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marzo - Fraternità San Carlo

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Il sacrificio più vero è riconoscere una presenza, cioè il sacrificio più vero è amare.<br />

Luigi Giussani<br />

MARZO<br />

la sua fede. Questo incontro mi ha ricordato che il compito<br />

cui siamo chiamati come sacerdoti spesso si concretizza<br />

nell’accompagnare le persone in situazioni di<br />

dolore e fatica. Diventando, nell’accoglienza cordiale,<br />

possibilità della scoperta della Grazia di Dio.<br />

VIA CRUCIS/1 COME SIMONE DI CIRENE<br />

di Vincent Nagle<br />

Nella confusione dei vicoli stretti e affollati nel centro<br />

della città vecchia di Gerusalemme, all’incrocio tra il<br />

vialetto che scende al Muro del Pianto e la strada che<br />

sale alla chiesa del <strong>San</strong>to Sepolcro, c’è un piccolo santuario<br />

che segna la Quinta Stazione della Via Crucis. La<br />

quinta tappa del percorso che i pellegrini compiono<br />

sulle tracce di Gesù, verso il luogo della sua esecuzione.<br />

Amo molto soffermarmi lì per meditare la figura e<br />

l’esperienza di quello straniero che fu preso con forza<br />

dai soldati e obbligato a sobbarcarsi il peso della croce:<br />

Simone di Cirene.<br />

Lui, allora, si sarà sentito vittima di una grande disgrazia.<br />

Minacciato dai Romani e gettato improvvisamente<br />

e senza motivo in uno scenario di punizione e<br />

morte, chissà che non sia stato tentato di maledire il Signore.<br />

Tuttavia, notiamo nel vangelo qualcosa di strano.<br />

Simone fu preso a caso dalla folla, eppure conosciamo<br />

sia il suo nome sia il suo paese di origine, la lontana Cirene,<br />

nell’attuale Libia. Non solo: l’evangelista scrive<br />

anche i nomi di due dei<br />

suoi figli, Rufo e Alessandro<br />

(Mc 15,21). Come<br />

Scoprirsi<br />

accompagnati<br />

nell’esperienza<br />

dell’isolamento e<br />

dell’abbandono ci<br />

libera dalla paura<br />

della morte<br />

poteva l’evangelista sapere<br />

queste cose? Le conosceva<br />

perché, da<br />

quella croce insanguinata<br />

e impolverata, quel<br />

Simone non si è più allontanato.<br />

In quella circostanza<br />

di disgrazia e<br />

paura si è scoperto accompagnato<br />

come mai<br />

avrebbe sognato di essere<br />

accompagnato. Per-<br />

ciò ha voluto restare per sempre in quella compagnia: lui<br />

e i suoi figli divennero ben noti agli amici dell’uomo<br />

sulla croce, Gesù.<br />

Invoco spesso le preghiere di Simone di Cirene.<br />

Chiedo di poter benedire il Signore proprio per quelle<br />

esperienze di dolore e paura che mi indurrebbero a<br />

maledire. Chiedo di poter ringraziare di cuore il mio Dio<br />

per avermi portato dove non volevo, nella sofferenza, e<br />

di avermi fatto scoprire, ancora una volta, che sono<br />

accompagnato come mai avrei pensato possibile.<br />

Non svelo nessun segreto, raccontando che, poco<br />

prima della mia ordinazione sacerdotale, sono caduto<br />

nel buio di una crisi nervosa molto profonda, e che i<br />

miei primi anni di sacerdozio sono stati segnati dalla<br />

necessità di superare le pesanti conseguenze di tale<br />

crisi. Riuscivo a fare poco. Spesso niente. Sensibilissimo<br />

alla luce, incapace di stare molto tempo in compagnia,<br />

mi recavo in camera da letto nel buio, rannicchiato col<br />

rosario in mano. Eppure, posso dire che quelli sono stati<br />

gli anni più felici della mia vita. In tanti modi, infatti, il<br />

Signore mi ha fatto capire che sono davvero accompagnato,<br />

che il Figlio di Dio e Salvatore si fa scoprire lì.<br />

Scoprirsi accompagnati proprio nell’esperienza<br />

umana che più ci fa sentire isolati e abbandonati, ci<br />

libera dalla paura della morte. Come Simone di Cirene,<br />

finiamo per benedire il Signore proprio per quell’espe-<br />

fraternitàemissione 5<br />

Francesco Ferrari è vicerettore<br />

della Casa di formazione.<br />

Aldo Berlardinelli è viceparroco a<br />

Frosinone.<br />

Vincent Nagle lavora per le giornate<br />

missionarie della <strong>Fraternità</strong>.<br />

Nicola Ruisi è parroco a Bologna.<br />

rienza per cui l’avremmo maledetto. E non vogliamo più<br />

lasciare quella compagnia.<br />

Simone di Cirene, prega per noi!<br />

VIA CRUCIS/2 IN CORSA CON LA CROCE<br />

di Mario Follega<br />

Il 28 dicembre 2012 siamo in ventinove a partire per la<br />

Terra <strong>San</strong>ta, per lo più amici del movimento di Frosinone,<br />

Cassino e Anitrella, e alcuni della mia parrocchia.<br />

Il programma prevede numerose tappe, tra cui il Monte<br />

Tabor, Cana, il Lago di Tiberiade, il Monte delle Beatitudini,<br />

la Grotta della Natività e, attraverso la confusione<br />

del suk, ripercorrendo la Via Crucis di Gesù, il Golgota.<br />

I ritmi sono serrati, i tempi programmati. Tuttavia, ecco<br />

sorgere l’imprevisto.<br />

Biagio, un nostro amico con difficoltà motorie, rifiuta la<br />

sedia a rotelle che gli è stata messa a disposizione. La<br />

nostra tabella di marcia viene stravolta. Per effettuare<br />

gli spostamenti a piedi, stando al suo passo, impieghiamo<br />

molto più tempo, che decidiamo di dedicare<br />

alla recita del rosario e alla meditazione personale. >><br />

Dovrebbe apparire qualcuno<br />

di Nicola Ruisi<br />

Un disarmante senso d’impotenza monta nel mio cuore<br />

ogni volta che mi trovo a condividere il dolore di qualcuno.<br />

Come dice Carver in «Distress sale»:<br />

Mi frugo in tasca, il portafogli, ed è così che me ne rendo<br />

conto: /non posso aiutare nessuno.<br />

È un sentimento che non smette di invadere le fibre della<br />

mia carne, mentre guardo una giovane donna logorata dal<br />

cancro emettere l’ultimo respiro e il marito sprofondare nel<br />

pianto fra le sue stesse mani, o di fronte alla sofferenza che<br />

consuma un padre e una madre alla notizia della morte improvvisa<br />

di un figlio. Quel senso d’impotenza mi coglie davanti<br />

al tormento di alcuni che vedo lottare contro la depressione,<br />

o di fronte all’amarezza e all’avvilimento di altri per<br />

la scoperta dell’infedeltà del coniuge. È il sentimento che mi<br />

invade di fronte alla paura del malato consapevole di essere<br />

prossimo alla morte, o di fronte al tormento silenzioso di un<br />

genitore che vede il figlio perdersi…<br />

Provo un senso di impotenza ogni volta che oso affacciarmi<br />

all’abisso del dolore umano. Le lacrime sgorgano spontanee,<br />

nella mia anima cala il silenzio, il mio sonno diventa<br />

leggero. Sono chiamato a portare quel dolore, non a risolvere<br />

problemi; questo è il mio compito di sacerdote – quante<br />

volte ho dovuto ripetermelo e sentirmelo dire.<br />

Io non posso aiutare nessuno, ma posso portare il dolore<br />

davanti all’altare di Dio. Lo porto nella mia carne e piango<br />

con chi piange. Non confido in me, confido in Cristo. Posso<br />

portare il dolore fino all’altare del sacrificio, dove Cristo<br />

muore ogni giorno per noi. Se non lo consegnassi a Lui, se<br />

non lo consegnassi nelle sue mani sante, ne rimarrei<br />

schiacciato.<br />

È un atto di fede. È contare sulla misericordia di Cristo,<br />

desiderando la Sua presenza, con la stessa fiducia di Marta<br />

e Maria alla morte di Lazzaro: «Signore, se tu fossi stato<br />

qui, mio fratello non sarebbe morto».<br />

Io posso aiutare qualcuno se il suo grido di dolore<br />

diventa il mio grido di domanda presso Colui che può vincere<br />

il dolore. Perché, come dice Carver:<br />

Dovrebbe apparire qualcuno all’improvviso per salvarli.

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