Commento del Seminario I di Jacques Lacan 2
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modo abbiamo sempre <strong>di</strong>stinto due piani su cui si esercita lo scambio <strong>del</strong>la parola<br />
umana: il piano <strong>del</strong> riconoscimento e il piano <strong>del</strong> comunicato.<br />
Il piano <strong>del</strong> riconoscimento è quello in cui la parola stipula tra due soggetti il patto<br />
che li trasforma e li costituisce come soggetti umani comunicanti. Il piano <strong>del</strong><br />
comunicato è il piano in cui in qualche modo si <strong>di</strong>stinguono i gra<strong>di</strong> e l’appello: questo<br />
è il piano in cui si tende a realizzare l’accordo sull’oggetto. È come se tra i due piani<br />
ci fosse un termine comune interme<strong>di</strong>o che è l’accordo sull’oggetto.<br />
Mentre nel primo caso si tratta <strong>di</strong> un accordo tra soggetti, nel secondo l’accordo è<br />
sull’oggetto, considerato come esterno all’azione <strong>del</strong>la parola, e che la parola designa<br />
ed esprime. A <strong>di</strong>re il vero anche l’oggetto fa riferimento ad un legame con la parola,<br />
perché l’oggetto è dato nel sistema oggettuale che contiene tutti i pregiu<strong>di</strong>zi<br />
psicologici (da quelli più ingenui a quelli più elaborati) che costituiscono una data<br />
comunità culturale.<br />
Il metodo psicoanalitico, che mira a raggiungere questa parola piena, comincia<br />
rivolgendo al soggetto l’invito ad abbandonarsi a questi sistemi (“abbandonati al tuo<br />
sproloquio, in cui sei invitato a tirar fuori tutte le tue risorse, intese come conoscenze<br />
scientifiche, ma anche come pregiu<strong>di</strong>zi”). La parola piena si raggiunge invitando il<br />
soggetto ad immergersi completamente nel flusso <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>scorso corrente, <strong>di</strong><br />
questo <strong>di</strong>scorso sull’oggetto, esito a un tempo <strong>di</strong> ingenuità e <strong>di</strong> scientificità. Ecco la<br />
seconda contrad<strong>di</strong>zione: sembrerebbe che l’atto <strong>di</strong> parola non possa prodursi senza un<br />
certo intervento proveniente dall’analista, un intervento <strong>del</strong> tipo indottrinamento. Il<br />
termine indottrinamento ha un’accezione <strong>di</strong>spregiativa e viene adoperata dai critici in<br />
riferimento ad una prima fase <strong>del</strong>l’analisi, da loro definita intellettualistica. Forse -<br />
afferma <strong>Lacan</strong> - ci sono state effettivamente <strong>del</strong>le concezioni intellettualistiche, ma<br />
questo non vuol <strong>di</strong>re che si trattasse <strong>di</strong> analisi intellettualistiche. O meglio: c’è<br />
effettivamente in queste concezioni qualcosa relativa all’intellettualizzazione, ma ciò<br />
non ha nulla a che fare con l’intellettuale. Comunque, deve esserci qualcosa <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>verso dall’indottrinamento per spiegare l’efficacia degli interventi <strong>del</strong>l’analista.