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14 La mia prima macchina In marzo 1959 iniziai una nuova esperienza lavorativa, fuori Bologna, presso la Marocchi macchine agricole di Suzzara in provincia di Mantova. L’impatto fu duro, ambiente ostile, ero un ragazzo venuto da fuori, tutti gli operai, tranne uno, erano più anziani, allora Suzzara era la patria delle macchine per cereali. I primi tempi in treno, partenza lunedì mattina e rientro al sabato sera; con la buona stagione iniziai ad usare la 600 e semplificai gli spostamenti. Vivevo in una pensione, dove erano sistemati i tecnici in trasferta della OM; 500 lire giorno pensione completa. Il titolare proseguì con la produzione di macchine agricole, cioè trebbiatrici e pressa paglia ma era sensibile alle problematiche dell’agricoltura. Eravamo nel periodo di sviluppo del dopoguerra, la ricostruzione era terminata, fiorivano le aziende, i giovani lasciavano le campagne e andavano a lavorare in officina; nelle campagne scarseggiava la mano d’opera. Allora, in marzo, a Verona c’era la fiera, la maggiore esposizione agricola d’Europa, e appena arrivato nella nuova azienda, la visitai assieme al titolare, che ebbe un’idea! Si soffermò incuriosito, su esemplari di ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo da ADELMO GRAZIA Anni sessanta fuori Bologna... con lezione di marketing spandiletame, una costruito da un artigiano tirolese Trojer e l’altro da una ditta austriaca, la Mengele. Fu attratto da questi attrezzi ed al ritorno, memore del suo passato di esperto di latticini e formaggi mi sottopose uno studio di marketing! Io conosco le province di Parma, Reggio, Mantova e Verona; si producono tante tonnellate di latte; per produrre tanto latte occorrono tante mucche; mediamente per tante mucche da latte ci sono tanti bovini; tante migliaia di bovini producono tante tonnellate di letame! se io, con le mie conoscenze convinco un 15÷20% dei miei clienti ad acquistare lo spandiletame
ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani 15 ne produco e vendo 60÷70 l’anno!” Acquisto uno spandiletame trojer a 2 rulli orizzontali e del mengele facemmo foto e rilevammo misure in fiera. Partimmo; durante la giornata operavo come capofficina con circa 40 operai continuando la produzione di trebbiatrici, mentre la sera incominciai a disegnare uno spandiletame a rulli verticali. A fine agosto era pronto il prototipo che fu dato in prova ad un colono di Mantova; praticamente era un rimorchio a 2 ruote, con telaio costruito in profilati di lamiera, sponde fisse, trainato da trattore e trasmissione moto tramite cardano. Il moto perveniva ad un riduttore, posto sotto il rimorchio, con coppia conica elicoidale a bagno d’olio, da un lato trasmissione con ingranaggi a catena a un albero orizzontale, che tramite coppie coniche, trasmetteva rotazione ai rulli verticali; dall’altre parte il meccanismo che convertiva il movimento rotatorio in alternativo per alimentare il tappeto che portava il letame verso i rulli spanditori. Mi ricordo che gli ingranaggi li costruì un artigiano che aveva due gleason, in zona Pontelungo a Bologna, trattamenti alla Sitfa, telaio e sponde a ditta di Modena; fu un’avventura interessante e professionalmente soddisfacente. Praticamente in Italia fummo i precursori di uno spandiletame leggero, con prestazioni ottime, resistente con trasmissioni a bagno d’olio, omologato per traino su strada. Il risultato sul campo del prototipo fu ottimo e passammo alla costruzione del tipo a rulli orizzontali, stesso telaio, stesso riduttore, unica variante la trasmissione moto ai rulli. Entro fine anno producemmo una decina di macchine, cinque per tipo, stampato cataloghi ed esposto in fiere zonali. Durante le visite ai clienti per i sondaggi di mercato, diversi avevano chiesto al titolare se producevano anche lo spandiconcime. Ad un nostro caposquadra, il cui fratello era rottamaio, ebbe un’idea; utilizziamo il differenziale della topolino! Trovammo da un demolitore un differenziale; tubo da una parte saldato al corpo, dall’altra gancio di traino; ruote con gomme ricoperte e la base è fatta. Naturalmente trainando questo carretto, con qualsiasi mezzo, l’albero verticale aveva un moto rotatorio; all’albero si calettava un disco di lamiera concavo con alette saldate; sopra, una tramoggia conica portante il concime granulare che, cadendo sul disco, per forza centrifuga veniva sparso. A fine 1959, il titolare decise di terminare la produzione trebbie ed iniziare la costruzione di spandiletame e spandiconcime. All’interno venivano eseguite operazioni di saldatura, lavorazioni meccaniche, montaggio e verniciatura, in marzo ci presentammo alla fiera di Verona, e fu un successo. Chiudemmo l’anno con 65 spandiletame ed oltre 100 spandiconcimi venduti; furono centrate le previsioni del titolare! Mi ricordo: una spandiconcime costava 80.000 lire, veniva venduto a 110÷115.000 lire. a fine anno ci trovammo con una trentina di differenziali topolino in magazzino e il titolare ebbe ancora un’idea! “Se nello spangiconcime costruiamo la tramoggia e la ventola in lamiera zincata lo possiamo vendere come spandisale” Allora non esistevano i computer; consultando l’annuario, un librone con elencati tutte le città, i comuni, ecc. scelse oltre un centinaio di comuni situati oltre i 1000 metri d’altitudine; inviò lettere con cataloghi, prezzi ecc.; vendemmo oltre 80 spandisale!” Avemmo una crisi, girammo per un mese in tutto il nord Italia a fare incetta di differenziali. Erano trascorsi solo due anni ma, la successione degli avvenimenti, le problematiche da risolvere, i rapporti coi collaboratori, clienti, fornitori, mi avevano reso maturo e molto sicuro; quante volte faccio, purtroppo, i confronti col mondo attuale, allora c’era il rispetto dei valori umani. Mi ricordo, siamo agli inizi 1961, che in un paese del mantovano, a Gazoldo degli Ippoliti, un ragazzo aveva iniziato da poco un’attività producendo tubi per irrigazione e profilati in lamiera, era Steno Marcegaglia. Abitavo ancora a Bologna, rientravo al sabato e vivevo sempre in pensione dove, una sera, fui contattato da due personaggi, erano i direttori del personale e dello stabilimento della OM di Suzzara. Mi offrirono il posto di caporeparto attrezzeria e sperimentale; allora l’OM di Suzzara era uno stabilimento di produzione di autocarri con all’interno stampaggio lamiere, assiemaggi e verniciature. L’opportunità di entrare trentenne nel gruppo Fiat era allettante; dal luglio 1961 iniziò una nuova avventura lavorativa che influirà sul resto della mia carriera.
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