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pagine ebraiche n. 7 | luglio 2012 CULTURA / ARTE / SPETTACOLO<br />
"Se non conquisti l’attenzione del lettore con la tua prima frase, non c'è alcun bisogno di scriverne una seconda". (Arthur Brisbane 1864-1936)<br />
pagine ebraiche<br />
ú–– Rachel Silvera<br />
Isalotti letterari: abbiamo l’immagine<br />
sfocata, galleggiante, di artisti<br />
fumosi che annegano nell’alcol per<br />
tinteggiare il loro animo di un verde<br />
assenzio. Parole angosciatamente ricercate,<br />
cognomi mitteleuropei, lunghe<br />
dita flessuose e occhialini calati.<br />
Svevo ne aveva fatta una melanconica<br />
parodia in Una vita con strampalati<br />
aspiranti intellettuali riuniti nel salotto<br />
della capricciosa Annetta Maller. Discutevano<br />
di naturalismo, di romanticismo,<br />
nessuno capiva davvero qualcosa<br />
ma tutti si sentivano sentenziosi<br />
come Aristotele nella Poetica. Poi lo<br />
sciabordio di questa immagine galleggiante<br />
si ferma e ti ritrovi in un salotto<br />
letterario vero. Il cibo offerto<br />
sembra opera di Arcimboldo e credi<br />
davvero che togliendo un cetriolino<br />
dal vassoio potresti far crollare miseramente<br />
l’architettura tanto elaborata.<br />
Per non parlare dell’imminente rischio<br />
di sporcare un divano di broccato, no,<br />
davvero non te lo permetteresti. Come<br />
nascondere il danno una volta alzati?<br />
Meglio non mangiare, concentriamoci<br />
piuttosto sulla postura. Diamine,<br />
dovevo indossare anche io qualcosa<br />
di lino, fa così radical chic. Forse<br />
è meglio semplicemente occupare poco<br />
spazio e assumere uno sguardo disinvolto,<br />
partecipante e con una punta<br />
di modestia di chi è lì un po’ per caso,<br />
un po’ per fortuna. Ci concentriamo<br />
talmente tanto su noi stessi dal buttare<br />
solo dopo alcuni minuti lo sguardo<br />
sul grande ospite che animerà il salotto:<br />
Amos Oz. Oz di nome e di fatto,<br />
forte al punto giusto, terribilmente<br />
rassicurante, splendidamente umano.<br />
Non si cruccia dell’immagine, mangia<br />
con gusto ciò che gli viene offerto e<br />
soprattutto guarda. Focalizzato su chi<br />
ha di fronte, come per cogliere i segreti<br />
nell’animo di ognuno. Se si rivolge<br />
a qualcuno, il fortunato viene<br />
temporaneamente ricoperto da una<br />
patina dorata che lo rende prezioso<br />
e unico di fronte agli astanti. Oz parla<br />
con una leggiadra facilità, sceglie un<br />
lessico colorito, crea immagini come<br />
un pittore perfettamente equilibrato,<br />
non freddamente quattrocentesco ma<br />
nemmeno paurosamente barocco.<br />
Non si può che ascoltare estasiati<br />
quell’uomo con la camicia a quadretti<br />
e gli occhi profondamente azzurri.<br />
“Volete sapere perché gli scrittori<br />
israeliani hanno così tanto successo<br />
u /P30-31<br />
STORIA<br />
u /P32-33<br />
TEATRO<br />
in Italia e quelli italiani sono amati in<br />
Israele?” esordisce, con la domanda<br />
più succosa che può essergli rivolta.<br />
“Gli israeliani discutono costantemente<br />
ai tavolini del bar, dentro i taxi,<br />
ognuno crede di detenere la verità<br />
universale e ve la svela affabilmente,<br />
ritraendosi cupamente quando l’altro<br />
dice di non essere d’accordo. Vi ricorda<br />
qualcosa? I nostri due paesi sono<br />
molto più affini di quanto si possa<br />
credere. Noi non siamo Bergman. Siamo<br />
Fellini”. Oz cita con naturalezza<br />
e senza alcuna affettazione e dedica<br />
ai suoi ascoltatori affamati delle sue<br />
parole, un excursus sulla lingua ebraica.<br />
“Peres una volta ha detto che<br />
l’ebraico è l’unica lingua che i figli insegnano<br />
alle madri. C’è stato un pro-<br />
u /P34<br />
FILOSOFIA<br />
getto che ha riportato in vita la lingua,<br />
come se oggi ricominciassimo a parlare<br />
latino. Fondamentale per la rinascita<br />
la pubblicazione di ogni tipo di<br />
novelle e romanzi, c’era il Balzac<br />
ebraico, il Dostoevskij ebraico e così<br />
a seguire. Sapete quando l’ebraico si<br />
è potuto classificare ufficialmente come<br />
lingua risorta? Quando un ragazzo<br />
ha detto ‘ti amo’ alla sua fidanzata in<br />
questa lingua, quando la lingua è diventata<br />
intima”.<br />
Quando amiamo uno scrittore non ci<br />
accontentiamo del prodotto finito, vogliamo<br />
avere il pass per il backstage,<br />
sapere cosa avviene durante la gestazione,<br />
come si crea. Allora come una<br />
yiddishe mame premurosa, Amos Oz<br />
ci parla con fierezza dei suoi bambini,<br />
www.moked.it<br />
u /P35<br />
PORTFOLIO<br />
u /P36<br />
RITRATTO<br />
i libri. “La prima fase, l’impulso creativo,<br />
sono i personaggi: mi parlano,<br />
si svelano. Quando iniziano a interagire<br />
tra di loro ottengo la trama. Se<br />
c’è un personaggio con un forte accento<br />
russo allora anche io comincio<br />
parlare così. Bisogna sentire le voci”.<br />
Sentire le voci, quello che è costato<br />
a Virginia Woolf la vita. “Effettivamente<br />
noi scrittori siamo tutti un po’<br />
pazzi”, aggiunge la celebre regista Cristina<br />
Comencini, rendendo improvvisamente<br />
policentrico il salotto. Oz<br />
poi parla della traduzione facendo una<br />
similitudine con la musica, una passione<br />
condivisa con la sua amatissima<br />
moglie. La traduzione è un miracolo,<br />
come adattare musica per violino al<br />
pianoforte, non si può imitare, sarebbe<br />
u /P37<br />
SAPORI<br />
/ P29<br />
u /38-39<br />
SPORT<br />
Amos Oz: “Il futuro? E’ nel kibbutz”<br />
libri<br />
Quegli amici<br />
degli anni ‘50<br />
Il kibbutz attraversa, come<br />
un filo rosso, la vita e la narrativa<br />
di Amos Oz. A 15<br />
anni sceglie di andare a<br />
viverci e vi rimane per<br />
quasi quarant’anni. I<br />
volti e le voci di quel<br />
mondo echeggiano costanti<br />
nella sua opera e<br />
tornano in Tra<br />
amici (Feltrinelli,<br />
144 pp.). In<br />
Tre racconti<br />
Amos Oz ricrea<br />
il microcosmo<br />
di un kibbutz<br />
israeliano negli<br />
anni Cinquanta<br />
in un affresco denso di<br />
umanità che ci rimanda alla<br />
nascita di Israele.<br />
u BOSSOLO A SORPRESA: Trovare un<br />
bossolo del Keren Kayemeth leIsrael<br />
in bella mostra nella biblioteca di<br />
Amos Oz, accanto a testi letterari e<br />
dizionari, non deve stupire troppo.<br />
Quella scatola bianco azzurra, vagamente<br />
arrugginita, destinata a raccogliere<br />
le offerte per Israele, può<br />
essere infatti considerata a pieno titolo<br />
un tassello del mosaico umano e<br />
culturale dello scrittore.<br />
Nato nel 1939 a Gerusalemme, Oz è<br />
oggi considerato uno degli intellettuali<br />
più stimati e influenti d’Israele,<br />
paese che, da Una storia d’amore e di<br />
tenebra a Tra amici, racconta in<br />
modo inconfondibile nella sua evoluzione<br />
politica e sociale.<br />
grottesco. E lancia un monito ai traduttori:<br />
“Siate infedeli per essere leali”,<br />
sembra quasi una gnome greca. Lo<br />
scrittore, vincitore di molti premi tra<br />
i quali il succulento Premio Israele,<br />
non teme la bravura dei suoi colleghi.<br />
Woody Allen in Midnight in Paris imbocca<br />
Hemingway con una frase che<br />
suona più o meno così: “Io<br />
non leggo mai i libri di altri<br />
scrittori, sia che siano brutti<br />
perché odio la brutta letteratura,<br />
sia che siano belli perché<br />
non li ho scritti io”. Oz invece<br />
senza alcuna remora dice di apprezzare<br />
il lavoro della nuova<br />
generazione di scrittori<br />
israeliani e anche dei latino<br />
americani. L’attenzione<br />
si sposta poi su<br />
Israele, il passato tormentato<br />
e il futuro incerto. Il<br />
paese è sempre osservato<br />
con molta attenzione dal<br />
mondo e la critica ricorrente<br />
che viene rivolta con aria bacchettona<br />
è: ma proprio voi ebrei che<br />
avete sofferto così tanto fate questo!<br />
“Non è automatico che chi soffre diventi<br />
santo” aggiunge lapidario. Per<br />
sintetizzare il conflitto israelo-palestinese<br />
lo scrittore si avventura in un altro<br />
paragone: “Quando ci sono due<br />
figli di un padre cattivo, accade che<br />
loro due non se la riprendano con il<br />
padre ma discutano tra di loro. Si accusano<br />
a vicenda di essere come lui.<br />
Ecco, tra i palestinesi e gli israeliani<br />
è successa la stessa cosa. I primi accusano<br />
Israele di essere alla stregua<br />
dei dominatori bianchi, i secondi di<br />
essere nazisti o antisemiti”. Il futuro<br />
di Israele? Il kibbutz: “Nonostante il<br />
pensiero comune, molti ragazzi decidono<br />
ancora adesso di andare a vivere<br />
in kibbutz, in una dimensione sociale<br />
totalmente diversa, priva di pressioni<br />
e convenzioni dettate da gente che<br />
nemmeno ci piace. Diversa dal ‘68<br />
perché non rivolta solo ai giovani ma<br />
a uomini e donne di tutte le età. Il<br />
kibbutz è l’unico esperimento sociale<br />
che non è finito con gulag o dittature.<br />
Adesso che è meno rigido e al passo<br />
con i tempi è diventato una alternativa<br />
accattivante per molti”. Lo scrittore<br />
si congeda educatamente, prende con<br />
sé la moglie, il grande amore senza<br />
tenebra della sua vita e si allontana.<br />
Il bambino che mangiava gelati osservando<br />
i gesti dei passanti è diventato<br />
grande. Uno dei più grandi.