La liberazione del Mezzogiorno e l'unità nazionale - Consiglio ...
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so che farci, e bisogna rassegnarsi al trionfo di Garibaldi o <strong>del</strong>la reazione”; questi<br />
napoletani, scriveva ancora, sono abbrutiti, senza sangue nelle vene.<br />
Intanto, tra il 18 e il 19 agosto, l’esercito garibaldino attraversò lo Stretto<br />
di Messina e sbarcò in Calabria: anche qui, una popolazione lungamente<br />
oppressa insorse in armi e nuovi, grossi contingenti e i volontari si unirono<br />
alle schiere garibaldine. Il disfacimento <strong>del</strong>l’esercito borbonico fu rapidissimo:<br />
migliaia di disertori si sbandarono nella regione, i poteri locali crollarono,<br />
l’avanzata <strong>del</strong>l’esercito meridionale si svolse fulminea. Il crollo <strong>del</strong> regime era<br />
così evidente che il 7 settembre, lasciando indietro le sue truppe, Garibaldi<br />
poteva entrare quasi solo a Napoli. Così Pasquale Villari descrive la situazione<br />
<strong>del</strong>la città alla vigilia <strong>del</strong>l’ingresso di Garibaldi: “<strong>La</strong> città di Napoli era<br />
ancora occupata da un numeroso esercito borbonico, diviso nei quartieri e<br />
nelle fortezze. Pure, Garibaldi era già moralmente padrone assoluto. Si vedeva<br />
dappertutto il suo ritratto. Nei vicoli di Mercato, Porto, Pendino… le mura<br />
erano letteralmente coperte di bandiere tricolori che uscivano da ogni finestra…<br />
<strong>La</strong> polizia guardava stupefatta e taceva. Le più singolari leggende si<br />
formavano sotto i nostri occhi... I giovani <strong>del</strong>le scuole secondarie andavano in<br />
giro distribuendo nei quartieri dei soldati proclami che li incitavano ad unirsi<br />
alla bandiera di Vittorio Emanuele, portata da Garibaldi”.<br />
L’iniziativa presa ora da Cavour di fronte a questi avvenimenti con l’invio<br />
<strong>del</strong>l’esercito piemontese verso il <strong>Mezzogiorno</strong> è troppo complessa e ricca di<br />
significato perché la si possa considerare, come recentemente è stato fatto,<br />
soltanto come una pura e semplice controffensiva all’incalzare <strong>del</strong>la rivoluzione.<br />
Essa permise di raggiungere due risultati: far compiere all’unificazione<br />
<strong>nazionale</strong> un ulteriore passo avanti con l’annessione <strong>del</strong>l’Umbria, <strong>del</strong>le Marche<br />
e <strong>del</strong> <strong>La</strong>zio e riaffermare l’egemonia dei liberali moderati sul movimento<br />
<strong>nazionale</strong> e nel nuovo Stato che allora sorgeva.<br />
Sotto il primo aspetto, essa portò a compimento l’opera di Garibaldi e servì<br />
anche a dare alle nuove conquiste maggiore solidità e definitiva sistemazione;<br />
per l’altro aspetto, essa spinse fino alle ultime conseguenze la lotta tra liberali<br />
e democratici ed eliminò, con l’annessione immediata, il governo garibaldino<br />
nell’Italia meridionale.<br />
<strong>La</strong> resistenza <strong>del</strong> movimento garibaldino all’annessione non era dettata<br />
soltanto dalla volontà di non interrompere un’opera che si considerava conclusa<br />
soltanto a Roma; ma anche e soprattutto dalla necessità per il movimento<br />
democratico di conservare le basi <strong>del</strong>la propria forza, costituite nel<br />
<strong>Mezzogiorno</strong> attraverso la guerra rivoluzionaria. Se i democratici sostenevano<br />
la necessità di convocare <strong>del</strong>le assemblee nel <strong>Mezzogiorno</strong> e di decidere<br />
attraverso queste il modo <strong>del</strong>l’annessione, essi erano convinti che ciò avrebbe<br />
consentito loro di poter condurre su questa base una più energica azione per<br />
dare al nuovo Stato un’impronta diversa da quella che aveva il Regno Sardo.<br />
E certamente, il contraccolpo <strong>del</strong>la rivoluzione meridionale, la profondità <strong>del</strong><br />
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