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<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 55<br />
5 INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO CLINICO<br />
Il presente capitolo è relativo all’inquadramento diagnostico degli eventi cerebrovascolari<br />
cerebrali osservati e gestiti nella fase non acuta. Per quanto concerne la diagnostica clinica, di<br />
laboratorio e strumentale relativa alla fase acuta dell’ictus si rimanda al <strong>Capitolo</strong> 9.<br />
Accanto ad un primo inquadramento clinico esistono numerose tecniche diagnostiche i cui<br />
obiettivi sono: escludere la presenza di altre condizioni patologiche aggiuntive, confermare la<br />
diagnosi di ictus, identificare una possibile eziologia.<br />
5.1 DIAGNOSI DIFFERENZIALE<br />
5.1.1 Diagnosi differenziale del TIA<br />
Sulla base della definizione indicata dall’OMS, 1 il TIA (transient ischemic attack) è caratterizzato<br />
dalla «improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo,<br />
attribuibile ad insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore.»<br />
Recentemente è stata proposta una ridefinizione del concetto di attacco ischemico transitorio<br />
(TIA). 2 Il presupposto di tale definizione è basato sul fatto che il limite di 24 ore di durata per<br />
il TIA è un limite arbitrario e la maggior parte dei TIA risolve entro un’ora dall’esordio dei<br />
sintomi. Inoltre, la tomografia computerizzata, la risonanza magnetica e la tomografia ad emissione<br />
di positroni hanno mostrato che non tutti i TIA sono equivalenti da un punto di vista<br />
della lesione, associandosi ad alcuni la presenza di danno tissutale. La probabilità che in un<br />
paziente con TIA sia presente alle neuroimmagini una lesione congrua con la sintomatologia<br />
è direttamente proporzionale alla durata della sintomatologia. Secondo la nuova definizione<br />
sono da classificare come TIA solo quegli episodi di disfunzione neurologica da ischemia cerebrale<br />
o retinica con durata in genere inferiore ad un’ora e senza evidenza di danno cerebrale<br />
permanente. Il possibile limite di tale definizione risiede nel fatto che la categoria diagnostica<br />
cui attribuire il paziente dipende all’accuratezza degli esami effettuati.<br />
In ogni caso, il primo obiettivo da porsi nella diagnosi di TIA, è verificare l’origine focale dei<br />
sintomi. 3 La perdita di coscienza, le vertigini, l’astenia generalizzata, lo stato confusionale, l’incontinenza<br />
sfinterica non possono costituire l’unico elemento di una diagnosi di TIA. Lo stesso<br />
vale per l’amnesia globale transitoria (improvvisa perdita della memoria anterograda e spesso<br />
anche retrograda, isolata e reversibile) e i drop attacks (improvvise cadute a terra non<br />
accompagnate da altri disturbi come perdita o sospensione di coscienza). Anche se entrambe<br />
queste condizioni vengono spesso trattate nei capitoli di patologia cerebrovascolare, esse non<br />
si accompagnano ad un maggior rischio di tromboembolia cerebrale rispetto alla popolazione<br />
generale e per tale ragione vanno tenute distinte dal TIA.<br />
Fino ad un terzo dei TIA o degli ictus esordisce con cefalea, d’altro canto l’emicrania con aura<br />
si può presentare anche senza cefalea. Un aiuto per la diagnosi differenziale fra queste due<br />
condizioni è costituito dal fatto che la cefalea frequentemente si accompagna a sintomi positivi,<br />
spesso visivi, come gli scotomi scintillanti ed i fosfeni, inoltre nel TIA il deficit neurologico<br />
raggiunge il picco in secondi o minuti mentre nell’emicrania il picco viene raggiunto in circa<br />
mezz’ora ed il deficit può variare d’intensità e di sede. Per quanto riguarda le crisi epilettiche<br />
una minoranza d’ictus o TIA si può presentare con crisi epilettica ed in seguito ad una crisi<br />
non è raro riscontrare un paresi transitoria. Anche nel caso dell’epilessia aiutano nella diagnosi<br />
differenziale la presenza di sintomi positivi, anche se la sola presenza di sintomi negativi come<br />
le crisi afasiche è possibile nell’epilessia. Altre situazioni che possono mimare i TIA o l’ictus<br />
sono l’ematoma sottodurale cronico, i tumori (TTA o tumor transitory attack), l’ipoglicemia<br />
(emiparesi ipoglicemica).<br />
La Tabella 5:I elenca i sintomi non accettabili per la diagnosi di TIA.<br />
5.1.2 Diagnosi differenziale clinico-strumentale del TIA<br />
Per una diagnosi differenziale completa è fondamentale l’acquisizione di una TC o di una RM<br />
dell’encefalo che consentono di escludere l’ematoma sottodurale cronico, o altri tipi di lesione<br />
espansiva intracranica. La diagnosi di TIA è essenzialmente clinica ed il rilievo di una lesione<br />
ischemica cerebrale congrua con i sintomi presentati dal paziente non esclude la diagnosi<br />
di TIA. Non pare condivisibile il parere di alcuni autori che sostengono la necessità di escludere<br />
con la TC lesioni ischemiche congrue alla sintomatologia del paziente per porre la dia-<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Sintesi 5-1<br />
L’importanza della diagnosi patogenetica<br />
di TIA o ictus è strettamente<br />
connessa alla possibilità di<br />
fare prevenzione secondaria e<br />
stabilire la prognosi. La diagnosi<br />
integra dati clinici e strumentali.<br />
Raccomandazione 5.1 Grado C<br />
Non è indicato considerare TIA,<br />
sulla base della definizione<br />
dell’OMS (improvvisa comparsa<br />
di segni e/o sintomi riferibili a<br />
deficit focale cerebrale o visivo,<br />
attribuibile ad insufficiente apporto<br />
di sangue, di durata inferiore<br />
alle 24 ore) la perdita di coscienza,<br />
le vertigini, l’amnesia globale<br />
transitoria, i drop attack, l’astenia<br />
generalizzata, lo stato confusionale,<br />
e l’incontinenza sfinterica<br />
quando presenti isolatamente.<br />
Raccomandazione 5.2 Grado C<br />
Le diagnosi di TIA e di ictus sono<br />
diagnosi cliniche. In entrambi i<br />
casi una TC o una RM sono indicate<br />
per la diagnosi differenziale<br />
con altre patologie che possono<br />
mimare il TIA o l’ictus.
56<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Tabella 5:I - Sintomi non accettabili per la diagnosi di TIA se presenti in modo isolato<br />
perdita di coscienza<br />
sensazione d’instabilità<br />
astenia generalizzata<br />
confusione mentale<br />
perdita o calo del visus associati a ridotto livello di coscienza<br />
incontinenza di feci ed urine<br />
vertigine<br />
diplopia˙<br />
disfagia<br />
perdita dell’equilibrio<br />
acufeni<br />
sintomi sensitivi confinati ad una parte di un arto o al volto<br />
scotomi scintillanti<br />
amnesia<br />
drop attack<br />
gnosi di TIA. Infatti l’introduzione di quest’ulteriore elemento nella definizione di TIA<br />
aumenterebbe la variabilità di diagnosi per la presenza spesso di lesioni ischemiche incongrue<br />
alla TC, senza aggiungere alcun dato di utilità pratica per il paziente. 3 Sia la diagnosi di TIA<br />
che quella di ictus sono diagnosi cliniche e non necessitano del dato di neuroimmagine che<br />
può non essere rivelatore, tuttavia una TC o una RM vanno effettuate sempre per la diagnosi<br />
differenziale con altre patologie che possono mimare il TIA o l’ictus.<br />
In effetti, la diagnosi di attacco ischemico transitorio (TIA), a differenza della diagnosi di ictus,<br />
non è semplice, tant’è vero che solo il 50% delle diagnosi di TIA viene confermato dallo specialista<br />
neurologo. Nei casi riconosciuti come TIA è poi oggetto di dibattito se i pazienti che<br />
giungono all’osservazione in pronto soccorso vadano ricoverati o possano essere seguiti ambulatoriamente:<br />
il ricovero sarebbe motivato dal fatto che il 10% dei pazienti con un TIA ha un<br />
ictus nella prima settimana; 4 d’altro canto il 90% dei TIA, siccome non ha eventi nella prima<br />
settimana, potrebbe essere sottoposto ad accertamenti ambulatoriali rapidi invece di occupare<br />
il letto di un ospedale. Rothwell et al. 4 hanno costruito e validato un modello per poter identificare<br />
i pazienti con TIA a maggior rischio di recidiva attraverso uno studio di popolazione<br />
(OSCP). Tale modello è stato poi validato in una seconda popolazione e in una casistica ospedaliera<br />
di pazienti con TIA. Il risultato è stato che un punteggio di 6 punti, basato sull’età (≥60<br />
anni = 1), sulla pressione arteriosa (pressione sistolica >140 mm Hg e/o diastolica ≥90 mm Hg<br />
= 1), sul deficit neurologico (ipostenia omolaterale = 2, disturbo del linguaggio senza ipostenia<br />
= 1; altro = 0) e linguaggio senza ipostenia = 1; altro = 0) e sulla durata dei sintomi (≥60 min =<br />
2; 10-59 min = 1;
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 57<br />
(“fast track”) affinchè accedano ad esami come l’eco-Doppler dei tronchi sovraaortici, la TC<br />
dell’encefalo, l’ECG e gli esami del sangue entro una o due settimane. Inoltre bisogna considerare<br />
che l’aterosclerosi è una malattia acuta su una malattia cronica che si comporta con fasi<br />
di quiescenza e riesacerbazioni e i pazienti con TIA vanno ripetutamente controllati poiché nel<br />
tempo il rischio si può modificare.<br />
Sulla base di quanto sopra descritto sono stati effettuati diversi tentativi di ridefinire i TIA allo<br />
scopo di migliorare la riproducibilità diagnostica ed identificare i pazienti a maggior rischio. 8-10<br />
Nella Tabella 5:II vengono elencati i vari fattori che classificano un paziente ad alto o basso<br />
rischio di ictus.<br />
La maggior parte delle realtà del nostro territorio nazionale non consentono percorsi veloci<br />
ambulatoriali, per cui il ricovero in ospedale diventa spesso una necessità dettata da motivi<br />
pratico-organizzativi, tuttavia la classificazione dei pazienti con TIA a maggior rischio è un elemento<br />
importante per la gestione di questi pazienti in situazioni di mancanza di posti letto<br />
negli ospedali e per favorire l’organizzazione di efficienti servizi sul territorio.<br />
5.1.3 L’obiettività neurologica del TIA<br />
Il rilievo di segni neurologici anche dopo 24 ore dall’esordio dei sintomi non esclude la diagnosi<br />
di TIA. Si ritiene infatti che l’esclusione di pazienti con segni neurologici aumenterebbe<br />
ulteriormente la variabilità diagnostica per la bassa riproducibilità di molti dei segni neurologici<br />
stessi.<br />
5.1.4 Diagnosi differenziale dell’ictus<br />
I processi occupanti spazio producono solitamente un deficit neurologico progressivo e non<br />
improvviso, tuttavia in alcune circostanze vi può essere un improvviso peggioramento che<br />
mima l’ictus o il TIA. Tali circostanze si possono verificare in caso di sanguinamento nell’ambito<br />
di una neoplasia o nel caso di risanguinamento acuto di un ematoma sottodurale cronico.<br />
La diagnosi differenziale sul piano clinico non è tanto sulla base dei segni quanto sull’anamnesi<br />
di un peggioramento progressivo antecedente l’evento ictale.<br />
L’emiparesi ipoglicemica è un evento raro caratterizzato da una certa instabilità dei sintomi ed<br />
in genere da una compromissione dello stato di coscienza sproporzionata rispetto al grado di<br />
emiparesi. I sintomi in genere regrediscono prontamente con la somministrazione di glucosata<br />
ev.<br />
I deficit neurologici che accompagnano l’emicrania con aura sono di solito transitori (vedi diagnosi<br />
differenziale del TIA) tuttavia vi sono casi in cui i sintomi sono permanenti per un infarto<br />
cerebrale. In questo caso la diagnosi è essenzialmente patogenetica.<br />
La Tabella 5:III elenca gli elementi utili alla diagnosi differenziale del TIA e dell’ictus.<br />
5.2 CLASSIFICAZIONE DI ICTUS E TIA IN SOTTOTIPI<br />
5.2.1 Distinzione fra ictus ischemico ed ictus emorragico<br />
L’esame clinico non è sufficientemente accurato per differenziare l’ictus ischemico da quello<br />
emorragico in modo assoluto. Per tale distinzione sono necessarie una TC o una RM.<br />
Tabella 5:II - La prognosi dei TIA<br />
Alto rischio Basso rischio<br />
Sintomi Focali, tipici, emisferici Globali, atipici, retinici<br />
Durata ≥60 minuti
58<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Tabella 5:III – Condizioni cliniche che possono simulare un TIA od un ictus<br />
Disfunzioni cerebrali focali emicrania<br />
epilessia<br />
Lesioni cerebrali strutturali tumori<br />
ematoma sottodurale cronico<br />
malformazione vascolare<br />
Altre cause non vascolari ipoglicemia<br />
malattia di Ménière<br />
sclerosi multipla<br />
isteria<br />
Nei pazienti con sintomi transitori monooculari arterite a cellule giganti<br />
ipertensione maligna<br />
glaucoma<br />
papilledema<br />
altre patologie orbitarie e retiniche non vascolari<br />
Si distinguono:<br />
• ictus ischemico: ictus con evidenza di lesione ischemica<br />
• ictus ischemico con infarcimento emorragico o infarto rosso: ictus con evidenza di lesione<br />
ischemica con emorragia nel proprio ambito<br />
• ictus emorragico o emorragia intracerebrale primaria: ictus con evidenza di lesione puramente<br />
emorragica.<br />
La fonte più comune di errore è scambiare per ischemia l’emorragia di piccole dimensioni.<br />
5.2.2 Diagnosi di sede (criteri OCSP 11)<br />
a. Sindromi lacunari (lacunar syndromes o LACS)<br />
Definizione: ictus (o TIA) senza afasia, disturbi visuospaziali, e senza compromissione<br />
definita del tronco encefalico e della vigilanza<br />
Categorie: ictus motorio puro: deficit motorio puro che deve coinvolgere almeno metà<br />
faccia e l’arto superiore o l’arto superiore e quello inferiore<br />
ictus sensitivo puro<br />
ictus sensitivo-motorio<br />
emiparesi atassica (incluso la sindrome della mano goffa-disartria e la sindrome<br />
atassia omolaterale-paresi crurale)<br />
Le sindromi lacunari identificano un insieme di segni e/o di sintomi legati a compromissione<br />
sensitiva e/o motoria più frequentemente correlate a lesioni causate dall’occlusione di una singola<br />
arteria perforante profonda. I pazienti con sindrome lacunare hanno una prognosi migliore<br />
degli altri ictus e meno frequentemente si associano al riscontro di fonti tromboemboliche.<br />
Si ritiene infatti che la lacuna, che esprime un concetto anatomopatologico entrato nell’uso per<br />
indicare un piccolo infarto profondo, si verifichi per lipoialinosi delle piccole arterie nei<br />
pazienti ipertesi. L’identificazione dell’ictus o del TIA lacunare quindi fornisce delle informazioni<br />
prognostiche e patogenetiche. La maggior parte delle lacune si verifica nel territorio delle<br />
art. lenticolostriate e si ritiene siano spesso silenti. Altre in punti strategici come la capsula<br />
interna o il ponte producono deficit neurologici estesi.<br />
b. Sindromi del circolo posteriore (posterior circulation syndromes o POCS)<br />
Uno dei seguenti: paralisi di almeno un nervo cranico omolaterale con deficit motorio<br />
e/o sensitivo controlaterale<br />
deficit motorio e/o sensitivo bilaterale<br />
disturbo coniugato di sguardo (orizzontale o verticale)<br />
disfunzione cerebellare senza deficit di vie lunghe omolaterali (come<br />
visto nell’emiparesi atassica)<br />
emianopsia isolata o cecità corticale<br />
I casi con disturbi di funzione corticale ed uno dei punti sopra considerati devono essere considerati<br />
POCS.<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 59<br />
c. Sindrome completa del circolo anteriore (total anterior circulation syndromes o TACS)<br />
Tutti i seguenti: emiplegia controlaterale alla lesione<br />
emianopsia controlaterale alla lesione<br />
nuovo disturbo di una funzione corticale superiore (per esempio afasia<br />
o disturbo visuospaziale)<br />
d. Sindrome parziale del circolo anteriore (partial anterior circulation syndromes o PACS)<br />
Uno dei seguenti: deficit sensitivo/motorio + emianopsia<br />
deficit sensitivo/motorio + nuova compromissione di una funzione<br />
corticale superiore<br />
nuova compromissione di una funzione corticale superiore +emianopsia<br />
deficit motorio/sensitivo puro meno esteso di una sindrome lacunare<br />
(per esempio la monoparesi)<br />
deficit di una nuova funzione corticale superiore isolata<br />
Quando sono presenti più deficit essi devono sempre essere riferibili ad uno stesso emisfero.<br />
L’identificazione clinica di un territorio vascolare rappresenta il secondo passo nell’iter diagnostico<br />
clinico del TIA e dell’ictus ischemico. Tale momento clinico ha dei risvolti pratici<br />
importanti per quanto riguarda l’iter degli esami strumentali, la correlazione con le informazioni<br />
fornite dalle neuroimmagini e l’identificazione dei fattori patogenetici e prognostici. Nel<br />
caso dell’ictus emorragico, poiché l’emorragia non si distribuisce secondo un territorio vascolare<br />
specifico, non è effettuabile tale diagnosi clinica, tuttavia la diagnosi di sede con neuroimmagini<br />
è fondamentale per identificare le emorragie dei nuclei della base, più spesso a<br />
genesi ipertensiva, dalle emorragie lobari che possono richiedere accertamenti ulteriori per la<br />
possibilità di altre eziologie.<br />
Inoltre nell’ambito della patologia dei grandi vasi è utile distinguere fra circolo posteriore e fra<br />
circolo anteriore perché solo nei pazienti con compromissione del circolo anteriore ha senso<br />
la ricerca di una stenosi carotidea sintomatica da proporre per l’intervento di TEA.<br />
La diagnosi sindromica di TACS raffrontata alla TC si è dimostrata avere una buona sensibilità,<br />
specificità e predittività. 11<br />
5.2.3 Ictus minore (Minor Stroke)<br />
Molto utilizzata è la soddivisione, nell’ambito degli episodi cerebrovascolari acuti focali, in<br />
TIA, ictus minore (“minor stroke”), ictus maggiore (“major stroke”). Il principale difetto di<br />
tale suddivisione risiede nel fatto che, mentre da un lato isola i TIA definendoli come episodi<br />
“ischemici” con sintomi completamente reversibili, dall’altro separa gli ictus “lievi” da quelli<br />
“gravi” indipendentemente dalla natura ischemica o emorragica della lesione, dalla sua eziologia<br />
e dalla sua sede. Occorre peraltro considerare che si tratta comunque di una suddivisione<br />
molto pratica, soprattutto al fine di separare i soggetti che sopravvivono ad un ictus con<br />
esiti nulli o comunque non gravemente invalidanti, rispetto a quelli che rimangono invece<br />
disabili. Ciò può servire negli studi farmacologici di prevenzione secondaria come criterio di<br />
inclusione/esclusione, ma anche come criterio classificativo delle eventuali recidive cerebrovascolari<br />
(lievi/gravi).<br />
Per la identificazione dell’ictus minore, di solito in riferimento esclusivamente alla patologia<br />
ischemica, si sono utilizzati diversi criteri basati soprattutto sulla scala di dipendenza mRS<br />
ovvero su scale di “impairment” neurologico (soprattutto la NIHSS); in altri casi sono stati utilizzati<br />
criteri legati alle dimensioni della lesione. 5,7,12,13 Il problema della definizione di ictus<br />
minore potrebbe necessitare di una miglior definizione clinica o strumentale.<br />
5.2.4 Diagnosi di causa<br />
La diagnosi di causa è probabilistica e può essere probabile o possibile.<br />
Vi possono essere due diagnosi probabili se vengono riscontrati due criteri di uguale priorità.<br />
Le cause note di ictus ischemico, riunite in tre gruppi in base alla loro frequenza, sono riportate<br />
in Tabella 5:IV. Una classificazione dei sottotipi di ictus ischemico, in rapporto al loro<br />
stesura 16 febbraio 2007
60<br />
Sintesi 5-2<br />
L’emorragia subaracnoidea spontanea<br />
è dovuta nell’85% dei casi<br />
a rottura di un aneurisma arterioso.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
meccanismo eziopatogenetico (Tabella 5:V) è quella proposta, specie per lo svolgimento di<br />
studi multicentrici, dal Publication Committee dello studio Trial of ORG 10172 (danaparoid)<br />
in Acute Stroke Treatment (TOAST). L’accuratezza di tale classificazione è stata validata in uno<br />
studio prospettico dello stesso gruppo TOAST. 14 La definizione clinica iniziale dell’eziologia<br />
è stata confermata solo nel 62% dei casi sulla base della determinazione finale a tre mesi dall’evento<br />
acuto e dopo il completamento di tutte le indagini di laboratorio e strumentali. Ogni<br />
sottotipo può essere identificato come probabile o possibile a seconda del maggiore o minore<br />
grado di certezza della diagnosi, basato sul grado di concordanza per la stessa dei dati clinicostrumentali<br />
(Tabella 5:VI). La classificazione TOAST è stata recentemente sottoposta a critica,<br />
soprattutto per quanto riguarda il sottogruppo di “occlusione dei piccoli vasi”, in quanto<br />
le lesioni lacunari vengono individuate come tali anche per la presenza di un fattore di rischio<br />
(l’ipertensione), il che comporta l’introduzione di un possibile errore sistematico. 15-17<br />
Una serie di criteri per la diagnosi probabilistica dell’ictus ischemico è stata proposta anche<br />
dal Baltimore-Washington Cooperative Young Stroke Study. 18 Tale classificazione proposta ha<br />
una buona riproducibilità, tuttavia, essendo stata creata per un registro dell’ictus nel giovane,<br />
essa ha dato più enfasi alle alterazioni dell’emostasi (diagnosi ad elevata priorità) rispetto agli<br />
ictus lacunari (diagnosi a bassa priorità). Non a caso su questa categoria l’indice κ risultava<br />
meno soddisfacente (κ=0.31). Si segnala che altri autori danno maggior importanza agli ictus<br />
lacunari. 19<br />
I criteri di elevata priorità infatti includono le diagnosi di vasculopatia aterosclerotica, la<br />
vasculopatia non aterosclerotica, embolia cardiaca o transcardiaca, disordini ematologici/<br />
altro. Le categorie a bassa priorità sono l’ictus lacunare, l’ictus legato all’uso di contraccettivi<br />
orali, l’ictus emicranico, e le cause indeterminate (Tabella 5:VII). La diagnosi a bassa priorità<br />
non dovrebbe essere codificata come probabile quando è presente una diagnosi probabile o<br />
possibile ad alta priorità.<br />
Una corretta identificazione della causa di ictus e TIA ha sia un significato per la ricerca che<br />
per la clinica (prognosi e terapia).<br />
5.3 EMORRAGIA SUBARACNOIDEA<br />
Con il termine di emorragia subaracnoidea (ESA) ci si riferisce a quella condizione in cui si<br />
verifica la presenza di sangue nello spazio subaracnoideo. L’ESA spontanea (non traumatica)<br />
è dovuta nell’85% dei casi alla rottura di un aneurisma, nel 10% dei casi si tratta di un’ESA<br />
idiopatica, non aneurismatica, caratteristicamente a localizzazione perimesencefalica, e nel<br />
restante 5% di cause rare (per esempio dissecazione arteriosa, malformazioni artero-venose,<br />
fistole artero-venose durali).<br />
5.3.1 Caratteristiche cliniche<br />
L’emorragia subaracnoidea spontanea ha delle caratteristiche cliniche che permettono di<br />
sospettare la diagnosi che va poi sempre confermata con gli esami strumentali:<br />
Cefalea<br />
La cefalea nell’ESA si presenta con le seguenti caratteristiche: improvvisa (a “scoppio”, o con<br />
acme in pochi secondi), intensa, mai sperimentata in precedenza, diffusa.<br />
È presente nell’85%-100% dei casi di ESA, 20-23 e in circa 1/3 dei pazienti è l’unico sintomo.<br />
24,25 Nel giro di minuti o ore tende a concentrarsi a livello occipitale e della nuca o del<br />
rachide man mano che il sangue cola lungo gli spazi subaracnoidei più bassi. Dura di solito 1-<br />
2 settimane ma in caso di piccole perdite ematiche poche ore. Si ritiene che nei casi di ESA<br />
aneurismatica si possano verificare degli episodi di cefalea improvvisa (“cefalee sentinella”)<br />
causati da fissurazioni dell’aneurisma (“warning leak”). 26<br />
Vomito<br />
Il vomito accompagna l’inizio della cefalea, a differenza dell’emicrania in cui il vomito si verifica<br />
dopo tempo che la cefalea è iniziata.<br />
Rigidità nucale<br />
Non è un segno precoce ma si verifica solitamente a 3-12 ore dall’esordio dell’ESA, indipendentemente<br />
dalla gravità. 27 Pertanto la sua assenza non esclude la diagnosi.<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 61<br />
Tabella 5:IV – Elenco delle cause note di ictus ischemico<br />
Cause più comuni vasculopatia aterosclerotica<br />
occlusione delle piccole arterie (TIA o ictus lacunare)<br />
cardioembolia – embolia transcardiaca<br />
Cause meno frequenti disordine ematologico/altre cause specificabili<br />
ictus emicranico<br />
contraccettivi orali od estrogeni<br />
farmaci (non estro-progestinici)<br />
Cause inusuali vasculopatie infiammatorie primarie arterite a cellule giganti<br />
arterite di Takayasu<br />
Lupus eritematoso sistemico<br />
sindrome di Sneddon<br />
vasculiti necrotizzanti sistemiche<br />
poliarterite nodosa<br />
sindrome di Churg-Strauss<br />
granulomatosi di Wegener<br />
artrite reumatoide<br />
sindrome di Sjögren<br />
malattia di Behçet<br />
policondrite recidivante<br />
sclerodermia<br />
sarcoidosi<br />
arterite isolata del sistema nervoso centrale<br />
malattia di Bürger<br />
vasculopatie infiammatorie secondarie infezioni<br />
farmaci<br />
radiazioni<br />
morbo celiaco<br />
malattie infiammatorie intestinali<br />
anomalie congenite displasia fibromuscolare<br />
inginocchiamenti, kinking della carotide, dolicoectasia<br />
della basilare<br />
sindrome di Ehlers-Danlos<br />
pseudoxantoma elastico<br />
sindrome di Marfan<br />
malformazioni arterovenose<br />
vasculopatie traumatiche dissecazione carotidea<br />
varie morso di serpente<br />
embolia grassa/gassosa<br />
CADASIL (Cerebral Autosomal Dominant Arteriopathy<br />
with Subcortical Infarcts and Leucoencephalopathy)<br />
malattia di Fabry<br />
sclerosi tuberosa<br />
neurofibromatosi<br />
aneurismi<br />
vasculiti necrotizzanti sistemiche<br />
Tabella 5:V – Classificazione su base fisiopatologica dei sottotipi dell’ictus ischemico (criteri del TOAST, 1993)<br />
Aterosclerosi dei vasi di grosso calibro<br />
Cardioembolia (possibile/probabile)<br />
Occlusione dei piccoli vasi<br />
Ictus da cause diverse<br />
Ictus da cause non determinate a. identificazione di due o più cause<br />
b. valutazione negativa<br />
c. valutazione incompleta<br />
Tabella 5:VI – Sottotipi di ictus ischemico e correlati clinico-strumentali (criteri del TOAST, 1993)<br />
Caratteristiche aterosclerosi cardio- lacunare altri<br />
dei TSA embolismo<br />
Cliniche disfunzione corticale o cerebellare + + – +/–<br />
sindrome lacunare – – + +/–<br />
Neuroradiologiche infarto corticale, cerebellare o subcorticale >1,5 cm + + – +/–<br />
infarto subcorticale o del tronco encefalico
62<br />
Priorità diagnosi probabile possibile<br />
alta vasculopatia aterosclerotica rilievo angiografico o ai test non invasivi di alterazioni<br />
presumibilmente di natura aterosclerotica a carico di un<br />
vaso omolaterale, intra od extracranico, caratterizzate da:<br />
• stenosi emodinamicamente significativa o<br />
• stenosi >60% o<br />
• placca con coagulo intraluminale.<br />
vasculopatia non aterosclerotica<br />
dimostrazione angiografica o con<br />
test non invasivi di displasia fibromuscolare,<br />
vasculite, dissezione,<br />
alterazioni da radiazioni, o altre<br />
vasculopatie specifiche.<br />
embolia cardiaca -<br />
embolia transcardiaca<br />
Fotofobia<br />
dati angiografici, clinici e ai test non invasivi fortemente<br />
suggestivi di vasculopatia non aterosclerotica.<br />
• fibrillazione atriale, flutter atriale, malattia del nodo<br />
del seno<br />
• infarto miocardico recente<br />
(≤6 settimane dall’ictus)<br />
• acinesia segmentale<br />
• trombo cardiaco<br />
• vegetazioni valvolari o endocardite documentata<br />
• protesi valvolare cardiaca<br />
• cardiomiopatia dilatativa<br />
• embolia paradossa (shunt destra-sinistra ed embolia<br />
venosa o sistemica).<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
È spesso presente per alcuni giorni in accompagnamento a facile irritabilità.<br />
Perdita di coscienza<br />
Tabella 5:VII – Criteri di diagnosi di causa<br />
Si verifica in circa il 60% dei pazienti all’esordio o poco dopo l’esordio dell’ESA. La perdita<br />
di coscienza può essere dovuta alla cospicua quantità di sangue nello spazio subaracnoideo o<br />
a complicanze dell’ESA quali la dislocazione dell’encefalo per un ematoma, o l’idrocefalo<br />
acuto.<br />
Crisi epilettiche<br />
Si possono verificare all’esordio o successivamente per irritazione o danno della corteccia cerebrale.<br />
Circa il 10% dei pazienti con ESA ha crisi epilettiche in prima giornata, 1/3 a partire da<br />
6 mesi dall’esordio. 20,28,29 Gli unici predittori indipendenti di crisi comiziali post-ESA sono l’evidenza<br />
di cospicuo sanguinamento nelle cisterne della base e il risanguinamento. 30<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
alterazioni intra od extracraniche compatibili con<br />
aterosclerosi dimostrate dall’angiografia o da test<br />
diagnostici non invasivi.<br />
clinica suggestiva ma test diagnostici incompleti o<br />
equivoci.<br />
• prolasso valvolare mitralico senza evidenza di<br />
trombo<br />
• pregresso infarto miocardico (>6 settimane dall’ictus)<br />
senza altre anomalie<br />
• segmento ipocinetico<br />
• calcificazioni anulari mitraliche<br />
• shunt destra-sinistra isolato<br />
• altre possibili cause di embolia (da specificare).<br />
disordine ematologico/<br />
altre cause specifiche<br />
anticorpi antifosfolipidi e altre cause di ipercoagulabilità; lupus; altre cause specificabili.<br />
bassa occlusione delle piccole arterie • rilievo clinico di sindrome lacunare<br />
come “probabile” senza completa documentazione<br />
(TIA o ictus lacunare)<br />
• rilievo TC e/o RM di normalità o di lesione del tronco di elementi riferibili alle categorie ad elevata prio-<br />
encefalico o emisferica sottocorticale di diametro<br />
inferiore a 1,5 cm<br />
rità.<br />
• documentata assenza di elementi riferibili alle categorie<br />
ad elevata priorità.<br />
ictus legato a contraccettivi orali uso corrente di contraccettivi orali senza altri elementi come “probabile” ma senza la limitazione di ele-<br />
od estrogeni<br />
della diagnosi ad elevata priorità.<br />
menti ad elevata priorità.<br />
ictus emicranico • almeno un attacco emicranico associato ad ictus e/o come “probabile” ma senza la documentazione di<br />
a evidenza RM o TC di ictus acuto<br />
altre condizioni ad elevata priorità.<br />
• storia di emicrania con o senz’aura o complicata<br />
• cefalea di tipo emicrania tipica per il paziente e/o altri<br />
disturbi neurologici associati all’insorgenza dell’ictus<br />
• assenza di altre cause potenziali di ictus (p.es. malattia<br />
valvolare reumatica, fibrillazione atriale, evidenza<br />
clinica di aterosclerosi dei vasi intra od extracranici,<br />
vasculite [diagnosi ad elevata priorità]).<br />
da farmaci<br />
Pazienti con ipertensione, diabete, prolasso valvolare<br />
mitralico, o concomitante uso di contraccettivi orali non<br />
sono tuttavia esclusi dall’essere considerati.<br />
uso di farmaci entro 48 ore dall’ictus riferito dal paziente come “probabile” ma senza la limitazione di ele-<br />
(non estro-progestinici)<br />
o comunque dimostrato dall’esame di screening tossicologico<br />
senza elementi della diagnosi di elevata priorità.<br />
menti della diagnosi di elevata priorità.<br />
indeterminato dovrebbe essere codificato quando i criteri di altre possibili o probabili diagnosi sono stati esclusi.
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 63<br />
Emorragia intraoculare<br />
Si verifica in circa il 20% dei casi di ESA, anche non aneurismatiche e può essere una complicanza<br />
di qualsiasi emorragia intracerebrale. 31 Si ritiene che l’emorragia sia causata dall’ipertensione<br />
endocranica che si esercita sul nervo ottico, e di conseguenza sulla vena centrale<br />
della retina che vi passa attraverso, ostacolando il deflusso venoso dalla retina. L’ingorgo venoso<br />
che ne consegue può rompere le vene retiniche. Strie di sangue o emorragie a fiamma<br />
appaiono nello strato preretinico (subialoideo), di solito in prossimità del nervo ottico. A volte<br />
l’emorragia preretinica si estende al corpo vitreo (sindrome di Terson). Questa complicanza è<br />
un predittore prognostico negativo, essendo di solito associata a ESA di cospicua entità. 32<br />
Segni neurologici focali<br />
Di solito nell’ESA acuta non si osservano segni neurologici focali; quando si verificano bisogna<br />
pensare alla presenza di un danno strutturale del parenchima cerebrale quale la presenza<br />
di una malformazione artero-venosa (MAV), di un aneurisma che comprime un nervo cranico<br />
o che ha sanguinato nell’ambito del parenchima cerebrale. Aneurismi giganti intracranici possono<br />
inoltre causare deficit focali prima di rompersi attraverso fenomeni tromboembolici. Un<br />
deficit classico di nervo cranico da ESA è quello dell’oculomotore (III nervo cranico) che si<br />
verifica frequentemente in caso di aneurismi all’origine dell’arteria comunicante posteriore<br />
dalla carotide interna e, meno frequentemente, da aneurismi della biforcazione carotidea, dell’arteria<br />
cerebrale posteriore, dell’apice dell’arteria basilare 33 e dall’arteria cerebellare superiore.<br />
34 Una paresi del III nervo cranico si può verificare anche per la crescita di un aneurisma<br />
non rotto o diversi giorni dopo l’ESA per ischemia cerebrale tardiva. Nella maggior parte dei<br />
casi si osserva una midriasi fissa ma in alcuni pazienti la pupilla può essere risparmiata. 35,36<br />
Una paralisi del nervo abducente (VI nervo cranico) si può verificare come falso segno localizzatorio<br />
in corso di ipertensione endocranica ed è frequentemente bilaterale in fase acuta per<br />
compressione del nervo contro la rocca petrosa causata da un erniazione transtentoriale in<br />
basso del diencefalo. Occasionalmente aneurismi del circolo posteriore possono causare paresi<br />
del VI nervo cranico per compressione diretta. 37 La sindrome di Parinaud (miosi fissa, paresi<br />
dello sguardo verso il basso e della convergenza) è di solito espressione di un idrocefalo che<br />
dilatando l’acquedotto causa una disfunzione dell’area pretettale. 38 Non raramente da 4 a 12<br />
giorni dalla rottura di un aneurisma si può osservare la comparsa di deficit neurologici per il<br />
verificarsi di un ischemia cerebrale secondaria. Di solito le manifestazioni cliniche di tale complicanza<br />
evolvono lentamente, nell’arco di alcune ore: in 1/4 dei pazienti l’ischemia causa un<br />
deficit focale, in un altro quarto un deterioramento della coscienza e nei restanti pazienti<br />
entrambe la manifestazioni sono presenti. 38<br />
Manifestazioni sistemiche<br />
In fase acuta si possono verificare febbre, ipertensione arteriosa, albuminuria, glicosuria e<br />
modificazioni elettrocardiografiche. La febbre nei primi 2-3 giorni di solito non supera i<br />
38,5 °C ma successivamente può superare i 39°C. 39 Solitamente la frequenza cardiaca nella<br />
febbre causata da ESA rimane sproporzionatamente bassa rispetto alla febbre in corso di infezione.<br />
Morte improvvisa<br />
L’ESA è probabilmente l’unico tipo di ictus che può causare morte improvvisa. La morte<br />
improvvisa, nel giro di pochi minuti, si verifica in circa 15% dei pazienti con ESA. 40,41 Si ritiene<br />
che possa essere causata da un improvviso aumento della pressione intracranica, da aritmia<br />
cardiaca o da edema polmonare.<br />
5.4 EMORRAGIA INTRACEREBRALE PRIMARIA<br />
Si intende per emorragia intracerebrale primaria la condizione determinata dalla presenza di<br />
un’emorragia intracerebrale non traumatica.<br />
Tale condizione distingue un tipo di ictus diverso da quello ischemico per incidenza (costituisce<br />
circa il 15% di tutti gli ictus), cause, prognosi, ricorrenza e risvolti terapeutici. Una volta<br />
stabilito che si tratta di un ictus il gold standard per la diagnosi differenziale fra ictus ischemico<br />
ed emorragico è rappresentato dalla TC o dalla RM dell’encefalo. Prima dell’avvento della<br />
TC erano stati effettuati dei tentativi di identificare con dei punteggi di tipo clinico l’ictus<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Raccomandazione 5.3 Grado C<br />
Per una diagnosi differenziale tra<br />
ictus ischemico ed ictus emorragico,<br />
è indicato effettuare, nel più<br />
breve tempo possibile, una TC o<br />
una RM dell’encefalo, anche per<br />
le implicazioni terapeutiche.
64<br />
Sintesi 5-3<br />
La trombosi dei seni può essere<br />
causa di infarti cerebrali venosi.<br />
Sintesi 5-4<br />
La presentazione clinica della<br />
trombosi dei seni non è caratteristica<br />
e può simulare quella di<br />
altre patologie, fra cui l’ictus<br />
arterioso.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
ischemico e quello emorragico, sulla base del fatto che l’ictus emorragico, causato da emorragie<br />
intracerebrali, emorragie endoventricolari ed emorragie subaracnoidee, era più frequentemente<br />
associato a obnubilamento del sensorio e cefalea. Con l’utilizzo della TC nella pratica<br />
clinica ci si rese poi conto che soprattutto le piccole emorragie sfuggivano a questi criteri e che<br />
la clinica non è sufficientemente accurata per distinguere un ictus ischemico da un’emorragia<br />
intracerebrale primaria. 42,43<br />
Al fine di porre questa diagnosi differenziale, e ciò deve essere effettuato nel più breve tempo<br />
possibile per i risvolti terapeutici che ne conseguono, occorre una TC o una RM dell’encefalo.<br />
L’emorragia cerebrale primaria rappresenta l’80% circa di tutte le emorragie cerebrale ed è<br />
causata dall’ipertensione arteriosa o dall’angiopatia amiloide. 44,45<br />
L’angiopatia amiloide è responsabile di un terzo circa dei sanguinamenti cerebrali nelle persone<br />
anziane ed è caratterizzata da emorragie cerebrali a carattere ricorrente e con localizzazione<br />
lobare; si associa agli alleli ε4 ed ε2 dell’apolipoproteina E. 46<br />
5.5 TROMBOSI DEI SENI E DELLE VENE CEREBRALI<br />
La trombosi dei seni può essere causa di infarti cerebrali venosi ed è per tale motivo che anche<br />
questa patologia viene inclusa nelle linee guida sull’ictus. Si tratta di una patologia rara ma che<br />
viene diagnosticata più frequentemente dagli anni ‘80 in poi grazie alla diffusione di esami non<br />
invasivi come la RM, l’angio-MR e l’angio-TC (vedi § 5.6.4). Tale condizione può determinare<br />
un infarto cerebrale ischemico od emorragico, ipertensione endocranica o, molto raramente,<br />
emorragia subaracnoidea. 47,48<br />
La trombosi dei seni non ha una presentazione clinica tipica ma ha un ampio spettro di possibili<br />
presentazioni che possono simulare altre patologie. La cefalea è il sintomo di presentazione<br />
nel 70%-90% dei casi; nel decorso o fin dall’inizio, possono verificarsi crisi comiziali,<br />
deficit focali, compromissione della coscienza, disturbi visivi e papilledema.<br />
Le manifestazioni cliniche possono essere raggruppate in tre grandi categorie: 49-51<br />
1. sindrome da ipertensione endocranica isolata (30%-40% dei casi) che simula lo pseudotumor<br />
cerebri;<br />
2. deficit focali e crisi comiziali (50%-60%) che simulano, a seconda delle modalità di presentazione,<br />
l’ictus arterioso o la lesione espansiva;<br />
3. l’encefalopatia diffusa (10%-20%) con disturbi cognitivi e/o disturbo della coscienza che<br />
simula l’encefalite o l’encefalopatia metabolica.<br />
La presentazione clinica dipende dalla sede e dall’estensione della trombosi. Trombosi limitate<br />
al seno sagittale superiore o al seno retto causano, prevalentemente, la sindrome da ipertensione<br />
endocranica isolata ma se la trombosi si estende alle vene corticali possono comparire<br />
deficit focali o crisi comiziali, in associazione ad infarti ischemici o emorragici. Trombosi del<br />
sistema venoso profondo si possono presentare con coma e decerebrazione ma, in casi più<br />
lievi, anche con sindrome amnesica e stato confusionale. La trombosi del seno cavernoso ha<br />
una presentazione peculiare con chemosi, esoftalmo e oftalmoplegia dolorosa ad esordio<br />
acuto, mentre è più rara la forma indolente con paralisi dei nervi oculari.<br />
5.6 METODOLOGIE DIAGNOSTICHE<br />
L’approccio strumentale e laboratoristico rappresenta il passo successivo a quello clinico nella<br />
gestione del TIA o dell’ictus ed è indirizzato dall’analisi dei dati clinico-anamnestici e dai<br />
reperti di laboratorio e strumentali emersi dalla diagnostica in fase acuta.<br />
5.6.1 Esami ematochimici<br />
L’esecuzione di esami ematochimici più approfonditi e specifici rispetto a quelli all’ingresso in<br />
ospedale permette l’individuazione (o la conferma in caso di alterazione dei parametri esaminati<br />
in fase acuta) di alcuni degli stati patologici ormai ben definiti come fattori di rischio, più<br />
o meno forti, di malattia cerebrovascolare, (diabete, dislipidemie, stati infettivo-infiammatori)<br />
nonché di eventuali altre patologie che possono rivestire un ruolo eziologico (collagenopatie,<br />
coagulopatie).<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 65<br />
5.6.2 ECG Holter<br />
Il monitoraggio ECG delle 24 ore secondo Holter dovrebbe essere limitato a quei pazienti in<br />
cui si sospetti la natura cardioembolica dell’ictus o del TIA in considerazione dei dati anamnestici,<br />
clinici e strumentali (p.e. storia recente di palpitazioni associata a reperti ECG di<br />
ingrandimento atriale sinistro). 52-54<br />
Il monitoraggio ECG può, inoltre, risultare dirimente qualora nel corso del work-up eziopatogenetico<br />
non sia emersa una causa definita dell’ictus o del TIA. 52-54<br />
Nei casi suddetti l’ECG Holter potrebbe rivelare la presenza di condizioni emboligene ricorrenti<br />
quali una fibrillazione atriale parossistica o una malattia del nodo del seno con episodi di<br />
bradi-tachicardia. Un esame secondo Holter può essere utile, inoltre, per evidenziare episodi<br />
di ischemia silente o per valutare l’equilibrio della bilancia simpato-vagale mediante l’analisi<br />
della variabilità RR e QT.<br />
5.6.3 Ecocardiogramma transtoracico e transesofageo<br />
Quando si verifica un ictus ischemico, uno dei principali intenti della valutazione diagnostica<br />
cardiologica è quello di identificare i pazienti che presentano un’affezione cardioembolica e<br />
che richiedono un’anticoagulazione cronica per la prevenzione secondaria, e quelli che invece<br />
presentano un’affezione non cardioembolica. Il riscontro di una sorgente cardioembolica non<br />
è sufficiente da solo per porre diagnosi di ictus cardioembolico, diagnosi che è comunque di<br />
tipo probabilistico. La Cerebral Embolism Task Force (1986, 1989), infatti, ha evidenziato<br />
come il 30% dei soggetti con ictus ischemico/TIA abbiano una sorgente potenziale di cardioembolismo<br />
e di questi il 30% hanno una concomitante malattia cardiovascolare. 55,56<br />
Nemmeno le caratteristiche cliniche quali sede della lesione ischemica, rapidità di insorgenza<br />
dell’ictus, segni neurologici e di neuroimmagini (p.e. iperdensità dell’arteria cerebrale media)<br />
possono orientare definitivamente la diagnosi in senso cardioembolico. Il gold-standard diagnostico<br />
sarebbe costituito dall’angiografia che, eseguita molto precocemente, può dimostrare<br />
un’occlusione embolica in assenza di lesioni aterosclerotiche. Tale indagine è però molto<br />
raramente praticabile, in considerazione del rischio. Il cardine della diagnosi clinica di ictus<br />
cardioembolico rimane quindi la presenza di una sorgente cardioembolica in un paziente con<br />
ictus non lacunare in assenza di malattia dei vasi cerebrali o di altra causa. Peraltro circa il<br />
15% dei soggetti con un’affezione cardioembolica presenta stenosi carotidea ipsilaterale all’esame<br />
eco-Doppler carotideo e spesso è molto difficile determinare quale delle due condizioni<br />
patologiche sia responsabile dell’evento.<br />
L’identificazione di una potenziale sorgente di cardioembolismo dipende dalla completezza<br />
dell’indagine diagnostica. In alcuni casi la diagnosi può essere posta sulla base dell’anamnesi<br />
per la presenza di fibrillazione atriale, recente IMA, o valvulopatia. Le tecniche per immagini<br />
cardiache possono essere utili nell’evidenziare potenziali sorgenti di emboli.<br />
L’ecocardiografia transtoracica (ETT) non è sempre sufficiente nell’identificare affezioni cardioemboliche<br />
per la sua bassa sensibilità nel rilevare una possibile causa di embolizzazione (in<br />
particolare i trombi in atrio sinistro), soprattutto in pazienti senza alcun riscontro di sottostante<br />
malattia cardiaca. 57<br />
L’introduzione dell’ecocardiografia transesofagea (ETE) ha permesso di valutare con maggior<br />
sensibilità la struttura cardiaca e le possibili fonti di embolizzazione con sensibilità da 2 a 10<br />
volte maggiore rispetto alla precedente metodica. 58,59 I maggiori svantaggi sono l’invasività,<br />
soprattutto negli anziani incapaci di tollerare la procedura, e la necessità di sedazione.<br />
L’ETE è più sensibile della ETT particolarmente per l’identificazione di anomalie del setto<br />
interatriale, trombi dell’auricola associati a fibrillazione atriale (FA) e vegetazioni della valvola<br />
mitralica (Tabella 5:VIII). Circa il 20% dei soggetti con ictus ischemico presentano una o<br />
più sorgenti cardioemboliche minori non evidenziate con l’ETT. Non sono state ancora completamente<br />
chiarite le indicazioni all’esecuzione di ETT o ETE nei soggetti con TIA o ictus<br />
ischemico. Nei soggetti senza evidenza clinica di malattia cardiaca, l’ETT identifica una sorgente<br />
maggiore di cardioembolismo in meno del 3% dei casi. A tale proposito la American<br />
Society of Echocardiography e l’American Heart Association Committee on the Use of<br />
Echocardiography hanno raccomandato l’uso di ETT di routine nella valutazione di pazienti<br />
con ictus ischemico solo in caso di riscontro clinico di malattia cardiaca. 60 Nei pazienti al di<br />
sotto di 45 anni, un gruppo in cui l’aterotrombosi dei tronchi epiaortici è meno prevalente e<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Raccomandazione 5.4 Grado D<br />
Il monitoraggio ECG delle 24 ore<br />
secondo Holter è indicato solo<br />
nei pazienti con TIA o ictus ischemico<br />
in cui si sospetti la presenza<br />
di aritmie accessuali potenziale<br />
causa di cardioembolia o qualora<br />
non sia emersa una causa<br />
definita di tali eventi.<br />
Raccomandazione 5.5 Grado D<br />
L’ecocardiografia transtoracica è<br />
indicata solo in caso di sospetto<br />
clinico-anamnestico di malattia<br />
cardiaca.<br />
Raccomandazione 5.6 Grado D<br />
Nel TIA o nell’ictus, in cui si<br />
sospetti un’origine cardioembolica,<br />
l’ecocardiografia transesofagea<br />
è indicata solo nei pazienti<br />
66<br />
Figura 5–1. Algoritmo proposto<br />
per l’uso dell’ecocardiografia<br />
transesofagea e transtoracica<br />
nella valutazione dei pazienti con<br />
ictus ischemico o TIA,<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
sorgenti meglio evidenziate<br />
dall’ecografia transesofagea:<br />
sorgenti evidenziate meglio o<br />
ugualmente bene con ecocardiografia<br />
transtoracica:<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Tabella 5:VIII – Ecografia transesofagea (ETE) ed ecografia transtoracica (ETT)<br />
per l’identificazione di sorgenti cardioemboliche<br />
aneurisma del setto interatriale, difetto del setto interatriale, forame ovale pervio,<br />
mixoma atriale, trombo atriale, trombo dell’auricola atriale, trombo/ateroma<br />
dell’arco aortico, vegetazioni della valvola mitralica: endocardite infettiva, endocardite<br />
marantica.<br />
trombo ventricolare sinistro, valvulopatia mitralica mixomatosa con prolasso,<br />
calcificazione dell’annulus mitralico, stenosi mitralica, stenosi aortica, vegetazioni<br />
della valvola aortica, discinesia del ventricolo sinistro (caratteristica predittiva<br />
di trombosi intracardiaca ma non sorgente di emboli di per sé).<br />
l’ictus cardioembolico è più probabile, può essere indicata l’ETE. Tali indicazioni sono state<br />
sostanzialmente riconfermate dalle linee guida dell’American College of Cardiology/American<br />
Heart Association Task Force sulle “Indicazioni all’ecocardiografia nei pazienti con eventi neurologici<br />
od altre manifestazioni di occlusione vascolare” pubblicate recentemente. 61<br />
Sono stati proposti anche numerosi algoritmi per l’utilizzazione dell’ecocardiografia nella<br />
valutazione dei pazienti con TIA o ictus ischemico. 62 La Figura 5-1 illustra uno di questi algoritmi<br />
diagnostici. 62 Nessuno di tali algoritmi risulta peraltro validato in studi di gestione dei<br />
pazienti.<br />
L’ETE è più sensibile dell’ETT per l’identificazione di potenziali fonti cardiache emboligene<br />
nei pazienti con TIA o ictus. Se una fonte cardiaca emboligena è svelata dall’ETT i costi addizionali<br />
e il disagio per il paziente dell’ETE non risultano giustificati. Al contrario soltanto<br />
l’ETE è in grado di identificare trombi ed ecocontrasto spontaneo in atrio e auricola sinistra,<br />
aneurisma del setto interatriale e placche aortiche.<br />
non segni clinici<br />
di malattia cardiaca➀<br />
ETE➁<br />
ETE: ecografia transesofagea<br />
ETT: ecografia transtoracica<br />
➀ segni clinici di malattia cardiaca comprendono:<br />
anamnesi positiva, esame obiettivo, ECG.<br />
➁ poiché ETT ed ETE sono complementari,<br />
entrambi potrebbero essere indicati<br />
Probabile ictus cardioembolico?<br />
Il paziente è candidato per anticoagulanti o chirurgia?<br />
>45 anni ≤45 anni<br />
anticoagulazione;<br />
non eco tranne che per<br />
chiarire patologia cardiaca<br />
segni clinici<br />
di malattia cardiaca➀<br />
sì no<br />
positiva<br />
per sorgente<br />
cardioembolica<br />
ETT<br />
ETE➁<br />
fibrillazione atriale non fibrillazione atriale<br />
negativa<br />
per sorgente<br />
cardioembolica<br />
no ETE ETE<br />
non ulteriore<br />
valutazione
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 67<br />
La reale utilità dell’ETE nei pazienti con ischemia cerebrale non è completamente chiarita. In<br />
particolare spesso non è chiaro se il reperto ETE rappresenta la causa reale dell’ictus/TIA e se<br />
la gestione del paziente debba essere modificata in funzione dei risultati dell’ETE. In molti<br />
casi nello stesso paziente sono presenti fonti emboligene multiple cardiache ed extracardiache.<br />
Inoltre le implicazioni terapeutiche di molti reperti ETE, quale il forame ovale pervio, non<br />
sono oggi completamente definite.<br />
Sono necessari studi prospettici di maggiore ampiezza per definire con precisione il ruolo<br />
dell’ETE nella gestione di pazienti con ischemia cerebrale. Allo stato attuale l’ETE va riservato<br />
ai pazienti più giovani con ictus/TIA di eziologia non spiegata.<br />
Un’analisi economica di costo/efficacia ha dimostrato che l’ETE senza ETT preliminare è l’approccio<br />
maggiormente cost-effective nei pazienti con ictus di eziologia non spiegata. 63<br />
Le linee guida American College of Cardiology - American Heart Association pubblicate nel<br />
1997 pongono tre indicazioni di classe I (condizioni per le quali esiste evidenza e/o accordo<br />
generale che una determinata procedura o trattamento sia utile ed efficace) per l’esecuzione<br />
dell’ETE nei pazienti con eventi cerebrovascolari:<br />
1. pazienti più giovani (≤45 anni);<br />
2. pazienti più anziani (>45 anni) senza evidenza di malattia cardiovascolare o altre eziologie<br />
evidenti;<br />
3. pazienti per i quali una decisione terapeutica (terapia anticoagulante orale ecc) è dipendente<br />
dai risultati dell’ecocardiografia.<br />
L’ETE non è pertanto necessario nella valutazione di tutti i pazienti con TIA o ictus. Le situazioni<br />
nelle quali è più probabile che l’ETE possa portare un contributo informativo rilevante<br />
sono le seguenti: 64<br />
a) pazienti più giovani (≤45 o anche ≤55 anni) senza storia di malattia cerebrovascolare o altre<br />
cause evidenti dell’ischemia cerebrale;<br />
b) eventi embolici recidivanti;<br />
c) condizioni nelle quali vi sarebbe indicazione per la terapia anticoagulante orale (p.e. FA in<br />
pazienti molto anziani) ma esiste un considerevole rischio emorragico;<br />
d) presenza di protesi valvolari;<br />
e) sospetta endocardite infettiva.<br />
5.6.4 Diagnostica neuroradiologica<br />
La diagnosi neuroradiologica della patologia cerebrovascolare è divenuta con il tempo sempre<br />
più complessa, soprattutto con l’introduzione di nuove tecniche radiologiche che hanno<br />
migliorato le possibilità di studi morfologici e funzionali dell’encefalo e dei vasi cerebrali extra<br />
ed intracranici.<br />
Le metodiche attualmente a disposizione sono rappresentate dalla Tomografia<br />
Computerizzata (TC), dalla Risonanza Magnetica (RM), dall’angio-TC, dall’angio-RM, e dall’angiografia<br />
cerebrale, associate alle metodiche della medicina nucleare. Il loro utilizzo permette<br />
una diagnosi precoce di ictus cerebrale ischemico od emorragico, come pure una diagnosi<br />
differenziale con i quadri clinici di TIA e di tutte quelle patologie aventi caratteristiche<br />
cliniche simili ma eziologia diversa rispetto alla patologia cerebrovascolare come emicrania,<br />
epilessia, neoplasie, ematomi e malformazioni vascolari.<br />
L’iter diagnostico, oltre a dare informazioni sulla natura della lesione responsabile della sintomatologia<br />
clinica, permette di monitorare nel tempo la condizione patologica (fase acuta,<br />
subacuta e cronica) in base alle caratteristiche densitometriche e/o di intensità del segnale.<br />
Nell’ambito delle patologie vascolari ischemiche, la chiave moderna per una migliore comprensione<br />
dell’iter diagnostico da adottare è quella di considerare il tessuto ipoperfuso suddiviso<br />
in due compartimenti:<br />
1. tessuto con marcata riduzione del flusso cerebrale e del volume di sangue (core dell’infarto)<br />
con danno tendenzialmente irreversibile;<br />
2. tessuto con riduzione meno marcata del flusso cerebrale, con volume più o meno normale<br />
e con danno potenzialmente reversibile (penombra ischemica). 65-67<br />
Numerosi studi hanno stabilito l’importanza clinica della reversibiltà della penombra ischemica,<br />
mostrando una chiara associazione tra il volume ematico e i punteggi neurologici. 68-72<br />
stesura 16 febbraio 2007
68<br />
Sintesi 5-5<br />
La TC, esame di rapida esecuzione<br />
e di costi ridotti, è in grado di<br />
identificare la presenza di segni<br />
precoci di ischemia, che rispecchiano<br />
il territorio di distribuzione<br />
dell’arteria interessata dall’occlusione.<br />
La TC è inoltre in grado di<br />
evidenziare l’eventuale presenza<br />
di infarcimento emorragico della<br />
lesione ischemica, soprattutto in<br />
fase subacuta.<br />
Raccomandazione 5.7 Grado D<br />
Nei pazienti anche con un solo<br />
TIA o ictus in anamnesi, la tomografia<br />
computerizzata cerebrale è<br />
indicata per documentare la presenza<br />
di una o più lesioni, la loro<br />
natura ischemica od emorragica,<br />
la tipologia, la sede, le dimensioni,<br />
e la sede, oltre alla congruità<br />
con la sintomatologia clinica.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
A tutt’oggi, la reale portata di questo concetto non è ancora trasferita nella routine clinicoradiologica,<br />
nonostante sia in grado di dare informazioni sulla porzione di tessuto con danno<br />
potenzialmente reversibile e/o recuperabile con la terapia trombolitica. 73<br />
5.6.4.1 Tomografia Computerizzata (TC)<br />
Mentre in passato la TC risultava essere l’esame di prima scelta in condizioni di urgenza per<br />
la diagnosi di un infarto cerebrale, attualmente, essa ha oggi perduto questa esclusiva grazie<br />
all’introduzione di nuove tecniche di RM quali le sequenze in diffusione-perfusione (DWI-<br />
PWI) che forniscono maggiori informazioni in una fase molto precoce dell’ictus ischemico<br />
(meno di un’ora dall’esordio), fase più difficile da interpretare nelle immagini tomodensitometriche,<br />
soprattutto in presenza di un TIA.<br />
La TC rimane comunque un esame importante per la intrinseca rapidità di esecuzione, soprattutto<br />
in pazienti non collaboranti e per la capacità di mostrare, tempestivamente e senza errore,<br />
le caratteristiche necessarie per porre una diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed<br />
emorragia (Figura 5-2), nonostante anche la RM, con adeguate sequenze, in particolare le FFE<br />
(Fast Field Echo), possa essere egualmente sensibile nel determinare la componente emorragica.<br />
74-76<br />
I reperti apprezzabili con la TC variano a seconda della progressione temporale della lesione<br />
ischemica, comprendendo diverse fasi (Figura 5-3), nel corso delle quali si aggiungono tutti<br />
quei segni radiologici indiretti utili ai fini prognostici, come l’effetto massa, il segno dell’arteria<br />
cerebrale media iperdensa e l’eventuale presenza di infarcimento emorragico in fase subacuta.<br />
Le tre caratteristiche fondamentali della fase acuta sono rappresentate da:<br />
1. ipodensità precoce che interessa un territorio di distribuzione arteriosa<br />
2. spianamento dei solchi cerebrali<br />
3. iperdensità dell’arteria cerebrale media.<br />
A distanza di 24-48 ore si assiste alla comparsa di una tenue ipodensità nella sede dell’ischemia<br />
che diventa sempre più evidente e generalmente definita nell’arco di alcuni giorni. In questa<br />
fase la somministrazione del mezzo di contrasto iodato non modifica il quadro potendo<br />
risultare talvolta dannosa.<br />
A distanza di alcuni giorni e comunque nell’arco di 4 settimane (fase subacuta) si assiste ad<br />
una serie di modificazioni tomodensitometriche che portano ad una netta definizione dell’area<br />
ischemica che apparirà sempre più ipodensa rispetto al parenchima circostante con una<br />
fase transitoria, che compare generalmente alla terza settimana, durante la quale si assiste ad<br />
un effetto paradosso detto “effetto nebbia”, per effetto del quale la lesione tende a scomparire.<br />
In questa fase la somministrazione di mezzo di contrasto è utile nella diagnosi differenziale<br />
con altre patologie e permette di documentare un potenziamento, generalmente di tipo<br />
“girale”, in un’area apparentemente normale, indice di sofferenza ischemica.<br />
Sempre nella fase subacuta e generalmente nella prima settimana dall’esordio clinico, è possibile<br />
il verificarsi, nel 50% circa dei casi, di una trasformazione emorragica dell’area ischemica<br />
legata alla rivascolarizzazione spontanea e/o provocata dalla terapia causata dal ritorno del<br />
flusso ematico in un’area di sofferenza del tessuto cerebrale con alterazione della barriera<br />
emato-encefalica.<br />
L’infarcimento emorragico può essere di due tipi:<br />
• petecchiale, il più comune, costituito da piccoli spot iperdensi nel contesto dell’area ischemica<br />
(Figura 5-4);<br />
• parenchimale, rara condizione, caratterizzata da vere e proprie raccolte ematiche che possono<br />
interessare anche zone al di fuori dell’area ischemica e che possono determinare<br />
importanti effetti compressivi sulle strutture cerebrali limitrofe.<br />
Nella fase cronica (>1 mese) si assiste ad una sempre più netta definizione dell’area malacica<br />
che, nell’arco di mesi e anni, si riduce assumendo aspetto simil-liquorale.<br />
Attualmente il ricorso ad un iter diagnostico articolato in valutazione clinica e TC da sole,<br />
anche se impiegato nei principali studi clinico-strumentali, non fornisce comunque tutte le<br />
informazioni necessarie ad intraprendere un’adeguata terapia nella fase ischemica acuta, specie<br />
per quanto riguarda la penombra ischemica. 77<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 69<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Figura 5-2. Caratteristiche densitometriche<br />
alla TC di un’emorragia<br />
intraparenchimale (diagnosi<br />
differenziale con l’ictus ischemico).<br />
L’esame documenta la presenza<br />
di un’emorragia intraparenchimale<br />
a livello dei nuclei<br />
della base di destra, che appare<br />
come un’area di iperdensità (50-<br />
70 UH), associata ad effetto<br />
massa sul tessuto cerebrale circostante,<br />
con spostamento della<br />
linea mediana.<br />
A B C<br />
Figura 5-3. Caratteristiche di densità alla TC dell’ictus ischemico. Le figure A e B documentano le variazioni nel tempo di un’ischemia cerebrale a livello<br />
dei nuclei della base di destra: nella figura A (6 ore dall’evento) si nota una perdita dei contorni dei nuclei della base ed una tenue ipodensità che diviene<br />
più marcata e nettamente riconoscibile nella figura B (a 72 ore dall’evento). La figura C documenta la presenza di uno spot iperdenso lungo il decorso<br />
dell’arteria cerebrale media sinistra, possibile espressione di occlusione del vaso stesso.<br />
Figura 5-4. Infarcimento emorragico<br />
di tipo petecchiale. La TC,<br />
ad una settimana dall’evento<br />
ischemico, documenta la presenza<br />
di piccoli spot iperdensi<br />
nel contesto della lesione ischemica,<br />
compatibili con petecchie<br />
emorragiche, possibile evoluzione<br />
naturale dell’ischemia stessa,<br />
generalmente secondario alla<br />
rivascolarizzazione.
70<br />
Sintesi 5-6<br />
La RM con tecnica DWI è in<br />
grado di documentare il danno<br />
ischemico recente (“core”) già a<br />
distanza di pochi minuti dall’evento<br />
ischemico.<br />
La RM con tecnica PWI è utile<br />
nella valutazione della penombra<br />
ischemica.<br />
La RM convenzionale si utilizza<br />
per il monitoraggio della lesione<br />
ischemica, soprattutto nelle fasi<br />
subacuta e cronica.<br />
Figura 5-5. Angio-TC dei tronchi<br />
epiaortici. La figura documenta la<br />
presenza di una placca ateromasica<br />
parzialmente calcifica a livello<br />
della biforcazione carotidea,<br />
che determina una stenosi non<br />
significativa dell’arteria carotide<br />
interna all’origine. Normalmente<br />
visualizzata l’arteria vertebrale.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
5.6.4.2 Angio-TC<br />
La tecnica Angio-TC è utilizzata per valutare la pervietà vasale intra ed extracranica.<br />
L’impiego di questa metodica è comunque limitato a casi selezionati, in quanto, oltre a basarsi<br />
sull’impiego di radiazioni ionizzanti, si esegue impiegando una dose rilevante di mezzo di<br />
contrasto iodato, come già detto, potenzialmente dannoso per il parenchima cerebrale, soprattutto<br />
nella fase acuta. L’esame è particolarmente indicato per la valutazione della parete arteriosa,<br />
delle calcificazioni parietali oltre che per valutare il grado di stenosi (Figura 5-5) ed è<br />
generalmente impiegato in fase subacuto-cronica in previsione di un trattamento chirurgico<br />
tradizionale e/o intravascolare quando, esami non invasivi non siano stati in grado di fornire<br />
dati esaustivi.<br />
5.6.4.3 Risonanza Magnetica (RM)<br />
La RM ha acquisito sempre più importanza in questi ultimi anni anche grazie all’introduzione<br />
delle nuove tecniche avanzate. Continua ad avere limiti intrinseci rappresentati dagli elevati<br />
costi di manutenzione delle apparecchiature, dalla difficoltà di esecuzione in pazienti non collaboranti,<br />
dalle controindicazioni di carattere generale come pace-maker ed elementi metallici<br />
intra-corporei.<br />
Attualmente la valutazione del paziente con ictus ischemico acuto, mediante RM, si effettua<br />
con le immagini in diffusione (diffusion-weighted imaging, DWI) e in perfusione (perfusionweighted<br />
imaging, PWI).<br />
La DWI è una tecnica altamente sensibile ai movimenti Browniani di traslazione delle molecole<br />
d’acqua su piccole distanze. Essa permette di documentare in pochi minuti un’area di<br />
alterato segnale nel contesto del parenchima cerebrale, legata ad una restrizione del movimento<br />
delle molecole stesse, indice di sofferenza e rappresentativa del core del tessuto ischemico,<br />
78-82 talvolta ancor prima che il danno diventi evidente nelle immagini convenzionali. 83,84<br />
Queste ultime comunque mantengono la loro importanza diagnostica nel monitoraggio nel<br />
tempo della lesione ischemica e nella diagnosi differenziale con gli infarcimenti emorragici nel<br />
contesto della stessa lesione come illustrato nei paragrafi precedenti. Entro 6 ore dalla sintomatologia<br />
ictale la DWI mostra una sensibilità del 95% ed una specificità di circa il 100%. 84<br />
La tecnica PWI identifica invece lo studio attraverso il quale è possibile rilevare la riduzione<br />
del flusso cerebrale regionale, secondaria all’occlusione arteriosa. La combinazione della stessa<br />
con la DWI, può definire il core della lesione ischemica (DWI) e la zona di penombra ischemica<br />
(PWI) con basso flusso cerebrale (Figura 5-6). Tuttavia, la mancanza di standardizzazione<br />
delle tecniche in DWI e PWI rappresenta un problema, soprattutto in relazione al reale<br />
significato da attribuire alle stesse in previsione della decisione di effettuare la trombolisi. 85<br />
La questione è attualmente dibattuta anche nei TIA, nei quali è possibile riscontrare alterazioni<br />
in DWI già indicative di danno. 86,87<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Per quanto riguarda la RM convenzionale, essa continua<br />
ad avere un impiego specifico soprattutto per il<br />
monitoraggio nel tempo della lesione ischemica. Nella<br />
fase iperacuta, entro le prime 6 ore, la RM convenzionale<br />
risulta essere normale oppure può mostrare un’alterazione<br />
di segnale del lume del vaso arterioso interessato<br />
con scomparsa del vuoto di segnale endoluminale<br />
(flow void) nelle sequenze T2 pesate, associata a segni<br />
indiretti di lesione cerebrale (rigonfiamento dei giri<br />
corticali, scomparsa dei solchi e perdita dell’interfaccia<br />
grigia-bianca) nelle sequenze T1 pesate. Dopo la somministrazione<br />
del mezzo di contrasto paramagnetico,<br />
considerato minimamente dannoso, si assiste al potenziamento<br />
intravascolare (75% dei casi), che non interessa<br />
il tessuto cerebrale. Nella fase acuta, a 6-48 ore<br />
dall’evento, è possibile rilevare un’area di alterato<br />
segnale, iperintensa nelle sequenze T2 pesate e, dopo<br />
contrasto, si può osservare un potenziamento dei vasi<br />
arteriosi (75% dei casi). Le variazioni del segnale RM
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 71<br />
continuano anche nella successiva fase subacuta (3 giorni – 4 settimane), nella quale è possibile<br />
documentare un aumento dell’iperintensità nelle sequenze T2 pesate con aumento dei<br />
segni indiretti di lesione (edema ed effetto massa) fino alla seconda settimana, per poi attenuarsi<br />
fino a scomparire (fogging effect, effetto nebbia), come osservato nei reperti TC.<br />
L’eventuale presenza di infarcimento emorragico è visibile come disomogeneità in T2 con tecnica<br />
FFE, anche se la TC, come precedentemente descritto, ha un ruolo prioritario nella valutazione<br />
della presenza di sangue. Dopo contrasto, si può osservare un potenziamento tissutale.<br />
Infine, in fase cronica (ad oltre 1 mese dall’insulto ischemico) si possono reperire le alterazioni<br />
di segnale che conseguono al danno con cavitazione cistica o porencefalia dei focolai<br />
malacici, ipointensi in T1. Le componenti gliotiche appaiono iperintense nelle sequenze T2<br />
pesate. Sono inoltre evidenti i segni della degenerazione walleriana nei diversi stadi ed i segni<br />
di atrofia focale con ampliamento degli spazi subaracnoidei e generalmente non si osserva<br />
potenziamento patologico dopo contrasto.<br />
L’alta sensibilità della RM nel rilevare lesioni T2 iperintense e la bassa specificità delle lesioni<br />
della sostanza bianca risultano in una scarsa correlazione tra reperti RM e manifestazioni cliniche<br />
e neuropatologiche. In particolare, l’avvento della RM ha evidenziato una serie di alterazioni<br />
focali della sostanza bianca, soprattutto nella popolazione di età più avanzata e con fattori<br />
di rischio per malattie cerebrovascolari, il cui significato clinico non è ancora del tutto<br />
chiaro.<br />
In una grande popolazione di 3301 soggetti di età superiore ai 65 anni, senza alcuna storia di<br />
ictus o TIA, solo il 4,4% dei soggetti non presentava alcuna anomalia di intensità della sostanza<br />
bianca alla RM. 88<br />
Le alterazioni di segnale della sostanza bianca periventricolare, sotto forma di iperintensità<br />
nelle sequenze a TR lungo, rientrano nel quadro della leucoaraiosi. 89 La leucoaraiosi sembra<br />
dovuta ad arteriolosclerosi dei rami che irrorano la sostanza bianca sottocorticale. La rarefazione<br />
mielinica tipica della leucoaraiosi è stata interpretata come il risultato di una ischemia<br />
non sufficientemente grave da provocare un infarto massivo, ma in grado di produrre un infarto<br />
incompleto. 90 La leucoaraiosi non è un reperto specifico, anche se viene osservato con maggiore<br />
frequenza nei soggetti anziani, con fattori di rischio per malattie cerebrovascolari, in particolare<br />
l’ipertensione.<br />
Nei pazienti con pregressi TIA e/o ictus, la RM permette l’identificazione e una quantificazione<br />
dettagliata delle lesioni responsabili della sintomatologia clinica, e di eventuali lesioni<br />
pregresse che sono passate inosservate dal punto di vista clinico (infarti silenti). 91<br />
La RM presenta vantaggi rispetto alla TC, dovuti sostanzialmente a:<br />
1. maggiore potere di risoluzione spaziale, con conseguente migliore identificazione di infarti<br />
lacunari;<br />
2. migliore visualizzazione delle strutture della fossa cranica posteriore, che alla TC possono<br />
presentare artefatti, con conseguente maggiore capacità di visualizzare lesioni del tronco;<br />
A<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
B<br />
Figura 5-6. L’esame RM eseguito<br />
con tecniche avanzate documenta<br />
il core dell’infarto nelle<br />
immagini DWI (A) e la più estesa<br />
area di penombra ischemica in<br />
PWI (B).<br />
Sintesi 5-7<br />
La leucoaraiosi non è un reperto<br />
specifico, anche se viene più frequentemente<br />
osservata in<br />
pazienti con fattori di rischio per<br />
malattie cerebrovascolari, in particolare<br />
l’ipertensione.<br />
Sintesi 5-8<br />
La RM può evidenziare la presenza<br />
di infarti silenti che rappresentano<br />
un marker di rischio per<br />
ictus.<br />
Sintesi 5-9<br />
Nei pazienti con pregressi TIA e/o<br />
ictus la RM presenta vantaggi<br />
rispetto alla TC, soprattutto nell’identificazione<br />
di lesioni di piccole<br />
dimensioni e localizzate in fossa<br />
cranica posteriore.
72<br />
Sintesi 5-10<br />
L’angio-RM documenta con sufficiente<br />
accuratezza la pervietà o<br />
meno dei vasi intra ed extra cranici.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
3. migliore localizzazione topografica della lesione, grazie alla possibilità di acquisire immagini<br />
orientata nei tre piani dello spazio;<br />
4. identificazione di lesioni recenti in un quadro di tipo multinfartuale, grazie all’uso di<br />
sequenze pesate in diffusione;<br />
5. possibilità di discriminare la genesi di una lesione pregressa, ipodensa alla TC, tra esito di<br />
ischemia o di emorragia, grazie all’uso di sequenze sensibili ai prodotti di degradazione dell’emoglobina.<br />
5.6.4.4 Angio-RM<br />
L’angio-RM è una metodica non invasiva che permette lo studio dei vasi intra ed extracranici.<br />
L’angio-RM intracranica completa le informazioni ottenute con la RM, precisando la sede e<br />
l’entità dell’occlusione vasale (Figura 5-7), utilizzando sequenze denominate “a tempo di<br />
volo” (time-of-flight, TOF). Come tutte le metodiche, presenta anche dei limiti quali il tempo<br />
di acquisizione delle immagini, la modesta risoluzione spaziale delle diramazioni anteriori di<br />
II e III ordine, la rappresentazione non ottimale vascolare nei pazienti anziani ed i falsi positivi<br />
in caso di turbolenze di flusso.<br />
L’Angio-RM dei tronchi epiaortici è generalmente eseguita con la tecnica definita a bolo di<br />
contrasto mediante l’iniezione endovenosa rapida di limitate quantità di mezzo di contrasto<br />
paramagnetico (Figura 5-8).<br />
5.6.4.5 Angiografia convenzionale<br />
Le indicazioni all’esecuzione di uno studio angiografico in un soggetto affetto da ischemia<br />
cerebrale si sono modificate in questi ultimi anni in seguito allo sviluppo della TC, della RM<br />
e dell’ecocolor-Doppler carotideo.<br />
La possibilità di ottenere immagini morfologiche sia dei tronchi epiaortici che del circolo<br />
intracranico mediante angio-TC ed angio-RM, di caratterizzare ecograficamente la placca ateromasica,<br />
di effettuare studi RM di perfusione e diffusione del parenchima cerebrale consentono<br />
di ottenere in modo non invasivo un valido inquadramento del paziente con segni di<br />
ischemia cerebrale pregressa. 92-95<br />
Tuttavia, la metodica angiografica, per il suo alto potere di risoluzione, per la capacità di evidenziare<br />
e studiare tutti i territori vascolari cerebrali e di fornire informazioni emodinamiche<br />
sui tempi di circolo cerebrale, può anche rappresentare un riferimento per una valutazione<br />
morfologica e funzionale del circolo intracranico, soprattutto in fase pre-operatoria oltre che<br />
in tutte quelle condizioni in cui le metodiche non invasive abbiano dato risultati incompleti o<br />
discordanti.<br />
L’esame angiografico è in grado di individuare le alterazioni dei vasi (placca ateromasica ulcerata,<br />
stenosi vascolare, dissezione, etc) e le relative conseguenze emodinamiche attraverso la<br />
valutazione dei circoli collaterali di compenso. 96,97<br />
Figura 5-7. Angio-RM in un’occlusione dell’arteria<br />
cerebrale media di sinistra a livello della biforcazione.<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Figura 5-8. Angio-RM con tecnica a bolo: presenza di<br />
placca ulcerata all’origine dell’arteria carotide interna.
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 73<br />
In particolare l’indagine angiografica appare indicata quando: 98,99<br />
• una stenosi vascolare determini un’attivazione dei circoli di compenso e sia importante<br />
valutare la consistenza del flusso collaterale cerebrale;<br />
• si sospetti un’origine non ateromasica della patologia vascolare (es. fibrodisplasia muscolare,<br />
arterite etc);<br />
• nei casi di ischemia cerebrale in pazienti giovani e bambini;<br />
• nei casi di lesioni post-traumatiche con dissecazione sub-intimale e secondaria formazione<br />
di pseudo-aneurismi.<br />
L’esame angiografico, comunemente eseguito per cateterismo arterioso femorale, comporta un<br />
rischio di complicanze neurologiche minori (che regrediscono entro 72 ore) nel 2% dei<br />
pazienti e di complicanze neurologiche maggiori (durata maggiore di 72 ore) nello 0,1% dei<br />
pazienti. Complicanze fatali sono state riportate nello 0,03% dei casi. 100 Complicanze locali<br />
(ematomi in sede di puntura) si osservano nello 0,1%-0,5% dei casi.<br />
5.6.4.5.1 Semeiotica angiografica<br />
La stenosi vascolare<br />
Il grado di stenosi vascolare ed il relativo significato emodinamico sono abitualmente valutati<br />
secondo il criterio NASCET, che stabilisce un rapporto tra le immagini ottenute all’angiografia<br />
ed il reale grado di stenosi con relativa funzionalità emodinamica dei circoli di compenso<br />
(Figura 5-9) sia per la singola lesione che per lesioni tandem (intra ed extracranica).<br />
Ulcerazione della placca<br />
Le caratteristiche morfo-strutturali della placca ateromasica<br />
a livello della biforcazione carotidea sono valutate con<br />
l’ecotomografia carotidea che risulta, a tal fine, superiore<br />
ai reperti ottenuti con l’esame angiografico nel quale la<br />
lesione ateromasica si evidenzia esclusivamente come<br />
difetto di riempimento endoluminale. 101,102<br />
Placche ateromasiche ulcerate, identificabili come nicchie<br />
sul profilo dell’arteria o come fini irregolarità parietali,<br />
sono riscontrabili nel 30% degli esami eseguiti con iniezione<br />
di mezzo di contrasto a livello dell’arco aortico e le<br />
sole riprese radiografiche sui tronchi epiaortici, mentre<br />
sono evidenziate nel 70% dei casi se l’esame è effettuato<br />
mediante studio selettivo delle arterie carotidi facendo<br />
ricorso a diverse proiezioni.<br />
Trombi localizzati su placche ateromasiche sono difficilmente riconoscibili all’angiografia<br />
come difetti endoluminali di riempimento a superficie liscia.<br />
Circolo collaterale cerebrale<br />
Ci sono diverse possibilità di flusso ematico collaterale che possono attivarsi in corso di occlusione<br />
arteriosa (Figura 5-10): 103<br />
• anastomosi extra ed intra-craniche: carotide esterna con arteria oftalmica, sistema faringooccipitale<br />
e cervicale con arteria vertebrale, rami meningei della carotide esterna con il sifone<br />
carotideo (tratto intrapetroso e cavernoso). Queste anastomosi forniscono un circolo<br />
collaterale nei casi di grave stenosi dei tronchi epiaortici;<br />
• anastomosi intra-craniche (circolo di Willis): rivestono un ruolo importante nelle occlusioni<br />
acute o croniche delle arterie carotidi e del distretto vertebro-basilare; numerose varianti<br />
condizionano una differente efficacia dei compensi;<br />
• anastomosi duro-piali: tra arterie meningee ed arterie corticali; compaiono in occlusioni<br />
vascolari distali croniche e nella malattia moyamoya;<br />
• anastomosi leptomeningee: forniscono un efficace circolo collaterale in caso di occlusioni<br />
vascolari acute; la loro mancata attivazione nei territori vascolari di confine, sensibili alla riduzione<br />
del flusso ematico cerebrale territoriale, provoca l’insorgenza di infarti giunzionali;<br />
• circolo collaterale perforante: sostenuto da anastomosi tra territori perforanti contigui quali<br />
arteria cerebrale anteriore ed arteria cerebrale media per le perforanti della biforcazione<br />
carotidea, arterie lenticolostriate laterali e rami perforanti insulari, arterie talamo perforanti<br />
anteriori e posteriori); riveste un ruolo nelle occlusioni vascolari croniche.<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Sintesi 5-11<br />
L’esame angiografico trova maggiori<br />
indicazioni nei pazienti in<br />
età pediatrica o giovanile con<br />
ischemia cerebrale per la prevalenza<br />
in questi casi di una eziologia<br />
arteritica intracranica rispetto<br />
alla eziologia aterosclerotica<br />
epiaortica.<br />
Figura 5-9. Angiografia convenzionale:<br />
stenosi serrata, preocclusiva,<br />
dell’arteria carotide<br />
interna all’origine.
74<br />
Sintesi 5-12<br />
Un infarto venoso deve essere<br />
sospettato in caso di una lesione<br />
ischemica che non ricopra un<br />
territorio di distribuzione arteriosa<br />
e che eventualmente presenti nel<br />
suo contesto materiale ematico,<br />
spesso associata a mancanza del<br />
classico segnale di vuoto a carico<br />
di un seno durale. In tali casi è<br />
indicata un’angio-RM venosa.<br />
Sintesi 5-13<br />
Nei pazienti con pregressa emorragia<br />
intraparenchimale l’accumulo<br />
di emosiderina rimane un<br />
marcatore indelebile alla RM, in<br />
grado di documentare l’avvenuto<br />
sanguinamento, la sua sede e la<br />
sua estensione.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Area infartuale<br />
L’aspetto angiografico di un infarto cerebrale è classicamente descritto come area avascolare<br />
in corrispondenza di un’occlusione di arterie corticali evidenziata come brusca interruzione<br />
del loro decorso. Talvolta il vaso occluso rimane riempito di contrasto con aspetto assottigliato<br />
a coda di topo e l’area avascolare risulta ridotta dall’attivazione di circoli collaterali. In questi<br />
casi la diagnosi di infarto cerebrale risulta affidata all’analisi dei tempi di circolo cerebrale<br />
e alla sincronia delle fasi angiografiche in tutti i territori corticali. 104 Perfusione di lusso con<br />
visualizzazione precoce di vene di scarico e comparsa di un blush capillare sono presenti<br />
nell’8% dei pazienti con infarto cerebrale. Talvolta rappresentano i soli segni angiograficamente<br />
osservabili 1-17 giorni dopo l’evento ischemico.<br />
Infarti venosi<br />
Gli infarti venosi si distinguono dagli infarti su base arteriosa per la differente localizzazione,<br />
in quanto non ricalcano mai un territorio di distribuzione arteriosa. Inoltre presentano frequentemente<br />
emorragie nel loro contesto, specialmente nella sostanza bianca o alla giunzione<br />
tra bianca e grigia. Può mancare, sulle immagini di RM convenzionale, il segnale di vuoto a<br />
carico di un seno venoso, segno indiretto di trombosi vasale. Nel sospetto di un infarto venoso,<br />
è sempre indicata un angio-RM con tecnica 3D a contrasto di fase, che spesso permette di<br />
visualizzare direttamente l’ostruzione venosa. Nel caso di trombosi del seno longitudinale<br />
superiore, coesiste spesso turgore delle vene superficiali per ostacolo al deflusso.<br />
L’immagine (RM dell’encefalo con contrasto ed<br />
immagini pesate in T1) documenta un mancato<br />
potenziamento del seno sagittale superiore da<br />
occlusione trombotica con aspetto a delta (“delta<br />
sign”; Figura 5-11) legato al potenziamento delle<br />
sue pareti.<br />
Emorragie cerebrali<br />
Per quanto riguarda le emorragie cerebrali, bisogna<br />
ricordare che il prodotto finale di degradazione dell’emoglobina,<br />
l’emosiderina, rimane per un tempo<br />
indefinito nel tessuto, per cui risulta un marker stabile<br />
di pregressa emorragia. A parte la fase acuta,<br />
che verrà trattata in altra sede, nella sede del sanguinamento,<br />
dopo alcuni giorni, si avrà la presenza<br />
di metaemoglobina intracellulare (iperintensa in<br />
T1, ipointensa in T2) e dopo 1-2 settimane di<br />
metaemoglobina extracellulare (iperintensa sia in<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
A B<br />
Figura 5-10. Angiografia convenzionale del circolo intracranico. Presenza di occlusione completa dell’arteria carotide<br />
con compenso dal circolo posteriore tramite l’arteria comunicante posteriore (A) e da anastomosi leptomeningee,<br />
evidenti nelle fasi tardive dell’angiogramma (B).<br />
Figura 5-11. Trombosi del seno sagittale.<br />
Dopo somministrazione di mezzo di contrasto<br />
manca il potenziamento di segnale nell’interno<br />
del seno sagittale, mentre le pareti<br />
appaiono iperintense (segno del delta).
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 75<br />
T1 che in T2). Nella fase cronica, la presenza di emosiderina determinerà la classica riduzione<br />
di segnale nelle immagini T2 pesate, particolarmente evidente con la tecnica gradient<br />
echo. 105<br />
La RM è inoltre in grado di evidenziare la presenza di microsanguinamenti asintomatici, che<br />
sembrano ritrovarsi con maggiore frequenza in pazienti con emorragia intraparenchimale o<br />
infarti lacunari che in pazienti con infarti cardioembolici o aterotrombotici e nei controlli. I<br />
microsanguinamenti potrebbero essere una spia di una patologia delle piccole arterie e rappresentare<br />
un maggior rischio di emorragia, ma tale ipotesi deve ancora essere provata da livelli<br />
di evidenza adeguati. 106<br />
Nel caso di emorragia subaracnoidea, in fase subacuta è possibile vedere i residui del sanguinamento<br />
mediante la tecnica FLAIR, perché il segnale del liquor ricco in proteine non viene<br />
soppresso come normalmente. In fase cronica, possono essere visualizzati eventuali esiti, come<br />
con la TC.<br />
Un altro vantaggio della RM è rappresentato dalla possibilità di studiare, anche durante la<br />
stessa sessione di esame, i vasi epiaortici tramite angio-RM con iniezione rapida di mezzo di<br />
contrasto che, rispetto alla tecnica angio-RM tradizionale 2D tempo di volo, offre una migliore<br />
visualizzazione dei vasi. La RM di perfusione, inoltre, può documentare la presenza di eventuali<br />
alterazioni emodinamiche, come aumento del volume ematico e del tempo di transito,<br />
indicative di una ridotta riserva di perfusione, conseguenza della patologia carotidea.<br />
Lesioni non dovute ad aterosclerosi<br />
Vengono raggruppate alterazioni non aterosclerotiche che possono interessare le arterie cervicali<br />
nel quadro di una malattia sistemica (collagenopatie vascolari) ed essere espressione di<br />
fenomeni vasculitici che interessano principalmente le arterie intracraniche (poliarterite nodosa<br />
o lupus eritematoso sistemico) o primariamente le arterie extracraniche (arterite granulomatosa<br />
della carotide esterna, malattia di Takayasu) aventi tutte come comune denominatore<br />
una risposta autoimmune. 100<br />
La diagnosi angiografica delle vasculopatie non aterosclerotiche è difficile e risulta essenzialmente<br />
basata su quadri clinico-laboratoristici o su esame bioptico.<br />
Angiograficamente i reperti, basati su fenomeni di infiltrazione infiammatoria della parete<br />
arteriosa con restringimento di calibro del lume vascolare, sono aspecifici potendo simulare il<br />
vasospasmo periferico post emorragico o l’angiosclerosi corticale. Nei casi più tipici viene<br />
osservata la presenza di irregolarità segmentarie plurifocali di calibro delle arterie corticali<br />
associate ad occlusione arteriosa distale con fenomeni locali di perfusione di lusso in quadro<br />
complessivo di “albero vascolare potato”. 107<br />
Fenomeni di embolia batterica si possono accompagnare a formazione di aneurismi micotici<br />
periferici.<br />
Quadri angiografici caratteristici anche se non patognomonici si osservano nella malattia<br />
moyamoya e nella sindrome di Takayasu. 107<br />
Malattia moyamoya<br />
Gli elementi su cui basare la diagnosi della malattia moyamoya sono:<br />
Reperti angiografici:<br />
• stenosi od occlusione della carotide interna sovraclinoidea e dell’origine dell’arteria cerebrale<br />
anteriore e media;<br />
• sviluppo di una rete anastomotica tra arterie perforanti ipertrofiche;<br />
• sviluppo di una rete anastomotica tra arterie corticali ed arterie meningee;<br />
• bilateralità dei reperti:<br />
Aspetti eziologici:<br />
• esclusione di malattia aterosclerotica, di sindrome di Down, di neurofibromatosi, di trattamenti<br />
radioterapici o traumi.<br />
Sindrome di Takayasu<br />
La sindrome di Takayasu manifesta predominanza femminile, età 15-40 anni, interessamento<br />
dell’arco aortico e delle arterie epiaortiche. La lesione vascolare è caratterizzata da ispessi-<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Sintesi 5-14<br />
Lo studio angiografico nei<br />
pazienti con sospetta vasculite<br />
intracranica o con sospetta patologia<br />
non aterosclerotica di tronchi<br />
epiaortici (dissecazione,<br />
malformazioni vascolari, varianti<br />
anatomiche) sembra consentire<br />
una migliore accuratezza diagnostica<br />
rispetto alle altre tecniche<br />
non invasive.
76<br />
Raccomandazione 5.8 Grado D<br />
L’angiografia del circolo intracranico<br />
rappresenta il gold standard<br />
per lo studio della patologia<br />
aneurismatica cerebrale responsabile<br />
di emorragia sub-aracnoidea.<br />
È indicata in tutti i pazienti<br />
con emorragia sub-aracnoidea<br />
candidati a un intervento chirurgico<br />
od endovascolare.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
mento intimale, fibrosi della tunica media ed avventizia secondarie a un processo infiammatorio<br />
cronico interessante tutta la parete arteriosa, che porta a restringimento del lume e trombosi<br />
con segni di insufficienza cerebrovascolare o infarto, assenza dei polsi periferici.<br />
Angiograficamente si evidenzia con un quadro di stenosi sub-occlusiva interessante lunghi<br />
tratti dei tronchi epiaortici a partenza dall’arco. 108<br />
Fibrodisplasia muscolare<br />
Angiopatia segmentale non aterosclerotica, non infiammatoria ad eziologia sconosciuta che<br />
interessa prevalentemente il sesso femminile in età media:<br />
• incidenza angiografica variabile dallo 0,6% a 1%;<br />
• sede elettiva carotide interna e vertebrale a livello C2;<br />
• bilateralità nei 2/3 dei casi, si associa ad aneurismi sub-aracnoidei nel 22%-50% dei casi.<br />
Aspetto angiografico: 109<br />
Tipo1: aspetto a corona di rosario (89%) con multiple irregolarità concentriche distanziate<br />
con interposizione di segmenti arteriosi normali o dilatati;<br />
Tipo2: stenosi tubolare (7%): lesione concentrica con restringimento regolare del lume del<br />
vaso;<br />
Tipo3: solo una parete del segmento vascolare risulta colpita e può mostrare una tasca simildiverticolare<br />
o una stenosi con aspetto a setto.<br />
Aspetti clinici: le manifestazioni più frequenti associate al riscontro angiografico di fibrodisplasia<br />
sono sindromi emorragiche cerebro-meningee ed ischemiche (TIA, ictus).<br />
5.6.4.6 Angiografia nell’emorragia sub-aracnoidea<br />
L’esecuzione di uno studio angiografico in un paziente affetto da emorragia sub-aracnoidea è<br />
necessario rappresentando questa metodica di indagine strumentale ancora oggi il ”gold standard”<br />
della diagnostica neuroradiologia volta ad evidenziare la ricerca di malformazioni vascolari<br />
causa dell’evento emorragico intracranico. 110<br />
Il ruolo di esame angiografico quale metodica di elezione nello studio degli aneurismi subaracnoidei<br />
e delle malformazioni arterovenose cerebrali non risulta infatti modificato, allo<br />
stato attuale dell’arte, dallo sviluppo delle metodiche non invasive di angio-TC e di angio-RM<br />
che sono da considerarsi ancora oggi complementari all’angiografia cerebrale (eseguita per<br />
cateterismo selettivo delle arterie cerebro-afferenti). 111-115<br />
L’esame angiografico consente:<br />
a. identificazione e caratterizzazione morfologica dell’aneurisma.<br />
La metodica angiografica è provvista di un alto potere di risoluzione spaziale e ed è in grado<br />
di studiare tutti i territori vascolari cerebrali (selettività e completezza del bilancio vascolare).<br />
La possibilità di diagnosticare aneurismi di pochi mm di diametro su arterie periferiche o<br />
corticali, in prossimità della base cranica e della fossa cranica posteriore od all’interno del<br />
seno cavernoso ove l’angio-RM e l’angio-TC possono incorrere in falsi negativi, rende la<br />
metodica angiografica indispensabile per effettuare un bilancio morfologico completo di<br />
tutte le arterie cerebrali. 116 Lo studio delle dimensioni dell’aneurisma, della sua morfologia<br />
e del suo orientamento spaziale ottenibili con l’angiografia, indispensabile alla programmazione<br />
dell’intervento terapeutico, può essere migliorato se effettuato con angiografi biplanari<br />
e rotazionali che sono in grado di produrre ricostruzioni tridimensionali della lesione<br />
su diversi piani spaziali.<br />
b. caratterizzazione angio-topografica dell’aneurisma. 117<br />
La possibilità di ottenere immagini secondo diversi orientamenti spaziali (multiplanarità)<br />
consente di valutare i rapporti dell’aneurisma con i rami di biforcazione che si diramano<br />
dalla base dell’aneurisma e con le arterie perforanti più grosse o con arterie funzionali prossime<br />
alla lesione (arteria corioidea ricorrente di Heubner ecc). Queste informazioni unitamente<br />
alla possibilità di evidenziare varianti anatomiche (fenestrazioni vascolari) risultano<br />
di grande importanza nel determinare il rischio dell’intervento e di pianificare la scelta terapeutica<br />
(neurochirurgica ed endovascolare).<br />
c. caratteristiche emodinamiche.<br />
Lo studio selettivo di tutte le arterie cerebro afferenti consente di ottenere informazioni<br />
sulla completezza e funzionalità (attraverso l’esecuzione di manovre di compressione caro-<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 77<br />
tidea) del poligono di Willis. La visualizzazione sequenziale delle fasi angiografiche, capillari<br />
e venose, e lo studio dei circoli di compenso attivati consentono una valutazione morfologico-funzionale<br />
dell’emodinamica cerebrale che risulta particolarmente importante nel<br />
definire il rischio di ictus ischemico in caso di occlusione vascolare transitoria o permanente<br />
di un asse vascolare cerebro-afferente.<br />
d. presenza di vasospasmo e di malformazioni vascolari associate.<br />
Con lo studio angiografico è possibile evidenziare la presenza di vasospasmo cerebrale che<br />
si associa all’emorragia subaracnoidea e di malformazioni vascolari arterovenose incidentali.<br />
118,119<br />
5.6.5 Elettroencefalogramma<br />
L’elettroencefalografia rappresenta nella patologia cerebrovascolare un momento diagnostico<br />
che trova la sua indicazione in fasi diverse della malattia ed in considerazione di variabili di<br />
ordine fisiopatogenetico, clinico e prognostico. L’orientamento generale e più specificamente<br />
quello che è emerso finora dalle linee guida in letteratura indica lo studio EEG come indagine<br />
non di uso routinario, ma che diventa indispensabile in presenza di determinati elementi di<br />
carattere clinico.<br />
Le alterazioni dei tracciati EEG riscontrabili in corso di patologie cerebrovascolari variano in<br />
rapporto alla sede e all’entità della lesione cerebrale prodotta, indipendentemente dalla sua<br />
natura embolica, trombotica o emorragica. L’interruzione totale del flusso ematico ad una<br />
determinata zona cerebrale induce costantemente e immediatamente modificazioni dell’attività<br />
elettroencefalografica, mentre lesioni vascolari non complete possono essere a lungo elettrograficamente<br />
silenti. 120<br />
In diagnostica differenziale lo studio EEG è indicato, sia nel TIA sia nell’ictus, quando si<br />
sospetti la natura epilettica del disturbo focale in esame. Tale sospetto origina dall’analisi dei<br />
dati clinico-anamnestici del caso. 52<br />
Nell’ictus, l’EEG può essere indicato qualora la sua insorgenza dia luogo a manifestazioni epilettiche<br />
che possono variare dal singolo episodio comiziale fino allo stato di male epilettico. 52<br />
L’ictus, infatti, di per sé rappresenta una delle cause principali di epilessia nell’età adulta e la<br />
principale negli anziani. 121-124<br />
La frequenza di complicanze epilettiche in corso di ictus varia in letteratura tra il 4,3% ed il<br />
42,8%, a seconda dei diversi disegni di studio adottati. 125-128 Tale rischio è maggiore nei casi<br />
di emorragia cerebrale con coivolgimento corticale e di infarto cerebrale di grandi dimensioni<br />
con interessamento corticale, mentre le lesioni emisferiche profonde o sottotentoriali difficilmente<br />
determinano fenomeni epilettici. 123,126,129-131<br />
Viene inoltre riportata una maggiore incidenza di attacchi epilettici post-ischemici negli ictus<br />
di natura embolica rispetto a quella trombotica. 123,129,132,133<br />
Sulla base del profilo temporale si identificano due gruppi di crisi a seconda che il loro esordio<br />
avvenga nella fase acuta dell’ictus, entro le prime due settimane per diversi autori;<br />
128,130,134,135 entro le prime tre settimane per Horner et al. 133 oppure tardivamente, anche<br />
dopo mesi o anni.<br />
Numerosi dati di letteratura, specialmente recente, hanno evidenziato una relazione tra il quadro<br />
EEG nella fase acuta dell’ictus e prognosi in termini sia di disabilità che di mortalità.<br />
La presenza, infatti, di alterazioni elettroencefalografiche è risultata essere una delle variabili<br />
prognostiche indipendenti correlate alla disabilità e mortalità a 30 giorni, in uno studio condotto<br />
su 351 pazienti consecutivi esaminati entro 48 ore dall’insorgenza di un primo ictus. 136<br />
Anche Cillessen et al. avevano precedentemente mostrato il ruolo predittivo delle alterazioni<br />
EEG sul recupero funzionale di pazienti con handicap grave (Rankin 4 o 5) nella fase acuta<br />
dell’ictus. 120<br />
L’assenza nei tracciati di attività lente con nessuna o solo lieve riduzione della frequenza del<br />
ritmo α e/o µ viene considerata un indice prognostico positivo. Lo stesso vale per il riscontro<br />
di segni di ischemia superficiale ma limitata, quali l’attività θ e/o δ intermittente dal lato infartuato,<br />
associata ad una lieve asimmetria dell’attività di fondo.<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Raccomandazione 5.9 Grado D<br />
L’EEG è indicato nei pazienti con<br />
presentazione a tipo TIA o ictus,<br />
quando si sospetti la natura epilettica<br />
del disturbo focale in<br />
esame.
78<br />
Raccomandazione 5.10<br />
Grado B<br />
Lo studio eco-Doppler dei tronchi<br />
sovra-aortici è indicato nei soggetti<br />
con TIA o ictus recente per<br />
un migliore inquadramento eziopatogenetico.<br />
Sintesi 5-15<br />
Lo studio di una stenosi carotidea<br />
ai fini della valutazione chirurgica<br />
o di terapia endovascolare deve<br />
essere affidata in prima istanza a<br />
metodiche non invasive (ecotomografia<br />
carotidea, angio-RM,<br />
angio-TC). Lo studio angiografico<br />
può essere indicato in caso di<br />
discordanza tra i risultati forniti<br />
dalle metodiche non invasive,<br />
quando esista il sospetto di una<br />
prevalente patologia aterosclerotica<br />
a carico delle principali arterie<br />
intracraniche ed in particolare<br />
del circolo vertebro-basilare<br />
(esame velocitometrico Doppler<br />
transcranico, angio-RM), quando<br />
esami angio-RM o angio-TC risultino<br />
viziati da artefatti o siano di<br />
difficile esecuzione.<br />
Raccomandazione 5.11<br />
Grado B<br />
Lo studio eco-Doppler dei tronchi<br />
sovra-aortici è indicato nella<br />
valutazione della stenosi carotidea<br />
ai fini della scelta terapeutica<br />
in senso chirurgico quale indagine<br />
conclusiva e quindi sostitutiva<br />
dell’angiografia, dopo averne<br />
verificato l’accuratezza, eventualmente<br />
completata con i dati di<br />
altre tecniche non invasive di<br />
neuroimmagine (angio-RM;<br />
angio-TC).<br />
Raccomandazione 5.12<br />
Grado D<br />
Lo studio eco-Doppler dei tronchi<br />
sovra-aortici è indicato nei<br />
pazienti che devono subire un<br />
intervento di chirurgia cardiovascolare<br />
maggiore quale studio<br />
preliminare per la valutazione del<br />
rischio di eventi ischemici cerebrali<br />
in rapporto alla presenza di<br />
stenosi carotidee.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Valore prognostico negativo riveste, invece, la presenza di attività δ polimorfa, continua e prevalente<br />
o la depressione del ritmo α e/o β sull’emisfero colpito.<br />
La consistenza di tali osservazioni, inoltre, supporta l’ipotesi secondo la quale l’esame EEG,<br />
in quanto indagine funzionale, fornisce indicazioni sul grado di compromissione del tessuto<br />
ischemico e quindi sul suo potenziale recupero in termini di evoluzione favorevole dell’area di<br />
penombra ischemica. In base a queste considerazioni lo studio EEG in pazienti con ictus in<br />
fase acuta può essere eseguito per un migliore inquadramento prognostico ai fini della pianificazione<br />
riabilitativa.<br />
5.6.6 Diagnostica neurosonologica<br />
La diagnostica neurosonologica consente uno studio completo e non invasivo del distretto<br />
arterioso extra ed intracranico con caratteristiche di affidabilità, riproducibilità, elevata risoluzione<br />
temporale, rapidità di esecuzione e bassi costi. Queste caratteristiche ne fanno la metodica<br />
diagnostica ideale per uno studio di screening e di follow-up, ma anche uno strumento di<br />
valutazione “al letto” del paziente cerebrovascolare acuto, con possibilità sia di monitoraggio<br />
continuativo sia di studi seriati a cadenza ravvicinata.<br />
5.6.6.1 Distretto epi-aortico<br />
5.6.6.1.1 Episodi ischemici (TIA o ictus) pregressi<br />
Per quanto i dati siano molto variabili in rapporto al diverso case-mix, 137 una proporzione realistica<br />
per l’ictus ischemico dovuto a patologia ateromasica delle grandi arterie cerebro-afferenti<br />
potrebbe essere di circa un terzo dei casi, e rappresenta una delle situazioni che beneficiano<br />
in modo selettivo di una diagnosi precoce per la possibilità ormai consolidata di una<br />
riduzione della morbosità e mortalità previo intervento chirurgico di endoarteriectomia carotidea<br />
in caso di stenosi superiore al 70%, come indicato dagli studi NASCET ed ECST. 138,139<br />
Pertanto tutti i soggetti con recente TIA o ictus vanno sottoposti precocemente a studio eco-<br />
Doppler dei tronchi sovra-aortici. Uno studio del distretto circolatorio intracranico con<br />
Doppler transcranico è inoltre consigliato come intervento di seconda istanza. 140<br />
5.6.6.1.2 Valutazione preoperatoria nella stenosi carotidea<br />
Va inoltre sottolineato che anche la valutazione angiografica, considerata il gold standard, è<br />
gravata dal problema della scarsa riproducibilità delle misurazioni: fino al 20% di disaccordo<br />
sulla percentuale di stenosi tra due diversi osservatori esperti. 141 Tale livello di discrepanza<br />
diviene inaccettabile quando il grado di stenosi carotidea costituisce il fattore decisionale<br />
determinante nella scelta tra terapia medica e terapia chirurgica. Alcuni autori hanno proposto<br />
l’applicazione di un sistema computerizzato alla valutazione della ecogenità di placca, al<br />
fine di ridurre la soggettività dell’operatore, e hanno ottenuto dei risultati interessanti. 142<br />
La Consensus Conference di Parigi del 1994 ha stabilito l’utilità del ricorso all’indagine angiografica<br />
solo nel caso di discrepanza fra i dati ultrasonografici e quelli ottenuti con angio-RM. 143<br />
È stato osservato che se si segue tale procedura solo il 16% dei pazienti candidabili per l’endarteriectomia<br />
dovrebbero essere sottoposti ad indagine angiografica. 144-149<br />
Un altro aspetto è quello relativo alla possibilità di diagnostica differenziale offerta dalle metodiche<br />
ultrasonografiche, e in particolare dall’eco-color Doppler, fra le occlusioni di natura<br />
trombo-embolica e quelle attribuibili a dissecazione della parete vasale, per le quali è ben<br />
documentata la sensibilità diagnostica dell’eco-color Doppler, 150.151 che associa all’accuratezza<br />
la possibilità di valutazioni seriate, in grado di documentare l’eventuale ricanalizzazione del<br />
vaso. Le strategie terapeutiche possono essere modificate in maniera cruciale dal rilievo precoce<br />
di tale patologia come fattore eziopatogenetico di un evento cerebrovascolare ischemico.<br />
152-153 È noto che questo tipo di fattore causale è tutt’altro che infrequente in caso di ictus<br />
ischemico giovanile. 154<br />
5.6.6.1.3 Valutazione preoperatoria in pazienti da sottoporre ad interventi cardiovascolari<br />
in circolazione extracorporea<br />
L’incidenza di stenosi carotidea asintomatica o sintomatica è elevata in pazienti che devono<br />
essere sottoposti ad intervento di by-pass aorto-coronarico, per cui uno studio preventivo dei<br />
tronchi sovra-aortici con eco-Doppler è fortemente raccomandabile in tale situazione clinica.<br />
È stato osservato che, nei pazienti che avevano indicazione alla chirurgia cardiaca, vi era nel<br />
17% dei casi una incidenza di stenosi carotidea superiore al 50% e, nel 6% dei casi, una ste-<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 79<br />
nosi carotidea superiore all’80%. 155 Non è invece ancora stabilito se tali pazienti debbano<br />
essere operati di endoarteriectomia prima o dopo la chirurgia cardiaca (vedi anche<br />
§ 13.4.1). 156<br />
5.6.6.1.4 Controllo periodico di pazienti già sottoposti a endoarteriectomia carotidea<br />
La recidiva di stenosi in arterie carotidee operate è variamente valutata nelle diverse casistiche,<br />
ma le restenosi superiori al 50% non sembrano superare l’11%. 157 La maggior parte delle<br />
restenosi compare entro due anni dall’intervento ed è attribuibile all’iperplasia fibromuscolare<br />
del tessuto neointimale. 158 In ogni caso tale evento sembra rivestire una modesta importanza<br />
dal punto di vista del rischio di una recidiva di sintomaticità della stenosi. 159 Dato che questo<br />
tipo di restenosi tende a stabilirsi precocemente, è indicato un controllo eco-Doppler a<br />
breve scadenza entro i primi tre mesi dall’intervento, poi a 9 mesi ed in seguito annualmente.<br />
5.6.6.1.5 Valutazione nei pazienti asintomatici e con aterosclerosi polidistrettuale<br />
Un soffio locale, occasionalmente rilevabile mediante auscultazione al disopra della biforcazione<br />
carotidea, predice un certo grado di stenosi della carotide (>25% nello studio ECST).<br />
Hankey e Warlow 160 hanno dimostrato che la percentuale di stenosi della carotide interna è<br />
correlata con la presenza di soffi carotidei avvertiti alla biforcazione: tale reperto è presente in<br />
circa l’80% dei casi con stenosi della carotide interna superiore al 75%. In un recente studio<br />
è stato dimostrato un adeguato rapporto costo/efficacia nello screening dei pazienti con soffi<br />
vascolari al collo, in popolazioni in cui la prevalenza della stenosi carotidea sia superiore o<br />
uguale al 20%. 161<br />
Pertanto, in soggetti asintomatici il riscontro di un soffio di genesi non cardiaca sui vasi epiaortici<br />
pone l’indicazione ad effettuare uno studio eco-Doppler dei tronchi epiaortici (TSA).<br />
I risultati dello studio ACAS hanno suggerito la possibilità di un beneficio statisticamente<br />
significativo dell’endoarteriectomia anche nei pazienti asintomatici con stenosi carotidea superiore<br />
al 60%. 162 Benché esistano ancora notevoli controversie sull’interpretazione dei dati<br />
emersi da questo studio, lo Ad Hoc Committee della American Heart Association (1995) ha<br />
individuato tale indicazione come accettabile anche se non certa. 163<br />
In rapporto a questo nuovo indirizzo sono stati prodotti negli ultimi anni numerosi studi tesi<br />
a valutare il rapporto costo/efficacia di uno screening sulla popolazione degli asintomatici.<br />
Il reperto di soffio a livello dei tronchi sovra-aortici, pur essendo correlato con la presenza di<br />
stenosi critica della carotide, non appare come l’unico elemento sufficiente per determinare la<br />
decisione di screening diagnostico nell’asintomatico. È infatti noto che una quota importante<br />
di stenosi delle carotidi non si associa a tale reperto. Inoltre, la determinazione dell’origine<br />
sovra-aortica di un soffio percepito al collo non è sufficientemente garantita dalle tecniche di<br />
semeiotica fisica. La maggior parte degli autori concordano che uno screening dei pazienti<br />
asintomatici può essere efficace dal punto di vista dei costi quando la prevalenza della patologia<br />
ateromasica carotidea nella popolazione studiata sia almeno del 20%. 164-168<br />
Studi di popolazione riferiscono che nei soggetti di età superiore a 70 anni la prevalenza di ateromatosi<br />
carotidea è superiore al 50% 169,170 e nei pazienti con claudicatio intermittens degli<br />
arti inferiori è presente una stenosi carotidea superiore al 50% nel 24,5% dei casi. 171<br />
La polidistrettualità della malattia aterosclerotica rende giustificabile lo screening con Eco<br />
Doppler TSA dei soggetti neurologicamente asintomatici portatori di coronaropatia o di arteriopatia<br />
o di soggetti di età superiore a 65 anni con fattori multipli di rischio vascolare.<br />
5.6.6.1.6 La placca carotidea “a rischio”<br />
Gli studi NASCET e ECST hanno evidenziato quanto sia importante la gravità della stenosi<br />
carotidea omolaterale rispetto ai sintomi cerebrali od oculari per la prevenzione di un ictus<br />
ischemico con la stessa distribuzione arteriosa. Hanno inoltre consentito di riconoscere che,<br />
anche all’interno della categoria di stenosi “serrate”, esiste un aumentato rischio di peggioramento<br />
della stenosi stessa e che prove “angiografiche” di “ulcerazione” o di “irregolarità”<br />
determinano un ulteriore incremento del rischio. 172 Tali osservazioni hanno contribuito a stabilire<br />
una stretta relazione fra tipologia di placca e sintomatologia neurologica suggerendo l’introduzione<br />
del concetto di “placca a rischio”. 173-177<br />
A questo proposito, diverse classificazioni sono state proposte per gli aspetti ultrasonografici<br />
della placca carotidea relativi alla sua composizione e morfologia ed è stato dimostrato un pos-<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Raccomandazione 5.13<br />
Grado D<br />
Lo studio eco-Doppler dei tronchi<br />
sovra-aortici è indicato nei<br />
pazienti operati di tromboendoarteriectomia<br />
carotidea entro i<br />
primi tre mesi dall’intervento, a<br />
nove mesi ed in seguito annualmente,<br />
per la valutazione della<br />
recidiva di stenosi.<br />
Raccomandazione 5.14<br />
Grado D<br />
Lo studio eco-Doppler dei tronchi<br />
sovra-aortici in soggetti asintomatici<br />
è indicato:<br />
• quando vi sia un reperto di<br />
soffio sui vasi epiaortici di<br />
genesi non cardiaca;<br />
• in soggetti appartenenti a<br />
popolazioni con elevata probabilità<br />
di stenosi carotidea<br />
arteriopatici con claudicatio<br />
intermittens, coronaropatici<br />
documentati, soggetti di età<br />
superiore ai 65 anni con fattori<br />
di rischio aterotrombotico<br />
multipli).
80<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
sibile valore predittivo di tali aspetti. 173,175 Dal punto di vista ecografico B-mode, 178,179 le placche<br />
carotidee vengono classificate in:<br />
• omogenee - eterogenee;<br />
• ecolucenti (soft) - miste (medium) - ecogeniche (hard).<br />
Una classificazione successiva, che considera sia l’ecogenicità che la struttura, suddivide le<br />
placche in 5 tipi:<br />
a. uniformemente anecogene;<br />
b. prevalentemente anecogene;<br />
c. prevalentemente ecogene;<br />
d. uniformemente ecogene;<br />
e. calcifiche;<br />
è stata elaborata da una Consensus Conference Internazionale tenutasi a Parigi nel 1996. 180<br />
Precise correlazioni sono state trovate tra tali classificazioni ultrasonografiche e gli aspetti anatomo-patologici<br />
e clinici delle placche asportate chirurgicamente. 146 Le placche soft o a bassa<br />
ecogenicità sono a prevalente contenuto lipidico e hanno alta tendenza a sviluppare trombosi,<br />
ulcerazioni e embolizzazioni, 181 mentre le placche eterogenee e soft-medium 146 spesso correlano<br />
con il fenomeno dell’emorragia intraplacca, ad alto rischio di trombosi e ischemia cerebrale<br />
Alcuni autori avevano già segnalato che le placche soft ed eterogenee sono più frequenti nei<br />
soggetti sintomatici rispetto agli asintomatici 173,175 e veniva nel contempo riferita una sensibilità<br />
maggiore dell’eco-Doppler B-mode rispetto all’angiografia nella diagnosi dell’ulcerazione<br />
e dell’emorragia intraplacca. 182<br />
Studi successivi hanno evidenziato che l’ulcerazione della placca carotidea e la formazione di<br />
trombi endoluminali costituiscono gli elementi determinanti nella formazione di microemboli<br />
cerebrali e sono fattori predittivi di sintomatologia neurologica. 183<br />
La particolare importanza della morfologia della placca carotidea nel predirre il rischio di<br />
eventi cerebrovascolari è stata più recentemente confermata dallo studio Tromsö, il quale ha<br />
evidenziato che i soggetti portatori di placche carotidee ipoecogene hanno un elevato rischio<br />
di eventi cerebrovascolari indipendentemente dal grado di stenosi e dalla concomitante presenza<br />
di altri fattori di rischio vascolare. 184 Altri autori hanno successivamente confermato che<br />
la progressione del grado di stenosi e le caratteristiche ecografiche della placca sono importanti<br />
marker predittivi di eventi cerebrovascolari. 185 Anche con l’utilizzo di altre metodiche di<br />
imaging carotideo non invasivo è stato confermato che le placche carotidee calcifiche sono<br />
raramente sintomatiche, indipendentemente dal loro grado di stenosi. 186 La stretta relazione<br />
esistente fra ecogenicità della placca e rischio di eventi cerebrovascolari nelle procedure di<br />
stenting carotideo, rilevata nello studio ICAROS, 187 non è stata confermata dalla letteratura<br />
più recente. 188<br />
Lo studio sonografico delle arterie intracraniche è una importante indagine complementare in<br />
grado di evidenziare sia l’eventuale impatto emodinamico intracranico della stenosi carotidea<br />
189 sia la possibile presenza di segnali microembolici intracranici (MES), espressione di<br />
ulcerazione della placca carotidea. 190 Lo studio CARESS, recentemente pubblicato, ha confermato<br />
l’utilità del rilievo dei MES come marker surrogato di presenza di placca carotidea<br />
emboligena. 191<br />
Anche se le più moderne tecniche di neuroimmagine non invasive possono fornire raffinate<br />
immagini morfologiche delle arterie extracraniche cerebroafferenti, l’ecotomografia Doppler<br />
B-mode ad alta risoluzione si è dimostrata metodica affidabile nel caratterizzare la morfologia<br />
della placca carotidea. 192 Alcuni autori hanno recentemente analizzato la volumetria della<br />
placca con tecniche tridimensionali e hanno rilevato che il coefficiente di variazione nella<br />
misurazione del volume diminuiva con l’aumento delle dimensioni della placca stessa. 193<br />
Purtuttavia gli studi che hanno paragonato le immagini ecografiche della placca con il dato<br />
istopatologico hanno fornito dati non sempre univoci e non è quindi ancora disponibile un<br />
marker ecografico specifico di “placca a rischio emboligeno” che sia significativamente predittivo<br />
di eventi cerebrovascolari. 194-196<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 81<br />
5.2.6.2 Distretto intracranico<br />
Il Doppler transcranico (DTC) è una metodica ultrasonografica non invasiva che misura la<br />
velocità ematica e la direzione di flusso nella porzione prossimale delle principali arterie intracraniche.<br />
197 Il DTC è una metodica operatore-dipendente e richiede un periodo di addestramento<br />
e un certo grado di esperienza per interpretare i risultati ottenuti.<br />
I principali vantaggi del Doppler transcranico sono i seguenti: l’esame può essere effettuato al<br />
letto e ripetuto quante volte è necessario o utilizzato per monitoraggio continuo; è meno costoso<br />
di altre metodiche.<br />
I suoi principali limiti sono rappresentati dal fatto che il test diagnostico può rilevare le velocità<br />
di flusso solo in alcuni segmenti delle principali arterie intracraniche, che tuttavia rappresentano<br />
la sede di più frequente localizzazione della patologia vascolare intracranica.<br />
L’aterosclerosi intracranica è responsabile di più del 10% di tutti i TIA e degli ictus ischemici.<br />
197-199 Il DTC può infatti adeguatamente evidenziare la stenosi e l’occlusione della carotide<br />
Intracranica a livello del sifone, del segmento prossimale (M1) della arteria cerebrale media,<br />
delle arterie vertebrali intracraniche, dell’arteria basilare prossimale e del segmento prossimale<br />
(P1) dell’arteria cerebrale posteriore. 200,201<br />
La possibilità di diagnosticare la stenosi dei vasi intracranici con Doppler transcranico è stata<br />
dimostrata in studi di confronto con l’angiografia. 198-202 La sensibilità della metodica viene<br />
indicata in 91%-92% per quanto riguarda il circolo anteriore e un po’ inferiore per il circolo<br />
posteriore, mentre la specificità ed il valore predittivo positivo e negativo sono vicini al 100%.<br />
Inoltre il Doppler transcranico ha dimostrato di poter documentare con sufficiente accuratezza,<br />
in caso di monitoraggio dell’ictus ischemico acuto, 203-204 i processi di ricanalizzazione<br />
delle arterie intracraniche maggiori (specie l’arteria cerebrale media) in rapporto a processi di<br />
trombolisi spontanea.<br />
L’occlusione delle arterie intracraniche identificata con DTC è correlata con ridotto recupero<br />
funzionale, disabilità o morte dopo i 90 giorni, 205,206 mentre risultati normali dell’indagine<br />
transcranica predicono un recupero precoce. 207,208 Nei pazienti con ictus acuto nel territorio<br />
della carotide interna intracranica, i dati ottenuti con DTC, la gravità dell’ictus a 24 ore e la<br />
grandezza della lesione ischemica alla TC sono predittori indipendenti di esito a 30 giorni. 146<br />
La possibilità di ottenere informazioni sulla presenza di circoli collaterali intracranici in rapporto<br />
con l’ostruzione di vasi extracranici è stata ben documentata, 209,210 e ne è stato anche<br />
inferito il significato prognostico; 211 la presenza di circoli collaterali intracranici è evidenziabile<br />
con Doppler transcranico anche in caso di occlusione di vasi intracranici. 212<br />
La sensibilità e la specificità del DTC nell’evidenziare la ricanalizzazione vasale (evidenziata<br />
angiograficamente) sono da buone a eccellenti quando la ricanalizzazione avviene in precedente<br />
occlusione completa e occlusione parziale, mentre la sensibilità per l’occlusione completa<br />
è bassa. 213<br />
La ricanalizzazione vasale che si verifica entro 5-8 ore, specialmente quando si associa alla presenza<br />
di un buon circolo collaterale, è stata associata ad un migliore esito. 203-214<br />
La stessa metodica è in grado di evidenziare i processi di ricanalizzazione post-trombolisi farmacologica.<br />
215,216<br />
Un recente piccolo studio randomizzato controllato 217 che ha confrontato la trombolisi e.v.<br />
(n=14) e la trombolisi associata ad un monitoraggio ultrasonografico continuo con DTC<br />
(n=11) nell’occlusione acuta della ACM ha suggerito un più alto grado di ricanalizzazioni<br />
entro 1 ora e un miglioramento clinico significativo a 90 giorni nei pazienti che hanno avuto il<br />
monitoraggio ultrasonografico continuo.<br />
Uno studio randomizzato multicentrico (CLOTBUTS) ha osservato una percentuale del 49%<br />
di ricanalizzazioni complete o di recupero clinico “drammatico” dall’ictus entro 2 ore dall’infusione<br />
di tPA in caso di monitoraggio ultrasonografico continuo in confronto ad un 30% in<br />
pazienti che hanno ricevuto tPA senza monitoraggio ultrasonografico. Una ricanalizzazione<br />
precoce è stata osservata nel 38% dei pazienti monitorati rispetto al 2,7% dei controlli. 218<br />
In particolare, negli ultimi anni un crescente numero di studi ha confrontato la sensibilità e la<br />
specificità dei dati ottenuti con Doppler transcranico con quelli ottenuti con eco-color<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Sintesi 5-16<br />
La stenosi arteriosclerotica delle<br />
arterie intracraniche è uno dei<br />
maggiori fattori di rischio e causali<br />
di ictus ischemico, anche<br />
nelle popolazioni occidentali. È<br />
possibile uno screening ultrasonografico<br />
con Doppler transcranico<br />
o con eco-color Doppler transcranico<br />
di tale condizione con<br />
sufficiente accuratezza almeno<br />
nella patologia del circolo anteriore.<br />
Raccomandazione 5.15<br />
Grado D<br />
Lo studio con Doppler transcranico<br />
è integrativo nei pazienti con<br />
TIA o ictus recente per la documentazione<br />
di stenosi dei vasi<br />
intracranici, di processi di ricanalizzazione,<br />
di circoli collaterali<br />
intracranici, della riserva cerebrovascolare<br />
e di placche embolizzanti.
82<br />
Raccomandazione 5.16<br />
Grado D<br />
Lo studio con Doppler transcranico<br />
è integrativo nei pazienti candidati<br />
alla endoarteriectomia<br />
carotidea per la valutazione preoperatoria<br />
ed il monitoraggio<br />
intraoperatorio.<br />
Raccomandazione 5.17<br />
Grado D<br />
Lo studio con Doppler transcranico<br />
è indicato nei soggetti con<br />
sospetto shunt cardiaco destrosinistro<br />
come sostitutivo dell’ecocardiografia<br />
transesofagea per<br />
l’identificazione di tale condizione.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
Doppler transcranico, sia considerato come metodica a sé, sia abbinato all’uso di agenti<br />
ecoamplificatori. Questi ultimi sono rappresentati da preparati iniettabili in vena (che attraversano<br />
agevolmente il filtro polmonare) contenenti bolle di aria di piccolo diametro in grado<br />
di aumentare significativamente (di 10-30 dB) l’ecogenicità del sangue.<br />
L’uso dell’eco-color Doppler transcranico nell’esplorazione del circolo cerebrale è caratterizzato<br />
dai seguenti vantaggi: 219-222<br />
a. riduzione netta dei soggetti non esplorabili per impervietà della finestra temporale;<br />
b. possibilità di evidenziare l’esatto decorso dei vasi intracranici rispetto alla sonda ultrasonografica<br />
con preciso calcolo dell’angolo di insonorizzazione e con conseguente ottimizzazione<br />
del rilievo di velocità in ogni punto del vaso esplorato e miglior quantificazione del grado<br />
di stenosi;<br />
c. identificazione più sensibile della occlusione della arteria cerebrale media e della carotide<br />
interna intracranica;<br />
d. possibilità di diagnosi differenziale tra ictus ischemico ed ictus emorragico. 223,224<br />
La valutazione della vasoreattività cerebrale ottenuta con Doppler transcranico associato a<br />
procedure in grado di indurre variazioni della pCO2 cerebrale riveste un ruolo importante<br />
nella valutazione prognostica dei soggetti con patologia ostruttiva dei grossi vasi intracranici,<br />
225 e una possibile utilità nella valutazione preoperatoria del paziente con indicazione per<br />
l’endoarteriectomia carotidea. 226,227 Lo stesso Doppler transcranico ha dimostrato una utilità<br />
pratica nel monitoraggio intraoperatorio della endoarteriectomia carotidea. 228,229<br />
Un ruolo diagnostico particolare è svolto poi dal Doppler transcranico nella valutazione della<br />
microembolia cerebrale. 230 Le caratteristiche specifiche dei segnali Doppler, indicativi di<br />
microembolia asintomatica, sono state definite da una Consensus Conference internazionale. 231<br />
Questi segnali sono stati registrati su ampie casistiche in varie situazioni cliniche come nella<br />
stenosi carotidea, con particolare prevalenza nella stenosi sintomatica, 232 rispetto all’asintomatica;<br />
sono stati inoltre ripetutamente osservati nei portatori di valvole cardiache protesiche. 233<br />
Una standardizzazione delle metodiche di rilevamento della microembolia asintomatica e delle<br />
caratteristiche tecniche delle apparecchiature e delle impostazioni delle stesse al fine di consentire<br />
una adeguata valutazione dei segnali embolici è stata oggetto di una successiva<br />
Consensus Conference internazionale, 234 tenutasi a Monaco nel 1997.<br />
In caso di ictus ischemico è stata identificata una differenza nella frequenza e nel pattern dei<br />
segnali microembolici in rapporto alla sorgente di origine dell’embolia, consentendo un’inferenza<br />
sulla possibile patogenesi dell’ictus ischemico. 235<br />
Un ruolo diagnostico può svolgere il Doppler transcranico, associato all’uso di agenti ecoamplificatori,<br />
come soluzioni saline “agitate” ed iniettate per via e.v., nell’individuazione di<br />
embolia paradossa in caso di forame ovale pervio o di altre patologie causanti shunt cardiaco<br />
destro-sinistro; questo fenomeno è stato infatti identificato come possibile fattore causale nell’ictus<br />
ischemico giovanile.<br />
Nell’individuazione dello shunt cardiaco destro-sinistro la metodica Doppler transcranico ha<br />
dimostrato una sostanziale sovrapponibilità per quanto concerne sensibilità e specificità con<br />
l’ecocardiografia transesofagea senza essere gravata dall’invasività di quest’ultima. 236-238<br />
5.6.6.3 Emorragia sub-aracnoidea<br />
La causa più frequente di vasospasmo è l’emorragia subaracnoidea, spesso secondaria alla rottura<br />
di un aneurisma sacciforme intracranico. Il vasospasmo peraltro rimane spesso asintomatico<br />
ed i fattori che possono influenzarne la manifestazione clinica non sono ben conosciuti.<br />
Risulta quindi importante, per una gestione ottimale dell’emorragia subaracnoidea, porre diagnosi<br />
di vasospasmo prima che questo divenga clinicamente sintomatico, e successivamente,<br />
seguirne l’ andamento e la gravita nel tempo.<br />
L’angiografia cerebrale rappresenta il gold standard in questo contesto. Benché il vasospasmo<br />
possa essere individuato con l’angiografia in oltre il 70% dei pazienti, solo il 40% mostra i<br />
segni di un’ischemia cerebrale. 239<br />
Tuttavia la diagnostica angiografica è invasiva, costosa, non sempre disponibile e non priva di<br />
rischio: embolia cerebrale, dissecazione dei vasi, rottura delle arterie cerebrali e conseguente<br />
emorragia sono le principali complicanze descritte. 240<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 83<br />
Il Doppler transcranico (DTC) è stato proposto, per la prima volta circa 20 anni fa, come strumento<br />
per la diagnosi e il monitoraggio del vasospasmo cerebrale. 241 La diagnosi è basata sul<br />
principio emodinamico che la velocità di flusso in un’arteria è inversamente correlata con il<br />
lume dell’arteria medesima. Il DTC è in grado di evidenziare incrementi patologici delle velocità<br />
nei vasi cerebrali, indicativi di spasmo arterioso. Alcuni ricercatori hanno sostenuto la possibilità<br />
di supplire all’angiografia con tale mezzo diagnostico. 119,241-243 Anche per tali considerazioni,<br />
243 negli ultimi quindici anni, molte strutture neurochirurgiche nel mondo si sono dotate<br />
di apparecchiature per il DTC. Bisogna sottolineare tuttavia che la gravità del vasospasmo<br />
può non essere correlata con la velocità di flusso misurata con il DTC. Infatti, nonostante valori<br />
medi di velocità di flusso di 120-200 cm/s a livello dell’arteria cerebrale media siano generalmente<br />
considerati clinicamente rilevanti, valori anche superiori a 250 cm/s possono essere<br />
talora tollerati senza la comparsa di infarto cerebrale. 241 Tuttavia, nella maggior parte dei<br />
pazienti, valori di velocità di flusso maggiori di 200 cm/s sono indicativi di un vasospasmo clinicamente<br />
significativo. 243<br />
Diversi fattori, che includono l’età, la pressione intracranica, la pressione arteriosa media, l’ematocrito,<br />
il contenuto arterioso di CO2 ed il flusso collaterale influenzano significativamente<br />
le velocità di flusso e devono necessariamente essere tenuti in considerazione quando si interpretano<br />
gli esami con DTC.<br />
Secondo Lindegaard 119 l’uso del DTC ristretto alla sola valutazione dell’incremento della<br />
velocità ematica in caso di ESA appare limitativo e fonte di possibili errori, ma è purtroppo<br />
l’aspetto a cui viene limitato lo studio con DTC nella maggior parte dei lavori pubblicati.<br />
Significative discrepanze fra le velocità di flusso e clinica degli incidenti ischemici tardivi collegati<br />
al vasospasmo sono state ripetutamente dimostrate, specialmente nei pazienti con pressione<br />
intracranica elevata. 119 Secondo Lindegaard questa potrebbe essere una ragione dell’ancora<br />
dibattuto ruolo clinico del DTC in questa patologia. 119,244-246<br />
Lo stesso Autore sostiene che un confronto attento e costante fra le misurazioni dei valori di<br />
velocità a livello intracranico con i valori rilevati a livello dell’arteria carotide interna extracranica<br />
(indice di Lindegaard) permette una valutazione molto più accurata del grado e degli<br />
effetti di vasospasmo. 119<br />
L’affidabilità del DTC nell’individuare il vasospasmo dell’arteria cerebrale anteriore (ACA) è<br />
controversa, 247 ed in genere si ritiene che il DTC non sia utile nell’individuare il vasospasmo<br />
nei rami distali delle arterie cerebrali 248,249 e nel fornire dati che possano modificare la decisione<br />
circa il trattamento da istituire. 247,249<br />
Molti studi, tuttavia, indicano che il DTC è utile nella gestione del paziente con vasospasmo.<br />
246,250<br />
Inoltre l’utilizzo di indici di velocità di flusso può migliorare l’accuratezza della tecnica. 251<br />
La recente introduzione dell’eco-color DTC può migliorare la sensibilità e specificità della<br />
metodica specie per quanto concerne la valutazione del vasospasmo dell’arteria cerebrale anteriore<br />
e della carotide intracranica. 252,253 Con tale metodica la possibilità di stabilire un adeguato<br />
angolo di insonorizzazione delle arterie cerebrali consente, inoltre, una più adeguata<br />
valutazione delle velocità ematiche. 254,255<br />
Il DTC può anche essere utile per monitorare l’andamento nel tempo del vasospasmo cerebrale.<br />
256<br />
Valutazioni quotidiane che mostrino un rapido aumento dei valori di velocità, specialmente a<br />
distanza di 4-10 giorni dall’emorragia, possono identificare pazienti ad elevato rischio di sviluppare<br />
deficit neurologici tardivi. 257<br />
Una revisione sistematica basata sull’analisi di 26 lavori pubblicati dal 1984 a gennaio 2001 ha<br />
valutato il DTC in confronto ad angiografia. 257 Una metanalisi ha però potuto essere effettuata<br />
soltanto con i dati di 7 dei 26 lavori citati, con i seguenti risultati:<br />
• relativamente allo spasmo dell’arteria cerebrale media, la sensibilità del DTC risulta essere<br />
67%, la specificità 99%, il valore predittivo positivo (VPP) 97%, il valore predittivo negativo<br />
(VPN) 78%;<br />
• relativamente allo spasmo dell’arteria cerebrale anteriore la sensibilità è 42%, la specificità<br />
76%, il VPP 56%, il VPN 69%.<br />
stesura 16 febbraio 2007<br />
Raccomandazione 5.18<br />
Grado B<br />
Lo studio con Doppler transcranico<br />
è indicato nei soggetti con<br />
emorragia subaracnoidea per la<br />
valutazione di eventuali fenomeni<br />
di vasospasmo.
84<br />
Raccomandazione 5.19<br />
Grado D<br />
La coronarografia è indicata nei<br />
pazienti candidati all’endoarteriectomia<br />
carotidea con evidenza<br />
clinica o strumentale non invasiva<br />
di coronaropatia ad alto<br />
rischio.<br />
Raccomandazione 5.20<br />
Grado D<br />
Nei pazienti candidati ad endoarteriectomia<br />
carotidea con associata<br />
grave coronaropatia è indicato<br />
far precedere la rivascolarizzazione<br />
coronarica, pur potendo i<br />
due interventi anche essere effettuati<br />
simultaneamente.<br />
<strong>SPREAD</strong> – Stroke Prevention and <strong>Ed</strong>ucational Awareness Diffusion<br />
Ictus cerebrale: Linee guida italiane<br />
I dati di questa metanalisi suggeriscono, nel vasospasmo dell’ACM, un’alta specificità del<br />
DTC nella diagnosi di vasospasmo, associata tuttavia ad una bassa sensibilità. In particolare,<br />
poi, per il vasospasmo dell’ACA sia la sensibilità che la specificità sono basse. Quindi, rispetto<br />
all’angiografia, l’accuratezza diagnostica del DTC per il vasospasmo dell’ACA è bassa. Per<br />
tutte le altre arterie non vi sono dati sufficienti a trarre conclusioni.<br />
La metanalisi presenta molti limiti, peraltro riconosciuti dagli stessi Autori. In primo luogo, i<br />
campioni di pazienti sono piccoli e provengono da un numero limitato di studi pubblicati<br />
valutabili ai fini della revisione sistematica. Quindi, anche se tutti i sette studi fossero di alta<br />
qualità metodologica, il problema di una scarsa potenza statistica per la validazione dei risultati<br />
nulli permarrebbe. Peraltro, la maggior parte di tali studi è giudicata di qualità metodologica<br />
insufficiente. Per concludere, da questa metanalisi non viene provata l’utilità del DTC<br />
come tecnica per lo screening del vasospasmo cerebrale. Nella metanalisi non viene peraltro<br />
valutato il ruolo del DTC come metodo di monitoraggio di un vasospasmo, una volta che questo<br />
sia stato individuato, p.es., con metodica angiografica.<br />
Secondo altri autori il DTC è utile nel monitorare il decorso del vasospasmo evidenziato<br />
angiograficamente dopo ESA. Benché non siano stati condotti studi adeguati da punto di vista<br />
del numero dei casi e del disegno il DTC è ritenuto utile nella valutazione giorno per giorno<br />
dei pazienti con vasospasmo dopo ESA e per verificare l’effetto e la persistenza dei risultati<br />
della neuroradiologia interventistica. 258,259<br />
5.6.7 Valutazione cardiologica<br />
Tutti i pazienti con TIA, ictus o stenosi carotidea asintomatica dovrebbero essere sottoposti<br />
ad un’accurata valutazione cardiologica per l’identificazione di cardiopatia ischemica eventualmente<br />
silente (valutazione clinica, ECG, test non invasivi di ischemia), in considerazione<br />
dello sfavorevole significato prognostico della sua coesistenza anche in forma asintomatica. 260<br />
Nei pazienti in grado di eseguire un esercizio fisico le indagini di scelta sono costituite dal test<br />
ergometrico e dalla scintigrafia miocardica da sforzo; utilizzati in sequenza consentono di<br />
identificare una cardiopatia ischemica silente in circa il 25-40% dei pazienti cerebrovascolari.<br />
261-264<br />
Nei pazienti non in grado di eseguire l’esercizio fisico possono essere eseguiti test alternativi<br />
quali lo Holter, la scintigrafia miocardica con dipiridamolo o l’ecocardiografia con dipiridamolo<br />
o dobutamina. 265<br />
La coronarografia è indicata nei pazienti ad alto rischio per la presenza di angina e/o ischemia<br />
a bassa soglia al test ergometrico, estesi difetti reversibili di perfusione alla scintigrafia miocardica,<br />
aree multiple di asinergia segmentaria all’ecocardiografia da stress. Lesioni coronariche<br />
gravi sono riscontrabili nel 65% della popolazione globale dei pazienti con malattia cerebrovascolare<br />
extracranica e nel 40% di quelli senza sintomi di cardiopatia ischemica. 266<br />
Il riscontro alla coronarografia di coronaropatia grave o multivasale può comportare problemi<br />
decisionali di rivascolarizzazione coronarica soprattutto nei pazienti candidati a TEA carotidea.<br />
Allorché vengono poste le indicazioni sia alla rivascolarizzazione coronarica che carotidea,<br />
la scelta delle modalità di intervento, sequenziale o simultanea, è determinata dalla valutazione<br />
della gravità relativa della malattia nei due distretti vascolari.<br />
Le due strategie chirurgiche (sequenziale o simultanea) comportano un rischio paragonabile<br />
sia in termini di mortalità operatoria che di ictus perioperatorio. Non esiste pertanto una superiorità<br />
di una strategia rispetto all’altra ed è appropriato operare secondo entrambe le modalità.<br />
267<br />
A prescindere dai protocolli di sequenza adottati nei singoli Centri, nei pazienti in cui prevalgono<br />
i sintomi cardiaci (angina instabile, scompenso) ed in presenza di stenosi carotidea unilaterale<br />
asintomatica è opportuno dare la precedenza all’intervento di by-pass aortocoronarico.<br />
Nei pazienti in cui prevalgono i sintomi neurologici (TIA recidivanti, ictus recente) l’approccio<br />
più sicuro e più logico è quello di dare la priorità alla TEA carotidea. L’intervento<br />
simultaneo è la strategia preferita nei pazienti affetti sia da grave malattia coronarica (angina<br />
instabile, lesioni coronariche multivasali, stenosi del tronco comune della coronaria sinistra,<br />
grave disfunzione ventricolare sinistra) che da grave malattia carotidea (TIA recidivanti, ictus<br />
recente o stenosi carotidee bilaterali). In particolare la presenza di stenosi carotidee bilaterali<br />
stesura 16 febbraio 2007
<strong>Capitolo</strong> 5 — Inquadramento diagnostico clinico 85<br />
rappresenta in molti Centri la principale motivazione per la scelta dell’intervento simultaneo.<br />
Occorre tener conto, peraltro, che nei soggetti affetti da grave cardiopatia potrebbe essere<br />
opportuno procedere ad un intervento di angioplastica carotidea con applicazione di stent,<br />
piuttosto che all’intervento di endoarteriectomia carotidea. Il problema è ampiamente discusso<br />
nel <strong>Capitolo</strong> 13 sulla terapia chirurgica, cui si rimanda.<br />
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