La liberazione del Mezzogiorno e l'unità nazionale - Consiglio ...
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taniano, confortiano e simili” scrisse Cavour a Farini ai primi di novembre <strong>del</strong><br />
‘60. Il pericolo garibaldino e mazziniano fu sentito e fatto sentire, nei mesi<br />
successivi alla <strong>liberazione</strong>, finché il brigantaggio non dilagò nelle province,<br />
assai più che non il pericolo di un tentativo di rivincita dei Borboni. Anche<br />
l’ostilità verso i municipalisti conservatori e nostalgici fu assai minore che non<br />
quella contro i democratici: ciò che costituì un elemento tutt’altro che secondario<br />
nel fare acquistare ai primi, ai municipalisti, l’influenza che essi ebbero<br />
e nell’agevolare di fatto la loro campagna antipiemontese, nella quale non<br />
mancavano motivi ed obiettivi sostanzialmente reazionari e antiunitari.<br />
L’ultimo tentativo di ripresa <strong>del</strong>le tradizioni ideali e politiche <strong>del</strong> liberalismo<br />
italiano di fronte alla questione <strong>del</strong>l’ordinamento istituzionale <strong>del</strong> nuovo<br />
Stato fu il progetto di legge sul decentramento amministrativo presentato dal<br />
Minghetti alla Camera dei deputati il 13 marzo 1861.<br />
Anche il progetto <strong>del</strong> Minghetti fu respinto: esso non corrispondeva più al<br />
concreto orientamento <strong>del</strong>le forze che dirigevano il Paese.<br />
<strong>La</strong> lotta contro il decentramento giunse paradossalmente ad identificarsi<br />
con la lotta contro il movimento democratico: i più accesi sostenitori <strong>del</strong>la<br />
campagna antiregionalista, come il <strong>La</strong> Farina e il Paternostro, evocavano con<br />
veemenza lo spettro <strong>del</strong> disordine e <strong>del</strong>l’anarchia democratica di fronte alla<br />
prospettiva <strong>del</strong> decentramento. Questi “abbaiatori” – come li chiamò il<br />
Petruccelli – erano la punta più avanzata e provocatoria di quella corrente<br />
antiautonomistica che era ormai divenuta dominante nella Destra; l’indirizzo<br />
accentratore si è affermato, nel momento <strong>del</strong>la nascita <strong>del</strong>lo Stato italiano,<br />
anche in opposizione alle correnti democratiche.<br />
I fermenti autocritici che sorgeranno poi in seno alla Destra dopo il ‘60 e gli<br />
orientamenti riformistici di alcuni gruppi conservatori – che costituiranno un<br />
fenomeno caratteristico dei primi decenni <strong>del</strong>la vita unitaria – hanno in parte<br />
la loro origine nel rovesciamento che subì nel 1860 il programma politico dei<br />
liberali, a contatto con i problemi <strong>del</strong>l’unificazione. Si spiega anche cosi perché,<br />
negli anni posteriori al ‘60, la polemica meridionalista sia stata aperta ed avviata<br />
da un gruppo di conservatori, ideologicamente e politicamente legati alla<br />
Destra; e perché questo gruppo, muovendo da una posizione critica nei confronti<br />
<strong>del</strong> “formalismo liberale”<strong>del</strong>le istituzioni statali, abbia rivolto la sua attenzione<br />
alla realtà storica, politica e sociale <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>: proprio l’incontro<br />
con questa realtà aveva, infatti, rivelato nel ’60 i nodi più complessi e difficili <strong>del</strong><br />
processo di rinnovamento <strong>del</strong>la vita <strong>nazionale</strong> e i punti di maggiore debolezza<br />
<strong>del</strong> nuovo Stato e <strong>del</strong>la sua classe dirigente.<br />
Si pensi alle famose pagine conclusive <strong>del</strong>l’inchiesta di Sonnino sulla Sicilia;<br />
probabilmente in questa luce è possibile comprendere come mai un conservatore<br />
– il quale, <strong>del</strong> resto, possedeva un metodo di indagine e di osservazione sperimentale<br />
e positiva che mancava alla generazione dei moderati <strong>del</strong> 1948 – possa<br />
essere giunto a quella forza di denuncia: “In Sicilia colle nostre istituzioni, mo<strong>del</strong>-<br />
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