TURIDDU 30 ANNI DOPO (di Guido Gerosa, Storia ... - Misteri d'Italia
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autorità giu<strong>di</strong>ziaria punto Riserva particolari alt Maggiore Latronico<br />
Palermo».<br />
Sulla testa del famoso ban<strong>di</strong>to c'era fino a quel momento una taglia <strong>di</strong> 50<br />
milioni. Ora il suo cadavere stava mutando rapidamente fattezze, nella<br />
decomposizione provocata dalla morte, nel cortile arroventato della casa<br />
dell'«avvocaticchio» Gregorio De Maria, che lo aveva ospitato. Il cadavere del<br />
terrore <strong>di</strong> Montelepre presentava «alcune abrasioni al viso e sei ferite <strong>di</strong> arma<br />
da fuoco calibro 9, tre delle quali trapassanti». La morte era stata<br />
«determinata da imponente emorragia interna, da lesioni bilaterali dei<br />
polmoni e dell'aorta <strong>di</strong>scendente», il corpo era coricato a pancia contro il<br />
suolo, con le ferite nella parte anteriore destra e un enorme grumo <strong>di</strong> sangue<br />
rappreso sulla schiena. Un cronista borbottò subito: «Non avevo, mai visto il<br />
sangue andar su in salita».<br />
Giuliano indossava i pantaloni <strong>di</strong> tela, era senza mutande e portava al <strong>di</strong>to<br />
un anello. Deposti accanto al cadavere c'erano il mitra, la pistola americana, il<br />
tascapane e una banconota, che più tar<strong>di</strong> nessuno seppe <strong>di</strong>re se era da <strong>di</strong>eci o<br />
da cinquanta lire. Nessuna traccia, nella casa, del famoso memoriale in cui<br />
Giuliano aveva annotato con il puntiglio dell' auto<strong>di</strong>datta le istruzioni dei<br />
suoi misteriosi, mandanti, o delle centinaia <strong>di</strong> documenti nei quali <strong>di</strong>ceva<br />
consistere la sua <strong>di</strong>fesa. Fu recuperato un elenco <strong>di</strong> nomi, e l'allora colonnello<br />
Paolantonio, grande protagonista <strong>di</strong> quell'operazione, sperava che si<br />
cominciasse subito a mettere le mani su <strong>di</strong> loro. «Ma appena morto<br />
Giuliano», egli ha poi raccontato all'Antimafia, durante la seduta del 22<br />
ottobre 1969, «ci <strong>di</strong>spersero rapidamente, <strong>di</strong>cendoci che il ban<strong>di</strong>tismo era<br />
finito».<br />
Il capitano dei carabinieri Antonio Perenze avanzò la versione ufficiale. Un<br />
confidente aveva portato i militi a Castelvetrano sulle orme <strong>di</strong> Giuliano ed<br />
essi, in<strong>di</strong>viduatolo, avevano impegnato con il ban<strong>di</strong>to una sparatoria <strong>di</strong> tre<br />
quarti d'ora. Il re <strong>di</strong> Montelepre aveva scaricato un intero caricatore <strong>di</strong> mitra -<br />
40 colpi - e al do<strong>di</strong>cesimo colpo del secondo caricatore l'arma si era<br />
inceppata. I carabinieri avevano esploso 211 colpi. Una vera sfida all'OK<br />
Corral. Giuliano era balzato dentro il cortile <strong>di</strong> De Maria e là Perenze gli<br />
aveva sparato l'ultimo colpo, che lo aveva fatto crollare pancia in giù. Questa<br />
versione era ancora calda che Tommaso Besozzi, uno dei più gran<strong>di</strong><br />
giornalisti <strong>di</strong> cronaca vissuti in Italia, la smontava, telefonando i suoi dubbi<br />
al suo giornale «L'Europeo». Alessandro Minar<strong>di</strong>, il redattore capo che<br />
sostituiva il famoso <strong>di</strong>rettore Arrigo Benedetti, in quei giorni a Parigi, vi<br />
prepose il titolo che è rimasto gloriosamente nella storia del giornalismo<br />
italiano: «Di sicuro c'è solo che è morto». Besozzi <strong>di</strong>struggeva punto per<br />
punto le tesi dei carabinieri. Come mai la gente che dormiva con le finestre<br />
spalancate nel luglio torrido <strong>di</strong> Castelvetrano non aveva sentito