Finché vita non ci separi - Spazio MeF

Un'altra signora, in una situazione analoga, diceva: "I bambini li
abbiamo voluti, cercati con ostinazione. La casa, il lavoro, tutto abbiamo
deciso in funzione loro. Adesso odio la casa, e la posso cambiare. Odio il
lavoro, e lo posso cambiare. Ma lui non lo posso cambiare, non lo posso
odiare. I bambini me lo impediscono, in certi momenti mi sembra che loro
mi stiano usando violenza, imponendomi cose che non sopporto. E' vero,
ero grande e vaccinata quando ho fatto certe scelte per loro, ma non ero da
sola a farle, era un progetto comune, dal metterli al mondo a tutto il
resto...".
La mamma di Marco, di tre anni, mi raccontava nel tono della
preoccupata confessione di avere aver provato uno strano sentimento di
rabbia nei confronti del figlio quando, suo malgrado, aveva dovuto
permettere che trascorresse il fine settimana con il padre e la sua nuova
compagna: "Mi aspettavo che si rifiutasse di andarci, che tornasse
scontento. Invece al rientro era felice come una Pasqua, con il Batman di
quella là in mano. Mi sono sentita tradita."
Mettere in mezzo i bambini
Il progetto comune: i bambini purtroppo possono divenire simboli del
nostro fallimento e della nostra solitudine tanto quanto hanno rappresentato
il nostro trionfo, la massima espressione dell'unione, del sodalizio,
dell'amore.
Predicare ai genitori in separazione di "non mettere in mezzo i figli" è
giusto in sé, ma rischia di ridursi ad esercizio di moralismo colpevolizzante
. I figli sono in mezzo, nel bene e nel male. Quando nella coppia le cose
vanno bene, infatti, il figlio è amato anche in quanto incarnazione
dell'unione, come simbolo vivente della potenza e della creatività
dell'amore. La rappresentazione del figlio è strettamente intrecciata con
Irene Bernardini, Finché vita non ci separi
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