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marzo - Fraternità San Carlo

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4 fraternitàemissione<br />

MARZO<br />

Portare il dolore<br />

davanti a Dio<br />

Croce,<br />

sofferenza,<br />

offerta:<br />

testimonianze<br />

dalle nostre<br />

missioni<br />

Non è venuto a spiegare la croce, ma a distendersi sulla croce.<br />

Paul Claudel<br />

CILE SUSSURRA E GRIDA<br />

di Francesco Ferrari<br />

La prima volta che sono entrato nella casa del signor<br />

Pedro lui mi ha accolto con lacrime di gioia. «Che onore<br />

padre, lei è un uomo di Dio». Una definizione che riempie<br />

di gratitudine e fa venir voglia di confessarsi. Pedro<br />

è peruviano e da 40 anni vive insieme a sua moglie, sua<br />

figlia e suo nipote in un’area povera e affollata di Puente<br />

Alto. La sua casa è piccola, circondata da grate per<br />

difendersi dai ladri, con uno strano senso di provvisorio.<br />

È ammalato ai polmoni ma non ha soldi per curarsi e<br />

lentamente si avvicina al Padre. Quando gli ho portato<br />

la comunione la prima volta, prima di andarmene, ha<br />

voluto che cantassimo insieme l’Ave Maria. Lui non<br />

aveva voce ed io non conoscevo la versione peruviana,<br />

però è stato un bel canto, commovente. Il signor Pedro<br />

m’insegna che quando si sta davanti a Dio si può cantare<br />

sempre, anche nella malattia.<br />

Il sabato vado a visitare anche Juanita, nella casa accanto.<br />

Ha 50 anni e qualche anno fa una medicina sbagliata<br />

l’ha paralizzata e ha scombinato qualcosa nella sua<br />

mente. Ogni volta è imprevedibile. A volte mi accoglie<br />

con un gran sorriso, altre invece mi caccia via con qualche<br />

insulto. Non si ricorda mai chi sono. Nel tempo ho imparato<br />

che se entro e le chiedo di pregare insieme il Padre<br />

nostro mi accoglie, e riceve la comunione contenta.<br />

Non capisco cosa pensa, è davvero un mistero. Non so mai<br />

cosa dire, e forse l’unica parola giusta è il Padre nostro.<br />

Me ne vado ogni volta un po’ scosso, con una gran voglia<br />

di pregare. Il suo dolore è incomprensibile. Quando guardo<br />

i suoi occhi, a volte vivi e a volte spenti, riesco solo a<br />

chiedermi: «Signore, perché? Che senso ha?». Non so rispondere<br />

al dolore di Juanita, e ammetterlo è doloroso.<br />

Le porto la comunione perché possa stare con Dio, che<br />

conosce il senso di qualsiasi dolore.<br />

Gladis è una pittrice, ha più di ottant’anni. Anche lei è<br />

mezza paralizzata per una cura sbagliata. La sua casa è<br />

povera, però piena di quadri. Tanti paesaggi con il mare<br />

(le piace il mare - dice lei - perché è sempre in movimento,<br />

come il cuore), alcune nature morte e il ritratto di una<br />

ragazza bellissima. Un giorno mi ha svelato, tra l’orgoglio<br />

e la vergogna, che la bella ragazza è un vecchio autoritratto.<br />

Soffre perché non può più dipingere, a volte si sente<br />

inutile, sempre seduta sul divano, rivolta verso la porta<br />

aperta della casa, verso un paesaggio che, mentalmente,<br />

ha già dipinto mille volte. Quando le porto la comunione<br />

ritorna a illuminarsi in un secondo. Ha una grande<br />

fede è sa che il suo dolore non è inutile, può pregare<br />

e offrire tutto, trasformare la sua nostalgia in una vigorosa<br />

domanda a Dio che sta lì con lei. Ogni attimo, anche<br />

il più terribile, può essere offerto a Dio. Può essere un tocco<br />

di pennello, parte di un quadro misterioso e bello, un<br />

ritratto nuovo che dipinge davanti agli angeli.<br />

Vado a visitare gli ammalati per essere un «uomo di<br />

Dio» in mezzo a loro. E anche perché ho bisogno di<br />

ascoltare. C.S. Lewis dice che Dio sussurra al cuore dell’uomo<br />

attraverso la bellezza, però gli grida dentro<br />

attraverso il dolore.<br />

FROSINONE CHE COSA DESIDERI?<br />

di Aldo Belardinelli<br />

Un pomeriggio arriva nel mio ufficio una ragazza con<br />

gli occhi gonfi di lacrime. Non riesce a parlare, mi<br />

guarda e piange. Comprendo che la situazione è di<br />

grande dolore e imbarazzo e cerco di rassicurarla. Mi<br />

spiega che cercava un sacerdote e che un’amica le<br />

aveva fatto il mio nome.<br />

Ha saputo da pochi giorni di aspettare un bambino,<br />

ma con il suo compagno la storia non funziona. La sua<br />

situazione lavorativa è fortemente precaria. La sua famiglia<br />

non capirebbe e non l’aiuterebbe in alcun modo.<br />

L’unica soluzione possibile sembrerebbe, allora, l’interruzione<br />

della gravidanza.<br />

L’ho ascoltata accogliendo e abbracciando il suo<br />

dolore, ma non ho potuto tacere la domanda più stringente:<br />

«Ma cosa desideri tu veramente?». Di fronte a<br />

questa domanda, immediatamente ha cambiato espressione,<br />

riconoscendo che nessuno, tanto meno lei, aveva<br />

mai posto l’accento su ciò che lei desiderava per la sua<br />

vita e per la vita di quella creatura, voluta e amata innanzitutto<br />

da Dio. Mi ha chiesto di poter ricevere il sacramento<br />

della Riconciliazione, dal quale era lontana da un<br />

po’ di tempo. Poi abbiamo pregato insieme.<br />

Qualche giorno dopo è tornata dicendomi che la gravidanza<br />

sarebbe andata avanti. Ha aggiunto di essere<br />

convinta di voler riprendere un cammino che rafforzasse

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