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dicembre - Fraternità San Carlo

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Ma che poss’io Signor s’a me non vieni coll’usata ineffabil cortesia?<br />

Michelangelo Buonarroti<br />

DICEMBRE fraternitàemissione<br />

tanta, in piena guerra fredda, sotto un regime comunista<br />

tanto soffocante quanto squallido. Le vicende ruotano attorno<br />

a tre personaggi: una coppia di artisti – Georg<br />

Dreyman, un drammaturgo teatrale e Christa-Maria Sieland,<br />

attrice e sua compagna nella vita – alle dipendenze<br />

del regime ma allo stesso tempo desiderosi di<br />

combatterlo e, infine, uno scrupoloso agente della Stasi,<br />

il capitano Gerd Wiesler. Quest’ultimo intuisce subito le<br />

intenzioni sovversive della coppia e comincia a spiarne<br />

le vite. Man mano però, Wiesler si lascia coinvolgere da<br />

ciò che vede e ascolta, a tal punto da intraprendere un<br />

radicale processo di conversione personale.<br />

Due scene di questo film continuano ad accompagnarmi.<br />

La prima mi è stata svelata da un amico, Giovanni<br />

Micco: il cambiamento del capitano inizia quando<br />

assiste, probabilmente per la prima volta nella sua vita,<br />

a un momento di perdono. Inserito in un sistema in cui<br />

ogni debolezza dell’altro è occasione di ricatto e di vendetta,<br />

quando vede Dreyman comprendere il tradimento<br />

dell’amata ne rimane sconcertato.<br />

La seconda è la più bella e commovente del film: il<br />

capitano Wiesler, sapendo che Christa-Maria sta per<br />

tradire ancora Dreyman con il potente ministro della<br />

cultura, raggiunge la donna in uno scialbo caffè della<br />

città. Christa-Maria non sa che chi le parla è anche colui<br />

che la spia. Ma ora il capitano la conosce davvero: non<br />

più solo nelle sue azioni e nei suoi limiti; ora ne conosce<br />

il cuore, la sua intima verità. E gliela ricorda: nel<br />

momento di peggiore sconforto, è proprio il capitano<br />

della Stasi che rammenta a Christa-Maria la sua bellezza,<br />

la sua bravura, la sua bontà. E che c’è un pubblico<br />

che la segue e che la ama.<br />

Com’è bello, a partire della propria miseria, ricordare<br />

alle persone la loro grandezza e l’Amore che già le<br />

sostiene. Questo, in fondo, è il mestiere del prete.<br />

Matteo Collini<br />

CHI È QUELL’UOMO?<br />

Aleksandr Men’ - Gesù maestro di Nazareth<br />

Il 16 ottobre scorso sono stato nel luogo in cui fu assassinato<br />

il prete ortodosso Aleksandr Men’. Da Mosca, in<br />

automobile, ci vuole un’ora abbondante, viaggiando<br />

verso nord est. Padre Men’ abitava in un villaggio vicino<br />

al monastero di Sergieev Posad, culla dell’ortodossia<br />

russa. A ricordare l’atto di violenza c’è un paletto di<br />

legno, lavorato sobriamente. È conficcato nella terra, ora<br />

ricoperta delle larghe foglie di quercia che sono cadute<br />

con il primo gelo. Protetta da un tettuccio, sul palo è fissata<br />

una lampada. Sopra la lampada è appesa una tavoletta,<br />

anch’essa di legno, con una scritta in caratteri cirillici:<br />

«Qui ha ricevuto la corona del martirio padre Aleksandr<br />

Men’». A terra una pianta di ciclamini e un vaso di<br />

plastica con qualche crisantemo lillà. A pochi passi da lì<br />

è sorta una chiesetta bianca, con le campane, i tetti e le<br />

porte di color nero. Sembra un annuncio bordato a lutto,<br />

con una strana gioia dentro.<br />

Una mattina di settembre del 1990 padre Men’ aveva<br />

lasciato come al solito la sua casa e stava dirigendosi<br />

alla vicina stazione del treno, un semplice passaggio a<br />

livello in mezzo alla campagna. Il sentiero che vi porta<br />

attraversa in quel punto un tratto di bosco. Qui Men’ ha<br />

trovato la morte. Diversi colpi d’ascia, sferrati da una<br />

mano ignota, hanno spento la vita di un grande uomo, un<br />

sacerdote colto, che fu per il popolo russo un ascoltato<br />

testimone di Cristo. Da quando ho letto il suo libro su<br />

Gesù, ormai diversi anni fa, ho consigliato a molti di leggerlo<br />

e continuo a farlo. Si dice che abbia portato alla<br />

fede migliaia di giovani provenienti dall’ateismo, e non<br />

ha mai smesso di esercitare il suo richiamo. Con grande<br />

delicatezza e sapienza pedagogica, padre Men’ guarda<br />

innanzitutto a Cristo come uomo. Narra la sua storia con<br />

semplice profondità, con precisione documentata.<br />

Quasi inavvertitamente le sue parole comunicano uno<br />

sguardo aperto, che non presuppone la fede, ma si<br />

lascia interrogare da ciò che vede. La perfezione dell’umanità<br />

di Cristo, uno spettacolo che si annuncia<br />

discretamente e ad un certo punto si impone con stupefacente<br />

evidenza, apre il lettore all’interrogativo sulla<br />

sua divinità. Non stupisce che don Giussani abbia avvertito<br />

una particolare familiarità con questo grande spirito<br />

ortodosso.<br />

In Italia il libro di padre Men’ è stato pubblicato da<br />

Città Nuova e porta il titolo: Gesù, maestro di Nazareth.<br />

Ma in russo il suo autore lo aveva significativamente intitolato:<br />

Il figlio dell’uomo.<br />

Paolo Sottopietra<br />

I GIORNI CHE MANCANO<br />

Mario Benedetti - La tregua<br />

Da sempre mi appassiona la riflessione sul tempo che<br />

passa. Mi parve accattivante, nel racconto di un amico,<br />

il soggetto di La Tregua dell’uruguaiano Mario Benedetti:<br />

diario di Martín, vedovo di mezza età, che da anni<br />

conta i giorni che lo separano dalla pensione, il fatidico<br />

momento in cui finalmente il tempo starà ai suoi ordini.<br />

Divorai il romanzo e da allora, un anno fa, non ha smesso<br />

di accompagnarmi.<br />

Nemmeno i figli riescono a risvegliare Martín dal<br />

letargo a cui si è ormai rassegnato. Indimenticabile è<br />

l’affondo di Bianca, la figlia, che in un momento di verità,<br />

tra le lacrime, rende esplicito al padre tutto il suo vuoto:<br />

«Non so cosa mi manca... mi sento con una grande di -<br />

sponibilità di energia, e non so in cosa investirla. Credo<br />

che tu ti sei rassegnato ad essere opaco e questo mi<br />

sembra orribile, perché so che non sei opaco. Per lo<br />

meno, non lo eri». Che sfida! Anch’io sento in ogni<br />

sguardo che incrocio il rinnovarsi del richiamo: voglio<br />

rinascere, e tu, vuoi rinascere con me? Se tu ti rassegni<br />

all’opacità, come uscirò io dalla mia?<br />

Sebbene l’imprevisto sia il “peggior nemico” di Martín,<br />

un volto irrompe e, nonostante la resistenza del protagonista,<br />

fa breccia nella opaca routine in cui è<br />

immerso. È una promessa di felicità o è solo una tregua<br />

in un destino «non crudele bensì oscuro»?<br />

Qua e là nelle pagine del diario, si affaccia Dio. A Martín<br />

non è mai bastato un dio ridotto alla “grande armonia<br />

del tutto”. Sentiva «la necessità di un Dio con cui dialogare,<br />

in cui poter trovare riparo, un Dio che mi ri<br />

sponda quando lo interrogo, quando lo mitraglio con i<br />

miei dubbi». Tuttavia, non ostile ma indifferente, Dio<br />

cammina su un altro marciapiede al quale Martín ormai<br />

dispera di avere accesso: «Così stiamo, senza odiarci,<br />

senza amarci». Forse, si legge tra le righe, se così non<br />

fosse la vita cesserebbe di essere tanto opaca e non<br />

avremmo più bisogno di ingannevoli tregue.<br />

Marco Aleo<br />

IL BUFFONE CHE SI RISCOPRE UOMO<br />

Giuseppe Verdi - Rigoletto<br />

Il Rigoletto di Giuseppe Verdi è stata una delle prime<br />

opere che ho ascoltato e che mi ha fatto appassionare<br />

alla musica lirica. È la storia, tratta da un dramma di Victor<br />

Hugo, di un buffone di corte che si trova a servire un<br />

duca libertino e dei cortigiani senza scrupoli. Rigoletto<br />

è gobbo, de forme, solo. L’unico barlume di luce nella sua<br />

vita è sua figlia Gilda: «Culto, famiglia, la patria, il mio >><br />

CONTRIBUTI DI:<br />

3<br />

Marco Aleo, 39 anni,<br />

missionario a <strong>San</strong>tiago del Cile.<br />

Emanuele Angiola, diacono,<br />

tenore, in missione a Taipei.<br />

Romano Christen, 51 anni,<br />

parroco a Colonia.<br />

Matteo Collini, seminarista,<br />

cinefilo, a Colonia da settembre.<br />

Michael Konrad, prefetto agli<br />

studi e responsabile della<br />

biblioteca del seminario.<br />

Nell’altra pagina: una casa di<br />

Amsterdam (foto Andrè van B.).<br />

In prima pagina, foto The<br />

University of Iowa Libraries.

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