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L’INCHIESTA Deserto del Sinai<br />
quale non è facile affibbiare etichette.<br />
Il giro d’affari complessivo, tra<br />
riscatti e vendita d’organi, è stimato<br />
intorno ai 40 milioni di dollari all’anno.<br />
Con tutto questo denaro i trafficanti<br />
– tra loro i capi più noti sono al<br />
momento Abu Musa, Abu Abdellah,<br />
Abu Khaled e Abu Ahmed – acquistano<br />
suv, telefoni satellitari e immense<br />
ville nel deserto, oltre alla droga, che<br />
fa parte dei loro traffici. Ma si ritiene<br />
che il denaro serva soprattutto per<br />
finanziare e alimentare il terrorismo<br />
internazionale.<br />
«La situazione è un po’ migliorata grazie<br />
anche ad un servizio apparso sulla<br />
Cnn i primi di novembre <strong>20</strong>11, che ha<br />
avuto un’eco internazionale» afferma<br />
Roberto Malini. Negli anni precedenti<br />
l’attenzione dei media era molto scarsa<br />
e circoscritta quasi solo ai mezzi di<br />
comunicazione israeliani. Subito dopo<br />
il documentario della Cnn, 611 prigionieri<br />
eritrei sono stati rilasciati e sono<br />
entrati in Israele senza dover pagare<br />
alcun riscatto. Inoltre una forza di<br />
sicurezza beduina che opera a contatto<br />
con polizia, esercito e servizi segreti<br />
egiziani ha ucciso in uno scontro a<br />
fuoco il trafficante Soliman Abdalah<br />
POPOLI E MISSIONE - GENNAIO <strong>20</strong>12<br />
Necklawi, conosciuto come Sultan.<br />
«Tre o quattro anni fa – prosegue il copresidente<br />
di Everyone – i prigionieri<br />
erano in tutto tre-quattromila, oggi<br />
non dovrebbero essere più di 350-<br />
400». Tuttavia periodicamente l’associazione<br />
continua a rilanciare i disperati<br />
appelli di familiari delle vittime del<br />
traffico, trattenute in qualche covo in<br />
mezzo al deserto.<br />
Difficile capire come risolvere una volta<br />
per tutte la situazione. Ancora nel<br />
<strong>20</strong>10 il governo egiziano restava vago:<br />
«Siamo a conoscenza dei traffici illegali<br />
al confine tra Egitto e Israele –<br />
affermava Hussam Zaki, all’epoca portavoce<br />
del ministero degli Esteri egiziano<br />
– ma non sappiamo in quali<br />
campi siano trattenuti gli immigrati<br />
illegali». Sottolineava inoltre che «il<br />
Sinai copre un’area molto vasta, perciò<br />
i campi devono essere fuori dalla portata<br />
della polizia» e dichiarava di «non<br />
aver mai ricevuto proteste riguardanti<br />
abusi o stupri». Ultimamente il capo<br />
delle forze armate ha assicurato che le<br />
forze dell’ordine «stanno fronteggiando<br />
l’emergenza» ma ha accusato i<br />
media occidentali di gettare fango sull’Egitto.<br />
Da parte sua l’Unhcr, che ha<br />
più volte lanciato appelli, non può<br />
intervenire direttamente. «La chiave<br />
sono gli stessi beduini – suggerisce<br />
Malini – in grado di agire in contrapposizione<br />
a quelli tra loro che hanno<br />
deciso di darsi alla criminalità». Importante<br />
anche l’attività di sensibilizzazione<br />
di New Generation Foundation<br />
for Human Rights: il suo coraggioso<br />
fondatore visita i rifugiati in prigione,<br />
procura loro cibo e medicine, raccoglie<br />
i cadaveri e provvede alla loro sepoltura.<br />
L’attivista, tra le altre cose, ha<br />
mostrato alla Cnn i corpi senza vita di<br />
eritrei deceduti ed abbandonati nel<br />
deserto, nei cui corpi sono evidenti i<br />
segni di estrazioni di organi. Per queste<br />
e altre denunce è da anni in pericolo di<br />
vita: ma la sua battaglia è il segno che<br />
dal cuore stesso dell’Egitto può arrivare<br />
la rivolta decisiva per sconfiggere<br />
questi orribili traffici.