Alcuni rituali degli adolescenti - Provincia di Pesaro e Urbino
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e culturale, quali: “rappresenta la nostra cultura”. La religione ufficiale, dunque, con il suo<br />
mondo rituale e simbolico strutturato, sembra muta se parla alle coscienze religiose in senso più<br />
proprio, apparendo incapace <strong>di</strong> veicolare significati ampi e con<strong>di</strong>visi, mentre risulta ancora<br />
efficace se si propone come rocca <strong>di</strong>fensiva contro la frantumazione culturale e contro un certo<br />
relativismo identitario-culturale. Il crocifisso, quin<strong>di</strong>, non viene <strong>di</strong>feso per quello che<br />
simbolicamente rappresenta o <strong>di</strong>schiude, per i suoi contenuti profon<strong>di</strong>, ma più semplicemente<br />
perché rilancia il senso <strong>di</strong> un’appartenenza ad una tra<strong>di</strong>zione e a una cultura. E proprio perché<br />
tale identità risulta sempre più debole e minuscola, i ragazzi combattono per la <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> quei<br />
gran<strong>di</strong> elementi che ancora permettono loro <strong>di</strong> riconoscersi come facenti parti <strong>di</strong> una civiltà, <strong>di</strong><br />
una cultura e <strong>di</strong> una società specifiche, <strong>di</strong> cui, per usare un’espressine <strong>di</strong> D. Hervieu-Leger, loro<br />
si sentono ere<strong>di</strong> 14 . In questo senso, dunque, ciò che tra<strong>di</strong>zionalmente viene inteso come simbolo<br />
o rito religioso viene vissuto inconsapevolmente dai giovani come fatto puramente secolare, o,<br />
più precisamente, culturale.<br />
E questo perché – occorre riba<strong>di</strong>rlo – soffermandosi a sondare la profon<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tale<br />
appartenenza, ci si accorge che la frantumazione delle identità forti è già ad uno sta<strong>di</strong>o avanzato<br />
e, soprattutto per quanto riguarda le nuove generazioni, <strong>di</strong>rei quasi avvenuto. La religiosità dei<br />
giovani che non frequentano è all’impronta <strong>di</strong> un chiaro sincretismo con il quale essi risultano<br />
del tutto riconciliati e in base al quale non esiste più un chiaro concetto <strong>di</strong> “verità”, ma una serie<br />
<strong>di</strong> tante “verità” poste tutte sullo stesso piano e interscambiabili fra <strong>di</strong> loro a livello religioso.<br />
Occorre rilevare, tuttavia, che si è in presenza <strong>di</strong> posizioni ancora più ra<strong>di</strong>cali rispetto alla<br />
religiosità soggettiva o “fai da te” che si è <strong>di</strong>ffusa negli anni Ottanta e Novanta nel nostro<br />
Paese 15 . Oggi, infatti, i ragazzi non tendono più a compiere un’operazione <strong>di</strong> sincretismo<br />
consapevole, magari innestando la pratica dello yoga su certi pensieri della mistica cristiana, o<br />
sovrapponendo il revival del magico e dell’esoterico a determinate riletture dei Vangeli, ma si<br />
limitano ad affermare che le religioni sono tutte uguali e che ciascuno vive una sua religiosità<br />
in<strong>di</strong>viduale, segmentata e intuitiva, in cui si perde ogni riferimento a riti e pratiche concrete<br />
appartenenti a qualunque orizzonte religioso. Quei 127 ragazzi che si definiscono credenti non<br />
abbandonano la prassi liturgica cattolica per abbracciare qualcos’altro, ma per vivere una<br />
religiosità vaga grazie alla quale ci si sente vicini a Dio, avvertito come Dio <strong>di</strong> tutti.<br />
Anche i <strong>rituali</strong> connessi a questo sentire vago che connota l’esperienza religiosa adolescenziale<br />
contemporanea sono, <strong>di</strong> conseguenza, necessariamente slegati ai riti delle tra<strong>di</strong>zioni religiose e<br />
reinterpretati come fatti spontanei. In realtà, per essere davvero efficaci, i riti dei giovani usano<br />
co<strong>di</strong>ci e simboli, generalmente desunti dai modelli me<strong>di</strong>atici e, in particolare televisivi, anche se<br />
non percepiti come tali. In questo senso, dunque, ciò che tra<strong>di</strong>zionalmente viene inteso come<br />
secolare, dai riti <strong>di</strong> aggregazione ai nuovi <strong>rituali</strong> del sabato sera o a quelli legati al mondo dello<br />
sport, presentano dei risvolti religiosi, perché vengono riutilizzati per veicolare significati che<br />
offrono senso e si prestano a favorire quell’uscita da sé, quella proiezione verso «l’oltre»<br />
propria dei riti religiosi.<br />
E’, quin<strong>di</strong>, evidente che lo sgretolarsi dell’efficacia dei riti tra<strong>di</strong>zionali va <strong>di</strong> pari passo con la<br />
frantumazione delle identità forti e con il trionfo <strong>di</strong> quelle appartenenze deboli <strong>di</strong> cui in qualche<br />
misura ha parlato Lyotard 16 , per le quali non hanno più pregnanza le gran<strong>di</strong> narrazioni <strong>di</strong> senso.<br />
14 Analizzando il rapporto che lega la <strong>di</strong>mensione culturale a quella comunitaria dell’identificazione, la sociologa<br />
francese afferma: “Esso si cristallizza, nella sua forma più estrema, in un cristianesimo patrimoniale che coniuga la<br />
coscienza dell’appartenenza comunitaria e quella del possesso <strong>di</strong> un’ere<strong>di</strong>tà culturale che stabilisce una separazione<br />
ra<strong>di</strong>cale tra il gruppo <strong>degli</strong> «ere<strong>di</strong>» e gli «altri»”. Cfr. D. HERVIEU-LEGER, Il pellegrino e il convertito, Il Mulino,<br />
Bologna 2003, p. 67.<br />
15 Si vedano, a questo proposito: A. N. TERRIN, New Age. La religiosità del postmoderno, EDB, Bologna 1992; M.<br />
GALLIZIOLI, Un’utopia mistica. Quale etica e quale politica nel pensiero New Age, Agrilavoro, Roma 1999; Id.,<br />
Religione fai-da-te, Cittadella, Assisi 2004.<br />
16 J. – F. LYOTARD, La con<strong>di</strong>zione postmoderna, Feltrinelli, Milano 1985, pp. 52-68