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P14 MEDIA<br />
ú–– David Piazza<br />
editore<br />
ú–– Guido Vitale<br />
La cosa non è semplice e per capirsi<br />
forse sarà meglio prenderla alla larga.<br />
Per quanto dalle nostre parti possa<br />
sembrare un'idea esotica, esistono<br />
editori e redazioni di giornali consapevoli<br />
che i propri lettori rappresentano<br />
il più prezioso dei patrimoni. Il<br />
New York Times è uno di questi e<br />
per dimostrare in che conto si tengano<br />
le aspettative dei propri lettori<br />
ha ormai da diversi anni (per la precisione<br />
dal 2003, quando la fama della<br />
redazione fu macchiata da un discusso<br />
caso di plagio) deciso di mettere<br />
al loro servizio un giornalista indipendente<br />
di altissima professionalità<br />
e di altissima moralità che giudichi<br />
l'operato della redazione e tuteli<br />
l'interesse dell'utenza. In una rubrica<br />
che appare regolarmente sulle pagine<br />
del quotidiano newyorkese, il Public<br />
Editor dei lettori riceve le loro rimostranze,<br />
svolge indagini,<br />
emette sentenze. E<br />
se necessario bacchetta<br />
i giornalisti, consigliando<br />
loro di cambiare atteggiamento.<br />
Quando si è trattato di<br />
identificare un nuovo<br />
Public Editor che tenesse<br />
a bada e valutasse<br />
i comportamenti degli oltre mille<br />
redattori del più autorevole quotidiano<br />
al mondo, la scelta è caduta<br />
su Arthur Brisbane. Il giornalista, che<br />
dopo aver ricoperto incarichi di rilievo<br />
in molti gruppi editoriali sbarca<br />
dalla redazione del Washington Post,<br />
è molto noto e rispettato. E per di<br />
più porta un nome che sta scritto<br />
nella storia del giornalismo americano.<br />
Suo nonno, il leggendario Arthur<br />
Brisbane, è stato in effetti uno dei<br />
più stimati e rispettati e temuti columnist<br />
della storia del giornalismo<br />
americano. Dietro a una memorabile<br />
copertina che nel 1926 gli rendeva<br />
ú– LEGGERE E SCRIVERE / QUANDO IL RABBINO CI METTE LA FACCIA<br />
Perché si fanno sette giri intorno alla bara?<br />
Che berakhah dico sulla pizza: mezonòt o<br />
hammotzì? Qual è il minhag italiano sul<br />
capo coperto per le donne sposate? Sono<br />
solo alcune delle ultime domande postate su<br />
uno dei gruppi ebraici più vivaci di Facebook,<br />
Rabbanet. Nato per iniziativa del Vice<br />
Rabbino capo di Roma, rav Ariel Di Porto,<br />
il gruppo conta decine di interventi al<br />
giorno e diversi rabbini e studiosi tra i<br />
membri. Se lo cercate però non potrete trovarlo<br />
perché è un gruppo “segreto”, come<br />
molti altri ebraici, per evidenti motivi di sicurezza.<br />
Ma per passare ai contenuti, se<br />
qualcuno pensasse che il gruppo si limiti<br />
alle domandi rituali di Halakhah o di Minhaghim,<br />
cioè di usanze, verrebbe presto<br />
smentito perché spesso vengono toccate sot-<br />
ú– COVER TO COVER<br />
omaggio, il settimanale Time (che<br />
nello stesso anno dedicava per esempio<br />
un'altra cover a Guglielmo Marconi<br />
o a un giovane, Benito Mussolini)<br />
non metteva in primo piano solo<br />
un illustre giornalista della stampa<br />
quotidiana, ma raccontava anche come,<br />
secondo le idee correnti nell'America<br />
di allora, un editoriale di<br />
Brisbane raggiungesse circa la<br />
metà dei lettori presenti<br />
negli Stati Uniti.<br />
“Anche se questa<br />
valutazione dovesse<br />
essere ridotta prudenzialmente<br />
della<br />
metà – commentava<br />
il Time – si tratterebbe<br />
pur sempre di circa<br />
20 milioni di lettori”.<br />
Il nipote Brisbane ha avuto recentemente<br />
modo di affrontare una questione<br />
molto sensibile per il pubblico<br />
ebraico americano e per l'ebraismo<br />
in generale. Ne è emersa una lezione<br />
di etica giornalistica che vale la pena<br />
di ascoltare.<br />
Con una coraggiosa inchiesta che<br />
campeggiava in prima pagina alcune<br />
settimane fa, il New York Times rendeva<br />
conto di numerosi, drammatici<br />
casi di pedofilia registrati nel mondo<br />
dell'ebraismo ortodosso e delle yeshivot<br />
e che stanno ormai venendo<br />
t TACHLES<br />
Una foto in apparenza rubata in una piazza cittadina<br />
con una bambina con la bandiera israeliana nelle mani e<br />
l’aria pensosa sorretta da un uomo di colore con il<br />
turbante. “Israele ha bisogno di una politica<br />
d'immigrazione” è il titolo di Tachles che rimanda al<br />
problema dell’immigrazione illegale di nordafricani che<br />
flagella il paese. 4.500 le espulsioni negli ultimi mesi,<br />
spesso con incentivi in denaro, e 60mila gli immigrati<br />
che hanno attraversato l’Egitto per raggiungere Israele.<br />
Il paese cambierà volto?<br />
Voto: 6<br />
tili tematiche di pensiero ebraico non sempre<br />
di facile risposta. Per citarne alcune: le<br />
possibili ragioni per la morte di un bambino,<br />
il delicato rapporto tra osservanti e<br />
meno osservanti, se è possibile ribellarsi a<br />
un’autorità statale oppressiva, la liceità del<br />
comportamento non proprio cristallino del<br />
profeta Sansone.<br />
E nell’epoca delle reti sociali e del sapere<br />
collettivo le risposte non sono solo dei rabbini.<br />
Molti dei frequentatori del gruppo<br />
spesso si precipitano a rispondere con un<br />
un’immediatezza che mette in luce, oltre<br />
alla quantità di tempo che oramai molti passano<br />
su Facebook, anche l’entusiasmo di<br />
condividere, di spiegare, e perché no, anche<br />
di mostrare quello che si è studiato.<br />
Eppure nonostante le difficoltà del nuovo<br />
gradualmente alla luce. Il fatto non<br />
è nuovo, e fa seguito ad altri spiacevoli<br />
episodi denunciati recentemente<br />
in Israele. Quello che di nuovo, e forse<br />
ancor più grave, l'inchiesta aveva<br />
da denunciare era invece l'attitudine<br />
repressiva e omertosa manifestata da<br />
alcuni tribunali rabbinici, che avrebbero<br />
omesso di prestare ascolto con<br />
la dovuta attenzione alle denunce<br />
delle famiglie dei bambini coinvolti<br />
e in alcuni casi avrebbero<br />
anche operato<br />
per evitare l'accesso<br />
di chi ha subito<br />
violenza alla giustizia<br />
ordinaria al fine<br />
di evitare pubblicità<br />
sgradita alle persone<br />
in vista e alle istituzioni<br />
ebraiche coinvolte.<br />
Di fronte a una denuncia<br />
giornalistica<br />
tanto forte da far<br />
emergere un uso talvolta<br />
perverso della giustizia rabbinica,<br />
alcuni lettori si sono rivolti al<br />
Public Editor per cercare di analizzare<br />
le fonti utilizzate dai cronisti del<br />
quotidiano newyorkese e per attribuire<br />
i giusti meriti a chi per primo<br />
aveva avuto il coraggio di denunciare<br />
quando accaduto.<br />
www.moked.it<br />
mezzo i gruppi comunitari di Facebook<br />
come Rabbanet esplorano nuove frontiere<br />
del sapere ebraico condiviso. Anche il pubblico<br />
medio dei lettori infatti può essere con<br />
facilità esposto direttamente a problematiche<br />
che mai avrebbe osato nemmeno prendere<br />
in considerazione, grazie proprio alla<br />
ricchezza e alla varietà delle situazioni<br />
esposte dai partecipanti.<br />
È utile sottolineare che leggendo i dialoghi<br />
risulti subito evidente come i membri di<br />
questo gruppo appartengano non solo a diverse<br />
Comunità sparse per la Penisola e<br />
oltre, ma anche a tutti i livelli di osservanza<br />
oggi presenti nelle nostre Comunità. Non<br />
sono quindi infrequenti sia le lamentele per<br />
le risposte che denotano un’osservanza<br />
troppo stretta delle regole, sia quelle di chi<br />
Osservatorio<br />
t THE JEWISH CHRONICLE<br />
“Gli ebrei non sono quasi mai d'accordo su mai nulla, ma su<br />
questo siamo uniti. Ci sono persone rare la cui grandezza<br />
parla attraverso le divisioni etniche e religiose. Sua maestà<br />
è una di quelle”. A tributare alla regina Elisabetta, a nome<br />
delle comunità ebraiche della Gran Bretagna, un omaggio a<br />
tutta pagina per la sua “kindness” nei confronti degli ebrei<br />
e non solo, è alla Camera dei Lord il rabbino capo Lord<br />
Sacks. La regina, con uno dei suoi improbabili cappellini,<br />
guarda intensamente il testo del rabbino che la avvolge<br />
come una carezza. Buon giubileo alla regina gentile.<br />
Voto: 8<br />
Dal verdetto di Brisbane è possibile<br />
comprendere come le inchieste pubblicate<br />
dal New York Times fossero<br />
effettivamente fondate, coraggiose<br />
ed equilibrate nel giudizio, ma anche<br />
come i cronisti del grande quotidiano<br />
americano avessero omesso di citare<br />
correttamente le fonti delle loro informazioni,<br />
che nella maggior parte<br />
dei casi sono semplicemente riconducibili<br />
alla stampa ebraica newyorkese<br />
(soprattutto ai settimanali Forward<br />
e The Jewish Week).<br />
Sia per quanto riguarda l'etica giornalistica<br />
americana, sia per quanto<br />
riguarda l'etica ebraica, del resto, citare<br />
correttamente le fonti delle pro-<br />
n. 7 | luglio 2012 pagine ebraiche<br />
denuncia al contrario una eccessiva rilassatezza<br />
dei costumi.<br />
Al di là dei possibili attriti, delusioni o facili<br />
entusiasmi, è difficile però non riconoscere<br />
a Facebook, nel caso di Rabbanet, il<br />
merito di costituire non solo un’occasione<br />
di facile fruizione e di dialogo vero tra diversi,<br />
del quale le nostre Comunità hanno<br />
un disperato bisogno, ma anche, nei limiti<br />
descritti, un’occasione di crescita. Se poi<br />
consideriamo i costi (totalmente gratuiti) e<br />
la capacità di raggiungere virtualmente<br />
ogni ebreo (legato ad internet) varrebbe la<br />
pena di investire maggiormente su questo<br />
mezzo, non solo a livello istituzionale, ma<br />
anche a quello capillare delle singole associazioni<br />
o addirittura dei semplici gruppi di<br />
studio.<br />
prie notizie e delle proprie cognizioni,<br />
è un problema determinante.<br />
Ma al di là della lezione di etica dell'informazione,<br />
dal resoconto di Brisbane<br />
emerge il ritratto di una stampa<br />
ebraica americana efficace e coraggiosa,<br />
mai parrocchiale e spesso<br />
pronta ad affrontare con determinazione<br />
i casi più scottanti. Quello che<br />
fa una differenza fra i diversi ambienti<br />
sociali, in effetti, non è tanto la presenza<br />
di problemi (quelli non mancano<br />
mai, ovunque si vada), ma la<br />
reattività, il modo di rispondere e riparare<br />
le situazioni che non vanno.<br />
Da questo punto di vista molto si sta<br />
muovendo anche nel campo dell'editoria<br />
ortodossa e haredi per aumentare<br />
la coscienza collettiva di quanto<br />
sia importante combattere la pedofilia,<br />
di quanto sia determinante stare<br />
accanto alle famiglie che hanno sofferto,<br />
di quanto sia necessario denunciare,<br />
a prescindere dal ruolo o<br />
dal prestigio di cui gode in seno alla<br />
società ebraica, chi si è macchiato di<br />
turpitudini inqualificabili nei confronti<br />
di minori indifesi. Non è forse un<br />
caso se la nuova edizione del delizioso<br />
libro per l'infanzia Let's<br />
stay Safe (Pensiamo alla sicurezza)<br />
del rav Yakov Horowitz e Tova<br />
Leff, pubblicato dalla casa editrice<br />
haredi Art Scroll-Mesorah in collaborazione<br />
con l'organizzazione<br />
Agudath Israel, contiene un esplicito<br />
e disinibito richiamo alla vigilanza<br />
contro ogni azione che può essere<br />
associata alla pedofilia e il pressante<br />
invito a denunciare ogni caso accaduto<br />
immediatamente ai genitori.<br />
Un'informazione ebraica professionale,<br />
matura e coraggiosa può fare<br />
molto, e molto sta facendo, per combattere<br />
flagelli presenti ovviamente<br />
in ogni ambiente sociale, ma che in<br />
campo ebraico non dovrebbero trovare<br />
alcuno spiraglio di accettazione<br />
e di connivenza.<br />
twitter @gvitalemoked<br />
di Cinzia Leone<br />
t NEW STATESMAN<br />
Più problematica rispetto al rabbino Sacks la<br />
copertina di New Statesman. Un giovane in<br />
giacca blu, con la kippà con la union flag sui<br />
riccioli scuri offre il fondo a un grande titolo<br />
interrogativo: “Chi parla per gli ebrei<br />
inglesi?”. Nemmeno nella democratica Gran<br />
Bretagna, con un rabbino lord, mancano<br />
fenomeni di antisemitismo e problemi di<br />
rappresentanza.<br />
Voto: 8