LA DISABILITA' DA GRAVI CEREBROLESIONI ACQUISITE IN ...
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del paziente per valutare la connettività corticale di soggetti non in grado di comunicare e con<br />
alterazione della coscienza. Gli autori sono partiti dal presupposto teorico e sperimentale che<br />
l’attività cosciente debba essere sostenuta dalla connessione rapida ed efficace di multiple aree<br />
corticali specializzate. I primi risultati presentati dagli autori sono interessanti, perché mostrano che<br />
nei soggetti in SV la TMS evoca solo risposte locali che testimoniano l’interruzione di network<br />
corticali complessi, analogamente a quanto accade in soggetti anestetizzati. Al contrario nei<br />
soggetti in SMC la TMS evoca risposte complesse che progressivamente si diffondono ad aree<br />
corticali lontane ipsi e contro laterali, analoghe a quelle documentate in soggetti sani di controllo o<br />
con Locked-in Syndrome. Al di là della possibile funzione di supporto strumentale alla diagnosi<br />
clinica, resta però ancora da dimostrare se la metodica presentata da Rosadini sia in grado di<br />
fornire elementi prognostici utili in anticipo rispetto alla clinica.<br />
Dall’analisi attenta anche della letteratura più recente viene confermata la conclusione riportata<br />
dalla giuria della Conferenza di Salsomaggiore che, ad oggi, il goal standard nella valutazione del<br />
disturbo di coscienza dei pazienti con GCA resta una accurata valutazione clinica svolta da<br />
personale specificamente addestrato, che si avvale di scale strutturate come la CRS-R. Si<br />
raccomandata che il giudizio finale non si basi su un'unica valutazione, ma su una osservazione<br />
longitudinale, meglio se eseguita da diversi operatori, così da poter cogliere la miglior prestazione<br />
possibile di pazienti che sono, per loro natura, soggetti a grandi oscillazioni, anche circadiane, del<br />
loro livello di “responsività”. Un’accurata intervista ai familiari del paziente, e il loro possibile<br />
coinvolgimento nell’analisi delle risposte comportamentali dei propri cari, può costituire un utile<br />
strumento aggiuntivo per cogliere, ad esempio, variazioni legate a stimoli con diversa valenza sul<br />
piano emotivo personale (De Tanti e Bertolino, 2012).<br />
E’ possibile promuovere il recupero della coscienza?<br />
Per favorire la ripresa del contatto con l'ambiente dei pazienti in coma/SV molti autori hanno<br />
sostenuto l'utilità di programmi riabilitativi di stimolazione sensoriale. Un tale approccio riabilitativo<br />
sarebbe supportato sia dalla dimostrazione che la deprivazione sensoriale produce negli animali<br />
perdita di funzione neurologica, come pensavano i primi autori che le hanno proposte (Le Winn e<br />
Dimancescu, 1978), sia dalle teorie sulla plasticità sinaptica (Albensi e Janigro, 2003). È<br />
necessario sottolineare però che, secondo la teoria sulla plasticità neuronale, non tutti gli stimoli<br />
sensoriali sono per propria natura positivi rispetto alla produzione di legami sinaptici stabili. Una<br />
parte delle critiche ai programmi di stimolazione sensoriale, intesi come somministrazione<br />
intensiva e contemporanea di stimoli a massima intensità applicati in successione sui recettori<br />
sensoriali (Doman et al, 1993), sono state incentrate proprio sul rischio che stimolazioni intense,<br />
prolungate e indiscriminate producano in fase iniziale un temporaneo incremento del livello di<br />
attivazione (arousal) che, di per sé, non è in grado di suscitare o incrementare possibilità di<br />
esperienza cosciente; il prolungarsi di tale stimolazione porta poi rapidamente a fenomeni di<br />
«abitudine» (o «assuefazione») psicologica al rumore di fondo (noise habituation) con<br />
corrispondente calo della capacità di elaborazione delle informazioni (Wood, 1991) Passando dal<br />
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