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Scarica pdf - Scuola Lacaniana di psicoanalisi

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APPUNTI SPECIALE OTTO NOVE DIECI GIUGNO 2012 10<br />

L’INTRATTABILE E L’IDENTIFICAZIONE<br />

Paola Francesconi

<br />

Se da un lato l’insegnamento <strong>di</strong> Lacan è impossibile da sussumere in un manuale, che faccia l’economia<br />

dei concetti da lui via via elaborati in un compen<strong>di</strong>o sintetico che ne estragga la sintesi, non si può<br />

negare che il vettore che attraversa tali concetti vada sempre dal molteplice all’uno. Dai fantasmi al<br />

fantasma, dalle identificazioni all’identificazione, dai sintomi al sinthomo, dai go<strong>di</strong>menti al go<strong>di</strong>mento,<br />

la freccia è sempre puntata verso l’uno. Non l’uno della sintesi, ma l’uno residuale, l’uno che affiora più<br />

come decompletamento, come cifra, che come sintesi <strong>di</strong> senso. Punta a quel “c’è dell’Uno” messo a<br />

tema nelle sue conseguenze sia teoriche che cliniche da Jacques-Alain Miller nel suo Corso dell’anno<br />

passato.
Così, la molteplicità delle identificazioni non potrà mai giungere alla identificazione finale,<br />

quella più vera, più profonda: e questo sia per struttura che per anomalia epocale, come accade in<br />

questo XXI secolo avido <strong>di</strong> riferimenti identificatori lenitivi dell’angoscia <strong>di</strong> vivere quanto avido del<br />

loro contrario, <strong>di</strong> una precarizzazione <strong>di</strong> ciò che appena prima sembrava il “se stesso” più vero. Come<br />

articola Eric Laurent nel suo testo “La passe et les restes d’identification” (in La Cause Freu<strong>di</strong>enne<br />

n°76), “l’identificazione è multipla, ma impossibile”, non può che restare multipla, <strong>di</strong>remmo. Che non ci<br />

sia ultima parola a livello dell’identificazione è quello che ascoltiamo nelle testimonianze <strong>di</strong> passe. Dal<br />

molteplice delle identificazioni l’uno cui si giunge non è più dello stesso or<strong>di</strong>ne, non è più dell’or<strong>di</strong>ne<br />

del significante, l’identificazione che si ottiene non è più della stessa stoffa delle identificazioni da cui si<br />

è partiti. Dal plurale al singolare il processo non è naturale, spontaneo. E’ questo il motivo per cui il<br />

titolo <strong>di</strong> questo nostro Convegno costituisce una tesi riferita al contesto <strong>di</strong> una esperienza<br />

psicoanalitica. E’ il vettore che si <strong>di</strong>segna nel corso <strong>di</strong> una esperienza psicoanalitica.
La molteplicità e<br />

l’unicità si collocano su due registri <strong>di</strong>versi: l’unicità non è l’uno per tutti, omogeneo, standard, ma<br />

l’uno che veicola la singolarità più ra<strong>di</strong>cale a ciascuno. Le identificazioni non convergono su “una” ma<br />

su “uno”, che estrae da esse non un tratto solo simbolico, ma anche un valore <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento. Questo ci<br />

aiuta a concepire la separazione <strong>di</strong> identificazioni e go<strong>di</strong>mento, possibile solo a partire da una<br />

congiunzione precedente. Lacan ha mescolato identificazione e valore <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento, la loro <strong>di</strong>stinzione<br />

presuppone la loro congiunzione.
 
Alla fine <strong>di</strong> un’analisi il soggetto non approda a una conoscenza <strong>di</strong><br />

se stesso, non afferra il se stesso che è o il se stesso <strong>di</strong> cui aspira a conoscere il desiderio più profondo.<br />

La conoscenza che si ottiene alla fine <strong>di</strong> un’analisi è quella non <strong>di</strong> un essere ma <strong>di</strong> un go<strong>di</strong>mento,<br />

racchiuso in un sintomo. Non si conosce chi si è veramente ma come si gode. E comunque si tratta <strong>di</strong><br />

una conoscenza che non è sussumibile in una significazione: il go<strong>di</strong>mento non si può significare, non è<br />

afferrabile con una significazione, non “è questo”. Sia a livello del fantasma che del sintomo, non è<br />

racchiuso in una significazione.
Il soggetto non può significare il proprio go<strong>di</strong>mento: è qui che si opera<br />

il salto al registro <strong>di</strong> qualcosa che si mostra, non che si significa. Jacques-Alain Miller ha messo in luce<br />

tale formulazione laddove definisce il reale che resiste alla significazione, come reale che si <strong>di</strong>mostra,<br />

non che si significa, appunto. Da un uso del significante semantico a un uso del significante logico.<br />

Senza significazione, ma non senza logica. Il termine dell’analisi mostra che i significanti identificatori<br />

residuali hanno valore <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento e non più <strong>di</strong> senso. Nel significante portato al suo esaurimento si<br />

mostra qualcosa <strong>di</strong> tutt’altra natura, la batteria dei termini isolatisi dalla esperienza si separano dal<br />

senso e si mostrano nella loro materialità, potremmo <strong>di</strong>re, nella loro letteralità. L’S1 è ridotto al suo<br />

osso letterale.
Così, più che <strong>di</strong>segnarsi una me<strong>di</strong>azione possibile tra significante e go<strong>di</strong>mento, che fino<br />

a un certo punto dell’insegnamento <strong>di</strong> Lacan si incontravano nell’oggetto a, ambocettore come lo<br />

definisce Jacques-Alain Miller, l’ultimo insegnamento <strong>di</strong> Lacan che pren<strong>di</strong>amo a viatico <strong>di</strong> questo<br />

nostro Convegno fa saltare questa me<strong>di</strong>azione per articolare in modo <strong>di</strong>verso i due registri. Salta

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