IL PUNTO Realtà Medica 2000 - n. 1/2010 La sindrome da stanchezza Prof. Delfo Galileo Faroni La sindrome da affaticamento, così frequente, è una malattia caratterizzata da una spossatezza che riduce drasticamente l’attività lavorativa. Ci mancava pure questa stanchezza cronica per confondere le idee. Eravamo convinti che il 20 per cento dei lavoratori ne fosse affetto, ma invece di chiamarla sindrome da affaticamento l’abbiamo sempre chiamata sindrome di "scansa fatica". Le autorità americane e giapponesi sono da tempo preoccupate per il diffondersi di questa “malattia” che, dicono, avrebbe già colpito migliaia di persone. I rispettivi Ministeri della Sanità hanno preso sul serio il problema, incaricando noti specialisti per studiare se si tratta di una vera e propria malattia ed eventualmente scoprirne il rimedio. Lavorando sodo, questa équipe ha già accertato che la sindrome colpisce i fanatici del lavoro, i quali, spietati con se stessi, finiscono per ammalarsi di “sindrome di stanchezza” e rischiano di morire per il superlavoro. Noi abbiamo sempre saputo che chi mostra troppo zelo per il proprio lavoro si chiama stakanovista. Il termine ebbe origine nel 1935 in Russia, ove il minatore Aleksei Stakanov promosse un’originale sistema di lavoro tendente ad aumentare la produttività mediante il confronto e l’emulazione tra i lavoratori. Oggi sono già molti a sostenere che la sindrome da stanchezza presenta sintomi particolari, come rialzo febbrile, mal di testa, mal di gola. Sintomatologia dolorosa a carico dei muscoli e delle articolazioni, diarrea, insonnia, stato depressivo e perdita della memoria. Tutti i sintomi dai quali gli stakanovisti nell’Unione Sovietica sembra fossero immuni. Di fronte a questa fasulla, oscura e contraddittoria sintomatologia, non ci resta che fare due ipotesi: o i fanatici lavoratori russi, pur spellandosi le mani, soffrivano degli stessi disturbi che colpiscono oggi i lavoratori nipponici, americani e nostrani, ma non li palesavano per paura delle botte o del delizioso soggiorno siberiano o, seconda ipotesi, il cervello umano ha cessato di produrre le lipomoduline, che servono a rendere più resistente il nostro organismo al lavoro fisico e mentale. Questa sindrome in Italia ha colpito esclusivamente solerti impiegati, per i quali le già poche ore lavorative prestate diventano una tortura raccontata con toni drammatici. Se si affrontano poi argomenti riguardanti ferie, settimane bianche, ponti, calcio, aumenti di stipendio, avanzamento nella carriera, la sindrome di affaticamento lascia intravedere miseria morale, invidia, gelosia. Conoscendo quanto è fragile l’uomo, anche in Italia le autorità sanitarie si sono preoccupate del problema, affidando a un centro specializzato l’incarico di studiare un centinaio di lavoratori di età media, sui 35 anni, che da circa tre anni accusavano una forma di esaurimento psicologico, che aveva ridotto notevolmente la loro attività lavorativa. Dinanzi al precipitare delle condizioni di salute dei soggetti esaminati, il cui comune denominatore era rappresentato dallo stesso corredo di sintomi e dinanzi allo spauracchio dell’ultimo rantolo, l’<strong>Istituto</strong> Superiore della Sanità ha pensato di istituire un severo sistema di sorveglianza dei “casi clinici”. Come è andata a finire la vicenda? Come era prevedibile: in barzelletta. Non c’è neanche da meravigliarsi, se si esaminano le ipotesi della “malattia”. Le cause più accreditate sono, la natura psicosomatica, l’infezione – virale sono sospettati gli innocenti virus della famiglia degli herpes, che 1 Il punto