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Alcuni rituali degli adolescenti - Provincia di Pesaro e Urbino

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perché mi <strong>di</strong>verto 23 , e, alle richieste ulteriori <strong>di</strong> chiarimento, le risposte sono state: mi <strong>di</strong>verto<br />

perché non penso, perché ballo. Quello scollamento tra il mondo del sentire e la capacità <strong>di</strong><br />

esprimere in un <strong>di</strong>scorso organizzato alcuni elementi <strong>di</strong> tale sentire, denunciato da Marco<br />

Lodoli 24 e tanto stigmatizzato dal mondo <strong>degli</strong> adulti, soprattutto dai professori, viene<br />

totalmente evitato attraverso una serie <strong>di</strong> riti che non presuppongono una partecipazione <strong>di</strong>retta<br />

del pensiero logico-formale, ma che <strong>di</strong>ventano significativi in sé perché capaci <strong>di</strong> assorbire<br />

totalmente e <strong>di</strong> far sperimentare un senso <strong>di</strong> appagamento piacevole in modo imme<strong>di</strong>ato 25 . I<br />

<strong>rituali</strong> connessi ai videogiochi, al mondo <strong>di</strong> internet, all’ascolto e alla produzione <strong>di</strong> musica, alla<br />

fruizione <strong>di</strong> programmi televisivi seriali (dalle soap opera alle situation commedy e ai reality<br />

show) sollecitano solo una razionalità imme<strong>di</strong>ata, necessaria per poter fruire <strong>di</strong> determinati<br />

strumenti, che si esaurisce completamente nell’essere concentrati in quel momento, ma che non<br />

si trasforma mai in un’occasione per riflettere a posteriori. Non si tratta <strong>di</strong> una razionalità<br />

analitica e consapevole, ma <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> automatismo della razionalità in cui sembra non<br />

trovare altro spazio che il sentire.<br />

II.2. Alla ricerca <strong>di</strong> un nuovo conformismo rituale attraverso cui “riconformarsi” e<br />

“riconfermarsi” nella società: i modelli me<strong>di</strong>atici come sorgenti della liceità del rito.<br />

Il secondo criterio che sancisce l’efficacia delle <strong>rituali</strong>tà giovanili è da ricercarsi nella loro<br />

conformità alla “moda”. Già Baudrillard 26 all’inizio <strong>degli</strong> anni Ottanta aveva osservato che la<br />

moda, nel mondo contemporaneo, è ciò che contribuisce a <strong>di</strong>sgregare ogni identità culturale<br />

legata ad una tra<strong>di</strong>zione marmorea, venendo a rappresentare quel criterio <strong>di</strong> <strong>di</strong>namismo del<br />

gusto che meglio si associa alle identità deboli del postmoderno. La moda infatti – osserva<br />

giustamente A. N. Terrin 27 - è strettamente correlata al valore che più rappresenta l’epoca<br />

postmoderna, l’effimero. Gli <strong>adolescenti</strong>, oggi, inseguendo i parametri per loro stessa natura<br />

mutevoli della moda, cercano <strong>di</strong> riconformarsi alla realtà sposandone la mutevolezza ed<br />

elaborando riti altrettanto mutevoli, attraverso cui sentirsi parte integrante del mondo 28 .<br />

Rientrano in questo campo tutti i <strong>rituali</strong> connessi a quella che G. Ritzer ha definito, con rara<br />

forza espressiva, “la religione dei consumi” 29 , la quale si inscena negli spazi delle nuove<br />

cattedrali profane <strong>degli</strong> ipermercati. Seguire affannosamente l’imperativo del cambiamento<br />

<strong>di</strong>viene dunque un dovere inconsapevole, ma fortemente cogente, per gli <strong>adolescenti</strong>, che li<br />

spinge a inseguire la mutevolezza fine a se stessa per sentirsi parte <strong>di</strong> un mondo che fa del<br />

cambiamento la sua cifra per eccellenza.<br />

Ma, anche se il mondo appare in continua trasformazione, gli <strong>adolescenti</strong> cercano attraverso<br />

alcune <strong>rituali</strong>tà <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> rintracciare una parvenza <strong>di</strong> uniformità al mondo stesso finalizzata<br />

a ricollocarli in un sistema sempre più intricato <strong>di</strong> segni, <strong>di</strong> linguaggi e <strong>di</strong> prospettive. Seguire la<br />

moda, <strong>di</strong>viene, allora un modo per riconfermarsi nel mondo come soggetti attivi e, insieme, per<br />

23<br />

Si leggano le belle pagine de<strong>di</strong>cate al lento mo<strong>di</strong>ficarsi del ruolo delle <strong>di</strong>scoteche nell’immaginario giovanile delle<br />

ultime generazioni <strong>di</strong> L. GORGOLINI, I consumi, in P. SORCINELLI – A. VARNI (a cura <strong>di</strong>), op. cit., pp. 243-248.<br />

24<br />

M. LODOLI, Il silenzio dei miei studenti, La Repubblica, 4 ottobre 2002<br />

25<br />

M. Augé, in un suo recente saggio de<strong>di</strong>cato a Disneyland, sostiene che tale luogo rappresenta simbolicamente il<br />

mondo o<strong>di</strong>erno, “(…) in quello che ha <strong>di</strong> peggiore e <strong>di</strong> migliore: l’esperienza del vuoto e della libertà”. E’ simbolo,<br />

quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> ciò che cerca anche l’adolescente, vale a <strong>di</strong>re: “(…) una pura libertà, senza oggetto, senza ragione, senza<br />

posta in gioco”. Cfr. M. AUGÉ, Un etnologo a Disneyland, in Id., Disneyland e altri nonluoghi, Bollati Boringhieri,<br />

Torino 1999, pp. 24-25.<br />

26<br />

Cfr. J. BAUDRILLARD, Lo scambio simbolico e la morte, Feltrinelli, Milano 1980, p. 100.<br />

27<br />

A. N. TERRIN, Il rito. Antropologia e fenomenologia del rito, Morcelliana, Brescia 1999, p. 388<br />

28<br />

Sull’evoluzione dei significati storico-sociali della moda si veda: G. LEHNERT, Storia della moda del XX secolo,<br />

Ready-made, Milano 2000.<br />

29<br />

G. RITZER, La religione dei consumi. Cattedrali, pellegrinaggi e riti dell’iperconsumismo, Il Mulino, Bologna 1999,<br />

p. 113 e ss. Sviluppano tematiche analoghe anche G. CROSS, Tempo e denaro. La nascita della cultura del consumo, Il<br />

Mulino, Bologna 1998, il quale affronta la tematica con un taglio più descrittivo, e M. FEATHERSTONE, Cultura del<br />

consumo e postmodernismo, Seam, Roma 1994, il quale ha il merito <strong>di</strong> coniugare l’analisi dei comportamenti<br />

consumistici con l’esplorazione della cultura postmoderna.

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