Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
In...formazione - Autorizzazione Tribunale di Lecce N° 1014 marzo 2009 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Lecce<br />
ANNO II GIUGNO 2009 N. 2<br />
IN QUESTO NUMERO<br />
Lettera<br />
dal direttore<br />
<strong>Vita</strong> <strong>associativa</strong><br />
La parola all’esperto<br />
Scuola di formazione<br />
permanente <strong>OSDI</strong>
norme<br />
per gliautori<br />
Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione.<br />
Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono<br />
la responsabilità di quanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità<br />
o l’immagine dell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima,<br />
occorrerà una liberatoria scritta dei relativi responsabili.<br />
La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto,<br />
anche se non pubblicato, non sarà restituito.<br />
Gli autori sono tenuti a specificare se la proposta di pubblicazione è stata inoltrata presso altre<br />
riviste.<br />
Il comitato editoriale si riserva di eseguire, nell’eventualità che appaia opportuno, un lavoro di<br />
revisione formale del testo, ferma restando la conservazione dei contenuti espressi dall’Autore, per<br />
renderli conformi allo stile della Rivista<br />
La rivista In...formazione <strong>OSDI</strong> pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenziali<br />
riguardanti il diabete e gli argomenti correlati.<br />
Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.<br />
La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:<br />
- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del<br />
lavoro.<br />
- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a<br />
ciascun nome uno o più asterischi con riferimento alla successiva indicazione.<br />
- Indicazione, preceduta dal relativo numero di asterischi, per ciascun autore della qualifica o struttura<br />
di appartenenza; va indicato l’indirizzo e-mail dell’Autore cui fare riferimento.<br />
- Riassunto: il riassunto dovrà essere non superiore alle 300 parole e illustrare succintamente scopo<br />
del lavoro e risultati.<br />
- I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente<br />
in cifre arabe poste tra parentesi quadre:<br />
indicando il cognome e le iniziali del nome dell’Autore, il titolo dell’articolo per esteso, il titolo della<br />
rivista, il volume (in corsivo), i numeri della prima e dell’ultima pagina e l’anno.<br />
Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni.<br />
Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: rivista@osdi.it o su supporto digitale a: Chiandetti<br />
Roberta SOC 1 Medicina Generale Azienda Ospedaliero-Universitaria 33100 Udine
In...formazione - Autorizzazione Tribunale di Lecce N° 1014 marzo 2009 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Lecce<br />
ANNO II GIUGNO 2009 N. 2<br />
IN QUESTO NUMERO<br />
Lettera<br />
dal direttore<br />
<strong>Vita</strong> <strong>associativa</strong><br />
La parola all’esperto<br />
Scuola di formazione<br />
permanente <strong>OSDI</strong><br />
IN...FORMAZIONE<br />
Periodico trimestrale<br />
dell’Associazione <strong>OSDI</strong><br />
Operatori Sanitari<br />
di Diabetologia Italiani<br />
Via Guelfa, 9 - 40138 Bologna<br />
www.osdi.it<br />
Autorizzazione del tribunale<br />
di Lecce n. 1014 - marzo 2009<br />
DIRETTORE RESPONSABILE<br />
Roberta Chiandetti<br />
VICE-DIRETTORE<br />
Maria Teresa Branca<br />
COMITATO SCIENTIFICO<br />
Roberta Chiandetti<br />
Maria Teresa Branca<br />
Rosanna Toniato<br />
Lia Cucco<br />
COMITATO DI REDAZIONE<br />
Carla Aliberti<br />
Annunziata Bondioli<br />
Daniela Cristofanelli<br />
Lia Cucco<br />
Adia Fabbrizi<br />
Laurenzia Ferriani<br />
Luigia Milano<br />
Rosetta Nocciolini<br />
Annamaria Tesei<br />
Rosanna Toniato<br />
Lorena Urbani<br />
PROGETTAZIONE GRAFICA,<br />
IMPAGINAZIONE E STAMPA<br />
Carra Editrice<br />
73042 Casarano (Le)<br />
Tel. 0833.502319<br />
editoriale<br />
Firenze...ospiterà<br />
il IX Congresso Nazionale <strong>OSDI</strong><br />
di Rosetta Nocciolini<br />
som<br />
ma<br />
rio<br />
6 PAG. PAG.<br />
lettera dal direttore<br />
Diario di un infermiere<br />
di Roberta Chiandetti<br />
vita <strong>associativa</strong><br />
a cura di Roberta Chiandetti<br />
13<br />
24<br />
la parola all’esperto<br />
33<br />
lo sapevate che<br />
a cura del Comitato Scientifico<br />
di Marina Cassoni<br />
8<br />
scuola di formazione<br />
permanente <strong>OSDI</strong><br />
a cura del Direttore della Scuola<br />
di Formazione <strong>OSDI</strong><br />
45
OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
N. 2 giugno 2009<br />
4<br />
RICORDANDO<br />
ANDREA CAVALLARO<br />
Caro Andrea,<br />
ci hai lasciato in un giorno che doveva essere di festa, il 12 aprile del 2009.<br />
Te ne sei andato in silenzio così come sei sempre vissuto, senza che avessimo<br />
neppure l’amaro momento di un addio.<br />
Incredulità e tanta amarezza nel cuore, con le lacrime che a tanti di noi hanno<br />
solcato il viso.<br />
Eppure è vero, non vedremo più il tuo eterno, luminoso e sereno sorriso.<br />
Adesso non ci sono più le tue parole di conforto dei momenti tristi, le tue riflessioni<br />
filosofiche di tante notti trascorse a scrivere, le tue poesie, i tuoi fiori che sapevi<br />
sapientemente allegare ai tuoi scritti per rinforzare un concetto, per inviare auguri,<br />
e sempre, coglievi nel segno, possedevi il magico dono di comprendere i desideri, i<br />
bisogni dell’altro.<br />
Non mancavi mai agli appuntamenti importanti, ma sapevi farlo in modo discreto,<br />
spesso scusandoti per aver osato “rubare del tempo”.<br />
Ricordo ancora quel tuo ultimo messaggio: “ti chiamerò solo per farti gli auguri”,<br />
ma non ne hai avuto il tempo, ed io sento il profondo rimorso di non essere riuscita<br />
a precederti.<br />
Troppo presto ci hai lasciati, avevi ancora tanto da insegnarci, o forse, ci stai<br />
insegnando ancora tanto così, con il tuo “eterno silenzio”.<br />
Sei riuscito a farci guardare dentro molto più di quando ti avevamo vicino, non<br />
sarà facile adesso far finta di niente perché il tuo ricordo sarà più forte della tua<br />
presenza fisica.<br />
Quante volte ti abbiamo deluso, quante volte ti abbiamo ferito, magari senza<br />
cattiveria, ma tu avevi un animo grande, tu sapevi perdonare le nostre “debolezze<br />
di uomini”, tu sapevi volare più alto di noi.<br />
Sapevi ascoltare ed aspettare, stimolare e consolare, tu sapevi donarti senza<br />
chiedere, tu sapevi raggiungere l’anima “in punta di piedi”.<br />
La tua forza era l’amore, ed amore hai sempre donato, con generosità, con<br />
entusiasmo, con gioia, senza clamore, sommessamente, accompagnando ogni tuo<br />
gesto, ogni tua parola con un lucente sorriso.<br />
Ci mancherai Andrea, molto più di quanto tu abbia potuto percepire, ci mancherà<br />
la tua saggezza, la tua semplicità, il tuo saper dare valore al tempo, il tuo saper dare<br />
fiducia al prossimo anche quando forse non lo meritavamo, perdonaci se non siamo<br />
stati sempre capaci di renderti i tuoi stessi sentimenti.<br />
Vivrai con noi Andrea, nei momenti belli e nei momenti tristi, nel cuore di chi ti<br />
ha conosciuto ed amato e porteremo il tuo ricordo a chi vorrà sapere “la Persona<br />
Speciale che eri”.<br />
A Francesca tua moglie e a Jonathan tuo figlio, va tutto il nostro sostegno ed il<br />
nostro affetto, nel tuo ricordo, certi che se tu li hai amati saranno senz’altro persone<br />
speciali come te.<br />
Un grosso abbraccio da tutti noi, da coloro che ti hanno voluto bene.<br />
Ciao<br />
Rosetta Nocciolini
OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
N. 2 giugno 2009<br />
editoriale<br />
6<br />
Firenze…la città e la sua storia, l’arte e le sue opere, stupende testimonianze di un tempo<br />
che fu.<br />
“Palazzo Vecchio”, progettato da Arnolfo di Cambio, decorato sontuosamente dal Vasari,<br />
con la Loggia Dei Lanzi che domina Piazza Della Signoria ove è possibile ammirare le sue<br />
importanti statue tra cui “Il Perseo” del Cellini e “Il ratto delle Sabine” del Giambologna.<br />
“Palazzo Pitti”, residenza di famiglia di Cosimo I De’ Medici dal 1549, famoso anche per i<br />
giardini che lo circondano: “I giardini di Boboli”.<br />
Il “Duomo” in stile gotico, completamente coperto da marmo colorato, al cui interno è<br />
possibile ammirare “La Pietà di Michelangelo” o le porte di bronzo dell’altare, o gli intarsi del<br />
Brunelleschi e di Antonio Del Pollaiolo, ed ancora le splendide vetrate di artisti quali: Donatello,<br />
Andrea del Castagno, Paolo Uccello.<br />
“La Cupola” che Filippo Brunelleschi iniziò a costruire nel 1420, il “Campanile di Giotto”,<br />
la “Basilica di San Lorenzo”, le “Cappelle Medicee”, Il “Ponte Vecchio e il Corridoio Vasariano”,<br />
questo e molto altro ancora, sono Firenze.<br />
Firenze ed i suoi Artisti: Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Filippo Brunelleschi, Pietro<br />
Cimabue, Leonardo Da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Macchiavelli….<br />
Firenze... ospiterà il<br />
IX Congresso Nazionale <strong>OSDI</strong><br />
Maggio è il mese ed esattamente nei<br />
giorni 20 – 22 dell’anno 2010 si terrà il<br />
nostro prossimo congresso.<br />
Il tema trattato sarà: “Il Diabete Mellito<br />
tipo 2 e le complicanze croniche”.<br />
Come sempre ci saranno momenti di<br />
condivisione in plenaria con gli ultimi aggiornamenti<br />
sul tema ma anche confronti<br />
nelle tavole rotonde e numerosi saranno<br />
i simposi ove sviscerare gli argomenti.<br />
Altro non voglio ancora svelare per<br />
lasciare spazio alla vostra immaginazione,<br />
ma il Comitato Scientifico sta già lavorando<br />
con cura al programma.<br />
… Ma un Congresso non è soltanto<br />
aggiornamento, non è solo condivisione<br />
di saperi, è anche un momento di grande
aggregazione, è un riconoscersi, è un<br />
focalizzare le nostre menti sui contenuti<br />
del nostro “Codice Deontologico”.<br />
Il Codice è un insieme convenuto<br />
di regole e aspettative per orientare<br />
la pratica della professione, con<br />
la funzione di promuovere e mantenere<br />
gli standard etici di condotta<br />
professionale e da sempre rappresenta<br />
un modello nel campo dei doveri professionali<br />
ma oggi evidenzia anche le<br />
responsabilità.<br />
I suoi Articoli ci riportano ripetutamente<br />
alla centralità dell’assistito,<br />
ai rapporti con la persona,<br />
all’informazione, al pluralismo etico,<br />
al consenso agli atti sanitari,<br />
all’autonomia ed all’autodeterminazione<br />
dei cittadini, ai dolori ed<br />
ai sintomi, ai limiti delle cure, al ruolo<br />
dei familiari, al lavoro di equipe.<br />
Un Codice Deontologico è un corpo<br />
di regole che i professionisti si auto<br />
impongono rispetto ai doveri professionali,<br />
ma un Codice non sostituisce<br />
la legge (che regola i comportamenti<br />
del cittadino), o l’etica (che regola i<br />
comportamenti dell’uomo), rappresenta<br />
una guida ma non è un mansionario<br />
né un ricettario.<br />
Sono principi guida sottesi al Codice<br />
Deontologico: “L’autonomia”<br />
(rispetto per l’autodeterminazione<br />
dell’assistito e il coinvolgimento nelle<br />
decisioni che lo riguardano); “La<br />
beneficialità” (orientamento al bene<br />
dell’assistito secondo i suoi valori e il<br />
suo interesse); “La non maleficialità”<br />
(evitare ciò che nuoce o danneggia<br />
l’assistito ); “La giustizia/equità” (opporsi<br />
a discriminazioni e ingiustizie e<br />
promuovere un’equa distribuzione<br />
delle risorse).<br />
E’ altresì ribadito l’impegno<br />
dell’infermiere ad essere preparato.<br />
L’agire “se” e “quando” è preparato;<br />
il diritto/dovere ad essere formato e<br />
al richiedere l’intervento di colleghi<br />
esperti o altri professionisti come consulenti<br />
o erogatori di prestazioni qualora<br />
non sia pronto ad eseguirle.<br />
Morale, etica, deontologia, stile,<br />
norma, assumono quindi per<br />
l’infermiere un significato pregnante<br />
ed ogni morale detta norme etiche<br />
alla ricerca del bene comune e della<br />
convivenza.<br />
L’infermiere è un agente morale,<br />
cioè una persona che compie scelte<br />
di natura etica poiché il suo agire è<br />
condizionato, ma non interamente<br />
determinato, dal contesto, dal cliente,<br />
dalle prescrizioni, dall’organizzazione<br />
del lavoro.<br />
Egli agisce continuamente una<br />
sintesi tra valore, norme morali e giuridiche,<br />
deontologia professionale,<br />
cultura e situazioni contingenti.<br />
L’infermiere tutela il decoro proprio<br />
e della professione ed esercita l’attività<br />
con lealtà nei confronti dei colleghi e<br />
degli altri operatori.<br />
Buone vacanze a tutti.<br />
Rosetta Nocciolini<br />
ANDREA<br />
edi<br />
to<br />
ria<br />
le<br />
Ti abbiamo conosciuto<br />
diversi anni fa ed ognuno<br />
di noi ti ha apprezzato<br />
per la tua bontà, la<br />
tua genuinità e la tua<br />
semplicità, per la tua<br />
grande voglia di fare e<br />
di crescere.<br />
Il vuoto che hai lasciato<br />
è immenso, non basterà<br />
un oceano per riempirlo.<br />
Ti siamo grate per ciò<br />
che ci hai lasciato, i tuoi<br />
articoli, le tue stupende<br />
poesie, ma soprattutto<br />
il tuo sorriso, il tuo ottimismo<br />
e la tua gioia di<br />
vivere.<br />
Non rivedremo più il tuo<br />
volto, ma sarai sempre<br />
tra di noi e con te continuerà<br />
il cammino di<br />
quell’<strong>OSDI</strong> in cui tanto<br />
credevi.<br />
Consiglio Direttivo<br />
Nazionale<br />
N. 2 giugno 2009<br />
7
N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
8<br />
lettera<br />
daldirettore<br />
Ben trovati a tutti,<br />
di Roberta Chiadetti<br />
magari un po’ stanchi e aspettando con ansia le sospirate ferie…Sono stati tre<br />
mesi intensi; sono state molte le occasioni che nelle diverse Regioni hanno portato<br />
a ritrovarsi. Ci siamo visti, abbiamo parlato, ci siamo confrontati …non sempre su<br />
cose piacevoli, purtroppo.<br />
Il giornale si apre con i saluti ad un Amico, un Collega gentile e generoso che, come<br />
si capisce dalle testimonianze, lascerà un vuoto profondo.<br />
Ma anche le consuete poche parole di presentazione del numero di giugno, abbiamo<br />
voluto sostituirle da una testimonianza, tanto anonima quanto coraggiosa nel fare,<br />
nel pensare, nello scegliere…è il “Diario di un Infermiere” nei giorni del Terremoto in<br />
Abruzzo. Molto poco di questa testimonianza è stato omesso, esclusivamente per<br />
scelta di imparzialità politica del giornale, ma quel che resta è più che sufficiente<br />
per farci pensare…Il documento che leggerete è ricavato da una serie di testimonianze<br />
raccolte da Maria Antonietta Melchiorre, che ringraziamo e alla quale siamo<br />
tutti vicini con un ideale abbraccio che racchiude tutti gli altri colleghi abruzzesi .<br />
Buona estate<br />
Roberta Chiandetti
Diario<br />
di un infermiere<br />
I<br />
qui è il caos. il terremoto è arrivato di<br />
notte distruggendo.<br />
morti. feriti. senza casa.<br />
brutte storie. anche belle storie.<br />
l’umanità è il tratto che più mi emoziona.<br />
sono al lavoro da diverse ore. lavorerò<br />
ancora.<br />
ora. la mia rivoluzione è contribuire ad<br />
arginare il dolore degli altri.<br />
fate il possibile per darci una mano.<br />
II<br />
è stato il caos.<br />
a partire dalla notte della scossa. ho<br />
creduto che la casa mi venisse addosso.<br />
ma non ho avuto paura. il sonno così<br />
improvvisamente interrotto non garantiva<br />
lucidità.<br />
venti secondi. forse trenta. sembrava<br />
non finire.<br />
poi ho chiamato Fabio immediatamente.<br />
mi ha risposto Francesca piangendo ed<br />
urlando: “aiuto, aiuto... siamo salvi ma<br />
è crollato tutto!” ed è caduta la linea.<br />
sono andato al 118. alcuni di noi sono<br />
partiti in ambulanza. io sono rimasto in<br />
farmacia a raccogliere materiali da mandare.<br />
sono poi andato in aeroporto dove<br />
arrivavano aerei ed elicotteri con i feriti.<br />
nel pomeriggio turno d’emergenza al<br />
118. perché non si è fermato nulla nel<br />
frattempo. e l’ospedale era al collasso.<br />
e la gente si aggirava in pronto soccorso<br />
senza capire.<br />
non credo che le parole rendano i fatti.<br />
c’è una realtà che non è descrivibile.<br />
solo vedendola è possibile leggerla nella<br />
sua completezza.<br />
ieri pomeriggio una delle tante macchine<br />
con una famiglia rimasta senza casa è<br />
arrivata qui in postazione:<br />
“vorremmo un posto dove dormire. non<br />
abbiamo più nulla. abbiamo due bambini<br />
piccoli in macchina ed una persona<br />
anziana. aiutateci”<br />
e si è messo a piangere. ha cercato di<br />
abbracciarmi. mi sono scostato. non mi<br />
sono sentito così degno di condividere<br />
il suo dolore. com-patire è soprattutto<br />
un onore.<br />
è una questione di dignità. io non ce<br />
l’ho, non me la sono sentita. vivo un<br />
territorio a rischio sismico. non ho fatto<br />
nulla per evitare queste morti. ho la mia<br />
parte di colpa. e l’ho sentita tutta la<br />
colpa. l’ho accarezzato in viso e non<br />
l’ho abbracciato quell’uomo che piangeva.<br />
non ne ero degno. mi resta il senso<br />
liquido di quel pianto sulle mani. e molta<br />
vergogna per tutto quello che è successo.<br />
ieri mattina ho collaborato con dei soldati<br />
dell’esercito. portavano feriti in un eli-<br />
cottero da guerra molto grande. erano<br />
ragazzi dolcissimi. accarezzavano i feriti<br />
e sorridevano loro. in divisa da guerra.<br />
una specie di ossimoro. una stranezza,<br />
non trovi?<br />
mi sono sentito come loro. sono stato<br />
anche io un soldato da guerra. io. ti<br />
rendi conto?<br />
mi ha colpito l’umanità della gente. il<br />
dolore ci rende umani. un soldato diventa<br />
un infermiere. un infermiere diventa<br />
un soldato. un elicottero da guerra si fa<br />
macchina di salvezza. il dolore ribalta<br />
tutto nel senso dell’umanità. forse dovremmo<br />
essere perennemente addolorati<br />
per essere migliori di quello che siamo.<br />
accanto alla colpa ho sentito l’occasione<br />
di crescita. sono distrutto. ma anche<br />
diverso. potere aiutare la gente è davvero<br />
un privilegio. mi sento bene questa<br />
mattina. male e bene nello stesso tempo.<br />
ho la morte e la vita dentro. il pianto e<br />
il riso.<br />
è così.<br />
III<br />
il PMA (Punto Medico Avanzato) in piazza<br />
d’armi a l’aquila ha una trentina di<br />
posti letto per i ricoveri urgenti. ha una<br />
sala di pronto soccorso ed una farmacia<br />
accanto. c’è luce al neon a differenza<br />
delle tende nel campo ma nessun riscaldamento.<br />
il gelo della notte sarà la forma<br />
di questo ricordo. ricorderò questo terremoto<br />
con un brivido di freddo. sempre.<br />
ho appena concluso il turno di notte<br />
con alcuni miei colleghi del 118 di Pescara<br />
e tre infermieri teramani.<br />
ora il PMA, passata la prima fase di<br />
emergenza, accoglie pazienti affetti da<br />
patologie che in genere non costituiscono<br />
un imminente pericolo di vita.<br />
nei giorni immediatamente successivi<br />
alla scossa del 6 aprile, nel PMA sono<br />
transitate persone affette soprattutto<br />
da traumatismi vari. sono state ricoverate<br />
qui dove hanno ricevuto le prime cure,<br />
i più gravi sono stati trasferiti in ospedali<br />
della regione.<br />
questa notte si sono rivolti a noi soprattutto<br />
pazienti in preda al panico. la paura<br />
in questo campo è l’elemento comune<br />
a tutti: c’è chi trema di paura, chi piange<br />
di paura, chi ride di paura, chi si mostra<br />
indifferente per paura. è sempre la paura<br />
ad agire i comportamenti. ed anche i<br />
pensieri.<br />
le scosse non smettono mai: costituiscono<br />
lo sciame sismico che in genere segue<br />
una grossa scossa. questa notte alle 3<br />
in punto c’è stata una scossa 5.1. la<br />
paura, la solita paura, ha assunto la<br />
forma del panico; ho sentito urla, lamenti,<br />
anche tirate comiche tese a sdrammatizzare.<br />
ma non saprei definire una<br />
manifestazione su tutte le altre. la paura<br />
ha anche questa caratteristica: la monotonia<br />
delle forme. tutte le persone impaurite<br />
ti guardano negli occhi come<br />
per chiedere aiuto. anche gli sbruffoni<br />
impauriti ti chiedono aiuto. strafottenti<br />
ma in preda al panico, vorrebbero farti<br />
credere d’essere eroi ed invece non sono<br />
altro che “cagasotto”.<br />
la paura ci fa tutti “cagasotto”.<br />
credo che molto si dovrà fare nel prossimo<br />
futuro per arginare la paura dirompente.<br />
le benzodiazepine non potranno<br />
costituire la soluzione al problema. possono<br />
essere un tampone, un contenimento<br />
momentaneo ma dovremo inventarci<br />
altro visto che non basterà<br />
ricostruire le case.<br />
ieri sera ho conosciuto dei medici clown<br />
che lavorano con la paura. ci scherzano<br />
su, la accarezzano e la smontano. ci<br />
provano. i bambini sembrano divertirsi.<br />
anche gli adulti e gli anziani. il teatro,<br />
la clownerie, possono essere in futuro<br />
delle possibili alternative alle benzodiazepine.<br />
ma c’è altro.<br />
ci sono tossicodipendenti in trattamento<br />
che chiedono metadone.<br />
ci sono anziani affetti da altzheimer che<br />
non sanno cosa stia succedendo intorno<br />
a loro.<br />
ci sono bambini senza scuola. bambini<br />
al freddo. bambini senza giochi.<br />
ci sono alcolisti cronici che non hanno<br />
un posto dove comprare il vino che li<br />
riscaldi e li addormenti di notte.<br />
ci sono “barboni” che non hanno più<br />
i portici per dormire e non credono di<br />
riuscirci in una tenda buia e fredda.<br />
ci sono schizofrenici che non sentono<br />
più voci e non hanno sigarette.<br />
ci sono clandestini che cercano clandestini<br />
che non si trovano.<br />
ci sono sciacalli. veri sciacalli, falsi sciacalli.<br />
c’è il battaglione san marco che presidia<br />
i cumuli di macerie.<br />
ma soprattutto c’è il freddo di notte.<br />
che viene col buio. forse è la paura che<br />
raggela l’aria, che chiama la notte e non<br />
il contrario. quando si fa buio la gente<br />
entra nelle tende e arriva il silenzio.<br />
nel PMA cala l’affluenza. solo paure:<br />
LETTERA DAL DIRETTORE<br />
N. 2 giugno 2009<br />
9
N. 2 giugno 2009 LETTERA DAL DIRETTORE<br />
10<br />
gente che si sveglia di notte gridando e<br />
con il cuore al galoppo. e poi una vecchietta<br />
che vomita ed ha la pressione<br />
alta, una donna rumena con il mal di<br />
pancia, una bambina che aspetta una<br />
iniezione di antibiotico.<br />
è notte.<br />
IV<br />
La lontananza dall’epicentro è soprattutto<br />
motivo di riflessione. Essere lì è<br />
come non pensare ed invece fare, fare,<br />
fare...<br />
Fare dimenticando tutto.<br />
Nei tre giorni di distanza da L’Aquila,<br />
qui a Pescara dove il terremoto arriva<br />
ormai senza magnitudo, ho avuto modo<br />
di ragionare la mia prossima partenza.<br />
Molto schematicamente.<br />
Quello che non ho apprezzato del mio<br />
intervento nel PMA aquilano è l’eccessiva<br />
visibilità.<br />
Intervenire invisibilmente è ciò che definirei<br />
“aiuto senza distrazione”.<br />
La visibilità confina con la vanità. La sua<br />
ricerca, nonostante la buona fede, è<br />
esercizio che supera il nursing.<br />
Molto schematicamente.<br />
Visibilità, distrazione, vanità, narcisismo:<br />
extranursing.<br />
Rendersi disponibili, com-prendere gli<br />
altri ed i loro bisogni costituisce l’ambito<br />
del nursing. Dire di sé, autocelebrarsi<br />
anche se con misura, esporsi fino a<br />
guadagnare la scena televisiva, tutto ciò<br />
rappresenta l’elemento debordante<br />
l’intenzione d’aiuto.<br />
C’è insomma un’estetica dell’aiuto che<br />
non è solo compostezza ma è anche<br />
bellezza: dovrò tenere in considerazione<br />
l’elemento estetico attraverso pratiche<br />
di autodisciplina ovvero di sottrazione<br />
dalla vanità.<br />
Un cooperante è più vicino ad un samurai<br />
che ad un attore di reality. In quelle<br />
movenze esatte e nette, in quella rinuncia<br />
delle forme spettacolari, in quei<br />
prolungati silenzi, nella scelta di trasparire,<br />
in queste forme del corpo che sono<br />
l’essenza dell’arte dei samurai, è il paradigma<br />
dell’assistenza, la sua essenza.<br />
Il mio prossimo intervento nelle zone<br />
del terremoto sarà votato alla ricerca<br />
dell’invisibilità attraverso l’autodisciplina<br />
nella speranza che sottrarsi alle news,<br />
sia l’equivalente della concentrazione<br />
sui bisogni altrui.<br />
Molto schematicamente.<br />
Defilarsi, smettere di essere una notizia,<br />
praticare il silenzio stampa; insomma,<br />
trasparire è come farsi mero motore<br />
assistenziale. Nulla di più.<br />
L’ emergenza in senso stretto sembra<br />
concludersi ed il passaggio di fase può<br />
essere rappresentato dalla sostituzione<br />
di interventi di natura assistenziale ad<br />
interventi su traumatismi: le vittime sono<br />
finalmente sopra le macerie. Qui sopra,<br />
e non sotto, si interverrà a partire da<br />
domani.<br />
L’ organizzazione dei campi secondo<br />
accettabili standard igienico-sanitari, il<br />
riscaldamento delle tende,<br />
l’illuminazione, l’allestimento di docce<br />
con acqua calda, il lavoro sul tempo<br />
libero soprattutto con i bambini e gli<br />
anziani sono le nuove direzioni dell’aiuto<br />
e non c’è alcuna necessità di adoperare<br />
forme spettacolari o comunque incentrate<br />
sull’ego.<br />
Com-prendere l’altro d’altronde, contiene<br />
già in partenza un elemento inalienabile:<br />
chi aiuta un proprio simile, aiuta<br />
anche un po’ se stesso poiché riceve da<br />
quest’esercizio importanti quote di benessere<br />
e felicità; l’aiuto attiva sempre<br />
meccanismi gioiosi e di autoappagamento<br />
risultando così inutile esagerare nella<br />
promozione di sé.<br />
Molto schematicamente.<br />
Sarò a L’Aquila nei prossimi giorni rigettando<br />
ogni ipotesi di espansione egoica<br />
e costringendo il il mio intervento alla<br />
relazione d’aiuto.<br />
Di me non resterà traccia.<br />
V<br />
Sono al campo San Biagio di Tempera,<br />
un paesino vicino L’Aquila. Ci sono 127<br />
residenti per la maggior parte anziani.<br />
Nel campo lavorano insieme la Protezione<br />
Civile, la Misericordia di Montefalcione<br />
e la Brigata di Solidarietà Attiva di<br />
Rifondazione Comunista. Ci sono una<br />
cucina da campo, un magazzino scorte,<br />
una segreteria, un ambulatorio medico<br />
ed infermieristico, un team di psicologhe,<br />
un sacerdote. Solo ieri sono arrivati<br />
alcuni bagni chimici. E’ consentito il<br />
lavaggio delle mani in un lavandino<br />
comune; l’acqua è fredda e non potabile.<br />
L’acqua.<br />
Dobbiamo evitare che diventi un eventuale<br />
mezzo di contaminazione. Chiamo<br />
al telefono un farmacista del Ordine dei<br />
Farmacisti di Cuneo che è qui vicino con<br />
una farmacia mobile. Amuchina nella<br />
cisterna da 10.000 litri d’acqua, erogatori<br />
di ipoclorito di sodio nei bagni ed educazione<br />
dei residenti. Questa mattina<br />
comincio il lavoro di igienizzazione<br />
dell’acqua.<br />
Terminata l’emergenza, l’infermieristica<br />
di comunità mi sembra sia il modo giusto<br />
per essere qui.<br />
Ieri pomeriggio ho fatto un giro per le<br />
tende distribuendo salviette umide ed<br />
Amuchina:<br />
“Buongiorno. Sono Lorenzo, l’infermiere<br />
del campo. Vorrei parlarvi delle mani. E<br />
di quanto sia importante per noi tutti<br />
lavarle. Oggi e qui più di ieri ed a casa:<br />
lavarle bene e spesso”. I bambini mi<br />
fanno le smorfie e ridono.<br />
C’è interesse verso comunicazioni di<br />
questo tipo, c’è spirito di collaborazione<br />
da parte dei residenti ed anche<br />
l’intenzione ad autorganizzarsi, a non<br />
stare fermi, a prendere in mano la situazione:<br />
“Ho recuperato un aspirapolvere<br />
e pulirò la tenda come facevo con casa<br />
mia. Tutti i giorni”, mi dice una mamma<br />
con un bambino in braccio.<br />
Questo campo è una comune. O qualcosa<br />
di simile. Non c’è gerarchia ma ci<br />
sono ruoli, funzioni e nessuno ha la<br />
pretesa di comandare. Gli riderebbero<br />
in faccia se solo lo facesse. Tutti fanno<br />
qualcosa e questa opera è un lavoro<br />
libero dal salario ed assolutamente organizzato<br />
L’autonomia è la regola del campo. Mancando<br />
il comando ma anche la rappresentanza<br />
e la delega, la gente sembra<br />
realizzare quanto importante sia assumersi<br />
la responsabilità dell’ opera da<br />
svolgere.<br />
Tutti assumono comportamenti volti alla<br />
responsabilità e nell’aria si respira tutta<br />
questa necessità di fare da sé.<br />
…………..(omissis). Questo clima del<br />
campo così lontano dal dibattito pubblico<br />
sul terremoto è il motore dell’organizzazione.<br />
Dell’autorganizzazione!<br />
Tadeus è in Italia da 11 anni. Colpito<br />
dalla recente crisi perde il lavoro e si<br />
trasferisce a Tempera da Roma ed acquista<br />
una casa vecchia che il terremoto<br />
butta giù inesorabilmente a restauro<br />
appena concluso: “Se non l’avessi restaurata<br />
ci sarei morto dentro”, mi dice<br />
raccontandomi dei lavori svolti tenendo<br />
presente la possibilità del sisma.<br />
Tadeus è un elettricista ed arriva in ambulatorio<br />
per chiedere una Tachipirina.<br />
Ci sono fili elettrici a terra, non c’è<br />
ancora l’illuminazione ed il frigorifero<br />
con i farmaci non ha corrente elettrica:<br />
“Posso sistemare tutto subito, sono un<br />
elettricista”, dice Tadeus. Nel giro di due<br />
ore l’ambulatorio s’illumina e si riscalda<br />
con una riscaldatore elettrico.<br />
Tadeus, il polacco, finisce per diventare<br />
un punto di riferimento nel campo, è in<br />
giro con i suoi attrezzi e non smette di<br />
lavorare.<br />
Forse ho dimenticato di somministrargli<br />
la Tachipirina.<br />
Tadeus è l’esempio di come funziona
l’ingaggio nel campo: hai desiderio di<br />
fare una cosa, ti offri, illustri il tuo progetto,<br />
lavori. Punto e basta.<br />
La notte è fredda, gelida nonostante la<br />
stufa elettrica di Tadeus. Sono rimasto<br />
solo in ambulatorio e non spengo la<br />
luce perché credo sia importante comunicare<br />
che questo posto di cura non<br />
chiude.<br />
Collego il mio PC alla rete ed attraverso<br />
velocemente Facebook, leggo la posta<br />
poi passo a qualche poesia di Luzi, quindi<br />
a Chomsky : Anarchismo, contro i modelli<br />
culturali imposti.<br />
Mi annoia un po’, il gelo mi impedisce<br />
la concentrazione ed allora ripiego su<br />
Cornelio, il fumetto di Lucarelli.<br />
Gli ultimi pensieri della notte:<br />
-Meglio Julia che Cornelio. Meglio Cornelio<br />
che Chomsky. Quando fa freddo,<br />
naturally...<br />
-Ricostruire è possibile se esistono persone<br />
come Tadeus.<br />
-Le poesie di Luzi sono l’unico caldo in<br />
questo gelo. Più della stufa di Tadeus.<br />
-Gliel’ ho poi data la Tachipirina a Tadeus?<br />
-Sto bene in questo campo. La gente<br />
mi piace.<br />
-Cazzo, ci sto mettendo il cuore: non<br />
voglio andarmene!<br />
-Bisognerà rendere visibile l’ambulatorio<br />
con una bandiera<br />
-Dove troviamo gli erogatori di ipoclorito<br />
per i bagni? Telefoniamo a Rifondazione<br />
domattina. Boh!<br />
-Oddio che freddo... devo fare la pipì<br />
ma non ci vado. La tengo fino a domattina.<br />
VI<br />
Quanti terremoti conosci?<br />
Uno? Dieci? Cento?<br />
Non uno ma molti terremoti.<br />
C’è il terremoto che si vede, che tutti<br />
vedono in TV, quello delle barzellette<br />
sul camping e sul dentista che il premier<br />
dispensa agli sfollati nella tendopoli<br />
aquilana.<br />
C’è il terremoto di Bertolaso, dei sismografi,<br />
dei geologi, dei magistrati che<br />
indagano, di Vespa e dei suoi ospiti, dei<br />
programmi d’intrattenimento che commuovono,<br />
delle storie a lieto fine, delle<br />
tragedie indimenticabili, delle opinioni<br />
della Parietti.<br />
C’è il terremoto di Santoro e di Vauro,<br />
voci fuori dal coro, voci forse volgari ed<br />
inaccettabili. Magari censurabili. E perché?<br />
C’è il terremoto delle notizie vere,<br />
delle notizie false, delle notizie senza<br />
fondamento, delle notizie allarmistiche,<br />
delle notizie oscurate, delle notizie esagerate.<br />
Molti terremoti, forse cento. Forse più.<br />
C’è il terremoto degli aquilani fieri, forti<br />
e gentili, degli aquilani che piangono i<br />
morti riversi sulle bare, degli aquilani<br />
che fuggono al mare, di quelli che non<br />
intendono lasciare il paese per nessun<br />
motivo.<br />
C’è il terremoto dei campi, delle tende<br />
senza luce e senza riscaldamento per<br />
troppo tempo, dei bagni chimici luridi,<br />
delle cucine da campo, delle brandine,<br />
dei PMA per i feriti, dei medici clown,<br />
dei volontari della Croce Rossa.<br />
C’è il terremoto dei vecchi che siedono<br />
muti ad aspettare e dei bambini che<br />
disegnano macerie, dei cani che hanno<br />
perso il padrone, dei cani che il padrone<br />
non l’hanno mai avuto e che continuano<br />
a vivere randagi, dei veterinari che devono<br />
arrivare. Ma non dovevano arrivare<br />
oggi?<br />
C’è il terremoto dei 300 morti e dei vivi<br />
e dei feriti che si salveranno e che moriranno.<br />
Ci sono molti terremoti ed ognuno di<br />
noi racconta il suo; tutti sembrano veri<br />
ed un po’ lo sono realmente. Per il resto...<br />
Il terremoto dei bambini è sui fogli da<br />
disegno: macerie e palazzi sventrati,<br />
colori scuri, polvere, caos.<br />
Nel campo di Tempera alcune ragazze<br />
chiedono ai bambini di disegnare il terremoto.<br />
C’è Arianna da Roma che è psicologa.<br />
Le hanno appena comunicato che ha<br />
perso il lavoro.<br />
Sara invece viene da Pavia, è terapista<br />
della riabilitazione con la specializzazione<br />
in arte-terapia.<br />
I bambini di Sara ed Arianna hanno<br />
individuato vie tra le tende e le hanno<br />
nominate: c’è Vico Stretto ed anche<br />
Vico Strettissimo, vicino alla cucina da<br />
campo dove è proprio difficile passare.<br />
E poi c’è Piazza Grande che potrebbe<br />
tenerci tutti dentro.<br />
Sara dice: “Sai, Lorenzo... c’è poco da<br />
fare arte qui: la gente è distrutta, i bambini<br />
sono impauriti, non mi resta che<br />
accudire ed ascoltare le storie. Magari<br />
più in là, chissà. Forse. Non lo so”<br />
Vedo molti clown in giro.<br />
Hanno il camice da dottore, il trucco<br />
sugli occhi ed il naso finto e rosso sul<br />
naso vero. Si direbbe un’invasione di<br />
clown nei campi. E’ anche il terremoto<br />
dei clown.<br />
Ma cosa c’è da ridere ora? E’ davvero<br />
giusto far ridere questa gente che invece<br />
vuole soffrire? Non sarebbe meglio farla<br />
piangere? Questo è il tempo del pianto,<br />
della tristezza, delle storie da raccontare,<br />
della gente che ascolta. E non ride. Non<br />
ride. Non c’è proprio niente da ridere<br />
ora. Tornate a case signori clown, ci<br />
vedremo tra qualche tempo! Lasciateci<br />
piangere in pace ora.<br />
Cosa è vero, cosa è falso in questo<br />
sisma?<br />
La protezione civile è stata all’altezza di<br />
quanto è accaduto a L’Aquila ed in tutti<br />
i paesi della provincia.<br />
Vero o falso?<br />
Non era possibile approntare un piano<br />
dei soccorsi prima della grande scossa.<br />
Vero o falso?<br />
Tutti noi potevamo fare qualcosa per<br />
evitare tutte queste morti, per evitare<br />
tutta questa disorganizzazione.<br />
Vero o falso?<br />
Ore 24,30. Luis è a Pescara, 100 chilometri<br />
dal sisma. Luis ha 11 anni.<br />
La madre chiama il 118 perché il figlio<br />
non respira. Arriviamo in codice rosso e<br />
troviamo Luis in strada con la mamma,<br />
il papà e la sorellina che mi fa le smorfie<br />
e ride. Invito il ragazzo a salire in ambulanza.<br />
Sale anche sua madre.<br />
Luis respira male, lunghissime inspirazioni<br />
dopo brevi espirazioni. Un rumore respiratorio.<br />
Laringospasmo?<br />
La sua saturazione d’ossigeno è normale,<br />
la madre descrive il sintomo di Luis che<br />
viene di notte da qualche tempo e di<br />
giorno scompare. Luis è già stato in<br />
ospedale dove non hanno riscontrato<br />
nulla.<br />
A guardarlo bene, il bambino non ha il<br />
viso di chi soffre di dispnea:<br />
“Da quando ti succede, Luis?”<br />
“Dalla notte del terremoto!”<br />
“Hai paura, Luis?”<br />
“Ho paura che tutto crolli con una scossa!”<br />
“Luis! A Pescara il terremoto non arriva,<br />
c’è la sabbia sottoterra non la roccia.<br />
Luis!”<br />
La paura del terremoto si propaga fino<br />
a raggiungere Luis che smette di respirare<br />
a 110 chilometri di distanza. Mentre<br />
Sara ed Arianna tracciano la mappa del<br />
campo dei bambini: Vico stretto, Vico<br />
Strettissimo.<br />
La paura non risparmia neanche noi che<br />
siamo al mare.<br />
Per questo non c’è tempo di tremare.<br />
Si torna a L’Aquila domani. Senza il naso<br />
rosso sul naso vero.<br />
Con il rispetto per le storie della terapista<br />
Sara. Con la distanza dalle barzellette<br />
del premier sul campeggio. Con la convinzione<br />
che c’è del vero e c’è del falso<br />
in questo terremoto.<br />
Perché ce ne sono tanti di terremoti.<br />
N. 2 giugno 2009 LETTERA DAL DIRETTORE<br />
11
vita<br />
<strong>associativa</strong><br />
FIRST ITALIAN DIABETES<br />
AND PHISICAL ACTIVITY<br />
GLOBAL FORUM<br />
ell’ambito del congresso FIRST ITALIAN<br />
DIABETES AND PHISICAL ACTIVITY GLO-<br />
BAL FORUM che si è svolto a Villasimius<br />
(Cagliari) dal 1 al 3 maggio 2009 si è<br />
tenuta una tavola rotonda alla quale hanno<br />
partecipato diverse figure professionali a<br />
rappresentanza delle loro associazioni/istituzioni:<br />
il Ministero della Salute, le<br />
società scientifiche (AMD,SID, SIO, <strong>OSDI</strong>,<br />
FIMG), il laureato in scienze motorie, il<br />
volontariato (ANIAD, FAND, FDG, AID,<br />
Diabete Forum, JDF, AGD), i mezzi di<br />
informazione.<br />
L’obiettivo della tavola rotonda era<br />
quello di definire, ognuno per il proprio<br />
ruolo, il contributo che la propria società/istituzione/associazione<br />
poteva mettere<br />
in atto o aveva già attivato per la<br />
causa in oggetto alla tavola rotonda, e<br />
quali potevano essere le potenzialità future<br />
da mettere in campo per delineare un<br />
quadro complessivo delle iniziative e delle<br />
attività realizzate in Italia per la promo-<br />
a cura di Roberta Chiandetti<br />
Task Force per la promozione dell’attività fisica<br />
nella popolazione a rischio<br />
n<br />
zione della salute attraverso lo sport<br />
nella popolazione a rischio. Lo scopo<br />
finale era quello di definire quali potrebbero<br />
essere le “call to action” per sviluppare<br />
un processo coordinato che potesse<br />
coinvolgere tutti gli attori della diabetologia<br />
italiana.<br />
Gli effetti positivi dell’esercizio fisico<br />
sono oramai noti a tutti, ma siamo ancora<br />
lontani dalla diffusione di tale pratica. Si<br />
stima che l’inattività fisica causi 1.9 milioni<br />
di morti annualmente nel mondo. Approssimativamente<br />
il 10-16% dei casi di cancro<br />
OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
N. 2 giugno 2009<br />
13
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
14<br />
del colon e di diabete, e circa il 22% dei<br />
casi di malattia ischemica coronarica sono<br />
attribuibili alla mancanza di attività fisica in<br />
entrambi i sessi (World Health Report 2002).<br />
Trials controllati e randomizzati e studi<br />
longitudinali hanno mostrato sorprendentemente<br />
la stessa percentuale di riduzione<br />
(60%) di mortalità per malattia cardiovascolare<br />
in diabetici allenati rispetto a quelli<br />
non allenati e di conversione da IGT a<br />
Diabete.<br />
L’incremento di 1 Met della capacità<br />
fisica riduce il rischio di mortalità da tutte<br />
le cause del 12%.<br />
La terapia comportamentale comprendente<br />
30 minuti di attività fisica moderata<br />
(5-7 volte alla settimana) è in grado di<br />
prevenire il diabete tipo 2 nel 50-60%<br />
dei casi di IGT.<br />
La sua efficacia è superiore<br />
all’intervento farmacologico.<br />
L’esercizio fisico aerobico strutturato<br />
per almeno 8 settimane riduce la emoglobina<br />
glicosilata. Migliori risultati si raggiungono<br />
con esercizi aerobici ad alta intensità<br />
(livello di evidenza A).<br />
Anche gli esercizi di resistenza (anaerobici)<br />
supervisionati e a carichi progressivi<br />
migliorano il compenso glicemico (livello<br />
di evidenza A).<br />
L’esercizio fisico aerobico riduce il<br />
rischio cardiovascolare primario nei casi<br />
di diabete mellito di tipo 2 (livello di evidenza<br />
B).<br />
La riduzione del rischio cardiovascolare<br />
deriva dalla sommatoria di molteplici fattori,<br />
fra cui riduzione della pressione arteriosa,<br />
modifiche antiaterogene dei lipidi,<br />
riduzione del grasso addominale.<br />
L’esercizio fisico aerobico prolungato<br />
(7 h/sett.) contribuisce ad impedire il riacquisto<br />
del peso perduto in obesi con e<br />
senza diabete mellito di tipo 2 (livello di<br />
evidenza B).<br />
Almeno il 60% della popolazione<br />
mondiale non raggiunge la raccomandazione<br />
di praticare 30 minuti di attività<br />
fisica moderata-intensa al giorno (WHO<br />
Statement 2004).<br />
Il problema di questa discrasia fra dati<br />
reali e le evidenze della letteratura può<br />
essere risolto solo se affrontato a livello<br />
globale, con il coinvolgimento delle istituzioni,<br />
dei governi e della comunità in<br />
generale.<br />
Lo studio Quadri aveva messo in evidenza<br />
le carenze assistenziali, anche rispetto<br />
alla pratica di attività fisica: l’80%<br />
degli intervistati coinvolti nello studio<br />
aveva ricevuto informazioni
sull’importanza dell’attività fisica, ma il<br />
31% (quasi 1 su 3) dei pazienti intervistati<br />
risultava sedentario e pochissimi pazienti<br />
praticavano attività fisica almeno 3-4 volte<br />
alla settimana. Questo si può definire il<br />
paradosso dell’attività fisica: tutti sanno<br />
che è una opzione sicura ed efficace ma<br />
pochi la utilizzano.<br />
Per contrastare tale tendenza è necessario<br />
migliorare l’informazione e<br />
l’educazione dei pazienti. Per indurre<br />
opportuni cambiamenti nei comportamenti,<br />
è necessario rimodulare le forme della<br />
comunicazione rispetto ai corretti stili di<br />
vita perché, nonostante l’informazione sia<br />
diffusa (più del 90% è informato su fumo,<br />
controllo del peso, corretta attività fisica<br />
ed alimentazione ponderata), i comportamenti<br />
reali dimostrano che gli attuali<br />
interventi educativi sono inefficaci.<br />
Occorrono iniziative intersettoriali da<br />
parte di tutti gli operatori interessati che<br />
operino in sinergia per una diffusione<br />
sempre più capillare della pratica<br />
dell’attività fisica nella popolazione in<br />
generale e soprattutto nella popolazione<br />
a rischio.<br />
Sulla base di tali assunti la nostra<br />
associazione ha ritenuto di poter intervenire<br />
seguendo diverse linee di indirizzo:<br />
• Formazione e aggiornamento degli<br />
infermieri sull’importanza dell’attività<br />
fisica, intesa come parte integrante<br />
della cura del paziente diabetico. E’<br />
opinione condivisa che per sviluppare<br />
nel paziente la motivazione necessaria<br />
ad intraprendere programmi strutturati<br />
di attività fisica, è necessario in primo<br />
luogo che essi siano guidati da operatori<br />
aggiornati e motivati. Un’ infermiere<br />
aggiornato risulta in tal caso determinante,<br />
poiché agisce da propulsore<br />
verso il paziente, motivandolo ad assumere,<br />
e a mantenere nel tempo, uno<br />
stile di vita più sano e più attivo.<br />
• Programmazione di interventi di<br />
educazione terapeutica strutturata<br />
sull’attività fisica, finalizzati<br />
all’educazione dei pazienti.<br />
• Approfondimenti sull’argomento<br />
attraverso la nostra rivista (scaricabile<br />
anche sul sito www.osdi.it) per sensibilizzare<br />
gli operatori anche relativamente<br />
alle patologie collegate all’obesità in<br />
sempre maggior aumento.<br />
• Consulenza infermieristica nei reparti<br />
di degenza, come previsto dal nostro<br />
codice deontologico: “l’infermiere presta<br />
consulenza ponendo le proprie conoscenze<br />
ed abilità a disposizione della<br />
comunità professionale”. Stante il sempre<br />
maggior numero di diabetici tipo II<br />
che vengono ospedalizzati sia per gli<br />
esordi complicati sia per le complicanze<br />
vere e proprie, si rende necessario mettere<br />
a disposizione interventi di consulenza<br />
diretta sia ai pazienti che al personale<br />
di reparto, per un corretto<br />
rinforzo nel tempo del messaggio educativo<br />
sullo stile di vita che, ovviamente,<br />
non può non comprendere l’attività<br />
fisica.<br />
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
15
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
16<br />
• Istituzione di una indagine sugli<br />
interventi strutturati volti alla prevenzione:<br />
corsi di educazione all’esercizio<br />
fisico, educazione terapeutica di gruppo,<br />
educazione alimentare. Tale indagine<br />
ha lo scopo di incentivare i colleghi a<br />
rendere noti i progetti regionali e diffondere<br />
la cultura professionale<br />
sull’argomento attraverso il confronto<br />
e la partecipazione attiva.<br />
• Collaborazione con altre associazioni<br />
e istituzioni su progetti di sensibilizzazione,<br />
formazione ed educazione (vedi<br />
“Panorama Diabete”, “EASD”ecc).<br />
• Disponibilità a lavorare in cooperazione<br />
con le altre figure professionali<br />
per l’implementazione e il rinforzo dei<br />
messaggi educativi relativi all’esercizio<br />
fisico: proposte agli infermieri di comunità<br />
per interventi di educazione sullo<br />
stile di vita alla cittadinanza e nelle<br />
scuole primarie, in collaborazione con<br />
le altre figure professionali (dietisti,<br />
educatori, medici ecc).<br />
Maria Teresa Branca<br />
Attività fisica: qualunque movimento del corpo prodotto dalla contrazione<br />
dei muscoli scheletrici che richiede spesa energetica in eccesso rispetto al<br />
dispendio energico a riposo.<br />
Esercizio: è un’attività fisica pianificata, strutturata e ripetitiva atta a<br />
migliorare o mantenere uno o più componenti della fitness fisica.<br />
Esercizio aerobico: consiste nella ripetizione ritmica e continua di movimenti<br />
interessanti la maggior parte dei gruppi muscolari per un tempo di almeno 10<br />
minuti come ad esempio camminare, marciare, andare in bicicletta, nuotare.<br />
Esercizi di resistenza: attività che usano contrazioni muscolari strenue<br />
per muovere pesi o lavorare in maniera isocinetica contro una resistenza,<br />
esempi: lifting muscolare o esercizi che utilizzano macchine, pesistica.<br />
MET (equivalente metabolico): un Met è un’unità di intensità uguale<br />
all’energia spesa a riposo. Un’attività fisica corrispondente a 3 Met significa<br />
che per essere espletata utilizza un’energia 3 volte superiore alla condizione<br />
di riposo. Met/ora è un’unità di esercizio/volume in cui l’intensità in Met è<br />
moltiplicata per la durata dell’attività in ore.
PREMIO<br />
ANDREA CAVALLARO<br />
Bando di concorso per l’assegnazione di un premio volto ad<br />
incentivare lo studio e la ricerca nel campo della promozione<br />
della salute attraverso lo sport nella popolazione a rischio<br />
e/o la Programmazione di interventi di educazione terapeutica<br />
strutturata sull’attività fisica finalizzati all’educazione<br />
dei pazienti diabetici.<br />
L’associazione <strong>OSDI</strong> istituisce e promuove<br />
il Premio Andrea Cavallaro. Il Premio<br />
è finalizzato alla promozione alla salute<br />
e nello specifico attraverso lo sport nella<br />
popolazione a rischio. Vuole incentivare<br />
inoltre ricerche e progetti di fattibilità<br />
volti alla programmazione di interventi<br />
di educazione terapeutica strutturata<br />
sull’attività fisica finalizzati all’educazione<br />
dei pazienti diabetici.<br />
Il Premio prevede la pubblicazione di<br />
interventi o programmi di educazione<br />
terapeutica strutturata sull’attività fisica.<br />
Si propone, inoltre, di incentivare la<br />
ricerca e/o progetti di fattibilità finalizzati<br />
all’educazione dei pazienti diabetici in<br />
tema di attività fisica. Il Premio inoltre<br />
si propone di ricordare il collega Andrea<br />
Cavallaro , ricordando la sua umanissima<br />
attenzione al tema del diabete.<br />
INDIVIDUAZIONE DEI PARTECIPANTI<br />
Possono partecipare al concorso:<br />
• tutti GLI ISCRITTI <strong>OSDI</strong><br />
• gli studenti iscritti al Corso di Laurea<br />
Magistrale in Scienze Infermieristiche<br />
e Ostetriche, purché risultino coautori<br />
insieme con già laureati magistrali,<br />
in quanto lo studente non può essere<br />
considerato Autore referente.<br />
• INFERMIERI OPERANTI IN STRUTTURE<br />
DIABETOLOGICHE OSPEDALIERE O<br />
TERRITORIALI SIA PUBBLICHE CHE<br />
PRIVATE (nel caso che il progetto sia<br />
presentato da più operatori, dovrà<br />
essere individuato un project leader)<br />
Non possono partecipare al concorso i<br />
membri della Commissione esaminatrice.<br />
CARATTERISTICHE DEI PROGETTI<br />
DI RICERCA<br />
I progetti di ricerca proposti devono<br />
essere originali e inediti, e non devono<br />
essere già stati oggetto di tributi.<br />
I progetti di ricerca proposti devono<br />
essere elaborati fino ad un massimo di<br />
10 pagine complessive, utilizzando il<br />
carattere Times New Roman corpo 12<br />
su Word per Windows, secondo il seguente<br />
schema:<br />
sei parole chiave (usare i termini<br />
dell’Index Medicus), introduzione, contenuto<br />
e metodologia, risultati attesi,<br />
bibliografia di riferimento.<br />
Tutte le domande di partecipazione verranno<br />
valutate da una Commissione<br />
composta da 5 membri selezionati dal<br />
Direttivo dell’Associazione<br />
.<br />
SCADENZA DEL BANDO<br />
Le domande di partecipazione dovranno<br />
pervenire presso la Segreteria Associazione<br />
<strong>OSDI</strong> segreteria@osdi.it in supporto<br />
digitale, entro e non oltre il 15<br />
gennaio 2010<br />
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
17
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
18<br />
SICILIA<br />
V Congresso regionale <strong>OSDI</strong><br />
L’infermiere di diabetologia in Sicilia: un<br />
percorso lungo 10 anni verso la qualità.<br />
Il 18 aprile a Leonforte (EN) si è svolto il V<br />
Congresso regionale Osdi, che ci ha visti protagonisti<br />
di una giornata intensa, non solo perchè<br />
il congresso si è svolto in una sola giornata ma,<br />
perché tra relazioni e votazioni consiglio direttivo,<br />
le emozioni hanno avuto il sopravvento. La prima<br />
relazione del congresso ha riguardato<br />
l’autonomia infermieristica, Giovanni Lo Grasso,<br />
coordinatore dell’endocrinologia del P.O. Garibaldi<br />
di Catania, ci ha illustrato come la figura<br />
dell’infermiere alla luce dei nuovi ordinamenti<br />
è cambiata, ma anche come il miglioramento<br />
della qualità si può ottenere attraverso<br />
l’umanizzazione e la personalizzazione<br />
dell’assistenza. La seconda relazione di Giuseppe<br />
Bruno, infermiere della Diabetologia dell’ASL3<br />
di Acireale, ci ha riportati indietro nel tempo<br />
per poi ritornare ai giorni nostri in un viaggio<br />
attraverso i dieci nni di vita dell’<strong>OSDI</strong>, dalla sua<br />
nascita, fra alti e bassi di quella che è stata ed<br />
è la nostra associazione in Sicilia oggi. La sottoscritta<br />
invece, fra suoni e musica di sottofondo,<br />
dopo una premessa teorica su quella che è la<br />
narrazione autobiografica, attraverso alcune<br />
storie di pazienti diabetici, rivive la loro rottura<br />
autobiografica avvenuta all’accadere della malattia,<br />
col solo scopo di emozionare e suscitare<br />
empatia, per poi riflettere sulla relazione infermiere-diabetico.<br />
La tavola rotonda è stata anch’essa interessante,<br />
tema: professioni sanitarie a confronto<br />
in ambito diabetologico, composta dalla past<br />
president nazionale <strong>OSDI</strong>, Rosangela Ghidelli,<br />
dal presidente AMD Sicilia, Antonino Lo Presti,<br />
da una componente della SID Sicilia, Giuseppina<br />
Russo, dal presidente IPASVI di Enna, Giovanni<br />
Di Venti e dalla nostra presidente <strong>OSDI</strong> Sicilia,<br />
Lucia Melita.Tornando alle emozioni di cui vi<br />
parlavo all’inizio, ci sarebbe tanto da dire, il<br />
cuore di tutti quel giorno era gonfio di tristezza,<br />
l’affetto per Andrea Cavallaro, nostro caro collega<br />
mancato la vigilia di Pasqua ci ha indotti a<br />
ricordarlo e a indotto Rosetta Nocciolini, la nostra<br />
Presidente nazionale <strong>OSDI</strong> a prendere un aereo,<br />
nonostante i suoi gravi problemi in famiglia, per<br />
celebrare Andrea che avrebbe dovuto per noi<br />
relazionare sul domani della nostra associazioni<br />
e quali prospettive e strategie avremmo dovuto<br />
mettere in atto per continuare il nostro percorso.<br />
Con voce rotta dall’emozione e il viso rigato di<br />
lacrime, Rosetta ha ricordato il buon amico e<br />
caro collega Andrea, leggendo i suoi pensieri e<br />
le sue considerazioni sulla vita e sulla nostra<br />
professione che negli anni aveva inviato a chi<br />
voleva ascoltarlo.<br />
Un Carattere mite e un’anima profonda e<br />
gentile quale era Andrea meritava essere al<br />
centro di quella giornata, anche se in vita Andrea<br />
non aveva mai preteso di esserlo. Non dimenticheremo<br />
mai Andrea esempio per tutti noi.<br />
Le votazioni del consiglio direttivo si sono<br />
concluse con la nomina di cinque nuovi consiglieri<br />
che si vanno ad aggiungere a Tripo Maria<br />
Giuseppa, Filippo <strong>Vita</strong>le, Ornella Salemi e Lucia<br />
Melita, la presidente. Essi sono: Di Mauro Giovanni,<br />
Corridore Maria Concetta, Puzzo Elena,<br />
Biundo Maria e Strano Salvatore.<br />
Tripo Maria Giuseppa
VII CONGRESSO REGIONALE<br />
<strong>OSDI</strong> PUGLIA 2009<br />
BARI HOTEL RONDÒ 17-18 APRILE 2009<br />
Diabete Tipo II: la terapia, l’assistenza,<br />
l’organizzazione<br />
Il 17 e 18 Aprile 2009 si è tenuto a<br />
Bari il VII Congresso Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia<br />
che ha visto la presenza di valenti relatori<br />
e numerosi partecipanti anche tra i neoiscritti.<br />
Il congresso di quest’anno è stato<br />
anche l’occasione per festeggiare il decimo<br />
anniversario della nascita della nostra<br />
sezione regionale.<br />
L’obiettivo generale del convegno era<br />
quello di sviluppare la formazione infermieristica<br />
relativa alla cura e all’assistenza<br />
del paziente diabetico Tipo II attraverso<br />
l’acquisizione delle nuove strategie terapeutiche<br />
e delle metodologie assistenziali<br />
e organizzative più idonee e più efficaci<br />
secondo l’EBM (evidence based medicine).<br />
Il filo conduttore del congresso era quello<br />
di trasferire ai partecipanti una formazione<br />
che tenesse conto dell’assistenza in tutte<br />
le sue dimensioni, includendo l’analisi dei<br />
contesti organizzativi e i possibili ambiti<br />
di miglioramento per la gestione della<br />
malattia diabetica. In essi il ruolo<br />
dell’infermiere, responsabile dei processi<br />
assistenziali, educativi ed organizzativi<br />
risulta fondamentale per migliorare la<br />
qualità di vita della persona diabetica e<br />
ridurre i costi legati alla malattia. Questo,<br />
partendo dal presupposto che, per poter<br />
realizzare una assistenza efficace e di<br />
qualità, non basta avere dei professionisti<br />
preparati e formati ma occorre<br />
che essi siano inseriti in un contesto strut-<br />
turale e organizzativo altrettanto valido.<br />
Un sentito ringraziamento va a tutti<br />
i relatori che hanno saputo trasmettere<br />
con estrema chiarezza i contenuti delle<br />
loro relazioni creando un clima di forte<br />
attenzione e numerosi spunti di approfondimento.<br />
Grazie, dunque, al Prof. Luigi<br />
La Viola, al Dott. Stefano Albano, alla<br />
Sig.ra Clara Di Gregorio, alla Sig.ra Anna<br />
Maria Idrontino, al Dott. Francesco<br />
Mario Gentile, al Dott. Francesco Lo<br />
Surdo.<br />
Credo valga la pena sottolineare<br />
l’importanza degli argomenti trattati dai<br />
relatori intervenuti e l’attenta partecipazione<br />
dei presenti giunti da ogni parte<br />
della Puglia, nonché il clima di interazione<br />
creatosi tra i partecipanti. Si spera che tra<br />
noi colleghi si conservi sempre la capacità<br />
Momenti<br />
congressuali<br />
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
19
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
20<br />
A. Maschio<br />
Presidente Regionale<br />
uscente<br />
A. Corvino<br />
Vicepresidente<br />
Regionale Osdi<br />
di stringere e mantenere rapporti che<br />
permettano scambi culturali e professionali<br />
utili per un lavoro efficace all’interno<br />
dell’<strong>OSDI</strong>.<br />
Un nutrito ringraziamento al Dott.<br />
Antonio Muscogiuri, Anna Maschio e<br />
Josè Chimienti che con le loro relazioni<br />
ci hanno fatto ripercorrere i nostri dieci<br />
anni di vita <strong>associativa</strong>, proiettando lo<br />
sguardo sia al passato, ricordando tutti<br />
coloro che hanno contribuito alla crescita<br />
dell’associazione, sia al futuro, verso orizzonti<br />
sempre nuovi e sempre più significativi.<br />
Un’ associazione costruita sulle idee<br />
di tutti, che intende diventare sempre più<br />
un punto di riferimento per gli infermieri<br />
preposti all’assistenza del paziente diabetico,<br />
infermieri che non si accontentano<br />
ma vogliono capire e conoscere la realtà<br />
senza filtri.<br />
In questi dieci anni, l’<strong>OSDI</strong> in Puglia,<br />
ha rafforzato il proprio lavoro. L’impegno<br />
con l’<strong>OSDI</strong> è intenso, non c’è solo collaborazione<br />
bensì unità di intenti. Il risultato<br />
è un palinsesto sempre più ricco e articolato<br />
in ogni provincia.<br />
Scopo principale dell’<strong>OSDI</strong> è<br />
l’aggiornamento professionale nel campo<br />
diabetologico ponendo il paziente come<br />
attore principale, un aggiornamento<br />
continuo e produttivo di idee, che rilancia<br />
l’entusiasmo e la capacità di lavoro in<br />
Festeggiamenti<br />
per il decimo<br />
anniversario<br />
della nascita<br />
dell’Osdi<br />
in Puglia<br />
equipe e funge da volano a tutto il movimento.<br />
Nella stessa circostanza, si sono svolte<br />
le votazioni per il rinnovo del consiglio<br />
direttivo regionale e la proclamazione<br />
dei nuovi consiglieri da parte della nuova<br />
Presidente Regionale, Sig.ra Josè Chimienti,<br />
capo sala dell’unità operativa di<br />
Endocrinologia nell’Ospedale SS Annunziata<br />
di Taranto. Si coglie l’occasione<br />
per augurare ai neo consiglieri una serena<br />
e proficua collaborazione e un<br />
buon lavoro.<br />
Anna Corvino<br />
Vicepresidente Osdi- Regione Puglia-
Analisi dei bisogni formativi<br />
Il congresso regionale è anche il momento<br />
per valutare quali sono i bisogni<br />
formativi dei nostri iscritti. E’ ormai consuetudine<br />
sondare, attraverso un questionario<br />
conoscitivo, le necessità di aggiornamento<br />
professionale dei soci <strong>OSDI</strong> della<br />
nostra regione. Il questionario ha l’obiettivo<br />
di indagare diverse aree di intervento per<br />
stabilire quali sono le necessità reali su cui<br />
basare le proposte di aggiornamento future.<br />
Gli aspetti indagati:<br />
• Aspetti educativi: autocontrollo, alimentazione,<br />
calcolo dei CHO, attività fisica<br />
• Aspetti organizzativi: D. Management,<br />
Case management, Day service, gestione<br />
integrata.<br />
• Aspetti comunicativi: empowerment,<br />
strategie della comunicazione, dinamiche<br />
relazionali .<br />
• Informatica: base e avanzata<br />
Per ogni aspetto indagato viene richiesto,<br />
sostanzialmente, di esprimere un<br />
giudizio sull’argomento e quindi se è<br />
Figura 1<br />
sufficientemente conosciuto o se si vuole<br />
approfondirne i contenuti.<br />
Dall’analisi (vedi fig. 1) emerge che i<br />
soci della nostra regione preferirebbero<br />
approfondire gli argomenti che riguardano<br />
gli aspetti organizzativi della gestione del<br />
paziente diabetico, così come apprezzerebbero<br />
percorsi formativi per aumentare<br />
le conoscenze in campo comunicativo e<br />
relazionale. Anche l’informatica avanzata<br />
risulta essere un argomento richiesto,<br />
probabilmente in relazione al fatto che<br />
gli interventi coordinati dell’assistenza,<br />
implicano l’utilizzo di strumenti informatici.<br />
I risultati emersi ci aiutano a formulare<br />
l’offerta formativa per indirizzare i nostri<br />
sforzi verso obiettivi che sono oggetto di<br />
interesse comune e reale da parte dei<br />
nostri associati. Lo scopo è quello di favorire<br />
la crescita professionale attraverso<br />
una rete di percorsi che possano trovare<br />
una giusta integrazione e un giusto equilibrio<br />
fra le necessità locali e gli indirizzi<br />
delle politiche nazionali.<br />
Il Direttivo Regionale<br />
Osdi Puglia<br />
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
21
N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />
22<br />
Josè Chimienti:<br />
Presidente Regionale<br />
Osdi Puglia<br />
Saluto del Presidente regionale<br />
Osdi Puglia<br />
Cari Colleghi, si è appena concluso<br />
il VII Congresso Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia.<br />
Come presidente neoeletta, ritengo di<br />
dover innanzitutto ringraziare i colleghi<br />
che hanno creduto nelle mie potenziali<br />
capacità di guidare, per il prossimo biennio,<br />
il gruppo di associati che hanno<br />
l’ardire di voler implementare sempre<br />
più le conoscenze e le proprie capacità<br />
formative per poter fornire ai propri<br />
pazienti un’assistenza ai massimi livelli<br />
qualitativi.<br />
Tutti noi siamo consapevoli che la<br />
strada migliore da percorrere è la condivisione<br />
e la uniformità dei percorsi assistenziali,<br />
pertanto una associazione come la<br />
nostra ha come mandato quello di creare<br />
occasioni di incontro per crescere, confrontarsi<br />
e garantire a tutti noi un aggiornamento<br />
scientificamente corretto a vantaggio<br />
del paziente diabetico e del suo<br />
hinterland socio-familiare. Gli obiettivi che<br />
il Direttivo Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia si è<br />
prefissato per il prossimo biennio, sono<br />
scaturiti anche dall’indagine conoscitiva<br />
fatta durante il congresso regionale. Tenendo<br />
conto dei bisogni formativi degli<br />
associati, abbiamo provato a sviluppare<br />
un programma di massima sul quale articolare<br />
i progetti futuri:<br />
Realizzare corsi di perfezionamento<br />
ed incontri scientifico-culturali che rispondano<br />
alle reali necessità formative dei<br />
soci e che siano un valido supporto per<br />
fronteggiare i forti cambiamenti organizzativi<br />
del nostro settore, superando le<br />
difficoltà pratiche che la realtà quotidiana<br />
ci propone.<br />
Incentivare una partecipazione sempre<br />
più attiva dei soci, nella definizione di<br />
tutte le attività del biennio, di modo che<br />
si possa vivere l’associazione da protagonisti,<br />
condividendo con il consiglio direttivo<br />
progetti di formazione tratti dalla personale<br />
e quotidiana esperienza infermieristica<br />
Supportare ed incentivare la produzione<br />
di lavori originali da parte dei soci da<br />
presentare in occasione del prossimo congresso<br />
nazionale <strong>OSDI</strong> 2010 .<br />
Favorire progetti per l’applicazione<br />
del desease management e della gestione<br />
integrata, per garantire il miglioramento<br />
delle cure e l’utilizzo di tecniche<br />
assistenziali in grado di prevenire le complicanze.<br />
Favorire l’attuazione di percorsi diagnostico<br />
terapeutici condivisi da tutti i<br />
soggetti interessati nei diversi livelli di<br />
assistenza.<br />
Il mio auspicio e quello di tutto il<br />
direttivo regionale è quello di concretizzare<br />
quanto ci siamo prefissati e di<br />
rendere la nostra associazione un punto<br />
di riferimento per gli iscritti Osdi. E’<br />
importante, inoltre, creare una rete di<br />
collegamento tra tutte le figure professionali<br />
che si occupano della cura del<br />
paziente diabetico. Per ottenere risultati<br />
in termini di qualità dell’assistenza,<br />
occorre lavorare in collaborazione, in<br />
sinergia ma soprattutto avere obiettivi<br />
condivisi e unitarietà.<br />
Josè Chimienti<br />
Presidente Regionale Osdi Puglia
OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
N. 2 giugno 2009<br />
24<br />
la<br />
parola<br />
all’<br />
esperto<br />
di Marina Cassoni<br />
l’<br />
Oggi sappiamo moltissimo sulla biologia neuronale delle emozioni e dei<br />
sentimenti, ma esiste un problema di divulgazione, per stimolare il meglio<br />
della natura umana e reprimere il peggio.<br />
intento di questo articolo è duplice:<br />
da un lato sottolineare il valore<br />
dell’intelligenza emotiva per il lavoro di<br />
cura; dall’altro offrire casi di situazioni<br />
relazionali in cui ne cogliamo la mancanza<br />
e i conseguenti effetti.<br />
Capacità di comunicare in maniera chiara ed efficace<br />
tenendo conto delle caratteristiche del paziente.<br />
Capacità di mantenere efficacia terapeutica malgrado<br />
la cronicità della patologia, il probabile deterioramento<br />
della qualità di vita del paziente e la sua<br />
discontinuità di compliance.<br />
Capacità di mantenere efficacia terapeutica in una<br />
relazione di cura che può protrarsi a lungo ed anche<br />
attivare identificazioni e coinvolgimenti.<br />
Capacità di investire sul paziente e sulle sue possibilità,<br />
piuttosto che sui suoi limiti.<br />
Empatia.<br />
A. Damasio<br />
Perché l’intelligenza emotiva è una<br />
competenza fondamentale nella relazione<br />
di cura?<br />
Tento di rispondere a questa domanda<br />
con uno schema “razionale”, ma anche<br />
riflettendo su due dialoghi tra paziente e<br />
operatori sanitari.<br />
Capacità di reggere la frustrazione.<br />
Capacità di auto motivarsi.<br />
Con il contributo non condizionante di<br />
Che cosa chiede una buona relazione di cura? Che cosa offre l’intelligenza emotiva?<br />
Capacità di elaborare le proprie esperienze emotive<br />
cercando il giusto equilibrio di vicinanza/distanza.<br />
Capacità di costruire relazioni improntate alla fiducia.
E l’elenco potrebbe continuare indicando<br />
le molteplici risorse che ci provengono<br />
dal nostro cervello emotivo.<br />
Il termine intelligenza emotiva si fonda<br />
su un duplice riconoscimento:<br />
1. l’intelligenza basata sull’esercizio della<br />
pura razionalità costituisce un aspetto<br />
delle più generali capacità che permettono<br />
all’uomo di misurarsi con le diverse<br />
situazioni incontrate nella vita di tutti<br />
i giorni e di risolvere adeguatamente i<br />
problemi;<br />
2. le emozioni (tra breve ne daremo alcune<br />
definizioni) non sono aspetti turbativi<br />
del nostro rapporto con il mondo, bensì<br />
strumenti per conoscere e orientarci,<br />
stabilendo con gli altri quella che si<br />
Consapevolezza di sé:<br />
consapevolezza del proprio stato emotivo<br />
accura autovalutazione<br />
fiducia in se stessi<br />
Consapevolezza sociale:<br />
empatia<br />
consapevolezza dell’organizzazione<br />
orientamento al paziente/cliente<br />
/collaboratore ecc.<br />
Ci soffermiamo in particolare sulla<br />
consapevolezza di sé come chiave di volta<br />
dell’intelligenza emotiva.<br />
L’AUTOCONSAPEVOLEZZA è la capacità<br />
di riconoscere un sentimento<br />
(emozione consapevole) nel momento<br />
in cui esso si presenta.<br />
Le persone orientate a riflettere sui<br />
propri sentimenti allenano la capacità di<br />
stare in contatto con se stesse e con i<br />
segnali del proprio corpo.<br />
La capacità di monitorare i sentimenti<br />
chiama intersoggettività secondaria.<br />
L’intelligenza emotiva è la capacità di<br />
comprendere le emozioni che si attivano<br />
in noi e di empatizzare con quelle che<br />
possono attivarsi negli altri a fronte di<br />
situazioni, parole, avvenimenti ecc..<br />
Gli studi sull’intelligenza emotiva hanno<br />
fatto grandi progressi sulla scorta delle<br />
acquisizioni delle neuroscienze, che hanno<br />
chiarito gran parte delle referenze neuronali<br />
di questa forma di intelligenza indispensabile<br />
per il nostro adattamento.<br />
Il concetto di intelligenza emotiva<br />
include quattro tratti fondamentali (tratto<br />
da D. Goleman):<br />
Gestione di sé:<br />
gestione delle proprie emozioni<br />
trasparenza<br />
adattabilità<br />
orientamento ala risultato<br />
iniziativa<br />
Gestione delle relazioni interpersonali:<br />
leadership ispiratrice<br />
influenza<br />
sviluppo delle potenzialità altrui<br />
è fondamentale per la comprensione di<br />
sé stessi, dei propri punti di forza e debolezza,<br />
della propria resistenza allo stress.<br />
L’autoconsapevolezza richiede<br />
l’attivazione della neocorteccia e delle<br />
aree del linguaggio, che consentono di<br />
dare un nome alle emozioni che si sono<br />
attivate.<br />
Possiamo definire l’autoconsapevolezza<br />
come una forma di attenzione<br />
non reattiva e non critica verso i propri<br />
stati interiori o, in altre parole, come una<br />
modalità neutrale della mente che<br />
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
25
LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
N. 2 giugno 2009<br />
26<br />
1 D. Goleman, Intelligenza<br />
Emotiva, Rizzoli,<br />
1996, pag. 44<br />
sostiene la riflessione anche in mezzo<br />
a emozioni turbolente.<br />
E’ la differenza che passa dall’essere<br />
travolti dalla rabbia verso qualcuno e il<br />
pensare:“Quello che sto provando adesso<br />
è collera”, anche nel momento stesso in<br />
cui ne siamo pervasi.<br />
In termini di meccanismi neurali questo<br />
spostamento dell’attività mentale segnala<br />
che i circuiti neocorticali stanno monitorando<br />
attivamente l’emozione, compiendo<br />
così un primo passo nell’acquisizione di<br />
un controllo su di essa.<br />
La nuova prospettiva teorica apre<br />
possibilità di allenamento e di crescita<br />
delle proprie competenze emotive e<br />
di equilibrio.<br />
Il nostro obiettivo deve essere quello<br />
di fare in modo che le emozioni<br />
siano appropriate, cioè proporzionate<br />
alle circostanze.<br />
Tante sono le situazioni in cui ci accade<br />
di valutare la nostra emozione e il conseguente<br />
comportamento come sproporzionato.<br />
Goleman racconta in questo senso<br />
molti casi. Ne riprendo uno che ho trovato<br />
semplice e significativo:<br />
Jessica, una bambina di sei anni, si accingeva per la prima volta a<br />
passare la notte fuori casa, da una compagna di giochi e non era<br />
ben chiaro se la cosa rendesse più agitata lei o sua madre…..la<br />
tensione della madre raggiunse l’apice verso la mezzanotte. Si stava<br />
preparando per andare a letto e sentì squillare il telefono. …la donna<br />
si precipitò al telefono con il cuore in gola mentre nella mente le<br />
balenavano le immagini della figlia Jessica in preda ad una terribile<br />
angoscia. Afferrò il ricevitore e gridò nell’apparecchio: Jessica!!, ma<br />
si sentì rispondere da una voce femminile: “Mi scusi devo aver<br />
sbagliato numero…” A quel punto la madre di Jessica recuperò il<br />
proprio sangue freddo e chiese in tono educato e misurato: “Che<br />
numero desiderava?” 1<br />
Che differenza c’è tra emozioni e sentimenti?<br />
Lo stimolo che genera emozione può<br />
essere un evento, una scena,<br />
un’espressione del volto o un particolare<br />
tono di voce, viene elaborato in prima<br />
istanza dai centri sottocorticali<br />
dell’encefalo e in particolare dall’amigdala<br />
che riceve l’informazione direttamente<br />
dai nuclei posteriori del talamo e provoca<br />
una prima reazione neuroendocrina con<br />
la funzione di mettere in allerta<br />
l’organismo. La funzione dell’amigdala è<br />
proprio quella di scatenare –senza molto<br />
discernimento, ma con eccezionale rapi-<br />
dità una reazione impulsiva al pericolo.<br />
In questa fase l’emozione determina<br />
quindi diverse modificazioni somatiche,<br />
come ad esempio la variazione delle pulsazioni<br />
cardiache, l’aumento o la diminuzione<br />
della sudorazione, l’accelerazione<br />
del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento<br />
della tensione muscolare.<br />
Lo stimolo viene contemporaneamente<br />
inviato dal talamo alle cortecce associative,<br />
dove viene elaborato in maniera più<br />
lenta, ma più raffinata. Nella neocorteccia<br />
una serie di circuiti registra e analizza<br />
l’informazione, la comprende e attraverso<br />
i lobi prefrontali organizza una reazione<br />
coordinata. A questo punto, secondo la
valutazione, viene emesso il tipo di risposta<br />
considerata più adeguata alla situazione,<br />
soprattutto in riferimento alle “regole di<br />
esibizione” proprie dell’ambiente culturale<br />
o della propria educazione (pensiamo alle<br />
differenze per esempio di esibizione del<br />
dolore che ci sono anche fra Nord e Sud<br />
Italia).<br />
Le emozioni, quindi, inizialmente sono<br />
inconsapevoli; solo in un secondo momento<br />
noi “proviamo” l’emozione, abbiamo<br />
cioè un sentimento.<br />
Normalmente l’individuo che prova<br />
Essere consapevoli delle proprie emozioni<br />
significa poterle usare come<br />
“informazioni” su quanto sta accadendo.<br />
SONO<br />
AGGREDITO<br />
VERBALMENTE<br />
LE SEDI DELLE EMOZIONI<br />
una emozione diventa cosciente delle<br />
proprie modificazioni somatiche (si rende<br />
conto di avere le mani sudate, il battito<br />
cardiaco accelerato etc.) ed applica un<br />
nome a queste variazioni psicofisiologiche<br />
(“paura”, “gioia”, “disgusto”...). Da un<br />
punto di vista fisiologico un’emozione<br />
sorge prima che l’individuo ne sia conscio.<br />
Nel momento in cui un’emozione si fa<br />
strada nella consapevolezza, vuol dire che<br />
è stata registrata come tale nella corteccia<br />
prefrontale.<br />
RABBIA<br />
AGGREDISCO<br />
VALUTO ALTRE<br />
STRATEGIE<br />
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
27
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
28<br />
2 R. Boyatzis, A. McKee,<br />
Essere Leader,<br />
BUR, 2002, pg. 29<br />
Usare le emozioni come “alleate” nella<br />
regolazione dei comportamenti, significa<br />
che –grazie all’emozione- (che riconosco!)<br />
so quanto mi sta accadendo.<br />
La rabbia dunque non è necessariamente<br />
un impulso ad attaccare, ma un<br />
avvertimento che tale impulso è in atto.<br />
Questo avvertimento apre lo spazio alla<br />
libertà di scelta.<br />
Interagire con le emozioni presuppone<br />
in primo luogo un contatto reale e sensoriale<br />
usando tutti i canali percettivi: visivo,<br />
uditivo, cinestesico, gustativo, olfattivo.<br />
E’ molto importante questo contatto per<br />
sentire come si manifestano le emozioni<br />
e in quale parte del nostro corpo risuonano.<br />
Solo sperimentando un vero contatto<br />
con le nostre emozioni disturbanti, possiamo<br />
poi in parte comprenderle, digerirle,<br />
trasformarle oppure evitare quelle situazioni<br />
che ci procurano sofferenze che<br />
possiamo risparmiarci.<br />
Adesso mi sento meglio ….o peggio:<br />
dalle emozioni alla qualità della relazione<br />
Veniamo all’incontro con l’altro e al<br />
ruolo potente delle emozioni nella relazione.<br />
L’incontro del paziente con una figura<br />
di cura può produrre un senso di maggiore<br />
benessere indipendentemente da qualche<br />
“concreta” azione terapeutica compiuta,<br />
o da un miglioramento oggettivamente<br />
rilevabile delle condizioni di salute.<br />
Come è possibile? Ci è d’ aiuto il<br />
concetto di sistema limbico.<br />
“Gli scienziati descrivono il circuito<br />
aperto come una regolazione limbica interpersonale,<br />
con la quale un individuo,<br />
trasmette segnali in grado di modificare<br />
i livelli ormonali, le funzioni cardiovascolari,<br />
i ritmi sonno-veglia e persino la funzione<br />
immunitaria di un’altra persone. Ricerche<br />
condotte nelle unità di terapia intensiva<br />
hanno dimostrato che il conforto costituito<br />
dalla presenza di un’altra persona non<br />
solo abbassa la pressione sanguigna dei<br />
pazienti, ma rallenta anche la produzione<br />
degli acidi grassi responsabili<br />
dell’occlusione delle arterie”. 2<br />
Il sistema limbico è un sistema a circuito<br />
aperto, mentre quello circolatorio è<br />
un sistema chiuso. Ciò significa che quanto<br />
accade nel sistema circolatorio di un’altra<br />
persona non influenza il nostro. Diverso<br />
è per le emozioni: gioia, allegria, aggressività<br />
si diffondono in maniera più o meno<br />
“contagiosa”.<br />
Quando entriamo in relazione con un<br />
altro ne siamo emotivamente influenzati,<br />
ovviamente in rapporto all’importanza, al<br />
tempo e all’intensità dell’interazione.<br />
Ciò vale non solo dal professionista<br />
sanitario, al paziente diabetico, ma anche<br />
viceversa.<br />
Lavorare con i pazienti cronici –ormai<br />
è noto e affermato- mette a contatto con<br />
emozioni di vario tipo: frustrazione, rabbia<br />
perché il paziente non “aderisce”, stanchezza<br />
nella ripetizione delle prescrizioni,<br />
sfiducia nelle capacità di autocontrollo<br />
ecc… Rispetto a tutte queste possibilità<br />
di “contagio emotivo negativo” gli operatori<br />
hanno necessità di “disintossicarsi”<br />
di prendere distanza dalle emozioni distrurbanti,<br />
attraverso il confronto con i<br />
colleghi, la riflessione, il riposo psico-fisico<br />
che costituiscono strategie di ricambio.<br />
Dobbiamo tuttavia tenere presente che<br />
sono più influenti le emozioni veicolate<br />
dagli operatori, che sono vissuti tendenzialmente<br />
come “guida” come leader della<br />
relazione terapeutica. La loro mancanza di<br />
empatia o di sintonia con le preoccupazioni<br />
del paziente può ridurre la fiducia, far<br />
temere al paziente di non farcela.
Vi propongo due casi: il primo si svolge<br />
in una maternità milanese, il secondo in<br />
un centro di diabetologia lombardo.<br />
L’obiettivo di queste presentazioni è<br />
quello di proporre materiale di riflessione<br />
e di valorizzazione del proprio lavoro.<br />
Sandro e Luigi sono due gemelli eterozigoti nati alla 38 settimana. Andrea con un peso di circa 3 Kg. e Simone<br />
di 2,4 Kg.<br />
La mamma desidererebbe allattarli ed ha bisogno di indicazioni concrete ed anche di qualche parola di sostegno.<br />
Il reparto di pediatria dove è ricoverata, ha una nursery così organizzata: i bambini vengono portati 6 volte<br />
nelle 24 ore per 1 ora.<br />
La mamma riesce ad allattare i gemelli contemporaneamente con un pò di aiuto.<br />
Andrea mangia a sufficienza e non deve avere aggiunte di latte artificiale, mentre Simone spesso si addormenta<br />
e richiede poi integrazioni.<br />
Ogni giorno i pediatri informano le mamme circa la quantità di latte assunto. La mamma è in ansia per Simone<br />
che non sembra ancora succhiare. Il messaggio è sempre quello di non farlo diminuire oltre il normale calo<br />
fisiologico. Un giorno accade che Simone si attacca con particolare vigore proprio quando mancano 5 minuti<br />
allo scadere dell’orario.<br />
Quando il personale torna a riprendere i bambini, la mamma spiega la situazione e chiede che le lascino ancora<br />
qualche minuto Simone.<br />
Puericultrice: Non è possibile, abbiamo troppi bambini da accudire e dobbiamo rispettare i ritmi… .<br />
Mamma: Per la prima volta sta mangiando senza addormentarsi … me lo lasci ancora qualche minuto….<br />
P: Guardi è proprio impossibile!<br />
M: Lo porto io alla nursery non appena ho finito di allattarlo.<br />
P: Per queste eccezioni deve sentire la capo sala.<br />
La mamma demoralizzata si rassegna a questa rigidità, ma decide di cercare la caposala<br />
Dialogo con la Caposala<br />
Capo Sala: Signora non possiamo fare eccezioni … il reparto è organizzato così.<br />
M: Quella dei gemelli non è una situazione del tutto ordinaria … Io capisco le regole e l’organizzazione…<br />
Le chiedo solo di lasciarmi Simone nel caso in cui cominci a mangiare 10 minuti prima della scadenza ….<br />
CS: Non è possibile, noi lasciamo un’ora di tem po … ed è sempre sufficiente!<br />
M: … .<br />
CS: In ogni caso non riuscirà ad allattarne due!<br />
M: …<br />
Nel riflettere su questo episodio, è<br />
necessario tenere presente che questa è<br />
la vicenda come è stata vissuta dalla madre.<br />
Si deve essere ben consapevoli di<br />
quanto differenti possano essere i vissuti<br />
dei soggetti coinvolti, e di quanto<br />
questi siano influenzati dalle caratteristiche<br />
di personalità, dalla situazione.<br />
Qui la madre si trova in una condizione<br />
non certo ordinaria: ansie, stress, stanchezza,<br />
timori di essere inadeguata sono<br />
lì a complicare il contesto in cui avviene<br />
la relazione. Per altro non ci interessa<br />
sapere se l’episodio sia avvenuto proprio<br />
in questi termini, oppure sia il frutto del<br />
racconto di una madre, che, per un numero<br />
indeterminato di ragioni, può aver<br />
interpretato come aggressive le regole di<br />
un reparto o i rifiuti di una puericultrice.<br />
La componente soggettiva è parte costitutiva<br />
della rappresentazione. Il livello di<br />
distorsione della rappresentazione è variabile<br />
dipendente dalle condizioni psichiche<br />
della madre.<br />
Quello che interessa qui è se questo<br />
racconto possa dirci qualcosa sulle competenze<br />
relazionali, sull’intelligenza<br />
emotiva, sulla relazione di aiuto.<br />
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
29
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
30<br />
Il momento finale della comunicazione<br />
con la capo sala risulta particolarmente<br />
problematico. La frase - Non è possibile,<br />
noi lasciamo un’ora di tempo … ed è<br />
sempre sufficiente! - toglie legittimazione<br />
alla realtà vissuta dalla madre. Potrà anche<br />
essere vero che per tutte le altre madri,<br />
fino a quel momento, quel tempo sia<br />
stato sufficiente, ma non lo è per la madre<br />
di Sandro e Luigi. Parlando con le madri,<br />
durante i focus group, un dato che è<br />
emerso con frequenza è quanto fosse<br />
importante sentirsi comprese e credute<br />
dal loro medico. Qui la realtà della madre<br />
viene squalificata; e nel momento in cui<br />
si fa un confronto con le altre, non si può<br />
non accrescere un sentimento di inferiorità,<br />
di inadeguatezza. Parole non empatiche,<br />
che non aiutano. La frase preannuncia la<br />
durezza della conclusione: In ogni caso<br />
non riuscirà ad allattarne due! Frase inutile,<br />
che esprime l’aggressività vissuta dalla<br />
capo sala. Siamo di fronte ad una relazione<br />
conflittuale, non di aiuto.<br />
Quale è il compito della capo sala?<br />
Certo far sì che il reparto funzioni con<br />
ordine, secondo delle regole, tuttavia qui<br />
lo sguardo sembra troppo orientato verso<br />
l’istituzione, il reparto, l’organizzazione e<br />
per nulla verso la paziente, la madre. Una<br />
organizzazione orientata al servizio, quale<br />
è il reparto di un ospedale, deve avere al<br />
centro il paziente: non è il paziente che<br />
deve adattarsi alla organizzazione, ma<br />
viceversa.<br />
E’ possibile però che la scarsa disponibilità<br />
della capo sala sia anche il frutto<br />
di problemi organizzativi, che, è ben noto<br />
a tutti, rendono molto frustrante il lavoro<br />
per gli operatori sanitari: mancanza di<br />
personale, elevato turn-over, carichi di<br />
lavori eccessivi; da qui rigidità, tensioni,<br />
demotivazioni. Sarebbe necessario interrompere<br />
questa dinamica negativa, che<br />
accrescendo i livelli di tensione, rende<br />
anche meno efficace il proprio lavoro e<br />
aumenta la demotivazione. La modalità<br />
aggressiva della capo sala forse è anche<br />
determinata dal non sapere fronteggiare<br />
la richiesta della madre, quando sente di<br />
non avere sufficiente spazio di cambiamento,<br />
per venire incontro alle sue richieste.<br />
L’ansia fa chiudere rapidamente e<br />
bruscamente la comunicazione.<br />
Le competenze comunicative sia<br />
della puericultrice, che della capo sala,<br />
in questo caso, non sono brillanti. Non<br />
c’è accoglienza, la modalità è immediatamente<br />
respingente: “non è possibile,<br />
abbiamo troppi bambini da accudire<br />
e dobbiamo rispettare i ritmi … Guardi è<br />
proprio impossibile”. Parole che trasmettono<br />
chiusura, non ascolto, non aprono<br />
alla negoziazione di nuove possibilità.<br />
L’episodio mostra uno scarso orientamento<br />
alla soluzione di problemi, manca flessibilità,<br />
e così la capacità di essere empatici,<br />
o di controllare le proprie emozioni, come<br />
l’attacco aggressivo finale.<br />
Per quanto riguarda la puericultrice<br />
qui emerge una comunicazione di chiusura<br />
e respingente. Avrebbe anche potuto<br />
colludere con la paziente, ad esempio,<br />
rispondendo che effettivamente nel reparto<br />
le regole sono eccessive con danno<br />
delle pazienti: “”Eh che vuole, qui le cose<br />
vanno così, io lo dico sempre, ma non c’è<br />
niente da fare””, esprimendo il suo personale<br />
malcontento, ma non avrebbe<br />
aiutato la madre, svalutando il reparto.<br />
Una modalità più adulta sarebbe stata<br />
quella di ascoltare la paziente, rassicurarla,<br />
fare presenti le difficoltà e le necessità<br />
organizzative ed eventualmente offrirsi<br />
per una possibile ricerca di una soluzione.<br />
Il problema del caso non è il rifiuto, ma<br />
la modalità aggressiva di come viene<br />
espresso. Dire di no a qualcuno è molto<br />
più impegnativo che dir di sì; richiede più<br />
attenzione, più cura.<br />
L’episodio può favorire molte altre<br />
riflessioni, che qui non è possibile appro-
fondire. Per una lettura più completa<br />
divengono fondamentali i vissuti, le associazioni,<br />
i ricordi, le amplificazioni che in<br />
un lavoro di gruppo può suscitare il confrontarsi<br />
con un racconto come questo:<br />
quando ci siamo sentiti come quella madre?<br />
Quante volte invece quella capo sala<br />
così rigida si è risvegliata dentro di noi?<br />
Cosa potremmo dirle? Non si tratta di<br />
giudicare i protagonisti dell’ episodio, ma<br />
di ritrovarli in noi. Parti che è importante<br />
riconoscere e ascoltare, per poterle contenere<br />
e moderare.<br />
Giovanni ha 12 anni, da due settimane ha avuto diagnosi di diabete tipo 1 in seguito a cheto acidosi diabetica<br />
ed è stato ricoverato nel reparto di diabetologia pediatrica. Frequenta la prima media con buon rendimento<br />
scolastico, ed è iscritto ad un centro sportivo con particolare impegno nel nuoto. I genitori sono persone di<br />
media cultura che sono ancora “sconquassati” dalla diagnosi formulata al figlio. Temono anche per la sorellina<br />
di 7 anni.<br />
L’obiettivo della visita è quello di effettuare un controllo dell’andamento glicemico dopo le dimissioni.<br />
I genitori in sala d’aspetto sollecitano il rispetto dell’orario di visita, perché sono in ansia.<br />
La relazione non ha un buon avvio:<br />
Madre: “Avevamo appuntamento più di mezz’ora fa, il bambino è stanco… si può sapere a che ora<br />
potremo entrare”<br />
Infermiera: “Signora appena sarà il suo turno la chiameremo, il medico è in ritardo con le visite”<br />
Madre: “I vostri orari sono sempre approssimativi…”<br />
Infermiera: sospira infastidita, ma non dice nulla<br />
Finalmente Giovanni e la madre entrano in ambulatorio, dove il medico li accoglie cortesemente.<br />
Medico: “Giovanni come stai?”<br />
Giovanni: “Mi sento abbastanza bene, sto imparando a misurare la glicemia, ma non voglio che i miei<br />
compagni di scuola sappiano nulla…mi vergognerei troppo … chissà cosa penserebbero”<br />
Medico: “Ti capisco, ma con il tempo capirebbero…”<br />
Madre interrompendo: “Non è vero che Giovanni, sta bene, io lo vedo sempre stanco e pallido, io non<br />
mi fido che a scuola sappiano intervenire”<br />
Giovanni: “Mamma io sto bene…non è vero che mi sento stanco…”<br />
Medico: “Signora non può lei sapere se suo figlio si senta stanco o meno…dia fiducia alle sue sensazioni…”<br />
Madre: “E’ un ragazzino..io non vivo più sono terrorizzata dalle ipoglicemie soprattutto notturne”<br />
Medico: “Vediamo di mettere ordine lei è troppo in ansia e rischia di trasmetterla a suo figlio…dal diario<br />
vedo troppe misurazioni delle glicemie…”<br />
Madre: “Come troppe misurazioni… Giovanni mangia di nascosto non l’ho mandato ad una serata con<br />
gli amici in pizzeria perché so che mangerebbe cose che non vanno bene”<br />
Medico: “Deve fidarsi di più così confonde suo figlio, comunque le misurazioni non vanno male…ma non<br />
sia così apprensiva non aiuta suo figlio ad accettare questa malattia…”<br />
Madre: “Lei continua a dirmi che sono apprensiva, non capisce…”<br />
Medico: “Vedo che non la convinco…comunque riduca i controlli, lasci che si muova e vada a nuoto e<br />
comunque si tranquillizzi..il diabete è una malattia come un’altra e noi siamo sempre disponibili…”<br />
Madre: ….<br />
Medico: “Si metta d’accordo con l’infermiera per un appuntamento….ciao Giovanni”<br />
In questo breve episodio colpiscono<br />
in particolare due aspetti:<br />
l’apprensione della madre<br />
il fatto che il medico non si impegni<br />
in una comunicazione –magari anche<br />
direttiva, ma volta a fornire alcune chiare<br />
e concrete indicazioni.<br />
Sembra che il medico non “investa<br />
energie” da un lato per comprendere<br />
come sta Giovanni e che “rapporto” sta<br />
cominciando a costruire con la malattia,<br />
dall’altro per dare indicazioni che possano<br />
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
31
N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />
32<br />
produrre nella madre la sensazione di<br />
farcela ad affrontare la malattia del figlio.<br />
E’ una madre difficile perché ansiosa<br />
e in parte aggressiva, ma non sentiamo<br />
negli interventi del medico comunicazioni<br />
utili.<br />
Si coglie il giudizio ”lei è troppo<br />
ansiosa…” il medico coglie certamente<br />
una verità, ma non dice nulla che possa<br />
avere una valenza trasformativa.<br />
La sensazione è quella di un colloquio<br />
in cui gli interlocutori non “si prendono”<br />
e il medico non appare sufficientemente<br />
motivato.<br />
Concludo questo articolo sul ruolo<br />
dell’intelligenza emotiva nella relazione<br />
di cura, sottolineando l’importanza e il<br />
valore della riflessione intorno alla nostre<br />
Bibliografia<br />
emozioni e proponendo alcuni brevi esercizi<br />
di contatto riflessivo:<br />
Quali capacità sto allenando oggi<br />
con i pazienti?<br />
Quali sono le emozioni più faticose<br />
che sto provando oggi?<br />
In quali capacità sto investendo tutto<br />
me stesso?<br />
Quali caratteristiche emotive hanno<br />
le persone per me importanti?<br />
Quale capacità emotiva che mi è più<br />
difficile esercitare?<br />
In quale parte del vostro corpo avvertite<br />
le sensazioni prodotte dalle emozioni?<br />
Le sensazioni prodotte dalle emozioni<br />
nel mio corpo sono “…groppo in<br />
gola…” “fumo negli occhi...”<br />
R. E. Boyatzis, D. Goleman, Essere leader, BUR 2002<br />
Damasio A., L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi,<br />
1995<br />
Goleman D. Intelligenza Emotiva – Che cos’è, perché può renderci felici, Rizzoli,<br />
1996<br />
Goleman D. Lavorare con Intelligenza Emotiva, Rizzoli, 1998
lo<br />
TIPO 1 VERSO IL RADDOPPIO NEI BAM-<br />
BINI PICCOLI<br />
L’incidenza del diabete di tipo 1 nei<br />
bambini molto piccoli raddoppierà in poco<br />
più di un decennio dal 2005 se le attuali<br />
tendenze rimarranno invariate. Tali tendenze<br />
sono state riscontrate in Europa,<br />
ma il fenomeno interesserà probabilmente<br />
anche il resto del mondo occidentale.<br />
Probabilmente la responsabilità del fenomeno<br />
stesso è da attribuirsi ad esposizioni<br />
ambientali ad elementi a tutt’ora sconosciuti.<br />
Il diabete di tipo 1 è molto meno<br />
diffuso di quello di tipo 2, tranne in bambini<br />
ed adolescenti. La più comune età<br />
alla diagnosi della malattia si situa negli<br />
anni dell’adolescenza, ma probabilmente<br />
presto essa si sposterà verso l’età infantile.<br />
E’ imperativo che gli sforzi profusi<br />
nella sorveglianza del diabete nei giovani<br />
continuino e si espandano, non solo per<br />
comprendere la sua complessa eziologia,<br />
ma anche per via dell’aumento della sua<br />
importanza per la salute pubblica.<br />
(Lancet online 2009, pubblicato il 28/5)<br />
DIABETE: FENOFIBRATO RIDUCE<br />
RISCHIO AMPUTAZIONI<br />
L’uso di fenofibrato per la riduzione<br />
dei grassi nel sangue nei soggetti con<br />
diabete di tipo 2 potrebbe ridurre il rischio<br />
sapevate<br />
che A<br />
cura del Comitato Scientifico<br />
con il contributo di Angelo De Luca,<br />
infermiere AFD - U.O.C. di Malattie<br />
Endocrine del Ricambio e della Nutrizione<br />
S.O. di Lanciano ASL Lancianovasto -<br />
e.mail: angelo.deluca13@tiscali.it<br />
di una prima amputazione correlata alla<br />
malattia. Le amputazioni in questi soggetti<br />
danneggiano in modo sostanziale la loro<br />
qualità della vita ed impongono costi<br />
elevati al sistema sanitario. I classici marcatori<br />
di rischio macrovascolare e microvascolare<br />
sono associati alle amputazioni<br />
degli arti inferiori nei soggetti con diabete<br />
di tipo 2: il trattamento con fenofibrato<br />
è associato ad una riduzione di questo<br />
rischio, soprattutto per quanto riguarda<br />
le amputazioni minori senza malattie dei<br />
grandi vasi note, probabilmente tramite<br />
meccanismi che non hanno a che fare<br />
con i lipidi. Ciò potrebbe portare ad un<br />
cambiamento del trattamento standard<br />
per la prevenzione delle amputazioni nei<br />
diabetici: l’uso dei fibrati indipendentemente<br />
dalla presenza di dislipidemie potrebbe<br />
ridurre in modo sostanziale morbidità,<br />
mortalità e carico economico in questi<br />
pazienti. Parte dei benefici del fenofibrato<br />
potrebbero essere dovuti ad un miglioramento<br />
della guarigione delle lesioni: è<br />
stato dimostrato infatti che i fibrati inducono<br />
la differenziazione dei cheratinociti<br />
e migliorano la barriera epidermica in vivo,<br />
e questo effetto in particolare potrebbe<br />
separare i fibrati dai molti agenti che finora<br />
si sono dimostrati inefficaci in questo<br />
ambito.<br />
(Lancet. 2009; 373: 1740-1 e 1780-8)<br />
N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
33
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
34<br />
DIABETE, ISCHEMIA DELL’ARTO<br />
E RISCHIO AMPUTAZIONE<br />
Nei pazienti diabetici con ischemia<br />
critica degli arti, il rischio di mortalità o<br />
amputazioni maggiori è considerevole.<br />
Tuttavia, la riduzione del tasso di amputazioni<br />
nei pazienti diabetici con piede diabetico<br />
ischemico è possibile con l’uso<br />
estensivo della rivascolarizzazione tramite<br />
bypass ed angioplastica periferica. Con<br />
l’uso di entrambe le tecniche si giunge ad<br />
una rivascolarizzazione del 95 percento<br />
dei pazienti, mentre all’inizio degli anni<br />
‘90 si poteva giungere solo al 25 percento.<br />
Il tasso di amputazione peraltro è nettamente<br />
inferiore nei pazienti sottoposti a<br />
rivascolarizzazione. Nel complesso, la chiave<br />
per il trattamento efficace di questi<br />
pazienti è l’approccio multidisciplinare: la<br />
rivascolarizzazione ed una corretta cura<br />
del piede possono migliorare la prognosi<br />
del paziente e ridurre la necessità di ulteriori<br />
interventi. Le coronaropatie comunque<br />
rimangono la principale causa di<br />
morte in questi casi, e pertanto è importante<br />
prestare attenzione al cuore e ricercare<br />
eventuali casi di ischemia silente per<br />
migliorarne la sopravvivenza.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 822-7)<br />
DIABETE E ANOMALIE CARDIACHE<br />
NELLE RAGAZZE<br />
Le adolescenti con diabete di tipo 2<br />
scarsamente controllato hanno maggiori<br />
probabilità di presentare anomalie cardiache<br />
strutturali e funzionali rispetto alle<br />
loro controparti sane o anche a quelle<br />
con diabete di tipo 1. Ciò sottolinea il<br />
rischio cardiovascolare potenzialmente<br />
elevato del diabete di tipo 2 in età adolescenziale,<br />
un rischio che non si riscontra<br />
nemmeno negli adolescenti in sovrappeso.<br />
Le anomalie di più frequente riscontro<br />
comprendono dilatazione o elevata massa<br />
del ventricolo sinistro e dilatazione<br />
dell’atrio sinistro. Se lasciate incontrollate,<br />
è probabile che molte di queste anomalie<br />
possano portare allo sviluppo di malattie<br />
cardiovascolari conclamate.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 883-8)<br />
DIABETE TIPO 2, PANCREATITE<br />
E MALATTIE BILIARI<br />
I pazienti con diabete di tipo 2 presentano<br />
un rischio almeno triplicato di pancreatite<br />
e doppio di malattie biliari rispetto<br />
alle loro controparti non diabetiche. Questi<br />
elementi, se combinati all’incremento della<br />
prevalenza del diabete e dei fattori di<br />
rischio ad esso associati, potrebbero contribuire<br />
ad un significativo aumento<br />
nell’incidenza della pancreatite acuta. Per<br />
quanto riguarda le patologie biliari, i pazienti<br />
diabetici sono esposti particolarmente<br />
al rischio di colelitiasi, colecistite acuta<br />
e colecistectomia. Sia nel caso di queste<br />
ultime che in quello della pancreatite,<br />
comunque, i rischi maggiori riguardano i<br />
pazienti più giovani.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 834-8)<br />
ARTERIOPATIE PERIFERICHE SPESSO<br />
SOTTODIAGNOSTICATE<br />
Le arteriopatie periferiche sono spesso<br />
sottodiagnosticate, anche nei pazienti con<br />
cardiopatia ischemica nota già sotto cura<br />
specialistica. Il fenomeno era già noto in<br />
medicina di base, ma non era finora nota<br />
la sua estensione nei pazienti con cardiopatia<br />
ischemica. Esso è particolarmente<br />
importante in questa popolazione con<br />
l’età avanzata, il sesso femminile e la<br />
presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare<br />
tradizionali, ed inoltre la sua presenza<br />
identifica un sottogruppo di pazienti<br />
con forme di cardiopatia ischemica più<br />
gravi. Di solito, le arteriopatie periferiche
interessano un paziente su sei di questa<br />
popolazione: andrebbero dunque implementati<br />
programmi di screening sistematico<br />
in merito in tutti i pazienti con cardiopatia<br />
ischemica.<br />
(Catheter Cardiovasc Interv. 2009; 73:<br />
719-24)<br />
DIABETE, GLICEMIA A DIGIUNO<br />
ED HBA1C<br />
La valutazione combinata di glicemia<br />
a digiuno ed HbA1c è un mezzo efficace<br />
per la previsione della comparsa di diabete<br />
di tipo 2. Si tratta probabilmente anche<br />
di una combinazione di marcatori maggiormente<br />
utile rispetto al test della tolleranza<br />
al glucosio per via orale nella pratica<br />
clinica, in quanto presenta vantaggi economici<br />
ed è disponibile in modo quasi<br />
ubiquitario. Sia la glicemia a digiuno che<br />
l’HbA1c sono indipendentemente associate<br />
al rischio di diabete, ma la loro combinazione<br />
porta ad una maggiore precisione<br />
predittiva, anche stratificando i pazienti<br />
in base ai livelli glicemici a digiuno di base.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 644-6)<br />
DIABETE E TERMOREGOLAZIONE<br />
NOTTURNA DEL PIEDE<br />
La regolazione della temperatura del<br />
piede nei pazienti diabetici con o senza<br />
polineuropatia diabetica risulta significativamente<br />
danneggiata durante il sonno.<br />
I pazienti con polineuropatia diabetica<br />
hanno spesso problemi di sonno, ed è<br />
stato dimostrato ora che presentano anche<br />
anomalie della temperatura del piede.<br />
Dato che è stato dimostrato anche che la<br />
qualità del sonno dipende dalla normalità<br />
della temperatura del piede, interventi<br />
volti a normalizzarla, come ad esempio il<br />
riscaldamento esterno, potrebbero migliorare<br />
la qualità del sonno nei pazienti dia-<br />
betici. I normali meccanismi omeostatici<br />
del mantenimento della temperatura del<br />
piede sono disturbati in questi pazienti, e<br />
ciò potrebbe far sì che il piede rimanga<br />
costantemente più freddo, il che potrebbe<br />
predisporlo a danni ed al peggioramento<br />
della neuropatia diabetica. Questi dati<br />
suggeriscono nuovi meccanismi potenzialmente<br />
trattabili alla base dei dolori notturni<br />
e dei disturbi del sonno associati al diabete.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 671-6)<br />
OBESITÀ, DIABETE ED ANOMALIE<br />
FETALI<br />
La possibilità di identificare importanti<br />
anomalie fetali tramite l’ecografia risulta<br />
ridotta nelle donne gravide obese o diabetiche.<br />
Le donne diabetiche infatti sono<br />
molto più colpite da questi problemi rispetto<br />
alle altre, con una maggiore prevalenza<br />
di anomalie fetali ed un minor tasso<br />
di rilevamento delle stesse: è possibile che<br />
in questo fenomeno svolga un ruolo<br />
l’obesità localizzata prevalentemente a<br />
livello del tronco che caratterizza il diabete.<br />
Alla luce di questi dati, potrebbe rendersi<br />
necessario modificare le indicazioni da<br />
fornire alle pazienti obese riguardo l’uso<br />
dell’ecografia in gravidanza.<br />
(Obstet Gynecol 2009; 113: 1001-7)<br />
DIABETE: ASPIRINA RIDUCE RISCHIO<br />
Sussiste un’associazione fra l’uso di<br />
aspirina e la diminuzione del rischio di<br />
sviluppare diabete di tipo 2. Gli studi<br />
analitici sull’uso di aspirina ed altri FANS<br />
ed il rischio di diabete nelle popolazioni<br />
umane libere sono stati finora limitati, ma<br />
è stato ora dimostrato che i soggetti che<br />
fanno uso di un qualche tipo di aspirina<br />
hanno un OR pari a 0,86 per lo sviluppo<br />
del diabete rispetto agli altri. Da questa<br />
correlazione comunque esulano tutti gli<br />
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
35
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
36<br />
altri FANS. La diminuzione del rischio di<br />
diabete di tipo 2 può essere aggiunta alla<br />
lista dei benefici clinici dell’aspirina, anche<br />
se sono necessari ulteriori studi per investigare<br />
più a fondo questa associazione.<br />
(Am J Med 2009; 122: 374-9)<br />
DIABETE TIPO 1: COMUNE<br />
LA DEPRESSIONE<br />
La prevalenza della depressione e l’uso<br />
di farmaci antidepressivi sono quasi raddoppiati<br />
nei pazienti con diabete di tipo<br />
1 rispetto a quelli non diabetici. La depressione<br />
è un fattore di rischio modificabile<br />
il cui trattamento può migliorare il controllo<br />
glicemico e gli esiti per la salute di questi<br />
pazienti. In questo senso, lo screening<br />
della depressione nei pazienti con diabete<br />
di tipo 1 è di importanza vitale, soprattutto<br />
in presenza di complicazioni. Il trattamento<br />
della depressione dovrebbe essere accompagnato<br />
da una valutazione prospettica<br />
della sua efficacia nel miglioramento dei<br />
sintomi relativi alla salute mentale tanto<br />
quanto degli esiti per la salute relativi al<br />
diabete stesso.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 575-9)<br />
DIABETE TIPO 2: SCALA RISCHIO<br />
GENETICO PREDICE RISCHIO<br />
L’indice di rischio genetico (GRS), combinato<br />
con i fattori di rischio convenzionali<br />
come il BMI e l’anamnesi familiare di<br />
diabete, può aiutare ad identificare sottogruppi<br />
di popolazione con un rischio molto<br />
elevato di sviluppare diabete di tipo 2.<br />
Allo sviluppo di questa malattia contribuiscono<br />
fattori sia genetici che ambientali:<br />
diversi polimorfismi di singoli nucleotidi a<br />
livello di diversi geni sono stati associati<br />
al rischio di diabete, ed il GRS si basa su<br />
10 di essi. Al momento attuale, comunque,<br />
il GRS non ha molto valore per lo<br />
screening del diabete, in quanto le infor-<br />
mazioni che aggiunge ai fattori di rischio<br />
tradizionali sono molto limitate: ai fini del<br />
miglioramento della sua utilità clinica<br />
sarebbe necessaria una precisa mappatura<br />
genica per l’individuazione della variante<br />
causale. Aggiungere altri geni alla lista di<br />
quelli considerati, comunque, avrebbe un<br />
effetto molto lieve, in quanto nel GRS<br />
sono già stati inclusi quelli più significativi.<br />
Una via più proficua potrebbe essere quella<br />
dello studio dell’interazione fra geni diversi<br />
o fra geni e fattori ambientali: per esempio,<br />
valori di GSR più elevati sono legati infatti<br />
ad un rischio maggiore nei soggetti obesi.<br />
Si potrebbero anche ricercare varianti<br />
genetiche più rare: nonostante la loro<br />
rarità, infatti, il loro effetto combinato<br />
potrebbe essere sufficiente a giustificare<br />
i fattori di rischio presenti nella storia<br />
familiare attualmente non spiegati dalle<br />
varianti più comuni.<br />
(Ann Intern Med. 2009; 150: 541-50)
TIPO 2: STRETTO CONTROLLO GLICE-<br />
MICO NON INDICATO?<br />
Lo stretto controllo glicemico potrebbe<br />
non essere l’optimum nei pazienti con<br />
diabete di tipo 2. Alcune linee guida in<br />
merito fissano dei livelli glicemici target<br />
molto bassi per questi pazienti onde evitare<br />
o ritardare la comparsa di complicazioni,<br />
ma ciò carica il paziente di complessi<br />
programmi terapeutici, ipoglicemia, aumento<br />
di peso e costi a fronte di benefici<br />
al meglio incerti. Il medico dovrebbe invece<br />
dare la priorità al supporto di benessere<br />
e stile di vita sano, assistenza preventiva<br />
e riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare<br />
in questi pazienti.<br />
Dato che il paziente diabetico è spesso<br />
portatore di comorbidità, il medico dovrebbe<br />
evitare strategie di controllo glicemico<br />
che superino la capacità del paziente<br />
di gestire la situazione a livello clinico,<br />
psicologico ed economico: obiettivi ambiziosi<br />
incentrati sulla malattia che richiedono<br />
programmi terapeutici altamente complessi<br />
e gravosi possono promuovere<br />
frustrazione, mancata aderenza e stress<br />
economico in alcuni pazienti.<br />
Dato che non è possibile distinguere<br />
in modo affidabile l’efficacia di diversi<br />
medicinali per il diabete nella riduzione<br />
delle complicazioni, la selezione del medicinale<br />
andrebbe effettuata sulla base<br />
del carico di somministrazione e degli<br />
effetti collaterali.<br />
(Ann Intern Med online 2009,<br />
pubblicato il 20/4)<br />
DIABETE INFANTILE HA CONSEGUEN-<br />
ZE SUL SNC<br />
Diversi possibili processi neuropatologici,<br />
fra cui gliosi, demielinizzazione ed<br />
alterazioni dell’osmolarità, possono svilupparsi<br />
nei giovani pazienti con diabete di<br />
tipo 1 12 anni dopo la diagnosi. Vi sono<br />
solide basi in letteratura che legano cambiamenti<br />
fisiopatologici a carico del SNC<br />
e deficit neurocognitivi al diabete di tipo<br />
1 nell’adulto, e talvolta, ma non sempre,<br />
a variabili specifiche della malattia quali<br />
la sua durata o un’anamnesi di grave<br />
ipoglicemia o iperglicemia cronica. Sono<br />
state riportate difficoltà cognitive anche<br />
nei bambini, ed in particolare in quelli in<br />
cui la malattia insorge prima dei cinque<br />
anni, ma ma gli studi neuroradiografici<br />
sui giovani sono stati finora limitati, e la<br />
comprensione dell’impatto del diabete di<br />
tipo 1 sul neurosviluppo si basa ancora in<br />
larga parte sulle inferenze effettuate dagli<br />
studi neurocognitivi e dai dati neuroradiografici<br />
relativi agli adulti.<br />
E’ possibile che specifiche variabili<br />
relative al diabete esercitino effetti diversi<br />
sul SNC, ma l’incostanza delle associazioni<br />
può anche riflettere difficoltà nell’ottenere<br />
anamnesi affidabili e complete sotto il<br />
profilo del controllo metabolico, comprese<br />
le documentazioni sulle complicazioni del<br />
diabete. Sono necessari ulteriori studi<br />
multicentrici che prevedano la raccolta di<br />
questi ed altri dati per comprendere pienamente<br />
la patogenesi dei cambiamenti<br />
a carico del SNC nel diabete ad insorgenza<br />
infantile.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 445-50)<br />
INFARTO: ININFLUENTE IPOGLICEMIA<br />
SOTTO INSULINA<br />
L’ipoglicemia di per sé non è una causa<br />
di morte diretta nei pazienti infartuati<br />
sotto insulina, ma piuttosto indica una<br />
popolazione di pazienti il cui stato di salute<br />
è peggiore. Anche se l’ipoglicemia è in<br />
effetti associata ad un aumento della<br />
mortalità, infatti, questo rischio è limitato<br />
ai pazienti che la sviluppano spontaneamente,<br />
e non riguarda quelli trattati con<br />
insulina. Il controllo glicemico sullo sfondo<br />
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
37
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
38<br />
dell’infarto è sempre stato oggetto di<br />
preoccupazioni, in quanto a prescindere<br />
dal protocollo applicato si giungerà comunque<br />
a produrre più casi di ipoglicemia,<br />
e studi precedenti hanno suggerito che i<br />
pazienti ipoglicemici presentino un maggior<br />
rischio di mortalità. Tale rischio però<br />
non riguarda i casi di ipoglicemia iatrogena.<br />
Ciò non suggerisce necessariamente<br />
l’opportunità di implementare protocolli<br />
di controllo aggressivo della glicemia nei<br />
pazienti infartuati: è stato anzi recentemente<br />
suggerito che questo approccio<br />
potrebbe anche essere dannoso.<br />
(JAMA 2009; 301: 1556-64)<br />
CIRCONFERENZA VITA E INSUFFICIEN-<br />
ZA CARDIACA<br />
Una maggior circonferenza della vita<br />
è associata all’insufficienza cardiaca nelle<br />
donne di ogni livello di BMI, e sia la circonferenza<br />
della vita che il BMI predicono<br />
l’insufficienza cardiaca nell’uomo. L’obesità<br />
è associata all’incidenza dell’insufficienza<br />
cardiaca, ma la forza dell’associazione fra<br />
quest’ultima ed il BMI diminuisce con<br />
l’età. Nei pazienti di mezza età ed anziani,<br />
di età compresa fra 43 ed 85 anni, sia<br />
l’adiposità addominale che quella complessiva<br />
risultano associate ai ricoveri ospedalieri<br />
ed alla mortalità da insufficienza<br />
cardiaca. Va comunque ricordato che nei<br />
soggetti obesi sussiste il rischio della sovradiagnosi<br />
dell’insufficienza cardiaca a<br />
causa della presenza di dispnea ed edemi<br />
dovuti alla stessa obesità.<br />
(Circ Heart Fail online 2009,<br />
pubblicato il 7/4)<br />
OBESITÀ TRA GRAVIDANZE AUMENTA<br />
RISCHIO CESAREO<br />
Nelle donne con un’anamnesi di diabete<br />
gestazionale, un eccessivo aumento<br />
di peso fra una gravidanza e l’altra incrementa<br />
il rischio di un parto cesareo nella<br />
gravidanza susseguente. E’ dunque estremamente<br />
importante raccomandare a<br />
queste pazienti variazioni dello stile di vita<br />
atte a prevenire un eccessivo aumento di<br />
peso, specie in considerazione del rischio<br />
di esiti negativi sia per la madre che per<br />
il bambino. Alcuni studi effettuati su donne<br />
che non hanno mai sofferto di diabete<br />
gestazionale hanno inoltre dimostrato che<br />
anche in queste pazienti l’aumento di<br />
peso al di fuori della gravidanza è collegato<br />
al rischio di esiti negativi, quindi lo stesso<br />
tipo di raccomandazione si adatta anche<br />
a questa categoria di pazienti.<br />
(Obstet Gynecol 2009; 113: 817-23)<br />
CURE TERRITORIALI PER IL DIABETE<br />
“La prevenzione del diabete, specialmente<br />
per quanto riguarda le complicanze<br />
della malattia, deve essere spostata sempre<br />
di più dall’ospedale al territorio”. E’ la<br />
ricetta formulata dal sottosegretario al<br />
Welfare, Ferruccio Fazio, per combattere<br />
questa patologia sempre più diffusa in<br />
Italia e nel mondo. Il sottosegretario ha<br />
indicato l’indirizzo da seguire durante il<br />
‘Changing diabetes barometer forum’, in<br />
programma ieri e oggi a Roma. Secondo<br />
Fazio non bisogna abbassare la guardia<br />
nei confronti del diabete ed è doveroso<br />
proseguire lungo una strada di prevenzione<br />
‘triplice’. “Quella primaria rappresentata<br />
dalla correzione degli stili di vita sbagliati,
quella secondaria condotta sui soggetti a<br />
forte rischio e quella terziaria per le complicanze<br />
della malattia”. Quest’ultimo<br />
punto sta molto a cuore al sottosegretario.<br />
“Abbiamo una grande esperienza professionale<br />
negli ospedali - spiega - dobbiamo<br />
utilizzarla sempre di più sul territorio, con<br />
interventi di assistenza capillari. L’ospedale<br />
deve diventare un luogo dove il paziente<br />
si reca sempre meno, solo per gli esami<br />
davvero necessari. Per questo motivo dobbiamo<br />
potenziare sempre di più la<br />
territorialità”.<br />
In questo momento nel nostro Paese<br />
ci sono 650 centri di diabetologia, sia<br />
ospedali che territoriali, eppure i pazienti<br />
faticano a seguire le linee guida degli<br />
esperti. “Ci sono molti fumatori - aggiunge<br />
Fazio - tanti altri sono obesi. Dobbiamo<br />
quindi applicare al diabetico quelle tecniche<br />
assistenziali in grado di prevenirne le<br />
complicanze, migliorando l’adesione dei<br />
soggetti al percorso diagnosticoterapeutico.<br />
In questo senso - conclude -<br />
è importante l’esempio del progetto<br />
Igea”, condotto dal Centro nazionale di<br />
epidemiologia, sorveglianza e promozione<br />
della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore<br />
di sanità (Iss) su mandato del Centro nazionale<br />
per la prevenzione e il controllo<br />
delle malattie (Ccm).<br />
DoctorNews, 3 aprile 2009<br />
Anno 7, Numero 61<br />
ALZHEIMER: COLESTEROLO E DIABETE<br />
ACCELERANO DECLINO<br />
Nei pazienti con morbo di Alzheimer<br />
incidente, la concentrazione di colesterolo<br />
totale ed LDL prima della diagnosi ed<br />
un’anamnesi di diabete sono associate ad<br />
un più rapido declino cognitivo. Per i pazienti<br />
con questa patologia sono disponibili<br />
poche opzioni terapeutiche in grado di<br />
migliorare la prognosi: il controllo delle<br />
patologie vascolari potrebbe essere un<br />
modo di ritardare il decorso della malattia.<br />
Benché già in precedenza i fattori di rischio<br />
vascolari siano stati studiati in qualità di<br />
fattori predittivi di morbo di Alzheimer,<br />
pochi studi hanno valutato la loro influenza<br />
sulla progressione della malattia. E’ stato<br />
invece ora dimostrato che la prevenzione<br />
o il trattamento dell’ipercolesterolemia e<br />
del diabete potrebbero potenzialmente<br />
rallentare il decorso del morbo di Alzheimer.<br />
(Arch Neurol 2009; 66: 343-8)<br />
DIABETE: NECESSARIO<br />
COMPRENDERE L’AUTOGESTIONE<br />
La comprensione delle barriere che<br />
ostacolano l’autogestione del diabete<br />
potrebbe aiutare gli operatori sanitari a<br />
rafforzare il paziente. Il diabete rappresenta<br />
una minaccia per la salute globale a causa<br />
della sua prevalenza in rapida crescita:<br />
nonostante la creazione di programmi di<br />
gestione completi, i pazienti spesso non<br />
sono in grado di ottenere gli esiti desiderati.<br />
I principali ostacoli all’autogestione<br />
comprendono fattori psicosociali, fisici ed<br />
ambientali che influenzano la variazione<br />
del comportamento. Il medico potrebbe<br />
implementare il processo favorendo il<br />
supporto familiare per il raggiungimento<br />
di obiettivi verosimili. Al contempo, migliori<br />
sistemi assistenziali e riforme che favoriscano<br />
l’efficienza e l’accessibilità economica<br />
e non delle cure sarebbero essenziali<br />
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
39
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
40<br />
per aiutare medico e paziente a giungere<br />
a standard più desiderabili nella terapia<br />
del diabete. La comprensione delle barriere<br />
attualmente presenti rappresenta per il<br />
medico il primo passo per aiutare il paziente<br />
a superarle: è necessario sviluppare<br />
strategie per chiarire ed individualizzare<br />
le linee guida terapeutiche, implementare<br />
l’educazione continua, migliorare le capacità<br />
comunicative e motivare il paziente<br />
per ottenere i cambiamenti comportamentali<br />
desiderati. In questo senso, il personale<br />
infermieristico svolge un ruolo fondamentale<br />
nell’ottenimento di un’assistenza<br />
ottimale per il paziente.<br />
(J Nurs Healthcare Chronic Illness.<br />
2009; 1: 4-19)<br />
MONITORAGGIO GLICEMICO POSSIBI-<br />
LE PER 10 GIORNI<br />
L’uso per 10 giorni di un sistema di<br />
monitoraggio settimanale per la glicemia<br />
appare affidabile, sicuro e pratico. Rispetto<br />
ai sistemi di automonitoraggio domiciliare<br />
con stick, gli apparecchi di monitoraggio<br />
continuo mostrano una migliore performance<br />
alla decima giornata di uso. Rispetto<br />
ai valori riscontrati con l’automonitoraggio,<br />
la performance dei sensori risulta<br />
stabile lungo tutto il periodo di 10 giorni<br />
di utilizzo, e non è stato riscontrato finora<br />
alcun caso di infezione del sito di inserzione<br />
dell’apparecchio. Rimane a questo<br />
punto da valutare l’impatto dell’uso per<br />
10 giorni del sistema di monitoraggio<br />
settimanale sull’HbA1c e sull’ipoglicemia.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 436-8)<br />
ARTRITE REUMATOIDE E DIABETE<br />
TIPO 1<br />
I soggetti con diabete di tipo 1 presentano<br />
un aumento del rischio di una forma<br />
specifica di artrite reumatoide, quella anti-<br />
CCP positiva. Entrambe le malattie inoltre<br />
risultano associate all’allele 620W del gene<br />
PTPN22, il che suggerisce che questa variante<br />
genica possa rappresentare una base<br />
comune per la loro patogenesi. Si tratta<br />
della prima volta che diabete di tipo 1 ed<br />
artrite reumatoide vengono associati a<br />
livello della popolazione generale:<br />
l’identificazione di importanti mediatori<br />
patologici condivisi è un obiettivo importante<br />
sia per la prevenzione delle malattie<br />
che per lo sviluppo delle terapie.<br />
(Arthritis Rheum 2009; 60: 653-60)<br />
TIPO 2: RUOLO PREDITTIVO ANTAGO-<br />
NISTA RECETTORE IL-1<br />
Elevati livelli dell’antagonista del recettore<br />
dell’IL-1 (IL-1Ra), un inibitore naturale<br />
dell’IL-1 beta, precedono l’insorgenza del<br />
diabete di tipo 2. E’ stato dimostrato che<br />
questo antagonista recettoriale migliora<br />
la funzionalità delle cellule beta ed il<br />
controllo glicemico nei pazienti con diabete<br />
di tipo 2, ma la correlazione fra i suoi livelli<br />
base e l’insorgenza del diabete non era<br />
stata ancora esplorata. Quanto rilevato<br />
lascia pensare che il fisico tenti di contrastare<br />
i disturbi proinfiammatori prima della<br />
comparsa della malattia stimolando i marcatori<br />
antiinfiammatori, ma in alcuni casi<br />
fallisca. Rimane da accertare se un’ulteriore<br />
stimolazione di questa risposta antiinfiammatoria<br />
possa aiutare a prevenire o ritardare<br />
la comparsa del diabete di tipo 2.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 421-3)
BMI ECCESSIVO AUMENTA<br />
MORTALITÀ<br />
Un BMI al di sopra del range ideale<br />
potrebbe causare un ampio incremento<br />
nei tassi di mortalità. Le principali associazioni<br />
fra BMI e mortalità complessiva e<br />
specifica possono essere valutate al meglio<br />
dall’osservazione prospettica a lungo termine<br />
di campioni molto abbondanti. Benchè<br />
altri parametri antropometrici come<br />
la circonferenza della vita ed il rapporto<br />
vita-anca potrebbero aggiungere informazioni<br />
significative al BMI, già il BMI in sé<br />
stesso è un forte fattore predittivo di<br />
mortalità sia al di sopra che al di sotto dei<br />
22,5-25 Kg/m2. L’aumento progressivo<br />
di mortalità al di sopra di questo intervallo<br />
è dovuto principalmente a malattie vascolari.<br />
Con 30-35 kg/m2 la sopravvivenza<br />
media si riduce di due-quattro anni, e con<br />
40-45 kg/m2 si riduce di otto-dieci anni,<br />
il che è paragonabile all’effetto del fumo.<br />
Al di sotto dei 22,5 kg/m2 l’aumento di<br />
mortalità si deve eminentemente a malattie<br />
collegate al fumo, e non è stato pienamente<br />
spiegato. In età adulta potrebbe<br />
risultare più semplice evitare sostanziali<br />
aumenti di peso che perderne una volta<br />
che è stato accumulato. Evitando un ulteriore<br />
aumento da 28 a 32 kg/m2, un tipico<br />
soggetto di mezza età guadagnerebbe<br />
circa due anni di speranza di vita, che<br />
diverrebbero tre in un soggetto giovane<br />
che evita di passare da 24 a 32 kg/m2.<br />
(Lancet online 2009,<br />
pubblicato il 18/3)<br />
INFARTO: DIMINUIRE GLICEMIA<br />
AUMENTA SOPRAVVIVENZA<br />
I pazienti con infarto acuto ed iperglicemia<br />
al momento del ricovero ospedaliero<br />
il cui livelli glicemici scendono fino alla<br />
normalità durante la degenza hanno maggiori<br />
probabilità di sopravvivenza: tale<br />
probabilità non differisce fra coloro che<br />
hanno fatto uso di insulina e coloro in cui<br />
il processo è avvenuto spontaneamente.<br />
L’iperglicemia è comune nei pazienti con<br />
infarto miocardico acuto, ed è nota la sua<br />
associazione con esiti negativi quali mortalità<br />
o complicazioni intraospedaliere,<br />
ma non era invece noto se la prognosi<br />
dei pazienti che riescono a normalizzare<br />
la glicemia in ospedale andasse incontro<br />
a miglioramenti. I risultati ottenuti comunque<br />
non escludono la possibilità di un<br />
ruolo dell’insulina nella prognosi del paziente:<br />
essi semplicemente dimostrano<br />
che la prognosi è probabilmente determinata<br />
dalla glicemia.<br />
(Arch Intern Med 2009; 169: 438-46)<br />
DIABETE TIPO 2: RESISTINA AUMENTA<br />
RISCHIO<br />
L’ormone noto come resistina, secreto<br />
dal tessuto adiposo, risulta debolmente<br />
associato ad un aumento del rischio di<br />
diabete di tipo 2. L’associazione osservata,<br />
più solida nelle donne che negli uomini,<br />
può essere in gran parte spiegata dai livelli<br />
di marcatori infiammatori o di adiposità.<br />
Probabilmente il dosaggio della resistina<br />
non può aggiungere molto valore predittivo<br />
per l’identificazione dei soggetti ad alto<br />
rischio di diabete di tipo 2, in quanto<br />
l’associazione è troppo debole. Stando alla<br />
ricerca di base, la resistina svolge un ruolo<br />
fondamentale nella cascata molecolare che<br />
conduce dall’adiposità all’insulinoresistenza,<br />
e pertanto potrebbe trattarsi di un marcatore<br />
potenzialmente utile per rilevare lo<br />
sviluppo del diabete di tipo 2, ma finora<br />
nell’uomo la cosa non era ancora stata<br />
accertata per via di dati limitati e risultati<br />
incostanti. Benché il valore predittivo della<br />
resistina sia scarso, è stato confermato il<br />
suo ruolo di tramite fra l’obesità e la patogenesi<br />
del diabete di tipo 2: il suo ruolo è<br />
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
41
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
42<br />
mediato dalla cascata dell’infiammazione,<br />
ma i fattori di regolazione e gli effettori<br />
specifici coinvolti rimangono da chiarire.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 329-34)<br />
DIABETE E INFARTO: INSULINA<br />
PRANDIALE E BASALE ALLA PARI<br />
Trattare i sopravvissuti diabetici ad un<br />
infarto miocardico con una strategia insulinica<br />
prandiale o basale porta agli stessi<br />
livelli di HbA1c, senza alcuna differenza<br />
nel rischio di eventi cardiovascolari. Fra i<br />
soggetti con diabete di tipo 2, quelli con<br />
un’anamnesi di infarto presentano un rischio<br />
particolarmente elevato di ulteriori<br />
eventi cardiovascolari: la maggior prevalenza<br />
dei classici fattori di rischio cardiovascolare<br />
in questi soggetti spiega solamente in<br />
parte l’incremento del rischio cardiovascolare<br />
associato al diabete. L’iperglicemia<br />
cronica incrementa questo rischio, e quella<br />
postprandiale è stata associata alle malattie<br />
cardiovascolari indipendentemente<br />
dall’HbA1c o dalla glicemia a digiuno.<br />
Nessuno dei due regimi insulinici proposti<br />
tuttavia risulta pienamente soddisfacente<br />
nel raggiungere i livelli glicemici prefissati.<br />
Sarebbe interessante verificare se i risultati<br />
sarebbero gli stessi aggiungendo altri farmaci<br />
ipoglicemizzanti al regime, oppure<br />
con nuovi farmaci che riducono più efficacemente<br />
la glicemia postprandiale, come<br />
gli agonisti del GLP-1 o i DPP-4-inibitori.<br />
Benché non sia ancora certo se<br />
l’iperglicemia postprandiale sia davvero un<br />
fattore di rischio di malattie cardiovascolari,<br />
probabilmente implementare nella pratica<br />
clinica strategie volte a diminuirla sarebbe<br />
una buona scelta terapeutica, in quanto<br />
sembra il miglior approccio per raggiungere<br />
i valori raccomandati di HbA1c, il che è<br />
sempre positivo per il paziente.<br />
(Diabetes Care. 2009; 32:<br />
381-6 e 521-2)<br />
STEATOSI, INSULINORESISTENZA E<br />
DIFFERENZE ETNICHE<br />
Sono state riscontrate differenze etniche<br />
in campo di steatosi epatica non alcolica<br />
ed insulinoresistenza. La steatosi epatica<br />
non alcolica è costituita da uno spettro di<br />
patologie definite dall’accumulo anomalo<br />
di trigliceridi nel fegato, ed era già stato<br />
precedentemente dimostrato che i soggetti<br />
ispanici ne sono meno a rischio rispetto<br />
agli afroamericani, nonostante il fatto che<br />
in questi due gruppi etnici la prevalenza<br />
dei fattori di rischio sia simile. Il grasso<br />
intraperitoneale è connesso al contenuto<br />
epatico in trigliceridi, a prescindere<br />
dall’etnia: la diversa prevalenza della steatosi<br />
epatica fra i vari gruppi è associata a<br />
differenze simili nell’adiposità viscerale. La<br />
risposta metabolica all’obesità ed<br />
all’insulinoresistenza negli afroamericani<br />
differisce da quella negli ispanici e nei<br />
caucasici: gli afroamericani risultano più<br />
resistenti sia all’accumulo di trigliceridi nel<br />
compartimento viscerale addominale che<br />
all’ipertrigliceridemia associata<br />
all’insulinoresistenza. Molti degli sconvolgimenti<br />
nel metabolismo lipidico tipicamente<br />
associati all’insulinoresistenza non sono<br />
presenti negli afroamericani: una possibile<br />
spiegazione potrebbe consistere nel fatto<br />
che il fenotipo insulinoresistente sia una<br />
funzione dell’organo che contribuisce primariamente<br />
alla riduzione della sensibilità<br />
all’insulina, oppure una funzione dell’abilità<br />
di espandere il tessuto adiposo sottocutaneo<br />
in risposta alla sovranutrizione. Sono<br />
necessari comunque ulteriori studi per<br />
stabilire quali siano le basi del paradosso<br />
dell’insulinoresistenza.<br />
(Hepatology. 2009; 49: 791-801)<br />
OBESITÀ PERICOLOSA QUANTO IL FU-<br />
MO NELL’ADOLESCENZA<br />
L’obesità negli adolescenti conferisce<br />
lo stesso rischio di morte prematura in età
adulta di fumare più di 10 sigarette al<br />
giorno, ed anche l’eccesso di peso ha un<br />
profilo di rischio paragonabile a quello di<br />
un’abitudine al fumo meno intensiva.<br />
Benché il fumo sia già un problema importante<br />
nelle regioni in via di sviluppo,<br />
l’obesità sta divenendo tale in tutte le<br />
zone del mondo tranne le più povere:<br />
nonostante ciò, gli effetti combinati sulla<br />
mortalità associata a questi due fattori di<br />
rischio e la loro interazione nelle fasi tardive<br />
dell’adolescenza non sono noti. In base<br />
a quanto rilevato, a prescindere<br />
dall’abitudine al fumo, eccesso di peso<br />
ed obesità in queste fasi incrementano il<br />
rischio di mortalità in età adulta. Non sono<br />
state comunque osservate interazioni fra<br />
BMI ed abitudine al fumo. L’epidemia<br />
globale di obesità ed il fumo in età adolescenziale<br />
rimangono target importanti<br />
per iniziative mirate a livello di sanità<br />
pubblica.<br />
(BMJ online 2009, pubblicato il 25/2)<br />
DIABETE NEONATALE: IPERGLICEMIA<br />
PEGGIORA IL QUADRO<br />
In base a quanto osservato in un modello<br />
animale, l’iperglicemia contribuisce<br />
alla progressiva diminuzione della secrezione<br />
di insulina nel diabete neonatale.<br />
Questa forma di diabete interviene quando<br />
una mutazione nei canali K-ATP li rende<br />
insensibili all’ATP: è stata dunque dimostrata<br />
una forma secondaria precedentemente<br />
sconosciuta di progressione della<br />
malattia, la cui comparsa è probabile in<br />
assenza di uno stretto controllo. Ciò ha<br />
implicazioni dirette per la terapia di queste<br />
forme di diabete: si rende dunque necessario<br />
un controllo glicemico aggressivo,<br />
in quanto il diabete sistemico conduce<br />
alla perdita di cellule beta.<br />
(Cell Metabolism 2009; 9: 140-51)<br />
GRASSO ADDOMINALE IN<br />
GRAVIDANZA<br />
Le donne con un’anamnesi di preeclampsia<br />
o di parto di bambini piccoli<br />
per l’età gestazionale presentano un andamento<br />
di accumulo del grasso che è<br />
associato ad un aumento del rischio di<br />
malattie cardiovascolari. Questo rischio<br />
potrebbe essere parzialmente dovuto<br />
all’accumulo di grasso nella regione addominale<br />
al di sopra dell’anca, anche nelle<br />
donne con un BMI nei limiti normali. In<br />
presenza delle complicazioni di cui sopra,<br />
queste pazienti dovrebbero essere avvertite<br />
del proprio rischio di malattie cardiovascolari<br />
e diabete, ed essere sottoposte a<br />
controlli ad intervalli regolari (ad esempio<br />
di cinque anni) che includano valutazioni<br />
di pressione e glicemia. Attualmente si<br />
stanno studiando le eventuali alterazioni<br />
endocrine associate all’obesità addominale<br />
in queste donne, alterazioni che potrebbero<br />
essere alla base dell’associazione.<br />
(BJOG 2009; 116: 442-51)<br />
ICTUS: FATTORI COMPORTAMENTALI<br />
PREDICONO INCIDENZA<br />
La combinazione di quattro fattori<br />
comportamentali correlati alla salute è in<br />
grado di predire una differenza più che<br />
doppia nell’incidenza dell’ictus in ambo<br />
i sessi. Fattori relativi allo stile di vita come<br />
fumo, attività fisica e dieta influenzano il<br />
rischio di malattie cardiovascolari, compreso<br />
l’ictus: è stato confermato che la<br />
combinazione di fumo, attività fisica, assunzione<br />
di alcool e di frutta e verdura<br />
esercita un’influenza significativa sul rischio<br />
di ictus. Anche piccole differenze nello<br />
stile di vita possono dunque avere un<br />
impatto potenzialmente sostanziale su<br />
questo rischio. L’associazione fra il rischio<br />
di ictus e questi elementi risulta costante<br />
fra popolazioni diverse, e permane sia<br />
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
43
N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />
44<br />
negli studi osservazionali che in quelli<br />
randomizzati: preoccupa però la scarsità<br />
di soggetti che adottino uno stile di vita<br />
che protegga dall’ictus. Benché gli interventi<br />
sullo stile di vita possano essere di<br />
grande beneficio, è necessario un cambiamento<br />
radicale nel comportamento di<br />
molti pazienti per ottenere dei risultati.<br />
(BMJ online 2009, pubblicato il 20/2)<br />
CALORIE IN AUMENTO NELLE RICETTE<br />
CLASSICHE<br />
In diversi piatti classici, il contenuto<br />
calorico è aumentato progressivamente<br />
nel corso del tempo, e forse sarebbe opportuno<br />
porre degli argini a questo fenomeno.<br />
E’ infatti necessario limitare le<br />
dimensioni delle portate ed il contenuto<br />
calorico di questi piatti onde contrastare<br />
l’epidemia di obesità in costante diffusione.<br />
Benché le ricette di queste pietanze siano<br />
rimaste invariate nel tempo, gli ingredienti<br />
utilizzati nella loro preparazione sono<br />
invece cambiati, ed il cambiamento è stato<br />
sempre a favore di ingredienti più calorici.<br />
Il problema delle dimensioni delle porzioni<br />
comunque è comune a tutti i cibi: è stato<br />
dimostrato che l’uomo tende ad ingerire<br />
ciò che gli viene presentato di fronte, a<br />
prescindere dalle proporzioni ed in parte<br />
anche dall’appetito, e benchè si tratti di<br />
un meccanismo utile da sfruttare per<br />
incrementare l’apporto di nutrienti particolarmente<br />
utili, come frutta e verdura,<br />
esso è invece del tutto deleterio in altri<br />
casi, come ad esempio per quanto riguarda<br />
i dolci.<br />
(Ann Intern Med 2009; 150: 291)<br />
RETINOPATIA DIABETICA<br />
E CALLICREINA PLASMATICA<br />
La callicreina plasmatica media la permeabilità<br />
vascolare retinica stimolata dai<br />
recettori dell’angiotensina AT1. La som-<br />
ministrazione sistemica di un innovativo<br />
inibitore micromolecolare della callicreina<br />
plasmatica potrebbe migliorare la permeabilità<br />
vascolare nella retina dei soggetti<br />
ipertesi. L’inibizione del sistema reninaangiotensina<br />
potrebbe essere di beneficio<br />
anche per la retina dei diabetici normotesi.<br />
Sono comunque necessari altri dati per<br />
caratterizzare gli effetti dell’inibizione della<br />
callicreina plasmatica su altre cascate che<br />
contribuiscono all’incremento della permeabilità<br />
vascolare retinica, come anche<br />
per accertare il ruolo della callicreina in<br />
altre funzioni della retina: potrebbe sussistere<br />
anche un rapporto fra il sistema<br />
callicreina-chinina ed il fattore di crescita<br />
endoteliale vascolare nei diabetici.<br />
(Hypertension 2009; 53: 175-81)<br />
DIABETE: SINDROME METABOLICA<br />
PIÙ COMUNE NEL TIPO 2<br />
La prevalenza della sindrome metabolica<br />
è significativamente più elevata nei pazienti<br />
con diabete di tipo 2 che in quelli con la<br />
forma autoimmune della malattia.<br />
Quest’ultima comprende sia il diabete di<br />
tipo 1 che quello ad insorgenza in età<br />
adulta non richiedente insulina, indicato<br />
anche come diabete autoimmune latente<br />
ad insorgenza adulta (LADA). Il LADA è<br />
associato a geni HLA, autoanticorpi specifici<br />
e riduzione della secrezione di insulina.<br />
Utilizzando o meno la glicemia come variabile,<br />
le componenti individuali della sindrome<br />
metabolica sono presenti con frequenza<br />
simile nei pazienti con diabete di tipo 1 ed<br />
in quelli con LADA, ma in entrambi i casi<br />
sono più rare rispetto a quanto osservato<br />
nei soggetti con diabete di tipo 2. Non vi<br />
sono comunque prove del fatto che la<br />
prevalenza della sindrome metabolica sia<br />
diversa nei soggetti con diabete autoimmune<br />
rispetto a quelli normali.<br />
(Diabetes Care 2009; 32: 160-4)
scuola diformazione<br />
permanente <strong>OSDI</strong><br />
Direttore<br />
Rosanna Toniato<br />
tel 3472584730<br />
e-mail: rosanna.toniato@sanita.padova.it<br />
Vice direttore<br />
Elisa Bellini<br />
a cura del Direttore della Scuola di Formazione <strong>OSDI</strong><br />
SCUOLA DI FORMAZIONE<br />
PERMANENTE <strong>OSDI</strong><br />
d a quest’anno la scuola formatori <strong>OSDI</strong> ha una nuova direzione.<br />
Come da regolamento interno i membri del direttivo della Scuola sono stati nominati<br />
dallo staff formatori della Scuola <strong>OSDI</strong> tra i progettisti formatori esperti.<br />
Il nuovo direttivo Scuola è così composto:<br />
Consiglieri<br />
Maria Teresa Branca<br />
Laurenzia Ferriani<br />
Giovanna Guareschi<br />
Ida Innocenti<br />
Rosetta Nocciolini<br />
OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
N. 2 giugno 2009<br />
45
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
46<br />
E ora?<br />
Dobbiamo prima di tutto:<br />
• Garantire la manutenzione e l’implementazione<br />
del SGQ<br />
• Revisione del manuale e delle procedure:<br />
luglio 2009<br />
• Riesame della direzione luglio 2009<br />
• Prossima visita ispettiva 10 ottobre 2009<br />
CORSI PREVISTI NEL 2009<br />
Eventi Scuola<br />
Al momento sono stati programmati diversi corsi con numerose edizioni,<br />
alcune già svolte, nelle diverse regioni italiane. Da sottolineare che le edizioni<br />
già svolte, hanno tutte raggiunto gli obiettivi formativi previsti, sono state molto<br />
apprezzate dai vari partecipanti ed in particolare ha avuto un riscontro molto<br />
positivo la metodologia didattica usata, sono stati molto apprezzati i lavori di<br />
gruppo, il confronto e l’interattività.<br />
Nel sito dell’<strong>OSDI</strong> (www.osdi.it) si possono vedere i grafici di gradimento<br />
dei vari corsi.<br />
Corso base “formazione formatori” che si terrà a San Gimignano dal 7 all’11 novembre 2009.<br />
Possono fare regolare domanda tutti i soci <strong>OSDI</strong> iscritti da almeno 3 anni utilizzando l’apposito<br />
modulo che potrete trovare nel sito dell’<strong>OSDI</strong>: www.osdi.it.<br />
Negli articoli precedenti della rivista<br />
sono già state illustrate le varie tappe che<br />
hanno portato alla realizzazione del progetto<br />
Scuola e alcuni contenuti didattici<br />
e scientifici che fanno parte del percorso.<br />
A proseguimento degli articoli pubblicati<br />
nei numeri precedenti, continueremo<br />
la pubblicazione di articoli contenenti<br />
argomenti utili sia ai formatori e ai progettisti<br />
della Scuola sia a tutti i soci. L’idea<br />
è che con il passare dei vari numeri creare<br />
un vademecum utile a tutti.<br />
In questo numero verrà trattato<br />
“Come si prepara una lezione”, argomento<br />
utile a tutti, in particolare per chi è<br />
chiamato a fare una relazione a un corso<br />
o ad un congresso. Nel prossimo numero,<br />
a continuazione di questo “Come si prepara<br />
una presentazione in power-point”.<br />
Solitamente<br />
mi ci vogliono<br />
tre settimane<br />
per preparare un valido<br />
discorso improvvisato<br />
Mark Twain
COME SI PREPARA<br />
UNA LEZIONE<br />
Il relatore sale sul palco, estrae dalla<br />
tasca un po’ di fogli e: “gentili signore,<br />
egregi signori - esordisce dopo un colpetto<br />
di tosse – vi ringrazio per essere intervenuti<br />
a questo incontro, nel quale<br />
cercherò di portare un contributo parlandovi<br />
di ….”<br />
Sobrio, lineare non c’è che dire. Però<br />
ci si poteva aspettare un po’ di più. Possi-<br />
bile che non si riesca ad iniziare un discorso<br />
in maniera un po’ più brillante, più simpatica,<br />
più coinvolgente?<br />
Di sicuro non è facile! Che fare allora?<br />
Con questo articolo vorrei fornire ai<br />
lettori della rivista una guida per imparare<br />
a preparare una relazione a un corso o<br />
a un convegno e come riuscire ad esprimere<br />
concetti in manera socrrevole e<br />
comprensibile dal maggior numero delle<br />
persone.<br />
Un convegno è, in realtà, una<br />
rappresentazione, uno spettacolo<br />
e spesso ha dei pessimi attori<br />
che recitano pessimi testi<br />
1. regola: Essere preparati<br />
Anche gli oratori più esperti, nel momento<br />
in cui devono affrontare una platea,<br />
l’emotività si manifesta in modo evidente:<br />
per ovviare, o per cercare di diminuire la<br />
tensione, bisogna prepararsi.<br />
2. regola: Prima di iniziare la preparazione<br />
del discorso chiedersi:<br />
• Conosco a sufficienza l’argomento?<br />
• Ho sufficiente tempo per prepararmi?<br />
• Credo nelle cose che intendo dire?<br />
3. regola: Prima di iniziare la preparazione<br />
porsi queste domande:<br />
• Qual è l’argomento?<br />
• Quali sono gli obiettivi di questa<br />
presentazione?<br />
• A chi ci si rivolge?<br />
• Quanto tempo dura l’esposizione?<br />
• Quali sono i mezzi di cui dispongo?<br />
4. regola: evitare di leggere un<br />
testo.<br />
Per molte persone l’esperienza di parlare<br />
in pubblico si risolve nella lettura di<br />
un testo. Anche se tale prassi può essere<br />
un modo per trarsi d’impaccio di fronte<br />
a un fatto sofferto, non è comparabile<br />
a quanto si intende per parlare in pubblico.<br />
Parlare in pubblico significa comunicare.<br />
Lo scopo di ogni comunicazione è<br />
quello di ottenre una risposta, ossia una<br />
reazione.<br />
Nessuno dovrebbe leggere il testo del<br />
proprio intervento. Il risultato di un testo<br />
letto è fiacco, il pubblico si innervosisce.<br />
Ognuno degli intervenuti avrebbe potuto<br />
leggerselo da solo.<br />
Il testo scritto deve essere come<br />
l’ancora di salvezza da usare in caso in cui<br />
si sia colti da una crisi di panico. Capita<br />
a tutti: la gola secca, le mani sudano, la<br />
mente si rifiuta di seguire un filo logico,<br />
manca la parola.<br />
Avere perciò in tasca una traccia scritta<br />
è sempre una sicurezza, leggere è meglio<br />
che rimanere a bocca chiusa.<br />
Non leggere dunque, ma neanche<br />
imparare a memoria perché c’è sempre il<br />
pericolo di un vuoto di memoria.<br />
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
47
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
48<br />
5. regola: conoscere il contesto<br />
Il contesto<br />
• pubblico<br />
• occasione<br />
• luogo<br />
Il bravo oratore non pronuncia mai<br />
un discorso al di fuori del contesto che lo<br />
accoglie. Il contesto è il pubblico cui ci si<br />
rivolge, dall’occasione in cui si parla e dal<br />
luogo nel quale il pubblico e relatore si<br />
incontrano.<br />
Parlare in pubblico vuol dire prima di<br />
tutto parlare per un pubblico. Per essere<br />
adeguati al contesto quindi è necessario<br />
preparare il discorso sapendo a chi è rivolto,<br />
conoscendo le attese nei confronti del<br />
relatore e del suo intervento e soprattutto<br />
conoscendo i bisogni che dovrebbero<br />
essere soddisfatti.<br />
Ovviamente, non serve conoscere personalmente<br />
ogni partecipante, bensì serve<br />
conoscere il gruppo al quale ci si rivolgerà.<br />
Un conto è preparare un discorso per un<br />
gruppo di operatori sanitari, un conto è<br />
prepararlo per i pazienti.<br />
Per conoscere il pubblico basterà farsi<br />
alcuni semplici domande:<br />
- è un gruppo omogeneo?<br />
- le persone partecipano in modo<br />
spontaneo o sono costrette?<br />
- qual è il livello di preparazione?<br />
- quale aspetto si deve puntare?<br />
- quale potrà essere l’utilizzo che il<br />
pubblico farà di quando gli si dirà?<br />
Partendo dalle risposte ricevute, nel<br />
costruire il proprio discorso, ci si concentrerà<br />
di più su uno deglia spetti del tema<br />
da affrontare, piuttosto che tentare<br />
l’impossibile.<br />
L’occasione in cui si parla<br />
E’ importante conoscere il luogo: un<br />
conto è parlare in una sala che contiene<br />
mille persone, un conto è invece parlare<br />
in una che ne contiene trenta. Il comportamento<br />
sarà completamente diverso: la<br />
mimica facciale, la gestualità e il livello di<br />
voce.<br />
COME PREPARARE UNA LEZIONE O<br />
UN DISCORSO<br />
Da quanto detto finora, per praparare<br />
un discorso non si intende scrivere un<br />
testo che verrà poi letto davanti a un<br />
pubblico. Quello che va preparato è un<br />
progetto di esposizione: preparare cioè<br />
“una traccia”, un proprio canovaccio.<br />
Invece di scrivere un testo e memorizzarlo,<br />
organizzare le idee secondo schemi<br />
precisi ai quali poi fare riferimento.<br />
Uno dei sistemi più efficaci è quello<br />
di crearsi una mappa mentale: uno schema<br />
che, partendo da un concetto fondamentale<br />
si sviluppa a grappolo in concetti<br />
primari, concetti secondari e concetti<br />
marginali.<br />
UN DISCORSO È COME<br />
UN VIAGGIO IN AEREO:<br />
ha un decollo,<br />
una fase di volo<br />
e un atterraggio.<br />
Quattro sono gli obiettivi da<br />
realizzare nei primi minuti:<br />
• Costruire la vostra<br />
credibilità<br />
• Catturare<br />
l’interesse della<br />
platea<br />
• Sintonizzarvi con<br />
l’uditorio<br />
• Creare un ambiente<br />
favorevole
Da un punto di vista tecnico si possono<br />
distinguere quattro fasi:<br />
1a fase: creare una scaletta.<br />
Si può cominciare con un<br />
“brainstorming” in cui liberare la mente<br />
e far emergere tutte le idee, le si annotano<br />
e si selezionano dando un ordine logico.<br />
2a fase: scegliere da dove cominciare.<br />
E molto importante saper iniziare bene<br />
il proprio intervento. In realtà è molto<br />
importante non solo inziare bene il discorso,<br />
ma anche cominciare bene la relazione<br />
con il proprio pubblico.<br />
Se l’inizio è convincente, accogliente,<br />
allora la relazione sarà tutta in discesa.<br />
Altrimenti si tradurrà in un percorso in<br />
salita.<br />
Alcuni oratori hanno l’abitudine di<br />
rompere il ghiaccio con una battuta di<br />
spirito, questo metodo può destare qualche<br />
perplessità e c’è il pericolo che la<br />
battuta possa essere scontata e non destare<br />
simpatia e può addirittura essere<br />
fuori luogo.<br />
Una tecnica che funziona potrebbe<br />
essere quella di raccontare una curiosità<br />
o un aneddoto sulla propria infanzia, che<br />
possa suscitare partecipazione e identificazione<br />
con l’uditorio. Fondamentale comunque<br />
è capire e interpretare chi ci sta<br />
di fronte.<br />
Subito dopo, dopo un breve ringraziamento<br />
nei confronti dei “padroni di casa”,<br />
sia del pubblico, un buon modo per cominciare<br />
è quello di dichiarare lo scopo<br />
che si intende raggiungere con il proprio<br />
discorso.<br />
Tale brevissima premessa ha il merito<br />
di fare il punto della situazione e<br />
dà la sensazione in chi ascolta di un<br />
dialogo, di una relazione già cominciata<br />
prima.<br />
NELLA FASE DI VOLO<br />
esponi la tua tesi,<br />
sostenendola<br />
con esempi,<br />
citazioni, dati.<br />
3° fase: mettere a punto la parte<br />
centrale del discorso.<br />
E’ la fase più importante perché è<br />
qui il nucleo del discorso e ciò che vogliamo<br />
esprimere. Naturalmente è fondamentale<br />
conoscere a fondo<br />
l’argomento, senza mai avventurarsi in<br />
terreni poco familiari.<br />
Una volta inziato il discorso, bisogna<br />
tener conto delle soglie di attenzione:<br />
nei primi dieci minuti, chi ascolta è al<br />
massimo dell’attenzione. Inevitabilmente<br />
però questa scema con il passare dei<br />
minuti.<br />
Superati i 45 minuti, la maggior parte<br />
di coloro che hanno ascoltato fino al<br />
quel momento, starà pensando ai fatti<br />
suoi.<br />
4° fase: la chiusura del discorso<br />
Deve essere brillante come<br />
l’apertura, le persone tendono a ricordare<br />
gli inizi e le conclusioni per gli<br />
effetti suscitati.<br />
La conclusione deve includere:<br />
• Un riassunto del contenuto principale<br />
del discorso.<br />
• Alcune proposte o soluzioni<br />
• Il chiarimento dei dubbi.<br />
• Sottolineatura degli argomenti trattati<br />
• Caloroso ringraziamento alla platea<br />
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
49
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
50<br />
ATTERRAGGIO<br />
Riassumere in<br />
modo sintetico le<br />
varie fasi del discorso, ribadire i concetti<br />
chiave e suggellare l’intervento con una<br />
frase ad effetto che si ricolleghi e soddisfi<br />
gli interrogatvi posti dal titolo<br />
dell’incontro<br />
Come esporre<br />
Nel preparare l’esposizione bisogna<br />
sempre tenere presente che le parole<br />
colpiscono meno degli altri linguaggi e<br />
che quindi non bisogna affidarsi solo ed<br />
esclusivamente ad esse.<br />
Tenedo presente che l’efficacia comunicativa<br />
delle parole è pari soltanto al 7%<br />
del totale e che invece il lunguaggio paraverbale,<br />
ossia i toni di voce, corrisponde<br />
al 38% e il non verbale al 55%, bisogna<br />
prevedere l’uso di più linguaggi contemporaneamente<br />
se si vuole che il messaggio<br />
venga afferrato dal pubblico.<br />
L’efficacia comunicativa:<br />
• 7% linguaggio verbale<br />
• 38% linguaggio paraverbale<br />
• 55% linguaggio non verable<br />
Spesso infatti, il destinatario più da<br />
ciò che si dice è colpito di più da come<br />
lo si dice. Se si pensa anche alla vita<br />
quotidiana risulta evidente questa verità:<br />
la reazione avuta ascoltando una frase<br />
non è causata da ciò che le parole asserivano<br />
ma da come esse venivano dette.<br />
Questo accade anche in una conferenza:<br />
chi ascolta reagisce più che al contenuto<br />
informativo, a come tale contenuto viene<br />
esposto.<br />
Allo stesso modo sarebbe opportuno<br />
far focalizzare l’attenzione del pubblico<br />
su alcune parole e/o frasi piuttosto che<br />
su altre meno importanti. Per far ciò si<br />
possono usare delle sottolineature per<br />
indirizzare l’ascolto verso gli aspetti di<br />
maggiore importanza. Saranno i linguaggi<br />
para-verbale e non verbale a rendere le<br />
sottolineature al momento dell’esposizione.<br />
Le sottolineature potranno essere rese<br />
grazie a:<br />
• un cambiamento del tono di voce<br />
• una piccola pausa prima della parola<br />
che si vuole … sottolineare<br />
• un gesto della mano<br />
• un movimento del corpo<br />
• proiezione di una diapositiva<br />
Più si è in grado di focalizzare<br />
l’attenzione su alcuni concetti chiave più<br />
si amenterà la comprensione complessiva<br />
dell’intervento e più la partecipazione da<br />
parte dei partecipanti.<br />
A quali parole affidarsi?<br />
E’ auspicabile evitare parole astratte e<br />
difficili, usare invece il più possibile un<br />
linguaggio di uso quotidiano con frasi<br />
brevi. Può aiutare moltissimo l’uso di esempi<br />
vicini al vissuto dei partecipanti e far uso<br />
a parole che possono evocare immagini e<br />
che creino analogie e/o metafore.<br />
Per tenere sveglia l’attenzione si può<br />
ricorrere a vari espedienti, come quello<br />
delle domande retoriche: chi ascolta si<br />
sentirà chiamato in causa in prima persona<br />
e darà la risposta.<br />
I materiali di supporto<br />
Come detto prima, parlare in pubblico<br />
significa comunicare con il pubblico e<br />
che l’efficacia comunicativa data dalle<br />
parole passi solo per il 7% del totale. E’<br />
importantissimo quindi preparare bene e<br />
con cura i materiali di supporto che devono<br />
comunque essere di supporto e non sostituirsi<br />
all’oratore.
Bisognerebbe infatti evitare:<br />
• riciclare di volta in volta quello preparato<br />
per un altro corso e/o convegno<br />
• caricarli di informazioni<br />
• non renderli facilmente visibili<br />
• farli tanto affascinanti che finiscono per<br />
deviare l’attenzione del pubblico dal<br />
relatore ai materiali stessi.<br />
Il giusto equilibrio da trovare sta nel<br />
preparare dei materiali che siano di supporto<br />
sia a chi parla sia per chi ascolta.<br />
Non devono contenere la relazione ma<br />
alcuni punti su cui l’oratore vuole porre<br />
l’accento.<br />
Utili in alcuni casi possono essere delle<br />
immagini che traducono con una metafora<br />
ciò che l’oratore sta dicendo. Sia che la<br />
diapositiva contenga un’immagine sia che<br />
contenga una parola chiave, aiuterà il<br />
relatore a portare avanti il discorso, sia il<br />
pubblico a fissare l’attenzione su alcuni<br />
concetti (evidenziati proprio dalle parole<br />
chiave e/o dalle immagini). Se invece la<br />
diapositiva trascrive il testo della relazione,<br />
l’attenzione del pubblico si concentrerà<br />
sulla diapositiva che dovrà essere letta e<br />
capita a discapito di quanto il relatore<br />
starà dicendo.<br />
In altre parole, il relatore non deve<br />
fare in modo che l’attenzione del pubblico<br />
sia sul materiale di supporto ma deve fare<br />
in modo di tenere sempre l’attenzione<br />
rivolta su quanto sta dicendo. Necessario<br />
inoltre che il contatto visivo con i partecipanti<br />
non venga mai meno, il relatore<br />
non deve concentrare lo sguardo sulle<br />
diapositive ma tenere sempre la sua attenzione<br />
rivolta ai partecipanti, proprio<br />
per poter cogliere i feedback che da essi<br />
provengono.<br />
Quindi evitare di dare le spalle al pubblico<br />
per guardare i propri materiali di<br />
supporto.<br />
In definitiva, un materiale di supporto<br />
mal preparato è più dannoso che essere<br />
d’aiuto.<br />
Come parlare?<br />
Come abbiamo detto prima la comunicazione<br />
passa anche con il linguaggio<br />
del corpo; nel parlare in pubblico è particolarmente<br />
importante saperlo utilizzare<br />
in modo da potenziare l’efficacia del proprio<br />
discorso.<br />
La tensione infatti può provocare dei<br />
cattivi comportamenti, dei quali non ci<br />
rendiamo conto, che possono distrarre<br />
l’uditorio e pregiudicare il livello della<br />
comunicazione.<br />
Ci sono oratori che inconsapevolmente<br />
si muovono avanti e indietro o se ne<br />
stanno immobili come statue, si passano<br />
le mani tra i capelli, controllano il nodo<br />
della cravatta con regolarità esasperante;<br />
scuotono chiavi o spiccioli dentro le<br />
tasche. Ecco alcuni suggerimenti per<br />
migliorare dall’inizio l’impatto con il<br />
pubblico:<br />
– ricordarsi di svuotare le tasche prima<br />
di cominciare a parlare;<br />
– parlare di preferenza stando in piedi<br />
ben illuminato e al centro del palcoscenico<br />
poiché questa posizione consente<br />
di essere visti e sentiti meglio;<br />
Evitare di:<br />
– stare immobili o posture troppo formali<br />
– con le braccia conserte o con le mani<br />
in tasca<br />
– sedersi sul tavolo, può generare interpretazioni<br />
sbagliate<br />
– usare un tono unico e costante<br />
– fissare il pubblico negli occhi, è importante<br />
stabilire un contatto visivo guardando<br />
negli occhi gli ascoltatori, ma<br />
non deve essere insistente. Tutti devono<br />
avere la sensazione di essere guardati<br />
ma mai fissati.<br />
Questi comportamenti da parte<br />
dell’oratore danno immediatamente una<br />
cattiva impressione riguardo alla sua capacità<br />
di tenere una comunicazione aperta<br />
e diretta.<br />
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
51
N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />
52<br />
Le domande<br />
La paura delle domande dalla platea<br />
può generare panico che invece dovrebbero<br />
essere sollecitate e non temute<br />
perché devono essere parte integrante<br />
del discorso: dialogo tra l’oratore e il<br />
pubblico.<br />
L’importante è tener presente che<br />
se l’oratore non sa rispondere alla domanda,<br />
non dove arrampicarsi sugli<br />
Bibliogafia<br />
Il segreto?<br />
specchi per dare una risposta, ma deve<br />
dichiarare di non saper rispondere e<br />
che farà in modo di cercare la risposta<br />
e comunicarla all’interessato durante<br />
un incontro successivo. La credibilità<br />
non verrà meno, diversamente invece,<br />
quando un relatore inventa una risposta<br />
e la dà errata: tutto quello che ha detto<br />
in precedenza sembrerà sbagliato anche<br />
se non lo è stato.<br />
... Tanta pratica!!!<br />
Essere ... PREPARATI<br />
Restare se stessi<br />
Credere in quello che si sostiene<br />
M. Castagna: La lezione nella formazione degli adulti. Franco Angeli edizioni<br />
J. Campbell: Come tenere un discorso. Franco Angeli Edizioni
CALENDARIO EVENTI <strong>OSDI</strong><br />
Qui di seguito trovate tutti gli appuntamenti organizzati dall’<strong>OSDI</strong> per qualsiasi<br />
informazione aggiuntiva contattare il proprio presidente regionale<br />
CORSI NAZIONALI<br />
• Simposio <strong>OSDI</strong> in “Panorama Diabete”: Diabete e gravidanza:<br />
aspetti organizzativi ed educativi. Formazione dell’infermiere<br />
per l’implementazione dell’esercizio fisico nel paziente<br />
diabetico – Riccione (RN), 11 e 12 ottobre 2009.<br />
• Corso Base Scuola Formatori <strong>OSDI</strong> – San Gimignano (SI), 7-11<br />
novembre 2009.<br />
CORSI REGIONALI<br />
• Corso “Modalità Operative per una gestione ottimizzata del<br />
diabete mellito tipo 1: alimentazione e insulina” - Lucera (FG)<br />
19 e 20 settembre 2009;<br />
• Trento il 26 settembre 2009 dal titolo “Diabete: non solo<br />
cronicità”.<br />
CORSI GLUCOLAB BAYER<br />
12 settembre Monsumanno (PT) Hotel Grotta Giusti<br />
12 settembre Cagliari Hotel Holiday INN<br />
3 ottobre Taormina Hotel Monte Tauro<br />
3 ottobre Gubbio Park Hotel ai Cappuccini<br />
N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
53
N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />
54<br />
DIRETTIVO <strong>OSDI</strong><br />
CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE<br />
Presidente Nocciolini Rosetta r.nocciolini@alice.it<br />
erni_ros@virgilio.it<br />
Vice presidente Branca Maria Teresa mtbranca@alice.it<br />
Segreteria Aliberti Carolina alicarla@libero.it<br />
Revisore dei conti Galantino Michele m.galantino@planning.it<br />
Consiglieri:<br />
PRESIDENTI REGIONALI <strong>OSDI</strong><br />
Bondioli Annunziata abondioli@auslm.net<br />
Cioffi Anna annacioffi1@virgilio.it<br />
Cristofanelli Daniela dcristofanelli@gmail.com<br />
d.cristofanelli@aslromah.it<br />
Crovetto Roberto robertocrovetto@tele2.it<br />
roberto.crovetto@asl3.liguria.it<br />
Ferriani Laurenzia lally65@tiscali.it<br />
strega3110@hotmail.com<br />
Ghidelli Rosangela rosangela.ghidelli@hsacomo.org<br />
rosangelaghidelli@hotmail.com<br />
Melita Lucia luciamelita@alice.it<br />
Milano Luigia milano.luigia@libero.it<br />
Tesei Anna Maria amtesei@asl9.marche.it<br />
Urbani Lorena lorenaurbani@gmail.com<br />
Regione Nominativo E.mail<br />
Abruzzo-Molise Livia Cavuto liviacavuto@libero.it<br />
Calabria Luigia Milano milano.luigia@libero.it<br />
Campania Brigida Trocchia trobri@alice.it<br />
E. Romagna Giovanna Guareschi gioguareschi@ao.pr.it<br />
Friuli V.G. Daniela Bortolotto diabetologiamn@ass2sanita.fvg.it<br />
Lazio Silvia Tiozzo silviatiozzo@opbg.net<br />
Liguria Margherita Zecchini chen63@libero.it<br />
Lombardia Silvana Pastori ariess25@yahooit<br />
Marche Roberta Ausili r.ausili@inrca.it<br />
Piemonte Monica Albertone albertone.monica@libero.it<br />
Puglia Giuseppina Chimienti josegino@alice.it<br />
Sardegna Marcella Lai marci.lai@tiscali.it<br />
Sicilia Lucia Melita luciamelitca@alice.it<br />
Toscana Alessia Civitelli alessia.civitelli@tin.it<br />
Trentino A.A. Ilaria Nicolao ilaria.nicolao@apss.tn.it<br />
Umbria Lorena Urbani lorenaurbani@gmail.com<br />
Veneto Fausto Cavaliere fausto.cavaliere@ulss5.it