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ELIO DA RIDERE - Urban

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LA CITTà COME NON L’AVETE MAI VISTa - 01.09.03 - EURO zero<br />

<strong>ELIO</strong> <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong><br />

<strong>ELIO</strong> E LE STORIE TESE: FACCIAMO COSE INUTILI DIVERTENDOCI UN SACCO<br />

MILANO COI BUCHI<br />

LA GUERRA È PASSATA ANCHE DI QUI. E I SEGNI SI VEDONO ANCORA<br />

ROMA Y EL FÙTEBOL<br />

SOTTO IL COLOSSEO, INTERMINABILI PARTITE A PALLONE MULTIETNICHE<br />

istruzioni per l’uso! una guida straordinaria per milano, roma, bologna e torino<br />

#21<br />

SPEDIZIONE IN A.P.-70%-MILANO


SOMMARIO|SETTEMBRE<br />

9URBAN VOCI<br />

10 ETHNIC FOOTBALL CLUB<br />

14 POVERI MA ELVIS<br />

16 <strong>ELIO</strong> <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong><br />

20 FASHION DEMOCRACY<br />

25 PUTTANOPOLI<br />

29 METAMORFOSI URBAN<br />

30THE WAR IN MILAN<br />

35 ARTISTI & CITTÀ: MARCO PETRUS<br />

37SIXTIES FEVER<br />

53 URBAN GUI<strong>DA</strong><br />

MUSICA 54<br />

MEDIA 57<br />

69 LIA CELI: IL MORBO DELLA ZUCCA PAZZA LIBRI 59<br />

FILM 60<br />

87 LIA CELI: IL TELEFONO, LA TUA CROCE<br />

URBAN Mensile - Anno 2, Numero 21 - 01.09.03<br />

direttore responsabile: ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

art direction: ALDO BUSCALFERRI<br />

aldo@urbanmagazine.it<br />

caporedattore: ANDREA <strong>DA</strong>MBROSIO<br />

andrea@urbanmagazine.it<br />

redazione: ISIDE CASU<br />

iside@urbanmagazine.it<br />

SARA TEDESCHI<br />

sara@urbanmagazine.it<br />

segreteria di redazione: <strong>DA</strong>RIA PANDOLFI<br />

MAURA MAMMOLA<br />

daria@urbanmagazine.it<br />

(Registrazione Tribunale di Milano: n.286, 11.05.01)<br />

presidente: IVAN VERONESE<br />

general manager: MARCO BOLANDRINA<br />

sales manager Italia: AUGUSTA ASCOLESE<br />

key account: ALFONSO PALMIERE<br />

SERGIO PAGANI<br />

traffic: PAOLA MARTINI<br />

distribuzione: DEA s.r.l. (tel.02 66223316)<br />

fotolito: BODY&TYPE<br />

via San Calocero 22, 20123 Milano<br />

stampa: CSQ (Centro Stampa Quotidiani),<br />

via dell’industria 6, Erbusco (Bs)<br />

Le strisce pedonali da attraversare a rate e la lampada<br />

molotov per i più inquieti. Voci di città, solo voci...<br />

Le comunità straniere, più qualche asso sudamericano,<br />

si sfidano a pallone a due passi dallo stadio più<br />

famoso del mondo. Taca la bala! racconto di una<br />

festa non solo sportiva tra popoli che vivono in pace<br />

prendendosi allegramente a calcioni. Sabroso!<br />

Stanno in giro da tredici anni e ancora non hanno perso<br />

il gusto. Quale gusto? Quello di ridere, di viver bene,<br />

di sbertucciare tutto e tutti e in particolare la musica italiana.<br />

Elio e i suoi Elii confessano: lo facciamo per ridere.<br />

Ah, finalmente un nobile scopo. Intervista senza rete<br />

Un gioco da tavolo sulla prostituzione, possibile?<br />

Possibile sì! Per far capire quanto è dura la vita delle<br />

ragazze della strada, per parlare ai maschietti e per<br />

raccontare giocando il valzer triste delle vite vendute<br />

e comprate. Un tiro di dadi per capire la vita<br />

Milano sotto le bombe? Sì, ma sessant’anni fa. Eppure<br />

i segni ci sono ancora e <strong>Urban</strong> è andato a cercarli.<br />

Rifugi, macerie e buchi nei pali. Con un cuore attorno<br />

Si sa com’è la moda... Gli anni vanno e vengono, i<br />

decenni sembrano yo-yo. Camille Vivier si è tuffata<br />

nei Sessanta, tra Warhol, la Factory e Chelsea. Però!<br />

TEATRO 62<br />

ARTE 65<br />

SHOPPING 67<br />

CLUB 71<br />

editore: URBAN ITALIA srl<br />

via Tortona 27, 20144 Milano<br />

telefono 02/42292141 - fax 02/47716084<br />

urbanitalia@urbanmagazine.it<br />

pubblicità: URBAN PUBBLICITÀ<br />

+39 02 42292141 / a.ascolese@urbanmagazine.it<br />

copertina: SIXTIESFEVER<br />

foto: Camille Vivier@Studio Ghiglieri / styling: Claire<br />

Dupont@Studio Ghiglieri / make-up: Manami /<br />

hair: Paolo Ferreira@Callisté / model: Zoe@Karin /<br />

assistente Jaïr Sfez / maglione, top, calze e orecchini<br />

Isabelle Marant<br />

BAR E RISTORANTI:<br />

MILANO 75<br />

ROMA 79<br />

BOLOGNA 83<br />

TORINO 85<br />

URBAN 5


foto: Gianni Troilo<br />

URBAN VOCI<br />

LA MEMORIA È UN PAIO D’OCCHIALI<br />

LETTERE<br />

DIO NON VOGLIA!<br />

Caro direttore,<br />

nel numero doppio di <strong>Urban</strong> che porta la data<br />

30.06.03, pag. 77, per la rubrica “satira”, curata da tale<br />

Lia Celli, si leggono sei righe disgustose sul palio di<br />

Siena. Ora: lei conosce i contenuti del suo giornale?<br />

Come si può anche lontanamente permettere di scrivere<br />

tali assurdità e con tale leggerezza? Vada, la signora<br />

Celli a dirle a Siena, queste cose, ci vada e poi torni a<br />

raccontare. Ma non ci vada mai ad abitare, e Dio non voglia<br />

che riesca mai minimamente a capire cos’è il palio!<br />

Potrebbe restarci davvero male nello scoprire il livello di<br />

cultura, civiltà e altre cose fantastiche che si celano dietro<br />

una “primitiva e disumana” corsa di cavalli.<br />

Bomba, raoulduke@libero.it<br />

Caro Bomba, se la signora Celli di cui parli è la nostra<br />

Lia Celi (una elle sola), non si tratta di “una tale”, ma di<br />

una penna satirica come ce n’è poche in giro. E la satira<br />

si sa, non si ferma davanti a niente, santi, fanti e cavalieri.<br />

Sappiamo due cose per certo: 1) che il Palio è cultura,<br />

tradizione, ecc. ecc; 2) che non esiste cosa al mondo che<br />

possa esser al riparo da una sana presa per i fondelli.<br />

PS - Il carteggio con mister Bomba comprende altre lettere,<br />

risposte, ancora lettere. Ci fermiamo qui, per non<br />

monopolizzare tutta la posta dei lettori.<br />

MEGLIO AL MARE<br />

Cari di <strong>Urban</strong>,<br />

in partenza per le vacanze, gioia e appena un minuscolo<br />

rammarico per non aver messo le mani sul numero estivo<br />

di <strong>Urban</strong>. Poi, la sorpresa: eccolo in riva al mare, bello<br />

come sempre. E vi dirò di più: letto sul lettino della<br />

spiaggia è ancora meglio. Ciao.<br />

Gabriella Senni, Milano<br />

Siamo sinceri, di cose che vengono meglio al mare che in<br />

città ne conosciamo parecchie... Grazie.<br />

SETTEMBRE 21<br />

Hanno scritto, disegnato,<br />

scattato foto, pensato,<br />

suonato, ballato,<br />

e mangiato con noi<br />

questo mese:<br />

Ci sono città visibili (pure troppo) e città invisibili. Cioè<br />

angoli, situazioni, sprazzi di vita urbana che raramente si<br />

osservano e di cui poco si parla. Quel che facciamo qui, alla<br />

fine, è puntare i riflettori su questi angolini. Piccoli spazi<br />

emozionali, di vita, che raramente vengono raccontati. Per<br />

contrappasso, capita che siano più interessanti di tutto<br />

quel che ci viene sbandierato sotto il naso. Prendete il pallone,<br />

per esempio. Se ne parla fin troppo (dai tribunali alle<br />

tribune). Ma <strong>Urban</strong> ha scovato la partita più stramba del<br />

mondo, che si gioca proprio sotto lo stadio più famoso<br />

del mondo (il Colosseo), dove ogni nazione è rappresentata,<br />

dove pagare l’arbitro (un euro l’ammonizione, due l’espulsione)<br />

non è una porcheria. Segno che anche a Roma<br />

(pagina 10) il “fùtebol”, alla sudamericana, è una cosa serissima<br />

per divertirsi.<br />

A Milano, invece, abbiamo cercato la guerra, una cosa or-<br />

NEL MIRINO<br />

Caro direttore,<br />

salto i complimenti per il giornale “diverso” che state<br />

facendo, ma protesto per il servizio sul poligono di<br />

Milano (<strong>Urban</strong> n. 20). Descrivere un posto dove si spara<br />

come se fosse un dopolavoro, una palestra, un luogo<br />

d’incanto mi sembra un po’ troppo. Con meno pistoleri<br />

in giro ci sarebbe anche meno violenza. O no?<br />

Luca Sensini, Bologna<br />

Caro Luca, un po’ ci aspettavamo questo tipo di proteste.<br />

però, vedi, proprio perché vogliamo fare un giornale un po’<br />

“diverso”, come dici tu, ci piace andare a vedere di persona,<br />

senza troppi pregiudizi. Al poligono abbiamo visto più<br />

sportivi che patetici Rambo. E dunque...<br />

jorunn aarseth<br />

sandro avanzo<br />

silvia ballestra<br />

eddi berni<br />

luca bernini<br />

alexio biacchi<br />

bo130&microbo<br />

michele calzavara<br />

antonello catacchio<br />

leonard catacchio<br />

lia celi<br />

cesare cicardini<br />

cinzia&valentina<br />

lucrezia cippitelli<br />

selvaggia conti<br />

michela crociani<br />

enzo dal verme<br />

paolo de bernardin<br />

paul de cellar<br />

claire dupont<br />

illustrazione: Scarabottolo<br />

paolo ferreira<br />

carlo frassoldati<br />

studio ghiglieri<br />

paolo giovanazzi<br />

camilla invernizzi<br />

cristina lattuada<br />

davide longaretti<br />

paolo madeddu<br />

manami<br />

maurizio marsico<br />

renda di per sé. Ma siccome la memoria fa parte della ricchezza<br />

di un luogo (potrebbe anche essere lo snodo che<br />

fa diventare visibile una città invisibile, guarda un po’),<br />

ecco che Milano porta ancora dei segni: buchi qui e là, rifugi<br />

e storie. Chi c’era racconta; chi non c’era può sempre<br />

andare a vedere quei fori di scheggia, attorno ai quali<br />

qualcuno (pagina 30) ha disegnato un cuore. Tanto per<br />

dire che quando la città invisibile diventa visibile qualcuno<br />

la osserva. Quanto a Elio (e le storie tese), siamo andati<br />

a chiedergli perché lo fa (pagina 16), dopo oltre un<br />

decennio. E abbiamo scoperto che lo fa per stare bene<br />

e ridere, perché dice lui “la vita è una noia e noi vogliamo<br />

stare bene”. Ecco, pure noi. Per questo ci guardiamo<br />

intorno, curiosi come scimmie. Buona lettura.<br />

beba minna<br />

cinzia negherbon<br />

annalisa pagetti<br />

marcella peluffo<br />

marco petrus<br />

quickhoney<br />

giuseppe ragazzini<br />

cecilia rinaldini<br />

sonia sartori<br />

alessandro sessa<br />

ALESSANDRO ROBECCHI<br />

alessandro@urbanmagazine.it<br />

IL MUTUO PER MANGIARE<br />

Caro <strong>Urban</strong>,<br />

per lavoro (e quest’anno grazie a dio anche per vacanza)<br />

ho girato su e giù per l’Italia, che è sempre un bel posto,<br />

e ho potuto confrontare un po’ di prezzi. Risultato:<br />

possibile che mangiare fuori a Milano costi il 60 - 70<br />

per cento in più che altrove? A volte persino il doppio!<br />

Voi che vi occupate di food e ristoranti, e anche bene,<br />

vi occuperete della cosa?<br />

Sandro ventola, Milano<br />

Caro Sandro, è vero, dopo il tramonto della “Milano<br />

da bere” e l’avvento dell’euro, la “Milano da mangiare”<br />

è diventata carissima, anche se le tue stime sembrano<br />

un po’ eccessive. Che fare? Dirlo lo diciamo, ma da qui<br />

a cambiare la situazione...<br />

IL CAPO E LA CENERE<br />

Cari tutti,<br />

sul n. 20 di <strong>Urban</strong>, la pagina Città d’autore dedicata<br />

a Michela Formenti conteneva un errore. Il titolo<br />

dell’opera è Storyboard 007 e non era esposta<br />

alla Galleria Colombo. Col capo cosparso di cenere<br />

ci scusiamo con i lettori e gli interessati. Sarà stato<br />

il caldo. Rimediamo ora.<br />

A.R.<br />

BRAVA EVA!<br />

Mentre voi eravate al mare, la nostra Daria Pandolfi, segretaria,<br />

traffic, assistente sociale, amica e diavolo biondo,<br />

non è stata con le mani in mano e ha messo al mondo<br />

la piccola Eva. Benvenuta!<br />

LA RE<strong>DA</strong>ZIONE<br />

Per scrivere a <strong>Urban</strong> l’indirizzo è:<br />

URBAN, via Tortona 27, 20144 Milano<br />

redazione@urbanmagazine.it<br />

guido scarabottolo<br />

jaïr sfez<br />

p.d. sfornelli<br />

squaz<br />

d.p. tesei<br />

tommaso toma<br />

gianni troilo<br />

paolo ventura<br />

camille vivier<br />

zoe<br />

URBAN 7


foto: Michele Calzavara<br />

URBAN VOCI<br />

STRISCE A OSTACOLI<br />

Che le nostre città siano piene di orrori urbani e architettonici è risaputo. Ci hanno fatto anche dei libri.<br />

Inutile elencarli, ognuno ha ben chiaro in mente il “male”, e anche il rimedio a volte: la ruspa. Però ci sono<br />

anche cose più piccole, apparentemente insignificanti, che si possono risolvere con meno. Non è il caso<br />

di chiamarle orrori, non esageriamo. Errori si però. Errori urbani. Per esempio, voi arrivate a Roma Termini,<br />

scendete dal treno, attraversate la stazione e andate prendere il vostro autobus. Magari avete la vostra<br />

bella valigia con le ruote, tanto comoda. Ecco che dovete attraversare la strada, ed ecco le belle strisce<br />

pedonali. Ma… manca qualcosa, o c’è qualcosa di troppo? Ah, si. Mancano le rampe, o c’è troppo marciapiede,<br />

che dir si voglia. Le nostre belle strisce si infrangono sempre contro un bel cordolo di cemento alto<br />

20 cm. Vabbè, ci tocca sollevare la nostra valigia con le ruote. Poco male. Ma… e la carrozzella del disabile?<br />

M.C.<br />

MOLOTOV <strong>DA</strong> TAVOLO<br />

Restart, un progetto che ridisegna gli oggetti, rendondoli minimali<br />

ed essenziali. Come la Table Lamp. Da accendere, non da lanciare!<br />

Una bottiglia di vetro vuota, uno straccio, del liquido infiammabile. Benzina? Alcool a 95%? Dipende<br />

dall’intenzione, se si vuole il botto o solo una barriera calda contro gli importuni. Va bene anche il petrolio<br />

bianco, più sicuro e prediletto dai mangiatori di fuoco… Però ora spostiamoci di lato. Troviamo<br />

un oggetto simile, ma diverso: Table lamp. È parte di un progetto più ampio di Maurizio Navone,<br />

Restart, che passa al setaccio merci oggetti e gesti degli ultimi decenni in un gioco ricombinante con<br />

la memoria. Riattualizzare, ripensare, rielaborare… e spostare, anche, gli usi e i significati delle cose.<br />

In questo caso c’è uno spostamento, ovviamente, come negli scacchi la mossa del cavallo. Ecco che<br />

la bottiglia vuota diventa una bottiglia di vetro soffiato da 300 cc, lo straccio è uno stoppino in corda,<br />

e poi c’è una guarnizione metallica. E il tutto è molto raffinato. Le intenzioni di Table lamp non sono<br />

di guerriglia urbana, evidentemente. Restart consiglia di appoggiare l’oggetto su un tavolo, accendere<br />

il lume e magari, sotto questa luce calda, rileggersi di quel 1941, quando Vjaceslav Michajlovic<br />

(Molotov) insegnò ai siberiani a usare le bottiglie di vodka (dopo averla bevuta, che sennò disertavano<br />

subito!) per dare un po’ di fastidio ai crucchi alle porte di Mosca. E gliene hanno dato! Eccome!<br />

MICHELE CALZAVARA<br />

PREMIO<br />

CENACOLO<br />

Fate un giornale? Comunicate con<br />

sistemi un po’ più innovativi del tam<br />

tam e dei segnali di fumo? Attenti<br />

a voi, potreste anche partecipare<br />

(e vincere? Magari!) al Premio<br />

Cenacolo Editoria e Innovazione.<br />

Assolombarda, Il Sole 24 Ore,<br />

Mediaset, Mondadori, Rcs, Radio e<br />

Reti e Mediagroup, insomma, le voci<br />

più importanti dell’editoria italiana<br />

cercano i migliori e più innovativi<br />

prodotti editoriali nati durante<br />

il 2003. Per dire quanto il premio<br />

è prestigioso, l’anno scorso lo vinse<br />

<strong>Urban</strong>... Presiede la giuria il professor<br />

Umberto Eco.<br />

Per iscriversi e informarsi usate il<br />

telefono (02-89697505) o la rete<br />

(www.premiocenacolo.it)<br />

URBAN 9


10 URBAN<br />

A DUE PASSI dal più antico<br />

stadio del mondo si giocano<br />

modernissime partite di<br />

pallone. Scontri di polpacci<br />

e di culture, America Latina<br />

e carne alla griglia,<br />

parrucchiere en plen air e aria<br />

da festa popolare. Insomma,<br />

taca la bala, sotto il Colosseo<br />

FÚTEBOL<br />

CAPUTMUNDI<br />

testo: Cinzia Negherbon / foto: Gianni Troilo<br />

All’ombra dello stadio più antico del mondo, la<br />

domenica si gioca la partita di pallone meno romana<br />

di tutta Roma. Nel cuore della Domus Appia al parco<br />

di Colle Oppio, tra la polvere di un campo sterrato,<br />

è in corso la terza giornata di ritorno del “Campeonato<br />

Coliseo 2003”. La prima sfida sta per cominciare:<br />

Familiar contro Latico Negro.<br />

E il Colosseo presenzia allo spettacolo.<br />

Si parla spagnolo in questo angolo di Roma popolato da<br />

ecuadoriani, boliviani e peruviani. E si ascolta musica<br />

sudamericana. A mezzogiorno appaiono le prime griglie<br />

per il barbecue. Un signore con la maglietta della Bolivia<br />

fa rosolare le braciole di maiale per i primi due clienti,<br />

una coppia di italiani in pensione e in sovrappeso,<br />

che consumeranno la loro porzione di fritada sul tronco<br />

di un albero tagliato. Per vivere, l’uomo del grill disegna<br />

abiti da donna (mah!) e fa il “cuoco” soltanto la domenica<br />

durante le partite. Mi offre un assaggio di chanchos<br />

tostado: pelle di maiale fritta da sgranocchiare.<br />

Come rifiutare?<br />

L’incontro con l’organizzatore, il presidente don Carlos,<br />

avviene a bordo campo. I suoi racconti hanno il sapore<br />

del calcio di una volta, quello che si giocava per le strade<br />

con due pietre per segnare le porte. Le prime partite a<br />

Colle Oppio risalgono a sei anni fa: oggi hanno le divise,<br />

uno sponsor e un regolamento, in spagnolo. Si gioca<br />

sette contro sette, 25 minuti a tempo e un’ammenda per<br />

ogni ammonizione: 1 euro il cartellino giallo e 2 euro<br />

quello rosso. “Servono per pagare l’arbitro – spiega don<br />

Carlos – e anche per la calce…”. Per fare le righe del<br />

campo, capisco poi. Quattordici le squadre partecipanti,<br />

tra cui: Latico Negro (Cintura Nera), Amistad, Bolivia e<br />

Siempre Amigo, ma anche Lazio e America. Accanto a<br />

don Carlos c’è il segretario, che però non parla:<br />

è arrabbiato per la sorte della sua squadra, squalificata<br />

per una lite in campo. “Ma non è per questo che<br />

interviene la polizia – spiega il presidente. Ogni tanto<br />

passa a fare dei controlli, ma appena se ne va noi<br />

ricominciamo a giocare…”.<br />

Ora il presidente è costretto a congedarsi: “Devo<br />

cambiarmi per la partita”, spiega. A due metri da me, si<br />

spoglia degli abiti “borghesi” e indossa la divisa. Intanto<br />

un ragazzo con un frigo portatile vende ghiaccioli alla<br />

frutta fatti in casa. Tra una sedia pieghevole e uno<br />

specchietto appeso a un albero, una donna col camice<br />

URBAN 11


tempestato di pinze per capelli colorate: la parrucchiera!<br />

A bordo campo acconcia le ragazze: il campetto è una<br />

città in piena regola.<br />

Per ora in campo c’è solo un ragazzo che delimita<br />

l’area di gioco spargendo della calce da una bottiglia di<br />

plastica bucherellata: prima il perimetro, poi la prima<br />

area di rigore. La seconda rimane a metà: è finita la<br />

calce. Fischia il calcio d’inizio, anche se per ora una sola<br />

porta è provvista della rete. Il lancio della monetina dà<br />

la palla al Familiar, forse per compensare la sfortunata<br />

assenza per infortunio del goleador Maurizio detto<br />

Cholo (letteralmente “appartenente a una famiglia ricca<br />

ormai decaduta”), sostituito dal figlio dodicenne di don<br />

Carlos. Attorno al campo si è accumulata una discreta<br />

tifoseria, seduta sui muretti adiacenti o all’ombra di un<br />

albero.<br />

Il livello di gioco è altissimo. Il centravanti, palla al piede,<br />

supera il centrocampo, scarta abilmente un paio di<br />

uomini e raggiunge l’area di rigore. Ad aspettarlo metà<br />

della squadra avversaria. Il fuoriclasse avanza, i<br />

compagni lo seguono lungo le fasce, reclamano palla.<br />

un euro l’ammonizione, due euro il cartellino rosso: a che servon0? a pagare l’arbitro, no?<br />

Il fuoriclasse insiste, poi inciampa. Sulla palla si<br />

precipitano i difensori, poi anche gli avversari: è un gran<br />

polverone.<br />

Le ragazze fanno il tifo contro la squadra avversaria:<br />

qualcuna per seguire l’azione si è spinta quasi fino a<br />

centrocampo: “No puede Bolivia!, No puede Bolivia!”.<br />

A questo punto non si capisce più niente. L’arbitro non<br />

smette mai di correre (è soltanto alla prima partita ma<br />

è già esausto). Con il briciolo di autorità che gli rimane,<br />

invita le ragazze a uscire dal rettangolo di gioco.<br />

La mischia è sempre più intricata, la polvere sempre più<br />

fitta. Dalla nuvola marrone sguscia via il pallone: una<br />

cannonata del centravanti. Il portiere si tuffa nell’angolo<br />

basso, assolutamente imprendibile: è il primo gol.<br />

Il pubblico è in delirio. Per chi tiferanno i turisti<br />

giapponesi di ritorno dalla visita al Colosseo che<br />

passano di là per raggiungere i pullman? Intanto, si<br />

fermano a guardare. E il Colosseo dietro al campetto<br />

sembra ritrovare nuova vita, i turisti chiudono gli<br />

ombrelli cercando di perdersi e Roma diventa una città<br />

dove tutto può accadere. Dove i peruviani giocano a<br />

calcio sotto le rovine del Sacro Romano Impero.<br />

All’inizio della seconda partita, giocatori già in campo,<br />

l’Ecuador si accorge di non avere il portiere,<br />

prontamente sostituito da un rumeno venuto come<br />

spettatore. Due bambini peruviani con la maglia di Totti<br />

approfittano della supremazia della squadra che attacca<br />

alla porta nord per impossessarsi di quella sud:<br />

il portiere li asseconda senza problemi, e per farli<br />

contenti accetta persino di beccarsi un gol. Questa<br />

volta, l’arbitro lascia correre.<br />

URBAN 13


LA ROUTE 66 è una cosa, la statale 20 è un’altra.<br />

Eppure nella calura della provincia, accanto al monumento<br />

agli asparagi, spuntano tanti Elvis. Basette, american car,<br />

vestiti di seta bianca, memorabilia. E tristezza<br />

POVERI MA<br />

14 URBAN<br />

ELVIS<br />

testo: Maurizio Marsico / foto: Cesare Cicardini<br />

Il giorno sale chiaro ed enorme. Caldo e senza ombre.<br />

Lento e senza vento. Afoso e senza sole.<br />

Questa non è la route 66, ma la statale 20. Non siamo<br />

vicino al Mississippi ma a quel Po, po’ di fiume. Perché<br />

Santena è a soli venti chilometri da Torino, un’ora e mezza<br />

da Milano e a circa tre anni luce distante da Graceland,<br />

Tennessee. Ma non importa, è qui che si festeggia “l’ultimo<br />

Re”. Qui si festeggia Elvis Presley: The King (Creole). Qui i<br />

suoi orfani piemontesi celebrano i ventisei lunghi anni<br />

passati dalla morte. Tra la chiesa dei Santissimi Apostoli<br />

Pietro e Paolo e la scuola comunale “Camillo Benso conte<br />

di Cavour”, le canzoni di Presley inondano la piazza<br />

ubriaca di calore, e l’effetto doppler di voce e tamburi delle<br />

registrazioni mono, abbinato alla visione del<br />

monumento/fontana dedicato agli asparagi (Santena,<br />

infatti, è la patria dell’asparago), come un mantra<br />

rock’n’roll, intonato di fronte al totem (dell’asparago<br />

appunto), procura una forte e inevitabile sensazione di<br />

straniamento spazio temporale, che ci teleporta<br />

rapidissimamente oltre la ionosfera. Spiazzamento che<br />

inizia presto: giunti qui, affranti dal sole, troviamo deserto<br />

pieno, nemmeno un’anima. Ci guardiamo: e adesso? Ed è<br />

allora che accade. All’improvviso da dietro il monumento<br />

agli asparagi compare il primo Elvis. È un po’ appesantito,<br />

ma la basetta è perfetta. Sicuramente si ispira all’Elvis degli<br />

anni ’70, quello pieno di alcool e di panini al burro di<br />

arachidi... Si presenta come Mimmo The Pelvis, ha<br />

cinquant’anni, fa il portinaio e ha gli occhi tristi. Perché,<br />

dice, un costume da Elvis non l’ha mai avuto, costa troppo,<br />

e anzi ce lo fa vedere, in uno stand lì a due passi. Roba<br />

fina, in vera seta, duemila euro. Mimmo lo guarda con quel<br />

desiderio... Porca miseria, ci diciamo: Elvis vuol dire<br />

tristezza... Ma poi, altri dettagli: qualche macchina<br />

americana d’epoca, un servizio d’ordine di biker<br />

minacciosi, un organizzatore che in camicia texana color<br />

rosso canta in playback, facendo finta di suonare la<br />

chitarra (o meglio suonandola ma a corde vuote),<br />

collezionisti di dischi, Elvis impersonator, tante<br />

memorabilia. Ora forse (e sottolineo forse) comincerete ad<br />

avere una vaghissima idea dell’ameno quadretto<br />

santenese. Un maggiolone color vinaccia ci passa accanto,<br />

una Corvette nera sgomma. C’est la vie. Ma qui, scopriamo<br />

anche che Elvis, prima ancora di essere mito musicale<br />

transoceanico, icona pop per eccellenza (insieme a Marilyn,<br />

Topolino e Coca Cola), simbolo dell’arte modesta e kitsch<br />

o semplicemente prototipo originale della rockstar<br />

planetaria, è innanzitutto uno “stato mentale”. Perché il Re<br />

lo si può amare infinitamente, al punto di voler assumerne<br />

finanche le fattezze e le fattanze. I tic e le manie.<br />

Pappagorgia e karate compresi. L’amore si sa è cieco.<br />

E qui veste di bianco, collettoni enormi, giacche sfrangiate,<br />

pantaloni a zampa; calza occhiali da sole d’argento e ai<br />

piedi solo stivaletti pitonati. E i cimeli sottovetro si<br />

ammirano manco fossero reliquie religiose: 2 camicie, 1<br />

foulard originale da concerto, il certificato originale del 7°<br />

dan di karate con patch del kimono, 1 acetato del 1956, 1<br />

chitarra originale del 1956, 1 biglietto del concerto di<br />

Tupelo sempre nel 1956. Ooooooh, che meraviglia! Ci<br />

sono pure i rarissimi filmini superotto dei concerti al<br />

Madison Square Garden e a Fort Wayne del ’72. Dalla<br />

collezione personale di Luca Barbonaglia, from<br />

Montecarlo. Non manca l’esposizione d’arte, solo ritratti<br />

del Maestro di Memphis, realizzati dal patron, Michele di<br />

Pippo. Arriva anche il momento degli imitatori cantanti<br />

(prego portare base): Elvis Mimmo, Elvis Maurizio, Elvis<br />

Michele, Elvis Toto, Elvis Juri, Elvis Igor, Elvis Lallo. Uno è<br />

portinaio alle Molinette, un altro è brigadiere, qualcuno<br />

cantante dilettante, qualcun altro stonato, ma tutti hanno<br />

ricevuto l’imprinting presleyano in tenera età. Insomma ci<br />

credono veramente. Love me tender è la più gettonata,<br />

quella con cui si cimentano quasi tutti. Punto d’arrivo<br />

e di non ritorno. Sorta di monologo interiore, che ognuno<br />

interpreta con i colori che può. Chi con la panza e chi a<br />

squarcia gola, chi si aiuta con la mimica facciale e chi con<br />

il vibrato. Canzone d’amore definitiva, quasi terminale. Ci<br />

sono pure le cover band: i The Rocking specialisti del<br />

Pelvis anni ’60 – tutto rock ’n’roll e blues bianco –<br />

e i The Dreamers maestri del repertorio anni ’70, quando il<br />

Nostro ormai pachiderma di Las Vegas consumava<br />

tonnellate di asciugamani tra un set e l’altro. Le<br />

interpretazioni sono filologiche, quasi letterarie, spaccate<br />

comprese e gestualità teatrale da far invidia persino a<br />

Little (Tony) e a Bobby (Solo). Don’t be cruel, Surrender,<br />

Fever, Blue Suede Shoes, le labbra del pubblico sono in<br />

sincrono con le canzoni dal palco. Sfilano le american car,<br />

rombano le Harley, seguono le premiazioni. Il miglior<br />

cantante. Mr. Rockabilly, Miss Ultimo Re. Coppe, fasce e<br />

statuette. Il Giorno degli Elvis volge al termine, domani<br />

Santena tornerà alla canicola, via le “banane”, spazio di<br />

nuovo agli asparagi. Adieu, Elvis.<br />

URBAN 15


16 URBAN<br />

<strong>ELIO</strong> E LE STORIE TESE,<br />

un disco nuovo, tredici<br />

anni insieme, un gioco<br />

di specchi, nonsense,<br />

caricature e satira che<br />

non risparmia nessuno<br />

e suona come pochi.<br />

<strong>Urban</strong> è andato a<br />

parlare con loro che<br />

dicono: vogliamo solo<br />

ridere, ma anche fare<br />

arte. E ti pare poco?<br />

<strong>ELIO</strong><br />

PER <strong>RIDERE</strong><br />

testo: Alessandro Robecchi / illustrazione: Bo130 e Microbo / foto: Cesare Cicardini<br />

Elenco sommario delle cose che trovate nell’ultimo<br />

album di Elio e le Storie Tese, Cicciput. Enormi prese<br />

per il culo, paradossi e nonsense, cacca (tanta), moda (il<br />

mondo della), un inno-preghiera per la riunificazione dei<br />

Litfiba che sta sospeso tra Sergeant Pepper e la festa<br />

di paese. E poi ancora, in ordine sparso, l’omologazione<br />

selvaggia e incontrollata, il supereroe Shpalman che<br />

spalma i nemici di cacca (ancora!), un po’ di progressive<br />

(se si dice ancora così, ndr) fatto bene, un rock’n’roll<br />

“pilipino”. Dentro, ospiti e amici, da Bisio alla Cortellesi,<br />

dalla Pausini a Renzulli e Pelù, gli ex Litfiba. Eccetera,<br />

eccetera. Questo per dire che satirici, satira, satirizzati<br />

e il gentile pubblico – spesso abilmente preso per il culo<br />

pure lui – sono tutti invitati a divertirsi allo<br />

sbertucciamento musicale. Uno può pensare che siano<br />

goliardi, o cabarettisti, ma siccome sono anche<br />

eccellenti musicisti onnivori, allora non si sa bene come<br />

catalogarli. Da sempre gira l’accostamento con Frank<br />

Zappa, uno che faceva grande musica anche usando gli<br />

spot dei detersivi. Ma non vorrei addentrarmi in un<br />

ginepraio mistico-critico. Quindi, chiuso in una stanza<br />

con Elio (Elio) e Faso (tastiere, musiche, testi, basso e<br />

altro), provo a partire con la domanda più ovvia.<br />

Caro Elio, cari Elii, perché lo fate?<br />

(Elio) - Per ridere! Perché la vita è una noia mortale e noi<br />

vogliamo stare bene. Perché vogliamo divertirci,<br />

l’obiettivo principale è ridere, tutti i mezzi sono buoni,<br />

non ci sono armi vietate. Anche quando scriviamo un<br />

pezzo, se dopo quindici giorni, un mese, non ci fa più<br />

ridere, via, non se ne fa niente.<br />

Non tutti ridono delle stesse cose, però.<br />

(Elio) - Ma il nostro astuto ragionamento di marketing è:<br />

se ridiamo noi, rideranno anche gli altri.<br />

(Faso) - Anche all’interno del gruppo un pezzo ha i suoi<br />

promotori, uno lo spinge, a uno non piace, è così...<br />

Ma lo fate insieme da tredici anni! Come fate?<br />

(Elio) - Con gli avvocati! Anzi, ti rispondo con una<br />

canzone di Sting: If you love somebody set them free.<br />

(Faso) - Ti rispondo con una canzone di Battisti: ci<br />

allontaniamo e poi ci ritroviamo per restare più vicini.<br />

Ok, cancello la domanda, proviamo con questa: non<br />

è detto che tutti capiscano la satira che fate...<br />

(Elio) - Forse un po’ è vero. Ma chissenefrega. Appurato<br />

che la gente non capisce, tu fagli credere che ha capito,<br />

che hai detto quello che pensavano...<br />

(Faso) - È un meccanismo che funziona sempre...<br />

URBAN 17


capiscono altre cose? Non fa niente, lasciamoglielo<br />

credere...<br />

Un po’ come quando andaste a sbancare Sanremo...<br />

(Elio) - Ecco, sai la cosa più esilarante, quella che mi fece<br />

davvero impazzire. Tu cantavi Italia sì, Italia no, e quelli<br />

sotto, eleganti, le signore impellicciate, a battere le<br />

mani... Italia sì, Italia no... L’oggetto della satira che non<br />

si accorge di essere satirizzato e che anzi applaude...<br />

fantastico.<br />

Arrivaste secondi perché truffati, ma chi vinse<br />

quell’anno?<br />

(Faso) - Ron!<br />

Ah! Pazzesco!<br />

(Faso) - Vedi, non se lo ricorda mai nessuno, e questa<br />

non è satira?<br />

(Elio) - Se arrivi primo sei out, se arrivi secondo e sei<br />

stato truffato, o lo fai credere, o accrediti l’ipotesi... Vedi,<br />

è tutto un giocare con i luoghi comuni.<br />

Un po’ come Pelù e Renzulli che cantano in Litfiba<br />

tornate insieme, cosa sarebbe, autosatira?<br />

(Elio) - Ma si divertono! Gli piace partecipare agli Elii!<br />

(Faso) - Ospiti e amici vengono anche perché<br />

musicalmente si sa che da qui non uscirà mai una<br />

schifezza. Quando abbiamo invitato Imparato, batterista<br />

che stava lavorando con Cristiano De André e gli<br />

abbiamo detto, beh, fai qualcosa che ti piace, lui non<br />

poteva crederci. Cioè, mettici qualcosa di tuo, non siamo<br />

qui per dare ordini... Nella musica italiana mica funziona<br />

così.<br />

E tutto questo solo per ridere?<br />

(Elio) - Certo, per ridere. E anche per creare arte, che è<br />

una cosa rara. Gli anni ’60 e ’70 erano una fucina di<br />

“siamo un’azienda che si impegna a morte per fare cose completamente inutili divertendoci”<br />

creatività. Oggi comanda il commerciale, passa qualsiasi<br />

cosa, tutto è rifatto come dal chirurgo estetico!<br />

Però tutto questo è fatto in modo smaccatamente,<br />

direi addirittura oscenamente pop.<br />

(Elio) - Certo. Se fai il creativo tout-court finisci povero, o<br />

in manicomio. Vivi poco, lavori poco, in fin dei conti godi<br />

poco e noi, non essendo ricchi e avendo voglia di vivere<br />

bene... Ma per esempio se ti senti Pagano, sull’ultimo<br />

disco, ecco, è quello che mi piace fare ora. Ci stiamo<br />

riascoltando gli Area, per esempio, creatività allo stato<br />

puro... Oggi stiamo creando la nostra etichetta e<br />

pensiamo alla Cramps di quei tempi. Incredibili certe<br />

cose di Demetrio Stratos...<br />

E ora tornate indipendenti, addirittura con l’idea di<br />

un’etichetta...<br />

(Elio) - Sì cerchiamo di diventare totalmente<br />

indipendenti, dipende anche da lui (indica il disco<br />

nuovo, che sta andando benone, ndr). Per la verità il<br />

nostro unico disco con una major, l’allora Cbs, è stato il<br />

primo, ed era tutto materiale preesistente... Comunque<br />

non ci siamo mai sentiti controllati. Da chi, poi? Dalla<br />

discografia italiana? Ma andiamo! La discografia italiana<br />

sta in coma farmacologico da dieci anni, per favore... Se<br />

la discografia italiana è Caterina Caselli, beh, siamo al<br />

medioevo!<br />

(Faso) - Poi c’è il rapporto con il nostro pubblico. Chi<br />

sono? Boh, non facile saperlo, anche perché capita che<br />

qualcuno ci scopra dopo. Viene lì e ti dice: sai, vi ho<br />

sempre considerati dei cazzoni, e invece...<br />

Eh, invece?<br />

(Elio) - Siamo un’azienda che si impegna a morte per<br />

fare cose completamente inutili divertendosi un sacco.<br />

A proposito del disco. Ne La follia della donna<br />

ve la prendete con la moda, il tatuaggetto,<br />

l’omologazione...<br />

(Faso) - È satira? Non direi, è quello che percepisco del<br />

mondo della moda. Scarpe di merda da donna / che<br />

costano milioni all’uomo / E pensare che tutto questo lo<br />

hanno deciso / i ricchioni... La follia della donna / quel<br />

bisogno di scarpe che non vuole sentire ragioni...<br />

E vi sembra carino? Bello? Politicamente corretto?<br />

(Elio) - È un tormentone, è la foto dell’atteggiamento<br />

imperante. I gay intelligenti ridono di queste cose,<br />

abbiamo pure vinto il premio Mario Mieli... Quanto al<br />

politicamente corretto lasciamo perdere. Piuttosto,<br />

quell’irrefrenabile bisogno di un tatuaggetto, di scarpe,<br />

di vestiti nuovi, mi sembra una corsa disperata<br />

all’omologazione... Già, adesso che ci penso, in ogni<br />

canzone è nascosto un dramma...<br />

(Faso) - E poi diciamolo! Nel mondo della moda, nel<br />

locale giusto, le ragazze hanno sempre un amico gay!<br />

Alla fine può far comodo!<br />

Siete dei guastatori, altroché. Vi portate in tour quel<br />

Mangoni, l’architetto...<br />

(Elio) - Mangoni è fantastico, fa tutto, non ha vergogna<br />

di niente e si diverte come un pazzo. Una volta lo<br />

abbiamo regalato a Morandi. Siamo andati ospiti a un<br />

suo concerto e poi glielo abbiamo lasciato lì, sul palco.<br />

E quello ha preso una sedia ed è stato lì, sul palco, per<br />

tutto il concerto... pazzesco. E del resto, questo è<br />

abbastanza un mondo di Mangoni...<br />

Ma dalle origini cos’è cambiato?<br />

(Elio) - La mia impressione è che quando siamo usciti<br />

noi (nell’89, ndr) il livello tecnico si sia un po’ alzato,<br />

anche per merito nostro. Dio mio, c’era Cutugno... Oggi<br />

i giovani che sento magari non sono geni, però<br />

suonano. Anche le cose che sentiamo, che ci mandano,<br />

magari non c’è l’idea geniale, ma si suona, bisogna<br />

cercare... È assurdo che l’Italia non sappia valorizzare<br />

i suoi talenti, qui arte e musica sono considerati<br />

optional... E il risultato? Guardalo, è questa città qui,<br />

Milano: fare i soldi e del resto, chissenefrega. Direi che<br />

lo stato della Scala è abbastanza indicativo di come<br />

vanno le cose qui.<br />

Avrei un’altra domanda, ma non so se posso...<br />

(Elio) - Puoi.<br />

(Faso) - Ma sì, puoi...<br />

Com’è nata quella faccenda dell’inno dell’Inter, C’è<br />

solo l’Inter? Lo dico da interista, tra parentesi, non è<br />

che magari porta un po’ sfiga?<br />

(Elio) - È semplice come è nata... me l’hanno chiesta e io<br />

l’ho fatta. Ma quanto alla sfiga non ci sto, lì l’unica sfiga<br />

sono quelli che scendono in campo. Ma sono contento,<br />

allo stadio vedo gente con gli occhi lucidi.<br />

Anch’io maledizione, è anni che piangiamo come<br />

vitelli...<br />

Però quello che mi ha convinto veramente è che ero<br />

presente quando l’ha sentita Mario Corso, Mariolino<br />

Corso, il più grande di tutti. Pensa che io quando gioco<br />

a baseball ho il numero 11 sulla maglia... Beh, l’ha<br />

sentita, era lì davanti a me, e si è commosso...<br />

URBAN 19


FASH<br />

ION<br />

DEM<br />

OCR<br />

ACY<br />

ALEX TI GUAR<strong>DA</strong>,<br />

ti studia, parla<br />

con te. Poi ti rifà<br />

il look al costo<br />

di una lezione<br />

di piano. Facile,<br />

no? Confessioni<br />

di una “personal<br />

stylist”. Che non<br />

si prende troppo<br />

sul serio<br />

testo: Sara Tedeschi<br />

foto: Enzo Dal Verme<br />

20 URBAN<br />

Prima o poi arriva. Quella mattina in cui ci si alza, ci si<br />

veste, ci si guarda allo specchio e poi si sente un tonfo;<br />

inequivocabile, impietoso, sordo. Quello delle braccia<br />

(proprie) che cadono, senza incertezze.<br />

Inutile cambiarsi venti volte maglietta, pantaloni, scarpe e<br />

golf – accumulando ritardo; quello è un assoluto<br />

momento di non ritorno. Insoddisfatti dei vestiti (troppo<br />

larghi, troppo stretti, del colore sbagliato, dalle forme out<br />

o eccessivamente in), dei capelli e – all’apice del<br />

nervosismo – della propria immagine in toto, la giornata è<br />

già partita male. Anzi malissimo.<br />

Un’alternativa al buttarsi nello shopping selvaggio a tre<br />

zeri è prendere un caffè con Alexandra Hemon (Alex), o<br />

scriverle (lexemon@hotmail.com) e poi fare quattro<br />

chiacchiere. Alex, ventotto anni, francese della Réunion,<br />

ha vissuto e studiato a Tours e a Parigi e da due anni<br />

abita a Milano dove, tra le altre cose, fa la personal stylist,<br />

cioè una che vi parla, vi guarda e poi vi dà qualche<br />

consiglio. Di bellezza, di abbigliamento e di stile. Il tutto<br />

calibrato su di voi. Ma sempre sorridendo, con ironia e,<br />

cosa più importante, con grande autoironia.<br />

Fammi capire, ma com’è che uno diventa personal<br />

stylist?<br />

Guarda, io per essere sinceri sono designer e grafica e<br />

amo le nuove tecnologie, però quando ero a Parigi ho<br />

lavorato in uno studio di tendenze, Nelly Rodi, dove<br />

cercavo anche oggetti e arredamento. Poi qui in Italia ho<br />

cominciato quasi per gioco, con molta leggerezza. Ed<br />

eccomi qua.<br />

Va beh, mi spieghi come funziona? In pratica cosa fai?<br />

Beh, tu mi chiami, ci incontriamo, parliamo e intanto io<br />

guardo che tipo sei, molto semplicemente. Ascolto cosa<br />

vuoi, qual è il tuo problema, in cosa desideri cambiare e<br />

alla fine ti dico qualcosa sui colori, sugli abbinamenti, sui<br />

gioielli al limite, ma senza stravolgerti la vita.<br />

Cioè non mi dici di rasarmi i capelli a zero o di farmi<br />

bionda platinata…<br />

No, no! Evito interventi così radicali. La gente sui capelli<br />

ha mille resistenze. Più che altro spiego come sfruttare i<br />

vestiti che uno ha già. O magari consiglio qualche<br />

acquisto, ma sempre cose piccole. Certo, se poi qualcuno<br />

ha soldi da spendere si può comprare qualche vestito in<br />

più.<br />

E oltre agli acquisti su cosa ti concentri?<br />

Sul modo di muoversi, di presentarsi, per esempio, anche<br />

sul modo di parlare.<br />

Chi è che viene da te? Mi fai dei nomi? Si può?<br />

Certo! Ho cominciato con un calciatore di serie B,<br />

francese, di colore, poi qui in Italia mi sono occupata di<br />

Tamara Donà (come costumista nella sua trasmissione), di<br />

Filippo d’Aquarone giornalista del Tg4, di un uomo<br />

d’affari, ma anche di una ragazza borghese. Però, se devo<br />

dirlo, più uomini che donne.<br />

Particolare interessante questo, no?<br />

Eh… l’uomo italiano è curatissimo. Anche troppo curato.<br />

A volte fuori non c’è niente da migliorare… bisognerebbe<br />

curare cose più profonde…<br />

Sbagli mai? Tipo che dopo ti dici: “No, era meglio<br />

prima”.<br />

Matematico: se uno dopo tutto non è a suo agio vuol dire<br />

che sicuramente ho sbagliato.<br />

A chi rifaresti il look?<br />

A Maria De Filippi, che è maschile e avrebbe bisogno di<br />

vestiti semplici e raffinati proprio per compensare, invece<br />

la si vede con questi jeans molto lavorati, eccessivi.<br />

E poi?<br />

E poi, mi si perdoni la sfacciataggine, a Karl Lagerfeld.<br />

Una figura sacra della moda, che però più che vestirsi si<br />

nasconde… nei suoi vestiti. Con questi occhiali totali…<br />

troppo statico.<br />

Comprare vestiti, dicevi. Qui a Milano hai dei negozi di<br />

riferimento?<br />

Mi piace molto via Pier della Francesca, con negozietti<br />

magari anche di abbigliamento usati tipo Surplus o<br />

vintage strano. Ma anche il mercato va bene.<br />

Una parentesi: quali sono i posti che ti piacciono a<br />

Milano?<br />

Mi piace il Living, non mi piace per niente La Banque.<br />

Capito il tipo?<br />

E rifarsi il look quanto costa? Cioè venire da te che sei<br />

personal stylist.<br />

La stessa cifra che prendo per dare una lezione di<br />

pianoforte.<br />

Dai!?<br />

Sì sì, io suono anche il piano. Insomma dai 30 ai 100<br />

euro. Dipende da chi ho di fronte, dal lavoro e dal tempo.<br />

Metti che andiamo in giro due pomeriggi e che magari sei<br />

un uomo d’affari o che sei studentessa e prendiamo solo<br />

un tè insieme.<br />

Una specie di beauty-democrazia…<br />

Mi sembra più che giusto.<br />

E poi…<br />

Poi adesso siamo qui da un’oretta. Adesso parliamo di te.<br />

Di me? Ma qui l’intervista non la facevo io?<br />

Per esempio tu sei vestita tutta di nero, si vede che lo fai<br />

sempre. Molto classico e molto semplice, ma anche<br />

sempre elegante.<br />

Grazie.<br />

E la cosa è molto interessante: nel teatro il nero viene<br />

indossato da chi lavora con il volto e le mani. E tu nella<br />

vita e qui con me lavori con le mani (scrivi) e il volto<br />

(occhi, orecchie, bocca). E poi i gioielli: si vede che quelli<br />

che porti hanno un significato, sono importanti e li metti<br />

sempre.<br />

Vero.<br />

Vedi cosa fa la personal stylist?<br />

URBAN 21


PUTTANOPOLY<br />

UN GIOCO <strong>DA</strong> TAVOLO è una metafora della vita. Ma quale<br />

vita? La vita d’inferno delle ragazze di strada. Sfruttate,<br />

picchiate, umiliate. Ma anche ironiche e intelligenti. Un lancio<br />

di dadi per capire tutto<br />

testo: Andrea Dambrosio / illustrazione: Quickhoney<br />

È un singolare mix tra il Risiko e il Monopoli, ma<br />

invece di cannoneggiare il vostro vicino di casa e<br />

conquistare Nord America e Africa o di costruire hotel<br />

e gettare sul lastrico gli altri giocatori, dovete cercare<br />

di guadagnare soldi, pagare il pizzo al pappone,<br />

evitare di cadere nelle mani della polizia e di farvi<br />

accoppare dall’immancabile sbroccato di turno.<br />

Mica facile. Provateci voi a girare nei quartieri gestiti<br />

dalla mafia e a districarvi tra retate, poliziotti onesti e<br />

corrotti, clienti, preti, serial killer e sfruttatori. Su e giù<br />

per la città, con due dadi in mano e la speranza di non<br />

URBAN 25


incappare nella sfiga. Anzi, per essere più precisi, nella<br />

speranza che la sfiga la smetta di accanirsi su di voi<br />

visto che nel gioco, solo nel gioco per vostra fortuna,<br />

siete prostitute clandestine che cercano di emanciparsi<br />

dal racket.<br />

Benvenuti a Puttanopoly, città disgraziata ma<br />

comunque capace di sorridere e ridere. Luoghi e<br />

personaggi che ci raccontano della vita reale delle “sex<br />

worker” metropolitane. Una sorta di fumetto duro,<br />

cinico e divertente (e per niente hard), ideato dal<br />

Comitato per i diritti civili delle prostitute che ha<br />

trasformato le pagine di cronaca in “un gioco per<br />

ragionare”. E per raccogliere fondi (69 euro, su<br />

www.puttanopoly.com). Una città vera che si fa gioco.<br />

Con le sue regole e le sue convenzioni, i suoi sogni e i<br />

suoi cinismi. Il suo linguaggio. Convenzioni che<br />

possono pure sembrare strambe o ammicanti.<br />

A Puttanopoly per esempio le caselle sono 69, mica 40<br />

come nel Monopoli, e gli “imprevisti” sono un po’ meno<br />

aulicamente chiamati con il loro vero nome: sfighe.<br />

E d’altra parte le condizioni di partenza dei giocatori<br />

variano, è chiaro, ma sono pur sempre circoscritte in<br />

quel perimetro lì. Quello della sfiga. Poi, si sa, anche la<br />

malasorte ha le sue gerarchie e perché la cosa sia ben<br />

chiara a tutti a Puttanopoly hanno pensato di<br />

classificarla come gli hotel nelle guide turistiche: da una<br />

a cinque stelle. Si pescano due carte (quella della<br />

vostra identità durante il gioco e quella dell’obiettivo<br />

che vi viene assegnato)... e via! In giro per la città.<br />

Provate allora a vestire i panni di Beauty (sfiga a 5<br />

stelle), nubile nigeriana, 22 anni e un contratto con il<br />

pappa che le impone di lasciargli l’80% dei suoi<br />

guadagni fino alla casella 57. Oppure guardate la città<br />

con gli occhi di Violeta, affascinante slava a cui il racket<br />

concede qualcosa in più o, meglio, toglie qualcosa in<br />

meno.<br />

Gli obiettivi, ovvio, sono coerenti con il resto del gioco.<br />

Per esempio: “Vuoi farti una bella casa (oppure aprire<br />

un bordello) nel tuo paese d’origine e allora oltre a<br />

pagare il tuo debito devi mettere da parte X dollari”.<br />

Chi raggiunge prima il suo obiettivo vince. Ma non è<br />

facile, nemmeno nel gioco. Perchè la città è una bestia<br />

strana. I quartieri gestiti dalla mala, gli “imprevisti”<br />

frequentissimi, le botte sempre dietro l’angolo. Bisogna<br />

fare molta attenzione. Se per esempio vi trovate per<br />

sbaglio in territorio cinese, l’unica è cercare di passare<br />

inosservate e saltare un giro. Se invece finite nella zona<br />

dei nigeriani, e non siete nigeriani, le mazzate sono<br />

assicurate. E state pure ferme 3 giri! Certo, può andarvi<br />

anche bene. Magari un cliente vi chiede di<br />

accompagnarlo al Casinò, vi passa qualche fiches, voi<br />

vincete e lui vi regala 5000 dollari. Grana esente dal<br />

pizzo dei pappa. Non male, dunque. Meglio ancora,<br />

forse, se finite nella casella delle unità di strada, dove<br />

le operatrici vi spiegano quali sono i vostri diritti.<br />

Oppure se riuscite a prendere un passaggio per<br />

Amsterdam, la “città d’oro”. La prostituzione è legale,<br />

i guadagni sono pappa-esenti, e magari ci scappa pure<br />

la serata al coffee shop.<br />

A Puttanopoly tutto è meno cristallino e le certezze<br />

vacillano. Ci sono clienti buoni e clienti cattivi, poliziotti<br />

corretti e sbirri disponibili… a fare sesso gratis,<br />

cittadini onesti e cittadini patacca, preti che aiutano e<br />

preti da evitare come i debiti. Tutto molto, molto<br />

ingarbugliato.<br />

Provate a giocarci e capirete. E se è pur sempre vero<br />

che non si può imparare la geografia giocando a Risiko<br />

(anche se la Kamchatka, confessatelo, prima chi la<br />

conosceva?), a Puttanopoly nel peggiore dei casi<br />

guardarete la città da un’altra visuale. Forse a qualcuno<br />

non piacerà l’idea di trasformare in gioco il dramma<br />

delle schiave clandestine.<br />

Un fatto però è certo: Puttanopoly è un pezzo<br />

autentico di quella città che abbiamo tutti i giorni sotto<br />

gli occhi. Basta solo non volgere lo sguardo altrove.<br />

URBAN 27


LA METAMORFOSI<br />

VE LO DO IO, URBAN. E lo ridisegna<br />

da capo a piedi. Giovanni<br />

Ragazzini, un giovane artista<br />

italiano, ridisegna e rielabora le<br />

pagine del nostro giornale. Bravo!<br />

opere: Giuseppe Ragazzini<br />

L’arte si mangia la coda? Può essere. <strong>Urban</strong>, come si sa,<br />

frequenta l’ambiente, di arte parla e si occupa. Ma di finire<br />

arte lui stesso non se lo aspettava proprio. Eppure…<br />

Eccolo finito in mano a un giovane artista, Giuseppe<br />

Ragazzini, che – affilando il suo gusto per la metamorfosi<br />

– ce lo ha ridisegnato da capo a fondo. Colori strinati ed<br />

eccessivi, forme ricalcate ed estremizzate. Insomma, una<br />

rilettura del nostro giornale, attuata senza freni sia sulle<br />

pagine confezionate dalla redazione che sulle inserzioni<br />

pubblicitarie. In pratica, un <strong>Urban</strong> rifatto interamente, con<br />

un testacoda di talenti: prendere, stravolgere, modificare.<br />

La metamorfosi, appunto. Lui, Giuseppe, ha solo 25 anni,<br />

ma già un personale palmarès che fa impressione: video<br />

musicali (per gli Avion Travel), loghi e simboli (per Elisa),<br />

mostre personali e collettive, allestimenti teatrali, e<br />

addirittura i complimenti di critici illustri (da Serafini a<br />

Sermonti) impressionati dal suo lavoro. Un po’ come noi,<br />

nel nostro piccolo, che ci siamo rivisti il nostro <strong>Urban</strong><br />

smontato e rimontato sotto il naso. E, dopo un momento<br />

di straniamento, abbiamo deciso che lo scippo ci piace.<br />

URBAN 29


Alphabet city ovvero l’altra faccia di Milano. Lettere<br />

dell’alfabeto che parlano del passato. Si incontrano sui<br />

muri della città. Una R accompagnata da una A sta per<br />

Rifugio Antiaereo, oppure una U inseparabile dalla S può<br />

volervi dire solo Uscita di Sicurezza, ma a volte, se si è<br />

fortunati, può capitare di inciampare in una i piccola,<br />

minuscola, chiusa all’interno di un cerchio tutto nero. Una<br />

volta indicava la presenza di un idrante, necessario per<br />

spegnere il fuoco provocato da una bomba in caduta<br />

libera sulle case. Tempi duri. Per non parlare poi di quei<br />

buchi lasciati dalle granate sui pali della luce. Andiamo!<br />

Sarà roba di quasi sessant’anni fa. Appunto: pezzi di<br />

storia della città, destinati purtroppo a scomparire, ma<br />

oggi ancora sopravvissuti e rintracciabili – a cercare un<br />

po’ – nonostante i mille restyling della città. Cercare,<br />

scavare, cercare ancora: la guerra a Milano. E se state<br />

pensando che siamo impazziti, fate un bel respiro e fra<br />

poco capirete. <strong>Urban</strong> si è fatta un giro per le vie della<br />

città, ha spiato palazzi e piazze. Ha fotografato lettere e<br />

segni, lasciati dall’ultima guerra mondiale a Milano. War<br />

in Milan: con un po’ di immaginazione, nemmeno poi<br />

molta, potete vedervi la testatina di CNN. Elmetto, anfibi,<br />

si parte.<br />

In piazza della Repubblica sono le 18.30. Un flusso<br />

incessante di uomini e donne sale e scende dai tram:<br />

ogni minuto persone distratte e indaffarate spintonano<br />

per farsi largo e si capisce che non vedono l’ora di<br />

tornare a casa. Sembrano tutti stufi dopo una giornata di<br />

lavoro, hanno fretta di andarsene, ma… calma! Non c’è<br />

bisogno di agitarsi così. Per strada tedeschi non ce ne<br />

sono, forse qualche turista, ma ormai non fanno più<br />

paura. In cielo neppure l’ombra di aerei inglesi. E non si<br />

sentono nemmeno più squillare le sirene. Tutto<br />

dimenticato, se non fosse per quei pali della luce, verde<br />

militare, non tanto alti. Tutti sforacchiati. Proprio così:<br />

nella prospettiva-viale che si spinge dalla stazione verso<br />

il centro, una specie di porta di Milano, le hanno provate<br />

tutte. Persino una statua illuminata, talmente orrenda che<br />

l’hanno levata subito. E di tutte le attrazioni, nessuno che<br />

faccia notare come si conviene questa dei lampioni<br />

sforacchiati dalle battaglie. Con i segni delle granate<br />

ancora ben in evidenza sulla pelle d’acciaio. Testimoni<br />

muti, purtroppo. Qualcuno su uno di questi pali ha<br />

disegnato un cuore attorno a un foro. Un emozionante<br />

peace&love.<br />

Di pali della luce con i segni delle granate se ne trovano<br />

in ogni quartiere, a Milano. Come le lettere RA. Se vi<br />

capita di incontrarle, provate a immaginare centinaia di<br />

persone che ogni notte in quel palazzo scendevano<br />

correndo per le scale in direzione della cantina. Urgono<br />

BOMBEAMILANO<br />

testo: Sonia Sartori / foto: Paolo Ventura ( Ricco Maresca Gallery - N.Y. )<br />

30 URBAN<br />

ANCHE QUI SONO CADUTE<br />

LE BOMBE, e i segni si<br />

vedono ancora. Non è facile<br />

scovare e cancellare tutti<br />

i buchi della guerra, anche<br />

se è una faccenda di<br />

sessant’anni fa. Nei pali della<br />

luce, sui muri dei palazzi,<br />

nelle cantine condominiali,<br />

il passato resta scritto con<br />

piccoli squarci e grandi<br />

lettere bianche e nere<br />

URBAN 31


CITTÀ D’AUTORE<br />

MARCO PETRUS<br />

L’architettura e i suoi paradossi, la città e il rigore geometrico dei suoi palazzi. Milano vista in orizzontale e in verticale, di sopra e di sotto. Fuori dai luoghi comuni,<br />

dentro la sua anima. Scorci di vita e di città. Marco Petrus, tra i fondatori del gruppo Officina Milanese, da anni lavora su questi temi. Attraverso la pittura. Guarda la città<br />

con uno sguardo tutto suo, ne coglie i segnali urbani e i cortocircuiti mentali e architettonici. Poi dipinge.Edifici affastellati uno sull’altro e palazzi rovesciati su se stessi.<br />

Gioco di incastri per città dipinte.<br />

URBAN 35<br />

Azione 1, 2002, olio su tela, collezione privata. Tratta da Marco Petrus, Electa, collana Italian Factory, 2003


TOP E MINIGONNA MISPALAERE / STIVALI COSTUME NATIONAL<br />

SIXTIESFEVER<br />

UN PO’ OPTICAL, UN PO’ BEAT, UN PO’ NOSTALGIA E UN PO’ ATTUALITÀ. DIETRO L’OBIETTIVO, CAMILLE VIVIER, LA<br />

GRANDE FOTOGRAFA FRANCESE. <strong>DA</strong>VANTI, IL CORTOCIRCUITO TRA LA MO<strong>DA</strong> DI OGGI E LE MAGNIFICHE<br />

OSSESSIONI DEGLI ANNI SESSANTA. WARHOL, LA FACTORY, CHELSEA. PICCOLE NOSTALGIE DEL TEMPO CHE<br />

PASSA. O CHE NON PASSA MAI<br />

FOTO CAMILLE VIVIER@STUDIO GHIGLIERI / STYLING CLAIRE DUPONT@STUDIO GHIGLIERI / MAKE-UP MANAMI / HAIR PAOLO FERREIRA@CALLISTÉ / MODEL ZOE@KARIN<br />

/ ASSISTENTE JAÏR SFEZ<br />

URBAN 37


VESTITO, CALZE E SCARPE TSIMORI CHISATO MAGLIONE CÉLINE / CAPPELLO SPRUNG<br />

38 URBAN URBAN 39


40 URBAN<br />

CAPPELLO E TOP ZUCCA MAGLIONE, TOP, CALZE E ORECCHINI ISABELLE M A R A N T<br />

URBAN 41


42 URBAN<br />

MAGLIA E VESTITO A POIS GIALLI DICE KAYEK<br />

CAPPOTTO COSTUME NATIONAL / CALZE E SCARPE CELINE<br />

URBAN 43


DJ PLAYLIST<br />

Produttore (Primal Scream),<br />

remixer e dj. Andrew<br />

Weatherall ha fatto incontrare<br />

elettronica e dub. Niente<br />

male come matrimonio.<br />

Ecco la sua top ten.<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

1.<br />

2.<br />

3.<br />

4.<br />

5.<br />

6.<br />

7.<br />

8.<br />

9.<br />

10.<br />

54 URBAN<br />

MICHAEL FORSHAW<br />

The last starfighter ep<br />

CALEIXICO<br />

Untitled III<br />

(Weatherall remix)<br />

PINK FLOYD VS<br />

KRAFTWERK<br />

The dark side of autobahn<br />

DECAL<br />

Brightest star<br />

HEADMAN<br />

It rough<br />

GD LUXXE<br />

Prison life<br />

KAYLE?<br />

Love will tear us apart<br />

MATTHEW HERBERT<br />

BIG BAND<br />

Goodbye swingtime<br />

ANGIE REED<br />

The best of Barbara<br />

Brockhaus<br />

ISOLE<br />

Lost ep<br />

FNAC HITS<br />

Lo scaffale “nuovi suoni”<br />

riserva sempre buone sorprese.<br />

Ecco cosa si è comprato il<br />

popolo nei negozi Fnac prima<br />

di schizzare in vacanza<br />

RADIOHEAD<br />

Hail to the thief<br />

MORCHEEBA<br />

Parts of the process<br />

SKIN<br />

Fleshwounds<br />

MOGWAI<br />

Happy song for happy<br />

people world<br />

WHITE STRIPES<br />

Elephant<br />

LOMA<br />

Eighteen years of sin<br />

THE THRILLS<br />

So much for the city<br />

CINEMATIC<br />

ORCHESTRA<br />

Man with a movie<br />

camera<br />

THE EELS<br />

Shootenanny<br />

TINDERSTICKS<br />

Waiting for the moon<br />

MUSICA<br />

CESARIA VA AL CLUB,<br />

LA SAU<strong>DA</strong>DE IN REMIX<br />

Cesaria Evora, la regina,<br />

rimixata da un<br />

pool di dj francesi.<br />

Etno-urban. Wow!<br />

ARTISTI VARI<br />

Club Sodade<br />

(Cesaria Evora by…)<br />

BMG Ricordi<br />

A volte ci sono album di remix<br />

che fanno scoprire quella che è la<br />

caratteristica più suggestiva, e<br />

per ciò stesso artistica, di questo<br />

tipo di forma espressiva. Ossia la<br />

sua capacità di saper scomporre,<br />

smontare e ricostruire qualcosa di<br />

già esistente e finito, dandogli in<br />

più una luce nuova che spesso riflette<br />

la personalità di chi remixa<br />

almeno quanto quella dell’artista<br />

remixato. Ma c’è di più: il remix<br />

spesso fa dire all’originale cose<br />

che non aveva detto, ma che<br />

avrebbe potuto dire, se riletto<br />

sotto questa nuova luce.<br />

Intendiamoci: siamo lontani anni<br />

luce dal remix da discoteca, con<br />

cassa in quattro e base senza voce.<br />

Qui ci muoviamo in un territorio<br />

in cui fare un remix equivale a<br />

fare – nuovamente – musica.<br />

E in questo senso il remix ha dignità<br />

di forma d’arte, e riesce a<br />

essere derivativo eppure originale,<br />

talvolta innovativo; quando<br />

propone le stesse pagine rilette<br />

alla luce di un diverso ritmo, di un<br />

diverso respiro. È quello che succede<br />

con il Club Sodade: da un lato<br />

c’è Cesaria Evora, la cantante<br />

scalza, la regina della morna di<br />

L’ambiente musicale<br />

manca di coraggio?<br />

Il buon Madeddu non<br />

le manda a dire...<br />

Fammi un pezzo sulla mancanza<br />

di coraggio nell’ambiente musicale,<br />

dice il capo. Come no, in 12 righe.<br />

Che una è già andata. E che<br />

poi se risulto stizzoso lui lo sega<br />

per mettere la recensione di Irene<br />

Grandi o quelle boiate lì da 30enni.<br />

Che poi non è vero che manca<br />

il coraggio. Baglioni ha il coraggio<br />

di arrivare a 50 anni e sembrare<br />

Capo Verde, quella musica nostalgica<br />

e suadente, irrimediabilmente<br />

sconsolata, in cui si incontrano,<br />

come nella vera terra di mezzo, le<br />

lamentazioni del fado portoghese<br />

e la saudade brasiliana; dall’altra<br />

una manciata di dj francesi “di<br />

tendenza”, filosofi praticanti di un<br />

urbanismo sempre più fatto di ritmi<br />

e suggestioni, di sintesi globali<br />

e frammenti assolutamente locali.<br />

Sharon Stone. Ligabue ha il coraggio<br />

di rifare lo stesso disco<br />

ogni volta, cambiando solo il giocatore<br />

dell’Inter. Ramazzotti ha il<br />

coraggio non solo di far lo stesso<br />

disco ma anche di prendere le<br />

donne dallo stesso programma, il<br />

Festivalbar – meno male non si è<br />

messo con Salvetti. Mtv ha il coraggio<br />

di dire che Bush è cattivo<br />

quando loro sterminano i neuroni<br />

di tre generazioni con Celebrity<br />

Deathmatch, Andy Dick e Jennifer<br />

Lopez. I critici musicali hanno il<br />

coraggio di parlare bene di Alex<br />

Britti quando poi sono i primi a<br />

trovare palloso lui e il suo blue-<br />

Il risultato è un lavoro ottimo,<br />

nuova musica che nasce e si sviluppa<br />

dalla vecchia con una forza<br />

e un dna tutto suo. Il remix come<br />

arte, altro che! Carl Craig,<br />

Chateau Flight, Pepe Bradock,<br />

Kerri Chandler, Cris Prolific, 4<br />

Hero, François K, Dj Rork qui con<br />

il sassofonista Demon Ritchie,<br />

Señor Coconut, Osunlade sono i<br />

nomi di questo drappello di arti-<br />

setto da localetto. Il pubblico ha il<br />

coraggio di premiare i cantanti<br />

più gnègnè che ci sono in giro,<br />

dai Tiromancino a Cammariere alle<br />

Vibrazioni, roba che al confronto<br />

Gigi D’Alessio fa death metal. I<br />

Gemelli Diversi hanno il coraggio<br />

di affrontare i temi scottanti, così<br />

fanno piangere le ragazzine.<br />

Morgan ha il coraggio di lasciare<br />

gli altri pupazzi pur sapendo che<br />

in quattro facevano più ridere. I<br />

vecchi tromboni del rock hanno<br />

il coraggio di chiedere più di<br />

100mila lire per i loro concerti, e<br />

i critici tremanti hanno il coraggio<br />

di scrivere con il loro palmare da<br />

sti della rimanipolazione, che partono<br />

dal canzoniere di Cesaria<br />

Evora rileggendolo e riportandolo<br />

senza sforzo evidente in una dimensione<br />

decisamente “club”, il<br />

tutto con una creatività e una grazia<br />

che lasciano sbigottiti.<br />

Non è facile prendere un repertorio<br />

“rurale” come quello della<br />

Evora e vestirlo di suoni levigati,<br />

beat implacabili e rumorismo minimale,<br />

eppure su questo album<br />

ci si è riusciti, preservando per<br />

giunta il richiamo selvaggio e<br />

sconsolato di quella terra, e il fascino<br />

che la sua musica rimanda<br />

al mondo. Petit pays, Angola (in<br />

tre versioni), Nho antone escaderode,<br />

Besame mucho, Bondade e<br />

maldade, Sodade, Negue, Miss<br />

perfumado, Nutridinha e Sangue<br />

de beirona sono i 12 brani contenuti<br />

in questa raccolta – lo dico<br />

più per i fans della Evora che per<br />

gli amanti del clubbing – che<br />

riesce nell’arduo intento di mettere<br />

d’accordo il battito della metropoli<br />

occidentale con il respiro<br />

di un’isola dimenticata nell’oceano<br />

di fronte all’Africa, un tempo<br />

snodo centrale della tratta degli<br />

schiavi, ora riparo per navigatori<br />

transoceanici e meta di un turismo<br />

a volte inconsapevole della<br />

sua storia. Quell’isola Cesaria<br />

Evora l’ha raccontata e fatta sognare<br />

come nessun altro, Club<br />

Sodade, con queste tracce, ne rivive,<br />

dal caos organizzato delle<br />

città, la nostalgia.<br />

MEGLIO UN GIORNO <strong>DA</strong> CANTANTE<br />

LUCA BERNINI<br />

dieci milioni che sono ancora meravigliosi<br />

e ribelli. Le radio hanno<br />

il coraggio di fare 24 ore di programmi<br />

con le notizie cazzute tirate<br />

su dagli articolini sul Corriere<br />

o dai gossip di Rockol – poi il dj<br />

50enne fintogiovane ride uah<br />

uah, ehi ragazzi ehi ragazzi, e via<br />

con Chihuahua. Infine, le case discografiche<br />

hanno il coraggio di<br />

prendersela coi pirati e il file-sharing<br />

quando non c’è un disco degli<br />

ultimi tre anni che valga più di<br />

3,5 euro. Quindi, quale mancanza<br />

di coraggio?<br />

PAOLO MADEDDU<br />

BLACK REBEL MOTORCYCLE CLUB<br />

BLACK REBEL<br />

MOTORCYCLE CLUB<br />

Take them on, on your own<br />

Virgin<br />

Dopo avere assestato un buon<br />

colpo con l’omonimo album di<br />

esordio, i Black Rebel<br />

Motorcycle Club si tengono sulla<br />

difensiva nel secondo round. Lo<br />

stile resta più o meno lo stesso,<br />

con un pizzico di ruvidezza in<br />

meno, e l’album è secco e affilato.<br />

I tre vanno al sodo senza<br />

troppi fronzoli, si concedono<br />

una pausa semiacustica (And I’m<br />

aching), e per il resto picchiano<br />

a dovere. Ma, per portare a casa<br />

il titolo di migliore rock band<br />

emergente del pianeta, manca<br />

ancora il gancio da ko.<br />

PAOLO GIOVANAZZI<br />

PAT METHENY<br />

One quiet night<br />

WEA<br />

Difficile capire come faccia, Pat<br />

Metheny ad andare avanti sulla<br />

sua rotta di musicista senza frontiere.<br />

Eppure è proprio così, e riprova<br />

ne è questo album registrato<br />

in splendida solitudine, a casa,<br />

come dice il titolo “in una tranquilla<br />

notte” newyorkese; a cavallo<br />

di una chitarra baritono che altro<br />

non è se non un’acustica accordata<br />

diversamente, come potrete<br />

vedere nel retro di copertina.<br />

Dentro, nel disco, 12 brani;<br />

qualche cover di altri (My song di<br />

Keith Jarrett, Ferry cross the<br />

Mersey, Don’t know why), un vecchio<br />

classico come Last train home,<br />

già suonato per sola chitarra<br />

nel corso dell’ultimo tour, e una<br />

manciata abbondante di inediti. Il<br />

risultato è un disco intimo, raccol-<br />

Sul portale Musix,<br />

gratis e interattiva.<br />

La strana compilation<br />

ARTISTI VARI<br />

Loser my religion 3<br />

Se sapete già di che si tratta, non<br />

ve la tirate: i tempi di lavorazione<br />

del mensile e l’estate di mezzo ci<br />

consentono di dirvi solo ora cosa<br />

pensiamo di questa iniziativa: tutto<br />

il bene possibile. Perché è una<br />

PAT METHENY<br />

to, suonato – come ammette lo<br />

stesso Metheny nelle note interne<br />

– per la pura gioia di suonare.<br />

LUCA BERNINI<br />

MORBLUS BAND<br />

Mrs Miller<br />

Roberto Morbioli e la sua band<br />

veronese si affidano a Massimo<br />

Bubola per il lancio di Mrs.<br />

Miller, quinto lavoro dei Morblus<br />

Band, formidabile gruppo di<br />

rhythm’n’blues made in Italy.<br />

Funky urbano di pregiata fattura<br />

che sa legare Van Morrison e la<br />

scuola classica di Chicago,<br />

Zucchero e B.B. King. Bubola,<br />

oltre alla produzione, scrive tutti<br />

i testi. Uno in particolare, La<br />

fabbrica di incubi, porta anche<br />

la firma di Beppe Grillo per un<br />

attacco violento alla tv divoratrice<br />

di catastrofismi e mostro assetato<br />

di sangue.<br />

PAOLO DE BERNARDIN<br />

LUCA FLORES TRIO<br />

Sounds and shades of sound<br />

Splasc(h)<br />

La storia di Luca Flores è stata<br />

raccontata qualche mese fa da<br />

Walter Veltroni in un libro, Il disco<br />

del mondo, che, nonostante la retorica,<br />

ha il merito di avere acceso<br />

i riflettori sull’opera di un musicista<br />

tormentato e infelice, morto<br />

suicida, ma capace di esprimere<br />

al piano un’intensità emozionale<br />

stupefacente. La storia di Luca<br />

Flores è, più in generale, la storia<br />

di buona parte del jazz italiano,<br />

dove è possibile, per un musicista<br />

di statura qual era Flores (ma il<br />

discorso vale anche per altri<br />

grandi, come lo era Massimo<br />

<strong>Urban</strong>i), fare dischi, arrivare a<br />

esprimere il massimo della pro-<br />

buona idea che non a caso non<br />

proviene dalle case discografiche<br />

italiane. È una compilation gratuita,<br />

scaricabile dal portale Musix di<br />

Tiscali, messa in piedi dalla webradio<br />

Loser. La quale prima ha<br />

chiesto ai suoi ascoltatori di mandare<br />

delle brevi registrazioni:<br />

campionamenti, frammenti, spunti.<br />

Poi ne ha selezionati undici. E<br />

infine ha contattato venticinque<br />

gruppi underground italiani – più<br />

i divi Subsonica – chiedendo loro<br />

di farne altrettante canzoni. Ora,<br />

LUCA FLORES TRIO<br />

pria poetica e morire nel quasi totale<br />

anonimato, un delitto culturale<br />

che purtroppo, a quasi 10 anni<br />

dalla sua morte, non vede nessun<br />

principio di cambiamento. Sounds<br />

and shades of sound, registrato<br />

nel 1990 in trio e rimasterizzato<br />

nel 2003, è forse l’album che più<br />

di ogni altro può aiutarvi a farvi<br />

un’idea della bravura di questo<br />

pianista; ascoltatelo nelle proprie<br />

composizioni (Ode to the ocean,<br />

Feux rouges, Dice dance), nelle<br />

due riletture di Tenco (Averti tra<br />

le mie braccia, Angela) e in quelle<br />

di standard internazionali<br />

(Darn that dream, Softly as in a<br />

morning sunrise) e farete una<br />

scoperta preziosa, purtroppo<br />

postuma.<br />

LUCA BERNINI<br />

TRAIN<br />

My Private Nation<br />

Sony<br />

Una volta era più semplice: disco<br />

americano di rock band emergente,<br />

a guidare il nome giusto<br />

(Brendan O’Brien, già Pearl Jam e<br />

Springsteen) e via con un album<br />

bello leccato, scintillante e perfetto,<br />

pronto per vendere all over the<br />

world. E lì si poteva andare sul sicuro,<br />

oppure si stroncava a prescindere.<br />

Adesso invece sai che ti<br />

fregano, ma non sai come: il nuovo<br />

album dei Train è bello? Tutto<br />

sommato sì, ci sono canzoni buone<br />

e coinvolgenti al di là degli hit<br />

radiofonici, il cantante e autore<br />

Pat Mohanan ci mette anche un<br />

po’ d’anima, i suoni sono giusti…<br />

insomma, c’è tutto, ma manca<br />

qualcosa. È rock troppo per bene<br />

per lasciare il segno, è pop elegante<br />

ma alla lunga insipido…<br />

però alla quarta volta che lo<br />

una domanda: perché 26 gruppi<br />

e nessun artista singolo? Cos’è<br />

questa gruppocrazia? Altra domanda:<br />

dobbiamo essere felici<br />

perché stiamo per passare dalle<br />

mani di Sony, Bmg e Warner a<br />

quelle di Tiscali, Telecom o Wind?<br />

… Bene: ora che abbiamo gettato<br />

il bieco seme del dubbio, alè, occupiamoci<br />

delle canzoni. Ci si<br />

aspetterebbe brani targettizzati<br />

sul tipico downloader – 25enne<br />

maschio, informatizzato e schizzato.<br />

Invece ci sono talmente tan-<br />

TRAIN<br />

ascolto trovo Lincoln avenue un<br />

pezzo degno del miglior<br />

McCartney, Your every color suona<br />

come gli Oasis non riescono<br />

più a fare, e When I look to the<br />

sky riesce a essere una ballad credibile…<br />

alla fine vale la pena?<br />

Bah, una volta era più semplice...<br />

EDDI BERNI<br />

JIMMY VILLOTTI<br />

Naturalmente imperfetto<br />

NUN Entertainment<br />

Ecco il disco di uno di quegli artisti<br />

che potresti stare ad ascoltare<br />

per ore, tante e tali sono le cose<br />

che hanno da dire. Jimmy Villotti<br />

è conosciuto – dai più dei meno<br />

– come funambolico chitarrista di<br />

Paolo Conte, colui al quale l’avvocato<br />

chansonnier ha dedicato<br />

la bella Jimmy ballando (contenuta<br />

in questo album), nonché come<br />

episodico autore di<br />

parole/stoccate e solista di grande<br />

forza espressiva.<br />

Naturalmente imperfetto è un disco<br />

che non può avere un mercato<br />

se non fatto dal passaparola<br />

di chi lo ascolta. E allora sappiate<br />

che lui è uno dei pochi in grado<br />

di scrivere andando fino in fondo<br />

a rischio di fare (e di farsi) male,<br />

senza altra grazia che non sia<br />

quella che gli proviene dallo strumento<br />

che suona (la chitarra) e<br />

da una voce che da sola è già<br />

strumento. Guardatelo come un<br />

Conte senza maniera, o come un<br />

Capossela senza l’accolita, e ne<br />

scoprirete la verve piena, il passo<br />

naturalmente imperfetto e la distanza<br />

incolmabile che lo separa<br />

dal mondo rumoroso della musica<br />

leggera. Un piccolo gioiello<br />

sottotraccia<br />

LUCA BERNINI<br />

LA VERA ROCKSTAR: IL PUBBLICO<br />

te sfumature di pop e di rock da<br />

mangiarsi qualsiasi altra compilation<br />

di giovane rock italiano degli<br />

ultimi anni: il confronto con le<br />

idee degli ascoltatori è fecondo<br />

per tutti, a partire da Yuppie Flu,<br />

Perturbazione, Candies, Julie’s<br />

Haircut e Zu. Ma soprattutto, come<br />

dimostrano i brani di<br />

Mosquitos e Joe Leaman, l’interattività<br />

e la gratuità conferiscono<br />

un certo spirito carbonaro di libertà<br />

creativa.<br />

PAOLO MADEDDU<br />

IN CONCERT<br />

MILANO<br />

20 settembre<br />

TORA! TORA! FESTIVAL<br />

Mazdapalace<br />

La nuova edizione del festival<br />

ideato da Manuel Agnelli<br />

26 settembre<br />

GIARDINI DI MIRÒ<br />

Garbagnate (Mi),<br />

Scorribande<br />

Una delle migliori band postrock<br />

italiane<br />

ROMA<br />

12 settembre<br />

VELVET<br />

Parco Aldo Moro<br />

I ragazzi sono in giro da tempo,<br />

ora hanno un piglio rock<br />

che vi sorprenderà.<br />

26 settembre<br />

MORGAN<br />

Palacisalfa<br />

Le canzoni dell’appartamento<br />

è un lavoro bello e articolato. I<br />

concerti sono tutti da gustare.<br />

BOLOGNA<br />

7 settembre<br />

INDEPENDENT <strong>DA</strong>Y FESTIVAL<br />

Parco Nord<br />

Quinta edizione del Festival<br />

dedicato quest’anno a Joe<br />

Strummer. Con Rancid,<br />

Nashville Pussy, Cramps, AFI,<br />

Ataris, Lagwagon, Mars Volta:<br />

indipendenti, alternativi e anche<br />

di più.<br />

TORINO<br />

9 settembre<br />

ORNETTE COLEMAN<br />

Auditorium<br />

Giovanni Agnelli, Lingotto<br />

Il sassofonista inventore del<br />

free jazz si presenta in trio, sulla<br />

scia del recente album<br />

Tomorrow is the question!<br />

16 settembre<br />

JETS TO BRAZIL<br />

Estragon<br />

Tre album all’attivo – l’ultimo è<br />

Perfecting loneliness - per una<br />

delle più scottanti realtà dell’emo-rock.<br />

Adesso live.<br />

URBAN 55


MEDIA<br />

LA CARTA CANTA!<br />

E AMA I FUMETTI opera<br />

Fumetto d’autore,<br />

disegni e arte<br />

urbana. Ecco<br />

InguineMAH!gazine<br />

“La carta canta e chi la edita si<br />

vanta”; e poi: “un fumetto diverso,<br />

disegni che vi fanno perdere la<br />

testa”, così si spiegano quelli di<br />

inguine.net nel presentare<br />

inguineMAH!gazine (quadrimestrale<br />

di 48 pagine della Coniglio<br />

editore). La rivista (presentata a<br />

maggio all’Happening underground<br />

di Milano) è dedicata al<br />

fumetto, alla comunicazione e all’illustrazione<br />

ed è arrivata al suo<br />

secondo numero, proponendo<br />

autori italiani e stranieri, del mondo<br />

dei comics underground.<br />

La svolta e la novità riguardano il<br />

passaggio dall’esperienza di sperimentazione<br />

in rete (sempre in<br />

fieri) del gruppo inguine.net (nato<br />

nel 2001) a quella cartacea. Al<br />

centro di tutto, le potenzialità<br />

espressive del fumetto che ha visto<br />

autori della rete, calarsi nella<br />

realtà di esposizioni come la<br />

Biennale Giovani Artisti del<br />

Mediterraneo a Sarajevo. Tra le<br />

pagine del magazine si possono<br />

trovare alcune tavole inedite di<br />

Aleksandar Zograf, l’artista serbo<br />

che ha raccontato “i bombardamenti<br />

umanitari” della guerra dei<br />

Balcani, quelle cattivissime dello<br />

spagnolo Miguel Brieva incentrate<br />

sulla critica sociale e i ritratti<br />

della canadese Julie Doucet. Molti<br />

anche gli autori italiani con<br />

Gianluca Costantini e Ale Staffa.<br />

Quindi le figurine di Paper<br />

Resistance che si trasformano in<br />

adesivi da attaccare in giro per la<br />

città. Poi esperienze legate al<br />

mondo visuale di internet e chicche<br />

(da vera rivista underground)<br />

tra cui Blu, autore di molti graffiti<br />

metropolitani ora alle prese con il<br />

disegno di storie a fumetti.<br />

A chiudere: l’underground non<br />

più solo da vivere e guardare sul<br />

web (www.inguine.net), sui muri,<br />

per strada, in città, ma anche da<br />

sfogliare. Un magazine stampato<br />

bene con disegni mai banali e<br />

stuzzicanti, sicuramente interessante,<br />

da tenere in osservazione.<br />

Se a maggio vi siete persi il n. 1<br />

adesso siete in tempo per dare<br />

un’occhiata alla seconda uscita.<br />

La rivista la trovate in libreria a 5<br />

euro. Loro avvertono: “Va conservata<br />

in luogo fresco e asciutto”.<br />

E que sera sera...<br />

SARA TEDESCHI<br />

IL , 900 <strong>DA</strong> <strong>RIDERE</strong> AMARO<br />

Oltre un secolo di satira, da Scalarini a Altan<br />

All’inizio ci fu quella risorgimentale,<br />

ancora un po’ deboluccia<br />

per dir la verità, che<br />

“metteva alla berlina” conservatori,<br />

reazionari, patrioti, clero<br />

e monarchie. Poi con lo<br />

svoltare del secolo la satira si è<br />

fatta più precisa, pungente, ed<br />

è esplosa la caricatura politica<br />

italiana. Alla Fondazione<br />

Mazzotta, fino al 24 settembre,<br />

è possibile farsi un bel viaggetto<br />

per tutto il Novecento<br />

italiano, dando una ripassata<br />

alla nostra storia sociale, politica<br />

e di costume. Seduzioni e<br />

miserie del potere, visto da sinistra-visto<br />

da destra, è una<br />

rassegna che presenta le opere<br />

di cinque grandi del disegno<br />

satirico e della caricatura.<br />

Quattrocento i disegni (tratti<br />

da periodici e quotidiani) di<br />

Gabriele Galatara, Giuseppe<br />

Scalarini, Mario Sironi,<br />

Giovannino Guareschi e<br />

Francesco Tullio Altan. Niente<br />

e nessuno è escluso: le guerre,<br />

il fascismo e i suoi protagonisti,<br />

il passaggio alla<br />

Repubblica, gli anni della<br />

Democrazia Cristiana, Craxi,<br />

i grandi eventi, lo sviluppo<br />

e le disuguaglianze sociali,<br />

le fabbriche, fino a Silvio e al<br />

partito azienda.<br />

Seduzioni e Miserie<br />

del Potere<br />

Milano, Fondazione Mazzotta<br />

Fino al 24 settembre<br />

di: Max Andersson & Lars Sjunnesson<br />

GAMES<br />

La canna da pesca<br />

per la Playstation.<br />

Come fai senza?<br />

Nella prima parte dell’anno le<br />

vendite dei videogiochi, dopo<br />

una lunga crescita, hanno subito<br />

una notevole flessione rispetto<br />

all’anno scorso. Chi se<br />

ne frega direte voi. Beh, i produttori<br />

di videogiochi sembrano<br />

interessati alla vicenda e<br />

corrono ai ripari. Oltre a rilanciare<br />

sul mercato i sequel dei<br />

maggiori successi, ecco allora<br />

arrivare decine di accessori per<br />

rendere più giusta la propria<br />

console. E-toy, per esempio, è<br />

una webcam da collegare alla<br />

Ps2 che permette di interagire<br />

con i videogiochi sullo schermo.<br />

Certo i giochini sono molto<br />

semplici, quasi banali, ma uno<br />

degli aspetti più divertenti della<br />

cosa è vedere le persone davanti<br />

allo schermo agitarsi come<br />

tarantolati.<br />

La prospettiva è molto interessante<br />

e forse nel futuro potremo<br />

di nuovo giocare a pallone<br />

in casa senza timore di rompere<br />

i vetri o rovinare il riposino<br />

dei vicini. Sempre per la<br />

Playstation 2, un altro must (si<br />

fa per dire, eh?) è la canna da<br />

pesca virtuale. Infatti se volete<br />

giocare a Bass Fishing (Sega), e<br />

quindi vestire i panni di un pescatore,<br />

oltre al solito e ormai<br />

obsoleto joypad, potrete comprarvi<br />

una canna a mulinello,<br />

oggetto che rende il gioco ancora<br />

più realistico con tanto di<br />

tensione e vibrazioni. Vi sembrerà<br />

una follia, ma se c’è un<br />

posto al mondo dove la pesca<br />

e le tecnologie corrono a braccetto<br />

quel posto è il Giappone.<br />

La X-box per tutta risposta punta<br />

invece sul Kit Starter Xbox live<br />

che permette di giocare in<br />

rete con migliaia di utenti.<br />

All’interno del pacchetto si trova<br />

pure una cuffia con microfono,<br />

per sentirsi come su una<br />

macchina di formula uno….o a<br />

un call center.<br />

LEONARD CATACCHIO<br />

URBAN 57


LIBRI<br />

,<br />

AFRICA IN GIALLO<br />

rirli e seguirli anche quando non<br />

sono proprio delle cime. Come i<br />

due apprendisti meccanici, ragazzotti<br />

attratti dalla velocità, o la<br />

domestica malemettente che tenta<br />

di incastrare la futura sposa del<br />

suo datore di lavoro. Oppure tirando<br />

su vere perle, come la giovane<br />

segretaria che viene promossa<br />

assistente.<br />

immagine (tratta dalla copertina): Guido Scarabottolo L<br />

Autore inglese, personaggi africani. Storie di indagini e di<br />

Botswana. Un giallo diverso giocato su tempi e colori d’Africa<br />

LE LACRIME DELLA GIRAFFA<br />

Alexander McCall Smith<br />

Guanda<br />

237 pp., 14,50 euro<br />

Letteratura dal Botswana? E di<br />

donne del Botswana? Purtroppo<br />

no, perché a scrivere è un signore<br />

inglese, Alexander McCall Smith,<br />

che fa il professore di diritto a<br />

Edimburgo e però in Africa c’è<br />

nato e cresciuto. In compenso,<br />

questa strana detective-story, Le<br />

lacrime della giraffa, nel<br />

Botswana è ambientata e narra<br />

quel paese da una prospettiva<br />

abbastanza ‘femminile’, nel senso<br />

che il personaggio principale è la<br />

detective signora Ramotswe.<br />

UNA NOCHE<br />

CON SABRINA LOVE<br />

Pedro Mairal<br />

Mondadori – 148 pp., 7 euro<br />

Romanzo di formazione tutto al<br />

maschile. Daniel, diciassette d’un<br />

paese della provincia argentina,<br />

viene estratto fra migliaia di concorrenti<br />

per passare una notte in<br />

compagnia della donna dei suoi<br />

sogni più proibiti e segreti, la<br />

Donna manager, donna di successo,<br />

aiutata da una formidabile<br />

segretaria, la signora Ramotswe<br />

è in procinto di sposarsi e questo<br />

romanzo racconta, accanto a una<br />

serie di casi e personaggi tipo da<br />

private eye, fidanzamento e vita<br />

quotidiana di una coppia non più<br />

giovanissima. Il promesso sposo,<br />

signor Matekoni, è gestore di una<br />

officina di successo, la Speedy<br />

motors (tutti i negozi, a<br />

Gaborone, come la Ladies’<br />

Detective Agency n.1, hanno coloriti<br />

nomi, accanto a colorate insegne<br />

africane: la gioielleria che<br />

fa affari vendendo brillanti da fidanzamento<br />

si chiama Giorno del<br />

giudizio, la parrucchieria “Make<br />

Romanzo di viaggio e di formazione alla ricerca della pornostar Sabrina Love. Sabroso!<br />

pornostar Sabrina Love, formosa<br />

porcona che agita le notti di tutti<br />

i maschi, compreso il parroco di<br />

Curuguazù. La storia è semplice<br />

semplice: Daniel parte e comincia<br />

il suo on the road verso<br />

Buenos Aires e verso la notte<br />

che lo sverginerà (poiché, di<br />

donna Daniel è vergine, ma non<br />

di pecora e di gallina). Rapinato,<br />

edotto, aiutato, Daniel fa i suoi<br />

bravi incontri di strada attraver-<br />

me beautiful salon”, la macelleria<br />

“Prezzi onesti”), ed è un uomo<br />

molto buono e generoso.<br />

Strana detective-story perché tutta<br />

giocata sui tempi africani: calma<br />

e ritmo, ponderatezza e problemi<br />

morali (e quando mai?! Farsi scrupoli<br />

a rivelare la verità a un marito<br />

cornuto? Neanche un colpo di pistola<br />

sparato? Andatelo un po’ a<br />

dire a Dashiell Hammett o James<br />

Ellroy…). Ma ha ragione la saggia<br />

segretaria Makutsi: “Nel Botswana<br />

non sparano” dice. “Siamo un<br />

paese civile”.<br />

Talmente civile che sia la signora<br />

Ramotswe che il signor Matekoni<br />

sono assai ben disposti verso i<br />

propri dipendenti, tanto da favo-<br />

so un paese che comincia a mostrare<br />

qualche piccola crepa (il<br />

romanzo è del 1998, occhio alle<br />

date quando si parla<br />

d’Argentina). A bordo d’una zattera<br />

per solcare un’alluvione, e<br />

poi autostop – passando per il<br />

luogo dell’incidente dove sette<br />

anni prima hanno perso la vita i<br />

suoi genitori – e pullman, fino alla<br />

capitale tentacolare dove lo<br />

aspetta la suite con la dea del<br />

Perno centrale dei casi da sbrogliare<br />

è la scomparsa d’un giovane<br />

americano avvenuta dieci<br />

anni prima; per il resto la vita<br />

dell’agenzia investigativa è, appunto,<br />

ordinaria amministrazione:<br />

corna, contabili spariti con la<br />

cassa, eccetera. Il giovane aveva<br />

vissuto in una specie di comune<br />

con altri stranieri idealisti, gente<br />

che si trasferisce in Africa convinta<br />

di poter fornire soluzioni<br />

adatte a problemi enormi: ecco<br />

allora il tentativo di sperimentare<br />

nuove forme d’irrigazione dei<br />

campi per coltivare zucche e pomodori<br />

(colture niente affatto locali).<br />

Gli africani osservano,<br />

aspettano, anche accogliendo e<br />

lavorando, ma già sapendo come<br />

andrà a finire.<br />

La suspense, però (perché è pur<br />

sempre una detective story) non<br />

è data solo dall’intreccio da dipanare.<br />

C’è tutta una esistenza<br />

sconosciuta da scoprire, quella<br />

degli abitanti del Botswana, appunto,<br />

coi loro codici di comportamento,<br />

la morale a volte solida<br />

e antichissima, a volte assolutamente<br />

corrotta (geniale la figura<br />

del professore universitario con<br />

il pallino delle studentesse:<br />

Camerino o Gaborone, tutto<br />

il mondo è paese…).<br />

Così si spiega la fortuna d’una<br />

serie che speriamo venga presto<br />

tradotta anche da noi. Intanto,<br />

godetevi la prima puntata.<br />

SILVIA BALLESTRA<br />

L , INIZIAZIONE DEL GIOVANE <strong>DA</strong>NIEL<br />

sesso. Ma prima, una festa in<br />

maschera alcolica, un giro al<br />

mercato e un flirt con una coetanea.<br />

Poi, infine, i fuochi d’artificio<br />

cogli specchi sul soffitto e i numeri<br />

a colori…<br />

Fa tenerezza, comunque, il diciassette<br />

argentino. E fanno pena<br />

gli uomini adulti che fanno da<br />

cornice. Un po’ tutti troppo vittime<br />

della vagina, ma quella virtuale.<br />

Prevalentemente.<br />

THRILLER<br />

Hyeronimus Bosch,<br />

sempre meglio...<br />

LA BION<strong>DA</strong> DI CEMENTO<br />

Michael Connelly<br />

Piemme<br />

406 pp., 18,90 euro<br />

Los Angeles. Un serial killer<br />

disseminava cadaveri di bionde<br />

per tutta la città.<br />

Individuato e freddato durante<br />

la cattura da Hyeronimus<br />

Bosch, detective della omicidi,<br />

caso chiuso. Resta in piedi il<br />

processo. Il detective Bosch<br />

doveva sparare? Ha fatto bene?<br />

Ha sbagliato? Si dibatte.<br />

E mentre si dibatte, ecco spuntare<br />

un’altro cadavere biondo,<br />

ammazzato con le stesse modalità<br />

del serial killer. Questa la<br />

trama, e come ovvio non ci addentriamo<br />

oltre. Le cose che si<br />

chiedono a un giallone di questa<br />

fatta ci sono tutte: suspence,<br />

intreccio, colpi di scena.<br />

Ma in più, se è permesso, l’eccellente<br />

Connelly ci mette altre<br />

cose. Una Los Angeles buia e<br />

terribile, uno scenario perfettamente<br />

descritto nelle sfumature<br />

(il detective della buoncostume,<br />

gli avvocati, la giuria,<br />

i tossici, le puttane), un’ambientazione<br />

costruita con rara<br />

maestria. E poi lui, l’eroe antieroe<br />

Bosch, che passa in mezzo<br />

a quello sfacelo etico e morale,<br />

a quelle vite perdute e massacrate,<br />

a quelle devianze sessuali<br />

e a quelle devastazioni<br />

umane tenendo botta, conservando<br />

una sua etica, un suo<br />

carattere di uomo giusto.<br />

Bosch è una figura perfetta, tra<br />

i detective, mentre la città degli<br />

angeli è una quinta splendida<br />

dove si scorge lo schifo<br />

(tanto) dietro lo scintillìo (finto).<br />

E Connelly scrive con trasporto,<br />

come faceva si suppone<br />

ai tempi della sua carriera<br />

giornalistica, quando faceva il<br />

cronista di nera del L.A. Times<br />

e i cadaveri li vedeva sul serio.<br />

Delle numerose prove del duo<br />

Bosch-Connelly senza dubbio<br />

(per ora) la migliore.<br />

A.R.<br />

URBAN 59


BELLOCCHIO<br />

Il caso Moro,<br />

ancora una volta<br />

BUONGIORNO NOTTE<br />

Marco Bellocchio<br />

Una terribile vicenda della recente<br />

storia d’Italia presentata<br />

al Lido. È il marzo 1978 quando<br />

Aldo Moro viene rapito dalle<br />

Brigate Rosse, dopo l’uccisione<br />

degli uomini della scorta.<br />

55 giorni dopo anche Moro finisce<br />

assassinato. A partire da<br />

questo episodio (peraltro già<br />

affrontato dal cinema)<br />

Bellocchio opera la sua personale<br />

rilettura che punta a cogliere<br />

psicologie, sfumature,<br />

comportamenti, conflitti e responsabilità<br />

dei rapitori. Perno<br />

della vicenda è Anna, interpretata<br />

da Maya Sansa, vivandiera<br />

della prigione del popolo in cui<br />

Moro (Roberto Herlitzka) è rinchiuso,<br />

e quindi parte attiva<br />

delle bierre. Ma anche ragazza<br />

normale che deve mascherare<br />

il suo segreto nella vita e nelle<br />

relazioni di tutti i giorni. Un<br />

grande autore racconta la fine<br />

delle utopie liberatarie e il terribile<br />

trionfo degli anni di<br />

piombo.<br />

A. C.<br />

GARZANTINA<br />

- Dove hai preso la patente, al<br />

parco giochi?<br />

(Giovanni Storti, Così è la vita)<br />

- Beh, non hai voluto un pompino,<br />

così ho pensato di prenderti<br />

una cravatta.<br />

(Mira Sorvino, La dea dell’amore)<br />

- Grande bottiglia, perdona i<br />

miei peccati perché sto per<br />

andarmene per sempre. Posso<br />

bere un sorsetto? Grazie.<br />

Amen. (Joseph Turkel,<br />

Orizzonti di gloria)<br />

- È una primitiva: non ha spirito<br />

né anima né conversazione,<br />

e ogni volta che mangia bisogna<br />

mandarla in tintoria.<br />

(Walther Matthau, È ricca, la<br />

sposo e l’ammazzo)<br />

- Ho cercato di fermarlo con la<br />

forza, c’è stato un vero e proprio<br />

colluttorio. (Totò, Totò<br />

sceicco)<br />

- Come ti chiami?<br />

- Siddartha.<br />

- Cooomeee?<br />

- Come Buddha da magro.<br />

(Niccolò Senni, L’albero delle<br />

pere)<br />

60 URBAN<br />

FILM<br />

HORROR E CORSARI,<br />

COME A DISNEYLAND<br />

Riecco i pirati, finalmente!<br />

Del resto al<br />

cinema siamo tutti<br />

ragazzini. E infatti...<br />

Bravo Johnny Depp<br />

LA MALEDIZIONE DELLA<br />

PRIMA LUNA<br />

Gore Verbinski<br />

Capitan Sparrow è un corsaro.<br />

Ma non può più impazzare per i<br />

Caraibi perché un collega agguerrito,<br />

capitan Barbossa, gli<br />

ha soffiato la perla nera, la sua<br />

velocissima nave. Nel frattempo<br />

la avvenente figlia dell’arrogante<br />

governatore inglese viene rapita<br />

da Barbossa. E sono scontri<br />

navali, abbordaggi, duelli,<br />

salvataggi, inglesi gabbati e<br />

isola del tesoro. Insomma, tutto<br />

l’armamentario canonico dei<br />

film di questo genere che ogni<br />

tanto riaffiora dagli abissi in<br />

cerca di nuova gloria. Questa<br />

volta, però, c’è una variante<br />

inedita: la maledizione che colpisce<br />

chi si è impossessato del<br />

tesoro rubato agli indigeni dagli<br />

spagnoli tanto tempo prima.<br />

La maledizione, in sè, potrebbe<br />

non essere un dato inedito, lo è<br />

nella fattispecie perché i pirati<br />

di Barbossa, lui stesso e anche<br />

il veliero, sono come degli zombi,<br />

condannati a vagare per l’eternità<br />

come morti viventi che<br />

hanno perso il diritto di assaporare<br />

gusto e piacere della vita.<br />

Incantesimo lunatico che<br />

può essere annullato solo recuperando<br />

tutte le monete d’oro<br />

dello storico maltolto per essere<br />

idealmente restituite ai defraudati.<br />

E lo strano matrimonio<br />

tra il film di genere corsaro con<br />

variante orrorifica funziona.<br />

Niente più che un divertissement,<br />

un modo per celebrare il<br />

cinema come puro intrattenimento,<br />

ma il risultato è davvero<br />

spassoso. A partire dal linguaggio<br />

usato dai nostri eroi e dai<br />

loro antagonisti, farcito di arcaismi<br />

con varianti quasi poetiche.<br />

Poi ci sono gli interpreti che<br />

danno lustro, oltre all’impressione<br />

di essersi divertiti un sacco<br />

nel realizzare il film. Johnny<br />

Depp è capitan Sparrow, pirata<br />

a suo modo gentiluomo, spadaccino<br />

provetto, capace di soffiare<br />

agli zerbinotti inglesi la nave più<br />

veloce del regno e di cavarsela<br />

nelle situazioni più disperate.<br />

Geoffrey Rush è il suo vero nemico,<br />

molto più degli inglesi. Gli<br />

ha rubato la nave, e questo per<br />

un pirata è un bel guaio, oltre al<br />

fatto che riuscire a batterlo è<br />

piuttosto complicato perché i<br />

colpi di arma da taglio o da fuoco<br />

non sembrano in grado di<br />

fargli un gran danno. Poi c’è la<br />

figlia del governatore, Keira<br />

Knightley (forse qualcuno ricorderà<br />

di averla vista accanto alla<br />

protagonista in Sognando<br />

Beckham, ma ora è cresciuta e<br />

trasformata) e il governatore<br />

stesso Jonathan Pryce. A questi<br />

si aggiungono l’amico di<br />

Sparrow, Will Turner, interpretato<br />

da Orlando Bloom e il commodoro<br />

Norrington impersonato<br />

da Jack Davenport.<br />

L’aspetto più singolare di questo<br />

originale esperimento sta<br />

poi nel fatto che si tratta, in<br />

qualche modo, di un remake.<br />

Non di un film, ma dell’omonima<br />

attrazione di Disneyland.<br />

Partendo da lì, gli sceneggiatori<br />

Ted Elliott e Terry Rossio (Shrek,<br />

Aladdin, Small Soldiers) si sono<br />

sbizzarriti, arrivando al paradosso<br />

di usare come consulente per<br />

una fiction esasperata e davvero<br />

fantasiosa uno storico studioso<br />

di vicende piratesche che si è<br />

prestato al gioco. A dirigere un<br />

personaggio stravagante come<br />

Gore Verbinski, mestierante di<br />

talento, capace di passare da Un<br />

topolino sotto sfratto a The<br />

Mexican oppure a The Ring. Ma<br />

il vero artefice dell’intera operazione<br />

è il produttore Jerry<br />

Bruckheimer, grande fautore del<br />

cinema di intrattenimento ad<br />

alto tasso spettacolare.<br />

Non sempre ci azzecca. La sua<br />

carriera è costellata da straordinari<br />

blockbuster e da flop clamorosi<br />

(come quello recente di<br />

Pearl Harbor). Ma questa volta<br />

ha colpito nel segno e dal botteghino<br />

americano sono già arrivati<br />

molti dobloni d’oro.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

THEY<br />

THEY<br />

Robert Harmon<br />

Non è il caso di lasciarsi fuorviare<br />

dal nome di Wes Craven. Il<br />

padre di Nightmare si è limitato a<br />

dare il patrocinio a un’operazione<br />

che solo alla lontana ricorda i<br />

suoi incubi. Si parte infatti da<br />

una giovane strizzacervelli che<br />

con altri va al funerale di un<br />

amico, morto suicida. E si scopre<br />

che tutti hanno qualcosa in<br />

comune: da piccoli erano terrorizzati<br />

dal buio. Terrore che<br />

rispunta, lasciando dietro di sé<br />

una scia di cadaveri. Attori rigorosamente<br />

sconosciuti, regista<br />

che aveva firmato un film curioso,<br />

The Hitcher, prima di essere<br />

risucchiato dal piccolo schermo.<br />

Dove probabilmente tornerà,<br />

magari per realizzare un horror,<br />

che potrebbe essere patrocinato<br />

da Cronenberg.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

CONFIDENCE<br />

James Foley<br />

Il dato di partenza è piuttosto<br />

semplice: un raggiro compiuto ai<br />

danni delle persone sbagliate,<br />

ossia la mafia. Ai nostri malcapitati<br />

non resta allora che tentare<br />

di ripagare il torto alzando la<br />

posta e il rischio con un secondo<br />

colpo. James Foley (Americani;<br />

Indagine a Chinatown) organizza<br />

il suo racconto con un susseguirsi<br />

frenetico di colpi di scena, che<br />

funzionano abbastanza bene.<br />

Soprattutto per la complicità<br />

degli attori, capitanati da Dustin<br />

Hoffman, come sempre sublime<br />

nell’offrire interpretazioni smaglianti.<br />

Poi c’è Edward Burns in<br />

cerca di gloria e consacrazione<br />

dopo alcune prove discrete.<br />

Completano il cast due nomi<br />

garantiti come Rachel Weisz e<br />

Andy Garcia.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

IL MIRACOLO<br />

Edoardo Winspeare<br />

Un ragazzino investito da un<br />

pirata della strada. Poco prima di<br />

cadere vede qualcosa di stupefacente.<br />

Poi è coma. Però si riprende.<br />

Ma non è questo il miracolo.<br />

Al risveglio tocca un uomo in<br />

preda a una crisi cardiaca e questi<br />

si ritrova con un battito tornato<br />

perfettamente regolare.<br />

Winspeare, nato a Klagenfurt, in<br />

Austria, ma considerato il massimo<br />

cantore visivo del Salento<br />

(Pizzicata e Sangue vivo), si<br />

avventura in una storia insolita<br />

girata quasi esclusivamente a<br />

Taranto, città dalla luminosità<br />

straordinaria. Per il regista il<br />

miracolo, più di quello narrato<br />

dal film che poeticamente si<br />

avventura su uno scenario di<br />

amore e bellezza interiore, è<br />

HULK S , INCAZZA AL CINEMA<br />

Dopo fumetti, telefilm e gadget, ecco il mutante<br />

verdolino in un film. Niente male...<br />

CONFIDENCE<br />

LIZZIE MCGUIRE<br />

stato l’essere selezionato per il<br />

concorso veneziano.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

IMMAGINI -<br />

IMAGING ARGENTINA<br />

Christopher Hampton<br />

Il dramma dei desaparecidos.<br />

Dramma autentico e ancora<br />

attuale. Emma Thompson è<br />

Cecilia, giornalista e critica del<br />

regime, moglie di Antonio<br />

Banderas che lavora in un teatro.<br />

Come molti altri la donna sparisce<br />

nel nulla. Lasciando figlioletta<br />

e marito nello sconforto. Ecco<br />

però il colpo d’ala narrativo. Il<br />

buon Banderas ha delle premonizioni.<br />

Intuisce i drammi vissuti<br />

realmente da persone lontane.<br />

La sua casa diventa meta di pellegrinaggio<br />

da parte di chi vuol<br />

conoscere le sorti dei propri cari<br />

scomparsi. E lui racconta.<br />

Offrendo conforto o speranza. Un<br />

pastrocchio di buone intenzioni,<br />

quasi tutte sprecate. Il realismo<br />

magico latinomericano è un’altra<br />

cosa.<br />

ANTONELLO CATACCHIO<br />

LIZZIE MCGUIRE<br />

Jim Fall<br />

Hilary Duff, protagonista del film,<br />

è nata nel 1987. In patria è però<br />

già una star. Grazie al telefilm<br />

che la vede indossare i panni di<br />

Lizzie McGuire. Inevitabile quindi<br />

HULK<br />

Ang Lee<br />

Era già stato un fumetto Marvel<br />

e un telefilm di successo. E qualcuno<br />

negli Usa ha pensato di trasformarlo<br />

in puro merchandising.<br />

Prima dell’uscita del film un’infinità<br />

di negozi ostentavano gadget<br />

di ogni tipo. Invece il pubblico<br />

americano è rimasto perplesso<br />

e gli oggetti sono rimasti invenduti.<br />

Potrebbe essere un<br />

buon motivo per noi per apprezzare<br />

l’operazione da un punto di<br />

vista strettamente cinematografico.<br />

Perché il film c’è, ed è anche<br />

più profondo di quel che potrebbe<br />

apparire a prima vista. E il<br />

merito va ad Ang Lee, il regista<br />

taiwanese che dopo Ragione e<br />

ALILA<br />

il salto dal piccolo al grande<br />

schermo in cerca di consacrazione<br />

e di successo. La faccenda da<br />

noi potrebbe essere più complicata<br />

rispetto ai teenagers d’oltreoceano.<br />

C’è però un’atout: i<br />

protagonisti del film, Hilary-Lizzie<br />

in testa, partono in gita verso la<br />

città eterna. Set privilegiato di<br />

molti film, anche hollywoodiani,<br />

tutti ampiamente citati. Se poi<br />

aggiungiamo che la nostra eroina<br />

viene scambiata per una rockstar<br />

nostrana il giochino potrebbe<br />

funzionare anche sotto i nostri<br />

lidi. A patto di non prenderlo<br />

troppo sul serio.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

ALILA<br />

Amos Gitai<br />

Amos Gitai è senza alcun dubbio<br />

il più importante e interessante<br />

regista israeliano. Da sempre non<br />

allineato è anche una delle voci<br />

più lucidamente critiche rispetto<br />

alle scelte operate dai governi<br />

del suo paese. Qui si è ispirato al<br />

romanzo di Yehoshua Kenaz<br />

Ripristinando antichi amori. Al<br />

centro del racconto una sorta di<br />

condominio dove tutte le contraddizioni<br />

della società israeliana<br />

contemporanea trovano alloggio.<br />

Storie quotidiane, quasi<br />

banali con però tutti i grandi<br />

temi sullo sfondo.<br />

SELVAGGIA CONTI<br />

sentimento e La tigre e il dragone<br />

ha affrontato a modo suo un<br />

supereroe made in Usa. Ci ha<br />

messo il dramma del ragazzino<br />

che per gli esperimenti di papà<br />

si trasforma se contrariato in un<br />

essere mostruoso di cinque metri<br />

d’altezza.<br />

Ang Lee ha lavorato di cesello<br />

con gli effetti speciali e le coreografie,<br />

si è addirittura messo<br />

al posto del suo protagonista<br />

Eric Bana per ricostruire i movimenti<br />

mostruosi. Perché il film e<br />

il suo dramma stanno tutti in<br />

quel doppio registro tra fantasy<br />

e realtà ed era questa la porta<br />

magica da attraversare. Ang Lee<br />

lo ha fatto firmando un vero<br />

film e non solo un veicolo per<br />

vendere gadget.<br />

STORIA & FILM<br />

Il bandito Giuliano,<br />

una ricostruzione<br />

SEGRETI DI STATO<br />

Paolo Benvenuti<br />

Una pagina ignota della nostra<br />

storia. La strage di Portella<br />

della Ginestra, in Sicilia, il 1°<br />

maggio 1947. Il bandito<br />

Salvatore Giuliano e la sua<br />

banda aprono il fuoco sui contadini<br />

lasciando undici morti e<br />

ventisei feriti. Questa la versione<br />

ufficiale. Ma già al processo<br />

di Viterbo affiorano dubbi.<br />

Evidenziati dal lavoro di<br />

Danilo Dolci. Ora Paolo<br />

Benvenuti, uno dei registi più<br />

schivi e rigorosi del nostro cinema,<br />

rilegge in Segreti di<br />

Stato quella vicenda a partire<br />

dalla ricerca di Dolci, utilizzando<br />

anche materiali desecretati<br />

della commissione antimafia e<br />

documenti rinvenuti a<br />

Washington. E si scopre che<br />

Giuliano poteva non avere torto<br />

nel dire di non avere ammazzato<br />

contadini in quella<br />

circostanza. Benvenuti non ha<br />

i mezzi e le intenzione di ricostruire<br />

visivamente la storia<br />

(per questo si affida a disegni,<br />

foto d’epoca, filmati di repertorio),<br />

che ricompone invece<br />

attraverso l’indagine documentale<br />

condotta dall’avvocato<br />

(Antonio Catania). Portella<br />

acquista così un sapore inquietante,<br />

da anticipazione<br />

della strage di stato, con i potenti<br />

a manovrare i fili e il separatista<br />

Giuliano imbrigliato<br />

nella rete. Una rilettura della<br />

nostra storia attraverso il cinema<br />

che a Venezia ha trovato<br />

accanto a Benvenuti un regista<br />

come Bellocchio con<br />

Buongiorno notte.<br />

A.C.<br />

URBAN 61


62 URBAN<br />

DI TUTTO<br />

Dal dialetto al<br />

circo senza scalo<br />

TECOPPA<br />

Milano, Teatro Ciak<br />

Un’occasione per ammirare<br />

un grandissimo attore, uno<br />

degli ultimi della generazione<br />

italiana over 75, nella ripresa<br />

del personaggio che lo ha reso<br />

celebre (purtroppo solo in<br />

Lombardia). Piero Mazzarella<br />

torna alla sanguigna maschera<br />

meneghina ereditata da<br />

Edoardo Ferravilla e del vivace<br />

vernacolo milanese fa una<br />

forma d’altissima espressione<br />

e un non futile emblema.<br />

23 settembre - 12 ottobre<br />

METAMORFOSI<br />

Roma, Villa Borghese<br />

Torna il Festival di nouveau<br />

cirque organizzato per il secondo<br />

anno da Barberio<br />

Corsetti. Circo e teatro insieme,attori-equilibristi-trapezisti,<br />

nello sperimentato<br />

connubio. Tre compagnie<br />

d’oltralpe e una italiana,<br />

quella di Corsetti, per 3<br />

spettacoli: Di animali, uomini<br />

e dei (2-7 sett), Bascule<br />

(23-25 sett) e Baiser les anges<br />

et tenter le diable (27 e<br />

28 sett). 2 - 7 settembre;<br />

23 - 28 settembre<br />

IL SACRO ATTRAVERSO<br />

L’ORDINARIO<br />

Torino, ex Cimitero<br />

di San Pietro in Vincoli<br />

Non solo cattolicesimo e non<br />

solo religiosità. Decima edizione<br />

del festival che indaga le<br />

istanze etiche dell’animo umano<br />

e il suo senso del trascendente.<br />

Da non perdere<br />

Quando Teresa si arrabbiò con<br />

Dio, con Angela Malfitano che<br />

interpreta le pagine del romanzo<br />

di Jodorowsky, e la festa<br />

indiana Mìlon Mèla con<br />

musiche e danze dei Baul del<br />

Bengala e con l’esibizione dei<br />

Kalaripayattu. 2-7 settembre<br />

TEATRO<br />

TORINO IN CAMBOGIA<br />

Il programma di<br />

Settembre Musica fa<br />

incontrare le culture.<br />

Ospite il teatro nazionale<br />

di Cambogia<br />

1906: l’anno del contatto. Re<br />

Sisowath di Cambogia arriva a<br />

Marsiglia con al seguito le danzatrici<br />

del suo Balletto Reale. Dita<br />

dalle lunghissime unghie laccate,<br />

giocate come parole di uno sconosciuto<br />

alfabeto della danza e<br />

dell’eros, polsi fasciati da tintinnanti<br />

bracciali d’oro, copricapi<br />

preziosi mossi con vezzosi movimenti<br />

del collo, caviglie piegate in<br />

modi per l’epoca innaturali.<br />

Fascino assoluto per l’Occidente<br />

della Belle Époque assetato di<br />

esotismo e improvviso interesse<br />

da parte di studiosi e teatranti<br />

(non ultima Mata Hari).<br />

Quasi un secolo dopo, il prestigioso<br />

programma di Settembre<br />

Musica ricorda quel lontano incontro<br />

tra le due culture con una<br />

serie di spettacoli, balletti, concerti<br />

e momenti di approfondimento<br />

grazie alla presenza in città<br />

del Teatro Nazionale di<br />

Cambogia. Gli organizzatori di<br />

Dei, re, demoni e principesse –<br />

Musica, danza e teatro della<br />

Come cambia la percezione di un<br />

balletto quando lo si porta fuori<br />

dalle mura di un teatro e lo si colloca<br />

in un contesto esterno? Per<br />

scoprirne l’effetto dovete frequentare<br />

la nuova edizione (n. 7) del<br />

festival che da vari anni si svolge<br />

all’ombra delle due torri e che<br />

mette a confronto danza e archi-<br />

ETUDE N.1 & CHORALE<br />

Milano, Teatro dell’Elfo<br />

La coreografa canadese Marie<br />

Chouinard apre il Festival Oltre<br />

90 con uno spettacolo che è<br />

stato salutato dalla critica come<br />

un piccolo capolavoro. Sfida tra<br />

lo spazio e il tempo. La danzatrice<br />

Lucie Mongrain gioca con<br />

biglie di metallo in un rettangolo<br />

blu mentre il compositore Louis<br />

Dufort traccia gli spazi del suo<br />

movimento con interventi acustici<br />

elettronici.<br />

19 - 21 settembre<br />

Cambogia sottolineano come<br />

queste forme di espressione artistica<br />

legate alle tradizioni del<br />

passato siano state, nel corso dei<br />

recenti travagliati decenni attraversati<br />

dall’Asia del Sud-Est, uno<br />

dei pochi cardini su cui si è potuta<br />

mantenere e rifondare l’identità<br />

di un’intera nazione. La rassegna<br />

tettura, coreografia e paesaggio<br />

urbano, facendo attenzione ai<br />

particolari rapporti che si instaurano<br />

tra il movimento dei corpi e<br />

l’immobilità degli edifici o scommettendo<br />

su abbinamenti improbabili.<br />

Come quello della maratona<br />

di break dance, portata nello<br />

scenario post-moderno delle torri<br />

FRATI, BALLETTI, FESTIVAL, OMERO E BARICCO<br />

PADRE MARELLA<br />

Bologna, Teatro Dehon<br />

Un frate scomodo, un rompipalle<br />

che negli anni ’50 e ’60 andava<br />

a bussare alla porta dei ricchi<br />

per donare ai poveri. Il teatro<br />

riscopre la figura di questo attivista<br />

della beneficenza assurto a<br />

mito cittadino e con Conferenza<br />

su Padre Marella ne ricostruisce<br />

le battaglie contro le istituzioni e<br />

contro il clero attraverso interventi,<br />

testimonianze, lettere,<br />

documenti scritti e filmati.<br />

13 settembre<br />

prende il via con uno spettacolo<br />

di teatro delle ombre, il Nang<br />

sbeck thom, in cui un narratore è<br />

accompagnato da musica mentre<br />

i danzatori muovono grandi figure<br />

intagliate nel cuoio per rappresentare<br />

il combattimento tra l’eroe<br />

Lakhsmana e Indrajit, figlio<br />

del re dei demoni. Una storia trat-<br />

<strong>DA</strong>NZA DI CITTA, MEGLIO: <strong>DA</strong>NZA DI STRA<strong>DA</strong><br />

Ballo, architettura, coreografia. Per scenario il centro di Bologna e le torri di Kenzo Tange<br />

di Kenzo Tange in Fiera District, o<br />

le performance di danza all’interno<br />

di varie gallerie d’arte.<br />

Assolutamente da raccomandarsi<br />

sono la fisicità di Veronica Melis,<br />

le sperimentazioni vocali di Guy<br />

Horta, la forza d’impatto di<br />

Francesca Proia o l’esplosiva<br />

energia del giovanissimo Jordi<br />

OMAGGIO A NADJ<br />

Torino, Teatri Gobetti e Nuovo<br />

Torinodanza porta in città due<br />

creazioni del celebre coreografo<br />

ungherese, francese per adozione:<br />

Le temps du repli e Il n’y a<br />

plus de firmament. Armonie di<br />

opposti, di humour e tragedia,<br />

di leggerezza di passo e di ombre<br />

espressioniste. Con danzatori<br />

parlanti e scenografie che<br />

diventano universi di oggetti<br />

concreti e vuoti con personalità<br />

espressiva.<br />

9 -14 settembre<br />

ta dal ciclo del Reamker (epica<br />

versione cambogiana del<br />

Ramayana). È poi la volta di uno<br />

dittico di danze e di teatro interpretato<br />

con le maschere anticamente<br />

riservate alla vita della corte:<br />

in scena due tra i momenti più<br />

emblematici del Balletto Reale,<br />

l’Apsara e il Tep Monorom, storia<br />

della dea delle acque Moni<br />

Mekhala e del demone Esyo. Si<br />

tratta di spettacoli che venivano<br />

eseguiti di fronte ai sovrani e ai<br />

nobili.<br />

Il programma, che coinvolge<br />

il Teatro Gobetti, l’Auditorium<br />

Giovanni Agnelli e il Conservatorio<br />

Giuseppe Verdi, si completa con<br />

un concerto di musiche tradizionali<br />

cambogiane eseguito con<br />

strumenti originali come le vielle,<br />

gli xilofoni, le cetre, i gong, i tamburi<br />

e i flauti. Un’occasione per<br />

ascoltare dal vivo diversi esempi<br />

di generi musicali cambogiani:<br />

il pinpeat legato alle cerimonie<br />

sacre e al teatro, il mohori destinato<br />

all’intrattenimento di corte e<br />

il pleng khmer destinato ai rituali<br />

nuziali. Info allo 011-4424777.<br />

SANDRO AVANZO<br />

Dei, re, demoni e principesse<br />

Torino, sedi varie<br />

16 -18 settembre<br />

Galì. Per approfondimenti e dettagli<br />

del ricco programma si rimanda<br />

al sito di Viva Bologna (www.<br />

comune.bologna.it) e all’infoline<br />

051-6440879.<br />

Danza <strong>Urban</strong>a VII edizione<br />

Bologna, sedi varie<br />

3 -7 settembre<br />

IL RACCONTO DELL’ILIADE<br />

Roma, Accademia di Francia<br />

Omero secondo Baricco. Le<br />

gesta del pelide Achille rivedute<br />

e corrette e lette in pubblico<br />

nello stile di Totem. Lo scontro<br />

tra achei e troiani diventa allora<br />

“puro racconto di guerra” nel<br />

monologo che Alessandro<br />

Baricco presenta in prima assoluta<br />

per Romaeuropa Festival.<br />

Saggio di un progetto che durerà<br />

un anno intero, fino alla lettura<br />

integrale.<br />

21 settembre


Lars Tumbjork, Home 2002<br />

ARTE<br />

<strong>DA</strong>HLBERG, NEO STAR<br />

Video, disegni, foto. Una mostra su controllo e vigilanza, ai limiti con lo spionaggio. Con arte<br />

Come fa un giovane artista a diventare<br />

una star nel giro di pochi<br />

anni? Nell’ordine deve: partecipare<br />

a una mostra internazionale<br />

con altri coetanei, come<br />

Manifesta, esposizione che si tiene<br />

ogni due anni in città europee<br />

diverse; essere invitato a una<br />

Biennale importante, per esempio<br />

quella di Venezia; ottenere una<br />

mostra personale in un prestigioso<br />

museo tedesco (anche svizzero<br />

va bene); rientrare nei 100 artisti<br />

selezionati nella bibbia dell’arte<br />

contemporanea Cream, vo-<br />

NICOLA PELLEGRINI<br />

Torino, 011-5211336<br />

S’intitola Viaggio al termine della<br />

notte la mostra personale che la<br />

galleria Luigi Franco dedica a<br />

Nicola Pellegrini, artista che spesso<br />

lavora in coppia con Ottonella<br />

Mocellin, che è anche la sua compagna<br />

di vita. Il suo mezzo prediletto<br />

è la macchina fotografica, e<br />

le sue immagini sono spesso di<br />

natura autobiografica.<br />

Fino al 13 settembre<br />

lume pubblicato da Phaidon (arrivato<br />

al n. 3); conquistarsi la stima<br />

di facoltosi collezionisti e di una<br />

galleria importante – se con sede<br />

a Chelsea (NY) e con un grande<br />

stand alla Fiera di Basilea meglio<br />

– ma fondamentalmente avere<br />

molte cose da raccontare, e farlo<br />

sempre con originalità, coerenza<br />

e riconoscibilità.<br />

Jonas Dahlberg, giovane artista<br />

svedese, sembra seguire passo<br />

dopo passo questo percorso tortuoso.<br />

Dopo Manifesta 2002, la<br />

JAN VERCRUYSSE<br />

Torre Pellice (To), 0121-953357<br />

L’artista belga Jan Vercruysse,<br />

la cui ricerca abbraccia vari<br />

mezzi espressivi come la fotografia<br />

e la scultura, è ospite<br />

della galleria Tucci Russo.<br />

È celebre la sua serie, intitolata<br />

Tombeaux, costituita da tavoli,<br />

sedie appese ad attaccapanni,<br />

strumenti musicali e sigilli di<br />

ceralacca.<br />

Fino al 28 settembre<br />

Biennale di Venezia 2003, la partecipazione<br />

a una mostra presso<br />

Zkm di Karlsruhe, arriva a Roma<br />

al Magazzino d’Arte Moderna (tel.<br />

06-6875951) per la sua prima<br />

personale italiana.<br />

Alla base della sua ricerca c’è un<br />

elemento ricorrente: l’interesse<br />

per lo spazio e il suo rapporto<br />

con la sorveglianza e con il controllo.<br />

Tanto che per un lungo periodo<br />

ha spiato e fotografato il<br />

suo vicino di casa che possedeva<br />

e ostentava un arsenale impres-<br />

GOING PUBLIC<br />

Modena/Sassuolo, 02-6071623<br />

In corrispondenza del Festival<br />

della Filosofia 2003, il Museo<br />

d’Arte Sociale e Territoriale<br />

(Mast), curioso neonato museo<br />

senza pareti e senza fissa dimora,<br />

presenta l’evento Going Public,<br />

serie di performance di artisti tra<br />

cui Rainer Ganahl, Gianni Motti,<br />

Los Carpinteros. I luoghi sono le<br />

stazioni ferroviarie di Modena e<br />

Sassuolo. 19-20-21 settembre<br />

sionante. Dahlberg, in video, disegni<br />

e foto, crea situazioni in cui la<br />

sorveglianza attiva o passiva influenza<br />

lo spettatore nella sua<br />

percezione dei luoghi. Sono ambienti<br />

deserti e silenziosi nei quali<br />

l’osservatore trova il tempo di riflettere<br />

su ciò che abitualmente lo<br />

circonda: inquinamento acustico e<br />

continue sollecitazioni visive.<br />

D.P. TESEI<br />

Jonas Dahlberg<br />

Roma, Magazzino d’Arte moderna<br />

Fino al 10 ottobre<br />

FOTO-BIENNALE NELLA NATURA<br />

A Torino, X edizione della Biennale internazionale di fotografia<br />

Il titolo della decima edizione della<br />

Biennale Internazionale di<br />

Fotografia – In natura. Tra ossessione<br />

e distrazione, geografia e<br />

ambiente – racchiude le linee guida<br />

di tutta la manifestazione. Un<br />

invito a riflettere sui luoghi che ci<br />

sembrano familiari, sul mondo<br />

sconvolto dagli stravolgimenti climatici,<br />

sul rapporto dell’uomo<br />

con il suo habitat. Olivo Barbieri<br />

ha per esempio realizzato immagini<br />

esplorando il Mediterraneo,<br />

Armin Linke ha intrapreso una ricognizione<br />

aerea su alcuni tratti<br />

alpini, Paola Di Bello ha indagato<br />

il vero e il falso in natura. La mostra<br />

si tiene a Palazzo Bricherasio<br />

e alla Fondazione Italiana della<br />

Fotografia.<br />

X Biennale di Fotografia<br />

Torino, info 011-544132<br />

5 settembre -12 ottobre<br />

SCULTURA, FOTOGRAFIA E PERFORMANCE<br />

VIAGGIO IN ITALIA III<br />

Bologna, 051-502859<br />

È dedicata alla fotografa Inge<br />

Morath la mostra ospitata alla<br />

Galleria d’Arte Moderna. Le fotografie<br />

documentano un soggiorno<br />

a Venezia negli anni ’50. Una<br />

Venezia inedita e poetica ritratta<br />

attraverso la gente comune, gli<br />

artigiani, i venditori. Perché di<br />

Venezia a Inge Morath interessava<br />

innanzitutto la vita quotidiana.<br />

Fino al 28 settembre<br />

Jonas Dahlberg, Safe Zone no.1, 2003<br />

IN MOSTRA<br />

Italiani, francesi<br />

e cinesi. L’arte<br />

in tutto il mondo<br />

SEBA PAVIA<br />

Milano, 02-625271<br />

Come poteva intitolarsi un<br />

ampio reportage sull’Italia e<br />

sui suoi abitanti se non<br />

Italiani? L’autore di questa ricerca<br />

per immagini ospitata<br />

dalla galleria Grazia Neri è<br />

Seba Pavia, che dal 1999 ha<br />

osservato con ironia e con<br />

sguardo disincantato le abitudini<br />

degli italiani, colti nelle<br />

loro contraddizioni.<br />

10 settembre -11 ottobre<br />

CENTRE CULTUREL<br />

FRANÇAIS<br />

Milano, 02-48591928<br />

Riprende la felice stagione<br />

espositiva del Centro Culturale<br />

Francese, diretta da Claire<br />

Burrus, con una mostra dedicata<br />

ad Anne Marie Jugnet e<br />

Alain Clairet, e all’italiana<br />

Chiara Camoni. Il mezzo impiegato<br />

da Jugnet e Cairet, che lavorano<br />

in coppia dal 1997, è la<br />

pittura. Le loro immagini ci<br />

sembrano familiari e, allo stesso<br />

tempo, totalmente sconosciute.<br />

Nel chiostro del centro<br />

ecco poi le sculture in vetro<br />

della giovanissima Camoni.<br />

16 settembre - 25 ottobre<br />

PAT STEIR<br />

Roma, 06-3234000<br />

La Galleria Nazionale d’Arte<br />

Moderna ospita una mostra<br />

dell’artista americana Pat Steir.<br />

I suoi lavori sono ispirati alla<br />

sua vasta conoscenza della calligrafia<br />

e della pittura cinese. I<br />

soggetti delle opere sono<br />

spesso cascate, cieli, visioni<br />

d’acqua e la materia pittorica è<br />

densa. La mostra, curata da<br />

Livia Velani e Ida Panicelli, è incentrata<br />

su una quarantina di<br />

dipinti di grande dimensione<br />

realizzati dal 1986 a oggi.<br />

Fino al 30 settembre<br />

URBAN 65


illustrazione: Cinzia & Valentina<br />

SHOPPING<br />

DITELO COL CACTUS<br />

Fiori? Che palle! Regalate un cavolo, un banano o un peperone<br />

Le solite rose rosse, le gardenie<br />

(sempre valide), i vili ciclamini...<br />

Ma alle signore cosa si porta per<br />

distinguersi dalla folla? Per<br />

esempio un trifoglio, un cavolo<br />

Consigli per gli<br />

artisti (e i writer)<br />

Gli irriducibili certo lo sapranno<br />

di già, ma a Torino c’è un nuovissimo<br />

spazio dedicato alla cultura<br />

hiphop. Dentro ci si può trovare<br />

tutto il necessario, dall’abbiglia-<br />

ROMA, BELLEZZA SECONDO NATURA<br />

ELLEFFE HAIR<br />

Via di San Calisto, 6<br />

Il concept store in bellezza. Elleffe<br />

Hair, aperto a Trastevere già da<br />

qualche anno, è un piacevole salone<br />

di bellezza in cui rifarsi l’acconciatura,<br />

farsi fare un massaggio<br />

e tutti ‘i restauri’ del caso. Uno<br />

spazio dove passare il pomeriggio<br />

ascoltando musica in sottofondo<br />

e sfogliando libri di arte e<br />

fotografia mentre la maschera depurante<br />

alla creta fa effetto sul viso.<br />

Buona la scelta di musica da<br />

acquistare: potete scegliere tra<br />

jazz, lounge ed elettronica. In tono<br />

con lo stile del salon.<br />

decorativo, un peperone, bulbi<br />

nudi, un banano intrecciato, bacche<br />

di rosa canina, tronchi di<br />

cactus o ciuffi di prato. Oppure<br />

un orto... Sì, un orto, portatile<br />

mento (rigorosamente) streetwear<br />

agli accessori per i writers dai dischi<br />

alle riviste. Atipici (tel. 011-<br />

19707897), negozio/progetto/<br />

corner del dj torinese Rula del<br />

gruppo ATPC (che sta tra l’altro<br />

lavorando al quarto album), propone<br />

una zona abbigliamento dove<br />

si trovano vestiti di marche<br />

L’ANTICA ERBORISTERIA<br />

Via di Torre Argentina, 15<br />

Gestita dal 1948 dalla famiglia<br />

Ospici, l’Antica Erboristeria romana<br />

è la più antica bottega erborista<br />

della capitale e occupa<br />

dal 1752 lo stesso spazio con il<br />

soffitto a cassettoni vicino a largo<br />

Argentina. Gli scaffali di noce<br />

ospitano centinaia di varietà di<br />

erbe, classificate e archiviate per<br />

nome e uso, oltre a tè, infusi e<br />

prodotti alimentari. Tutto rigorosamente<br />

secondo natura, compresi<br />

cosmetici, profumi, essenze,<br />

colori per capelli e prodotti<br />

di bellezza.<br />

chiaro, in varie (centi)metrature.<br />

Il trucco è passare da Flò a<br />

Bologna (tel. 051-585096) e fare<br />

quattro chiacchiere con Anna<br />

e Annalisa (vere flower desi-<br />

americane (alcune per la prima<br />

volta a Torino) e marche italiane<br />

famose e di nicchia, nonché accessori<br />

come portapass, cappellini,<br />

polsini, medaglioni, cinture.<br />

Segue la zona dedicata alla musica<br />

con cd e vinili di importazione<br />

(rap, r’n’b e reggae), dvd e vhs, e<br />

uno spazio dedicato all’hip hop<br />

MAC<br />

Via del Babuino, 124<br />

Il ritorno dalle vacanze significa<br />

anche ricominciare a curare il viso<br />

man mano che l’abbronzatura<br />

sparisce? Allora fate la spesa da<br />

Mac, che sta per Make up art cosmetics.<br />

Qui riusciranno a convincervi<br />

che un buon ombretto non<br />

è nulla senza un buon pennello<br />

per sfumarlo, un’ottima matita dal<br />

tratto sottile, un portacosmetici,<br />

una cipria anallergica, un fondotinta<br />

trasparente, uno struccatore…<br />

Il tutto a cura di un esercito<br />

di truccatrici a vostra disposizione<br />

e su misura per voi.<br />

gner), che hanno viaggiato, studiato,<br />

meditato e poi aperto<br />

questo negozio-laboratorio.<br />

Loro, magari, vi consiglieranno<br />

anche fiori delle Ande, fiori sudafricani,<br />

piante acquatiche o<br />

semi di cocco e di baobab. Qui<br />

trovate anche vasi e contenitori<br />

di noti designer internazionali<br />

come Christian Tortu, artista dei<br />

fiori parigino. E poi vasi di cartapesta<br />

idrorepellente, in cera cesellata<br />

a mano (effetto ebano...)<br />

e terracotte belghe insieme a rami<br />

di curry, di black bambù o di<br />

cannella e molto muschio.<br />

Se poi proprio non potete farne<br />

a meno, da Flò potete reperire<br />

tutto quello che vi serve per costruire<br />

il vostro giardino giapponese.<br />

Banale? Allora rimanete fedeli<br />

alla linea “massimo risultato<br />

con il minimo sforzo” e fatevi l’orto.<br />

Zucchine, patate, carote e insalatina.<br />

Con un mini impianto di<br />

irrigazione già organizzato non<br />

resta che aggiungere sale e rigatoni<br />

e il sugo è bello che risolto.<br />

SARA TEDESCHI<br />

Flò<br />

Bologna,<br />

via Saragozza 29<br />

HIP HOP SHOP, ATIPICA TORINO<br />

italiano con autoproduzioni, demo<br />

e mixtapes. Fateci un giro e<br />

state pronti: a breve sarà in funzione<br />

anche il sito web con segnalazioni<br />

musicali e per possibilità<br />

di acquisti on line.<br />

Atipici<br />

Torino, via Nizza 43/l<br />

FARMACIA CAMALDOLESE<br />

Piazza San Gregorio al Celio<br />

Superato il cancello che affianca<br />

la chiesa di San Gregorio al Celio<br />

e i giardini del monastero dei<br />

frati che lo abitano, si arriva alla<br />

piccola e incredibilmente fornita<br />

Antica Farmacia Camaldolese,<br />

dove tra una guida ai luoghi sacri<br />

della capitale e un volume dei<br />

Vangeli apocrifi, troverete le infallibili<br />

medicine naturali messe a<br />

punto dai monaci camaldolesi<br />

nel corso dei secoli. Infusi e creme,<br />

tisane ed essenze, amari e<br />

profumi. E, dulcis in fundo, una<br />

cioccolata molto pregiata.<br />

MILANO<br />

Strani ma buoni: il<br />

souvenir per chi<br />

non parte, la radio<br />

e il negozio-grotta<br />

HENRY BEGUELIN<br />

Via Caminadella, 7<br />

Lampade-stalattiti, muri in<br />

terra e grasso per il cuoio,<br />

materiali ossidati usando aceto<br />

e sale. Ma che negozio è<br />

questo? Un luogo innanzitutto<br />

dove strabuzzare gli occhi<br />

sugli spazi, progettati per essere<br />

visti e ammirati, al di là<br />

di ciò che è in vendita e cioè<br />

vestiti, accessori e abbigliamento<br />

realizzati interamente<br />

a mano senza l’uso di sostanze<br />

nocive, secondo tecniche<br />

antiche. Date un occhio alle<br />

borse, ai medaglioni, alle<br />

sciarpe e poi dite “augh!”.<br />

MONDO DELL’ARTIGIANATO<br />

C.so Garibaldi, 18<br />

Per tutti quelli che sono rimasti<br />

a Milano, ma hanno<br />

detto agli amici di aver fatto<br />

viaggi sontuosi: questo è il<br />

negozio per voi. Nato da<br />

poco, propone matriòske<br />

(anche preziosissime), fine<br />

artigianato giapponese, pietre,<br />

ambra e coralli. Dietro<br />

Brera l’Oriente più solenne<br />

e bizzarro merita un giro<br />

solo per dire “non ci avrei<br />

mai pensato”. Curioso.<br />

PAL&BAG<br />

www.audioclub.it<br />

Ultime gite d’estate? Il campionato<br />

è iniziato, quindi armatevi<br />

di (bella e potente)<br />

radio portatile da indossare.<br />

Addio radioline scarse incollate<br />

alle orecchie di riottosi<br />

mariti che passeggiano ai<br />

giardinetti. La ipertecnologica<br />

Pal&Bag ha un design<br />

retrò, un’autonomia di 20<br />

ore, un rivestimento impermeabile<br />

colorato e non vi<br />

pianta mai in asso. Sul sito<br />

ci sono tutti i rivenditori.<br />

URBAN 67


LEGALIZE IT!<br />

Amanti della canapa<br />

rollatevi ’sti siti<br />

Il paradiso dei fumatori<br />

www.unsaccodicanapa.it<br />

In cucina con Maria (libro di ricette)<br />

ma anche sul divano di<br />

casa volendo. Articoli per fumatori,<br />

semi, tritaerba, cartine,<br />

pipe, chilum, narghilè, kit di<br />

coltivazione e illuminazione,<br />

borse e zaini e riviste. Spazio<br />

anche a filosofia e consapevolezza<br />

cliccando La Marijuana<br />

e la Bibbia, Proposte di legge,<br />

Cannabis News.<br />

Belli con la canapa<br />

www.verdesativa.com<br />

Capelli deboli? Pelle secca?<br />

Stress generalizzato? Fatevi<br />

(una doccia) con la canapa. I<br />

prodotti di Verdesativa (non<br />

testati sugli animali) vi trasformeranno<br />

da rospi in principi.<br />

Sul sito trovate tutta la spiega<br />

su shampoo, creme, saponi<br />

naturali, oli per massaggi e sui<br />

negozi dove trovarli.<br />

Mutande legalizzate<br />

www.fattidicanapa.it<br />

I vestiti, va bene, tutti i posti<br />

dove comprarli va bene, poi<br />

link consigliati tipo È ora di<br />

piantarla e approfondimenti<br />

sui molti benefici della canapa,<br />

dal calzino al seme fumante.<br />

Guardando di qua e di là si<br />

sghignazza parecchio e si trovano<br />

libri, accessori, idee e<br />

suggerimenti. E alla fine peace<br />

and love. Oh yeah.<br />

Rollatevi du’ spaghi<br />

www.indica.it<br />

Pasta di semola di grano duro<br />

e canapa, biscotti con semi di<br />

canapa tostati e cioccolato di<br />

canapa. Poi tutte le curiosità<br />

sugli usi nell’edilizia e tanti<br />

prodotti per il corpo. Una volta<br />

sfamati e smagati si procede<br />

con la cultura. Libri, riviste, approfondimenti<br />

e attualità.<br />

Intanto che l’acqua bolle...<br />

68 URBAN<br />

SHOPPING<br />

MILANO, PICCOLE LUCI<br />

Oggetti che sono<br />

sculture e sculture<br />

che sono lampade.<br />

Dalle forme più<br />

astruse. Accendete<br />

Una piccola vetrina su strada<br />

con una enorme palla colorata<br />

sospesa nel vuoto e immersa in<br />

tentacoli trasparenti finissimi.<br />

Transitando in via Confalonieri<br />

di solito, tra officine e serrande<br />

abbassate, è difficile fermarsi attratti<br />

da un negozio. Il laboratorio<br />

di Diego Furlan invece, quando<br />

è aperto, causa il tipico ‘effetto<br />

acquario’ cioè occhi spalancati,<br />

faccia stranita e naso appiccicato<br />

al vetro per capire cosa<br />

succede all’interno.<br />

Dietro alla palla (che quando<br />

fuori è buio è illuminata) ci sono<br />

altre palle colorate e oggetti<br />

strani: un disco di alluminio con<br />

gambe sottilissime, piedi a ferro<br />

da stiro e una coda/spina dorsale;<br />

coni alti un metro e mezzo<br />

con bubboni, stelle marine quasi<br />

transgeniche. Sculture luminose<br />

70 ANNI DI CINEMA STAMPATO<br />

Storia del cinema.<br />

Da appendere<br />

Un mondo intero in soli 35 metri<br />

quadrati. Dietro le due vetrine di<br />

Immagini Cinema c’è un’invasione<br />

di scaffali carichi di libri e poster<br />

di tutte le dimensioni. Un archivio<br />

cinematografico vastissimo (200<br />

TORINO, CITTA DI BAMBINI E ANIMALI<br />

NATURA & CO.<br />

Via Accademia Albertina, 1bis<br />

Quello che vi manca è un trilobite<br />

del Sahara? Un’ocarina di<br />

Budrio? O anche degli animaletti<br />

in pietra saponaria?<br />

Organizzate una gita da Natura<br />

& Co. dove oltre a tutto l’armamentario<br />

(manuale di birdwatching,<br />

cannocchiale zoom, coltello<br />

da funghi e il bastone da<br />

pioggia) trovate richiami per<br />

uccelli, animali della jungla in<br />

plastica, uccelli canterini, presse<br />

per fiori, pesci fossili, il flauto<br />

di Pan, contapassi e seggiolini<br />

pieghevoli per lo svacco.<br />

bellissime, lampade colorate,<br />

metafore per far luce. Sembrano<br />

pesanti e invece sono leggerissime,<br />

in carta velina ricoperta di<br />

resina. “Il mio è un lavoro sulla<br />

leggerezza – spiega Diego – poi<br />

creo queste sculture che sono<br />

anche lampade”. La gente che si<br />

ferma ed entra è varia, anche<br />

mamme con bambini. Ogni pezzo<br />

è unico e ha una sua storia.<br />

Diego, che è un artista a 360<br />

gradi, ha lavorato nel teatro,<br />

nella musica, nella scultura e da<br />

un paio d’anni lavora qui<br />

all’Isola.<br />

Il suo laboratorio non ha un nome,<br />

le sue lampade (dai 200 euro)<br />

parlano da sole. Se siete in<br />

centro potete andare a vederle<br />

da Venti Correnti in via Cesare<br />

Correnti 20. E se poi siete poco<br />

sensibili ai significati, ma molto<br />

interessati a mettervi in casa degli<br />

effetti luminosi che vi faranno<br />

fare un figurone, andate sul sicuro<br />

in via Confolanieri.<br />

Prima di andare telefonate<br />

al 339-2993804.<br />

Diego Furlan<br />

Milano, via Confalonieri 21<br />

mila immagini originali) che da<br />

trent’anni conserva anche locandine,<br />

foto di scena e tutto il materiale<br />

attinente alla storia del cinema<br />

(in particolare di quello italiano)<br />

dagli anni ’30 a oggi. Un vero<br />

patrimonio culturale e un pezzo<br />

di storia costruito anche grazie alla<br />

collaborazione di studiosi, collezionisti,<br />

esperti, registi e cinefili<br />

BABY BOOM<br />

Via Canova, 21<br />

I bimbi di mestiere crescono,<br />

non è una novità. Il mestiere dei<br />

loro vestiti, di conseguenza, è di<br />

avere vita breve. Brevissima.<br />

Baby Boom è la boutique dell’usato<br />

(anche molto griffato, ma a<br />

metà prezzo) che può dare grandi<br />

soddisfazioni ai baby fashion<br />

victim e annessi genitori che<br />

possono trovare vestiti, abiti<br />

premaman, carrozzine, passeggini,<br />

culle, giocattoli e altro o<br />

portare i loro in conto vendita.<br />

Su www.babyboomtorino.it indirizzi<br />

e adesioni.<br />

vari. Qui è stato ideato e venduto<br />

per la prima volta il poster di<br />

Alberto Sordi che in Un<br />

Americano a Roma assalta lo spaghetto<br />

ed è conservato l’album<br />

con più di 360 fotografie di scena<br />

de I soliti ignoti. Per il resto, potete<br />

trovare la locandina originale<br />

de La dolce vita, i poster dei film<br />

del “monnezza” alias Thomas<br />

MARTINARTE<br />

Corso Siracusa, 24<br />

Uno spazio strambo: un loft che è<br />

nello stesso tempo laboratorio<br />

d’arte e negozio, dove si svolgono<br />

corsi di disegno, pittura su tela,<br />

porcellana, stoffa, acquerello,<br />

incisioni calcografiche e altro ancora.<br />

Un luogo dove andare a fare<br />

due chiacchiere e parlare di arte.<br />

Per tutti è a disposizione il materiale<br />

per lavorare e sperimentare<br />

e una piccola biblioteca di libri<br />

d’arte, riviste e cataloghi. Poi antiquariato<br />

(soprattutto russo), avori<br />

europei, icone, cornici antiche,<br />

oggetti d’arte e orologi.<br />

Milian, immagini di “Nannarella”<br />

Anna Magnani, Visconti, Pasolini.<br />

Il sogno dei proprietari è aprire<br />

un vero museo; nel frattempo organizzano<br />

mostre tematiche.<br />

Immagini Cinema<br />

Roma, via Giolitti 319<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

SERRATRICE<br />

Corso Vittorio Emanuele, 9<br />

Piedoni e piedini no problem.<br />

Dall’inizio del secolo (1905) questo<br />

è il luogo per le esigenze di<br />

giganti e meno giganti. Over-size<br />

e mini-size, qui si trovano tutte le<br />

scarpe comode, trendy, classiche<br />

o speciali. Per le signore, per<br />

esempio, sandali (nudi) e stivali<br />

(di tessuto e pitone) fino al n. 45.<br />

Per l’uomo ampia scelta fino al<br />

n. 52. Poi, naturalmente, possibilità<br />

di ordinazione, personalizzazione<br />

e altro ancora. Chi non ha<br />

piedini di fata insomma può stare<br />

tranquillo. Anche per pantofolai.<br />

foto: Tml


CLUB<br />

RAP E BRAZIL LIVE,<br />

NAVIGLIO CALIENTE<br />

Cuore brasiliano, ma anche rap e hip-hop. Ambiente piacevole e “buena onda”, soprattutto<br />

se passate spesso al bancone. Il Colony Brazil fa ballare il pagode ai reduci delle vacanze<br />

Brasil... parà rararà... Serate<br />

muucho calienti con sventagliare<br />

di piume, scintillio di lustrini<br />

e paillettes, tamburi, fischi,<br />

cocktail di quella latitudine (e<br />

tutto il bevibile da un polo all’altro)<br />

nonché tanta musica (di<br />

tutti i generi). Dal primo momento,<br />

anche senza troppe gite<br />

al bar ci si può illudere di essere<br />

a Rio (mancano solo i carri<br />

che però, questa volta sì, si materializzano<br />

dopo un po’ e<br />

qualche ripetuta escursione al<br />

bancone...) e invece è il Colony<br />

Brasil che propone spettacoli<br />

TORINO CENTRO, CENTRALINO<br />

A due passi da via Po il più classico dei club in città, dj set, disco, chi c’è e chi non c’è. Cool<br />

Le vere notti pazze e giovanili all’ombra<br />

della Mole dai tempi dei<br />

tempi. Un luogo culto, difficile a<br />

ogni paragone. Chiedete pure ai<br />

vostri fratelli più grandi… Un locale<br />

da sempre a doppio e a triplo<br />

senso. In che senso? Nel senso<br />

che anche oggi dai dj set più<br />

coloriti si scivola beffardamente<br />

verso la discoteca (quella convinta<br />

di chi fa sul serio), passando<br />

per momenti di nostalgia univer-<br />

brasiliani e i ritmi assatanati<br />

dell’America Latina.<br />

Se per caso quest’estate siete<br />

stati da quelle parti, adesso potete<br />

venire qui, vicino al mare di<br />

Milano, a farvi un richiamino (anche<br />

gastronomico) facendo fiesta<br />

fino a tardi. La programmazione<br />

post-estiva cerca di arginare la<br />

depressione del rientro e prevede,<br />

nelle serate di lunedì, giovedì,<br />

venerdì e sabato, musica latino-americana,<br />

dal vivo e con dj.<br />

Domenica – dalle 18.30 – riprende<br />

invece il Pagode, l’aperi-<br />

sitaria e allegra trasgressione. In<br />

centrissimo città (a un passo da<br />

via Po) è il simbolo della più<br />

stramba movida torinese. Le serate<br />

sono tante, diverse e pensate<br />

per accontentare il pubblico più<br />

vario. Il sabato è per tradizione e<br />

senza dubbio ‘la meglio’ onenight<br />

emergente a base di sonorità<br />

techno, tech-house, house d’avanguardia<br />

(dalla battuta più elettronica<br />

e progressiva) ed electro-<br />

tivo-spettacolo con buffet e musica<br />

live dei Batuque Brasil (l’ingresso<br />

è libero e la consumazione<br />

obbligatoria si aggira sui 6/8<br />

euro). “Pagode”, che si pronuncia<br />

“pagoji”, è appunto la musica<br />

tipica brasiliana realizzata con<br />

strumenti tradizionali che al<br />

Colony cresce-cresce-cresce fino<br />

allo scoccare della vera gazzarra<br />

dal vivo (che di solito comincia<br />

verso la 1).<br />

Se poi di bossa, più o meno nova,<br />

non se ne può più, sempre<br />

domenica, ma nella sala accanto,<br />

pop, con contorno di vari dj in<br />

consolle. Poi ‘serate giovani’ con<br />

iniezione studentesca, ma senza<br />

cambiar troppo musica, mentre<br />

qua e là fa capolino il glam con<br />

delle serate homo-oriented, cioè<br />

dedicate al pubblico gay e gay<br />

friendly (musica revival). Passano<br />

gli anni e le mode ma non le<br />

usanze: code all’entrata, bella musica,<br />

belle figliole, bei fusti, gente<br />

variopinta ma mai prima di una<br />

si può contare sull’aperitivo gay<br />

con musica tassativamente trash<br />

e revival. In linea con le tendenze<br />

del periodo non poteva mancare<br />

l’angolo hip hop che per l’appunto<br />

tutti i venerdì a partire dal<br />

12 settembre sforna una serata<br />

tutta dedicata al rap e ai rapper<br />

anche con improvvisazioni<br />

estemporanee. Molto pop.<br />

SARA TEDESCHI<br />

Colony Brazil<br />

Milano, piazza XXIV Maggio 8<br />

Tel. 02-58102766<br />

certa ora (tardissima). Dal figlio di<br />

papà al vero (e falso) alternativo.<br />

La programmazione cambia come<br />

cambia il meteo, ma se rimanete<br />

in contatto troverete anche molti<br />

altri eventi con special guest internazionali.<br />

Centralino Club<br />

Torino, via delle Rosine 16/a<br />

Tel. 011-837500<br />

ROMA NIGHT<br />

Buoni posti dove<br />

Roma non dorme<br />

TINAPIKA VILLAGE<br />

Via Fonteiana, 57<br />

Omaggio alla storica attrice<br />

delle commedie all’italiana.<br />

Quindi uno spazio matriòska:<br />

cioè un ex edificio industriale,<br />

culla di molti comici e cabarettisti<br />

della scena romana, che<br />

da martedì a domenica propone,<br />

oltre all’intrattenimento<br />

(solito), anche serate da “tutti<br />

in pista” house e dance e discobar.<br />

Tel. 06-5885754<br />

GEROA<br />

Via Sinuessa, 30<br />

Curiosità nel cuore di San<br />

Giovanni. Un pub basco tra i<br />

pochi nella capitale a offrire il<br />

Pacharan, il liquore alle prugnole<br />

sconosciuto ai molti ma<br />

considerato un’imprescindibile<br />

bontà dagli amanti della cultura<br />

basca e della Navarra.<br />

Piccolo palco a disposizione<br />

per esibizioni.<br />

STARDUST<br />

Vicolo de’ Renzi, 4<br />

Una certezza tra i vicoli di<br />

Trastevere: aperto fino a tarda<br />

notte, piccolo e dandy, assomiglia<br />

a una vineria parigina<br />

d’inizio secolo e invoglia a<br />

pose plastiche sui divanetti.<br />

Improvvisazioni di jazzisti e<br />

cantautori.<br />

Tel. 06-58320875<br />

IL SIGILLO<br />

Via del Cardello, 13/a<br />

Altro locale, altra matriòska:<br />

tradizionalmente storico spazio<br />

votato al cabaret, da lunedì<br />

a mercoledì arriva la musica<br />

dal vivo. Non solo: tutte le<br />

sere, dopo la chiusura del<br />

palco e dopo aver gustato la<br />

cucina romana del ristorante,<br />

le sale medievali del locale si<br />

trasformano in una discoteca.<br />

Tel. 06-76967946<br />

URBAN 71


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

IL FOOD TANGENZIALE<br />

Non è più città, non è ancora provincia. Ma intorno a Milano c’è una cintura umana dove,<br />

giustamente, danno cibo agli affamati, ai pendolari, ai cercatori di posti particolari. Per cena<br />

Ormai è assodato: è più facile<br />

mangiar bene (e spender meno)<br />

in periferia che in centro.<br />

Ed è più facile mangiar bene<br />

nell’hinterland che in periferia.<br />

Proseguiamo? Allora è più facile<br />

mangiar bene in provincia che<br />

nell’hinterland...<br />

Alt, meglio fermarsi qui. Dove?<br />

Nell’hinterland appunto, la cintura<br />

gastronomica che circonda<br />

Milano: poco prima o poco oltre<br />

la tangenziale e le pagine di<br />

TuttoCittà (per i non tassisti,<br />

lo stradario delle Pagine Gialle),<br />

cioè a dieci-quindici minuti dal<br />

Duomo, come sbandierano le<br />

pubblicità dei nuovi complessi<br />

residenziali fuori porta, magari<br />

in mezzo al verde e con ampie<br />

possibilità di parcheggio.<br />

Qui dicevamo, c’è un mare, anzi<br />

un mangia magnum dove potete<br />

trovare ancora (per poco?) la cucina<br />

in cascina e la trattoria verace,<br />

l’osteria di paese e la pizza<br />

non industriale, la nonna ai fornelli<br />

e la birreria pseudotirolese.<br />

Questo, va detto subito a scanso<br />

di equivoci, a fronte di cascine<br />

trasformate in banchettifici, finte<br />

trattorie alla buona dai conti<br />

astronomici, osterie diventate<br />

pretenziosi wine bar o megapizzerie<br />

da trecento coperti con forno<br />

(sigh) elettrico.<br />

Già, perché molti ristorhinterlandesi<br />

si sono fatti furbi, alzando i<br />

prezzi e dando una mano di vernice<br />

senza preoccuparsi più di<br />

tanto della cucina o della cantina.<br />

Che si trovino a Rozzano piuttosto<br />

che a Vimodrone, a Cologno<br />

piuttosto che a Segrate, a San<br />

Donato piuttosto che a Bollate.<br />

Insomma, meglio tenere l’occhio<br />

aperto e il portafoglio chiuso: se<br />

cercate qualità e veracità, meglio<br />

diffidare per esempio delle insegne<br />

luminose lungo le vie più<br />

trafficate dai pendolari (Novara,<br />

Rogoredo, Sempione, Zara,<br />

Lorenteggio...), con poche eccezioni<br />

tipo il Bistrot du Brocantage<br />

in fondo a via Ripamonti o la<br />

Trattoria Risorgimento a Pioltello,<br />

lungo la strada Padana.<br />

Preferite invece i locali nelle<br />

stradine interne, meglio fra i<br />

campi, o nelle piazze di quelli<br />

che un tempo erano paesi: è qui<br />

che vi imbatterete in indirizzi gastronomicamente<br />

ed economicamente<br />

preziosi come La Corte a<br />

Pogliano Milanese, la Sprelunga<br />

a Seveso o la Trattoria del Gallo<br />

a Gaggiano. Diffidate anche dei<br />

posticini neon-luccicanti sorti<br />

come funghi al fianco dei grandi<br />

complessi decentrati di uffici,<br />

spesso chiusi o deserti (a ragione)<br />

la sera, e andate a scovare<br />

pochi passi più in là il ristorantino<br />

defilato ai margini della campagna.<br />

Oppure, se proprio amate il rischio<br />

on the road, fatevi incuriosire<br />

dalle scritte “Menu fisso a<br />

10 euro”: male che vada incoccerete<br />

in una semplice, robusta<br />

cucina casalinga per semplici, robusti<br />

e affamati camionisti (ce ne<br />

sono, ce ne sono...). E ricordate<br />

che di fast food sono pieni tutti i<br />

centri commerciali che abbondano<br />

al di qua e al di là delle varie<br />

tangenziali: conoscendovi...<br />

CENE FUORI PORTA, E PURE FUORICLASSE<br />

VIA DEL BORGO<br />

039-6042615<br />

Una sola cena non basta per gustare<br />

ogni sfiziosità di Marco<br />

Andreoni. Quindi, meglio programmare:<br />

questa sera fiori di<br />

zucca ripieni di ricotta su crema di<br />

peperoni e poi scampetti con pomodorini<br />

al forno e gelato all’extravergine<br />

(wow!), domani spaghettoni<br />

saltati con acciughe e<br />

tonno al sesamo con tartare di<br />

pomodoro marinato. Spenderete<br />

ogni volta sui 50 euro, ma ne<br />

uscirete contenti. Concorezzo, via<br />

Libertà 136. Chiuso domenica.<br />

OSTERIA DEI FAUNI<br />

02-26921411<br />

Enofan? Questo locale fa per voi:<br />

scicchettone senza tirarsela e con<br />

dotazione di vini/distillati da<br />

Oscar. Potete volare di bicchiere<br />

in bicchiere o scegliere la bottiglia<br />

giusta in compagnia di affettati e<br />

formaggi, ma anche ravioli d’anatra,<br />

baccalà mantecato, mousse di<br />

gianduia: tutto buonissimo. Spesa<br />

sui 30 euro (eh no, vini esclusi).<br />

Segrate, via Turati 5. Chiuso sabato<br />

a pranzo e domenica.<br />

IL VISCONTE<br />

02-94940266<br />

Un vecchio casolare ristrutturato,<br />

con mangiatoie porta-bottiglie e<br />

P.D. SFORNELLI<br />

materie prime in arrivo dall’annessa<br />

tenuta (risaie comprese). La<br />

cucina è un bel mix rusti(co)-raffi(nato),<br />

in testa le paste (raviolo<br />

aperto al ragù di pesce, tagliatelle<br />

con sedano e anguilla). Il vero<br />

problema piuttosto è trovarlo<br />

aperto: lunedì, martedì e mercoledì<br />

no, giovedì, venerdì, sabato sì<br />

ma solo la sera, domenica sì a<br />

pranzo e cena (finalmente!).<br />

Conto sui 40 euro. Gudo<br />

Visconti, Cascina Longoli 3.<br />

illustrazione: Marcella Peluffo<br />

EN PLEN AIR<br />

Enoteche e cascine.<br />

E non perdete il<br />

treno dei drink<br />

VOITURE CAFÈ<br />

02-92161210<br />

Un drink sul treno? Certo, ma<br />

sui binari di un giardino dove<br />

trovate carrozze e locomotiva<br />

Fifties adibite a risto-bar<br />

aperto a pranzo, cena e dopocena.<br />

Le specialità? Da<br />

treno, appunto: piadine, panini,<br />

salumi, qualche primo<br />

caldo. Senza contare birre alla<br />

spina belghe o robusti<br />

cocktail a prezzi da seconda<br />

classe. Nel fine settimana poi,<br />

musica dal vivo.<br />

Pioltello, via Pordenone 1.<br />

Chiuso lunedì.<br />

I VINI DI MARIU’S<br />

02-6133813<br />

Prima enoteca (ammirare la<br />

sala underground per credere),<br />

poi ristorante con piatti<br />

gustosi tipo pappardelle con<br />

pancetta calabrese, pomodori<br />

e mascarpone o una sontuosa<br />

costata alla griglia. Super<br />

il carrello dei formaggi come<br />

pure la carta dei vini; servizio<br />

cortese e conto sui 40 euro.<br />

Cusano Milanino,<br />

via Cooperazione 5.<br />

Chiuso domenica.<br />

CASCINA ANTONIETTA<br />

02-4453691<br />

La tangenziale romba appena<br />

dietro le piante. Se non vi<br />

tocca, godetevi nel verde di<br />

questa rustica cascina (o dentro,<br />

magari davanti al bel camino)<br />

rustiche specialità come<br />

tagliatelle ai funghi, risotto<br />

zafferano e salsiccia, ossobuco,<br />

stinco di maiale. Ma anche<br />

una golosa torta di pere<br />

e cioccolato con gelato.<br />

Qualche buona bottiglia, conto<br />

(onesto) sui 30 euro.<br />

Trezzano, via Cascina<br />

Antonietta. Chiuso sabato.<br />

URBAN 75


åillustrazione: Marcella Peluffo<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» MILANO<br />

ROMANTICI, MINUSCOLI, CREATIVI<br />

LA SEGOSTA<br />

02-70123465<br />

Il nome, la Segosta, è quello del<br />

gancio usato per reggere il paiolo<br />

sopra il fuoco nel camino. Ed è<br />

stato scelto anche per il gioco di<br />

parole “là si gusta”. Che cosa?<br />

Soprattutto pesce, cucinato in<br />

modo originale e creativo, con<br />

abbinamenti fantasiosi. Come, fra<br />

gli antipasti, cozze e broccoletti,<br />

gamberetti con panna e polenta,<br />

gallinella di mare al curry. E fra i<br />

piatti forti, oltre alle linguine fatte<br />

in casa all’astice, i tagliolini al nero<br />

di seppia con bottarga e ricci<br />

di mare. Insomma tutto all’insegna<br />

di sapori raffinati. L’ambiente<br />

non concede molto ad atmosfere<br />

particolari, ma insomma si guarda<br />

più alla sostanza che alla forma.<br />

Per una spesa sui 25-30 euro.<br />

Vino escluso, è chiaro.<br />

Via Gozzi, 6. Chiuso domenica.<br />

MITSUBA<br />

02-8361296<br />

È un take japaway oppure a<br />

scelta una susheria veloce e go-<br />

Vesciche ai piedi per panini divorati<br />

in piedi cinque giorni su<br />

sette? Gomito del tennista per<br />

reggere il piatto di plastica con<br />

mozzarellona ondeggiante?<br />

Basta, è ora di finirla con questa<br />

triste lunch life impiegatizia.<br />

E di trovare finalmente un posto<br />

a sedere decente nella rosticce-<br />

losa, aperto di recente appena<br />

dietro la darsena: una vetrinetta<br />

che intriga, un interno semplice<br />

e colorato dove stanno una decina<br />

di clienti su mensole o tavolini.<br />

Qui potete assaggiare o<br />

portar via a prezzi contenuti<br />

(fra i 2 e i 14 euro) alcune belle,<br />

anzi ottime e a volte insolite<br />

preparazioni espresse del mastro<br />

sushi Takehiho: i ravioli<br />

gyoza, le zuppe di soia missoshiru,<br />

i leggeri impanati di carne<br />

o pesce Furai, i tempura, la pasta<br />

saltata nel wok. Tutto di<br />

buon livello, servito con simpatia<br />

dal gestore Claudio: meglio<br />

andarci prima che lo scoprano<br />

in troppi...<br />

Via Scoglio di Quarto, 3.<br />

Chiuso lunedì.<br />

ZYTHUM<br />

02-5691616<br />

Detto in inglese, brewpub, significa<br />

poco. In realtà è un affollato<br />

birrificio con caldaione di rame<br />

in bella vista dove si produce<br />

birra artigianale in quattro versioni<br />

(weizen, doppio malto, pil-<br />

ria-take away di turno. Che<br />

adesso, era ora, si evolve e diventa<br />

più confortevole, quasi<br />

come un ristorante. Scettici?<br />

Sbagliate, perché il primo<br />

esempio di nuova “ristocceria”<br />

è adesso a Milano: si chiama<br />

Oliviero, bel negozione aperto<br />

da poco in via Brentano<br />

sner e rossa), dotato di ampi<br />

spazi per cenare e ballare fra i<br />

tavoli. La cucina con manie di<br />

gastro-grandezza vorrebbe coprire<br />

tutto il panorama etnico<br />

(sushi giapponese e churrasco<br />

brasiliano, beef in borter inglese<br />

e gamberi alla greca, kofta egiziano<br />

e petto d’anatra<br />

dall’Australia), ma il risultato lascia<br />

un po’ d’amaro in bocca,<br />

proprio come la birra. Conto sui<br />

15-20 euro. Via Rutilia, 16.<br />

Sempre aperto.<br />

TANO PASSAMI L’OLIO<br />

02-8394139<br />

Una cenetta romantica in un posticino<br />

dall’atmosfera francese?<br />

Eccolo qui, a due passi dai<br />

Navigli: una vetrina che quasi non<br />

si vede, dietro la quale si nasconde<br />

un ristorantino raffinato per<br />

pochi intimi (otto tavoli only!). Il<br />

simpatico nome si deve alla quantità<br />

di bottiglie d’olio in sala, che<br />

accompagneranno con gocci diversi<br />

ogni piatto dalle voglie creative:<br />

foie gras al calvados, carpaccio<br />

d’arance e finocchi, quaglia<br />

(tel. 02-86998698), dietro corso<br />

Magenta, da un ex dipendente<br />

di Peck.<br />

A prima vista è una moderna e<br />

fornita gastronomia ricca di<br />

spiedi sfrigolanti, piatti pronti,<br />

panini e focacce, ma anche una<br />

bella scelta di vini (300 etichette),<br />

salumi o formaggi. Se il<br />

SMOL<br />

02-4816572<br />

Il posto è piccolino (smol appunto:<br />

la pronuncia dell’inglese<br />

small), fumosetto e sfiziosetto:<br />

un wine & soup bar dall’arredamento<br />

moderno scaldato da<br />

bei lampadoni, che propone interessanti<br />

bicchieri di vino oltre<br />

a zuppe di vario tipo (di cereali,<br />

speziate con zenzero, di carote<br />

e coriandolo) e piattini veloci<br />

come pollo al curry. Ideale per<br />

lunch, aperitivi vinosi-sciampagnosi<br />

o il dopo-cinema, visto<br />

che rimane aperto fino a mezzanotte,<br />

vanta anche prezzi abbastanza<br />

smol: insomma, merita<br />

un (piccolo) salto. Piazza<br />

Virgilio, 2. Sempre aperto.<br />

RIVOGLIAMO IL PRANZO<br />

Stufi dei panini mangiati in piedi, delle gomitate, della corsa al lunch?<br />

Provate con la Sala del Re, perché riprendersi il pranzo è giusto<br />

disossata alle lasagnette di zucca,<br />

cannoli di pescatrice o sella di capriolo<br />

al cioccolato. Bei vini, bel<br />

servizio ma anche bei prezzi: non<br />

ve la caverete con meno di 60<br />

euro (tanto che vi verrà da dire:<br />

Tano, non passarmi il conto!).<br />

Via Vigevano, 32.<br />

Chiuso domenica.<br />

manginpiedi per i forzati del<br />

lunch in cinque minuti è assicurato,<br />

ecco però la sugosa novità:<br />

un tavolo (sì, uno solo) in<br />

una saletta sotterranea, dove<br />

sedersi belli comodi e ordinare<br />

come in un ristorante. Per di più<br />

di fronte alle cucine, separate<br />

da una vetrata che consente di<br />

ammirare i cuochi all’opera. Già,<br />

ma cosa ordinare? In prima battuta<br />

le cento specialità pronte<br />

della gastronomia, ma anche i<br />

piatti espressi (agnello o aragosta,<br />

ostriche o chianina, sogliola<br />

o branzino) proposti nell’apposito<br />

menu, diverso ogni giorno.<br />

Per bere poi, basta attingere alle<br />

illustri cantine di Oliviero (rosticciere<br />

sincero?).<br />

Il bello è che il tavolo nella<br />

“Sala del Re” (meglio prenotarlo:<br />

può ospitare solo una decina di<br />

coperti) è aperto a pranzo ma<br />

anche a cena, dopo cioè la chiusura<br />

del negozio e fino a notte.<br />

A prezzi di poco superiori a<br />

quelli praticati overground, dove<br />

un piatto di lasagne costa 6 euro<br />

o un’insalatona con bufala 5.<br />

Meglio sbrigarsi, prima che diventi<br />

il cultable dell’autunno.<br />

P.D. SFORNELLI<br />

EHI, DOLCEZZA!<br />

Un ex ferramenta,<br />

ora laboratorio di<br />

grande pasticceria<br />

Al confine con il quartiere<br />

Isola, poco oltre la circonvallazione<br />

di viale Stelvio, quando<br />

passeggiando si comincia<br />

ad avere la sensazione di abbandonare<br />

la città a favore di<br />

desolate radure metropolitane,<br />

urbanizzate solo da incessanti<br />

e inspiegabili cantieri<br />

stradali, ecco proprio qui, si<br />

può ritrovare la gioia di vivere<br />

facendo una sosta in un’oasi<br />

inaspettata del palato.<br />

Lascino ogni slim-speranza<br />

fuori dalla porta i golosi e gli<br />

ingordi che decidono di entrare<br />

nella pasticceria Caglio<br />

(via A. Monticelli, tel. 02-<br />

6070667): qui non c’è spazio<br />

per rinunce o limitazioni.<br />

Ecco cosa ingollare prima di<br />

lanciarsi nel corso intensivo<br />

di gambe-addominali-glutei e<br />

resistere per un mese in un<br />

centro Messegue tra atroci<br />

sensi di colpa per la linea<br />

perduta: torta primavera (con<br />

panna e fragole, tra le più richieste),<br />

torta all’ananas (con<br />

bigné, canditi e pan di spagna),<br />

grande varietà di pasticcini<br />

(uummhh... i cannoncini<br />

alla crema...), ottime brioche<br />

farcite, semifreddi alla frutta,<br />

zuccotti e bavarese.<br />

E, per gli scellerati che non<br />

amano il dolce, un’ampia offerta<br />

di salatini. Uscendo da<br />

Caglio, oltre ai resti di cioccolata<br />

su viso e mani, ricorderete<br />

la gentilezza e il sorriso<br />

del signor Felice, che con<br />

moglie e figli ha trasformato<br />

un ex magazzino di ferramenta<br />

in un grande laboratorio di<br />

pasticceria. Chiuso domenica,<br />

ma aperto lunedì: giorno<br />

spesso infausto per trovare<br />

una buona torta di compleano.<br />

Oh: niente numero civico;<br />

lo avevamo detto che qui inizia<br />

la terra di nessuno.<br />

BEBA MINNA<br />

URBAN 77


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

TRADITIONAL FOOD,<br />

ETNICO DE NOANTRI<br />

Fuggite dal sushi<br />

e dal fast-food?<br />

Piccola guida alla<br />

Roma più romanesca<br />

S’ode a destra un squillo di<br />

sushi? A sinistra risponde una<br />

gricia. Un pecorino dell’Agro.<br />

La puntarella di cicoria verace.<br />

Una pesce che di allevamento<br />

non ha mai sentito parlare, e<br />

s’è immolato gloriosamente al<br />

suo destino in alto Tirreno.<br />

Insomma, più la Capitale golosa<br />

s’intigna nel sì global con fusion<br />

e spoon food, più ostinato<br />

(e di successo) diventa il manipolo<br />

di fan del buono&nostrano.<br />

C’è poco da fare: se i “romani<br />

de Roma” con velleità da<br />

gourmet non rinunciano a visitare<br />

nessun tempio del crudo<br />

(inteso come pesce, non prosciutto!)<br />

e storcono il naso se<br />

ROMA CLASSICA, A SCOTTADITO<br />

L’ARCANGELO<br />

06-3210992<br />

Nuovissimo, l’Arcangelo trapianta<br />

le esperienze dei coniugi<br />

Dandini fatte in uno fra i migliori<br />

risto-wine di Roma, spostando<br />

ancor più l’accento sui capisaldi<br />

della romanità: la “gricia” o la<br />

trippa, dai sapori esaltanti. Gran<br />

cantina e bel pubblico, una media<br />

di 40 euro ben spesi.<br />

Via Belli, 59.<br />

Chiuso domenica.<br />

non c’è almeno un occhio a<br />

mandorla in cucina, il resto del<br />

popolo fisso e di passo nella<br />

Città Eterna (primi, i milioni di<br />

turisti) si ostina a cacciare<br />

quanto di più romano o laziale<br />

ci possa essere su piazza.<br />

Meglio, su tavola.<br />

E voi invece, di che food tribe<br />

siete? Sagne o wasabi?<br />

Guanciale teso o abalone?<br />

Pajata o miso? Se tifate campanil-sughista,<br />

siamo qui per servirvi:<br />

i luoghi della resistenza<br />

slow all’invasione delle tre S<br />

imperanti (soia, sushi e sashimi)<br />

sono tanti e sfiziosi. E il bello è<br />

che anche tra le nuove ristoaperture<br />

c’è chi si schiera dietro<br />

queste stesse gastro-insegne.<br />

Prendete il duo<br />

dell’Arcangelo, i coniugi<br />

Dandini: reduci da gestioni di<br />

rinomati wine bar e varato finalmente<br />

il primo locale tutto<br />

IL MORO<br />

06-6783495<br />

The king of mushrooms, ha<br />

scritto un magazine Usa (il re dei<br />

funghi, englishignoranti!). E infatti<br />

funghi e tartufo sono nel<br />

cuore di questo vecchio ristorante<br />

travestito da osteria, senza<br />

dimenticare le fettuccine di<br />

casa al sugo con rigaje (i fegati<br />

di volatile), baccalà e vitello al<br />

forno. All’antica. Vicolo delle<br />

Bollette, 13. Chiuso domenica.<br />

loro per ideazione e capitale,<br />

scelgono una sede di tradizione<br />

(l’ex regno del sapor ponzese<br />

Mimì) e alzano fieri la bandiera<br />

della trippa e della carbonara.<br />

Oppure il doc, altro acquisto<br />

recente con team baby<br />

che tra un tortino di verdure<br />

con hummus e un’insalata di<br />

gamberi piazza in tavola non<br />

meno di quattro pezzi di verace<br />

romanità. Ma come dimenticare<br />

classici come il Moro, fiduciario<br />

della cucina ai funghi, o<br />

l’immortale Checchino, king del<br />

“quinto quarto”, vero pilastro<br />

delle interiora? Oppure Felice,<br />

altro testaccino erede della cucina<br />

del Mattatoio?<br />

Appena fuori città poi, anche<br />

l’hinterland non risparmia suggestioni<br />

locali. A Grottaferrata<br />

la Taverna dello Spuntino grida<br />

fin nel look (i prosciutti nostrani<br />

appesi a vista) la sua filoso-<br />

ANTICHI SAPORI<br />

06-6627014<br />

I grandi classici: amatriciana,<br />

bruschetta con fagioli, l’antico<br />

stufato con patate o la rossa<br />

romana “picchiapò”. Basta<br />

scorrere il succinto ma saporito<br />

menu di questa trattoria per<br />

sentirsi a casa . E (miracolo!)<br />

15 euro basteranno.<br />

Il vino però è solo sfuso.<br />

Via Aurelia, 366.<br />

Chiuso domenica.<br />

fia. E poco lontano, sul fronte<br />

zuppe e verdure, trionfa il gusto-tradition<br />

della Briciola.<br />

Stesso discorso per Zarazà a<br />

Frascati, che evoca il fascino<br />

della “fraschetta”, mentre il<br />

grande Cacciani nobilita piatti<br />

storici con misurata soavità e<br />

una grande cantina. A<br />

Monteporzio i Tinelloni ondivagano<br />

felici tra brodo d’arzilla e<br />

coratella con carciofi. A<br />

Formello, direzione Nord, tiene<br />

banco il pollo alla cacciatora<br />

del Vecchio Forno (e che piatti,<br />

in quel forno).<br />

Buona caccia, allora. Ma ricordate:<br />

spesso vicino a questo tipo<br />

di locali abita o lavora qualche<br />

prezioso fornitore (di carne,<br />

di salumi, di verdura, di funghi...).<br />

E allora, la caccia diventa<br />

doppia: tanto vale approfittarne.<br />

ARMANDO<br />

AL PANTHEON<br />

06-68803034<br />

PAUL DE CELLAR<br />

Le tristi pizzerhamburgherie di<br />

piazza del Pantheon sono vicine<br />

ma allo stesso tempo lontanissime:<br />

la clientela (sciccosa) di questa<br />

trattoria di rango continua a<br />

godersi minestra di broccoli, saltimbocca<br />

e baccalà version pizzaiola<br />

a 30 correttissimi euro.<br />

Salita Crescenzi, 31. Chiuso sabato<br />

sera e domenica.<br />

illustrazione: longa025_tBDC<br />

RUSPANTI<br />

Piatti pieni, gente<br />

vera, profumi<br />

antichi. Mini-tour<br />

TAVERNA<br />

DELLO SPUNTINO<br />

06-9459366<br />

Il prosciutto? In questo rusticissimo<br />

locale castellano sta<br />

sopra di voi, appeso alle travi<br />

come un tempo. E sapore antico-casalingo<br />

hanno anche abbacchio<br />

e ciambelline al vino.<br />

Folla a cena nei weekend, meno<br />

in settimana e a pranzo.<br />

Conto sui 35 euro.<br />

Grottaferrata, via Cicerone<br />

20. Chiuso mercoledì.<br />

I TINELLONI<br />

06-9447071<br />

Già il nome è da film (quello<br />

con Fabrizi). La cucina... pure:<br />

gnocchi, amatriciana ricca, abbacchio<br />

a scottadito, coniglio<br />

alla cacciatora, coratella con<br />

carciofi; chiudono crostata home<br />

made e conto da 25 euro.<br />

Prenotare nel weekend.<br />

Monteporzio Catone,<br />

via dei Tinelloni 10.<br />

Chiuso mercoledì.<br />

VECCHIO FORNO<br />

06-90146926<br />

A Formello i romani-bene vanno<br />

a cavalcare. I romani-fame<br />

invece vengono qui a magnare:<br />

la cucina al femminile regala<br />

pomodori al riso, pollo alla<br />

cacciatora, la cacio & pepe<br />

senza far spendere più di 28<br />

euro. Formello, via N. Sauro<br />

2. Chiuso a pranzo e lunedì.<br />

ZARAZÀ<br />

06-9422053<br />

In questa ex “fraschetta” ex<br />

covo di rugbisti si va a meta<br />

con tortino di alici e carciofi,<br />

trippa, spezzatino e coratella.<br />

Col bel tempo si sta fuori,<br />

con 25 euro si vince il game<br />

con l’appetito. Frascati, v.le<br />

Regina Margherita 45.<br />

Chiuso lunedì.<br />

URBAN 79


illustrazione: longa025_tBDC<br />

RISTORANTI-BAR<br />

»»»» ROMA<br />

TRA GRANDI FIRME E BUONE CUCINE<br />

ELEFANTINO<br />

06-8840087<br />

Il figlio del grande Mario Riva<br />

(come, chi è? Un grande presentatore<br />

tv dei Fifties) ha scelto da<br />

tempo di cimentarsi sul palcoscenico<br />

del cibo al posto di quello<br />

dello spettacolo. Il suo<br />

Elefantino propone così una<br />

buona scelta di ricette regionali<br />

italiane e punta sul pesce come<br />

cuore del menu serale (a pranzo<br />

si spizzica invece fra insalate,<br />

formaggi e salumi): barchette di<br />

polpa d’astice, tagliolini asparagi<br />

e gamberoni, spigola in crosta,<br />

chitarrini in carbonara di zucchine<br />

sono alcuni degli elefan-must.<br />

Prevedete circa 40 euro a cena,<br />

molti meno per il lunch. Pubblico<br />

pariolino. V.le Liegi, 53.<br />

Chiuso domenica.<br />

L’ALTRO MASTAI<br />

06-68301296<br />

Il debutto più atteso a Roma,<br />

con rodaggio estivo sottotraccia<br />

e pieno decollo in autunno.<br />

Già l’hotel è di quelli nati per diventare<br />

glamour: catena Boscolo,<br />

centralissimo (San Basilio 15, tel.<br />

06-422901), nuovo di zecca, 5<br />

stelle lusso, ambientato in edificio<br />

anni ’30, camere & suites con<br />

internet, lettore cd, music box,<br />

segreteria telefonica e tivù al pla-<br />

Dopo tre anni di lavori e attesa,<br />

parte infatti carico di ambizioni<br />

il locale di Fabio Baldassarre, allievo<br />

di Heinz Beck e collaboratore<br />

della star francese<br />

Raymond Blanc. Per cominciare,<br />

il menu creativo propone piatti<br />

come astice alla verbena, spigola<br />

alla valeriana e porcini, capretto<br />

in crosta di peperoncino,<br />

tortellini di broccoli, astice e tartufo<br />

estivo. Il pubblico è già goloso<br />

e deluxe, proprio come il<br />

prezzo: 100 euro (gulp!) in media.<br />

I vini sono quelli in lista al<br />

Bicchiere di Mastai, wine bar<br />

(antistante) della casa.<br />

Via Giraud, 53. Chiuso a pranzo,<br />

domenica e lunedì.<br />

L’ORTICA<br />

06-3338709<br />

Qui c’è Napoli in tavola: su una<br />

terrazza protetta da tramezzi durante<br />

la bella stagione, nella piccola<br />

sala arredata con originalità<br />

d’inverno. Tutta la lista infatti, dai<br />

piccoli “sfizi” che vi verranno<br />

consigliati per cominciare, alle<br />

sma. Il corredo comprende ristorante,<br />

bar, wine bar, centro benessere<br />

con piscina, sauna e terme<br />

romane. E una terrazza dritta<br />

sull’Urbe, nata per berci un<br />

Negroni al tramonto perdendosi<br />

nel panorama. Ma anche, e qui<br />

sta il bello, perdendosi in un su<br />

pizze cresciute o alla pasta “scarpariello”,<br />

parla partenopeo. Ma,<br />

solo su ordinazione, si preparano<br />

anche grandi piatti della tradizione<br />

nobile tipo il sartù (per i gastroignoranti,<br />

un ricco timballo di<br />

riso). La cantina propone (giustamente)<br />

etichette campane, il pubblico<br />

è affezionato-chic, c’è il parcheggio<br />

con immancabile parcheggiatore<br />

e il servizio spicca<br />

per il savoir faire. La formula è<br />

astuta, collaudata e sicura, ma il<br />

prezzo orticante: stanziate 50,<br />

napoletanissimi euro.<br />

Via Flaminia Vecchia, 573.<br />

Chiuso a pranzo e domenica.<br />

DOC<br />

06-5744236<br />

Accogliente, informale e carino,<br />

presenta tovaglie da drogheria e<br />

doppio menu scritto e del giorno,<br />

quest’ultimo recitato a voce.<br />

Tra i piatti doc, lo sformatino di<br />

formaggi con speck di Sauris e<br />

olio alla finocchiella, le tagliatelle<br />

coniglio e olive, il classicissimo<br />

cinghiale con polenta e il<br />

Un architetto newyorkese, una terrazza sul tramonto romano e<br />

persino il Toga bar con la jacuzzi. Dài! Non fatevi mancare niente!<br />

shi. È questa infatti la sua speciale<br />

trendymission gastronomica,<br />

operativa finché la lunga stagione<br />

romana (di solito, ottobre inoltrato)<br />

consentirà. Ma magari anche<br />

dopo.<br />

Come dite? La sushiterrazza vi<br />

stramazza? Per forza: è la prima<br />

golosissimo salame di cioccolato<br />

con zabaione. Il menu cambia<br />

spesso, la clientela è young ed<br />

enofan, vista la carta dei vini<br />

bella ricca e il conto non punitivo,<br />

sui 25 euro.<br />

Via Franklin, 9.<br />

Chiuso a pranzo.<br />

GIULIO PASSAMI L’OLIO<br />

06-68803288<br />

Un vecchio locale dalle molte vite<br />

capace di trasformarsi, come in<br />

quest’ultima incarnazione, in wine<br />

bar-bomboniera arredato con oggetti<br />

d’antiquar-modernariato e<br />

foto di bellezze un po’ passée,<br />

cioè anni ’30, alle pareti. Se gli oltre<br />

800 vini in cantina faranno felici<br />

gli estimatori, il menu prevede<br />

piatti caldi e freddi, zuppe e anche<br />

l’ormai inevitabile sushi. Il<br />

conto? Da 20 euro in su, secondo<br />

i vini (qui, a dir poco imprescindibili).<br />

Ai tavoli, troverete tanta<br />

bella gente everyoung in look<br />

casual-griffè.<br />

Via Monte Giordano, 28.<br />

Chiuso a pranzo.<br />

SUSHI A CIELO APERTO<br />

e unica in città. Non per niente a<br />

progettare tutto l’Aleph è stato<br />

un architetto newyorkese, Adam<br />

Tihany, che si è ispirato ai temi<br />

di Paradiso e Inferno. Così al<br />

pianoterra ecco rosso fuoco, luci<br />

dolcemente diaboliche, forme<br />

morbide e sensuali. Qui sono<br />

ambientati la libreria, l’Angelo<br />

bar e il Dioniso wine bar. Il paradiso,<br />

coi suoi bianchi diffusi e<br />

azzurri tenui, sta proprio, ribaltando<br />

la prospettiva, sotto la<br />

hall: è lì che sauna, jacuzzi, bagno<br />

turco-romano, massaggi e<br />

un celestiale Toga Bar dovrebbero<br />

mandare in estasi i clienti<br />

(togati? Chissà).<br />

E la terrazza? Forse è il<br />

Purgatorio: sesto piano,<br />

Morocco style, è destinata a sfornare<br />

senza sosta sotto il sole o<br />

le stelle sushi, sashimi, tempura<br />

e un piatto a ruotare, per esempio<br />

wok di pollo. Ma anche freschi<br />

dessert, bei vini e il meglio<br />

del mixer. Anche il food qui, come<br />

tutto il resto, è griffato: la firma<br />

è di Bloom, il locale celebre<br />

appunto per il sushi style, il dj e<br />

gli after dinner party. A questo<br />

punto, tutti anzi sushi in terrazza.<br />

Sfidando il grande freddo a<br />

colpi di tempura e sakè.<br />

PAUL DE CELLAR<br />

NIPPO-BAR<br />

Sushi beginners e<br />

lezione di sashimi<br />

A Roma la cucina giapponese è<br />

stata a lungo appannaggio dei<br />

pochi fortunati che possono investire<br />

parte del patrimonio familiare<br />

in una cena. Ora, la moda<br />

dei Sushi Bar che offrono<br />

cucina orientale su divani neri<br />

troppo scivolosi o sashimi su<br />

instabili sgabelli stretti intorno<br />

a un kaiten troppo veloce (il<br />

bancone intorno a cui ruotano<br />

microscopiche porzioni su piattini<br />

colorati) ha il merito di aver<br />

diffuso questa cucina anche tra<br />

i comuni mortali ma non mi<br />

convince: la caccia a un ristorante<br />

più vicino allo spirito del<br />

Sol levante ha inizio.<br />

Da Bishoku Kobo (via Ostiense<br />

110/b), si dice, la cucina giapponese<br />

è più autentica e il pesce<br />

è freschissimo data la vicinanza<br />

con i mercati generali.<br />

La fila fuori (meglio prenotare<br />

allo 06-5744190) e l’aspetto<br />

da trattoria potrebbero scoraggiare,<br />

ma i tavoli intorno a me<br />

occupati solo da clienti giapponesi<br />

mi imbaldanziscono: “si vede<br />

che sono una dritta”, penso<br />

dandomi arie da esperta di culture<br />

orientali, aprendo il menu<br />

senza immagini...<br />

Mentre la cameriera mi fissa<br />

imbarazzata, e imbastisce un<br />

sunto di cucina giapponese per<br />

ignavi in un inglese stentato,<br />

un vicino di tavolo mi illustra<br />

gentilmente la differenza tra<br />

sashimi e sushi ma non fa in<br />

tempo ad avvertirmi che la salsetta<br />

verde fosforescente non è<br />

paté di pistacchio da spalmare<br />

abbondante sul pane ma rafano<br />

piccantissimo che in minime<br />

dosi accompagna il pesce.<br />

Tento di mascherare la tosse<br />

convulsa e le lacrime agli occhi<br />

e ringrazio il commensale per i<br />

consigli e l’indirizzo dell’Istituto<br />

Giapponese di cultura: non è<br />

mai troppo tardi. Uscendo,<br />

penso che sono sazia e contenta.<br />

Per soli 15 euro.<br />

LUCREZIA CIPPITELLI<br />

URBAN 81


RISTORANTI-BAR<br />

»»»» BOLOGNA<br />

BOLOGNA AL MARE<br />

IL PESCE IN CITTA<br />

Perché andare fino<br />

in Riviera quando<br />

anche Bologna offre<br />

buone tavole di<br />

pesce? Ecco i posti<br />

giusti, senza svenarsi<br />

Dove si va a mangiare pesce?<br />

Chiedetelo a colleghi, amici, conoscenti<br />

e la risposta sarà invariabilmente<br />

la stessa: “In riviera”.<br />

Cioè, a un’ora e mezzo di<br />

autostrada. Perché? Semplice:<br />

un bel tot dei ristoranti tra<br />

Rimini, Riccione o Cesenatico<br />

possono saziare agilmente ogni<br />

gusto ittico. E poi, magari, permettono<br />

anche un bel salto in<br />

spiaggia. Va bene, ma così sono<br />

capaci tutti. Meglio: tutti quelli<br />

che possono, visto che una bella<br />

abbuffata di pesce non sempre è<br />

alla portata di tutte le reti (pardon,<br />

tasche); e poi, qui bisogna<br />

aggiungere benzina e pedaggi.<br />

Chi del resto va pazzo per aragoste<br />

& affini lo sa bene, e il caro-fish<br />

l’ha già messo in conto<br />

da tempo.<br />

E se volessimo rimanere in città?<br />

Tranquilli, c’è comunque di<br />

che togliersi l’itti-sfizio frequen-<br />

tando i pochi (quasi tutti buoni e<br />

dai conti salatucci) locali dediti<br />

al pesciame.<br />

Quali? Per esempio, la<br />

Terrazza, in via del Parco<br />

(mooolto chic), la Teresina in<br />

via Oberdan, l’Acqua Pazza in<br />

via Murri o l’Osteria del Pesce<br />

in via Emilia Ponente. Senza dimenticare<br />

il primo risto-sushi di<br />

Bologna, con crudité a volontà<br />

e cuochi jap: il Sushi Café<br />

Kappa di piazza Malpighi. Ma<br />

anche il primo, atteso oyster<br />

bar che sta aprendo in via<br />

Rialto il brillante chef Marco<br />

Fadiga, ex di La pernice e la<br />

gallina. Non fermatevi però alle<br />

apparenze, ai prezzi alti e alle<br />

insegne pescivendole: cernie,<br />

rombi e branzini ci sono anche<br />

in pizzeria. Proprio così: il pesce<br />

più risparmioso lo trovate<br />

in quei locali a conduzione familiare<br />

che importano la materia<br />

prima (mozzarella? Sì.<br />

Pomodori? Sì, ma anche gamberi<br />

e calamari) direttamente dal<br />

sud. E a prezzi decisamente interessanti.<br />

Se poi volete spendere<br />

meno, non vi resta che partire<br />

a notte fonda canna in spalla,<br />

direzione mare. Contenti voi...<br />

CARLO FRASSOL<strong>DA</strong>TI<br />

<strong>DA</strong>LLA SICILIA AL GIAPPONE, IN ACQUA<br />

ACQUA PAZZA<br />

051-443422<br />

Cucina pazza? No, ma itticreativa<br />

con piatti sfiziosi tipo tartara<br />

di astice con avocado, ravioli<br />

di patate e pesce spada<br />

con porri e pinoli, zuppetta di<br />

orzo e porcini con moscardini,<br />

gratinato di crostacei, pesce,<br />

conchiglie e verdure.<br />

Il tutto ha un prezzo, però meritato:<br />

35 euro.<br />

Via Murri, 168/d.<br />

Chiuso lunedì e martedì<br />

a pranzo.<br />

LA CAMBUSA<br />

051-266645<br />

Questa piccola trattoria naviga da<br />

anni sulla cresta dell’onda, forse<br />

perché garantisce una certa intimità<br />

con l’ultima preda... pescata<br />

all’amo. Fra le specialità (sicule,<br />

visto che i proprietari sono di laggiù)<br />

da non perdere le penne con<br />

sarde, gli spaghetti ai ricci di mare,<br />

le sarde alla beccafico, le canocchie<br />

bollite e per finire un bel<br />

cannolo (di pesce? No, di ricotta!).<br />

Conto sui 20-25 euro. Via<br />

Mascarella, 8. Chiuso lunedì.<br />

LA TERRAZZA<br />

051-531330<br />

L’ambiente è molto (pe)chic, la<br />

cucina indo-mediterranea, cioè<br />

con intriganti mischioni di sapori<br />

nostrani e orientali. Se la<br />

paella è quella valenciana doc<br />

e i paccheri con sarde decisamente<br />

nostrani, il tonno al sesamo<br />

o i gamberi kataifi vi faranno<br />

scoprire nuovi mondi.<br />

Come il conto, sui 40-45 euro<br />

o giù di lì.<br />

Via del Parco, 20.<br />

Chiuso domenica.<br />

SUSHI CAFÉ KAPPA<br />

051-221773<br />

In tema di pesce, però crudo, ecco<br />

il posticino ideale per i fan del<br />

jap-style: un locale con acqua che<br />

scende lungo le pareti e atmosfera<br />

vagamente itti-kitsch. Lo chef<br />

è giapponese vero, quindi potete<br />

assaggiare sushi crudo, donburi<br />

kakiage (gamberi e verdura) e<br />

donburi ocyazuke (salmone e tè<br />

verde) a occhi quasi chiusi. Per un<br />

bel sushi e bevendo tè 20-25 euro:<br />

kappita! Piazza Malpighi, 14.<br />

Chiuso lunedì.<br />

illustrazione: www.joffr.net<br />

A TAVOLA<br />

La pizza integrale,<br />

la birra di tutto<br />

il mondo e la vecchia,<br />

cara, Bologna<br />

TRIANON<br />

051-374322<br />

Di fianco a piazza dell’Unità,<br />

il regno della pizza con farina<br />

integrale, vera specialità del<br />

posto. Ma è buona anche<br />

quella con farina normale,<br />

bella croccante e anche bella<br />

farcita. Senza contare,<br />

pizz-a-parte, del buon pesce.<br />

I prezzi? Giusti e nella media.<br />

Via Mazza, 7/b.<br />

Chiuso mercoledì.<br />

<strong>DA</strong>LLA GIGINA<br />

051-322132<br />

Preparatevi: questo è uno dei<br />

classici localini bolognesi doc<br />

dove non badare all’apparenza<br />

quanto piuttosto alla sostanza.<br />

Già, perché viene tutto<br />

preparato in casa, all’insegna<br />

della genuinità e della<br />

tradizione: tagliatelle, passatelli,<br />

tortellini freschi sono<br />

con vero brodo di carne,<br />

mentre arrosto dolce, polpette<br />

e friggione hanno la classica<br />

aria (e bontà) casalinga.<br />

Starete (contenti) sui 20-22<br />

euro. Via Stendhal, 1.<br />

Chiuso sabato e domenica.<br />

OSTERIA DEL TEMPO<br />

PERSO<br />

051-443463<br />

Oltre cento panini e birre<br />

(soprattutto belghe-trappiste,<br />

le più strong) in questo locale<br />

softranquillo tutto legno dove<br />

trovate anche conchiglie,<br />

piadine, crostini e pizze di<br />

ogni genere col sottofondo<br />

di pop-rock music. Ottimo<br />

(e per palati strong) il panino<br />

Lambada con peperoni, cipolla,<br />

salsa piccante, arrosto<br />

e maionese.<br />

Via Murri, 168/a.<br />

Chiuso lunedì.<br />

URBAN 83


testo: Lia Celi / illustrazione: Annalisa Pagetti<br />

Si dice che il call-center serva a migliorare la comunicazione<br />

fra un’azienda e i clienti. Ma basta una semplice<br />

telefonata a rivelarne la vera natura: un’impenetrabile<br />

barriera di scudi umani, astutamente alternati a voci registrate,<br />

che preserva un pugno di manager sociopatici<br />

dall’impatto con una sordida moltitudine di importuni<br />

che chiedono informazioni, pretendono rimborsi, lamentano<br />

disservizi. Tratte dal Manuale di Guerra Psicologica<br />

per Operatori di Call Center, ecco le formule più classiche<br />

per rintuzzare gli assalti dell’utenza.<br />

1) “Le linee sono momentaneamente occupate”<br />

Il galateo dei call-center ha dei pudori da ragazza all’antica:<br />

una risposta troppo immediata fa pensare che l’azienda<br />

è un tipo facile e magari autorizza l’utente a prendersi<br />

subito delle libertà, tipo chiedere perché un pacco<br />

spedito da Milano a Firenze è stato avvistato dai guardacoste<br />

al largo di Pantelleria. Anche se non c’è nessun altro<br />

in linea, bisogna tenere l’utente un po’ sulla corda: a<br />

qualunque ora del giorno lui deve figurarsi l’equivalente<br />

telefonico del manzoniano assalto al Forno delle Grucce<br />

(in realtà all’altro capo del filo c’è solo un operatore in<br />

pieno calo degli zuccheri e un centralino mezzo rotto),<br />

e ritenersi fortunato se udrà una voce umana entro mezz’ora.<br />

Così, se poi il contatto avviene prima, il postulante<br />

cadrà in ginocchio come Bernadette a Lourdes e gli sembrerà<br />

sconveniente turbare il clima da miracolo con querimonie<br />

meschine: “Scusi se l’ho disturbata, nuoto subito<br />

a Pantelleria a ripescare il mio pacco”.<br />

2) “Tempo d’attesa previsto: sette minuti”<br />

Il messaggio sottinteso dalla voce metallica sarebbe anche<br />

ragionevole: “Non vogliamo abusare del suo tempo<br />

prezioso, se ha qualcosa da fare che occupi sette minuti<br />

esatti ed eseguibile con un cordless incastrato nell’orecchio<br />

e le Quattro Stagioni di Vivaldi come sottofondo,<br />

prego, lo faccia pure”. Tanta gentilezza si risolve in un<br />

ennesimo insulto ai nervi già provati dell’utente. Che<br />

cavolo fai in sette minuti, tutto storto come il gobbo di<br />

Notre Dame, e con un’orchestra barocca alle calcagna?<br />

Innaffi le piante, svuoti la lavastoviglie, vai a fare la cacca?<br />

Impossibile: con il telefono all’orecchio l’equilibrio<br />

è instabile, e finisci per irrigarti pantaloni e fracassare<br />

i piatti. Quanto alla cacca, lascia perdere: d’accordo,<br />

Vivaldi favorisce il relax, ma succede sempre che per<br />

qualche misterioso motivo il tempo d’attesa precipita a<br />

trenta secondi e sei costretto a rispondere all’operatore<br />

con sottofondo di sciacquone.<br />

3) “Si prega di attendere per non perdere la priorità<br />

acquisita”<br />

L’ideatore di questa formula magica, un must nei centralini<br />

degli uffici pubblici, doveva essere un genio della<br />

persuasione occulta. L’utente medio ha l’autostima di un<br />

anellide, e pur di sentirsi ripetere che ha acquisito una<br />

qualche priorità, sia pure come 315° utente rispetto al<br />

316°, starebbe al telefono delle ore, a sue spese, s’intende:<br />

meglio perdere i propri soldi che perdere la priorità,<br />

che diamine! Nel frattempo l’operatore può andare<br />

URBANSATIRA<br />

POSSOESSERLEINUTILE?<br />

IL NUMERO È VERDE, l’utente pure, ma di rabbia. Perché chiamare un call-center è un’avventura mistica<br />

che contempla ascesi, attesa, speranza e grande controllo dei nervi. E in qualche caso, per tutto questo, si<br />

paga pure! Comunque coraggio, c’è sempre chi sta peggio. Per esempio quello che lavora al call center<br />

alla toilette, farsi un caffè, lamentarsi con il collega per il<br />

superlavoro. Ma il vero hors-d’oeuvre sono i numeri<br />

Assistenza Clienti di certe aziende di telefonia: per ogni<br />

minuto d’attesa, sessanta dei tuoi centesimi piovono tintinnando<br />

nelle loro casse.<br />

4) “Sono Carla/Katia/Paola, posso esserle utile?”<br />

Il nome dev’essere femminile, anche se l’operatore è un<br />

maschietto; in più dev’essere bisillabo e banale, in modo<br />

che l’utente lo dimentichi in una frazione di secondo. Ha<br />

infatti la mera funzione subliminale di creare un’atmosfera<br />

rilassata, non certo quella di aiutarti a rintracciare,<br />

in caso di disservizio, la Carla/Katia/Paola responsabile<br />

della tua pratica (tanto, anche se ci riuscirai, ti diranno<br />

che non lavora più lì). Il “Posso esserle utile?” è la traduzione<br />

del “may I help you?” che in inglese è una formula<br />

di cortesia così anodina che la usa anche il boia nel<br />

braccio della morte. Per l’italica gente, avvezza al “cazzo<br />

vuoi?” più o meno eufemizzato, l’espressione è ancora<br />

abbastanza esotica da creare qualche malinteso.<br />

L’ingenuo si illude davvero che dall’altra parte del filo ci<br />

sia una filantropa che stenta a trattenere la sua impellente<br />

brama di servirlo e si monta la testa, l’irascibile sospetta<br />

che lo stiano prendendo per i fondelli e si scalda<br />

subito: che discorsi, certo che può essergli utile, anzi<br />

deve, se no perché cavolo avrebbe chiamato? In questi<br />

casi l’operatrice esperta adotta la tecnica “Labirinto”,<br />

ovvero dirotta l’utente verso una serie infinita di interni<br />

inesistenti. Laggiù nessuno potrà sentirlo urlare.<br />

URBAN 87

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