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dicembre - Fraternità San Carlo

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Noi sappiamo quanto gli uomini del nostro tempo cerchino anche inconsapevolmente un luogo in cui riposare e<br />

vivere rapporti in pace, cioè riscattati dalla menzogna, dalla violenza e dal nulla... Il Natale è la buona notizia che<br />

questo luogo c’è, non nel cielo di un sogno, ma nella terra di una realtà carnale. Luigi Giussani<br />

DICEMBRE fraternitàemissione<br />

lle templi<br />

prendeva mille templi. Ora un centinaio o poco più. È il<br />

centro mondiale della scuola Shingon, una delle tante anime<br />

che compongono l’universo buddista. Sono dodici milioni<br />

oggi nel mondo, la maggior parte in Giappone.<br />

La scuola è sorta nel nono secolo da un educatore giapponese,<br />

Kobo Daishi, che si recò in Cina e lì conobbe il<br />

buddismo e la scrittura. Tornato in Giappone, oltre alla<br />

scrittura che sarebbe poi divenuta la lingua giapponese,<br />

portò una sua lettura del buddismo di taglio prevalentemente<br />

pedagogico. Il centro del suo messaggio è<br />

pressappoco questo: liberare l’uomo da tutto ciò che impedisce<br />

lo sviluppo delle sue potenzialità, dal male che<br />

lo attanaglia, perché possa riconoscersi come parte dell’universo<br />

e vivere in armonia con tutto.<br />

Dei monaci ci stupiscono due cose. Innanzitutto l’estrema<br />

gentilezza, il senso di abnegazione con cui si mettono<br />

al nostro servizio. Appena arrivati al monte fanno a gara<br />

tra chi per primo ci prende le valigie e ci porge le pantofole<br />

(assolutamente necessarie per calpestare il suolo<br />

del monastero).<br />

Poi, l’amore per la natura. Una notte, sempre a causa<br />

del fuso orario, ci svegliamo alle quattro e nel silenzio totale<br />

ammiriamo la bellezza del giardino del monastero,<br />

curato fin nei minimi dettagli. La riverenza dei monaci verso<br />

la natura è talmente grande che noto che alla sveglia<br />

mattutina, verso le sei e mezza, prima di raggiungere la<br />

cappella, molti di loro passano davanti al giardino e fanno<br />

un profondo inchino.<br />

Una mattina abbiamo avuto la possibilità di ascoltare<br />

la preghiera dei monaci. Nel tempio buio, illuminato solo<br />

dalle candele e dal fuoco, che con la fiamma faceva salire<br />

in alto le preghiere, c’erano anche le immagini di don<br />

Giussani, Giovanni Paolo II e don Francesco Ricci. Chiedo<br />

ai monaci se le avessero messe lì in occasione della<br />

nostra visita. Mi rispondono che sono nel tempio tutto l’anno.<br />

Abbiamo così capito che in questi venticinque anni<br />

il rapporto affettivo che ci lega all’esperienza del monte<br />

Koya è andato crescendo. Ora occorre anche trovare<br />

Promemoria<br />

del Mistero<br />

di Silvia Guidi<br />

È vero, l’arte regala “sensi supplementari”<br />

a chi le concede tempo e attenzione,<br />

e «la musica e la pittura aggiungono a noi<br />

un occhio e un orecchio che non abbiamo,<br />

ci portano a vedere cose che da soli non<br />

riusciremmo a vedere, ad ascoltare parole<br />

su cui sorvoleremmo». Così scrive don<br />

Massimo Camisasca nel libro «La trasfigurazione<br />

della materia», dedicato al mosaico<br />

di padre Rupnik che decora (ma il verbo è<br />

inadeguato, meglio dire “fa vivere e vibrare<br />

di luce sempre mutevole”) la cappella<br />

della casa di formazione romana.<br />

«L’arte - continua don<br />

Massimo - genera una<br />

corrispondenza profonda<br />

fra ciò che siamo, ciò che<br />

sentiamo, ciò che attendiamo<br />

e ciò che abbiamo<br />

davanti». Una corrispondenza<br />

profonda anche con<br />

ciò che ci rifiutiamo di vedere,<br />

o di riconoscere;<br />

penso alla risata scettica<br />

di Sara e la malinconia del<br />

suo farsi da parte, tirarsi<br />

fuori dall’abbraccio di una<br />

storia di salvezza per quel<br />

“disdegnoso gusto” che<br />

porta Pier delle Vigne a rinunciare<br />

alla vita (Commedia,<br />

Inferno, XIII canto)<br />

e porta tanta parte del<br />

mondo contemporaneo a<br />

fare lo stesso, disperdendosi<br />

nell’inerzia e nella<br />

sterilità. Il mosaico de-<br />

In libreria<br />

La trasfigurazione<br />

della materia<br />

Marietti 2011 - pp. 114<br />

per visitare il mosaico:<br />

pr@sancarlo.org<br />

scrive questo dramma con delicatezza:<br />

«Sara è in piedi all’ingresso della tenda.<br />

Esce per accogliere gli ospiti e il loro messaggio,<br />

oppure si ritira nella sua solitudine?<br />

I suoi occhi dicono il desiderio strug-<br />

le strade per vivere assieme la carità e per maturare una<br />

conoscenza più profonda gli uni degli altri.<br />

I due giorni passati al monte Koya ci hanno anche posto<br />

di fronte una realtà di cui sappiamo ancora molto poco:<br />

facciamo fatica, per esempio, a comprendere le categorie<br />

secondo le quali i loro ragionamenti si sviluppano (non<br />

hanno conosciuto la metafisica, non hanno avuto un Platone<br />

o un Aristotele). Abbiamo così capito l’urgenza per<br />

la Chiesa tutta dell’invito di Giovanni Paolo II a considerare<br />

l’Asia come terra di missione per il terzo millennio.<br />

Il cammino che ci aspetta è ancora molto lungo: implica<br />

soprattutto il cambiamento di sé, non tanto dei propri<br />

ideali, quanto del modo di esprimerli per farli rinascere<br />

in un nuovo universo.<br />

Daniélou, in un suo antico libretto intitolato Il mistero<br />

della salvezza delle nazioni, ha scritto che alla fine dei tempi<br />

rimarranno soltanto due universalismi: il cristianesimo<br />

e il buddismo.<br />

gente; ma la mano esita, incerta. È come<br />

l’uomo moderno che non crede, ma disperatamente<br />

vorrebbe credere».<br />

«Dopo un primo sguardo - scrive don Jonah<br />

Lynch - l’occhio comincia a percorrere<br />

le fessure fra le pietre, a seguire le linee<br />

del disegno, e a scandagliare la ricca variazione<br />

di colori e di superfici dei materiali.<br />

Pian piano emergono altre scoperte, alcune<br />

volute dagli artisti, altre personalissime<br />

intuizioni. Dal racconto della storia<br />

del mondo, l’occhio passa allo sguardo di<br />

Cristo e poi al gesto della Madonna. Sosta<br />

volentieri anche sul fascino semplice delle<br />

pietre e degli specchi d’oro e d’argento. La<br />

storia sacra rende anche i sassolini infinitamente<br />

interessanti; le pietre rendono visibile<br />

il Mistero». Le pagine di questo libro<br />

«vogliono compiere una<br />

piccola parte di questo itinerario<br />

dello sguardo. Vogliono<br />

portare l’occhio del<br />

lettore ad alcuni particolari,<br />

introducendo attraverso<br />

brevi testi alla ricchezza<br />

teologica che<br />

padre Rupnik espone più<br />

estesamente nel suo testo.<br />

Esse sono anche un<br />

invito a visitare la nostra<br />

cappella, e a contemplare<br />

l’opera dal vivo».<br />

Tornano in mente le<br />

parole di un grande educatore<br />

attraverso la Bel-<br />

lezza, il maestro di teatro<br />

Orazio Costa Giovangigli.<br />

«Vi rivelo un trucco per<br />

non farvi imbrogliare dai<br />

sedicenti guru del mercato<br />

- ripeteva spesso ai<br />

suoi allievi, a Firenze -<br />

l’arte vera non stufa. Non è solo bella, è<br />

inesauribile. Con una misteriosa persistenza<br />

di vita dentro, di cui ti accorgi solo<br />

vedendo le opere dal vivo; le riproduzioni<br />

sono solo un promemoria».<br />

7<br />

Nel tempio,<br />

illuminato solo<br />

dalle candele e<br />

dal fuoco, c’erano<br />

le immagini di<br />

Giovanni Paolo II,<br />

di don Giussani<br />

e don Francesco<br />

Ricci

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