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ALIAV Associazione Diplomati Istituto Aldini Valeriani 25 ALIAV cultura di VALERIO MASSIMO MANFREDI - (da INCONTRI N° 100) E la nave di Argo approdò in Po Imbarcazioni di epoca micenea, conservate nel museo archeologico di Ferrara, sono state rinvenute alle foci del fiume identificato con l’eridano. IGreci immaginavano che il dio del mare, Poseidone, seduto sul suo trono in fondo agli abissi, spalancasse sbalordito gli occhi cerulei quando si vide passare sopra la testa lo scafo gigantesco di Argo, la prima nave che fosse mai stata costruita; l’uomo stava conquistando l’elemento liquido; quella cosa di legno filava veloce spinta da decine di pale che facevano ribollire il dorso del mare di bianca spuma. I più possenti eroi di Grecia sedevano ai banchi di voga. Giasone, figlio di Esone, principe di Iolco, andava in caccia del vello d’oro, un magico talismano che si trovava nella lontana Colchide e per quell’impresa aveva arruolato il fiore <strong>della</strong> gioventù ellenica: Zeti e Kalais, figli di Borea, il vento del Nord, capaci di librarsi in volo, Laerte re di Itaca e padre di Ulisse, Castore e Polluce di Sparta, Peleo, padre di Achille, Teseo di Atene, Meleagro, Admeto, perfino il grande Ercole. La loro destinazione era un Paese remoto situato sulle sponde estreme del Ponto dove sboccava il fiume Fasi. La spedizione, come è noto, ebbe successo: i nostri eroi sconfissero le Arpie, superarono lo sbarramento delle Rupi Cozzanti e il giovane principe conquistò il vello d’oro e il cuore di Medea, figlia di re Eeta. Ma il ritorno non fu meno difficile che l’andata. Secondo una tradizione gli Argonauti, timorosi di dover sfidare ancora una volta le Rupi Cozzanti che stritolavano qualunque cosa passasse tra di loro, avrebbero risalito il Fasi (l’odierno Rioni in Georgia), di là sarebbero entrati nell’Oceano e compiendo periplo da sud sarebbero rientrati nel Mediterraneo da Gibilterra. Un’altra versione li fa risalire il Reno fino al Mare del Nord e di là ridiscendere a sud rientrando sempre da Gibilterra. Un’altra tradizione ancora vuole che risalissero l’Istro (il Danubio) e quindi discendessero l’Eridano fino al mare per poi rientrare da Occidente in Tessaglia. L’Eridano era un fiume favoloso che si diceva scorresse da qualche parte in Occidente e che, a partire da un certo momento, fu identificato con il nostro Po. Naturalmente in tutto questo peregrinare gli Argonauti incontrarono e vinsero difficoltà d’ogni sorta e udirono anch’essi, come Ulisse, il canto ammaliatore e micidiale delle Sirene. Difficile leggere tra le pieghe di questo mito stupendo, ricchissimo di avventure e di colpi di scena, perché, purtroppo, la codificazione definitiva che ci è giunta è opera tarda di un grande poeta alessandrino, Apollonio Rodio, che ha raccolto e integrato tutta una serie di stratificazioni anche abbastanza tarde. Ma le radici di questa avventura sono antichissime, anteriori alla tradizione omerica <strong>della</strong> guerra di Troia e dei nòstoi (“ritorni”) degli eroi che vi presero parte inclusa l’Odissea. La nave, innanzitutto: Argo è una versione gigantesca <strong>della</strong> primitiva piroga mònossile (da mònos, “uno” e xylon, “legno”). Essa infatti sarebbe stata ricavata dal tronco di un unico colossale pino del monte Pelio, la montagna che sovrasta il golfo di Pagase dove si affacciava l’antica Iolco (oggi Volos). Simili imbarcazioni (naturalmente più piccole, ma pur sempre di dimensioni impressionanti) sono state scoperte vicine alle foci del Po e un paio di esse sono conservate nel museo archeologico di Ferrara, Venivano realizzate scavando con il fuoco il tronco di una pianta (le nostre erano di quercia) e poi sagomando la parte esterna che doveva fendere l’acqua ed è opinione comune degli studiosi che fossero esclusivamente destinate alla navigazione fluviale. Non è vero: Senofonte racconta nell’Anabasi che i Mossineci, un popo-