Erbe e Ricette del Castello Rosa
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GIORGIO DEVOTO<br />
Trovo sia decisamente interessante e giusto, per tanti e svariati motivi, occuparsi<br />
di questi temi perché essi rappresentano le tradizioni e le radici <strong>del</strong>la nostra cultura<br />
e la cucina fa parte, senza dubbio alcuno, <strong>del</strong>la cultura di un popolo e non si<br />
tratta di cultura secondaria o marginale rispetto a quella, così detta, alta.<br />
Altamente meritorio è, quindi, l’impegno per la realizzazione di questo appuntamento.<br />
Meritorio anche perché, al di là <strong>del</strong>la scoperta o riscoperta di alcune<br />
ricette fondamentali, l’iniziativa apre, come prima dicevo, una prospettiva sulla<br />
cultura originaria ligure e genovese in particolare, attraverso la quale si possono<br />
così intuire sistemi di organizzazione produttiva e sociale che puntavano sullo<br />
sfruttamento <strong>del</strong> terreno disponibile e con un’alimentazione caratterizzata da<br />
una dieta assai povera.<br />
Un’organizzazione che doveva, necessariamente, tenere conto anche <strong>del</strong>le difficoltà<br />
connesse agli spostamenti. A piedi o, nei casi migliori, con i muli: questi<br />
erano i mezzi più diffusi; eppure, nonostante queste oggettive difficoltà, il passaggio<br />
da un territorio all’altro non era sporadico, anzi si rimane stupiti che con<br />
così pochi mezzi di locomozione esso avesse una tale continuità; con Nervi<br />
meta frequente di scambi.<br />
Per questo credo che anche attraverso questa apparente “storia minore” come<br />
possono essere <strong>del</strong>le ricette di cucina recuperate si possa riscoprire il clima di<br />
un’epoca. I dettagli, come l’uso di erbe oramai dimenticate, acquistano una vividezza<br />
e un’importanza notevoli specie oggi dove per mancanza di tempo e,<br />
aggiungo io, di fantasia la spesa di casa la si fa al supermercato dove si compra<br />
tutto impacchettato surgelato se non già cucinato<br />
In definitiva incontri come questo sono importanti anche perché, lo sostengo<br />
spesso, è sulla la memoria condivisa che si costruisce il futuro di un popolo.<br />
È nelle nazioni di più alta civilizzazione dove la memoria <strong>del</strong> passato è più evidente<br />
e condivisa che più alto e forte è il senso di appartenenza al proprio paese<br />
e alla sua storia.<br />
Il fatto, poi, che si ritorni a dipingere all’acquerello queste erbe, ci riporta alle<br />
antiche tradizioni quando la macchina fotografica non esisteva. Tutti i grandi<br />
viaggiatori, esploratori che andavano alla scoperta di nuove terre si facevano<br />
accompagnare anche da disegnatori specializzati. Il Capitano Cook aveva un<br />
acquerellista straordinario che riproduceva tutte le erbe e tutte le piante che si<br />
trovavano nei luoghi che via via andava scoprendo, ma anche gli indigeni e i<br />
loro costumi rendendo un servizio enorme per chi oggi voglia studiare gli usi di<br />
quelle popolazione oramai civilizzate.<br />
Della spedizione in Egitto di Napoleone, per esempio, abbiamo, se così posso<br />
dire, un “reportage” accuratissimo proprio grazie ai disegni e agli acquerelli<br />
eseguiti per l’occasione.<br />
Ho visto prima due riproduzioni di limoni, fatte da due artisti diversi: ognuno<br />
li ha visti in una maniera differente, li ha resi con un colore, una luce, un taglio<br />
particolari che li rende completamente dissimili gli uni dagli altri, anche se è<br />
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