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La liberazione del Mezzogiorno e l'unità nazionale - Consiglio ...

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ne suprema <strong>del</strong> movimento italiano. Questa operazione ardita o, se volete, audace<br />

farà lanciare alte grida in Europa, creerà serie complicazioni diplomatiche, ci<br />

spingerà forse, in un futuro più o meno lontano, a batterci con l’Austria. Ma ci<br />

salva dalla rivoluzione, conserva al movimento italiano il carattere che fa la sua<br />

gloria e la sua forza: il carattere <strong>nazionale</strong> e monarchico”.<br />

Questa linea era dettata dalla necessità di impedire lo sviluppo in senso<br />

rivoluzionario <strong>del</strong> movimento di unificazione ma anche dall’impossibilità di<br />

mettersi in aperto contrasto con Garibaldi e dal riconoscimento ormai inevitabile<br />

<strong>del</strong> contributo importantissimo che era venuto dalla sua impresa alla<br />

causa italiana: “Garibaldi – egli scrisse ancora a Nigra il 9 agosto – ha un<br />

grande potere morale e un immenso prestigio non solo in Italia ma soprattutto<br />

in Europa. Voi avete torto, a mio avviso, quando dite che noi siamo collocati<br />

tra Garibaldi e l’Europa. Se domani io mi mettessi in lotta con Garibaldi,<br />

avrei probabilmente dalla mia parte la maggioranza di vecchi diplomatici,<br />

ma l’opinione pubblica sarebbe contro di me, e l’opinione pubblica avrebbe<br />

ragione, perché Garibaldi ha reso all’Italia i più grandi servigi che un uomo<br />

potesse rendere: ha dato agli italiani fiducia in se stessi; ha provato all’Europa<br />

che gli italiani sanno combattere e morire sui campi di battaglia e per<br />

riconquistare una patria”.<br />

Importante e sincero riconoscimento: ciò non impediva, però, che il contrasto<br />

restasse aperto in tutta la sua portata: anzi, proprio la considerazione<br />

<strong>del</strong>la inevitabilità e <strong>del</strong>la imminenza <strong>del</strong> crollo borbonico e <strong>del</strong> rafforzamento<br />

<strong>del</strong>la guerra rivoluzionaria spingevano Cavour ad un impegno più diretto,<br />

ad una iniziativa più efficace nei confronti <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>.<br />

Il piano cavouriano di una insurrezione moderata a Napoli venne elaborato<br />

d’accordo con l’ambasciatore Villamarina e con l’ammiraglio Persano.<br />

Aveva le caratteristiche piuttosto di una congiura che di una vera e propria<br />

insurrezione; gli attori principali dovevano essere il ministro <strong>del</strong>l’Interno <strong>del</strong><br />

nuovo governo costituzionale borbonico Liborio Romano e il generale Nunziante;<br />

più tardi, anche un membro <strong>del</strong>la famiglia reale, il Conte di Siracusa,<br />

che aveva manifestato tendenze liberali, fu associato all’iniziativa. Naturalmente,<br />

le probabilità di successo erano minime, pur essendo tornati a<br />

Napoli, dopo la concessione <strong>del</strong>la Costituzione, molti liberali emigrati in<br />

Piemonte dopo il ‘48; erano minime anche per la qualità dei protagonisti; su<br />

uno dei quali, il generale Nunziante, lo stesso Cavour diceva dì poter contare<br />

soltanto perché aveva dato ai piemontesi tanto in mano da farlo impiccare<br />

all’occorrenza.<br />

II 16 agosto, Cavour cominciò ad avere qualche dubbio sulla riuscita, malgrado<br />

l’invio di denaro, armi, soldati e consigli, e, anticipando un atteggiamento<br />

che sarebbe stato più generale nei mesi successivi,cominciò ad attribuire alle pessime<br />

qualità dei meridionali i motivi <strong>del</strong>l’insuccesso; “Se poi la materia <strong>del</strong><br />

Regno è talmente infracidata da non essere più suscettibile di fermento, io non<br />

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