire<br />
a notte fonda canna in spalla,<br />
direzione mare. Contenti voi...<br />
CARLO FRASSOL<strong>DA</strong>TI<br />
<strong>DA</strong>LLA SICILIA AL GIAPPONE, IN ACQUA<br />
ACQUA PAZZA<br />
051-443422<br />
Cucina pazza? No, ma itticreativa<br />
con piatti sfiziosi tipo tartara<br />
di astice con avocado, ravioli<br />
di patate e pesce spada<br />
con porri e pinoli, zuppetta di<br />
orzo e porcini con moscardini,<br />
gratinato di crostacei, pesce,<br />
conchiglie e verdure.<br />
Il tutto ha un prezzo, però meritato:<br />
35 euro.<br />
Via Murri, 168/d.<br />
Chiuso lunedì e martedì<br />
a pranzo.<br />
LA CAMBUSA<br />
051-266645<br />
Questa piccola trattoria naviga da<br />
anni sulla cresta dell’onda, forse<br />
perché garantisce una certa intimità<br />
con l’ultima preda... pescata<br />
all’amo. Fra le specialità (sicule,<br />
visto che i proprietari sono di laggiù)<br />
da non perdere le penne con<br />
sarde, gli spaghetti ai ricci di mare,<br />
le sarde alla beccafico, le canocchie<br />
bollite e per finire un bel<br />
cannolo (di pesce? No, di ricotta!).<br />
Conto sui 20-25 euro. Via<br />
Mascarella, 8. Chiuso lunedì.<br />
LA TERRAZZA<br />
051-531330<br />
L’ambiente è molto (pe)chic, la<br />
cucina indo-mediterranea, cioè<br />
con intriganti mischioni di sapori<br />
nostrani e orientali. Se la<br />
paella è quella valenciana doc<br />
e i paccheri con sarde decisamente<br />
nostrani, il tonno al sesamo<br />
o i gamberi kataifi vi faranno<br />
scoprire nuovi mondi.<br />
Come il conto, sui 40-45 euro<br />
o giù di lì.<br />
Via del Parco, 20.<br />
Chiuso domenica.<br />
SUSHI CAFÉ KAPPA<br />
051-221773<br />
In tema di pesce, però crudo, ecco<br />
il posticino ideale per i fan del<br />
jap-style: un locale con acqua che<br />
scende lungo le pareti e atmosfera<br />
vagamente itti-kitsch. Lo chef<br />
è giapponese vero, quindi potete<br />
assaggiare sushi crudo, donburi<br />
kakiage (gamberi e verdura) e<br />
donburi ocyazuke (salmone e tè<br />
verde) a occhi quasi chiusi. Per un<br />
bel sushi e bevendo tè 20-25 euro:<br />
kappita! Piazza Malpighi, 14.<br />
Chiuso lunedì.<br />
illustrazione: www.joffr.net<br />
A TAVOLA<br />
La pizza integrale,<br />
la birra di tutto<br />
il mondo e la vecchia,<br />
cara, Bologna<br />
TRIANON<br />
051-374322<br />
Di fianco a piazza dell’Unità,<br />
il regno della pizza con farina<br />
integrale, vera specialità del<br />
posto. Ma è buona anche<br />
quella con farina normale,<br />
bella croccante e anche bella<br />
farcita. Senza contare,<br />
pizz-a-parte, del buon pesce.<br />
I prezzi? Giusti e nella media.<br />
Via Mazza, 7/b.<br />
Chiuso mercoledì.<br />
<strong>DA</strong>LLA GIGINA<br />
051-322132<br />
Preparatevi: questo è uno dei<br />
classici localini bolognesi doc<br />
dove non badare all’apparenza<br />
quanto piuttosto alla sostanza.<br />
Già, perché viene tutto<br />
preparato in casa, all’insegna<br />
della genuinità e della<br />
tradizione: tagliatelle, passatelli,<br />
tortellini freschi sono<br />
con vero brodo di carne,<br />
mentre arrosto dolce, polpette<br />
e friggione hanno la classica<br />
aria (e bontà) casalinga.<br />
Starete (contenti) sui 20-22<br />
euro. Via Stendhal, 1.<br />
Chiuso sabato e domenica.<br />
OSTERIA DEL TEMPO<br />
PERSO<br />
051-443463<br />
Oltre cento panini e birre<br />
(soprattutto belghe-trappiste,<br />
le più strong) in questo locale<br />
softranquillo tutto legno dove<br />
trovate anche conchiglie,<br />
piadine, crostini e pizze di<br />
ogni genere col sottofondo<br />
di pop-rock music. Ottimo<br />
(e per palati strong) il panino<br />
Lambada con peperoni, cipolla,<br />
salsa piccante, arrosto<br />
e maionese.<br />
Via Murri, 168/a.<br />
Chiuso lunedì.<br />
URBAN 83
testo: Lia Celi / illustrazione: Annalisa Pagetti<br />
Si dice che il call-center serva a migliorare la comunicazione<br />
fra un’azienda e i clienti. Ma basta una semplice<br />
telefonata a rivelarne la vera natura: un’impenetrabile<br />
barriera di scudi umani, astutamente alternati a voci registrate,<br />
che preserva un pugno di manager sociopatici<br />
dall’impatto con una sordida moltitudine di importuni<br />
che chiedono informazioni, pretendono rimborsi, lamentano<br />
disservizi. Tratte dal Manuale di Guerra Psicologica<br />
per Operatori di Call Center, ecco le formule più classiche<br />
per rintuzzare gli assalti dell’utenza.<br />
1) “Le linee sono momentaneamente occupate”<br />
Il galateo dei call-center ha dei pudori da ragazza all’antica:<br />
una risposta troppo immediata fa pensare che l’azienda<br />
è un tipo facile e magari autorizza l’utente a prendersi<br />
subito delle libertà, tipo chiedere perché un pacco<br />
spedito da Milano a Firenze è stato avvistato dai guardacoste<br />
al largo di Pantelleria. Anche se non c’è nessun altro<br />
in linea, bisogna tenere l’utente un po’ sulla corda: a<br />
qualunque ora del giorno lui deve figurarsi l’equivalente<br />
telefonico del manzoniano assalto al Forno delle Grucce<br />
(in realtà all’altro capo del filo c’è solo un operatore in<br />
pieno calo degli zuccheri e un centralino mezzo rotto),<br />
e ritenersi fortunato se udrà una voce umana entro mezz’ora.<br />
Così, se poi il contatto avviene prima, il postulante<br />
cadrà in ginocchio come Bernadette a Lourdes e gli sembrerà<br />
sconveniente turbare il clima da miracolo con querimonie<br />
meschine: “Scusi se l’ho disturbata, nuoto subito<br />
a Pantelleria a ripescare il mio pacco”.<br />
2) “Tempo d’attesa previsto: sette minuti”<br />
Il messaggio sottinteso dalla voce metallica sarebbe anche<br />
ragionevole: “Non vogliamo abusare del suo tempo<br />
prezioso, se ha qualcosa da fare che occupi sette minuti<br />
esatti ed eseguibile con un cordless incastrato nell’orecchio<br />
e le Quattro Stagioni di Vivaldi come sottofondo,<br />
prego, lo faccia pure”. Tanta gentilezza si risolve in un<br />
ennesimo insulto ai nervi già provati dell’utente. Che<br />
cavolo fai in sette minuti, tutto storto come il gobbo di<br />
Notre Dame, e con un’orchestra barocca alle calcagna?<br />
Innaffi le piante, svuoti la lavastoviglie, vai a fare la cacca?<br />
Impossibile: con il telefono all’orecchio l’equilibrio<br />
è instabile, e finisci per irrigarti pantaloni e fracassare<br />
i piatti. Quanto alla cacca, lascia perdere: d’accordo,<br />
Vivaldi favorisce il relax, ma succede sempre che per<br />
qualche misterioso motivo il tempo d’attesa precipita a<br />
trenta secondi e sei costretto a rispondere all’operatore<br />
con sottofondo di sciacquone.<br />
3) “Si prega di attendere per non perdere la priorità<br />
acquisita”<br />
L’ideatore di questa formula magica, un must nei centralini<br />
degli uffici pubblici, doveva essere un genio della<br />
persuasione occulta. L’utente medio ha l’autostima di un<br />
anellide, e pur di sentirsi ripetere che ha acquisito una<br />
qualche priorità, sia pure come 315° utente rispetto al<br />
316°, starebbe al telefono delle ore, a sue spese, s’intende:<br />
meglio perdere i propri soldi che perdere la priorità,<br />
che diamine! Nel frattempo l’operatore può andare<br />
URBANSATIRA<br />
POSSOESSERLEINUTILE?<br />
IL NUMERO È VERDE, l’utente pure, ma di rabbia. Perché chiamare un call-center è un’avventura mistica<br />
che contempla ascesi, attesa, speranza e grande controllo dei nervi. E in qualche caso, per tutto questo, si<br />
paga pure! Comunque coraggio, c’è sempre chi sta peggio. Per esempio quello che lavora al call center<br />
alla toilette, farsi un caffè, lamentarsi con il collega per il<br />
superlavoro. Ma il vero hors-d’oeuvre sono i numeri<br />
Assistenza Clienti di certe aziende di telefonia: per ogni<br />
minuto d’attesa, sessanta dei tuoi centesimi piovono tintinnando<br />
nelle loro casse.<br />
4) “Sono Carla/Katia/Paola, posso esserle utile?”<br />
Il nome dev’essere femminile, anche se l’operatore è un<br />
maschietto; in più dev’essere bisillabo e banale, in modo<br />
che l’utente lo dimentichi in una frazione di secondo. Ha<br />
infatti la mera funzione subliminale di creare un’atmosfera<br />
rilassata, non certo quella di aiutarti a rintracciare,<br />
in caso di disservizio, la Carla/Katia/Paola responsabile<br />
della tua pratica (tanto, anche se ci riuscirai, ti diranno<br />
che non lavora più lì). Il “Posso esserle utile?” è la traduzione<br />
del “may I help you?” che in inglese è una formula<br />
di cortesia così anodina che la usa anche il boia nel<br />
braccio della morte. Per l’italica gente, avvezza al “cazzo<br />
vuoi?” più o meno eufemizzato, l’espressione è ancora<br />
abbastanza esotica da creare qualche malinteso.<br />
L’ingenuo si illude davvero che dall’altra parte del filo ci<br />
sia una filantropa che stenta a trattenere la sua impellente<br />
brama di servirlo e si monta la testa, l’irascibile sospetta<br />
che lo stiano prendendo per i fondelli e si scalda<br />
subito: che discorsi, certo che può essergli utile, anzi<br />
deve, se no perché cavolo avrebbe chiamato? In questi<br />
casi l’operatrice esperta adotta la tecnica “Labirinto”,<br />
ovvero dirotta l’utente verso una serie infinita di interni<br />
inesistenti. Laggiù nessuno potrà sentirlo urlare.<br />
URBAN 87