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68<br />
Sintesi 5-5<br />
La TC, esame di rapida esecuzione<br />
e di costi ridotti, è in grado di<br />
identificare la presenza di segni<br />
precoci di ischemia, che rispecchiano<br />
il territorio di distribuzione<br />
dell’arteria interessata dall’occlusione.<br />
La TC è inoltre in grado di<br />
evidenziare l’eventuale presenza<br />
di infarcimento emorragico della<br />
lesione ischemica, soprattutto in<br />
fase subacuta.<br />
Raccomandazione 5.7 Grado D<br />
Nei pazienti anche con un solo<br />
TIA o ictus in anamnesi, la tomografia<br />
computerizzata cerebrale è<br />
indicata per documentare la presenza<br />
di una o più lesioni, la loro<br />
natura ischemica od emorragica,<br />
la tipologia, la sede, le dimensioni,<br />
e la sede, oltre alla congruità<br />
con la sintomatologia clinica.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
A tutt’oggi, la reale portata di questo concetto non è ancora trasferita nella routine clinicoradiologica,<br />
nonostante sia in grado di dare informazioni sulla porzione di tessuto con danno<br />
potenzialmente reversibile e/o recuperabile con la terapia trombolitica. 73<br />
5.6.4.1 Tomografia Computerizzata (TC)<br />
Mentre in passato la TC risultava essere l’esame di prima scelta in condizioni di urgenza per<br />
la diagnosi di un infarto cerebrale, attualmente, essa ha oggi perduto questa esclusiva grazie<br />
all’introduzione di nuove tecniche di RM quali le sequenze in diffusione-perfusione (DWI-<br />
PWI) che forniscono maggiori informazioni in una fase molto precoce dell’ictus ischemico<br />
(meno di un’ora dall’esordio), fase più difficile da interpretare nelle immagini tomodensitometriche,<br />
soprattutto in presenza di un TIA.<br />
La TC rimane comunque un esame importante per la intrinseca rapidità di esecuzione, soprattutto<br />
in pazienti non collaboranti e per la capacità di mostrare, tempestivamente e senza errore,<br />
le caratteristiche necessarie per porre una diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed<br />
emorragia (Figura 5-2), nonostante anche la RM, con adeguate sequenze, in particolare le FFE<br />
(Fast Field Echo), possa essere egualmente sensibile nel determinare la componente emorragica.<br />
74-76<br />
I reperti apprezzabili con la TC variano a seconda della progressione temporale della lesione<br />
ischemica, comprendendo diverse fasi (Figura 5-3), nel corso delle quali si aggiungono tutti<br />
quei segni radiologici indiretti utili ai fini prognostici, come l’effetto massa, il segno dell’arteria<br />
cerebrale media iperdensa e l’eventuale presenza di infarcimento emorragico in fase subacuta.<br />
Le tre caratteristiche fondamentali della fase acuta sono rappresentate da:<br />
1. ipodensità precoce che interessa un territorio di distribuzione arteriosa<br />
2. spianamento dei solchi cerebrali<br />
3. iperdensità dell’arteria cerebrale media.<br />
A distanza di 24-48 ore si assiste alla comparsa di una tenue ipodensità nella sede dell’ischemia<br />
che diventa sempre più evidente e generalmente definita nell’arco di alcuni giorni. In questa<br />
fase la somministrazione del mezzo di contrasto iodato non modifica il quadro potendo<br />
risultare talvolta dannosa.<br />
A distanza di alcuni giorni e comunque nell’arco di 4 settimane (fase subacuta) si assiste ad<br />
una serie di modificazioni tomodensitometriche che portano ad una netta definizione dell’area<br />
ischemica che apparirà sempre più ipodensa rispetto al parenchima circostante con una<br />
fase transitoria, che compare generalmente alla terza settimana, durante la quale si assiste ad<br />
un effetto paradosso detto “effetto nebbia”, per effetto del quale la lesione tende a scomparire.<br />
In questa fase la somministrazione di mezzo di contrasto è utile nella diagnosi differenziale<br />
con altre patologie e permette di documentare un potenziamento, generalmente di tipo<br />
“girale”, in un’area apparentemente normale, indice di sofferenza ischemica.<br />
Sempre nella fase subacuta e generalmente nella prima settimana dall’esordio clinico, è possibile<br />
il verificarsi, nel 50% circa dei casi, di una trasformazione emorragica dell’area ischemica<br />
legata alla rivascolarizzazione spontanea e/o provocata dalla terapia causata dal ritorno del<br />
flusso ematico in un’area di sofferenza del tessuto cerebrale con alterazione della barriera<br />
emato-encefalica.<br />
L’infarcimento emorragico può essere di due tipi:<br />
• petecchiale, il più comune, costituito da piccoli spot iperdensi nel contesto dell’area ischemica<br />
(Figura 5-4);<br />
• parenchimale, rara condizione, caratterizzata da vere e proprie raccolte ematiche che possono<br />
interessare anche zone al di fuori dell’area ischemica e che possono determinare<br />
importanti effetti compressivi sulle strutture cerebrali limitrofe.<br />
Nella fase cronica (>1 mese) si assiste ad una sempre più netta definizione dell’area malacica<br />
che, nell’arco di mesi e anni, si riduce assumendo aspetto simil-liquorale.<br />
Attualmente il ricorso ad un iter diagnostico articolato in valutazione clinica e TC da sole,<br />
anche se impiegato nei principali studi clinico-strumentali, non fornisce comunque tutte le<br />
informazioni necessarie ad intraprendere un’adeguata terapia nella fase ischemica acuta, specie<br />
per quanto riguarda la penombra ischemica. 77<br />
stesura 16 febbraio 2007