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dicembre - Fraternità San Carlo

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Solo l’amare, solo il conoscere / conta, non l’aver amato / non l’aver conosciuto.<br />

Pier Paolo Pasolini<br />

4 fraternitàemissione<br />

DICEMBRE<br />

>><br />

universo è in te», le dice nel primo atto. Rigoletto è un<br />

padre che vorrebbe saper amare, ma non sa fare altro<br />

che cercare di proteggerla ossessivamente dai pericoli<br />

del mondo. Della sua condizione infelice accusa tutti: «O<br />

uomini, o natura! Vil, scellerato mi faceste voi! […] Se iniquo<br />

son, per cagion vostra è solo!». Vorrebbe essere un<br />

uomo vero, ma non può: «O rabbia, esser difforme! O<br />

rabbia, esser buffone! Non dover, non poter altro che<br />

ridere! Il retaggio d’ogn’uom m’è tolto: il pianto!».<br />

Non solo dover ridere, sbeffeggiare i cortigiani: Rigoletto<br />

vorrebbe sapere anche piangere, vorrebbe che il<br />

suo cuore indurito dal male del mondo potesse finalmente<br />

sciogliersi.<br />

È quello che accade nel secondo atto. I cortigiani rapiscono<br />

Gilda (rendendolo involontariamente complice<br />

dell’azione) e la conducono nella camera del duca<br />

libertino. Rigoletto arriva a palazzo, ma nonostante il<br />

dramma che vive nel cuore, si mette a recitare la parte<br />

del buffone: canticchia, parla del più e del meno. Ma<br />

quando si rende conto che Gilda è stata condotta dal<br />

duca, prorompe in un grido furibondo: «Cortigiani, vil<br />

razza dannata, per qual prezzo vendeste il mio bene?».<br />

Ma le urla rabbiose non bastano, e allora, mentre la<br />

musica si spegne, Rigoletto si inginocchia davanti ai<br />

cortigiani ed inizia a supplicarli: «Ebbene, piango!». Non<br />

solo: di fronte a coloro che gli hanno disonorato la figlia,<br />

egli arriva a chiedere perdono a tutti per le offese fatte,<br />

a chiedere pietà per un vecchio padre angosciato. Finalmente<br />

ha potuto abbandonare la maschera del buffone<br />

per ritrovare la sua identità di uomo.<br />

Emanuele Angiola<br />

AFFRESCO DELL’UMANO<br />

Andrej Arsen’evi Tarkovskij - Andrej Rublëv<br />

L’ho visto per la prima volta a 15 o 16 anni. Mi ha colpito<br />

subito, tutto. Le immagini, i personaggi, i dialoghi, i temi<br />

(tantissimi: l’arte, il talento, la gelosia, l’amicizia, l’odio,<br />

la violenza, l’amore, la fede, il paganesimo, il popolo, la<br />

grazia…) mi hanno quasi stordito per la loro imponenza.<br />

Molti dei contenuti li ho compresi solo col tempo e tramite<br />

mie personali esperienze. Ma sin dall’inizio Andrej<br />

Rublëv di Tarkovskij ha seminato nella mia fantasia –<br />

meglio: nella mia capacità di memoria, di pensiero, di<br />

sentimento, di sguardo… – la tensione drammatica fra la<br />

vocazione e la realtà, fra la grazia di cui uno si ritrova<br />

investito e la complessità di circostanze sociali e storiche<br />

dentro le quali è chiamato ad agire. È un immenso<br />

e ricchissimo affresco dove il cristianesimo non è culto<br />

religioso, ma dramma di rapporto dell’io con un Tu.<br />

Quel Tu il cui volto misterioso si svela al nostro cuore<br />

nelle icone.<br />

Romano Christen<br />

GLI OCCHI DI GERTRUD<br />

Gertrud von Le Fort - Il papa nel ghetto, La fontana<br />

di Roma, La corona degli angeli<br />

Ogni anno, durante le mie vacanze estive, prendo in<br />

mano alcuni racconti e romanzi della mia poetessa preferita.<br />

Si tratta di Gertrud von Le Fort, una protestante<br />

tedesca, appartenente ad una famiglia di antica nobiltà,<br />

che si convertì nel primo Novecento al cattolicesimo.<br />

L’ho “incontrata” nei primi anni di seminario. Il rettore,<br />

don Antonio Anastasio, mi chiese di presentare il libro<br />

del mese che era allora Il papa nel ghetto. La von Le Fort<br />

mi aprì gli occhi e mi fece vedere che gli eventi della<br />

storia della Chiesa, che spesso appaiono privi di senso<br />

e contraddittori, si possono comprendere solo come<br />

«Vergine e madre,<br />

ti do la mia scarpina!»<br />

di Paolo Pezzi<br />

Durante il periodo della<br />

missione in Siberia,<br />

un’amica mi propose la<br />

lettura de La scarpina di<br />

raso di Paul Claudel.<br />

Rimasi folgorato fin<br />

dalla prima pagina. E<br />

dopo allora, l’ho riletto<br />

molte volte. Forse più<br />

di questo testo ho letto<br />

Paolo Pezzi, arcivescovo della<br />

solo I Misteri di Charles<br />

Madre di Dio a Mosca, Russia.<br />

Péguy.<br />

In questo dramma, che a prima vista tratta il tema del<br />

dramma-tragedia dell’amore non corrisposto (va in<br />

scena il classico “triangolo” di un uomo e una donna<br />

innamorati in un rapporto impossibile per la presenza del<br />

marito di lei), si articola una vertiginosa riflessione sulla<br />

conoscenza affettiva, che sola riesce a dare compimento<br />

alla sete di felicità dell’uomo e della donna. Ciò che può<br />

riempire il cuore dell’uomo è un Tu infinito e misterioso<br />

che si ribella ad ogni riduzione. Eppure un Tu non<br />

astratto, ma concreto, incarnato, così da poter attrarre<br />

a Sé l’umano, e, nello stesso tempo, irriducibile. Don<br />

Rodrigo, un cavaliere di Sua Maestà l’Imperatore di Spa-<br />

gna, arriva ad avere tutto ciò che un uomo<br />

desiderare nella vita: fama, potere, ricche<br />

mento. Ma è lacerato da un amore impos<br />

Donna Prodezza, una dama, figlia di un nob<br />

tiero dell’Imperatore, che finisce sposa di un<br />

non ama. E non vuole rinunciarvi per non ve<br />

alla sua decisione di un amore capace di cor<br />

non solo all’anima, non solo al corpo, ma a tut<br />

essere. All’inizio del dramma, Donna Prodezza<br />

Vergine Maria questa preghiera, da cui tra<br />

l’opera.<br />

Vergine, patrona e madre di questa casa,<br />

Garante e protettrice di quell’uomo dal cuore m<br />

netrabile per te che per me, e compagna della<br />

solitudine,<br />

Allora se non è per me, sia per riguardo a lui,<br />

Dal momento che il vincolo fra lui e me non è s<br />

mia, ma tua volontà interveniente:<br />

Impediscimi d’essere una causa di corruzione<br />

dimora di cui custodisci l’ingresso, augusta po<br />

Di mancare al nome che mi hai dato da portar<br />

essere più onorabile agli occhi di quelli che mi<br />

Non posso dire che capisco l’uomo che hai sce<br />

ma capisco che tu sei madre sua come mia.<br />

Allora, mentre è ancora tempo, tenendo il cu<br />

mano e la scarpina nell’altra,<br />

Mi rimetto a te! Vergine madre, ti do la mia scarpi<br />

madre custodisci nella tua mano il mio sciagurat

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