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Vita associativa - OSDI

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In...formazione - Autorizzazione Tribunale di Lecce N° 1014 marzo 2009 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Lecce<br />

ANNO II GIUGNO 2009 N. 2<br />

IN QUESTO NUMERO<br />

Lettera<br />

dal direttore<br />

<strong>Vita</strong> <strong>associativa</strong><br />

La parola all’esperto<br />

Scuola di formazione<br />

permanente <strong>OSDI</strong>


norme<br />

per gliautori<br />

Le proposte di pubblicazione saranno accettate a giudizio del comitato di redazione.<br />

Ogni articolo esprime il lavoro e/o le convinzioni degli autori i quali assumono<br />

la responsabilità di quanto dichiarato. Quando l’articolo esprime o può coinvolgere la responsabilità<br />

o l’immagine dell’istituzione di appartenenza o quando gli autori parlano a nome della medesima,<br />

occorrerà una liberatoria scritta dei relativi responsabili.<br />

La pubblicazione dei lavori è gratuita; il materiale anche originale pervenuto,<br />

anche se non pubblicato, non sarà restituito.<br />

Gli autori sono tenuti a specificare se la proposta di pubblicazione è stata inoltrata presso altre<br />

riviste.<br />

Il comitato editoriale si riserva di eseguire, nell’eventualità che appaia opportuno, un lavoro di<br />

revisione formale del testo, ferma restando la conservazione dei contenuti espressi dall’Autore, per<br />

renderli conformi allo stile della Rivista<br />

La rivista In...formazione <strong>OSDI</strong> pubblica lavori di interesse didattico, scientifico e assistenziali<br />

riguardanti il diabete e gli argomenti correlati.<br />

Indicare, oltre al proprio indirizzo, il numero di fax e l’indirizzo e-mail per l’eventuale corrispondenza.<br />

La struttura del lavoro dovrà conformarsi alle seguenti indicazioni:<br />

- Titolo: il titolo deve essere il più possibile conciso, ma chiaramente esplicativo della natura del<br />

lavoro.<br />

- Nome dell’Autore (o degli Autori): nomi e cognomi per esteso in lettere maiuscole; accanto a<br />

ciascun nome uno o più asterischi con riferimento alla successiva indicazione.<br />

- Indicazione, preceduta dal relativo numero di asterischi, per ciascun autore della qualifica o struttura<br />

di appartenenza; va indicato l’indirizzo e-mail dell’Autore cui fare riferimento.<br />

- Riassunto: il riassunto dovrà essere non superiore alle 300 parole e illustrare succintamente scopo<br />

del lavoro e risultati.<br />

- I riferimenti bibliografici dovranno essere riportati in calce al lavoro numerati progressivamente<br />

in cifre arabe poste tra parentesi quadre:<br />

indicando il cognome e le iniziali del nome dell’Autore, il titolo dell’articolo per esteso, il titolo della<br />

rivista, il volume (in corsivo), i numeri della prima e dell’ultima pagina e l’anno.<br />

Le bozze di stampa inviate agli autori devono essere corrette e restituite entro 4 giorni.<br />

Il materiale dovrà essere inviato all’indirizzo e-mail: rivista@osdi.it o su supporto digitale a: Chiandetti<br />

Roberta SOC 1 Medicina Generale Azienda Ospedaliero-Universitaria 33100 Udine


In...formazione - Autorizzazione Tribunale di Lecce N° 1014 marzo 2009 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Lecce<br />

ANNO II GIUGNO 2009 N. 2<br />

IN QUESTO NUMERO<br />

Lettera<br />

dal direttore<br />

<strong>Vita</strong> <strong>associativa</strong><br />

La parola all’esperto<br />

Scuola di formazione<br />

permanente <strong>OSDI</strong><br />

IN...FORMAZIONE<br />

Periodico trimestrale<br />

dell’Associazione <strong>OSDI</strong><br />

Operatori Sanitari<br />

di Diabetologia Italiani<br />

Via Guelfa, 9 - 40138 Bologna<br />

www.osdi.it<br />

Autorizzazione del tribunale<br />

di Lecce n. 1014 - marzo 2009<br />

DIRETTORE RESPONSABILE<br />

Roberta Chiandetti<br />

VICE-DIRETTORE<br />

Maria Teresa Branca<br />

COMITATO SCIENTIFICO<br />

Roberta Chiandetti<br />

Maria Teresa Branca<br />

Rosanna Toniato<br />

Lia Cucco<br />

COMITATO DI REDAZIONE<br />

Carla Aliberti<br />

Annunziata Bondioli<br />

Daniela Cristofanelli<br />

Lia Cucco<br />

Adia Fabbrizi<br />

Laurenzia Ferriani<br />

Luigia Milano<br />

Rosetta Nocciolini<br />

Annamaria Tesei<br />

Rosanna Toniato<br />

Lorena Urbani<br />

PROGETTAZIONE GRAFICA,<br />

IMPAGINAZIONE E STAMPA<br />

Carra Editrice<br />

73042 Casarano (Le)<br />

Tel. 0833.502319<br />

editoriale<br />

Firenze...ospiterà<br />

il IX Congresso Nazionale <strong>OSDI</strong><br />

di Rosetta Nocciolini<br />

som<br />

ma<br />

rio<br />

6 PAG. PAG.<br />

lettera dal direttore<br />

Diario di un infermiere<br />

di Roberta Chiandetti<br />

vita <strong>associativa</strong><br />

a cura di Roberta Chiandetti<br />

13<br />

24<br />

la parola all’esperto<br />

33<br />

lo sapevate che<br />

a cura del Comitato Scientifico<br />

di Marina Cassoni<br />

8<br />

scuola di formazione<br />

permanente <strong>OSDI</strong><br />

a cura del Direttore della Scuola<br />

di Formazione <strong>OSDI</strong><br />

45


OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

N. 2 giugno 2009<br />

4<br />

RICORDANDO<br />

ANDREA CAVALLARO<br />

Caro Andrea,<br />

ci hai lasciato in un giorno che doveva essere di festa, il 12 aprile del 2009.<br />

Te ne sei andato in silenzio così come sei sempre vissuto, senza che avessimo<br />

neppure l’amaro momento di un addio.<br />

Incredulità e tanta amarezza nel cuore, con le lacrime che a tanti di noi hanno<br />

solcato il viso.<br />

Eppure è vero, non vedremo più il tuo eterno, luminoso e sereno sorriso.<br />

Adesso non ci sono più le tue parole di conforto dei momenti tristi, le tue riflessioni<br />

filosofiche di tante notti trascorse a scrivere, le tue poesie, i tuoi fiori che sapevi<br />

sapientemente allegare ai tuoi scritti per rinforzare un concetto, per inviare auguri,<br />

e sempre, coglievi nel segno, possedevi il magico dono di comprendere i desideri, i<br />

bisogni dell’altro.<br />

Non mancavi mai agli appuntamenti importanti, ma sapevi farlo in modo discreto,<br />

spesso scusandoti per aver osato “rubare del tempo”.<br />

Ricordo ancora quel tuo ultimo messaggio: “ti chiamerò solo per farti gli auguri”,<br />

ma non ne hai avuto il tempo, ed io sento il profondo rimorso di non essere riuscita<br />

a precederti.<br />

Troppo presto ci hai lasciati, avevi ancora tanto da insegnarci, o forse, ci stai<br />

insegnando ancora tanto così, con il tuo “eterno silenzio”.<br />

Sei riuscito a farci guardare dentro molto più di quando ti avevamo vicino, non<br />

sarà facile adesso far finta di niente perché il tuo ricordo sarà più forte della tua<br />

presenza fisica.<br />

Quante volte ti abbiamo deluso, quante volte ti abbiamo ferito, magari senza<br />

cattiveria, ma tu avevi un animo grande, tu sapevi perdonare le nostre “debolezze<br />

di uomini”, tu sapevi volare più alto di noi.<br />

Sapevi ascoltare ed aspettare, stimolare e consolare, tu sapevi donarti senza<br />

chiedere, tu sapevi raggiungere l’anima “in punta di piedi”.<br />

La tua forza era l’amore, ed amore hai sempre donato, con generosità, con<br />

entusiasmo, con gioia, senza clamore, sommessamente, accompagnando ogni tuo<br />

gesto, ogni tua parola con un lucente sorriso.<br />

Ci mancherai Andrea, molto più di quanto tu abbia potuto percepire, ci mancherà<br />

la tua saggezza, la tua semplicità, il tuo saper dare valore al tempo, il tuo saper dare<br />

fiducia al prossimo anche quando forse non lo meritavamo, perdonaci se non siamo<br />

stati sempre capaci di renderti i tuoi stessi sentimenti.<br />

Vivrai con noi Andrea, nei momenti belli e nei momenti tristi, nel cuore di chi ti<br />

ha conosciuto ed amato e porteremo il tuo ricordo a chi vorrà sapere “la Persona<br />

Speciale che eri”.<br />

A Francesca tua moglie e a Jonathan tuo figlio, va tutto il nostro sostegno ed il<br />

nostro affetto, nel tuo ricordo, certi che se tu li hai amati saranno senz’altro persone<br />

speciali come te.<br />

Un grosso abbraccio da tutti noi, da coloro che ti hanno voluto bene.<br />

Ciao<br />

Rosetta Nocciolini


OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

N. 2 giugno 2009<br />

editoriale<br />

6<br />

Firenze…la città e la sua storia, l’arte e le sue opere, stupende testimonianze di un tempo<br />

che fu.<br />

“Palazzo Vecchio”, progettato da Arnolfo di Cambio, decorato sontuosamente dal Vasari,<br />

con la Loggia Dei Lanzi che domina Piazza Della Signoria ove è possibile ammirare le sue<br />

importanti statue tra cui “Il Perseo” del Cellini e “Il ratto delle Sabine” del Giambologna.<br />

“Palazzo Pitti”, residenza di famiglia di Cosimo I De’ Medici dal 1549, famoso anche per i<br />

giardini che lo circondano: “I giardini di Boboli”.<br />

Il “Duomo” in stile gotico, completamente coperto da marmo colorato, al cui interno è<br />

possibile ammirare “La Pietà di Michelangelo” o le porte di bronzo dell’altare, o gli intarsi del<br />

Brunelleschi e di Antonio Del Pollaiolo, ed ancora le splendide vetrate di artisti quali: Donatello,<br />

Andrea del Castagno, Paolo Uccello.<br />

“La Cupola” che Filippo Brunelleschi iniziò a costruire nel 1420, il “Campanile di Giotto”,<br />

la “Basilica di San Lorenzo”, le “Cappelle Medicee”, Il “Ponte Vecchio e il Corridoio Vasariano”,<br />

questo e molto altro ancora, sono Firenze.<br />

Firenze ed i suoi Artisti: Dante Alighieri, Giovanni Boccaccio, Filippo Brunelleschi, Pietro<br />

Cimabue, Leonardo Da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Macchiavelli….<br />

Firenze... ospiterà il<br />

IX Congresso Nazionale <strong>OSDI</strong><br />

Maggio è il mese ed esattamente nei<br />

giorni 20 – 22 dell’anno 2010 si terrà il<br />

nostro prossimo congresso.<br />

Il tema trattato sarà: “Il Diabete Mellito<br />

tipo 2 e le complicanze croniche”.<br />

Come sempre ci saranno momenti di<br />

condivisione in plenaria con gli ultimi aggiornamenti<br />

sul tema ma anche confronti<br />

nelle tavole rotonde e numerosi saranno<br />

i simposi ove sviscerare gli argomenti.<br />

Altro non voglio ancora svelare per<br />

lasciare spazio alla vostra immaginazione,<br />

ma il Comitato Scientifico sta già lavorando<br />

con cura al programma.<br />

… Ma un Congresso non è soltanto<br />

aggiornamento, non è solo condivisione<br />

di saperi, è anche un momento di grande


aggregazione, è un riconoscersi, è un<br />

focalizzare le nostre menti sui contenuti<br />

del nostro “Codice Deontologico”.<br />

Il Codice è un insieme convenuto<br />

di regole e aspettative per orientare<br />

la pratica della professione, con<br />

la funzione di promuovere e mantenere<br />

gli standard etici di condotta<br />

professionale e da sempre rappresenta<br />

un modello nel campo dei doveri professionali<br />

ma oggi evidenzia anche le<br />

responsabilità.<br />

I suoi Articoli ci riportano ripetutamente<br />

alla centralità dell’assistito,<br />

ai rapporti con la persona,<br />

all’informazione, al pluralismo etico,<br />

al consenso agli atti sanitari,<br />

all’autonomia ed all’autodeterminazione<br />

dei cittadini, ai dolori ed<br />

ai sintomi, ai limiti delle cure, al ruolo<br />

dei familiari, al lavoro di equipe.<br />

Un Codice Deontologico è un corpo<br />

di regole che i professionisti si auto<br />

impongono rispetto ai doveri professionali,<br />

ma un Codice non sostituisce<br />

la legge (che regola i comportamenti<br />

del cittadino), o l’etica (che regola i<br />

comportamenti dell’uomo), rappresenta<br />

una guida ma non è un mansionario<br />

né un ricettario.<br />

Sono principi guida sottesi al Codice<br />

Deontologico: “L’autonomia”<br />

(rispetto per l’autodeterminazione<br />

dell’assistito e il coinvolgimento nelle<br />

decisioni che lo riguardano); “La<br />

beneficialità” (orientamento al bene<br />

dell’assistito secondo i suoi valori e il<br />

suo interesse); “La non maleficialità”<br />

(evitare ciò che nuoce o danneggia<br />

l’assistito ); “La giustizia/equità” (opporsi<br />

a discriminazioni e ingiustizie e<br />

promuovere un’equa distribuzione<br />

delle risorse).<br />

E’ altresì ribadito l’impegno<br />

dell’infermiere ad essere preparato.<br />

L’agire “se” e “quando” è preparato;<br />

il diritto/dovere ad essere formato e<br />

al richiedere l’intervento di colleghi<br />

esperti o altri professionisti come consulenti<br />

o erogatori di prestazioni qualora<br />

non sia pronto ad eseguirle.<br />

Morale, etica, deontologia, stile,<br />

norma, assumono quindi per<br />

l’infermiere un significato pregnante<br />

ed ogni morale detta norme etiche<br />

alla ricerca del bene comune e della<br />

convivenza.<br />

L’infermiere è un agente morale,<br />

cioè una persona che compie scelte<br />

di natura etica poiché il suo agire è<br />

condizionato, ma non interamente<br />

determinato, dal contesto, dal cliente,<br />

dalle prescrizioni, dall’organizzazione<br />

del lavoro.<br />

Egli agisce continuamente una<br />

sintesi tra valore, norme morali e giuridiche,<br />

deontologia professionale,<br />

cultura e situazioni contingenti.<br />

L’infermiere tutela il decoro proprio<br />

e della professione ed esercita l’attività<br />

con lealtà nei confronti dei colleghi e<br />

degli altri operatori.<br />

Buone vacanze a tutti.<br />

Rosetta Nocciolini<br />

ANDREA<br />

edi<br />

to<br />

ria<br />

le<br />

Ti abbiamo conosciuto<br />

diversi anni fa ed ognuno<br />

di noi ti ha apprezzato<br />

per la tua bontà, la<br />

tua genuinità e la tua<br />

semplicità, per la tua<br />

grande voglia di fare e<br />

di crescere.<br />

Il vuoto che hai lasciato<br />

è immenso, non basterà<br />

un oceano per riempirlo.<br />

Ti siamo grate per ciò<br />

che ci hai lasciato, i tuoi<br />

articoli, le tue stupende<br />

poesie, ma soprattutto<br />

il tuo sorriso, il tuo ottimismo<br />

e la tua gioia di<br />

vivere.<br />

Non rivedremo più il tuo<br />

volto, ma sarai sempre<br />

tra di noi e con te continuerà<br />

il cammino di<br />

quell’<strong>OSDI</strong> in cui tanto<br />

credevi.<br />

Consiglio Direttivo<br />

Nazionale<br />

N. 2 giugno 2009<br />

7


N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

8<br />

lettera<br />

daldirettore<br />

Ben trovati a tutti,<br />

di Roberta Chiadetti<br />

magari un po’ stanchi e aspettando con ansia le sospirate ferie…Sono stati tre<br />

mesi intensi; sono state molte le occasioni che nelle diverse Regioni hanno portato<br />

a ritrovarsi. Ci siamo visti, abbiamo parlato, ci siamo confrontati …non sempre su<br />

cose piacevoli, purtroppo.<br />

Il giornale si apre con i saluti ad un Amico, un Collega gentile e generoso che, come<br />

si capisce dalle testimonianze, lascerà un vuoto profondo.<br />

Ma anche le consuete poche parole di presentazione del numero di giugno, abbiamo<br />

voluto sostituirle da una testimonianza, tanto anonima quanto coraggiosa nel fare,<br />

nel pensare, nello scegliere…è il “Diario di un Infermiere” nei giorni del Terremoto in<br />

Abruzzo. Molto poco di questa testimonianza è stato omesso, esclusivamente per<br />

scelta di imparzialità politica del giornale, ma quel che resta è più che sufficiente<br />

per farci pensare…Il documento che leggerete è ricavato da una serie di testimonianze<br />

raccolte da Maria Antonietta Melchiorre, che ringraziamo e alla quale siamo<br />

tutti vicini con un ideale abbraccio che racchiude tutti gli altri colleghi abruzzesi .<br />

Buona estate<br />

Roberta Chiandetti


Diario<br />

di un infermiere<br />

I<br />

qui è il caos. il terremoto è arrivato di<br />

notte distruggendo.<br />

morti. feriti. senza casa.<br />

brutte storie. anche belle storie.<br />

l’umanità è il tratto che più mi emoziona.<br />

sono al lavoro da diverse ore. lavorerò<br />

ancora.<br />

ora. la mia rivoluzione è contribuire ad<br />

arginare il dolore degli altri.<br />

fate il possibile per darci una mano.<br />

II<br />

è stato il caos.<br />

a partire dalla notte della scossa. ho<br />

creduto che la casa mi venisse addosso.<br />

ma non ho avuto paura. il sonno così<br />

improvvisamente interrotto non garantiva<br />

lucidità.<br />

venti secondi. forse trenta. sembrava<br />

non finire.<br />

poi ho chiamato Fabio immediatamente.<br />

mi ha risposto Francesca piangendo ed<br />

urlando: “aiuto, aiuto... siamo salvi ma<br />

è crollato tutto!” ed è caduta la linea.<br />

sono andato al 118. alcuni di noi sono<br />

partiti in ambulanza. io sono rimasto in<br />

farmacia a raccogliere materiali da mandare.<br />

sono poi andato in aeroporto dove<br />

arrivavano aerei ed elicotteri con i feriti.<br />

nel pomeriggio turno d’emergenza al<br />

118. perché non si è fermato nulla nel<br />

frattempo. e l’ospedale era al collasso.<br />

e la gente si aggirava in pronto soccorso<br />

senza capire.<br />

non credo che le parole rendano i fatti.<br />

c’è una realtà che non è descrivibile.<br />

solo vedendola è possibile leggerla nella<br />

sua completezza.<br />

ieri pomeriggio una delle tante macchine<br />

con una famiglia rimasta senza casa è<br />

arrivata qui in postazione:<br />

“vorremmo un posto dove dormire. non<br />

abbiamo più nulla. abbiamo due bambini<br />

piccoli in macchina ed una persona<br />

anziana. aiutateci”<br />

e si è messo a piangere. ha cercato di<br />

abbracciarmi. mi sono scostato. non mi<br />

sono sentito così degno di condividere<br />

il suo dolore. com-patire è soprattutto<br />

un onore.<br />

è una questione di dignità. io non ce<br />

l’ho, non me la sono sentita. vivo un<br />

territorio a rischio sismico. non ho fatto<br />

nulla per evitare queste morti. ho la mia<br />

parte di colpa. e l’ho sentita tutta la<br />

colpa. l’ho accarezzato in viso e non<br />

l’ho abbracciato quell’uomo che piangeva.<br />

non ne ero degno. mi resta il senso<br />

liquido di quel pianto sulle mani. e molta<br />

vergogna per tutto quello che è successo.<br />

ieri mattina ho collaborato con dei soldati<br />

dell’esercito. portavano feriti in un eli-<br />

cottero da guerra molto grande. erano<br />

ragazzi dolcissimi. accarezzavano i feriti<br />

e sorridevano loro. in divisa da guerra.<br />

una specie di ossimoro. una stranezza,<br />

non trovi?<br />

mi sono sentito come loro. sono stato<br />

anche io un soldato da guerra. io. ti<br />

rendi conto?<br />

mi ha colpito l’umanità della gente. il<br />

dolore ci rende umani. un soldato diventa<br />

un infermiere. un infermiere diventa<br />

un soldato. un elicottero da guerra si fa<br />

macchina di salvezza. il dolore ribalta<br />

tutto nel senso dell’umanità. forse dovremmo<br />

essere perennemente addolorati<br />

per essere migliori di quello che siamo.<br />

accanto alla colpa ho sentito l’occasione<br />

di crescita. sono distrutto. ma anche<br />

diverso. potere aiutare la gente è davvero<br />

un privilegio. mi sento bene questa<br />

mattina. male e bene nello stesso tempo.<br />

ho la morte e la vita dentro. il pianto e<br />

il riso.<br />

è così.<br />

III<br />

il PMA (Punto Medico Avanzato) in piazza<br />

d’armi a l’aquila ha una trentina di<br />

posti letto per i ricoveri urgenti. ha una<br />

sala di pronto soccorso ed una farmacia<br />

accanto. c’è luce al neon a differenza<br />

delle tende nel campo ma nessun riscaldamento.<br />

il gelo della notte sarà la forma<br />

di questo ricordo. ricorderò questo terremoto<br />

con un brivido di freddo. sempre.<br />

ho appena concluso il turno di notte<br />

con alcuni miei colleghi del 118 di Pescara<br />

e tre infermieri teramani.<br />

ora il PMA, passata la prima fase di<br />

emergenza, accoglie pazienti affetti da<br />

patologie che in genere non costituiscono<br />

un imminente pericolo di vita.<br />

nei giorni immediatamente successivi<br />

alla scossa del 6 aprile, nel PMA sono<br />

transitate persone affette soprattutto<br />

da traumatismi vari. sono state ricoverate<br />

qui dove hanno ricevuto le prime cure,<br />

i più gravi sono stati trasferiti in ospedali<br />

della regione.<br />

questa notte si sono rivolti a noi soprattutto<br />

pazienti in preda al panico. la paura<br />

in questo campo è l’elemento comune<br />

a tutti: c’è chi trema di paura, chi piange<br />

di paura, chi ride di paura, chi si mostra<br />

indifferente per paura. è sempre la paura<br />

ad agire i comportamenti. ed anche i<br />

pensieri.<br />

le scosse non smettono mai: costituiscono<br />

lo sciame sismico che in genere segue<br />

una grossa scossa. questa notte alle 3<br />

in punto c’è stata una scossa 5.1. la<br />

paura, la solita paura, ha assunto la<br />

forma del panico; ho sentito urla, lamenti,<br />

anche tirate comiche tese a sdrammatizzare.<br />

ma non saprei definire una<br />

manifestazione su tutte le altre. la paura<br />

ha anche questa caratteristica: la monotonia<br />

delle forme. tutte le persone impaurite<br />

ti guardano negli occhi come<br />

per chiedere aiuto. anche gli sbruffoni<br />

impauriti ti chiedono aiuto. strafottenti<br />

ma in preda al panico, vorrebbero farti<br />

credere d’essere eroi ed invece non sono<br />

altro che “cagasotto”.<br />

la paura ci fa tutti “cagasotto”.<br />

credo che molto si dovrà fare nel prossimo<br />

futuro per arginare la paura dirompente.<br />

le benzodiazepine non potranno<br />

costituire la soluzione al problema. possono<br />

essere un tampone, un contenimento<br />

momentaneo ma dovremo inventarci<br />

altro visto che non basterà<br />

ricostruire le case.<br />

ieri sera ho conosciuto dei medici clown<br />

che lavorano con la paura. ci scherzano<br />

su, la accarezzano e la smontano. ci<br />

provano. i bambini sembrano divertirsi.<br />

anche gli adulti e gli anziani. il teatro,<br />

la clownerie, possono essere in futuro<br />

delle possibili alternative alle benzodiazepine.<br />

ma c’è altro.<br />

ci sono tossicodipendenti in trattamento<br />

che chiedono metadone.<br />

ci sono anziani affetti da altzheimer che<br />

non sanno cosa stia succedendo intorno<br />

a loro.<br />

ci sono bambini senza scuola. bambini<br />

al freddo. bambini senza giochi.<br />

ci sono alcolisti cronici che non hanno<br />

un posto dove comprare il vino che li<br />

riscaldi e li addormenti di notte.<br />

ci sono “barboni” che non hanno più<br />

i portici per dormire e non credono di<br />

riuscirci in una tenda buia e fredda.<br />

ci sono schizofrenici che non sentono<br />

più voci e non hanno sigarette.<br />

ci sono clandestini che cercano clandestini<br />

che non si trovano.<br />

ci sono sciacalli. veri sciacalli, falsi sciacalli.<br />

c’è il battaglione san marco che presidia<br />

i cumuli di macerie.<br />

ma soprattutto c’è il freddo di notte.<br />

che viene col buio. forse è la paura che<br />

raggela l’aria, che chiama la notte e non<br />

il contrario. quando si fa buio la gente<br />

entra nelle tende e arriva il silenzio.<br />

nel PMA cala l’affluenza. solo paure:<br />

LETTERA DAL DIRETTORE<br />

N. 2 giugno 2009<br />

9


N. 2 giugno 2009 LETTERA DAL DIRETTORE<br />

10<br />

gente che si sveglia di notte gridando e<br />

con il cuore al galoppo. e poi una vecchietta<br />

che vomita ed ha la pressione<br />

alta, una donna rumena con il mal di<br />

pancia, una bambina che aspetta una<br />

iniezione di antibiotico.<br />

è notte.<br />

IV<br />

La lontananza dall’epicentro è soprattutto<br />

motivo di riflessione. Essere lì è<br />

come non pensare ed invece fare, fare,<br />

fare...<br />

Fare dimenticando tutto.<br />

Nei tre giorni di distanza da L’Aquila,<br />

qui a Pescara dove il terremoto arriva<br />

ormai senza magnitudo, ho avuto modo<br />

di ragionare la mia prossima partenza.<br />

Molto schematicamente.<br />

Quello che non ho apprezzato del mio<br />

intervento nel PMA aquilano è l’eccessiva<br />

visibilità.<br />

Intervenire invisibilmente è ciò che definirei<br />

“aiuto senza distrazione”.<br />

La visibilità confina con la vanità. La sua<br />

ricerca, nonostante la buona fede, è<br />

esercizio che supera il nursing.<br />

Molto schematicamente.<br />

Visibilità, distrazione, vanità, narcisismo:<br />

extranursing.<br />

Rendersi disponibili, com-prendere gli<br />

altri ed i loro bisogni costituisce l’ambito<br />

del nursing. Dire di sé, autocelebrarsi<br />

anche se con misura, esporsi fino a<br />

guadagnare la scena televisiva, tutto ciò<br />

rappresenta l’elemento debordante<br />

l’intenzione d’aiuto.<br />

C’è insomma un’estetica dell’aiuto che<br />

non è solo compostezza ma è anche<br />

bellezza: dovrò tenere in considerazione<br />

l’elemento estetico attraverso pratiche<br />

di autodisciplina ovvero di sottrazione<br />

dalla vanità.<br />

Un cooperante è più vicino ad un samurai<br />

che ad un attore di reality. In quelle<br />

movenze esatte e nette, in quella rinuncia<br />

delle forme spettacolari, in quei<br />

prolungati silenzi, nella scelta di trasparire,<br />

in queste forme del corpo che sono<br />

l’essenza dell’arte dei samurai, è il paradigma<br />

dell’assistenza, la sua essenza.<br />

Il mio prossimo intervento nelle zone<br />

del terremoto sarà votato alla ricerca<br />

dell’invisibilità attraverso l’autodisciplina<br />

nella speranza che sottrarsi alle news,<br />

sia l’equivalente della concentrazione<br />

sui bisogni altrui.<br />

Molto schematicamente.<br />

Defilarsi, smettere di essere una notizia,<br />

praticare il silenzio stampa; insomma,<br />

trasparire è come farsi mero motore<br />

assistenziale. Nulla di più.<br />

L’ emergenza in senso stretto sembra<br />

concludersi ed il passaggio di fase può<br />

essere rappresentato dalla sostituzione<br />

di interventi di natura assistenziale ad<br />

interventi su traumatismi: le vittime sono<br />

finalmente sopra le macerie. Qui sopra,<br />

e non sotto, si interverrà a partire da<br />

domani.<br />

L’ organizzazione dei campi secondo<br />

accettabili standard igienico-sanitari, il<br />

riscaldamento delle tende,<br />

l’illuminazione, l’allestimento di docce<br />

con acqua calda, il lavoro sul tempo<br />

libero soprattutto con i bambini e gli<br />

anziani sono le nuove direzioni dell’aiuto<br />

e non c’è alcuna necessità di adoperare<br />

forme spettacolari o comunque incentrate<br />

sull’ego.<br />

Com-prendere l’altro d’altronde, contiene<br />

già in partenza un elemento inalienabile:<br />

chi aiuta un proprio simile, aiuta<br />

anche un po’ se stesso poiché riceve da<br />

quest’esercizio importanti quote di benessere<br />

e felicità; l’aiuto attiva sempre<br />

meccanismi gioiosi e di autoappagamento<br />

risultando così inutile esagerare nella<br />

promozione di sé.<br />

Molto schematicamente.<br />

Sarò a L’Aquila nei prossimi giorni rigettando<br />

ogni ipotesi di espansione egoica<br />

e costringendo il il mio intervento alla<br />

relazione d’aiuto.<br />

Di me non resterà traccia.<br />

V<br />

Sono al campo San Biagio di Tempera,<br />

un paesino vicino L’Aquila. Ci sono 127<br />

residenti per la maggior parte anziani.<br />

Nel campo lavorano insieme la Protezione<br />

Civile, la Misericordia di Montefalcione<br />

e la Brigata di Solidarietà Attiva di<br />

Rifondazione Comunista. Ci sono una<br />

cucina da campo, un magazzino scorte,<br />

una segreteria, un ambulatorio medico<br />

ed infermieristico, un team di psicologhe,<br />

un sacerdote. Solo ieri sono arrivati<br />

alcuni bagni chimici. E’ consentito il<br />

lavaggio delle mani in un lavandino<br />

comune; l’acqua è fredda e non potabile.<br />

L’acqua.<br />

Dobbiamo evitare che diventi un eventuale<br />

mezzo di contaminazione. Chiamo<br />

al telefono un farmacista del Ordine dei<br />

Farmacisti di Cuneo che è qui vicino con<br />

una farmacia mobile. Amuchina nella<br />

cisterna da 10.000 litri d’acqua, erogatori<br />

di ipoclorito di sodio nei bagni ed educazione<br />

dei residenti. Questa mattina<br />

comincio il lavoro di igienizzazione<br />

dell’acqua.<br />

Terminata l’emergenza, l’infermieristica<br />

di comunità mi sembra sia il modo giusto<br />

per essere qui.<br />

Ieri pomeriggio ho fatto un giro per le<br />

tende distribuendo salviette umide ed<br />

Amuchina:<br />

“Buongiorno. Sono Lorenzo, l’infermiere<br />

del campo. Vorrei parlarvi delle mani. E<br />

di quanto sia importante per noi tutti<br />

lavarle. Oggi e qui più di ieri ed a casa:<br />

lavarle bene e spesso”. I bambini mi<br />

fanno le smorfie e ridono.<br />

C’è interesse verso comunicazioni di<br />

questo tipo, c’è spirito di collaborazione<br />

da parte dei residenti ed anche<br />

l’intenzione ad autorganizzarsi, a non<br />

stare fermi, a prendere in mano la situazione:<br />

“Ho recuperato un aspirapolvere<br />

e pulirò la tenda come facevo con casa<br />

mia. Tutti i giorni”, mi dice una mamma<br />

con un bambino in braccio.<br />

Questo campo è una comune. O qualcosa<br />

di simile. Non c’è gerarchia ma ci<br />

sono ruoli, funzioni e nessuno ha la<br />

pretesa di comandare. Gli riderebbero<br />

in faccia se solo lo facesse. Tutti fanno<br />

qualcosa e questa opera è un lavoro<br />

libero dal salario ed assolutamente organizzato<br />

L’autonomia è la regola del campo. Mancando<br />

il comando ma anche la rappresentanza<br />

e la delega, la gente sembra<br />

realizzare quanto importante sia assumersi<br />

la responsabilità dell’ opera da<br />

svolgere.<br />

Tutti assumono comportamenti volti alla<br />

responsabilità e nell’aria si respira tutta<br />

questa necessità di fare da sé.<br />

…………..(omissis). Questo clima del<br />

campo così lontano dal dibattito pubblico<br />

sul terremoto è il motore dell’organizzazione.<br />

Dell’autorganizzazione!<br />

Tadeus è in Italia da 11 anni. Colpito<br />

dalla recente crisi perde il lavoro e si<br />

trasferisce a Tempera da Roma ed acquista<br />

una casa vecchia che il terremoto<br />

butta giù inesorabilmente a restauro<br />

appena concluso: “Se non l’avessi restaurata<br />

ci sarei morto dentro”, mi dice<br />

raccontandomi dei lavori svolti tenendo<br />

presente la possibilità del sisma.<br />

Tadeus è un elettricista ed arriva in ambulatorio<br />

per chiedere una Tachipirina.<br />

Ci sono fili elettrici a terra, non c’è<br />

ancora l’illuminazione ed il frigorifero<br />

con i farmaci non ha corrente elettrica:<br />

“Posso sistemare tutto subito, sono un<br />

elettricista”, dice Tadeus. Nel giro di due<br />

ore l’ambulatorio s’illumina e si riscalda<br />

con una riscaldatore elettrico.<br />

Tadeus, il polacco, finisce per diventare<br />

un punto di riferimento nel campo, è in<br />

giro con i suoi attrezzi e non smette di<br />

lavorare.<br />

Forse ho dimenticato di somministrargli<br />

la Tachipirina.<br />

Tadeus è l’esempio di come funziona


l’ingaggio nel campo: hai desiderio di<br />

fare una cosa, ti offri, illustri il tuo progetto,<br />

lavori. Punto e basta.<br />

La notte è fredda, gelida nonostante la<br />

stufa elettrica di Tadeus. Sono rimasto<br />

solo in ambulatorio e non spengo la<br />

luce perché credo sia importante comunicare<br />

che questo posto di cura non<br />

chiude.<br />

Collego il mio PC alla rete ed attraverso<br />

velocemente Facebook, leggo la posta<br />

poi passo a qualche poesia di Luzi, quindi<br />

a Chomsky : Anarchismo, contro i modelli<br />

culturali imposti.<br />

Mi annoia un po’, il gelo mi impedisce<br />

la concentrazione ed allora ripiego su<br />

Cornelio, il fumetto di Lucarelli.<br />

Gli ultimi pensieri della notte:<br />

-Meglio Julia che Cornelio. Meglio Cornelio<br />

che Chomsky. Quando fa freddo,<br />

naturally...<br />

-Ricostruire è possibile se esistono persone<br />

come Tadeus.<br />

-Le poesie di Luzi sono l’unico caldo in<br />

questo gelo. Più della stufa di Tadeus.<br />

-Gliel’ ho poi data la Tachipirina a Tadeus?<br />

-Sto bene in questo campo. La gente<br />

mi piace.<br />

-Cazzo, ci sto mettendo il cuore: non<br />

voglio andarmene!<br />

-Bisognerà rendere visibile l’ambulatorio<br />

con una bandiera<br />

-Dove troviamo gli erogatori di ipoclorito<br />

per i bagni? Telefoniamo a Rifondazione<br />

domattina. Boh!<br />

-Oddio che freddo... devo fare la pipì<br />

ma non ci vado. La tengo fino a domattina.<br />

VI<br />

Quanti terremoti conosci?<br />

Uno? Dieci? Cento?<br />

Non uno ma molti terremoti.<br />

C’è il terremoto che si vede, che tutti<br />

vedono in TV, quello delle barzellette<br />

sul camping e sul dentista che il premier<br />

dispensa agli sfollati nella tendopoli<br />

aquilana.<br />

C’è il terremoto di Bertolaso, dei sismografi,<br />

dei geologi, dei magistrati che<br />

indagano, di Vespa e dei suoi ospiti, dei<br />

programmi d’intrattenimento che commuovono,<br />

delle storie a lieto fine, delle<br />

tragedie indimenticabili, delle opinioni<br />

della Parietti.<br />

C’è il terremoto di Santoro e di Vauro,<br />

voci fuori dal coro, voci forse volgari ed<br />

inaccettabili. Magari censurabili. E perché?<br />

C’è il terremoto delle notizie vere,<br />

delle notizie false, delle notizie senza<br />

fondamento, delle notizie allarmistiche,<br />

delle notizie oscurate, delle notizie esagerate.<br />

Molti terremoti, forse cento. Forse più.<br />

C’è il terremoto degli aquilani fieri, forti<br />

e gentili, degli aquilani che piangono i<br />

morti riversi sulle bare, degli aquilani<br />

che fuggono al mare, di quelli che non<br />

intendono lasciare il paese per nessun<br />

motivo.<br />

C’è il terremoto dei campi, delle tende<br />

senza luce e senza riscaldamento per<br />

troppo tempo, dei bagni chimici luridi,<br />

delle cucine da campo, delle brandine,<br />

dei PMA per i feriti, dei medici clown,<br />

dei volontari della Croce Rossa.<br />

C’è il terremoto dei vecchi che siedono<br />

muti ad aspettare e dei bambini che<br />

disegnano macerie, dei cani che hanno<br />

perso il padrone, dei cani che il padrone<br />

non l’hanno mai avuto e che continuano<br />

a vivere randagi, dei veterinari che devono<br />

arrivare. Ma non dovevano arrivare<br />

oggi?<br />

C’è il terremoto dei 300 morti e dei vivi<br />

e dei feriti che si salveranno e che moriranno.<br />

Ci sono molti terremoti ed ognuno di<br />

noi racconta il suo; tutti sembrano veri<br />

ed un po’ lo sono realmente. Per il resto...<br />

Il terremoto dei bambini è sui fogli da<br />

disegno: macerie e palazzi sventrati,<br />

colori scuri, polvere, caos.<br />

Nel campo di Tempera alcune ragazze<br />

chiedono ai bambini di disegnare il terremoto.<br />

C’è Arianna da Roma che è psicologa.<br />

Le hanno appena comunicato che ha<br />

perso il lavoro.<br />

Sara invece viene da Pavia, è terapista<br />

della riabilitazione con la specializzazione<br />

in arte-terapia.<br />

I bambini di Sara ed Arianna hanno<br />

individuato vie tra le tende e le hanno<br />

nominate: c’è Vico Stretto ed anche<br />

Vico Strettissimo, vicino alla cucina da<br />

campo dove è proprio difficile passare.<br />

E poi c’è Piazza Grande che potrebbe<br />

tenerci tutti dentro.<br />

Sara dice: “Sai, Lorenzo... c’è poco da<br />

fare arte qui: la gente è distrutta, i bambini<br />

sono impauriti, non mi resta che<br />

accudire ed ascoltare le storie. Magari<br />

più in là, chissà. Forse. Non lo so”<br />

Vedo molti clown in giro.<br />

Hanno il camice da dottore, il trucco<br />

sugli occhi ed il naso finto e rosso sul<br />

naso vero. Si direbbe un’invasione di<br />

clown nei campi. E’ anche il terremoto<br />

dei clown.<br />

Ma cosa c’è da ridere ora? E’ davvero<br />

giusto far ridere questa gente che invece<br />

vuole soffrire? Non sarebbe meglio farla<br />

piangere? Questo è il tempo del pianto,<br />

della tristezza, delle storie da raccontare,<br />

della gente che ascolta. E non ride. Non<br />

ride. Non c’è proprio niente da ridere<br />

ora. Tornate a case signori clown, ci<br />

vedremo tra qualche tempo! Lasciateci<br />

piangere in pace ora.<br />

Cosa è vero, cosa è falso in questo<br />

sisma?<br />

La protezione civile è stata all’altezza di<br />

quanto è accaduto a L’Aquila ed in tutti<br />

i paesi della provincia.<br />

Vero o falso?<br />

Non era possibile approntare un piano<br />

dei soccorsi prima della grande scossa.<br />

Vero o falso?<br />

Tutti noi potevamo fare qualcosa per<br />

evitare tutte queste morti, per evitare<br />

tutta questa disorganizzazione.<br />

Vero o falso?<br />

Ore 24,30. Luis è a Pescara, 100 chilometri<br />

dal sisma. Luis ha 11 anni.<br />

La madre chiama il 118 perché il figlio<br />

non respira. Arriviamo in codice rosso e<br />

troviamo Luis in strada con la mamma,<br />

il papà e la sorellina che mi fa le smorfie<br />

e ride. Invito il ragazzo a salire in ambulanza.<br />

Sale anche sua madre.<br />

Luis respira male, lunghissime inspirazioni<br />

dopo brevi espirazioni. Un rumore respiratorio.<br />

Laringospasmo?<br />

La sua saturazione d’ossigeno è normale,<br />

la madre descrive il sintomo di Luis che<br />

viene di notte da qualche tempo e di<br />

giorno scompare. Luis è già stato in<br />

ospedale dove non hanno riscontrato<br />

nulla.<br />

A guardarlo bene, il bambino non ha il<br />

viso di chi soffre di dispnea:<br />

“Da quando ti succede, Luis?”<br />

“Dalla notte del terremoto!”<br />

“Hai paura, Luis?”<br />

“Ho paura che tutto crolli con una scossa!”<br />

“Luis! A Pescara il terremoto non arriva,<br />

c’è la sabbia sottoterra non la roccia.<br />

Luis!”<br />

La paura del terremoto si propaga fino<br />

a raggiungere Luis che smette di respirare<br />

a 110 chilometri di distanza. Mentre<br />

Sara ed Arianna tracciano la mappa del<br />

campo dei bambini: Vico stretto, Vico<br />

Strettissimo.<br />

La paura non risparmia neanche noi che<br />

siamo al mare.<br />

Per questo non c’è tempo di tremare.<br />

Si torna a L’Aquila domani. Senza il naso<br />

rosso sul naso vero.<br />

Con il rispetto per le storie della terapista<br />

Sara. Con la distanza dalle barzellette<br />

del premier sul campeggio. Con la convinzione<br />

che c’è del vero e c’è del falso<br />

in questo terremoto.<br />

Perché ce ne sono tanti di terremoti.<br />

N. 2 giugno 2009 LETTERA DAL DIRETTORE<br />

11


vita<br />

<strong>associativa</strong><br />

FIRST ITALIAN DIABETES<br />

AND PHISICAL ACTIVITY<br />

GLOBAL FORUM<br />

ell’ambito del congresso FIRST ITALIAN<br />

DIABETES AND PHISICAL ACTIVITY GLO-<br />

BAL FORUM che si è svolto a Villasimius<br />

(Cagliari) dal 1 al 3 maggio 2009 si è<br />

tenuta una tavola rotonda alla quale hanno<br />

partecipato diverse figure professionali a<br />

rappresentanza delle loro associazioni/istituzioni:<br />

il Ministero della Salute, le<br />

società scientifiche (AMD,SID, SIO, <strong>OSDI</strong>,<br />

FIMG), il laureato in scienze motorie, il<br />

volontariato (ANIAD, FAND, FDG, AID,<br />

Diabete Forum, JDF, AGD), i mezzi di<br />

informazione.<br />

L’obiettivo della tavola rotonda era<br />

quello di definire, ognuno per il proprio<br />

ruolo, il contributo che la propria società/istituzione/associazione<br />

poteva mettere<br />

in atto o aveva già attivato per la<br />

causa in oggetto alla tavola rotonda, e<br />

quali potevano essere le potenzialità future<br />

da mettere in campo per delineare un<br />

quadro complessivo delle iniziative e delle<br />

attività realizzate in Italia per la promo-<br />

a cura di Roberta Chiandetti<br />

Task Force per la promozione dell’attività fisica<br />

nella popolazione a rischio<br />

n<br />

zione della salute attraverso lo sport<br />

nella popolazione a rischio. Lo scopo<br />

finale era quello di definire quali potrebbero<br />

essere le “call to action” per sviluppare<br />

un processo coordinato che potesse<br />

coinvolgere tutti gli attori della diabetologia<br />

italiana.<br />

Gli effetti positivi dell’esercizio fisico<br />

sono oramai noti a tutti, ma siamo ancora<br />

lontani dalla diffusione di tale pratica. Si<br />

stima che l’inattività fisica causi 1.9 milioni<br />

di morti annualmente nel mondo. Approssimativamente<br />

il 10-16% dei casi di cancro<br />

OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

N. 2 giugno 2009<br />

13


N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

14<br />

del colon e di diabete, e circa il 22% dei<br />

casi di malattia ischemica coronarica sono<br />

attribuibili alla mancanza di attività fisica in<br />

entrambi i sessi (World Health Report 2002).<br />

Trials controllati e randomizzati e studi<br />

longitudinali hanno mostrato sorprendentemente<br />

la stessa percentuale di riduzione<br />

(60%) di mortalità per malattia cardiovascolare<br />

in diabetici allenati rispetto a quelli<br />

non allenati e di conversione da IGT a<br />

Diabete.<br />

L’incremento di 1 Met della capacità<br />

fisica riduce il rischio di mortalità da tutte<br />

le cause del 12%.<br />

La terapia comportamentale comprendente<br />

30 minuti di attività fisica moderata<br />

(5-7 volte alla settimana) è in grado di<br />

prevenire il diabete tipo 2 nel 50-60%<br />

dei casi di IGT.<br />

La sua efficacia è superiore<br />

all’intervento farmacologico.<br />

L’esercizio fisico aerobico strutturato<br />

per almeno 8 settimane riduce la emoglobina<br />

glicosilata. Migliori risultati si raggiungono<br />

con esercizi aerobici ad alta intensità<br />

(livello di evidenza A).<br />

Anche gli esercizi di resistenza (anaerobici)<br />

supervisionati e a carichi progressivi<br />

migliorano il compenso glicemico (livello<br />

di evidenza A).<br />

L’esercizio fisico aerobico riduce il<br />

rischio cardiovascolare primario nei casi<br />

di diabete mellito di tipo 2 (livello di evidenza<br />

B).<br />

La riduzione del rischio cardiovascolare<br />

deriva dalla sommatoria di molteplici fattori,<br />

fra cui riduzione della pressione arteriosa,<br />

modifiche antiaterogene dei lipidi,<br />

riduzione del grasso addominale.<br />

L’esercizio fisico aerobico prolungato<br />

(7 h/sett.) contribuisce ad impedire il riacquisto<br />

del peso perduto in obesi con e<br />

senza diabete mellito di tipo 2 (livello di<br />

evidenza B).<br />

Almeno il 60% della popolazione<br />

mondiale non raggiunge la raccomandazione<br />

di praticare 30 minuti di attività<br />

fisica moderata-intensa al giorno (WHO<br />

Statement 2004).<br />

Il problema di questa discrasia fra dati<br />

reali e le evidenze della letteratura può<br />

essere risolto solo se affrontato a livello<br />

globale, con il coinvolgimento delle istituzioni,<br />

dei governi e della comunità in<br />

generale.<br />

Lo studio Quadri aveva messo in evidenza<br />

le carenze assistenziali, anche rispetto<br />

alla pratica di attività fisica: l’80%<br />

degli intervistati coinvolti nello studio<br />

aveva ricevuto informazioni


sull’importanza dell’attività fisica, ma il<br />

31% (quasi 1 su 3) dei pazienti intervistati<br />

risultava sedentario e pochissimi pazienti<br />

praticavano attività fisica almeno 3-4 volte<br />

alla settimana. Questo si può definire il<br />

paradosso dell’attività fisica: tutti sanno<br />

che è una opzione sicura ed efficace ma<br />

pochi la utilizzano.<br />

Per contrastare tale tendenza è necessario<br />

migliorare l’informazione e<br />

l’educazione dei pazienti. Per indurre<br />

opportuni cambiamenti nei comportamenti,<br />

è necessario rimodulare le forme della<br />

comunicazione rispetto ai corretti stili di<br />

vita perché, nonostante l’informazione sia<br />

diffusa (più del 90% è informato su fumo,<br />

controllo del peso, corretta attività fisica<br />

ed alimentazione ponderata), i comportamenti<br />

reali dimostrano che gli attuali<br />

interventi educativi sono inefficaci.<br />

Occorrono iniziative intersettoriali da<br />

parte di tutti gli operatori interessati che<br />

operino in sinergia per una diffusione<br />

sempre più capillare della pratica<br />

dell’attività fisica nella popolazione in<br />

generale e soprattutto nella popolazione<br />

a rischio.<br />

Sulla base di tali assunti la nostra<br />

associazione ha ritenuto di poter intervenire<br />

seguendo diverse linee di indirizzo:<br />

• Formazione e aggiornamento degli<br />

infermieri sull’importanza dell’attività<br />

fisica, intesa come parte integrante<br />

della cura del paziente diabetico. E’<br />

opinione condivisa che per sviluppare<br />

nel paziente la motivazione necessaria<br />

ad intraprendere programmi strutturati<br />

di attività fisica, è necessario in primo<br />

luogo che essi siano guidati da operatori<br />

aggiornati e motivati. Un’ infermiere<br />

aggiornato risulta in tal caso determinante,<br />

poiché agisce da propulsore<br />

verso il paziente, motivandolo ad assumere,<br />

e a mantenere nel tempo, uno<br />

stile di vita più sano e più attivo.<br />

• Programmazione di interventi di<br />

educazione terapeutica strutturata<br />

sull’attività fisica, finalizzati<br />

all’educazione dei pazienti.<br />

• Approfondimenti sull’argomento<br />

attraverso la nostra rivista (scaricabile<br />

anche sul sito www.osdi.it) per sensibilizzare<br />

gli operatori anche relativamente<br />

alle patologie collegate all’obesità in<br />

sempre maggior aumento.<br />

• Consulenza infermieristica nei reparti<br />

di degenza, come previsto dal nostro<br />

codice deontologico: “l’infermiere presta<br />

consulenza ponendo le proprie conoscenze<br />

ed abilità a disposizione della<br />

comunità professionale”. Stante il sempre<br />

maggior numero di diabetici tipo II<br />

che vengono ospedalizzati sia per gli<br />

esordi complicati sia per le complicanze<br />

vere e proprie, si rende necessario mettere<br />

a disposizione interventi di consulenza<br />

diretta sia ai pazienti che al personale<br />

di reparto, per un corretto<br />

rinforzo nel tempo del messaggio educativo<br />

sullo stile di vita che, ovviamente,<br />

non può non comprendere l’attività<br />

fisica.<br />

N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

15


N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

16<br />

• Istituzione di una indagine sugli<br />

interventi strutturati volti alla prevenzione:<br />

corsi di educazione all’esercizio<br />

fisico, educazione terapeutica di gruppo,<br />

educazione alimentare. Tale indagine<br />

ha lo scopo di incentivare i colleghi a<br />

rendere noti i progetti regionali e diffondere<br />

la cultura professionale<br />

sull’argomento attraverso il confronto<br />

e la partecipazione attiva.<br />

• Collaborazione con altre associazioni<br />

e istituzioni su progetti di sensibilizzazione,<br />

formazione ed educazione (vedi<br />

“Panorama Diabete”, “EASD”ecc).<br />

• Disponibilità a lavorare in cooperazione<br />

con le altre figure professionali<br />

per l’implementazione e il rinforzo dei<br />

messaggi educativi relativi all’esercizio<br />

fisico: proposte agli infermieri di comunità<br />

per interventi di educazione sullo<br />

stile di vita alla cittadinanza e nelle<br />

scuole primarie, in collaborazione con<br />

le altre figure professionali (dietisti,<br />

educatori, medici ecc).<br />

Maria Teresa Branca<br />

Attività fisica: qualunque movimento del corpo prodotto dalla contrazione<br />

dei muscoli scheletrici che richiede spesa energetica in eccesso rispetto al<br />

dispendio energico a riposo.<br />

Esercizio: è un’attività fisica pianificata, strutturata e ripetitiva atta a<br />

migliorare o mantenere uno o più componenti della fitness fisica.<br />

Esercizio aerobico: consiste nella ripetizione ritmica e continua di movimenti<br />

interessanti la maggior parte dei gruppi muscolari per un tempo di almeno 10<br />

minuti come ad esempio camminare, marciare, andare in bicicletta, nuotare.<br />

Esercizi di resistenza: attività che usano contrazioni muscolari strenue<br />

per muovere pesi o lavorare in maniera isocinetica contro una resistenza,<br />

esempi: lifting muscolare o esercizi che utilizzano macchine, pesistica.<br />

MET (equivalente metabolico): un Met è un’unità di intensità uguale<br />

all’energia spesa a riposo. Un’attività fisica corrispondente a 3 Met significa<br />

che per essere espletata utilizza un’energia 3 volte superiore alla condizione<br />

di riposo. Met/ora è un’unità di esercizio/volume in cui l’intensità in Met è<br />

moltiplicata per la durata dell’attività in ore.


PREMIO<br />

ANDREA CAVALLARO<br />

Bando di concorso per l’assegnazione di un premio volto ad<br />

incentivare lo studio e la ricerca nel campo della promozione<br />

della salute attraverso lo sport nella popolazione a rischio<br />

e/o la Programmazione di interventi di educazione terapeutica<br />

strutturata sull’attività fisica finalizzati all’educazione<br />

dei pazienti diabetici.<br />

L’associazione <strong>OSDI</strong> istituisce e promuove<br />

il Premio Andrea Cavallaro. Il Premio<br />

è finalizzato alla promozione alla salute<br />

e nello specifico attraverso lo sport nella<br />

popolazione a rischio. Vuole incentivare<br />

inoltre ricerche e progetti di fattibilità<br />

volti alla programmazione di interventi<br />

di educazione terapeutica strutturata<br />

sull’attività fisica finalizzati all’educazione<br />

dei pazienti diabetici.<br />

Il Premio prevede la pubblicazione di<br />

interventi o programmi di educazione<br />

terapeutica strutturata sull’attività fisica.<br />

Si propone, inoltre, di incentivare la<br />

ricerca e/o progetti di fattibilità finalizzati<br />

all’educazione dei pazienti diabetici in<br />

tema di attività fisica. Il Premio inoltre<br />

si propone di ricordare il collega Andrea<br />

Cavallaro , ricordando la sua umanissima<br />

attenzione al tema del diabete.<br />

INDIVIDUAZIONE DEI PARTECIPANTI<br />

Possono partecipare al concorso:<br />

• tutti GLI ISCRITTI <strong>OSDI</strong><br />

• gli studenti iscritti al Corso di Laurea<br />

Magistrale in Scienze Infermieristiche<br />

e Ostetriche, purché risultino coautori<br />

insieme con già laureati magistrali,<br />

in quanto lo studente non può essere<br />

considerato Autore referente.<br />

• INFERMIERI OPERANTI IN STRUTTURE<br />

DIABETOLOGICHE OSPEDALIERE O<br />

TERRITORIALI SIA PUBBLICHE CHE<br />

PRIVATE (nel caso che il progetto sia<br />

presentato da più operatori, dovrà<br />

essere individuato un project leader)<br />

Non possono partecipare al concorso i<br />

membri della Commissione esaminatrice.<br />

CARATTERISTICHE DEI PROGETTI<br />

DI RICERCA<br />

I progetti di ricerca proposti devono<br />

essere originali e inediti, e non devono<br />

essere già stati oggetto di tributi.<br />

I progetti di ricerca proposti devono<br />

essere elaborati fino ad un massimo di<br />

10 pagine complessive, utilizzando il<br />

carattere Times New Roman corpo 12<br />

su Word per Windows, secondo il seguente<br />

schema:<br />

sei parole chiave (usare i termini<br />

dell’Index Medicus), introduzione, contenuto<br />

e metodologia, risultati attesi,<br />

bibliografia di riferimento.<br />

Tutte le domande di partecipazione verranno<br />

valutate da una Commissione<br />

composta da 5 membri selezionati dal<br />

Direttivo dell’Associazione<br />

.<br />

SCADENZA DEL BANDO<br />

Le domande di partecipazione dovranno<br />

pervenire presso la Segreteria Associazione<br />

<strong>OSDI</strong> segreteria@osdi.it in supporto<br />

digitale, entro e non oltre il 15<br />

gennaio 2010<br />

N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

17


N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

18<br />

SICILIA<br />

V Congresso regionale <strong>OSDI</strong><br />

L’infermiere di diabetologia in Sicilia: un<br />

percorso lungo 10 anni verso la qualità.<br />

Il 18 aprile a Leonforte (EN) si è svolto il V<br />

Congresso regionale Osdi, che ci ha visti protagonisti<br />

di una giornata intensa, non solo perchè<br />

il congresso si è svolto in una sola giornata ma,<br />

perché tra relazioni e votazioni consiglio direttivo,<br />

le emozioni hanno avuto il sopravvento. La prima<br />

relazione del congresso ha riguardato<br />

l’autonomia infermieristica, Giovanni Lo Grasso,<br />

coordinatore dell’endocrinologia del P.O. Garibaldi<br />

di Catania, ci ha illustrato come la figura<br />

dell’infermiere alla luce dei nuovi ordinamenti<br />

è cambiata, ma anche come il miglioramento<br />

della qualità si può ottenere attraverso<br />

l’umanizzazione e la personalizzazione<br />

dell’assistenza. La seconda relazione di Giuseppe<br />

Bruno, infermiere della Diabetologia dell’ASL3<br />

di Acireale, ci ha riportati indietro nel tempo<br />

per poi ritornare ai giorni nostri in un viaggio<br />

attraverso i dieci nni di vita dell’<strong>OSDI</strong>, dalla sua<br />

nascita, fra alti e bassi di quella che è stata ed<br />

è la nostra associazione in Sicilia oggi. La sottoscritta<br />

invece, fra suoni e musica di sottofondo,<br />

dopo una premessa teorica su quella che è la<br />

narrazione autobiografica, attraverso alcune<br />

storie di pazienti diabetici, rivive la loro rottura<br />

autobiografica avvenuta all’accadere della malattia,<br />

col solo scopo di emozionare e suscitare<br />

empatia, per poi riflettere sulla relazione infermiere-diabetico.<br />

La tavola rotonda è stata anch’essa interessante,<br />

tema: professioni sanitarie a confronto<br />

in ambito diabetologico, composta dalla past<br />

president nazionale <strong>OSDI</strong>, Rosangela Ghidelli,<br />

dal presidente AMD Sicilia, Antonino Lo Presti,<br />

da una componente della SID Sicilia, Giuseppina<br />

Russo, dal presidente IPASVI di Enna, Giovanni<br />

Di Venti e dalla nostra presidente <strong>OSDI</strong> Sicilia,<br />

Lucia Melita.Tornando alle emozioni di cui vi<br />

parlavo all’inizio, ci sarebbe tanto da dire, il<br />

cuore di tutti quel giorno era gonfio di tristezza,<br />

l’affetto per Andrea Cavallaro, nostro caro collega<br />

mancato la vigilia di Pasqua ci ha indotti a<br />

ricordarlo e a indotto Rosetta Nocciolini, la nostra<br />

Presidente nazionale <strong>OSDI</strong> a prendere un aereo,<br />

nonostante i suoi gravi problemi in famiglia, per<br />

celebrare Andrea che avrebbe dovuto per noi<br />

relazionare sul domani della nostra associazioni<br />

e quali prospettive e strategie avremmo dovuto<br />

mettere in atto per continuare il nostro percorso.<br />

Con voce rotta dall’emozione e il viso rigato di<br />

lacrime, Rosetta ha ricordato il buon amico e<br />

caro collega Andrea, leggendo i suoi pensieri e<br />

le sue considerazioni sulla vita e sulla nostra<br />

professione che negli anni aveva inviato a chi<br />

voleva ascoltarlo.<br />

Un Carattere mite e un’anima profonda e<br />

gentile quale era Andrea meritava essere al<br />

centro di quella giornata, anche se in vita Andrea<br />

non aveva mai preteso di esserlo. Non dimenticheremo<br />

mai Andrea esempio per tutti noi.<br />

Le votazioni del consiglio direttivo si sono<br />

concluse con la nomina di cinque nuovi consiglieri<br />

che si vanno ad aggiungere a Tripo Maria<br />

Giuseppa, Filippo <strong>Vita</strong>le, Ornella Salemi e Lucia<br />

Melita, la presidente. Essi sono: Di Mauro Giovanni,<br />

Corridore Maria Concetta, Puzzo Elena,<br />

Biundo Maria e Strano Salvatore.<br />

Tripo Maria Giuseppa


VII CONGRESSO REGIONALE<br />

<strong>OSDI</strong> PUGLIA 2009<br />

BARI HOTEL RONDÒ 17-18 APRILE 2009<br />

Diabete Tipo II: la terapia, l’assistenza,<br />

l’organizzazione<br />

Il 17 e 18 Aprile 2009 si è tenuto a<br />

Bari il VII Congresso Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia<br />

che ha visto la presenza di valenti relatori<br />

e numerosi partecipanti anche tra i neoiscritti.<br />

Il congresso di quest’anno è stato<br />

anche l’occasione per festeggiare il decimo<br />

anniversario della nascita della nostra<br />

sezione regionale.<br />

L’obiettivo generale del convegno era<br />

quello di sviluppare la formazione infermieristica<br />

relativa alla cura e all’assistenza<br />

del paziente diabetico Tipo II attraverso<br />

l’acquisizione delle nuove strategie terapeutiche<br />

e delle metodologie assistenziali<br />

e organizzative più idonee e più efficaci<br />

secondo l’EBM (evidence based medicine).<br />

Il filo conduttore del congresso era quello<br />

di trasferire ai partecipanti una formazione<br />

che tenesse conto dell’assistenza in tutte<br />

le sue dimensioni, includendo l’analisi dei<br />

contesti organizzativi e i possibili ambiti<br />

di miglioramento per la gestione della<br />

malattia diabetica. In essi il ruolo<br />

dell’infermiere, responsabile dei processi<br />

assistenziali, educativi ed organizzativi<br />

risulta fondamentale per migliorare la<br />

qualità di vita della persona diabetica e<br />

ridurre i costi legati alla malattia. Questo,<br />

partendo dal presupposto che, per poter<br />

realizzare una assistenza efficace e di<br />

qualità, non basta avere dei professionisti<br />

preparati e formati ma occorre<br />

che essi siano inseriti in un contesto strut-<br />

turale e organizzativo altrettanto valido.<br />

Un sentito ringraziamento va a tutti<br />

i relatori che hanno saputo trasmettere<br />

con estrema chiarezza i contenuti delle<br />

loro relazioni creando un clima di forte<br />

attenzione e numerosi spunti di approfondimento.<br />

Grazie, dunque, al Prof. Luigi<br />

La Viola, al Dott. Stefano Albano, alla<br />

Sig.ra Clara Di Gregorio, alla Sig.ra Anna<br />

Maria Idrontino, al Dott. Francesco<br />

Mario Gentile, al Dott. Francesco Lo<br />

Surdo.<br />

Credo valga la pena sottolineare<br />

l’importanza degli argomenti trattati dai<br />

relatori intervenuti e l’attenta partecipazione<br />

dei presenti giunti da ogni parte<br />

della Puglia, nonché il clima di interazione<br />

creatosi tra i partecipanti. Si spera che tra<br />

noi colleghi si conservi sempre la capacità<br />

Momenti<br />

congressuali<br />

N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

19


N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

20<br />

A. Maschio<br />

Presidente Regionale<br />

uscente<br />

A. Corvino<br />

Vicepresidente<br />

Regionale Osdi<br />

di stringere e mantenere rapporti che<br />

permettano scambi culturali e professionali<br />

utili per un lavoro efficace all’interno<br />

dell’<strong>OSDI</strong>.<br />

Un nutrito ringraziamento al Dott.<br />

Antonio Muscogiuri, Anna Maschio e<br />

Josè Chimienti che con le loro relazioni<br />

ci hanno fatto ripercorrere i nostri dieci<br />

anni di vita <strong>associativa</strong>, proiettando lo<br />

sguardo sia al passato, ricordando tutti<br />

coloro che hanno contribuito alla crescita<br />

dell’associazione, sia al futuro, verso orizzonti<br />

sempre nuovi e sempre più significativi.<br />

Un’ associazione costruita sulle idee<br />

di tutti, che intende diventare sempre più<br />

un punto di riferimento per gli infermieri<br />

preposti all’assistenza del paziente diabetico,<br />

infermieri che non si accontentano<br />

ma vogliono capire e conoscere la realtà<br />

senza filtri.<br />

In questi dieci anni, l’<strong>OSDI</strong> in Puglia,<br />

ha rafforzato il proprio lavoro. L’impegno<br />

con l’<strong>OSDI</strong> è intenso, non c’è solo collaborazione<br />

bensì unità di intenti. Il risultato<br />

è un palinsesto sempre più ricco e articolato<br />

in ogni provincia.<br />

Scopo principale dell’<strong>OSDI</strong> è<br />

l’aggiornamento professionale nel campo<br />

diabetologico ponendo il paziente come<br />

attore principale, un aggiornamento<br />

continuo e produttivo di idee, che rilancia<br />

l’entusiasmo e la capacità di lavoro in<br />

Festeggiamenti<br />

per il decimo<br />

anniversario<br />

della nascita<br />

dell’Osdi<br />

in Puglia<br />

equipe e funge da volano a tutto il movimento.<br />

Nella stessa circostanza, si sono svolte<br />

le votazioni per il rinnovo del consiglio<br />

direttivo regionale e la proclamazione<br />

dei nuovi consiglieri da parte della nuova<br />

Presidente Regionale, Sig.ra Josè Chimienti,<br />

capo sala dell’unità operativa di<br />

Endocrinologia nell’Ospedale SS Annunziata<br />

di Taranto. Si coglie l’occasione<br />

per augurare ai neo consiglieri una serena<br />

e proficua collaborazione e un<br />

buon lavoro.<br />

Anna Corvino<br />

Vicepresidente Osdi- Regione Puglia-


Analisi dei bisogni formativi<br />

Il congresso regionale è anche il momento<br />

per valutare quali sono i bisogni<br />

formativi dei nostri iscritti. E’ ormai consuetudine<br />

sondare, attraverso un questionario<br />

conoscitivo, le necessità di aggiornamento<br />

professionale dei soci <strong>OSDI</strong> della<br />

nostra regione. Il questionario ha l’obiettivo<br />

di indagare diverse aree di intervento per<br />

stabilire quali sono le necessità reali su cui<br />

basare le proposte di aggiornamento future.<br />

Gli aspetti indagati:<br />

• Aspetti educativi: autocontrollo, alimentazione,<br />

calcolo dei CHO, attività fisica<br />

• Aspetti organizzativi: D. Management,<br />

Case management, Day service, gestione<br />

integrata.<br />

• Aspetti comunicativi: empowerment,<br />

strategie della comunicazione, dinamiche<br />

relazionali .<br />

• Informatica: base e avanzata<br />

Per ogni aspetto indagato viene richiesto,<br />

sostanzialmente, di esprimere un<br />

giudizio sull’argomento e quindi se è<br />

Figura 1<br />

sufficientemente conosciuto o se si vuole<br />

approfondirne i contenuti.<br />

Dall’analisi (vedi fig. 1) emerge che i<br />

soci della nostra regione preferirebbero<br />

approfondire gli argomenti che riguardano<br />

gli aspetti organizzativi della gestione del<br />

paziente diabetico, così come apprezzerebbero<br />

percorsi formativi per aumentare<br />

le conoscenze in campo comunicativo e<br />

relazionale. Anche l’informatica avanzata<br />

risulta essere un argomento richiesto,<br />

probabilmente in relazione al fatto che<br />

gli interventi coordinati dell’assistenza,<br />

implicano l’utilizzo di strumenti informatici.<br />

I risultati emersi ci aiutano a formulare<br />

l’offerta formativa per indirizzare i nostri<br />

sforzi verso obiettivi che sono oggetto di<br />

interesse comune e reale da parte dei<br />

nostri associati. Lo scopo è quello di favorire<br />

la crescita professionale attraverso<br />

una rete di percorsi che possano trovare<br />

una giusta integrazione e un giusto equilibrio<br />

fra le necessità locali e gli indirizzi<br />

delle politiche nazionali.<br />

Il Direttivo Regionale<br />

Osdi Puglia<br />

N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

21


N. 2 giugno 2009 VITA ASSOCIATIVA<br />

22<br />

Josè Chimienti:<br />

Presidente Regionale<br />

Osdi Puglia<br />

Saluto del Presidente regionale<br />

Osdi Puglia<br />

Cari Colleghi, si è appena concluso<br />

il VII Congresso Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia.<br />

Come presidente neoeletta, ritengo di<br />

dover innanzitutto ringraziare i colleghi<br />

che hanno creduto nelle mie potenziali<br />

capacità di guidare, per il prossimo biennio,<br />

il gruppo di associati che hanno<br />

l’ardire di voler implementare sempre<br />

più le conoscenze e le proprie capacità<br />

formative per poter fornire ai propri<br />

pazienti un’assistenza ai massimi livelli<br />

qualitativi.<br />

Tutti noi siamo consapevoli che la<br />

strada migliore da percorrere è la condivisione<br />

e la uniformità dei percorsi assistenziali,<br />

pertanto una associazione come la<br />

nostra ha come mandato quello di creare<br />

occasioni di incontro per crescere, confrontarsi<br />

e garantire a tutti noi un aggiornamento<br />

scientificamente corretto a vantaggio<br />

del paziente diabetico e del suo<br />

hinterland socio-familiare. Gli obiettivi che<br />

il Direttivo Regionale <strong>OSDI</strong> Puglia si è<br />

prefissato per il prossimo biennio, sono<br />

scaturiti anche dall’indagine conoscitiva<br />

fatta durante il congresso regionale. Tenendo<br />

conto dei bisogni formativi degli<br />

associati, abbiamo provato a sviluppare<br />

un programma di massima sul quale articolare<br />

i progetti futuri:<br />

Realizzare corsi di perfezionamento<br />

ed incontri scientifico-culturali che rispondano<br />

alle reali necessità formative dei<br />

soci e che siano un valido supporto per<br />

fronteggiare i forti cambiamenti organizzativi<br />

del nostro settore, superando le<br />

difficoltà pratiche che la realtà quotidiana<br />

ci propone.<br />

Incentivare una partecipazione sempre<br />

più attiva dei soci, nella definizione di<br />

tutte le attività del biennio, di modo che<br />

si possa vivere l’associazione da protagonisti,<br />

condividendo con il consiglio direttivo<br />

progetti di formazione tratti dalla personale<br />

e quotidiana esperienza infermieristica<br />

Supportare ed incentivare la produzione<br />

di lavori originali da parte dei soci da<br />

presentare in occasione del prossimo congresso<br />

nazionale <strong>OSDI</strong> 2010 .<br />

Favorire progetti per l’applicazione<br />

del desease management e della gestione<br />

integrata, per garantire il miglioramento<br />

delle cure e l’utilizzo di tecniche<br />

assistenziali in grado di prevenire le complicanze.<br />

Favorire l’attuazione di percorsi diagnostico<br />

terapeutici condivisi da tutti i<br />

soggetti interessati nei diversi livelli di<br />

assistenza.<br />

Il mio auspicio e quello di tutto il<br />

direttivo regionale è quello di concretizzare<br />

quanto ci siamo prefissati e di<br />

rendere la nostra associazione un punto<br />

di riferimento per gli iscritti Osdi. E’<br />

importante, inoltre, creare una rete di<br />

collegamento tra tutte le figure professionali<br />

che si occupano della cura del<br />

paziente diabetico. Per ottenere risultati<br />

in termini di qualità dell’assistenza,<br />

occorre lavorare in collaborazione, in<br />

sinergia ma soprattutto avere obiettivi<br />

condivisi e unitarietà.<br />

Josè Chimienti<br />

Presidente Regionale Osdi Puglia


OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

N. 2 giugno 2009<br />

24<br />

la<br />

parola<br />

all’<br />

esperto<br />

di Marina Cassoni<br />

l’<br />

Oggi sappiamo moltissimo sulla biologia neuronale delle emozioni e dei<br />

sentimenti, ma esiste un problema di divulgazione, per stimolare il meglio<br />

della natura umana e reprimere il peggio.<br />

intento di questo articolo è duplice:<br />

da un lato sottolineare il valore<br />

dell’intelligenza emotiva per il lavoro di<br />

cura; dall’altro offrire casi di situazioni<br />

relazionali in cui ne cogliamo la mancanza<br />

e i conseguenti effetti.<br />

Capacità di comunicare in maniera chiara ed efficace<br />

tenendo conto delle caratteristiche del paziente.<br />

Capacità di mantenere efficacia terapeutica malgrado<br />

la cronicità della patologia, il probabile deterioramento<br />

della qualità di vita del paziente e la sua<br />

discontinuità di compliance.<br />

Capacità di mantenere efficacia terapeutica in una<br />

relazione di cura che può protrarsi a lungo ed anche<br />

attivare identificazioni e coinvolgimenti.<br />

Capacità di investire sul paziente e sulle sue possibilità,<br />

piuttosto che sui suoi limiti.<br />

Empatia.<br />

A. Damasio<br />

Perché l’intelligenza emotiva è una<br />

competenza fondamentale nella relazione<br />

di cura?<br />

Tento di rispondere a questa domanda<br />

con uno schema “razionale”, ma anche<br />

riflettendo su due dialoghi tra paziente e<br />

operatori sanitari.<br />

Capacità di reggere la frustrazione.<br />

Capacità di auto motivarsi.<br />

Con il contributo non condizionante di<br />

Che cosa chiede una buona relazione di cura? Che cosa offre l’intelligenza emotiva?<br />

Capacità di elaborare le proprie esperienze emotive<br />

cercando il giusto equilibrio di vicinanza/distanza.<br />

Capacità di costruire relazioni improntate alla fiducia.


E l’elenco potrebbe continuare indicando<br />

le molteplici risorse che ci provengono<br />

dal nostro cervello emotivo.<br />

Il termine intelligenza emotiva si fonda<br />

su un duplice riconoscimento:<br />

1. l’intelligenza basata sull’esercizio della<br />

pura razionalità costituisce un aspetto<br />

delle più generali capacità che permettono<br />

all’uomo di misurarsi con le diverse<br />

situazioni incontrate nella vita di tutti<br />

i giorni e di risolvere adeguatamente i<br />

problemi;<br />

2. le emozioni (tra breve ne daremo alcune<br />

definizioni) non sono aspetti turbativi<br />

del nostro rapporto con il mondo, bensì<br />

strumenti per conoscere e orientarci,<br />

stabilendo con gli altri quella che si<br />

Consapevolezza di sé:<br />

consapevolezza del proprio stato emotivo<br />

accura autovalutazione<br />

fiducia in se stessi<br />

Consapevolezza sociale:<br />

empatia<br />

consapevolezza dell’organizzazione<br />

orientamento al paziente/cliente<br />

/collaboratore ecc.<br />

Ci soffermiamo in particolare sulla<br />

consapevolezza di sé come chiave di volta<br />

dell’intelligenza emotiva.<br />

L’AUTOCONSAPEVOLEZZA è la capacità<br />

di riconoscere un sentimento<br />

(emozione consapevole) nel momento<br />

in cui esso si presenta.<br />

Le persone orientate a riflettere sui<br />

propri sentimenti allenano la capacità di<br />

stare in contatto con se stesse e con i<br />

segnali del proprio corpo.<br />

La capacità di monitorare i sentimenti<br />

chiama intersoggettività secondaria.<br />

L’intelligenza emotiva è la capacità di<br />

comprendere le emozioni che si attivano<br />

in noi e di empatizzare con quelle che<br />

possono attivarsi negli altri a fronte di<br />

situazioni, parole, avvenimenti ecc..<br />

Gli studi sull’intelligenza emotiva hanno<br />

fatto grandi progressi sulla scorta delle<br />

acquisizioni delle neuroscienze, che hanno<br />

chiarito gran parte delle referenze neuronali<br />

di questa forma di intelligenza indispensabile<br />

per il nostro adattamento.<br />

Il concetto di intelligenza emotiva<br />

include quattro tratti fondamentali (tratto<br />

da D. Goleman):<br />

Gestione di sé:<br />

gestione delle proprie emozioni<br />

trasparenza<br />

adattabilità<br />

orientamento ala risultato<br />

iniziativa<br />

Gestione delle relazioni interpersonali:<br />

leadership ispiratrice<br />

influenza<br />

sviluppo delle potenzialità altrui<br />

è fondamentale per la comprensione di<br />

sé stessi, dei propri punti di forza e debolezza,<br />

della propria resistenza allo stress.<br />

L’autoconsapevolezza richiede<br />

l’attivazione della neocorteccia e delle<br />

aree del linguaggio, che consentono di<br />

dare un nome alle emozioni che si sono<br />

attivate.<br />

Possiamo definire l’autoconsapevolezza<br />

come una forma di attenzione<br />

non reattiva e non critica verso i propri<br />

stati interiori o, in altre parole, come una<br />

modalità neutrale della mente che<br />

N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

25


LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

N. 2 giugno 2009<br />

26<br />

1 D. Goleman, Intelligenza<br />

Emotiva, Rizzoli,<br />

1996, pag. 44<br />

sostiene la riflessione anche in mezzo<br />

a emozioni turbolente.<br />

E’ la differenza che passa dall’essere<br />

travolti dalla rabbia verso qualcuno e il<br />

pensare:“Quello che sto provando adesso<br />

è collera”, anche nel momento stesso in<br />

cui ne siamo pervasi.<br />

In termini di meccanismi neurali questo<br />

spostamento dell’attività mentale segnala<br />

che i circuiti neocorticali stanno monitorando<br />

attivamente l’emozione, compiendo<br />

così un primo passo nell’acquisizione di<br />

un controllo su di essa.<br />

La nuova prospettiva teorica apre<br />

possibilità di allenamento e di crescita<br />

delle proprie competenze emotive e<br />

di equilibrio.<br />

Il nostro obiettivo deve essere quello<br />

di fare in modo che le emozioni<br />

siano appropriate, cioè proporzionate<br />

alle circostanze.<br />

Tante sono le situazioni in cui ci accade<br />

di valutare la nostra emozione e il conseguente<br />

comportamento come sproporzionato.<br />

Goleman racconta in questo senso<br />

molti casi. Ne riprendo uno che ho trovato<br />

semplice e significativo:<br />

Jessica, una bambina di sei anni, si accingeva per la prima volta a<br />

passare la notte fuori casa, da una compagna di giochi e non era<br />

ben chiaro se la cosa rendesse più agitata lei o sua madre…..la<br />

tensione della madre raggiunse l’apice verso la mezzanotte. Si stava<br />

preparando per andare a letto e sentì squillare il telefono. …la donna<br />

si precipitò al telefono con il cuore in gola mentre nella mente le<br />

balenavano le immagini della figlia Jessica in preda ad una terribile<br />

angoscia. Afferrò il ricevitore e gridò nell’apparecchio: Jessica!!, ma<br />

si sentì rispondere da una voce femminile: “Mi scusi devo aver<br />

sbagliato numero…” A quel punto la madre di Jessica recuperò il<br />

proprio sangue freddo e chiese in tono educato e misurato: “Che<br />

numero desiderava?” 1<br />

Che differenza c’è tra emozioni e sentimenti?<br />

Lo stimolo che genera emozione può<br />

essere un evento, una scena,<br />

un’espressione del volto o un particolare<br />

tono di voce, viene elaborato in prima<br />

istanza dai centri sottocorticali<br />

dell’encefalo e in particolare dall’amigdala<br />

che riceve l’informazione direttamente<br />

dai nuclei posteriori del talamo e provoca<br />

una prima reazione neuroendocrina con<br />

la funzione di mettere in allerta<br />

l’organismo. La funzione dell’amigdala è<br />

proprio quella di scatenare –senza molto<br />

discernimento, ma con eccezionale rapi-<br />

dità una reazione impulsiva al pericolo.<br />

In questa fase l’emozione determina<br />

quindi diverse modificazioni somatiche,<br />

come ad esempio la variazione delle pulsazioni<br />

cardiache, l’aumento o la diminuzione<br />

della sudorazione, l’accelerazione<br />

del ritmo respiratorio, l’aumento o il rilassamento<br />

della tensione muscolare.<br />

Lo stimolo viene contemporaneamente<br />

inviato dal talamo alle cortecce associative,<br />

dove viene elaborato in maniera più<br />

lenta, ma più raffinata. Nella neocorteccia<br />

una serie di circuiti registra e analizza<br />

l’informazione, la comprende e attraverso<br />

i lobi prefrontali organizza una reazione<br />

coordinata. A questo punto, secondo la


valutazione, viene emesso il tipo di risposta<br />

considerata più adeguata alla situazione,<br />

soprattutto in riferimento alle “regole di<br />

esibizione” proprie dell’ambiente culturale<br />

o della propria educazione (pensiamo alle<br />

differenze per esempio di esibizione del<br />

dolore che ci sono anche fra Nord e Sud<br />

Italia).<br />

Le emozioni, quindi, inizialmente sono<br />

inconsapevoli; solo in un secondo momento<br />

noi “proviamo” l’emozione, abbiamo<br />

cioè un sentimento.<br />

Normalmente l’individuo che prova<br />

Essere consapevoli delle proprie emozioni<br />

significa poterle usare come<br />

“informazioni” su quanto sta accadendo.<br />

SONO<br />

AGGREDITO<br />

VERBALMENTE<br />

LE SEDI DELLE EMOZIONI<br />

una emozione diventa cosciente delle<br />

proprie modificazioni somatiche (si rende<br />

conto di avere le mani sudate, il battito<br />

cardiaco accelerato etc.) ed applica un<br />

nome a queste variazioni psicofisiologiche<br />

(“paura”, “gioia”, “disgusto”...). Da un<br />

punto di vista fisiologico un’emozione<br />

sorge prima che l’individuo ne sia conscio.<br />

Nel momento in cui un’emozione si fa<br />

strada nella consapevolezza, vuol dire che<br />

è stata registrata come tale nella corteccia<br />

prefrontale.<br />

RABBIA<br />

AGGREDISCO<br />

VALUTO ALTRE<br />

STRATEGIE<br />

N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

27


N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

28<br />

2 R. Boyatzis, A. McKee,<br />

Essere Leader,<br />

BUR, 2002, pg. 29<br />

Usare le emozioni come “alleate” nella<br />

regolazione dei comportamenti, significa<br />

che –grazie all’emozione- (che riconosco!)<br />

so quanto mi sta accadendo.<br />

La rabbia dunque non è necessariamente<br />

un impulso ad attaccare, ma un<br />

avvertimento che tale impulso è in atto.<br />

Questo avvertimento apre lo spazio alla<br />

libertà di scelta.<br />

Interagire con le emozioni presuppone<br />

in primo luogo un contatto reale e sensoriale<br />

usando tutti i canali percettivi: visivo,<br />

uditivo, cinestesico, gustativo, olfattivo.<br />

E’ molto importante questo contatto per<br />

sentire come si manifestano le emozioni<br />

e in quale parte del nostro corpo risuonano.<br />

Solo sperimentando un vero contatto<br />

con le nostre emozioni disturbanti, possiamo<br />

poi in parte comprenderle, digerirle,<br />

trasformarle oppure evitare quelle situazioni<br />

che ci procurano sofferenze che<br />

possiamo risparmiarci.<br />

Adesso mi sento meglio ….o peggio:<br />

dalle emozioni alla qualità della relazione<br />

Veniamo all’incontro con l’altro e al<br />

ruolo potente delle emozioni nella relazione.<br />

L’incontro del paziente con una figura<br />

di cura può produrre un senso di maggiore<br />

benessere indipendentemente da qualche<br />

“concreta” azione terapeutica compiuta,<br />

o da un miglioramento oggettivamente<br />

rilevabile delle condizioni di salute.<br />

Come è possibile? Ci è d’ aiuto il<br />

concetto di sistema limbico.<br />

“Gli scienziati descrivono il circuito<br />

aperto come una regolazione limbica interpersonale,<br />

con la quale un individuo,<br />

trasmette segnali in grado di modificare<br />

i livelli ormonali, le funzioni cardiovascolari,<br />

i ritmi sonno-veglia e persino la funzione<br />

immunitaria di un’altra persone. Ricerche<br />

condotte nelle unità di terapia intensiva<br />

hanno dimostrato che il conforto costituito<br />

dalla presenza di un’altra persona non<br />

solo abbassa la pressione sanguigna dei<br />

pazienti, ma rallenta anche la produzione<br />

degli acidi grassi responsabili<br />

dell’occlusione delle arterie”. 2<br />

Il sistema limbico è un sistema a circuito<br />

aperto, mentre quello circolatorio è<br />

un sistema chiuso. Ciò significa che quanto<br />

accade nel sistema circolatorio di un’altra<br />

persona non influenza il nostro. Diverso<br />

è per le emozioni: gioia, allegria, aggressività<br />

si diffondono in maniera più o meno<br />

“contagiosa”.<br />

Quando entriamo in relazione con un<br />

altro ne siamo emotivamente influenzati,<br />

ovviamente in rapporto all’importanza, al<br />

tempo e all’intensità dell’interazione.<br />

Ciò vale non solo dal professionista<br />

sanitario, al paziente diabetico, ma anche<br />

viceversa.<br />

Lavorare con i pazienti cronici –ormai<br />

è noto e affermato- mette a contatto con<br />

emozioni di vario tipo: frustrazione, rabbia<br />

perché il paziente non “aderisce”, stanchezza<br />

nella ripetizione delle prescrizioni,<br />

sfiducia nelle capacità di autocontrollo<br />

ecc… Rispetto a tutte queste possibilità<br />

di “contagio emotivo negativo” gli operatori<br />

hanno necessità di “disintossicarsi”<br />

di prendere distanza dalle emozioni distrurbanti,<br />

attraverso il confronto con i<br />

colleghi, la riflessione, il riposo psico-fisico<br />

che costituiscono strategie di ricambio.<br />

Dobbiamo tuttavia tenere presente che<br />

sono più influenti le emozioni veicolate<br />

dagli operatori, che sono vissuti tendenzialmente<br />

come “guida” come leader della<br />

relazione terapeutica. La loro mancanza di<br />

empatia o di sintonia con le preoccupazioni<br />

del paziente può ridurre la fiducia, far<br />

temere al paziente di non farcela.


Vi propongo due casi: il primo si svolge<br />

in una maternità milanese, il secondo in<br />

un centro di diabetologia lombardo.<br />

L’obiettivo di queste presentazioni è<br />

quello di proporre materiale di riflessione<br />

e di valorizzazione del proprio lavoro.<br />

Sandro e Luigi sono due gemelli eterozigoti nati alla 38 settimana. Andrea con un peso di circa 3 Kg. e Simone<br />

di 2,4 Kg.<br />

La mamma desidererebbe allattarli ed ha bisogno di indicazioni concrete ed anche di qualche parola di sostegno.<br />

Il reparto di pediatria dove è ricoverata, ha una nursery così organizzata: i bambini vengono portati 6 volte<br />

nelle 24 ore per 1 ora.<br />

La mamma riesce ad allattare i gemelli contemporaneamente con un pò di aiuto.<br />

Andrea mangia a sufficienza e non deve avere aggiunte di latte artificiale, mentre Simone spesso si addormenta<br />

e richiede poi integrazioni.<br />

Ogni giorno i pediatri informano le mamme circa la quantità di latte assunto. La mamma è in ansia per Simone<br />

che non sembra ancora succhiare. Il messaggio è sempre quello di non farlo diminuire oltre il normale calo<br />

fisiologico. Un giorno accade che Simone si attacca con particolare vigore proprio quando mancano 5 minuti<br />

allo scadere dell’orario.<br />

Quando il personale torna a riprendere i bambini, la mamma spiega la situazione e chiede che le lascino ancora<br />

qualche minuto Simone.<br />

Puericultrice: Non è possibile, abbiamo troppi bambini da accudire e dobbiamo rispettare i ritmi… .<br />

Mamma: Per la prima volta sta mangiando senza addormentarsi … me lo lasci ancora qualche minuto….<br />

P: Guardi è proprio impossibile!<br />

M: Lo porto io alla nursery non appena ho finito di allattarlo.<br />

P: Per queste eccezioni deve sentire la capo sala.<br />

La mamma demoralizzata si rassegna a questa rigidità, ma decide di cercare la caposala<br />

Dialogo con la Caposala<br />

Capo Sala: Signora non possiamo fare eccezioni … il reparto è organizzato così.<br />

M: Quella dei gemelli non è una situazione del tutto ordinaria … Io capisco le regole e l’organizzazione…<br />

Le chiedo solo di lasciarmi Simone nel caso in cui cominci a mangiare 10 minuti prima della scadenza ….<br />

CS: Non è possibile, noi lasciamo un’ora di tem po … ed è sempre sufficiente!<br />

M: … .<br />

CS: In ogni caso non riuscirà ad allattarne due!<br />

M: …<br />

Nel riflettere su questo episodio, è<br />

necessario tenere presente che questa è<br />

la vicenda come è stata vissuta dalla madre.<br />

Si deve essere ben consapevoli di<br />

quanto differenti possano essere i vissuti<br />

dei soggetti coinvolti, e di quanto<br />

questi siano influenzati dalle caratteristiche<br />

di personalità, dalla situazione.<br />

Qui la madre si trova in una condizione<br />

non certo ordinaria: ansie, stress, stanchezza,<br />

timori di essere inadeguata sono<br />

lì a complicare il contesto in cui avviene<br />

la relazione. Per altro non ci interessa<br />

sapere se l’episodio sia avvenuto proprio<br />

in questi termini, oppure sia il frutto del<br />

racconto di una madre, che, per un numero<br />

indeterminato di ragioni, può aver<br />

interpretato come aggressive le regole di<br />

un reparto o i rifiuti di una puericultrice.<br />

La componente soggettiva è parte costitutiva<br />

della rappresentazione. Il livello di<br />

distorsione della rappresentazione è variabile<br />

dipendente dalle condizioni psichiche<br />

della madre.<br />

Quello che interessa qui è se questo<br />

racconto possa dirci qualcosa sulle competenze<br />

relazionali, sull’intelligenza<br />

emotiva, sulla relazione di aiuto.<br />

N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

29


N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

30<br />

Il momento finale della comunicazione<br />

con la capo sala risulta particolarmente<br />

problematico. La frase - Non è possibile,<br />

noi lasciamo un’ora di tempo … ed è<br />

sempre sufficiente! - toglie legittimazione<br />

alla realtà vissuta dalla madre. Potrà anche<br />

essere vero che per tutte le altre madri,<br />

fino a quel momento, quel tempo sia<br />

stato sufficiente, ma non lo è per la madre<br />

di Sandro e Luigi. Parlando con le madri,<br />

durante i focus group, un dato che è<br />

emerso con frequenza è quanto fosse<br />

importante sentirsi comprese e credute<br />

dal loro medico. Qui la realtà della madre<br />

viene squalificata; e nel momento in cui<br />

si fa un confronto con le altre, non si può<br />

non accrescere un sentimento di inferiorità,<br />

di inadeguatezza. Parole non empatiche,<br />

che non aiutano. La frase preannuncia la<br />

durezza della conclusione: In ogni caso<br />

non riuscirà ad allattarne due! Frase inutile,<br />

che esprime l’aggressività vissuta dalla<br />

capo sala. Siamo di fronte ad una relazione<br />

conflittuale, non di aiuto.<br />

Quale è il compito della capo sala?<br />

Certo far sì che il reparto funzioni con<br />

ordine, secondo delle regole, tuttavia qui<br />

lo sguardo sembra troppo orientato verso<br />

l’istituzione, il reparto, l’organizzazione e<br />

per nulla verso la paziente, la madre. Una<br />

organizzazione orientata al servizio, quale<br />

è il reparto di un ospedale, deve avere al<br />

centro il paziente: non è il paziente che<br />

deve adattarsi alla organizzazione, ma<br />

viceversa.<br />

E’ possibile però che la scarsa disponibilità<br />

della capo sala sia anche il frutto<br />

di problemi organizzativi, che, è ben noto<br />

a tutti, rendono molto frustrante il lavoro<br />

per gli operatori sanitari: mancanza di<br />

personale, elevato turn-over, carichi di<br />

lavori eccessivi; da qui rigidità, tensioni,<br />

demotivazioni. Sarebbe necessario interrompere<br />

questa dinamica negativa, che<br />

accrescendo i livelli di tensione, rende<br />

anche meno efficace il proprio lavoro e<br />

aumenta la demotivazione. La modalità<br />

aggressiva della capo sala forse è anche<br />

determinata dal non sapere fronteggiare<br />

la richiesta della madre, quando sente di<br />

non avere sufficiente spazio di cambiamento,<br />

per venire incontro alle sue richieste.<br />

L’ansia fa chiudere rapidamente e<br />

bruscamente la comunicazione.<br />

Le competenze comunicative sia<br />

della puericultrice, che della capo sala,<br />

in questo caso, non sono brillanti. Non<br />

c’è accoglienza, la modalità è immediatamente<br />

respingente: “non è possibile,<br />

abbiamo troppi bambini da accudire<br />

e dobbiamo rispettare i ritmi … Guardi è<br />

proprio impossibile”. Parole che trasmettono<br />

chiusura, non ascolto, non aprono<br />

alla negoziazione di nuove possibilità.<br />

L’episodio mostra uno scarso orientamento<br />

alla soluzione di problemi, manca flessibilità,<br />

e così la capacità di essere empatici,<br />

o di controllare le proprie emozioni, come<br />

l’attacco aggressivo finale.<br />

Per quanto riguarda la puericultrice<br />

qui emerge una comunicazione di chiusura<br />

e respingente. Avrebbe anche potuto<br />

colludere con la paziente, ad esempio,<br />

rispondendo che effettivamente nel reparto<br />

le regole sono eccessive con danno<br />

delle pazienti: “”Eh che vuole, qui le cose<br />

vanno così, io lo dico sempre, ma non c’è<br />

niente da fare””, esprimendo il suo personale<br />

malcontento, ma non avrebbe<br />

aiutato la madre, svalutando il reparto.<br />

Una modalità più adulta sarebbe stata<br />

quella di ascoltare la paziente, rassicurarla,<br />

fare presenti le difficoltà e le necessità<br />

organizzative ed eventualmente offrirsi<br />

per una possibile ricerca di una soluzione.<br />

Il problema del caso non è il rifiuto, ma<br />

la modalità aggressiva di come viene<br />

espresso. Dire di no a qualcuno è molto<br />

più impegnativo che dir di sì; richiede più<br />

attenzione, più cura.<br />

L’episodio può favorire molte altre<br />

riflessioni, che qui non è possibile appro-


fondire. Per una lettura più completa<br />

divengono fondamentali i vissuti, le associazioni,<br />

i ricordi, le amplificazioni che in<br />

un lavoro di gruppo può suscitare il confrontarsi<br />

con un racconto come questo:<br />

quando ci siamo sentiti come quella madre?<br />

Quante volte invece quella capo sala<br />

così rigida si è risvegliata dentro di noi?<br />

Cosa potremmo dirle? Non si tratta di<br />

giudicare i protagonisti dell’ episodio, ma<br />

di ritrovarli in noi. Parti che è importante<br />

riconoscere e ascoltare, per poterle contenere<br />

e moderare.<br />

Giovanni ha 12 anni, da due settimane ha avuto diagnosi di diabete tipo 1 in seguito a cheto acidosi diabetica<br />

ed è stato ricoverato nel reparto di diabetologia pediatrica. Frequenta la prima media con buon rendimento<br />

scolastico, ed è iscritto ad un centro sportivo con particolare impegno nel nuoto. I genitori sono persone di<br />

media cultura che sono ancora “sconquassati” dalla diagnosi formulata al figlio. Temono anche per la sorellina<br />

di 7 anni.<br />

L’obiettivo della visita è quello di effettuare un controllo dell’andamento glicemico dopo le dimissioni.<br />

I genitori in sala d’aspetto sollecitano il rispetto dell’orario di visita, perché sono in ansia.<br />

La relazione non ha un buon avvio:<br />

Madre: “Avevamo appuntamento più di mezz’ora fa, il bambino è stanco… si può sapere a che ora<br />

potremo entrare”<br />

Infermiera: “Signora appena sarà il suo turno la chiameremo, il medico è in ritardo con le visite”<br />

Madre: “I vostri orari sono sempre approssimativi…”<br />

Infermiera: sospira infastidita, ma non dice nulla<br />

Finalmente Giovanni e la madre entrano in ambulatorio, dove il medico li accoglie cortesemente.<br />

Medico: “Giovanni come stai?”<br />

Giovanni: “Mi sento abbastanza bene, sto imparando a misurare la glicemia, ma non voglio che i miei<br />

compagni di scuola sappiano nulla…mi vergognerei troppo … chissà cosa penserebbero”<br />

Medico: “Ti capisco, ma con il tempo capirebbero…”<br />

Madre interrompendo: “Non è vero che Giovanni, sta bene, io lo vedo sempre stanco e pallido, io non<br />

mi fido che a scuola sappiano intervenire”<br />

Giovanni: “Mamma io sto bene…non è vero che mi sento stanco…”<br />

Medico: “Signora non può lei sapere se suo figlio si senta stanco o meno…dia fiducia alle sue sensazioni…”<br />

Madre: “E’ un ragazzino..io non vivo più sono terrorizzata dalle ipoglicemie soprattutto notturne”<br />

Medico: “Vediamo di mettere ordine lei è troppo in ansia e rischia di trasmetterla a suo figlio…dal diario<br />

vedo troppe misurazioni delle glicemie…”<br />

Madre: “Come troppe misurazioni… Giovanni mangia di nascosto non l’ho mandato ad una serata con<br />

gli amici in pizzeria perché so che mangerebbe cose che non vanno bene”<br />

Medico: “Deve fidarsi di più così confonde suo figlio, comunque le misurazioni non vanno male…ma non<br />

sia così apprensiva non aiuta suo figlio ad accettare questa malattia…”<br />

Madre: “Lei continua a dirmi che sono apprensiva, non capisce…”<br />

Medico: “Vedo che non la convinco…comunque riduca i controlli, lasci che si muova e vada a nuoto e<br />

comunque si tranquillizzi..il diabete è una malattia come un’altra e noi siamo sempre disponibili…”<br />

Madre: ….<br />

Medico: “Si metta d’accordo con l’infermiera per un appuntamento….ciao Giovanni”<br />

In questo breve episodio colpiscono<br />

in particolare due aspetti:<br />

l’apprensione della madre<br />

il fatto che il medico non si impegni<br />

in una comunicazione –magari anche<br />

direttiva, ma volta a fornire alcune chiare<br />

e concrete indicazioni.<br />

Sembra che il medico non “investa<br />

energie” da un lato per comprendere<br />

come sta Giovanni e che “rapporto” sta<br />

cominciando a costruire con la malattia,<br />

dall’altro per dare indicazioni che possano<br />

N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

31


N. 2 giugno 2009 LA PAROLA ALL’ESPERTO<br />

32<br />

produrre nella madre la sensazione di<br />

farcela ad affrontare la malattia del figlio.<br />

E’ una madre difficile perché ansiosa<br />

e in parte aggressiva, ma non sentiamo<br />

negli interventi del medico comunicazioni<br />

utili.<br />

Si coglie il giudizio ”lei è troppo<br />

ansiosa…” il medico coglie certamente<br />

una verità, ma non dice nulla che possa<br />

avere una valenza trasformativa.<br />

La sensazione è quella di un colloquio<br />

in cui gli interlocutori non “si prendono”<br />

e il medico non appare sufficientemente<br />

motivato.<br />

Concludo questo articolo sul ruolo<br />

dell’intelligenza emotiva nella relazione<br />

di cura, sottolineando l’importanza e il<br />

valore della riflessione intorno alla nostre<br />

Bibliografia<br />

emozioni e proponendo alcuni brevi esercizi<br />

di contatto riflessivo:<br />

Quali capacità sto allenando oggi<br />

con i pazienti?<br />

Quali sono le emozioni più faticose<br />

che sto provando oggi?<br />

In quali capacità sto investendo tutto<br />

me stesso?<br />

Quali caratteristiche emotive hanno<br />

le persone per me importanti?<br />

Quale capacità emotiva che mi è più<br />

difficile esercitare?<br />

In quale parte del vostro corpo avvertite<br />

le sensazioni prodotte dalle emozioni?<br />

Le sensazioni prodotte dalle emozioni<br />

nel mio corpo sono “…groppo in<br />

gola…” “fumo negli occhi...”<br />

R. E. Boyatzis, D. Goleman, Essere leader, BUR 2002<br />

Damasio A., L’errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi,<br />

1995<br />

Goleman D. Intelligenza Emotiva – Che cos’è, perché può renderci felici, Rizzoli,<br />

1996<br />

Goleman D. Lavorare con Intelligenza Emotiva, Rizzoli, 1998


lo<br />

TIPO 1 VERSO IL RADDOPPIO NEI BAM-<br />

BINI PICCOLI<br />

L’incidenza del diabete di tipo 1 nei<br />

bambini molto piccoli raddoppierà in poco<br />

più di un decennio dal 2005 se le attuali<br />

tendenze rimarranno invariate. Tali tendenze<br />

sono state riscontrate in Europa,<br />

ma il fenomeno interesserà probabilmente<br />

anche il resto del mondo occidentale.<br />

Probabilmente la responsabilità del fenomeno<br />

stesso è da attribuirsi ad esposizioni<br />

ambientali ad elementi a tutt’ora sconosciuti.<br />

Il diabete di tipo 1 è molto meno<br />

diffuso di quello di tipo 2, tranne in bambini<br />

ed adolescenti. La più comune età<br />

alla diagnosi della malattia si situa negli<br />

anni dell’adolescenza, ma probabilmente<br />

presto essa si sposterà verso l’età infantile.<br />

E’ imperativo che gli sforzi profusi<br />

nella sorveglianza del diabete nei giovani<br />

continuino e si espandano, non solo per<br />

comprendere la sua complessa eziologia,<br />

ma anche per via dell’aumento della sua<br />

importanza per la salute pubblica.<br />

(Lancet online 2009, pubblicato il 28/5)<br />

DIABETE: FENOFIBRATO RIDUCE<br />

RISCHIO AMPUTAZIONI<br />

L’uso di fenofibrato per la riduzione<br />

dei grassi nel sangue nei soggetti con<br />

diabete di tipo 2 potrebbe ridurre il rischio<br />

sapevate<br />

che A<br />

cura del Comitato Scientifico<br />

con il contributo di Angelo De Luca,<br />

infermiere AFD - U.O.C. di Malattie<br />

Endocrine del Ricambio e della Nutrizione<br />

S.O. di Lanciano ASL Lancianovasto -<br />

e.mail: angelo.deluca13@tiscali.it<br />

di una prima amputazione correlata alla<br />

malattia. Le amputazioni in questi soggetti<br />

danneggiano in modo sostanziale la loro<br />

qualità della vita ed impongono costi<br />

elevati al sistema sanitario. I classici marcatori<br />

di rischio macrovascolare e microvascolare<br />

sono associati alle amputazioni<br />

degli arti inferiori nei soggetti con diabete<br />

di tipo 2: il trattamento con fenofibrato<br />

è associato ad una riduzione di questo<br />

rischio, soprattutto per quanto riguarda<br />

le amputazioni minori senza malattie dei<br />

grandi vasi note, probabilmente tramite<br />

meccanismi che non hanno a che fare<br />

con i lipidi. Ciò potrebbe portare ad un<br />

cambiamento del trattamento standard<br />

per la prevenzione delle amputazioni nei<br />

diabetici: l’uso dei fibrati indipendentemente<br />

dalla presenza di dislipidemie potrebbe<br />

ridurre in modo sostanziale morbidità,<br />

mortalità e carico economico in questi<br />

pazienti. Parte dei benefici del fenofibrato<br />

potrebbero essere dovuti ad un miglioramento<br />

della guarigione delle lesioni: è<br />

stato dimostrato infatti che i fibrati inducono<br />

la differenziazione dei cheratinociti<br />

e migliorano la barriera epidermica in vivo,<br />

e questo effetto in particolare potrebbe<br />

separare i fibrati dai molti agenti che finora<br />

si sono dimostrati inefficaci in questo<br />

ambito.<br />

(Lancet. 2009; 373: 1740-1 e 1780-8)<br />

N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

33


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

34<br />

DIABETE, ISCHEMIA DELL’ARTO<br />

E RISCHIO AMPUTAZIONE<br />

Nei pazienti diabetici con ischemia<br />

critica degli arti, il rischio di mortalità o<br />

amputazioni maggiori è considerevole.<br />

Tuttavia, la riduzione del tasso di amputazioni<br />

nei pazienti diabetici con piede diabetico<br />

ischemico è possibile con l’uso<br />

estensivo della rivascolarizzazione tramite<br />

bypass ed angioplastica periferica. Con<br />

l’uso di entrambe le tecniche si giunge ad<br />

una rivascolarizzazione del 95 percento<br />

dei pazienti, mentre all’inizio degli anni<br />

‘90 si poteva giungere solo al 25 percento.<br />

Il tasso di amputazione peraltro è nettamente<br />

inferiore nei pazienti sottoposti a<br />

rivascolarizzazione. Nel complesso, la chiave<br />

per il trattamento efficace di questi<br />

pazienti è l’approccio multidisciplinare: la<br />

rivascolarizzazione ed una corretta cura<br />

del piede possono migliorare la prognosi<br />

del paziente e ridurre la necessità di ulteriori<br />

interventi. Le coronaropatie comunque<br />

rimangono la principale causa di<br />

morte in questi casi, e pertanto è importante<br />

prestare attenzione al cuore e ricercare<br />

eventuali casi di ischemia silente per<br />

migliorarne la sopravvivenza.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 822-7)<br />

DIABETE E ANOMALIE CARDIACHE<br />

NELLE RAGAZZE<br />

Le adolescenti con diabete di tipo 2<br />

scarsamente controllato hanno maggiori<br />

probabilità di presentare anomalie cardiache<br />

strutturali e funzionali rispetto alle<br />

loro controparti sane o anche a quelle<br />

con diabete di tipo 1. Ciò sottolinea il<br />

rischio cardiovascolare potenzialmente<br />

elevato del diabete di tipo 2 in età adolescenziale,<br />

un rischio che non si riscontra<br />

nemmeno negli adolescenti in sovrappeso.<br />

Le anomalie di più frequente riscontro<br />

comprendono dilatazione o elevata massa<br />

del ventricolo sinistro e dilatazione<br />

dell’atrio sinistro. Se lasciate incontrollate,<br />

è probabile che molte di queste anomalie<br />

possano portare allo sviluppo di malattie<br />

cardiovascolari conclamate.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 883-8)<br />

DIABETE TIPO 2, PANCREATITE<br />

E MALATTIE BILIARI<br />

I pazienti con diabete di tipo 2 presentano<br />

un rischio almeno triplicato di pancreatite<br />

e doppio di malattie biliari rispetto<br />

alle loro controparti non diabetiche. Questi<br />

elementi, se combinati all’incremento della<br />

prevalenza del diabete e dei fattori di<br />

rischio ad esso associati, potrebbero contribuire<br />

ad un significativo aumento<br />

nell’incidenza della pancreatite acuta. Per<br />

quanto riguarda le patologie biliari, i pazienti<br />

diabetici sono esposti particolarmente<br />

al rischio di colelitiasi, colecistite acuta<br />

e colecistectomia. Sia nel caso di queste<br />

ultime che in quello della pancreatite,<br />

comunque, i rischi maggiori riguardano i<br />

pazienti più giovani.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 834-8)<br />

ARTERIOPATIE PERIFERICHE SPESSO<br />

SOTTODIAGNOSTICATE<br />

Le arteriopatie periferiche sono spesso<br />

sottodiagnosticate, anche nei pazienti con<br />

cardiopatia ischemica nota già sotto cura<br />

specialistica. Il fenomeno era già noto in<br />

medicina di base, ma non era finora nota<br />

la sua estensione nei pazienti con cardiopatia<br />

ischemica. Esso è particolarmente<br />

importante in questa popolazione con<br />

l’età avanzata, il sesso femminile e la<br />

presenza di altri fattori di rischio cardiovascolare<br />

tradizionali, ed inoltre la sua presenza<br />

identifica un sottogruppo di pazienti<br />

con forme di cardiopatia ischemica più<br />

gravi. Di solito, le arteriopatie periferiche


interessano un paziente su sei di questa<br />

popolazione: andrebbero dunque implementati<br />

programmi di screening sistematico<br />

in merito in tutti i pazienti con cardiopatia<br />

ischemica.<br />

(Catheter Cardiovasc Interv. 2009; 73:<br />

719-24)<br />

DIABETE, GLICEMIA A DIGIUNO<br />

ED HBA1C<br />

La valutazione combinata di glicemia<br />

a digiuno ed HbA1c è un mezzo efficace<br />

per la previsione della comparsa di diabete<br />

di tipo 2. Si tratta probabilmente anche<br />

di una combinazione di marcatori maggiormente<br />

utile rispetto al test della tolleranza<br />

al glucosio per via orale nella pratica<br />

clinica, in quanto presenta vantaggi economici<br />

ed è disponibile in modo quasi<br />

ubiquitario. Sia la glicemia a digiuno che<br />

l’HbA1c sono indipendentemente associate<br />

al rischio di diabete, ma la loro combinazione<br />

porta ad una maggiore precisione<br />

predittiva, anche stratificando i pazienti<br />

in base ai livelli glicemici a digiuno di base.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 644-6)<br />

DIABETE E TERMOREGOLAZIONE<br />

NOTTURNA DEL PIEDE<br />

La regolazione della temperatura del<br />

piede nei pazienti diabetici con o senza<br />

polineuropatia diabetica risulta significativamente<br />

danneggiata durante il sonno.<br />

I pazienti con polineuropatia diabetica<br />

hanno spesso problemi di sonno, ed è<br />

stato dimostrato ora che presentano anche<br />

anomalie della temperatura del piede.<br />

Dato che è stato dimostrato anche che la<br />

qualità del sonno dipende dalla normalità<br />

della temperatura del piede, interventi<br />

volti a normalizzarla, come ad esempio il<br />

riscaldamento esterno, potrebbero migliorare<br />

la qualità del sonno nei pazienti dia-<br />

betici. I normali meccanismi omeostatici<br />

del mantenimento della temperatura del<br />

piede sono disturbati in questi pazienti, e<br />

ciò potrebbe far sì che il piede rimanga<br />

costantemente più freddo, il che potrebbe<br />

predisporlo a danni ed al peggioramento<br />

della neuropatia diabetica. Questi dati<br />

suggeriscono nuovi meccanismi potenzialmente<br />

trattabili alla base dei dolori notturni<br />

e dei disturbi del sonno associati al diabete.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 671-6)<br />

OBESITÀ, DIABETE ED ANOMALIE<br />

FETALI<br />

La possibilità di identificare importanti<br />

anomalie fetali tramite l’ecografia risulta<br />

ridotta nelle donne gravide obese o diabetiche.<br />

Le donne diabetiche infatti sono<br />

molto più colpite da questi problemi rispetto<br />

alle altre, con una maggiore prevalenza<br />

di anomalie fetali ed un minor tasso<br />

di rilevamento delle stesse: è possibile che<br />

in questo fenomeno svolga un ruolo<br />

l’obesità localizzata prevalentemente a<br />

livello del tronco che caratterizza il diabete.<br />

Alla luce di questi dati, potrebbe rendersi<br />

necessario modificare le indicazioni da<br />

fornire alle pazienti obese riguardo l’uso<br />

dell’ecografia in gravidanza.<br />

(Obstet Gynecol 2009; 113: 1001-7)<br />

DIABETE: ASPIRINA RIDUCE RISCHIO<br />

Sussiste un’associazione fra l’uso di<br />

aspirina e la diminuzione del rischio di<br />

sviluppare diabete di tipo 2. Gli studi<br />

analitici sull’uso di aspirina ed altri FANS<br />

ed il rischio di diabete nelle popolazioni<br />

umane libere sono stati finora limitati, ma<br />

è stato ora dimostrato che i soggetti che<br />

fanno uso di un qualche tipo di aspirina<br />

hanno un OR pari a 0,86 per lo sviluppo<br />

del diabete rispetto agli altri. Da questa<br />

correlazione comunque esulano tutti gli<br />

N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

35


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

36<br />

altri FANS. La diminuzione del rischio di<br />

diabete di tipo 2 può essere aggiunta alla<br />

lista dei benefici clinici dell’aspirina, anche<br />

se sono necessari ulteriori studi per investigare<br />

più a fondo questa associazione.<br />

(Am J Med 2009; 122: 374-9)<br />

DIABETE TIPO 1: COMUNE<br />

LA DEPRESSIONE<br />

La prevalenza della depressione e l’uso<br />

di farmaci antidepressivi sono quasi raddoppiati<br />

nei pazienti con diabete di tipo<br />

1 rispetto a quelli non diabetici. La depressione<br />

è un fattore di rischio modificabile<br />

il cui trattamento può migliorare il controllo<br />

glicemico e gli esiti per la salute di questi<br />

pazienti. In questo senso, lo screening<br />

della depressione nei pazienti con diabete<br />

di tipo 1 è di importanza vitale, soprattutto<br />

in presenza di complicazioni. Il trattamento<br />

della depressione dovrebbe essere accompagnato<br />

da una valutazione prospettica<br />

della sua efficacia nel miglioramento dei<br />

sintomi relativi alla salute mentale tanto<br />

quanto degli esiti per la salute relativi al<br />

diabete stesso.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 575-9)<br />

DIABETE TIPO 2: SCALA RISCHIO<br />

GENETICO PREDICE RISCHIO<br />

L’indice di rischio genetico (GRS), combinato<br />

con i fattori di rischio convenzionali<br />

come il BMI e l’anamnesi familiare di<br />

diabete, può aiutare ad identificare sottogruppi<br />

di popolazione con un rischio molto<br />

elevato di sviluppare diabete di tipo 2.<br />

Allo sviluppo di questa malattia contribuiscono<br />

fattori sia genetici che ambientali:<br />

diversi polimorfismi di singoli nucleotidi a<br />

livello di diversi geni sono stati associati<br />

al rischio di diabete, ed il GRS si basa su<br />

10 di essi. Al momento attuale, comunque,<br />

il GRS non ha molto valore per lo<br />

screening del diabete, in quanto le infor-<br />

mazioni che aggiunge ai fattori di rischio<br />

tradizionali sono molto limitate: ai fini del<br />

miglioramento della sua utilità clinica<br />

sarebbe necessaria una precisa mappatura<br />

genica per l’individuazione della variante<br />

causale. Aggiungere altri geni alla lista di<br />

quelli considerati, comunque, avrebbe un<br />

effetto molto lieve, in quanto nel GRS<br />

sono già stati inclusi quelli più significativi.<br />

Una via più proficua potrebbe essere quella<br />

dello studio dell’interazione fra geni diversi<br />

o fra geni e fattori ambientali: per esempio,<br />

valori di GSR più elevati sono legati infatti<br />

ad un rischio maggiore nei soggetti obesi.<br />

Si potrebbero anche ricercare varianti<br />

genetiche più rare: nonostante la loro<br />

rarità, infatti, il loro effetto combinato<br />

potrebbe essere sufficiente a giustificare<br />

i fattori di rischio presenti nella storia<br />

familiare attualmente non spiegati dalle<br />

varianti più comuni.<br />

(Ann Intern Med. 2009; 150: 541-50)


TIPO 2: STRETTO CONTROLLO GLICE-<br />

MICO NON INDICATO?<br />

Lo stretto controllo glicemico potrebbe<br />

non essere l’optimum nei pazienti con<br />

diabete di tipo 2. Alcune linee guida in<br />

merito fissano dei livelli glicemici target<br />

molto bassi per questi pazienti onde evitare<br />

o ritardare la comparsa di complicazioni,<br />

ma ciò carica il paziente di complessi<br />

programmi terapeutici, ipoglicemia, aumento<br />

di peso e costi a fronte di benefici<br />

al meglio incerti. Il medico dovrebbe invece<br />

dare la priorità al supporto di benessere<br />

e stile di vita sano, assistenza preventiva<br />

e riduzione dei fattori di rischio cardiovascolare<br />

in questi pazienti.<br />

Dato che il paziente diabetico è spesso<br />

portatore di comorbidità, il medico dovrebbe<br />

evitare strategie di controllo glicemico<br />

che superino la capacità del paziente<br />

di gestire la situazione a livello clinico,<br />

psicologico ed economico: obiettivi ambiziosi<br />

incentrati sulla malattia che richiedono<br />

programmi terapeutici altamente complessi<br />

e gravosi possono promuovere<br />

frustrazione, mancata aderenza e stress<br />

economico in alcuni pazienti.<br />

Dato che non è possibile distinguere<br />

in modo affidabile l’efficacia di diversi<br />

medicinali per il diabete nella riduzione<br />

delle complicazioni, la selezione del medicinale<br />

andrebbe effettuata sulla base<br />

del carico di somministrazione e degli<br />

effetti collaterali.<br />

(Ann Intern Med online 2009,<br />

pubblicato il 20/4)<br />

DIABETE INFANTILE HA CONSEGUEN-<br />

ZE SUL SNC<br />

Diversi possibili processi neuropatologici,<br />

fra cui gliosi, demielinizzazione ed<br />

alterazioni dell’osmolarità, possono svilupparsi<br />

nei giovani pazienti con diabete di<br />

tipo 1 12 anni dopo la diagnosi. Vi sono<br />

solide basi in letteratura che legano cambiamenti<br />

fisiopatologici a carico del SNC<br />

e deficit neurocognitivi al diabete di tipo<br />

1 nell’adulto, e talvolta, ma non sempre,<br />

a variabili specifiche della malattia quali<br />

la sua durata o un’anamnesi di grave<br />

ipoglicemia o iperglicemia cronica. Sono<br />

state riportate difficoltà cognitive anche<br />

nei bambini, ed in particolare in quelli in<br />

cui la malattia insorge prima dei cinque<br />

anni, ma ma gli studi neuroradiografici<br />

sui giovani sono stati finora limitati, e la<br />

comprensione dell’impatto del diabete di<br />

tipo 1 sul neurosviluppo si basa ancora in<br />

larga parte sulle inferenze effettuate dagli<br />

studi neurocognitivi e dai dati neuroradiografici<br />

relativi agli adulti.<br />

E’ possibile che specifiche variabili<br />

relative al diabete esercitino effetti diversi<br />

sul SNC, ma l’incostanza delle associazioni<br />

può anche riflettere difficoltà nell’ottenere<br />

anamnesi affidabili e complete sotto il<br />

profilo del controllo metabolico, comprese<br />

le documentazioni sulle complicazioni del<br />

diabete. Sono necessari ulteriori studi<br />

multicentrici che prevedano la raccolta di<br />

questi ed altri dati per comprendere pienamente<br />

la patogenesi dei cambiamenti<br />

a carico del SNC nel diabete ad insorgenza<br />

infantile.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 445-50)<br />

INFARTO: ININFLUENTE IPOGLICEMIA<br />

SOTTO INSULINA<br />

L’ipoglicemia di per sé non è una causa<br />

di morte diretta nei pazienti infartuati<br />

sotto insulina, ma piuttosto indica una<br />

popolazione di pazienti il cui stato di salute<br />

è peggiore. Anche se l’ipoglicemia è in<br />

effetti associata ad un aumento della<br />

mortalità, infatti, questo rischio è limitato<br />

ai pazienti che la sviluppano spontaneamente,<br />

e non riguarda quelli trattati con<br />

insulina. Il controllo glicemico sullo sfondo<br />

N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

37


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

38<br />

dell’infarto è sempre stato oggetto di<br />

preoccupazioni, in quanto a prescindere<br />

dal protocollo applicato si giungerà comunque<br />

a produrre più casi di ipoglicemia,<br />

e studi precedenti hanno suggerito che i<br />

pazienti ipoglicemici presentino un maggior<br />

rischio di mortalità. Tale rischio però<br />

non riguarda i casi di ipoglicemia iatrogena.<br />

Ciò non suggerisce necessariamente<br />

l’opportunità di implementare protocolli<br />

di controllo aggressivo della glicemia nei<br />

pazienti infartuati: è stato anzi recentemente<br />

suggerito che questo approccio<br />

potrebbe anche essere dannoso.<br />

(JAMA 2009; 301: 1556-64)<br />

CIRCONFERENZA VITA E INSUFFICIEN-<br />

ZA CARDIACA<br />

Una maggior circonferenza della vita<br />

è associata all’insufficienza cardiaca nelle<br />

donne di ogni livello di BMI, e sia la circonferenza<br />

della vita che il BMI predicono<br />

l’insufficienza cardiaca nell’uomo. L’obesità<br />

è associata all’incidenza dell’insufficienza<br />

cardiaca, ma la forza dell’associazione fra<br />

quest’ultima ed il BMI diminuisce con<br />

l’età. Nei pazienti di mezza età ed anziani,<br />

di età compresa fra 43 ed 85 anni, sia<br />

l’adiposità addominale che quella complessiva<br />

risultano associate ai ricoveri ospedalieri<br />

ed alla mortalità da insufficienza<br />

cardiaca. Va comunque ricordato che nei<br />

soggetti obesi sussiste il rischio della sovradiagnosi<br />

dell’insufficienza cardiaca a<br />

causa della presenza di dispnea ed edemi<br />

dovuti alla stessa obesità.<br />

(Circ Heart Fail online 2009,<br />

pubblicato il 7/4)<br />

OBESITÀ TRA GRAVIDANZE AUMENTA<br />

RISCHIO CESAREO<br />

Nelle donne con un’anamnesi di diabete<br />

gestazionale, un eccessivo aumento<br />

di peso fra una gravidanza e l’altra incrementa<br />

il rischio di un parto cesareo nella<br />

gravidanza susseguente. E’ dunque estremamente<br />

importante raccomandare a<br />

queste pazienti variazioni dello stile di vita<br />

atte a prevenire un eccessivo aumento di<br />

peso, specie in considerazione del rischio<br />

di esiti negativi sia per la madre che per<br />

il bambino. Alcuni studi effettuati su donne<br />

che non hanno mai sofferto di diabete<br />

gestazionale hanno inoltre dimostrato che<br />

anche in queste pazienti l’aumento di<br />

peso al di fuori della gravidanza è collegato<br />

al rischio di esiti negativi, quindi lo stesso<br />

tipo di raccomandazione si adatta anche<br />

a questa categoria di pazienti.<br />

(Obstet Gynecol 2009; 113: 817-23)<br />

CURE TERRITORIALI PER IL DIABETE<br />

“La prevenzione del diabete, specialmente<br />

per quanto riguarda le complicanze<br />

della malattia, deve essere spostata sempre<br />

di più dall’ospedale al territorio”. E’ la<br />

ricetta formulata dal sottosegretario al<br />

Welfare, Ferruccio Fazio, per combattere<br />

questa patologia sempre più diffusa in<br />

Italia e nel mondo. Il sottosegretario ha<br />

indicato l’indirizzo da seguire durante il<br />

‘Changing diabetes barometer forum’, in<br />

programma ieri e oggi a Roma. Secondo<br />

Fazio non bisogna abbassare la guardia<br />

nei confronti del diabete ed è doveroso<br />

proseguire lungo una strada di prevenzione<br />

‘triplice’. “Quella primaria rappresentata<br />

dalla correzione degli stili di vita sbagliati,


quella secondaria condotta sui soggetti a<br />

forte rischio e quella terziaria per le complicanze<br />

della malattia”. Quest’ultimo<br />

punto sta molto a cuore al sottosegretario.<br />

“Abbiamo una grande esperienza professionale<br />

negli ospedali - spiega - dobbiamo<br />

utilizzarla sempre di più sul territorio, con<br />

interventi di assistenza capillari. L’ospedale<br />

deve diventare un luogo dove il paziente<br />

si reca sempre meno, solo per gli esami<br />

davvero necessari. Per questo motivo dobbiamo<br />

potenziare sempre di più la<br />

territorialità”.<br />

In questo momento nel nostro Paese<br />

ci sono 650 centri di diabetologia, sia<br />

ospedali che territoriali, eppure i pazienti<br />

faticano a seguire le linee guida degli<br />

esperti. “Ci sono molti fumatori - aggiunge<br />

Fazio - tanti altri sono obesi. Dobbiamo<br />

quindi applicare al diabetico quelle tecniche<br />

assistenziali in grado di prevenirne le<br />

complicanze, migliorando l’adesione dei<br />

soggetti al percorso diagnosticoterapeutico.<br />

In questo senso - conclude -<br />

è importante l’esempio del progetto<br />

Igea”, condotto dal Centro nazionale di<br />

epidemiologia, sorveglianza e promozione<br />

della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore<br />

di sanità (Iss) su mandato del Centro nazionale<br />

per la prevenzione e il controllo<br />

delle malattie (Ccm).<br />

DoctorNews, 3 aprile 2009<br />

Anno 7, Numero 61<br />

ALZHEIMER: COLESTEROLO E DIABETE<br />

ACCELERANO DECLINO<br />

Nei pazienti con morbo di Alzheimer<br />

incidente, la concentrazione di colesterolo<br />

totale ed LDL prima della diagnosi ed<br />

un’anamnesi di diabete sono associate ad<br />

un più rapido declino cognitivo. Per i pazienti<br />

con questa patologia sono disponibili<br />

poche opzioni terapeutiche in grado di<br />

migliorare la prognosi: il controllo delle<br />

patologie vascolari potrebbe essere un<br />

modo di ritardare il decorso della malattia.<br />

Benché già in precedenza i fattori di rischio<br />

vascolari siano stati studiati in qualità di<br />

fattori predittivi di morbo di Alzheimer,<br />

pochi studi hanno valutato la loro influenza<br />

sulla progressione della malattia. E’ stato<br />

invece ora dimostrato che la prevenzione<br />

o il trattamento dell’ipercolesterolemia e<br />

del diabete potrebbero potenzialmente<br />

rallentare il decorso del morbo di Alzheimer.<br />

(Arch Neurol 2009; 66: 343-8)<br />

DIABETE: NECESSARIO<br />

COMPRENDERE L’AUTOGESTIONE<br />

La comprensione delle barriere che<br />

ostacolano l’autogestione del diabete<br />

potrebbe aiutare gli operatori sanitari a<br />

rafforzare il paziente. Il diabete rappresenta<br />

una minaccia per la salute globale a causa<br />

della sua prevalenza in rapida crescita:<br />

nonostante la creazione di programmi di<br />

gestione completi, i pazienti spesso non<br />

sono in grado di ottenere gli esiti desiderati.<br />

I principali ostacoli all’autogestione<br />

comprendono fattori psicosociali, fisici ed<br />

ambientali che influenzano la variazione<br />

del comportamento. Il medico potrebbe<br />

implementare il processo favorendo il<br />

supporto familiare per il raggiungimento<br />

di obiettivi verosimili. Al contempo, migliori<br />

sistemi assistenziali e riforme che favoriscano<br />

l’efficienza e l’accessibilità economica<br />

e non delle cure sarebbero essenziali<br />

N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

39


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

40<br />

per aiutare medico e paziente a giungere<br />

a standard più desiderabili nella terapia<br />

del diabete. La comprensione delle barriere<br />

attualmente presenti rappresenta per il<br />

medico il primo passo per aiutare il paziente<br />

a superarle: è necessario sviluppare<br />

strategie per chiarire ed individualizzare<br />

le linee guida terapeutiche, implementare<br />

l’educazione continua, migliorare le capacità<br />

comunicative e motivare il paziente<br />

per ottenere i cambiamenti comportamentali<br />

desiderati. In questo senso, il personale<br />

infermieristico svolge un ruolo fondamentale<br />

nell’ottenimento di un’assistenza<br />

ottimale per il paziente.<br />

(J Nurs Healthcare Chronic Illness.<br />

2009; 1: 4-19)<br />

MONITORAGGIO GLICEMICO POSSIBI-<br />

LE PER 10 GIORNI<br />

L’uso per 10 giorni di un sistema di<br />

monitoraggio settimanale per la glicemia<br />

appare affidabile, sicuro e pratico. Rispetto<br />

ai sistemi di automonitoraggio domiciliare<br />

con stick, gli apparecchi di monitoraggio<br />

continuo mostrano una migliore performance<br />

alla decima giornata di uso. Rispetto<br />

ai valori riscontrati con l’automonitoraggio,<br />

la performance dei sensori risulta<br />

stabile lungo tutto il periodo di 10 giorni<br />

di utilizzo, e non è stato riscontrato finora<br />

alcun caso di infezione del sito di inserzione<br />

dell’apparecchio. Rimane a questo<br />

punto da valutare l’impatto dell’uso per<br />

10 giorni del sistema di monitoraggio<br />

settimanale sull’HbA1c e sull’ipoglicemia.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 436-8)<br />

ARTRITE REUMATOIDE E DIABETE<br />

TIPO 1<br />

I soggetti con diabete di tipo 1 presentano<br />

un aumento del rischio di una forma<br />

specifica di artrite reumatoide, quella anti-<br />

CCP positiva. Entrambe le malattie inoltre<br />

risultano associate all’allele 620W del gene<br />

PTPN22, il che suggerisce che questa variante<br />

genica possa rappresentare una base<br />

comune per la loro patogenesi. Si tratta<br />

della prima volta che diabete di tipo 1 ed<br />

artrite reumatoide vengono associati a<br />

livello della popolazione generale:<br />

l’identificazione di importanti mediatori<br />

patologici condivisi è un obiettivo importante<br />

sia per la prevenzione delle malattie<br />

che per lo sviluppo delle terapie.<br />

(Arthritis Rheum 2009; 60: 653-60)<br />

TIPO 2: RUOLO PREDITTIVO ANTAGO-<br />

NISTA RECETTORE IL-1<br />

Elevati livelli dell’antagonista del recettore<br />

dell’IL-1 (IL-1Ra), un inibitore naturale<br />

dell’IL-1 beta, precedono l’insorgenza del<br />

diabete di tipo 2. E’ stato dimostrato che<br />

questo antagonista recettoriale migliora<br />

la funzionalità delle cellule beta ed il<br />

controllo glicemico nei pazienti con diabete<br />

di tipo 2, ma la correlazione fra i suoi livelli<br />

base e l’insorgenza del diabete non era<br />

stata ancora esplorata. Quanto rilevato<br />

lascia pensare che il fisico tenti di contrastare<br />

i disturbi proinfiammatori prima della<br />

comparsa della malattia stimolando i marcatori<br />

antiinfiammatori, ma in alcuni casi<br />

fallisca. Rimane da accertare se un’ulteriore<br />

stimolazione di questa risposta antiinfiammatoria<br />

possa aiutare a prevenire o ritardare<br />

la comparsa del diabete di tipo 2.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 421-3)


BMI ECCESSIVO AUMENTA<br />

MORTALITÀ<br />

Un BMI al di sopra del range ideale<br />

potrebbe causare un ampio incremento<br />

nei tassi di mortalità. Le principali associazioni<br />

fra BMI e mortalità complessiva e<br />

specifica possono essere valutate al meglio<br />

dall’osservazione prospettica a lungo termine<br />

di campioni molto abbondanti. Benchè<br />

altri parametri antropometrici come<br />

la circonferenza della vita ed il rapporto<br />

vita-anca potrebbero aggiungere informazioni<br />

significative al BMI, già il BMI in sé<br />

stesso è un forte fattore predittivo di<br />

mortalità sia al di sopra che al di sotto dei<br />

22,5-25 Kg/m2. L’aumento progressivo<br />

di mortalità al di sopra di questo intervallo<br />

è dovuto principalmente a malattie vascolari.<br />

Con 30-35 kg/m2 la sopravvivenza<br />

media si riduce di due-quattro anni, e con<br />

40-45 kg/m2 si riduce di otto-dieci anni,<br />

il che è paragonabile all’effetto del fumo.<br />

Al di sotto dei 22,5 kg/m2 l’aumento di<br />

mortalità si deve eminentemente a malattie<br />

collegate al fumo, e non è stato pienamente<br />

spiegato. In età adulta potrebbe<br />

risultare più semplice evitare sostanziali<br />

aumenti di peso che perderne una volta<br />

che è stato accumulato. Evitando un ulteriore<br />

aumento da 28 a 32 kg/m2, un tipico<br />

soggetto di mezza età guadagnerebbe<br />

circa due anni di speranza di vita, che<br />

diverrebbero tre in un soggetto giovane<br />

che evita di passare da 24 a 32 kg/m2.<br />

(Lancet online 2009,<br />

pubblicato il 18/3)<br />

INFARTO: DIMINUIRE GLICEMIA<br />

AUMENTA SOPRAVVIVENZA<br />

I pazienti con infarto acuto ed iperglicemia<br />

al momento del ricovero ospedaliero<br />

il cui livelli glicemici scendono fino alla<br />

normalità durante la degenza hanno maggiori<br />

probabilità di sopravvivenza: tale<br />

probabilità non differisce fra coloro che<br />

hanno fatto uso di insulina e coloro in cui<br />

il processo è avvenuto spontaneamente.<br />

L’iperglicemia è comune nei pazienti con<br />

infarto miocardico acuto, ed è nota la sua<br />

associazione con esiti negativi quali mortalità<br />

o complicazioni intraospedaliere,<br />

ma non era invece noto se la prognosi<br />

dei pazienti che riescono a normalizzare<br />

la glicemia in ospedale andasse incontro<br />

a miglioramenti. I risultati ottenuti comunque<br />

non escludono la possibilità di un<br />

ruolo dell’insulina nella prognosi del paziente:<br />

essi semplicemente dimostrano<br />

che la prognosi è probabilmente determinata<br />

dalla glicemia.<br />

(Arch Intern Med 2009; 169: 438-46)<br />

DIABETE TIPO 2: RESISTINA AUMENTA<br />

RISCHIO<br />

L’ormone noto come resistina, secreto<br />

dal tessuto adiposo, risulta debolmente<br />

associato ad un aumento del rischio di<br />

diabete di tipo 2. L’associazione osservata,<br />

più solida nelle donne che negli uomini,<br />

può essere in gran parte spiegata dai livelli<br />

di marcatori infiammatori o di adiposità.<br />

Probabilmente il dosaggio della resistina<br />

non può aggiungere molto valore predittivo<br />

per l’identificazione dei soggetti ad alto<br />

rischio di diabete di tipo 2, in quanto<br />

l’associazione è troppo debole. Stando alla<br />

ricerca di base, la resistina svolge un ruolo<br />

fondamentale nella cascata molecolare che<br />

conduce dall’adiposità all’insulinoresistenza,<br />

e pertanto potrebbe trattarsi di un marcatore<br />

potenzialmente utile per rilevare lo<br />

sviluppo del diabete di tipo 2, ma finora<br />

nell’uomo la cosa non era ancora stata<br />

accertata per via di dati limitati e risultati<br />

incostanti. Benché il valore predittivo della<br />

resistina sia scarso, è stato confermato il<br />

suo ruolo di tramite fra l’obesità e la patogenesi<br />

del diabete di tipo 2: il suo ruolo è<br />

N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

41


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

42<br />

mediato dalla cascata dell’infiammazione,<br />

ma i fattori di regolazione e gli effettori<br />

specifici coinvolti rimangono da chiarire.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 329-34)<br />

DIABETE E INFARTO: INSULINA<br />

PRANDIALE E BASALE ALLA PARI<br />

Trattare i sopravvissuti diabetici ad un<br />

infarto miocardico con una strategia insulinica<br />

prandiale o basale porta agli stessi<br />

livelli di HbA1c, senza alcuna differenza<br />

nel rischio di eventi cardiovascolari. Fra i<br />

soggetti con diabete di tipo 2, quelli con<br />

un’anamnesi di infarto presentano un rischio<br />

particolarmente elevato di ulteriori<br />

eventi cardiovascolari: la maggior prevalenza<br />

dei classici fattori di rischio cardiovascolare<br />

in questi soggetti spiega solamente in<br />

parte l’incremento del rischio cardiovascolare<br />

associato al diabete. L’iperglicemia<br />

cronica incrementa questo rischio, e quella<br />

postprandiale è stata associata alle malattie<br />

cardiovascolari indipendentemente<br />

dall’HbA1c o dalla glicemia a digiuno.<br />

Nessuno dei due regimi insulinici proposti<br />

tuttavia risulta pienamente soddisfacente<br />

nel raggiungere i livelli glicemici prefissati.<br />

Sarebbe interessante verificare se i risultati<br />

sarebbero gli stessi aggiungendo altri farmaci<br />

ipoglicemizzanti al regime, oppure<br />

con nuovi farmaci che riducono più efficacemente<br />

la glicemia postprandiale, come<br />

gli agonisti del GLP-1 o i DPP-4-inibitori.<br />

Benché non sia ancora certo se<br />

l’iperglicemia postprandiale sia davvero un<br />

fattore di rischio di malattie cardiovascolari,<br />

probabilmente implementare nella pratica<br />

clinica strategie volte a diminuirla sarebbe<br />

una buona scelta terapeutica, in quanto<br />

sembra il miglior approccio per raggiungere<br />

i valori raccomandati di HbA1c, il che è<br />

sempre positivo per il paziente.<br />

(Diabetes Care. 2009; 32:<br />

381-6 e 521-2)<br />

STEATOSI, INSULINORESISTENZA E<br />

DIFFERENZE ETNICHE<br />

Sono state riscontrate differenze etniche<br />

in campo di steatosi epatica non alcolica<br />

ed insulinoresistenza. La steatosi epatica<br />

non alcolica è costituita da uno spettro di<br />

patologie definite dall’accumulo anomalo<br />

di trigliceridi nel fegato, ed era già stato<br />

precedentemente dimostrato che i soggetti<br />

ispanici ne sono meno a rischio rispetto<br />

agli afroamericani, nonostante il fatto che<br />

in questi due gruppi etnici la prevalenza<br />

dei fattori di rischio sia simile. Il grasso<br />

intraperitoneale è connesso al contenuto<br />

epatico in trigliceridi, a prescindere<br />

dall’etnia: la diversa prevalenza della steatosi<br />

epatica fra i vari gruppi è associata a<br />

differenze simili nell’adiposità viscerale. La<br />

risposta metabolica all’obesità ed<br />

all’insulinoresistenza negli afroamericani<br />

differisce da quella negli ispanici e nei<br />

caucasici: gli afroamericani risultano più<br />

resistenti sia all’accumulo di trigliceridi nel<br />

compartimento viscerale addominale che<br />

all’ipertrigliceridemia associata<br />

all’insulinoresistenza. Molti degli sconvolgimenti<br />

nel metabolismo lipidico tipicamente<br />

associati all’insulinoresistenza non sono<br />

presenti negli afroamericani: una possibile<br />

spiegazione potrebbe consistere nel fatto<br />

che il fenotipo insulinoresistente sia una<br />

funzione dell’organo che contribuisce primariamente<br />

alla riduzione della sensibilità<br />

all’insulina, oppure una funzione dell’abilità<br />

di espandere il tessuto adiposo sottocutaneo<br />

in risposta alla sovranutrizione. Sono<br />

necessari comunque ulteriori studi per<br />

stabilire quali siano le basi del paradosso<br />

dell’insulinoresistenza.<br />

(Hepatology. 2009; 49: 791-801)<br />

OBESITÀ PERICOLOSA QUANTO IL FU-<br />

MO NELL’ADOLESCENZA<br />

L’obesità negli adolescenti conferisce<br />

lo stesso rischio di morte prematura in età


adulta di fumare più di 10 sigarette al<br />

giorno, ed anche l’eccesso di peso ha un<br />

profilo di rischio paragonabile a quello di<br />

un’abitudine al fumo meno intensiva.<br />

Benché il fumo sia già un problema importante<br />

nelle regioni in via di sviluppo,<br />

l’obesità sta divenendo tale in tutte le<br />

zone del mondo tranne le più povere:<br />

nonostante ciò, gli effetti combinati sulla<br />

mortalità associata a questi due fattori di<br />

rischio e la loro interazione nelle fasi tardive<br />

dell’adolescenza non sono noti. In base<br />

a quanto rilevato, a prescindere<br />

dall’abitudine al fumo, eccesso di peso<br />

ed obesità in queste fasi incrementano il<br />

rischio di mortalità in età adulta. Non sono<br />

state comunque osservate interazioni fra<br />

BMI ed abitudine al fumo. L’epidemia<br />

globale di obesità ed il fumo in età adolescenziale<br />

rimangono target importanti<br />

per iniziative mirate a livello di sanità<br />

pubblica.<br />

(BMJ online 2009, pubblicato il 25/2)<br />

DIABETE NEONATALE: IPERGLICEMIA<br />

PEGGIORA IL QUADRO<br />

In base a quanto osservato in un modello<br />

animale, l’iperglicemia contribuisce<br />

alla progressiva diminuzione della secrezione<br />

di insulina nel diabete neonatale.<br />

Questa forma di diabete interviene quando<br />

una mutazione nei canali K-ATP li rende<br />

insensibili all’ATP: è stata dunque dimostrata<br />

una forma secondaria precedentemente<br />

sconosciuta di progressione della<br />

malattia, la cui comparsa è probabile in<br />

assenza di uno stretto controllo. Ciò ha<br />

implicazioni dirette per la terapia di queste<br />

forme di diabete: si rende dunque necessario<br />

un controllo glicemico aggressivo,<br />

in quanto il diabete sistemico conduce<br />

alla perdita di cellule beta.<br />

(Cell Metabolism 2009; 9: 140-51)<br />

GRASSO ADDOMINALE IN<br />

GRAVIDANZA<br />

Le donne con un’anamnesi di preeclampsia<br />

o di parto di bambini piccoli<br />

per l’età gestazionale presentano un andamento<br />

di accumulo del grasso che è<br />

associato ad un aumento del rischio di<br />

malattie cardiovascolari. Questo rischio<br />

potrebbe essere parzialmente dovuto<br />

all’accumulo di grasso nella regione addominale<br />

al di sopra dell’anca, anche nelle<br />

donne con un BMI nei limiti normali. In<br />

presenza delle complicazioni di cui sopra,<br />

queste pazienti dovrebbero essere avvertite<br />

del proprio rischio di malattie cardiovascolari<br />

e diabete, ed essere sottoposte a<br />

controlli ad intervalli regolari (ad esempio<br />

di cinque anni) che includano valutazioni<br />

di pressione e glicemia. Attualmente si<br />

stanno studiando le eventuali alterazioni<br />

endocrine associate all’obesità addominale<br />

in queste donne, alterazioni che potrebbero<br />

essere alla base dell’associazione.<br />

(BJOG 2009; 116: 442-51)<br />

ICTUS: FATTORI COMPORTAMENTALI<br />

PREDICONO INCIDENZA<br />

La combinazione di quattro fattori<br />

comportamentali correlati alla salute è in<br />

grado di predire una differenza più che<br />

doppia nell’incidenza dell’ictus in ambo<br />

i sessi. Fattori relativi allo stile di vita come<br />

fumo, attività fisica e dieta influenzano il<br />

rischio di malattie cardiovascolari, compreso<br />

l’ictus: è stato confermato che la<br />

combinazione di fumo, attività fisica, assunzione<br />

di alcool e di frutta e verdura<br />

esercita un’influenza significativa sul rischio<br />

di ictus. Anche piccole differenze nello<br />

stile di vita possono dunque avere un<br />

impatto potenzialmente sostanziale su<br />

questo rischio. L’associazione fra il rischio<br />

di ictus e questi elementi risulta costante<br />

fra popolazioni diverse, e permane sia<br />

N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

43


N. 2 giugno 2009 LO SAPEVATE CHE<br />

44<br />

negli studi osservazionali che in quelli<br />

randomizzati: preoccupa però la scarsità<br />

di soggetti che adottino uno stile di vita<br />

che protegga dall’ictus. Benché gli interventi<br />

sullo stile di vita possano essere di<br />

grande beneficio, è necessario un cambiamento<br />

radicale nel comportamento di<br />

molti pazienti per ottenere dei risultati.<br />

(BMJ online 2009, pubblicato il 20/2)<br />

CALORIE IN AUMENTO NELLE RICETTE<br />

CLASSICHE<br />

In diversi piatti classici, il contenuto<br />

calorico è aumentato progressivamente<br />

nel corso del tempo, e forse sarebbe opportuno<br />

porre degli argini a questo fenomeno.<br />

E’ infatti necessario limitare le<br />

dimensioni delle portate ed il contenuto<br />

calorico di questi piatti onde contrastare<br />

l’epidemia di obesità in costante diffusione.<br />

Benché le ricette di queste pietanze siano<br />

rimaste invariate nel tempo, gli ingredienti<br />

utilizzati nella loro preparazione sono<br />

invece cambiati, ed il cambiamento è stato<br />

sempre a favore di ingredienti più calorici.<br />

Il problema delle dimensioni delle porzioni<br />

comunque è comune a tutti i cibi: è stato<br />

dimostrato che l’uomo tende ad ingerire<br />

ciò che gli viene presentato di fronte, a<br />

prescindere dalle proporzioni ed in parte<br />

anche dall’appetito, e benchè si tratti di<br />

un meccanismo utile da sfruttare per<br />

incrementare l’apporto di nutrienti particolarmente<br />

utili, come frutta e verdura,<br />

esso è invece del tutto deleterio in altri<br />

casi, come ad esempio per quanto riguarda<br />

i dolci.<br />

(Ann Intern Med 2009; 150: 291)<br />

RETINOPATIA DIABETICA<br />

E CALLICREINA PLASMATICA<br />

La callicreina plasmatica media la permeabilità<br />

vascolare retinica stimolata dai<br />

recettori dell’angiotensina AT1. La som-<br />

ministrazione sistemica di un innovativo<br />

inibitore micromolecolare della callicreina<br />

plasmatica potrebbe migliorare la permeabilità<br />

vascolare nella retina dei soggetti<br />

ipertesi. L’inibizione del sistema reninaangiotensina<br />

potrebbe essere di beneficio<br />

anche per la retina dei diabetici normotesi.<br />

Sono comunque necessari altri dati per<br />

caratterizzare gli effetti dell’inibizione della<br />

callicreina plasmatica su altre cascate che<br />

contribuiscono all’incremento della permeabilità<br />

vascolare retinica, come anche<br />

per accertare il ruolo della callicreina in<br />

altre funzioni della retina: potrebbe sussistere<br />

anche un rapporto fra il sistema<br />

callicreina-chinina ed il fattore di crescita<br />

endoteliale vascolare nei diabetici.<br />

(Hypertension 2009; 53: 175-81)<br />

DIABETE: SINDROME METABOLICA<br />

PIÙ COMUNE NEL TIPO 2<br />

La prevalenza della sindrome metabolica<br />

è significativamente più elevata nei pazienti<br />

con diabete di tipo 2 che in quelli con la<br />

forma autoimmune della malattia.<br />

Quest’ultima comprende sia il diabete di<br />

tipo 1 che quello ad insorgenza in età<br />

adulta non richiedente insulina, indicato<br />

anche come diabete autoimmune latente<br />

ad insorgenza adulta (LADA). Il LADA è<br />

associato a geni HLA, autoanticorpi specifici<br />

e riduzione della secrezione di insulina.<br />

Utilizzando o meno la glicemia come variabile,<br />

le componenti individuali della sindrome<br />

metabolica sono presenti con frequenza<br />

simile nei pazienti con diabete di tipo 1 ed<br />

in quelli con LADA, ma in entrambi i casi<br />

sono più rare rispetto a quanto osservato<br />

nei soggetti con diabete di tipo 2. Non vi<br />

sono comunque prove del fatto che la<br />

prevalenza della sindrome metabolica sia<br />

diversa nei soggetti con diabete autoimmune<br />

rispetto a quelli normali.<br />

(Diabetes Care 2009; 32: 160-4)


scuola diformazione<br />

permanente <strong>OSDI</strong><br />

Direttore<br />

Rosanna Toniato<br />

tel 3472584730<br />

e-mail: rosanna.toniato@sanita.padova.it<br />

Vice direttore<br />

Elisa Bellini<br />

a cura del Direttore della Scuola di Formazione <strong>OSDI</strong><br />

SCUOLA DI FORMAZIONE<br />

PERMANENTE <strong>OSDI</strong><br />

d a quest’anno la scuola formatori <strong>OSDI</strong> ha una nuova direzione.<br />

Come da regolamento interno i membri del direttivo della Scuola sono stati nominati<br />

dallo staff formatori della Scuola <strong>OSDI</strong> tra i progettisti formatori esperti.<br />

Il nuovo direttivo Scuola è così composto:<br />

Consiglieri<br />

Maria Teresa Branca<br />

Laurenzia Ferriani<br />

Giovanna Guareschi<br />

Ida Innocenti<br />

Rosetta Nocciolini<br />

OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

N. 2 giugno 2009<br />

45


N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

46<br />

E ora?<br />

Dobbiamo prima di tutto:<br />

• Garantire la manutenzione e l’implementazione<br />

del SGQ<br />

• Revisione del manuale e delle procedure:<br />

luglio 2009<br />

• Riesame della direzione luglio 2009<br />

• Prossima visita ispettiva 10 ottobre 2009<br />

CORSI PREVISTI NEL 2009<br />

Eventi Scuola<br />

Al momento sono stati programmati diversi corsi con numerose edizioni,<br />

alcune già svolte, nelle diverse regioni italiane. Da sottolineare che le edizioni<br />

già svolte, hanno tutte raggiunto gli obiettivi formativi previsti, sono state molto<br />

apprezzate dai vari partecipanti ed in particolare ha avuto un riscontro molto<br />

positivo la metodologia didattica usata, sono stati molto apprezzati i lavori di<br />

gruppo, il confronto e l’interattività.<br />

Nel sito dell’<strong>OSDI</strong> (www.osdi.it) si possono vedere i grafici di gradimento<br />

dei vari corsi.<br />

Corso base “formazione formatori” che si terrà a San Gimignano dal 7 all’11 novembre 2009.<br />

Possono fare regolare domanda tutti i soci <strong>OSDI</strong> iscritti da almeno 3 anni utilizzando l’apposito<br />

modulo che potrete trovare nel sito dell’<strong>OSDI</strong>: www.osdi.it.<br />

Negli articoli precedenti della rivista<br />

sono già state illustrate le varie tappe che<br />

hanno portato alla realizzazione del progetto<br />

Scuola e alcuni contenuti didattici<br />

e scientifici che fanno parte del percorso.<br />

A proseguimento degli articoli pubblicati<br />

nei numeri precedenti, continueremo<br />

la pubblicazione di articoli contenenti<br />

argomenti utili sia ai formatori e ai progettisti<br />

della Scuola sia a tutti i soci. L’idea<br />

è che con il passare dei vari numeri creare<br />

un vademecum utile a tutti.<br />

In questo numero verrà trattato<br />

“Come si prepara una lezione”, argomento<br />

utile a tutti, in particolare per chi è<br />

chiamato a fare una relazione a un corso<br />

o ad un congresso. Nel prossimo numero,<br />

a continuazione di questo “Come si prepara<br />

una presentazione in power-point”.<br />

Solitamente<br />

mi ci vogliono<br />

tre settimane<br />

per preparare un valido<br />

discorso improvvisato<br />

Mark Twain


COME SI PREPARA<br />

UNA LEZIONE<br />

Il relatore sale sul palco, estrae dalla<br />

tasca un po’ di fogli e: “gentili signore,<br />

egregi signori - esordisce dopo un colpetto<br />

di tosse – vi ringrazio per essere intervenuti<br />

a questo incontro, nel quale<br />

cercherò di portare un contributo parlandovi<br />

di ….”<br />

Sobrio, lineare non c’è che dire. Però<br />

ci si poteva aspettare un po’ di più. Possi-<br />

bile che non si riesca ad iniziare un discorso<br />

in maniera un po’ più brillante, più simpatica,<br />

più coinvolgente?<br />

Di sicuro non è facile! Che fare allora?<br />

Con questo articolo vorrei fornire ai<br />

lettori della rivista una guida per imparare<br />

a preparare una relazione a un corso o<br />

a un convegno e come riuscire ad esprimere<br />

concetti in manera socrrevole e<br />

comprensibile dal maggior numero delle<br />

persone.<br />

Un convegno è, in realtà, una<br />

rappresentazione, uno spettacolo<br />

e spesso ha dei pessimi attori<br />

che recitano pessimi testi<br />

1. regola: Essere preparati<br />

Anche gli oratori più esperti, nel momento<br />

in cui devono affrontare una platea,<br />

l’emotività si manifesta in modo evidente:<br />

per ovviare, o per cercare di diminuire la<br />

tensione, bisogna prepararsi.<br />

2. regola: Prima di iniziare la preparazione<br />

del discorso chiedersi:<br />

• Conosco a sufficienza l’argomento?<br />

• Ho sufficiente tempo per prepararmi?<br />

• Credo nelle cose che intendo dire?<br />

3. regola: Prima di iniziare la preparazione<br />

porsi queste domande:<br />

• Qual è l’argomento?<br />

• Quali sono gli obiettivi di questa<br />

presentazione?<br />

• A chi ci si rivolge?<br />

• Quanto tempo dura l’esposizione?<br />

• Quali sono i mezzi di cui dispongo?<br />

4. regola: evitare di leggere un<br />

testo.<br />

Per molte persone l’esperienza di parlare<br />

in pubblico si risolve nella lettura di<br />

un testo. Anche se tale prassi può essere<br />

un modo per trarsi d’impaccio di fronte<br />

a un fatto sofferto, non è comparabile<br />

a quanto si intende per parlare in pubblico.<br />

Parlare in pubblico significa comunicare.<br />

Lo scopo di ogni comunicazione è<br />

quello di ottenre una risposta, ossia una<br />

reazione.<br />

Nessuno dovrebbe leggere il testo del<br />

proprio intervento. Il risultato di un testo<br />

letto è fiacco, il pubblico si innervosisce.<br />

Ognuno degli intervenuti avrebbe potuto<br />

leggerselo da solo.<br />

Il testo scritto deve essere come<br />

l’ancora di salvezza da usare in caso in cui<br />

si sia colti da una crisi di panico. Capita<br />

a tutti: la gola secca, le mani sudano, la<br />

mente si rifiuta di seguire un filo logico,<br />

manca la parola.<br />

Avere perciò in tasca una traccia scritta<br />

è sempre una sicurezza, leggere è meglio<br />

che rimanere a bocca chiusa.<br />

Non leggere dunque, ma neanche<br />

imparare a memoria perché c’è sempre il<br />

pericolo di un vuoto di memoria.<br />

N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

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N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

48<br />

5. regola: conoscere il contesto<br />

Il contesto<br />

• pubblico<br />

• occasione<br />

• luogo<br />

Il bravo oratore non pronuncia mai<br />

un discorso al di fuori del contesto che lo<br />

accoglie. Il contesto è il pubblico cui ci si<br />

rivolge, dall’occasione in cui si parla e dal<br />

luogo nel quale il pubblico e relatore si<br />

incontrano.<br />

Parlare in pubblico vuol dire prima di<br />

tutto parlare per un pubblico. Per essere<br />

adeguati al contesto quindi è necessario<br />

preparare il discorso sapendo a chi è rivolto,<br />

conoscendo le attese nei confronti del<br />

relatore e del suo intervento e soprattutto<br />

conoscendo i bisogni che dovrebbero<br />

essere soddisfatti.<br />

Ovviamente, non serve conoscere personalmente<br />

ogni partecipante, bensì serve<br />

conoscere il gruppo al quale ci si rivolgerà.<br />

Un conto è preparare un discorso per un<br />

gruppo di operatori sanitari, un conto è<br />

prepararlo per i pazienti.<br />

Per conoscere il pubblico basterà farsi<br />

alcuni semplici domande:<br />

- è un gruppo omogeneo?<br />

- le persone partecipano in modo<br />

spontaneo o sono costrette?<br />

- qual è il livello di preparazione?<br />

- quale aspetto si deve puntare?<br />

- quale potrà essere l’utilizzo che il<br />

pubblico farà di quando gli si dirà?<br />

Partendo dalle risposte ricevute, nel<br />

costruire il proprio discorso, ci si concentrerà<br />

di più su uno deglia spetti del tema<br />

da affrontare, piuttosto che tentare<br />

l’impossibile.<br />

L’occasione in cui si parla<br />

E’ importante conoscere il luogo: un<br />

conto è parlare in una sala che contiene<br />

mille persone, un conto è invece parlare<br />

in una che ne contiene trenta. Il comportamento<br />

sarà completamente diverso: la<br />

mimica facciale, la gestualità e il livello di<br />

voce.<br />

COME PREPARARE UNA LEZIONE O<br />

UN DISCORSO<br />

Da quanto detto finora, per praparare<br />

un discorso non si intende scrivere un<br />

testo che verrà poi letto davanti a un<br />

pubblico. Quello che va preparato è un<br />

progetto di esposizione: preparare cioè<br />

“una traccia”, un proprio canovaccio.<br />

Invece di scrivere un testo e memorizzarlo,<br />

organizzare le idee secondo schemi<br />

precisi ai quali poi fare riferimento.<br />

Uno dei sistemi più efficaci è quello<br />

di crearsi una mappa mentale: uno schema<br />

che, partendo da un concetto fondamentale<br />

si sviluppa a grappolo in concetti<br />

primari, concetti secondari e concetti<br />

marginali.<br />

UN DISCORSO È COME<br />

UN VIAGGIO IN AEREO:<br />

ha un decollo,<br />

una fase di volo<br />

e un atterraggio.<br />

Quattro sono gli obiettivi da<br />

realizzare nei primi minuti:<br />

• Costruire la vostra<br />

credibilità<br />

• Catturare<br />

l’interesse della<br />

platea<br />

• Sintonizzarvi con<br />

l’uditorio<br />

• Creare un ambiente<br />

favorevole


Da un punto di vista tecnico si possono<br />

distinguere quattro fasi:<br />

1a fase: creare una scaletta.<br />

Si può cominciare con un<br />

“brainstorming” in cui liberare la mente<br />

e far emergere tutte le idee, le si annotano<br />

e si selezionano dando un ordine logico.<br />

2a fase: scegliere da dove cominciare.<br />

E molto importante saper iniziare bene<br />

il proprio intervento. In realtà è molto<br />

importante non solo inziare bene il discorso,<br />

ma anche cominciare bene la relazione<br />

con il proprio pubblico.<br />

Se l’inizio è convincente, accogliente,<br />

allora la relazione sarà tutta in discesa.<br />

Altrimenti si tradurrà in un percorso in<br />

salita.<br />

Alcuni oratori hanno l’abitudine di<br />

rompere il ghiaccio con una battuta di<br />

spirito, questo metodo può destare qualche<br />

perplessità e c’è il pericolo che la<br />

battuta possa essere scontata e non destare<br />

simpatia e può addirittura essere<br />

fuori luogo.<br />

Una tecnica che funziona potrebbe<br />

essere quella di raccontare una curiosità<br />

o un aneddoto sulla propria infanzia, che<br />

possa suscitare partecipazione e identificazione<br />

con l’uditorio. Fondamentale comunque<br />

è capire e interpretare chi ci sta<br />

di fronte.<br />

Subito dopo, dopo un breve ringraziamento<br />

nei confronti dei “padroni di casa”,<br />

sia del pubblico, un buon modo per cominciare<br />

è quello di dichiarare lo scopo<br />

che si intende raggiungere con il proprio<br />

discorso.<br />

Tale brevissima premessa ha il merito<br />

di fare il punto della situazione e<br />

dà la sensazione in chi ascolta di un<br />

dialogo, di una relazione già cominciata<br />

prima.<br />

NELLA FASE DI VOLO<br />

esponi la tua tesi,<br />

sostenendola<br />

con esempi,<br />

citazioni, dati.<br />

3° fase: mettere a punto la parte<br />

centrale del discorso.<br />

E’ la fase più importante perché è<br />

qui il nucleo del discorso e ciò che vogliamo<br />

esprimere. Naturalmente è fondamentale<br />

conoscere a fondo<br />

l’argomento, senza mai avventurarsi in<br />

terreni poco familiari.<br />

Una volta inziato il discorso, bisogna<br />

tener conto delle soglie di attenzione:<br />

nei primi dieci minuti, chi ascolta è al<br />

massimo dell’attenzione. Inevitabilmente<br />

però questa scema con il passare dei<br />

minuti.<br />

Superati i 45 minuti, la maggior parte<br />

di coloro che hanno ascoltato fino al<br />

quel momento, starà pensando ai fatti<br />

suoi.<br />

4° fase: la chiusura del discorso<br />

Deve essere brillante come<br />

l’apertura, le persone tendono a ricordare<br />

gli inizi e le conclusioni per gli<br />

effetti suscitati.<br />

La conclusione deve includere:<br />

• Un riassunto del contenuto principale<br />

del discorso.<br />

• Alcune proposte o soluzioni<br />

• Il chiarimento dei dubbi.<br />

• Sottolineatura degli argomenti trattati<br />

• Caloroso ringraziamento alla platea<br />

N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

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N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

50<br />

ATTERRAGGIO<br />

Riassumere in<br />

modo sintetico le<br />

varie fasi del discorso, ribadire i concetti<br />

chiave e suggellare l’intervento con una<br />

frase ad effetto che si ricolleghi e soddisfi<br />

gli interrogatvi posti dal titolo<br />

dell’incontro<br />

Come esporre<br />

Nel preparare l’esposizione bisogna<br />

sempre tenere presente che le parole<br />

colpiscono meno degli altri linguaggi e<br />

che quindi non bisogna affidarsi solo ed<br />

esclusivamente ad esse.<br />

Tenedo presente che l’efficacia comunicativa<br />

delle parole è pari soltanto al 7%<br />

del totale e che invece il lunguaggio paraverbale,<br />

ossia i toni di voce, corrisponde<br />

al 38% e il non verbale al 55%, bisogna<br />

prevedere l’uso di più linguaggi contemporaneamente<br />

se si vuole che il messaggio<br />

venga afferrato dal pubblico.<br />

L’efficacia comunicativa:<br />

• 7% linguaggio verbale<br />

• 38% linguaggio paraverbale<br />

• 55% linguaggio non verable<br />

Spesso infatti, il destinatario più da<br />

ciò che si dice è colpito di più da come<br />

lo si dice. Se si pensa anche alla vita<br />

quotidiana risulta evidente questa verità:<br />

la reazione avuta ascoltando una frase<br />

non è causata da ciò che le parole asserivano<br />

ma da come esse venivano dette.<br />

Questo accade anche in una conferenza:<br />

chi ascolta reagisce più che al contenuto<br />

informativo, a come tale contenuto viene<br />

esposto.<br />

Allo stesso modo sarebbe opportuno<br />

far focalizzare l’attenzione del pubblico<br />

su alcune parole e/o frasi piuttosto che<br />

su altre meno importanti. Per far ciò si<br />

possono usare delle sottolineature per<br />

indirizzare l’ascolto verso gli aspetti di<br />

maggiore importanza. Saranno i linguaggi<br />

para-verbale e non verbale a rendere le<br />

sottolineature al momento dell’esposizione.<br />

Le sottolineature potranno essere rese<br />

grazie a:<br />

• un cambiamento del tono di voce<br />

• una piccola pausa prima della parola<br />

che si vuole … sottolineare<br />

• un gesto della mano<br />

• un movimento del corpo<br />

• proiezione di una diapositiva<br />

Più si è in grado di focalizzare<br />

l’attenzione su alcuni concetti chiave più<br />

si amenterà la comprensione complessiva<br />

dell’intervento e più la partecipazione da<br />

parte dei partecipanti.<br />

A quali parole affidarsi?<br />

E’ auspicabile evitare parole astratte e<br />

difficili, usare invece il più possibile un<br />

linguaggio di uso quotidiano con frasi<br />

brevi. Può aiutare moltissimo l’uso di esempi<br />

vicini al vissuto dei partecipanti e far uso<br />

a parole che possono evocare immagini e<br />

che creino analogie e/o metafore.<br />

Per tenere sveglia l’attenzione si può<br />

ricorrere a vari espedienti, come quello<br />

delle domande retoriche: chi ascolta si<br />

sentirà chiamato in causa in prima persona<br />

e darà la risposta.<br />

I materiali di supporto<br />

Come detto prima, parlare in pubblico<br />

significa comunicare con il pubblico e<br />

che l’efficacia comunicativa data dalle<br />

parole passi solo per il 7% del totale. E’<br />

importantissimo quindi preparare bene e<br />

con cura i materiali di supporto che devono<br />

comunque essere di supporto e non sostituirsi<br />

all’oratore.


Bisognerebbe infatti evitare:<br />

• riciclare di volta in volta quello preparato<br />

per un altro corso e/o convegno<br />

• caricarli di informazioni<br />

• non renderli facilmente visibili<br />

• farli tanto affascinanti che finiscono per<br />

deviare l’attenzione del pubblico dal<br />

relatore ai materiali stessi.<br />

Il giusto equilibrio da trovare sta nel<br />

preparare dei materiali che siano di supporto<br />

sia a chi parla sia per chi ascolta.<br />

Non devono contenere la relazione ma<br />

alcuni punti su cui l’oratore vuole porre<br />

l’accento.<br />

Utili in alcuni casi possono essere delle<br />

immagini che traducono con una metafora<br />

ciò che l’oratore sta dicendo. Sia che la<br />

diapositiva contenga un’immagine sia che<br />

contenga una parola chiave, aiuterà il<br />

relatore a portare avanti il discorso, sia il<br />

pubblico a fissare l’attenzione su alcuni<br />

concetti (evidenziati proprio dalle parole<br />

chiave e/o dalle immagini). Se invece la<br />

diapositiva trascrive il testo della relazione,<br />

l’attenzione del pubblico si concentrerà<br />

sulla diapositiva che dovrà essere letta e<br />

capita a discapito di quanto il relatore<br />

starà dicendo.<br />

In altre parole, il relatore non deve<br />

fare in modo che l’attenzione del pubblico<br />

sia sul materiale di supporto ma deve fare<br />

in modo di tenere sempre l’attenzione<br />

rivolta su quanto sta dicendo. Necessario<br />

inoltre che il contatto visivo con i partecipanti<br />

non venga mai meno, il relatore<br />

non deve concentrare lo sguardo sulle<br />

diapositive ma tenere sempre la sua attenzione<br />

rivolta ai partecipanti, proprio<br />

per poter cogliere i feedback che da essi<br />

provengono.<br />

Quindi evitare di dare le spalle al pubblico<br />

per guardare i propri materiali di<br />

supporto.<br />

In definitiva, un materiale di supporto<br />

mal preparato è più dannoso che essere<br />

d’aiuto.<br />

Come parlare?<br />

Come abbiamo detto prima la comunicazione<br />

passa anche con il linguaggio<br />

del corpo; nel parlare in pubblico è particolarmente<br />

importante saperlo utilizzare<br />

in modo da potenziare l’efficacia del proprio<br />

discorso.<br />

La tensione infatti può provocare dei<br />

cattivi comportamenti, dei quali non ci<br />

rendiamo conto, che possono distrarre<br />

l’uditorio e pregiudicare il livello della<br />

comunicazione.<br />

Ci sono oratori che inconsapevolmente<br />

si muovono avanti e indietro o se ne<br />

stanno immobili come statue, si passano<br />

le mani tra i capelli, controllano il nodo<br />

della cravatta con regolarità esasperante;<br />

scuotono chiavi o spiccioli dentro le<br />

tasche. Ecco alcuni suggerimenti per<br />

migliorare dall’inizio l’impatto con il<br />

pubblico:<br />

– ricordarsi di svuotare le tasche prima<br />

di cominciare a parlare;<br />

– parlare di preferenza stando in piedi<br />

ben illuminato e al centro del palcoscenico<br />

poiché questa posizione consente<br />

di essere visti e sentiti meglio;<br />

Evitare di:<br />

– stare immobili o posture troppo formali<br />

– con le braccia conserte o con le mani<br />

in tasca<br />

– sedersi sul tavolo, può generare interpretazioni<br />

sbagliate<br />

– usare un tono unico e costante<br />

– fissare il pubblico negli occhi, è importante<br />

stabilire un contatto visivo guardando<br />

negli occhi gli ascoltatori, ma<br />

non deve essere insistente. Tutti devono<br />

avere la sensazione di essere guardati<br />

ma mai fissati.<br />

Questi comportamenti da parte<br />

dell’oratore danno immediatamente una<br />

cattiva impressione riguardo alla sua capacità<br />

di tenere una comunicazione aperta<br />

e diretta.<br />

N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

51


N. 2 giugno 2009 SCOULA DI FORMAZIONE <strong>OSDI</strong><br />

52<br />

Le domande<br />

La paura delle domande dalla platea<br />

può generare panico che invece dovrebbero<br />

essere sollecitate e non temute<br />

perché devono essere parte integrante<br />

del discorso: dialogo tra l’oratore e il<br />

pubblico.<br />

L’importante è tener presente che<br />

se l’oratore non sa rispondere alla domanda,<br />

non dove arrampicarsi sugli<br />

Bibliogafia<br />

Il segreto?<br />

specchi per dare una risposta, ma deve<br />

dichiarare di non saper rispondere e<br />

che farà in modo di cercare la risposta<br />

e comunicarla all’interessato durante<br />

un incontro successivo. La credibilità<br />

non verrà meno, diversamente invece,<br />

quando un relatore inventa una risposta<br />

e la dà errata: tutto quello che ha detto<br />

in precedenza sembrerà sbagliato anche<br />

se non lo è stato.<br />

... Tanta pratica!!!<br />

Essere ... PREPARATI<br />

Restare se stessi<br />

Credere in quello che si sostiene<br />

M. Castagna: La lezione nella formazione degli adulti. Franco Angeli edizioni<br />

J. Campbell: Come tenere un discorso. Franco Angeli Edizioni


CALENDARIO EVENTI <strong>OSDI</strong><br />

Qui di seguito trovate tutti gli appuntamenti organizzati dall’<strong>OSDI</strong> per qualsiasi<br />

informazione aggiuntiva contattare il proprio presidente regionale<br />

CORSI NAZIONALI<br />

• Simposio <strong>OSDI</strong> in “Panorama Diabete”: Diabete e gravidanza:<br />

aspetti organizzativi ed educativi. Formazione dell’infermiere<br />

per l’implementazione dell’esercizio fisico nel paziente<br />

diabetico – Riccione (RN), 11 e 12 ottobre 2009.<br />

• Corso Base Scuola Formatori <strong>OSDI</strong> – San Gimignano (SI), 7-11<br />

novembre 2009.<br />

CORSI REGIONALI<br />

• Corso “Modalità Operative per una gestione ottimizzata del<br />

diabete mellito tipo 1: alimentazione e insulina” - Lucera (FG)<br />

19 e 20 settembre 2009;<br />

• Trento il 26 settembre 2009 dal titolo “Diabete: non solo<br />

cronicità”.<br />

CORSI GLUCOLAB BAYER<br />

12 settembre Monsumanno (PT) Hotel Grotta Giusti<br />

12 settembre Cagliari Hotel Holiday INN<br />

3 ottobre Taormina Hotel Monte Tauro<br />

3 ottobre Gubbio Park Hotel ai Cappuccini<br />

N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

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N. 2 giugno 2009 OPERATORI SANITARI DI DIABETOLOGIA ITALIANI<br />

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DIRETTIVO <strong>OSDI</strong><br />

CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE<br />

Presidente Nocciolini Rosetta r.nocciolini@alice.it<br />

erni_ros@virgilio.it<br />

Vice presidente Branca Maria Teresa mtbranca@alice.it<br />

Segreteria Aliberti Carolina alicarla@libero.it<br />

Revisore dei conti Galantino Michele m.galantino@planning.it<br />

Consiglieri:<br />

PRESIDENTI REGIONALI <strong>OSDI</strong><br />

Bondioli Annunziata abondioli@auslm.net<br />

Cioffi Anna annacioffi1@virgilio.it<br />

Cristofanelli Daniela dcristofanelli@gmail.com<br />

d.cristofanelli@aslromah.it<br />

Crovetto Roberto robertocrovetto@tele2.it<br />

roberto.crovetto@asl3.liguria.it<br />

Ferriani Laurenzia lally65@tiscali.it<br />

strega3110@hotmail.com<br />

Ghidelli Rosangela rosangela.ghidelli@hsacomo.org<br />

rosangelaghidelli@hotmail.com<br />

Melita Lucia luciamelita@alice.it<br />

Milano Luigia milano.luigia@libero.it<br />

Tesei Anna Maria amtesei@asl9.marche.it<br />

Urbani Lorena lorenaurbani@gmail.com<br />

Regione Nominativo E.mail<br />

Abruzzo-Molise Livia Cavuto liviacavuto@libero.it<br />

Calabria Luigia Milano milano.luigia@libero.it<br />

Campania Brigida Trocchia trobri@alice.it<br />

E. Romagna Giovanna Guareschi gioguareschi@ao.pr.it<br />

Friuli V.G. Daniela Bortolotto diabetologiamn@ass2sanita.fvg.it<br />

Lazio Silvia Tiozzo silviatiozzo@opbg.net<br />

Liguria Margherita Zecchini chen63@libero.it<br />

Lombardia Silvana Pastori ariess25@yahooit<br />

Marche Roberta Ausili r.ausili@inrca.it<br />

Piemonte Monica Albertone albertone.monica@libero.it<br />

Puglia Giuseppina Chimienti josegino@alice.it<br />

Sardegna Marcella Lai marci.lai@tiscali.it<br />

Sicilia Lucia Melita luciamelitca@alice.it<br />

Toscana Alessia Civitelli alessia.civitelli@tin.it<br />

Trentino A.A. Ilaria Nicolao ilaria.nicolao@apss.tn.it<br />

Umbria Lorena Urbani lorenaurbani@gmail.com<br />

Veneto Fausto Cavaliere fausto.cavaliere@ulss5.it

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